giovedì 28 Marzo 2024

Alimentazione: il mangime industriale (ovvero, “crocchette” e “scatolette”)

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Dopo la nostra digressione sulle sostanze nutritive (se non avete letto quell’articolo vi invito a prendervi un attimo di tempo e a dargli un’occhiata prima di avventurarvi in queste pagine) cominciamo a parlare delle diverse possibilità che ci vengono offerte per l’alimentazione del cane.
Iniziamo dall’alimentazione industriale, ovvero di una scelta sempre più diffusa.

Si stima che in Nord America circa il 90% degli animali domestici sia alimentato con cibi preconfezionati, mentre in Europa la percentuale è più bassa (specialmente negli stati del sud), ma in crescita.
Curiosamente però, se noi Europei sembriamo intenti a darci un gran daffare per eguagliare i proprietari d’oltroceano, al di là del mare si ha un’inversione di tendenza e brulicano “frange” di Barfers (ne parleremo più avanti), di fanatici delle diete olistiche e del fai-da-te culinario.
Chi sceglie l’alimentazione industriale ritiene importanti vantaggi quali: praticità; velocità di preparazione dei pasti; comodità in caso di viaggi e spostamenti; esistenza di linee dietetiche create per fabbisogni specifici o malattie; equilibrio nutrizionale garantito all’origine senza doverci studiare troppo sopra.
I detrattori dei cibi pronti, per contro, insistono sull’impossibilità di conoscere per filo e per segno cosa contengono i preparati e sul concetto di alimento “elaborato” e quindi privo di ogni connotato che lo possa ricondurre a un alimento “autentico”, “naturale”, “vivo”.

La decisione di alimentare il nostro amico con cibi industriali è solo la prima di una lunga serie di scelte.
Solitamente ci si interroga sul “cosa compro?” nell’istante stesso in cui il cane (cucciolo o adulto) mette piede in casa; ma esistono anche casi, sempre meno sporadici, in cui il proprietario, dopo aver somministrato per mesi o anni “la stessa minestra”, si domanda se abbia fatto bene o male.
Un cucciolo acquistato in allevamento, nella maggior parte dei casi, arriva a casa con un sacchettino del cibo usato dall’allevatore. Lo stesso non accade con i trovatelli o i cuccioli da negozio.
Nel caso del cane preso al canile i volontari vi diranno pochino…e allora?
Sacchettino o non sacchettino, la prima tappa culinaria è – esclusi casi particolari e problemi di salute – nel negozio di animali sotto casa.
Se da una parte esistono commercianti onestissimi e ben preparati sull’argomento cibi, dall’altra ci sono coloro che, per ingenuità o malafede, puntano a vendervi qualsiasi cosa, basta che non ve ne andiate a mani vuote.
Ricordo mia madre, anni fa, inviata in “missione di acquisto”: portava con sé un bigliettino con scritto “crocchette xxx senior”.
Be’ sorprendente o meno… è rientrata a casa con “scatolette yyy per cuccioli”!
Vedendo una sprovveduta allo sbaraglio le avevano rifilato il primo cibo per fabbisogni specifici che era capitato loro tra le mani.
A suo tempo la cosa mi commosse dal punto di vista emotivo: il vecchio e malandato cane di casa era pur sempre un cucciolo ai miei occhi…ma si trattava di una manovra inappropriata dal punto di vista nutrizionale e non poteva che gettare un’ombra di sospetto sulla professionalità della venditrice.
Pochi giorni fa si è ripetuta la stessa scena: inviata alla ricerca di scatolette all’agnello rigorosamente prive di pollo, mi è rientrata con tutto il contrario!
Perché mando lei?
Per una sorta di personalissimo studio antropologico sull’interazione tra il negoziante medio e il proprietario medio: risultato, uno non sa cosa vende e l’altro non sa cosa compra.

Come riconoscere i negozianti corretti ed evitare i trafficoni?

La soluzione è una sola: la conoscenza di ciò che si sta per acquistare.
Il cibo industriale esiste sotto forma di alimenti secchi e umidi.
Le classificazioni più tradizionali includono una terza categoria, quella dei “semi-umidi” che stento ancora ad identificare e tanto meno a individuare con chiarezza nei pet shops.
Volendo estendere ulteriormente il concetto di “cibo” vanno ricordati anche i classici spuntini- premi e altre leccornie appositamente cino-create, quali gli ossi di pelle di bufalo, le orecchie e i musi di maiale essiccati, i pesciolini essiccati e così via.

Tornando alla distinzione iniziale tra secco e umido, appartengono al partito del secco le crocchette, il riso soffiato e altri mix di cereali da integrare con carne; fanno invece capo alla fazione dell’umido i bocconcini e i paté di carne inscatolati in varie fogge e dimensioni (si va dalla classica scatoletta di latta alla terrina in alluminio, al salamotto o ancora al sacchettino metallico a chiusura ermetica).

Focalizzando l’attenzione sull’alimento secco “completo” restano oggetto del nostro studio solo le crocchette.
Negli ultimi anni questo tipo di alimento ha guadagnato sempre più terreno grazie all’elevata densità calorica, all’ottimo rapporto costo-resa e alla facilità di somministrazione.
I cibi secchi hanno un contenuto di acqua compreso tra il 3 e l’11 percento: la scarsa quantità di acqua presente riduce costi e problemi di conservazione e trasporto e, a parità di resa, in rapporto ad un simile alimento in versione “umida” il proprietario spende circa un terzo!
D’altra parte pochi ignorano che l’umido (scatoletta) risulta al palato del cane molto più appetitoso.
Il fatto è che alimentare un cane di media taglia o grande con scatolette di buona qualità avrebbe un costo semi-proibitivo: una confezione di 380/400 g di umido DOC comporta una spesa di circa 2 euro e non è certo un quantitativo sufficiente per soddisfare il fabbisogno nutritivo di un cane di media/grande taglia.

La scatoletta, che fino a pochi anni fa era in Italia leader del mercato dei cibi per animali e veniva usata in abbinamento con riso soffiato e altri cereali, assume ora la funzione di “condimento”, leccornia extra da mettere in cima alle crocchette.
A conferma di quanto scritto esistono combinazioni che non hanno nulla da invidiare ai menù dei ristoranti più rinomati: gusto pescegatto, ragù di cervo, anatra-agnello, pasta e pomodoro e via di questo passo.

Vi state spazientendo? Volete sapere cosa comprare? Bene, proseguiamo.

Data la crescente diffusione non è difficile trovare crocchette al supermercato piuttosto che nel negozio di animali.
Dove comprarle?
Non fatevi trarre in inganno dal solo prezzo: prezzo molto basso non significa necessariamente pessima qualità (in molti casi sì, purtroppo) così come cifre stratosferiche non è detto siano sempre giustificate da una qualità altrettanto eccelsa.
Più fattori incidono sul costo delle crocchette che state per versare nella ciotola del vostro cane, esaminiamoli uno per uno:
1) qualità delle materiale prime;
2) spese sostenute per la ricerca di una formulazione ottimale;
3) spese di trasporto e cambio se l’alimento è prodotto all’estero (leggere l’etichetta!): a parità di qualità un cibo prodotto in Italia può costare molto di meno;
4) confezione, pubblicità, sponsorizzazioni e gadgets (precisazione: non è la pubblicità a fare di un buon cibo un cattivo cibo o viceversa);
5) resa effettiva: prendiamo due sacchi di mangime dal peso identico, supponiamo che il cibo A costi 100 e il cibo B costi 60. Il cibo B è effettivamente più conveniente del cibo A? Lasciando momentaneamente da parte il discorso “qualità” dobbiamo valutare non tanto il costo al Kg bensì il costo a dose. Se del cibo A sono necessari soltanto 200 g giornalieri per mantenere in salute il vostro amico, mentre del B dobbiamo somministrarne almeno 500 g., alla fine della fiera A costa meno di B.

Non è il caso di gettarsi a pesce sul cibo più pubblicizzato in tv o di scartare a priori quello col sacchetto meno simpatico.
I produttori sanno che anche l’occhio vuole la sua parte e disegnano confezioni dai colori e dalla grafica sempre più accattivante sapendo che istintivamente si tenderebbe a mettere le mani, che so, su un sacchetto rosa e blu piuttosto che su uno rosso e giallo.
C’è chi non lesina perfino di ritoccare artisticamente anche il contenuto del sacco: passino le crocchette a forma di animaletto o dalle diverse geometrie, meno d’accordo sui colori tanto improbabili quanto fluorescenti che assumono certi cibi secchi.
Al cane non interessa (e probabilmente non vede) il colore verde smeraldo della crocchetta che simbolizza la foglia d’insalata o il fucsia della pseudo-bistecca: i coloranti sono messi ad hoc per accattivarsi le simpatie del proprietario.
Anche le scritte sulle confezioni sono strategicamente scelte da esperti del marketing che piazzano in bella vista la presenza di questa o quella particolare sostanza: non è raro leggere “cibo integrato con vitamina XXXX”; “nuova versione arricchita con XXX”.
Benissimo, ma quanto di quella sostanza è realmente contenuto nel sacco? Il quantitativo è rilevante?
Di molto superiore a quello delle altre marche?
L’unica cosa da fare è armarsi di santa pazienza, girare il sacco e leggere con cura l’etichetta e i tenori analitici del prodotto.

Succede anche che scatolette o crocchette etichettate come “al pollo”, “all’agnello”, “al pesce” e via discorrendo contengano solo una piccola quota di questo alimento.
Ancora una volta non resta che leggersi religiosamente tutto, specie se il proprio quattro zampe è affetto da intolleranze alimentari.
Se la “facciata” del sacco o della scatoletta è il biglietto da visita del prodotto, la carta d’identità sta sul retro, è scritta in piccolo ma è un elemento fondamentale per capire con chi avete realmente a che fare.

Già, ma come leggerli?

Va ricordato innanzi tutto che la legislazione e gli organismi che controllano la produzione di cibi per cani (compresa la legislazione sulle etichette) cambiano a seconda di dove ci troviamo: negli Stati Uniti il compito spetta alla AAFCO (Association of American Feed Control Offcials) e alla FDA (Food and Drug Administration) mentre in Europa sono controllate da alcuni organismi all’interno della CEE (Direttorato Generale III – Industria e Direttorato Generale IV Agricoltura) e da organismi nazionali a loro volta collegati al Ministero dell’Agricoltura.
In Europa esiste anche una vera e associazione che raccoglie le industrie mangimistiche e gli operatori del settore: si chiama FEDIAF ovvero Fédération Européenne de l’Industrie des Aliments pur Animaux Familiers (Federazione europea dell’industria di alimenti per animali domestici) ed è nata nel 1970.
Tra i compiti della FEDIAF c’è anche il compito di garantire che i mangimi abbiano formulazioni adeguate.
Il ramo Italiano della FEDIAF si chiama Assalzoo.
A mio avviso la legislazione statunitense sulle etichette è più precisa della nostra quindi, quando possibile, faccio sempre riferimento all’etichetta americana che trovo più esplicita: molti alimenti commercializzati in Italia vi fanno riferimento, quindi parleremo nel dettagli anche delle etichette AAFCO.
Il testo Small Animal Clinical Nutrition (vedi nota a fondo articolo) riproduce una serie di linee guida proposte dalla FEDIAF per tutelare il consumatore, al momento della stesura del libro queste erano linee guida proposte come “avviso” al consumatore e non erano ancora legge.
Ne riporto qualcuna:


In un prossimo articolo approfondiremo il discorso etichette per imparare a leggere anche…tra le righe.

Bibliografia:
Hand, Thatcher, Remillard, Roudebush et al. “Small Animal Clinical Nutrition 4th Edition”. Mark Morris Institute

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