venerdì 29 Marzo 2024

Educazione: “resta!”

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Valeria Rossi
Valeria Rossi
Savonese, annata ‘53, cinofila da sempre e innamorata di tutta la natura, ha allevato per 25 anni (prima pastori tedeschi e poi siberian husky, con l'affisso "di Ferranietta") e addestrato cani, soprattutto da utilità e difesa. Si è occupata a lungo di cani con problemi comportamentali (in particolare aggressività). E' autrice di più di cento libri cinofili, ha curato la serie televisiva "I fedeli amici dell'uomo" ed è stata conduttrice del programma TV "Ti presento il cane", che ha preso il nome proprio da quella che era la sua rivista cartacea e che oggi è diventata una rivista online. Per diversi anni non ha più lavorato con i cani, mettendo a disposizione la propria esperienza solo attraverso questo sito e, occasionalmente, nel corso di stage e seminari. Ha tenuto diverse docenze in corsi ENCI ed ha collaborato alla stesura del corso per educatori cinofili del Centro Europeo di Formazione (riconosciuto ENCI-FCI), era inoltre professionista certificato FCC. A settembre 2013, non resistendo al "richiamo della foresta" (e soprattutto avendo trovato un campo in cui si lavorava in perfetta armonia con i suoi principi e metodi) era tornata ad occuparsi di addestramento presso il gruppo cinofilo Debù (www.gruppodebu.it) di Carignano (TO). Ci ha lasciato prematuramente nel maggio del 2016, ma i suoi scritti continuano a essere un punto di riferimento per molti neofiti e appassionati di cinofilia.

Con il “seduto” e il “terra”, primi insegnamenti che si impartiscono al cucciolo, si chiede semplicemente  al cane di assumere a richiesta posizioni corporee che lui assume già spontaneamente.
L’unica (piccola) difficoltà sta  nel fargliele abbinare ad una particolare parola e nel fargliele quindi assumere a comando.
Con il “fermo sul posto” (ordine “resta” o “fermo”, “steh” o “bleib” in tedesco) per la prima volta gli chiediamo di fare una cosa che per lui NON è affatto spontanea: restare fermo in un posto mentre il padrone si allontana.
Questo è contrario all’istinto del cane, che non ama affatto né restare solo in generale (negli animali da branco la solitudine è sentita come condizione pericolosa e instabile) né rimanere lontano dal padrone in particolare, specie se ha stretto con lui un rapporto particolarmente stretto.
Per questo motivo io consiglio di insegnare il “resta” più precocemente possibile, e cioè nel cucciolo che non ha ancora un legame strettissimo verso una sola persona.
E’ evidente che a un cane di pochi mesi non si potrà mai chiedere di restare immobile per trenta minuti: sarebbe una follia.
Però gli si può chiedere di restare fermo per pochi secondi, cosa che non serve a nulla dal lato pratico ma che fa capire al cucciolo il significato dell’ordine “resta”. Questo è già molto importante, perché faciliterà l’eventuale addestramento successivo e perché è uno dei metodi preventivi contro l’ansia da separazione.
“Resta” significa “non muoverti, rimani dove ti trovi e nella posizione in cui ti trovi finché non ti chiamerò io“.
Quindi si può insegnare partendo da qualsiasi posizione: in piedi, seduto o a terra.

Ci sono diversi metodi, ma il più semplice di tutti – e il più adatto al cucciolo – è quello della “pallina a sorpresa”: si inizia una condotta al guinzaglio, poi si rallenta fin quasi a fermarsi e all’improvviso si lascia cadere il guinzaglio e si alza un braccio tenendo in mano la pallina (o il giocattolo preferito dal cane), mentre l’altro braccio si stende verso il muso del cane. In quel momento si dà l’ordine “resta”!
Il cane, vedendo la pallina, molto probabilmente si “bloccherà” in attesa che inizi il gioco: noi allora faremo UN solo passo indietro. Poi torneremo dal cane e lo faremo giocare con la pallina.
Se abbiamo un cane che non si blocca in attesa vedendo il gioco, ma che comincia subito a saltare e “dare i numeri”, è meglio utilizzare un metodo diverso (per esempio partire dalla posizione di “terra”).
Se invece il metodo della pallina dà buoni risultati si tratterà semplicemente di aggiungere uno o due passi al giorno, ottenendo che il cane “giochi ad attendere” che noi torniamo da lui per farlo giocare con la pallina.
Una volta che il cucciolo ha abbinato la parola “resta” al concetto di “non muoversi”, la maggior parte del lavoro è fatta.
Il “resta” si può insegnare anche partendo dalle posizioni di seduto o terra: in questo caso bisognerà stendere un braccio verso il muso del cane, dando l’ordine, e fare un passo indietro.
Attenzione: in questo momento non bisogna guardare il cane negli occhi, perché questo creerebbe una sorta di  “richiamo” che è proprio l’opposto di quanto cerchiamo di ottenere. E’ bene anche protendere leggermente il corpo in avanti, che per il cane è un segnale di “stop”.
Se il cane cerca di alzarsi e seguirci gli diremo “No! Resta”.
Se torna alla sua posizione, attenderemo un secondo o due e poi andremo a congratularci e premiarlo.
Se si è già alzato per venire verso di noi gli diremo “No! Resta!” e lo riporteremo uno o due metri più indietro di dove si trovava la prima volta.
Il cane, infatti, si alza perché vuole annullare la distanza tra noi: ma deve capire che se prova a disobbedire all’ordine “resta” questa distanza aumenta anziché diminuire.
Ovviamente il cane che sta imparando non va mai sgridato se non obbedisce: in fondo lui non sa ancora cosa gli stiamo chiedendo!
Lo scoprirà solo vedendo che lo premiamo se resta immobile, e che lo portiamo più lontano da noi (punizione) se si muove.

Il “resta” può sembrare un esercizio molto difficile al neofita: in realtà non ci vuole molto perché nella mente del cane scatti l’abbinamento tra comando ed esecuzione.
Quello che può complicare la vita è il fatto che il cane non sopporti proprio di essere “abbandonato” dal padrone: quindi è fondamentale fargli capire che dopo un secondo, un minuto o un’ora…il padrone tornerà SEMPRE e COMUNQUE.
E’ fondamentale la progressione dei tempi, che devono essere allungati molto gradualmente: se un cane avesse capito perfettamente l’ordine, ma noi per troppa fretta saltassimo – per esempio – da un minuto a mezz’ora, lui (giustamente) penserebbe che c’è il rischio che non torniamo da lui…e Maometto deciderebbe di andare alla montagna, alzandosi e disobbedendo.
Quando si torna dal cane (anche se fossero passati solo cinque secondi) bisogna sempre gratificare al massimo, perché questo esercizio può dare ai cani più sensibili la sensazione che vogliamo “stare senza di loro”. Il cane non deve MAI pensare una cosa simile!
Quindi grandi lodi, premi, carezze e gioco. Ma facendo attenzione al comportamento del cane mentre torniamo.

Quello che abbassa la testa e/o le orecchie (vedi foto a sinistra) ed assume un atteggiamento sottomesso, quasi temesse che stiamo andando da lui per sgridarlo o picchiarlo, va fatto giocare subito e coperto di lodi sperticate.
Quello che invece, mentre torniamo da lui, comincia a fremere e magari ad alzare il posteriore di qualche millimetro (se si trova a terra o seduto) come se stesse per schizzare in aria come una molla…andrà raggiunto con calma, liberato con un ordine (“alzati”, “vai” o simili) e POI fatto giocare.
In caso contrario cercherebbe sicuramente di anticipare il “momento magico” e prima o poi (magari in gara!) finirebbe per fregarci alzandosi prima del tempo.
Questo tipo di cane deve convincersi che “non c’è pallina”, non ci sono carezze né coccole, finché non ha sentito l’ordine liberatorio.
Quando il cane ha capito bene il concetto e sa eseguire un buon “resta” si potranno introdurre varianti successive come quella di effettuare percorsi contorti e/o zigzaganti per allontanarci da lui (compreso il girargli intorno) e infine la parte più difficile: sparire alla sua vista.
Naturalmente LUI non dovrà sparire alla nostra: quindi dovremo andarci a nascondere in un posto che ci permetta di tenere il cane sotto controllo (un revier è l’ideale, se lavoriamo in un campo: ma va bene anche un albero).
Quasi immancabilmente, la prima volta che ci vede sparire, il cane si alzerà: è assolutamente normale, sia perché si preoccupa…sia perché pensa che, essendo andato via il gatto, i topi siano liberi di ballare.
A questo punto, però, dovrà sentire una sorta di “boato dal cielo” che grida “NO! RESTA!”.
Questo è uno dei pochissimi casi in cui consiglio veramente di urlare a squarciagola: serve anche a far pensare al cane che il padrone sia una specie di Dio che sa tutto e vede tutto anche quando è invisibile! Un’idea che ci farà moltissimo gioco in moltissime occasioni, e che quindi va consolidata il più possibile.

Solo con i cani più difficili, e soprattutto con quelli che hanno sintomi di ansia da separazione si potrà ricorrere al cosiddetto “chiodo” o picchetto: esso consiste in una specie di lungo “cavatappi” metallico che va conficcato nel terreno lasciando fuori solo la parte terminale, che comprende un anello.
A questo anello va attaccato il guinzaglio, cosicché il cane non possa alzarsi e seguirci perché si sente trattenuto da una “forza misteriosa”.
Il chiodo funziona benissimo e permette di ottenere risposte pressoché immediate: per di più ci consente di abbreviare i tempi (tanto il cane non può seguirci) e velocizza i passaggi successivi dell’insegnamento.
Ha un solo, grave difetto: il cane capisce benissimo che “c’è”!
Questo significa che potremmo ottenere un’esecuzione perfetta del “resta” ma che il cane, la prima volta che “non” lo leghiamo al chiodo, si riterrebbe perfettamente libero di alzarsi e andarsene dove gli pare: il che ci costringerebbe a ricominciare tutto daccapo.
Il chiodo quindi va usato esclusivamente con i cani che proprio non vogliono saperne di allontanarsi anche solo di un passo dal padrone: e può essere utile per il primo passaggio tra “padrone a vista” e “padrone fuori vista”. Ma va usato una sola volta, per rafforzare l’idea della “volontà divina” che impedisce al cane di muoversi.
Se venisse usato anche solo due volte, il cane penserebbe “ah no, non è una volontà divina a trattenermi: è questo coso qui”.
E in assenza del “coso” se ne andrebbe tranquillamente a spasso.

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5 Commenti

  1. “restare fermo in un posto mentre il padrone si allontana”: esiste una differenza concettuale (nella mente del cane), che possa anche giustificare due comandi distinti, tra il “restare” quando il padrone si allontana temporaneamente, e il “non muoversi” (in piedi, seduto o a terra) in qualunque situazione, come per esempio non partire di corsa dietro un oggetto/animale-preda, oppure non lanciarsi fuori dell’automobile quando si apre uno sportello, o starsene tranquillo mentre si e’ in coda in un negozio? Probabilmente una perfetta esecuzione dei comandi SEDUTO/TERRA sarebbero sufficienti nel secondo caso, ma volendo enfatizzare la richiesta, e’ opportuno usare comunque il RESTA o avere un comando diverso, per esempio FERMO?

    • “Resta” vuol dire “resta”: quindi, “stai fermo lì finché non ti dico che puoi muoverti”. Se il “resta” è ben impostato, non c’è bisogno di altri comandi.

      • Grazie. Mi chiedo come mai questo articolo sia cosi’ poco commentato: il RESTA e’ a mio avviso uno dei comandi piu’ difficili proprio perche’ – come giustamente viene sottolineato – e’ l’unico, tra quelli di base, a non sfruttare un atteggiamento naturale del cane, anzi tendendo a contrastarlo e’ chiaramente indicativo di quanto il cane abbia “consapevolmente deciso” di forzare la sua natura per eseguire il nostro ordine.

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