mercoledì 27 Marzo 2024

…ma sul Leonberger non c’è solo da sorridere

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Valeria Rossi
Valeria Rossi
Savonese, annata ‘53, cinofila da sempre e innamorata di tutta la natura, ha allevato per 25 anni (prima pastori tedeschi e poi siberian husky, con l'affisso "di Ferranietta") e addestrato cani, soprattutto da utilità e difesa. Si è occupata a lungo di cani con problemi comportamentali (in particolare aggressività). E' autrice di più di cento libri cinofili, ha curato la serie televisiva "I fedeli amici dell'uomo" ed è stata conduttrice del programma TV "Ti presento il cane", che ha preso il nome proprio da quella che era la sua rivista cartacea e che oggi è diventata una rivista online. Per diversi anni non ha più lavorato con i cani, mettendo a disposizione la propria esperienza solo attraverso questo sito e, occasionalmente, nel corso di stage e seminari. Ha tenuto diverse docenze in corsi ENCI ed ha collaborato alla stesura del corso per educatori cinofili del Centro Europeo di Formazione (riconosciuto ENCI-FCI), era inoltre professionista certificato FCC. A settembre 2013, non resistendo al "richiamo della foresta" (e soprattutto avendo trovato un campo in cui si lavorava in perfetta armonia con i suoi principi e metodi) era tornata ad occuparsi di addestramento presso il gruppo cinofilo Debù (www.gruppodebu.it) di Carignano (TO). Ci ha lasciato prematuramente nel maggio del 2016, ma i suoi scritti continuano a essere un punto di riferimento per molti neofiti e appassionati di cinofilia.

Il “vero standard” del Leonberger, pubblicato ieri, ha avuto moltissime visite, come tutti gli altri “veri standard”: evidentemente l’umorismo piace di più degli articoli “seri” e a me non dispiace affatto mantenere (anche) questa linea, cercando di descrivere quel che so di alcune razze in toni leggeri e capaci (spero) di strappare qualche sorriso, ma infilandoci anche alcune “avvertenze”, o se preferite “istruzioni per l’uso”.
Tra le altre cose, mi diverto anch’io!
Però c’è un problemino, con questa serie di “standard” scherzosi: ed è che non si può diventare di colpo seri, perché altrimenti si rovinerebbe il divertimento di chi legge (e che dopo un po’, ovviamente, non leggerebbe più).
D’altro canto, quando i problemi seri ci sono, non è neppure giusto ignorarli e lasciare che continuino ad ignorarli i lettori: e nella razza Leonberger, purtroppo, di problemi seri ce ne sono ben due.
Ne voglio parlare in questo articolo, separato dall’altro, perché è giusto che vengano affrontati: e anche perché, tra i commenti di ieri, mi ha particolarmente colpito quello di un lettore che elogiava l’allevamento italiano…mentre a me risulta che gli allevatori italiani non siano poi da osannare tanto caldamente. Hanno qualche scusante, e ne parlerò: ma non basta.
E comunque… partiamo dall’inizio, altrimenti nessuno ci capirà nulla.

Iniziamo col dire che il  Leonberger è un cane di taglia molto grande, e che i cani di taglia molto grande non sono mai particolarmente longevi: questo si sa e se si amano i “cagnoni-oni-oni” purtroppo bisogna accettarlo.
Il fatto è che “non molto longevo” significa, di solito, che non arriva oltre i 10 anni: invece molti, troppi Leonberger muoiono a 5-6 anni, e a volte anche prima, a causa di due patologie: una è tipica della razza, tanto che è detta proprio  “Polineuropatia ereditaria del Leonberger“, mentre l’altra è il cosiddetto “sarcoma dei 6 anni” e colpisce anche altri cani di taglia medio-grande.
Il più diffuso è il sarcoma osseo, spesso presente (oltre che nel Leonberger) in Boxer, San Bernardo, Alano, Pastore tedesco e Setter irlandese, anche in altre razze: in generale le taglie grandi presentano un rischio da 60 a 185 volte maggiore rispetto alle razze di piccola taglia.

Se però il sarcoma, come tutte le forme tumorali, è oggetto di molti studi e non si sa, al momento, se abbia o meno un’ origine genetica, la polineuropatia ereditaria del Leonberger è – come dice il nome stesso – sicuramente trasmissibile per via genetica.

DI COSA SI TRATTA
I cani affetti da polineuropatia ereditaria soffrono, inizialmente, di mancata resistenza all´esercizio fisico e di facile affaticamento, che va progressivamente peggiorando. Possono sviluppare anormalità dell´andatura, come l´esagerato “steppare” che poi degenera in un’atrofia dei muscoli delle zampe posteriori. Inoltre i soggetti possono accusare respiro rumoroso, modifica dell´abbaio e gravi difficoltà respiratorie dovute al coinvolgimento della laringe. A volte la malattia può progredire fino al punto che il cane non regge il proprio peso.
A volte la patologia appare e progredisce rapidamente, causando la morte del cane in età giovanile: altre volte i primi sintomi appaiono solo intorno ai 5 anni, dopo che un riproduttore può aver già fatto diverse monte/cucciolate.

Il fatto che questa neuropatia non solo sia  tipica di una singola razza, ma anche di una razza poco diffusa,  comporta poi due problemi serissimi:
a) è poco conosciuta sia dagli stessi allevatori, che spesso ne scoprono l’esistenza solo dopo che uno dei loro cani viene colpito, sia dai veterinari, molti dei quali non sono in grado di diagnosticarla;
b) il fatto che in tutto il mondo i migliori riproduttori siano limitati ad un numero ristretto aumenta la possibilità di diffusione.

Ma non è tutto qui: ed è da questo punto in poi che gli allevatori italiani, a mio avviso, hanno una seria responsabilità con cui fare i conti.
Di solito, infatti,  le malattie che interessano popolazioni ristrette sono sempre meno studiate – per diversi motivi, soprattutto  economici, di quelle che interessano un grande numero di soggetti. Questo avviene in veterinaria e, purtroppo, pure in medicina umana.
In questo caso, però, in Italia è successa una cosa abbastanza anomala, di cui sono venuta a conoscenza per le solite “vie traverse” della cinofilia e di cui, quindi, aspetto un’eventuale conferma dai diretti interessati.
Mi risulta, infatti, che un allevamento italiano, scoprendo – a fatica, e dopo aver interpellato diversi veterinari – che quasi tutti i propri soggetti erano affetti da questa malattia, non solo abbia immediatamente sterilizzato tutti i suoi cani (e chiuso quindi i battenti), ma abbia anche ottenuto l’immediato interesse e la totale collaborazione di un’ Università italiana che si è offerta di testare gratuitamente tutti i soggetti disponibili, addirittura a domicilo, finanziando così una ricerca che si sarebbe potuta rivelare utile anche in medicina umana,  visto che la polineuropatia del Leonberger ha molte attinenze con la sindrome di Charcot, che colpisce l’uomo causando la rara, ma devastante atrofia muscolare progressiva.

Bene (anzi, malissimo): che risultato hanno ottenuto? NESSUNO.
Nonostante i ripetuti inviti dell’università, quasi nessun allevatore ha accettato di testare i propri soggetti.
Tutti hanno ammesso, questo sì, l’esistenza della malattia (sarebbe stato difficile sostenere il contrario, visto che si ammalano e muoiono precocemente Leonberger provenienti un po’ da tutti gli allevamenti, anche perché sono quasi tutti imparentati tra loro), ma sostenendo che comunque non si potrebbero certo escludere dalla riproduzione tutti i portatori, perché la razza è già assai poco diffusa e limitare ancora il numero di riproduttori presenti sarebbe un suicidio.
Ma non è assolutamente questo, che si dovrebbe fare! E pensarlo è indice di  crassa ignoranza sui temi della genetica.

COME SI DEVE UTILIZZARE LA CONOSCENZA
L’allevamento che in modo iperscrupoloso ha castrato tutti i suoi soggetti è stato fin troppo onesto e corretto, perché avrebbe avuto un’alternativa: ovvero quella di limitarsi a non accoppiare soggetti omozigoti per la malattia.
Il fatto è che, all’epoca, non era ancora possibile stabilire quali fossero questi soggetti: mentre oggi si può.
E si può perché, fortunatamente, in Paesi diversi dall’Italia anche la sensibilità degli allevatori è un po’ diversa: in Minnesota, in California e in Svizzera, invece di nascondere la testa sotto la sabbia di fronte al problema, l’hanno affrontato e studiato, cercando di trovare una soluzione.
Così l’Università del Minnesota, quella di San Diego e  quella di Berna, dopo aver testato un buon numero di soggetti,  sono riuscite ad identificare e mappare i due loci di maggiore rischio genetico e hanno identificato la mutazione causativa in uno di questi loci, che è stato chiamato LPN1.
Allo stato attuale delle conoscenze si sa che i cani omozigoti per questa mutazione (due copie del gene malato) sviluppano quasi sempre la neuropatia prima dei tre anni.
Ancora non si sa se i portatori eterozigoti di tale mutazione (una sola copia del gene malato) possano sviluppare segni clinici della malattia, ma è molto probabile che non ne avranno, o che li manifesteranno in modo lieve e solo in età avanzata.
La mutazione LPN1 identificata è responsabile di circa un terzo dei casi di polineuropatia nel Leonberger, mentre gli altri due terzi sembrano essere legate ad altre e differenti mutazioni genetiche: quindi gli studi proseguono…ma intanto è possibile, e questo già da un anno (per la precisione dal luglio 2010), sottoporre i propri riproduttori al  test per l´identificazione della mutazione LPN1.
In Svizzera il test costa solo 75 euro: potete trovare tutte le indicazioni in merito, indirizzi compresi,  a questo link.

Vi anticipo qui alcune conclusioni dei ricercatori.
Essi raccomandano “che tutti i cani da riproduzione siano testati e che si evitino sia la riproduzione di cani omozigoti per la mutazione, sia l´accoppiamento di soggetti che potrebbero generare cani omozigoti per la mutazione“.
D´altra parte, però,  suggeriscono “di non escludere dalla riproduzione i cani eterozigoti per la mutazione, perché ciò restringerebbe notevolmente il pool genetico della popolazione dei Leonberger e potrebbe portare ad un aumento di altre malattie genetiche. I portatori  eterozigoti della mutazione LPN1 dovrebbero essere incrociati con soggetti testati e risultati esenti: questo garantisce che i figli non siano omozigoti per la mutazione e che non siano affetti da una forma severa della malattia”.

Dunque, non si tratta di eliminare la razza dalla faccia della terra, ma soltanto di smetterla di andare “a naso” accoppiando soggetti malati (anche se ancora asintomatici) o soggetti portatori tra di loro.
Certo, non basta questo ad eliminare la malattia:  ma intanto si può  individuare uno dei possibili fattori di rischio ed eliminare quello, abbassando in modo vistoso (un terzo non è certo poco!) l’incidenza  in questa razza.

Mi auguro sinceramente che gli allevatori italiani SMETTANO DI FARE GLI GNORRI, perché hanno la responsabilità delle vite che fanno venire al mondo.
I cani non sono oggetti e non possono essere visti solo come fonte di guadagno: quando si fa una cucciolata si mettono al mondo degli esseri viventi, senzienti e sensibili, e condannare alcuni di essi ad una vita breve e difficile è un abominio che NESSUNA CONSIDERAZIONE ECONOMICA NE’ ZOOTECNICA può giustificare. MAI.
Qui non si tratta di essere “animalisti fanatici”.
Si tratta di essere davvero cinofili, ovvero di amare i cani.
Se si ama il cane, se si ama una razza in particolare, non è possibile voltarsi dall’altra parte quando esiste un problema di tale gravità, confidando solo nella fortuna: perché se la fortuna per caso volta le spalle, a soffrire poi sono i cani, non noi.
E  infischiarsene è inaccettabile.

Dicevo all’inizio che gli allevatori italiani hanno una scusante, in tutto questo: anzi, ne hanno due.
La prima sta nell’ignoranza cinofila dell’italiano medio; la seconda  – diciamolo –  sta  nella pura e semplice stronzaggine di quegli allevatori  che invece di occuparsi dei cani propri aspettano solo l’occasione buona per sputtanare quelli della concorrenza.
Questo non avviene di certo solo in Italia, ma un po’ ovunque nel mondo: il che non significa che sia giusto.

Mi spiego meglio con qualche esempio pratico.
Qualcuno di voi ricorda i primi test effettuati per la displasia dell’anca?
Il primo (e per molto tempo unico) club italiano ad effettuarsi fu la SAS, ovvero la società specializzata per la razza pastore tedesco, che rese obbligatoria l’esenzione da displasia per ottenere la Selezione.
Bene: a distanza di decenni, per quanto le modalità con cui sono stati testati i cani abbiano mostrato seri limiti (se vi interessa l’argomento potete leggervi questo articolo), il Pastore tedesco ha visto una discreta riduzione dell’incidenza della displasia, che comunque non era mai stata altissima: oggi si attesta su una percentuale del 19%, mentre in altre razze arriva fino al 70-80% dei casi.
Ma se voi chiedete all’italiano medio (anzi, diciamo al “cinofilo” medio, perché l’italiano medio manco sa cosa sia la displasia dell’anca) quale sia la razza maggiormente affetta da questa patologia, state pur certi che vi risponderà con bella sicumera:  “il pastore tedesco!”
Questo perché?
Soltanto perché è stata la prima razza il cui club ha messo in evidenza il problema.
E questi sono i risultati dell’ignoranza.
La stronzaggine, invece, può farvela capire quest’altro aneddoto: un allevatore della mia razza (il siberian husky) fu il primo ad accorgersi che alcune linee di sangue portavano con sè l’atrofia progressiva della retina, nota con la sigla PRA (una gran brutta bestia, perché il cane affetto è destinato alla cecità).
Bene, quell’allevatore fu il primo ad ammettere che alcuni dei suoi soggetti erano portatori, dichiarando pubblicamente che per questo motivo li aveva esclusi dalla riproduzione.
Risultato?
Venne additato da diversi colleghi allevatori  come “quello che aveva i cani con la PRA“, ricevendone un evidente danno di immagine quando, al contrario, si era dimostrato il primo allevatore SERIO che si occupava di limitare la trasmissione di una patologia.
Però poi, nella nostra razza, l’abitudine a testare i cani si diffuse a macchia d’olio, anche perché qualche capoccia dura cominciò a  sbraitare in giro che l’allevatore X era bravo e serio e che i cuccioli andavano comprati da lui e dai pochi che lo avevano imitato (come le capocce dure di cui sopra), mentre gli “struzzi” che non avevano testato i cani rischiavano di continuare a produrre cuccioli con la PRA.
Poiché le capocce dure erano solo due, ma scrivevano entrambe sui giornali e quindi avevano una certa visibilità, finì che tutti presero l’abitudine di fare i test, tant’è che un veterinario oculista veniva invitato periodicamente ai raduni ed eseguiva le visite sul campo.

Certo, qualcuno dei nostri megariproduttori dell’epoca causò colpi al cuore al suo proprietario: ma non è che venne abbattuto, nè castrato (a meno che non fosse malato, nel qual caso continuare ad utilizzarlo sarebbe stato criminale comunque, anche senza test!).
Semplicemente, non coprì più femmine risultate a loro volta portatrici di PRA.
Risultato: la patologia è quasi scomparsa dai cani di allevamento italiano, perché finché rimane latente e non ha la possibilità di esprimersi, anche il gene più “cattivo” del mondo risulta innocuo.
A noi non deve interessare la “pulizia etnica” del patrimonio genetico: questo è un risultato utopistico e pure ad alto rischio, perché eliminando tutti i portatori della patologia X si rischierebbe, magari, di diffondere la patologia  Y che fino a quel momento era rimasta latente. Se Y fosse presente nel correto genetico dei pochi soggetti sopravvissuti alla “pulizia etnica” per X, questi,  finendo per accoppiarsi forzatamente tra loro, la farebbero sicuramente emergere.
Allora seguirebbe un’altra “pulizia” rivolta ad Y, che magari porterebbe alla luce la patologia Z… e alla fine del giro si rimarrebbe, forse, con quattro cani assolutamente sani ed esenti da tutto: ma la razza sarebbe scomparsa.
Ovviamente uesto non è sensato, non  si può e non si deve fare.
Quello che invece si deve fare, quello che deve interessare l’allevatore, è impedire che i geni “cattivi” si manifestino fenotipicamente, ovvero che si evidenzino facendo ammalare i cani e causando sofferenze a loro e – quando sono davvero amati – anche ai loro proprietari.
Ma l’unico modo per impedire a una malattia ereditaria di manifestarsi è testare tutti i riproduttori e – come si è visto sopra – mirare gli accoppiamenti,  evitando quelli a rischio.
Chiudere gli occhi e affidarsi alla fortuna, come se avere un cane sano fosse un terno al lotto, è contrario a qualsiasi etica, ma è soprattutto STUPIDO, visto che se ne può fare a meno senza rischiare di perdere nulla né dal punto di vista del patrimonio zootecnico, né da quello economico.
Gioverà forse ricordare che proprio nel pastore tedesco uno dei più grandi riproduttori di tutti i tempi, Canto Wienerau, era emofilico. Ma siccome era la più bella cosa che si fosse mai vista al mondo fino a quei tempi, trombava come un riccio.
Ma per quale motivo l’emofilia non si è diffusa a macchia d’olio nella razza?
Semplice: perché l’allevatore l’ha detto chiaro e tondo!
Se ne è  parlato, si sono testate le fattrici, Canto è stato usato solo su cagne che non erano portatrici dello stesso gene malato… e se pensate che per questo abbia fatto poche monte e il suo proprietario ci abbia rimesso, vi consiglio caldamente di guardarvi gli annali della razza… dopodiché spero mi autorizzerete a ridere per venti minuti di fila, perché Canto sta praticamente dietro a TUTTI i pedigree tedeschi e italiani.

Insomma, anche chi dovesse pensare solo ai soldi, alla fine, avrebbe solo dei vantaggi testando i propri cani: primo, perché un cane “importante”, che può dare grandi pregi alla razza, non smette certo di essere utilizzato in quanto portatore di un gene sgradito. Basta usarlo sulle femmine giuste e potrà continuare a dare benefici alla razza senza far ammalare nessuno dei suoi discendenti.
Secondo, perché non è certo una bella pubblicità, per un allevatore, vendere cuccioli che crepano a 4-5 anni.
E se è vero che si può sempre contare sull’ignoranza cinofila media, è anche vero che prima o poi qualcuno (magari proprio un collega) coglierà l’occasione per dire a un vostri cliente “Ahhh ma l’avevate preso da quell’allevatore lì? E non lo sapevate che ha tutti i cani con la polineuropatia?”.
Le voci corrono, sapete?
Anzi, magari “camminano” soltanto, quando si tratta di razze poco note, e “corrono” solo  in quelle più diffuse: però, anche camminando, da qualche parte si arriva sempre.
Quindi, per favore: testate i vostri cani.
Che siate allevatori o semplici proprietari che hanno intenzione di fare una cucciolata, fate il test, che costa pochissimo.
E sopratutto, passate parola: perché è solo così che si mette fine all’omertà e che il coraggio di pochi si trasforma nella buona abitudine di tutti… volenti o nolenti.

P.S. : tutti gli allevatori di Leonberger che mi stanno caldamente odiando per la pubblicazione di questo articolo si mettano gentilmente in coda. Ce ne sono molti altri davanti, rappresentanti di molte altre razze.
Però non si può tacere quando si vengono a sapere certe cose: perché si diventa complici. Ed io, complice di qualcosa che causa sofferenza ai cani, specie quando la cosa si può evitare senza alcun danno per nessuno, non mi ci voglio proprio sentire.

Test Genetico per la Polineuropatia ereditaria nel Leonberger
I Leonberger possono soffrire di una malattia neurologica che Veterinari e Allevatori chiamano
“Polineuropatia Ereditaria” (inherited polyneuropathy = IPN ) o “Polineuropatia del Leonberger”
(Leonberger polineuropathy = LPN). I cani affetti soffrono di mancata resistenza all´esercizio fisico
cioè facile affaticamento che peggiora lentamente e possono sviluppare anormalità
dell´andatura, del tipo l´esagerato “steppare” specie delle zampe posteriori. Vi è spesso anche
atrofia dei muscoli delle zampe posteriori. Inoltre, questi soggetti possono accusare un respiro
rumoroso, modifica dell´abbaio, e anche difficoltà respiratorie dovute al coinvolgimento della
laringe. A volte la malattia può progredire fino al punto che il cane non regge il proprio peso.
Le ricerche genetiche condotte all´Università del Minnesota, all´Università di Berna e all´Università
San Diego – California indicano che questa neuropatia probabilmente caratterizza un gruppo di
diverse anomalie genetiche con manifestazioni cliniche simili. Noi abbiamo identificato e mappato
due loci di maggiore rischio genetico e abbiamo identificato la mutazione causativa in uno di
questi loci che abbiamo chiamato LPN1. I cani omozigoti per questa mutazione (due copie del gene
malato) tipicamente sviluppano la neuropatia prima dei tre anni. Allo stato attuale non sappiamo
se i portatori eterozigoti di tale mutazione (una copia della mutazione) possono sviluppare in età
avanzata lievi segni clinici della malattia, ma è molto probabile che non avranno segni clinici
importanti. La mutazione LPN1 identificata è responsabile di circa un terzo dei casi di
polineuropatia nel Leonberger. Gli altri due terzi di casi sembrano legate ad altre e differenti
mutazioni genetiche.
L´Università del Minnesota e l´Università di Berna saranno in grado di offrire il test per
l´identificazione della mutazione LPN1 a partire dal 1 Luglio 2010. Da questa data raccomandiamo
che tutti i cani da riproduzione siano testati. Raccomandiamo anche di evitare la riproduzione di
cani omozigoti per la mutazione e l´accoppiamento di soggetti che potrebbero generare cani
omozigoti per la mutazione. D´altra parte suggeriamo di non escludere dalla riproduzione cani
eterozigoti per la mutazione perché ciò restringerebbe notevolmente il pool genetico della
popolazione dei Leonberger e potrebbe portare ad un aumento di altre malattie genetiche. D´altra
parte, portatori eterozigoti della mutazione LPN1 dovrebbero essere incrociati solo con soggetti
testati che siano liberi dalla mutazione. Questo garantisce che i figli non siano omozigoti per la
mutazione e che non siano affetti da una forma severa della malattia.
Al momento la realizzazione del test genetico non è in grado di eliminare definitivamente la
Polineuropatia nella popolazione dei Leonberger. Il test può solo individuare uno o più fattori di
rischio. Quindi è possibile che cucciolate provenienti da cani entrambi risultati negativi al test per
questa mutazione risultino affette da forme diverse di polineuropatia. Tuttavia l´attuale test LPN1
può escludere in modo affidabile un esordio precoce di una forma grave della malattia e ridurre in
modo significativo la frequenza complessiva delle malattie neurologiche nel Leonberger.
I proprietari di cani che inviano i campioni di siero per il progetto di ricerca in Minnesota o a Berna
prima del 15 giugno 2010 riceveranno gratuitamente il risultato del test LPN1 nelle settimane
successive. Proseguiamo nella ricerca di ulteriori fattori di rischio della malattia e il siero di cani
apparentemente affetti da malattie neurologiche sono molto preziosi per noi. I proprietari che
forniranno un campione di siero del proprio cane malato, allegando il referto di una visita
neurologica o di una biopsia potranno beneficare del test gratuitamente.
In Europa biopsie di muscoli e di nervi periferici sono da inviare a:
Institut für Neuropathologie Tel. +49 (0) 211-8118658
Neuroimmunologisches Labor Mob. +49 (0) 173-5449500
Prof. Dr. Thomas Bilzer Fax. +49 (0) 211-8117804
Geb. 14.79, Ebene III E-Mail: bilzer@uni-duesseldofr.de
Moorenstrasse 5 http://www.leonbergerunion.co/health/healthd.htm
D – 40225 Düsseldorf
Istruzioni per ordinare il test LPN1
Europa. È richiesto un campione di siero da 2 – 5 ml in provetta EDTA dell´animale. È
raccomandato l´uso di provette in plastica. Il campione, posto in una busta imbottita senza
refrigerante, deve essere spedito al nostro laboratorio per posta. Deve arrivare entro 3-4 giorni dal
momento del prelievo. Il modulo di richiesta può essere scaricato dal seguente indirizzo web.
http://www.vetsuisse.unibe.ch/genetic/content/service/dog/index_eng.htlm
Il campione e il modulo firmato devono esser inviati a:
Institut für Genetik
Stichwort “Leonberger”
Bremgartenstrasse 109A
CH – 3001 Bern
Il test genetico ha un costo di 110.—CHF o 75 Eur. più IVA . Inizialmente effettuiamo i test con
cadenza mensile. Poiché non è possibile instaurare una sessione di test su campioni singoli i tempi
di risposta possono variare tra 1 e 2 mesi.

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27 Commenti

  1. Scrivo molto in ritardo ma la mia Leo è mancata pochi mesi prima di questo articolo. La mia adorata China è stata fortunata, è sopravvissuta più di 9 anni ed è mancata per un sarcoma soffrendo pochissimo per fortuna. Nel frattempo la sua famiglia è stata falcidiata dalla genetica, con fratelli di cucciolata e di altre cucciolate morti giovanissimi.
    Il Leonberger, per i miei gusti, è il cane perfetto ma non ne prenderò uno fino a quando non ci saranno linee pulite: non posso pensare di perdere dopo 3-5 anni un amico, un figlio, un fratello o sorella.

  2. Ho sempre tenuto cani di grossa taglia e gli ultimi due – prima un maschio e poi una femmina – per scelta sono stati i leonberger.
    Cani dal carattere molto docile – i migliori che abbia mai avuto –
    purtroppo il maschio è durato sei anni e la femmina sei + 3 mesi.
    Mia moglie insiste nel voler riempire il vuoto con altro leomberger ma francamento sto pensando, con grande malincuore, di orientarmi su un’altra razza (pastore dil brie ?) perchè alla fine anche i cosidetti padroni soffrono della sofferenza dello loro bestie.
    Cordiali saluti Guglielmo

  3. Meno male che qualcuno con un po’ di buon senso c’è ancora!! Io sto lottando con le unghie e con i denti contro l’ignoranza degli allevatori italiani che il più delle volte però è solo di convenienza! Sono una collega veterinaria e lotto tutti i giorni con persone che “no l’allevatore mi ha detto così…”!! Parlo con allevatori che sono rimasti al paleolitico per quanto riguarda la displasia, la maggior parte pensa ancora che non si genetica!!! Tappezzo l’ambulatorio con depliant articoli recensioni ma nulla….come si parla con chi non vuole sentire???

  4. ho una leonberger di 4 anni,ha fatto l’esame per la neuropatia quasi 3 anni fa,non ha niente,come sua madre,padre sorelle ecc.una malattia di cui la conoscenza e’ consigliata a tuttti,proprio tutti,quelli che hanno un cane!

  5. Pienamente d’accordo, sono anch’io uno di quei cinofili strani che vorrebbero che tutto si svolgesse alla luce del sole ma come ben sai, in cinofilia, se la pensi così, sei una mosca bianca. Sarò ben felice di darti tutti i dati non appena tutti i cani saranno testati. Ti rinnovo l’invito per il nostro raduno così potremo discuterne personalmente e ti porterò anche della documentazione utile.

  6. Ciao Valeria, prima di tutto volevo dirti che ti ho dato del lei per rispetto e poi perché pensavo che non ti saresti ricordata di me.
    Secondo me dire che il Leonberger è soggetto a questa malattia, che come ho detto prima, conta “solamente ” l’1% dei soggetti colpiti, è un pò allarmistico, lo dimostra la risposta di Antonio da Ischia, che ha già deciso che ha un Leonberger malato di polineuropatia quando potrebbe essere una banale panosteite poiché la polineuropatia NON porta dolore.
    Cosa dovremmo dire del pastore tedesco che per ben il 19% è displasico? Che è una razza malata di displasia dell’anca?
    Ritengo GIUSTO e DOVEROSO tenere sotto controllo questa patologia ma anche se i riproduttori sono testati NON si ha la certezza che questo sia vero al 100% e vorrei citarti un passo dall’articolo pubblicato sul nostro SIAL NEW dalla Dr.ssa Luisa Ferrari Micalizio:
    “… Tutto questo è relativo alla forma di polineuropatia legato alla mutazione LPN1, quindi i soggetti non portatori della mutazione LPN1 non manifesteranno segni di polineuropatia legata alla mutazione di quel locus genetico, ma quel locus è responsabile SOLO DI 1/3 dei casi totali di polineuropatia.
    Rimangono 2/3 di casi che si manifestano in assenza della mutazione LPN1, legati verosibilmente a mutazioni genetiche differenti………..Un risultato “negativo per la mutazione ” al test di stallone e fattrice, reso etichetta di propaganda per la validità dei propri cuccioli non solo non è veritiero, ma rischia di screditare il serio lavoro di ricerca che è stato svolto e si svolge a livello universitario facendolo diventare banale slogan pubblicitario, scientificamente inconsistente e peraltro, va ribadito, ingannevole”.
    Tu dici di aspettare una dichiarazione degli allevatori o del Club, ma non scrivi nulla dell’iniziativa presa dalla SIAL per far testare i cani dei propri soci, guarda che se tutto va in porto saremo l’UNICO CLUB AL MONDO a fare ciò.
    Maurizio

    • @Maurizio: io mi ricordo sempre tutto! Ahahahaha… palla clamorosa, ormai ho i neuroni in pensione: però i cani me li ricordo tutti, questo sì. E poi siamo venuti a rompervi le scatole per una giornata intera casa vostra, quindi… sì, mi ricordo di voi! A parte questo, non è che non voglia scrivere nulla sull’iniziativa del Club: è che mi stanno arrivando diversi messaggi – qualcuno qui, qualcuno in mail, qualcuno con la specifica “personale e non pubblicabile”… dai quali mi sto facendo un’idea un po’ più vasta della questione, ripromettendomi di pubblicarne i risultati quando avrò tratto qualche conclusione sensata. Ciò non toglie che, come ho giò detto nella risposta a Elisabetta, se mi inviate una comunicazione ufficiale come Club (non nei commenti, ma proprio come “articolo”), sarò ben lieta di pubblicare anche quella.
      Sarà che io non vedo MAI il parlare di una patologia come un “attentato” verso la razza, ma solo come il modo migliore per far sapere che il problema esiste e che quindi è importante badarci. Forse sono strana io, non lo so… ma il fatto che si dica, appunto, che il pastore tedesco “è quello con la displasia” a me non è mai dispiaciuto, neanche quando li allevavo: perché se ne parlava, potevo dimostrare che i miei cani erano lastrati (e con che risultato), potevo anche dire che avere i genitori esenti non dava certezze al 100% (perché purtroppo queste non ci sono mai, specie quando si parla di patologie multifattoriali).
      Mandami un comunicato del Club, per favore, in cui si dica tutto quello che mi hai detto in questi commenti: lo pubblicherò subito, perché è interessante saperne il più possibile! Non lo faccio io perché io mi prendo la responsabilità di quello che dico e penso io… ma non mi piace interpretare i pensieri altrui, né pubblicare cose che mi sono state inviate sotto forma diversa da quella dell’articolo: non è per pigrizia 🙂

  7. Da più di vent’anni allevo leonberger e non ho mai avuto problemi di polineuropatia, ho testato le mie fattrici e sono risultate esenti, ho subito accettato la proposta dell’università si Torino,di testare i miei cagnoni. Tutti i miei amici allevatori stanno testando fattrici e stalloni, quindi prima di diffondere allarmismi inutili,sarebbe bene accertarsi della reale, attuale situazione di allevamento in Italia, portata avanti da un bel gruppo di seri allevatori di questa stupenda razza canina.

    • @Elisabetta: allarmismi?!? Far presente che una razza va soggetta alla patologia X, e che quindi prima di comprare un cucciolo sarebbe il caso di informarsi sui test eseguiti sui genitori, non mi sembra allarmismo: mi sembra “informazione”.
      Io non riesco a capire per quale motivo diciate tutti di avere cani testati ed esenti (SPLENDIDA notizia), ma poi vi sentiate seccati perché si è parlato del problema. “Meglio che non si sappia in giro” è un atteggiamento che proprio non riesco a condividere. Se invece volete mandarmi una dichiarazione degli allevatori o del Club, con i dati aggiornati sulla situazione attuale, sarò felicissima di pubblicarli!

      • Giustissimo informare e fare presente che esiste questa patologia, ma non facciamo passare il messaggio leonberger=polineuropatia, non è corretto, sia come dato effettivo sia nei confronti del lavoro portato avanti da molti seri allevatori in tutti questi anni. Grazie

  8. @Maurizio: grazie mille dei chiarimenti, a cui eravamo ovviamente aperti…e sono molto contenta che stiano arrivando, un po’ alla volta.
    Ho detto subito che quanto scrivevo era “riportato” e quindi passibile di errori od omissioni: ora spero che gli allevatori interessati chiariscano la loro posizione, così come voi avete fatto con la vostra (tra l’altro, per quanto ne so io, l’allevamento ha chiuso diversi anni fa, prima ancora che fosse disponibile il test svizzero).
    Ho sentito, però, una punta di acidità nel tuo commento (mi pare che ci dessimo del “tu”, quindi ti invito a fare lo stesso), che non trovo del tutto giustificata: bastava dire che dal tempo in cui è stata fatta la proposta dell’università italiana le cose sono cambiate e che adesso la patologia è tenuta nella massima considerazione, cosa che non può che farmi applaudire caldamente.
    Se invece non fosse vero che la prima proposta è stata accolta dalla massima indifferenza…allora qualcuno mi avrebbe raccontato una favola (ma vorrei capire: a che pro?).
    Se così è, me ne scuso, ma attendo chiarimenti perché lo ritengo fortemente improbabile (se avessi ritenuto probabile che fossero storie inventate, non le avrei pubblicate!).

    Infine: non trovo del tutto controproducente – anche se capisco che possa essere seccante – il fatto che si parli di patologia tipica della razza, anche se non è in realtà una sua “esclusiva”.
    E’ seccante anche che il pastore tedesco sia considerato “l’unico cane con la displasia”, ma la cosa serve sicuramente a far chiedere i risultati dei test agli aspiranti proprietari, che se non altro oggi SANNO che la razza è soggetta.
    Se lo stesso dovesse succedere con i leonberger, credo che non dovreste dispiacervene: basta poter rispondere “sì, i miei cani sono testati e solo quelli esenti vengono usati in riproduzione”.
    Che è poi quello che un allevatore serio dovrebbe sempre fare, fregiandosi così – appunto – del titolo di “allevatore serio” a pieno merito.

    Per tutto il resto lascio la parola ai diretti interessati, perché “ambasciator non porta pena”: però “ambasciator porta responsabilità”, e se io vengo a sapere che c’è il problema X nella razza Y, ne parlo… lasciando ovviamente la porta spalancata a tutti i possibili chiarimenti, repliche eccetera.
    Credo che questo sia molto più costruttivo del nascondere la testa sotto la sabbia…e penso che me ne darai atto anche tu.

  9. Vorrei contribuire chiarendo alcuni punti.
    L’allevatore di cui lei scrive NON ha “chiuso i battenti” per la polineuropatia ma bensì per altri interessi “sportivi” subentrati negli anni a seguire, lo so per certo perchè a quel tempo eravamo molto in confidenza data la passione comune che ci legava, poi, come spesso accade nella vita, ci possono essere altri interessi che ci coinvolgono di più. Vorrei inoltre informarla che queii soggetti affetti da polineuropatia sono morti all’età di 10 ed 11 anni, gli altri, che sono morti tutti tra i 5 ed i 6 anni , erano affetti da osteosarcoma. Quell’allevamento ha perso i suoi 5 Leo in un anno.
    Dopo di che, rimasto senza cani e con altri interessi, come detto prima, ha interrotto l’allevamento.
    Detto questo arriviamo alla questione principale del suo articolo, io sono stato il primo allevatore con affisso a far testare i cani dall’università da lei citata ( tutti esenti ) ed, in qualità di presidente della SIAL ( Società Italiana Amatori Leonberger), ho invitato il team dell’università al nostro raduno Sial Cup che si è svolto a Figino Serenza il 5 ottobre 2008 ( manifestazione di cui parlava Paola ) per dar loro la possibilità di testare in un solo giorno i ben 75 Leonberger iscritti.
    Ho chiesto più volte di farci pervenire i risultati dei test effettuati ……………sono passati quasi 3 anni e ancora aspetto!
    E’ stato pubblicato sul giornalino Sial News (che viene spedito a tutti i nostri soci) un articolo molto dettagliato ed interessante scritto dal Professore dell’università da lei citata in merito alla malattia e dal quale le riporto una parte:
    “In diverse razze canine (Bovaro delle Fiandre, Pastore Tedesco a mantello bianco, Dalmata, Husky, Cane da montagna dei Pirenei) è nota una forma patologica denominata “complesso paralisi laringea-polineuropatia”. Nel 2003 questa patologia è stata anche segnalata nel Leonberger su soggetti provenienti dagli Stati Uniti e da alcuni paesi europei….”
    Da ciò è palese che la polineuropatia NON è la malattia del Leonberger ma che il Leonberger ne è interessato come altre razze. Le ricordo che oltre vent’anni fa, in America, iniziarono i primi studi sulla malattia perché furono scoperti i primi casi e che i soggetti interessati erano Alaskan Malamute.
    Mi viene da dire: “ E’ proprio vero che nessuna buona azione rimane impunita”!
    Gli allevatori di Leonberger si sono dimostrati collaborativi (tutti gli allevatori della Sial che sono stati contattati dall’università hanno fatto testare i loro cani) e grazie a ciò si è cominciato a parlare più spesso di polineuropatia legando il nome della malattia al Leonberger (sbagliando). L’apertura mentale verso questi test a quanto pare è stata controproducente se oggi di parla di “Polineuropatia ereditaria del Leonberger”.
    Un altro dato di cui la voglio mettere al corrente è il seguente: l’università di Berna dice che ben il 25% della popolazione totale risulta portatrice della mutazione, ma un calcolo effettuato sui 2252 soggetti che hanno effettuato il test, presenti (in data 13 marzo 2011) nel database riportato nel sito:
    http://leonberger-database.domuscoronaleonbergers.com/lite/pp_lpn1_e.php ,
    ha dimostrato come il numero dei soggetti non portatori N/N sia di 2118, i portatori D/N siano 112 e solo 22 soggetti siano omozigoti per la mutazione D/D. In base a questi dati, la mutazione nel suo complesso interessa il 6% della popolazione esaminata, con 5% di soggetti portatori e solamente l’1% di soggetti omozigoti e quindi colpiti dalla forma severa ad insorgenza precoce (LPN1)
    Purtroppo, nonostante il test genetico messo a punto, la ricerca continua perchè sono stati registrati dei casi di cuccioli malati nati da genitori diagnosticati dal test N/N, ovvero esenti.
    Sono inoltre stati registrati dei casi in cui i soggetti presentavano tutti i segni clinici della malattia ma il loro testo era N/N, ovvero esenti.
    Per conclude, e per dimostrarle che non è giusto fare di tutta l’erba un fascio, voglio informarla che la S.I.A.L. (Società Italiana Amatori Leonberger), cha ha molto a cuore la problematica, si sta adoperando a 360° per poter offrire gratuitamente il test a tutti i propri soci presenti al prossimo raduno Sial Cup. Spero di poterla annoverare come ospite alla nostra prossima manifestazione ( ci siamo già conosciuti personalmente nel 2003 durante le riprese della videocassetta “Il Leonberger”), che si svolgerà il 2 ottobre 2011 presso il Parco di Villa Campello ad Albiate (MB), per poterle dimostrare che delle piccole realtà come la nostra, anche se non riconosciute E.N.C.I. , cerchino realmente di tutelare la razza.

    Maurizio.

  10. aiuto ragazzi io ho un leonberger di 7/8 mesi di tanto in tanto lo porto in giro a fare una corsetta in una stradina vicino casa e lui sembra contentissimo tanto che corre come un pazzo su e giu…ma ora arriviamo al punto un mese fa inizio a non appoggiare piu la zampa destra a terra e si buttava d’appertutto e quando respirava sembrava che russasse poi in seguito lo portai da un veterinaio e gli prescrisse delle pillole “previcox da 227mg una al giorno per un mese” e devo dire che il cane stava meglio anzi non dormiva manco la notte da come era in forma!!!
    ma oggi a distanza di una sett che ha smesso con queste pillole sembra quasi che sia peggiorato,non appoggia piu la zampa destra e addirittura cammina con il sedere storto ed oggi non appoggia neanche piu una zampa posteriore anzi a volte mi sembra che avesse dei crampi e non lo puoi toccare ke ti morde.
    ora io vi chiedo perche non sono convinto del mio veterinario anzi ho paura che mi faccia spendere un mare di soldi in medicine ma non risolva il problema del mio cane ed io ci tengo tantissimo a lui!!vi saro grato se mi sappiate dare voi una risposta e come posso aiutare il mio cucciolo stupendo
    vi ringrazzio per ora e aspetto una vostra risposta
    antonio da ischia

    • @Atony81: i sintomi che descrivi sono piuttosto preoccupanti, proprio a proposito della patologia descritta nell’articolo.
      Prima di ogni altra cosa, quindi, chiederei al tuo vet di verificare questa possibilità, facendo l’apposito test. Se è qualcos’altro (speriamo) tanto meglio: altrimenti avrai la diagnosi e potrai concordare con il medico la terapia corretta.

    • Io prima di tutto farei fare delle lastre per scartare l’ipotesi della panosteite che è una malattia tutt’altro che rara nelle razze giganti a rapida crescita e colpisce in maggior percentuale proprio i maschi. Tra i sintomi ci sono proprio zoppie che “migrano” da un arto all’altro e dolori articolari a volte anche molto forti. La buona notizia è che è una malattia cosiddetta “autolimitante” nel senso che scompare poi spontaneamente con il compierai della crescita ossea e che di norma non lascia nessun tipo di strascico.
      Il previcox che ti è stato prescritto è un antinfiammatorio di ultima generazione che va per la maggiore in quanto pare avere un impatto molto minore sul resto dell’organismo a parità di efficacia con altri farmaci della stessa classe. Se si tratta di panosteite il tuo vet non ha sbagliato perchè la cura è solo ed esclusivamente sintomatica dato che l’eziologia della malattia ad ora è ancora sconosciuta.
      In bocca al lupo con il tuo leoncino!

    • Ciao Antonio ,uno dei veterinari che seguono i miei cani è di Ischia ,ogni tanto scende ,ti posso mettere in contatto con lei. Ai miei non gli ho mai dato niente ,la panosteite è passata da sola e non hanno problemi di movimento.

  11. io non sono di certo una allevatrice con la A maiuscola, ma nel mio piccolo: tutte le mie femmine sono testate per la poli e non sono l’unica che ha fatto fare il test a Berna.

  12. Io vorrei fare una precisazione: non è vero che nessuno ha fatto testare i cani dall’università citata. Diversi di noi, suppongo i compagni di vita di più di uno o due soggetti, hanno ricevuto una visita a domicilio dove i cani sono stati valutati fenotipicamente e testati anche in assenza di sintomi clinici per avere anche i cosiddetti “controlli negativi”. Il test in questione non si basava su marker genetici perchè allora non era ancora stato messo a punto ma sulla capacità conduttiva delle fibre muscolari il cui tracciato pare avere un andamento caratteristico anche molto prima dell’insorgere di eventuali sintomi clinici. Ero anche presente ad una manifestazione dove un team della stessa università ha controllato chi tra gli tra i presenti si sia presentato alla loro postazione, e con gioia giuro che non erano pochi. Io stessa ho dato al team universitario i recapiti di Berna, e di diverse persone in America perchè facessero delle correlazioni tra la situazione genetica e gli esiti delle prove di conduttività. Un numero sempre crescente di cani italiani viene testato come si può vedere dai risultati pubblicati. Il panorama non è così buio come lo descrivi molti di noi, allevatori e privati insieme, si muovono eccome per salvaguardare la salute dei loro leoni ed il futuro della razza.

    • @Paola: purtroppo, infatti, io ho parlato di “allevatori”, non di “compagni di vita di uno o due soggetti”: e come ho specificato subito, ho parlato anche “per sentito dire” (anche se ovviamente era un “sentito dire” molto affidabile), tanto che speravo davvero che qualche allevatore mi smentisse, dicendo “Ehi! Io i cani li ho fatti testare eccome!”.
      Purtroppo la tua è la prima risposta di questo tipo che mi arriva… ma a quando ho capito, non sei un’allevatrice. O sì?
      In questo caso ti farei un applausone lungo da qui a laggiù, perché io non faccio altro che cercare di difendere la serietà degli Allevatori che io chiamo con la “A” maiuscola… ma quando poi sento storie di questo tipo, mi cadono le braccia 🙁

      • Non posso dire di essere un’allevatrice, purtroppo gli impegni di lavoro non mi hanno fino ad ora consentito più di tre cucciolate, e ti garantisco tutte e tre fatte tutt’altro che alla speraindio, ma convivo con gioa estrema con un branco di cinque leoni ed ho sempre avuto un interesse assoluto per le questioni di salute ed etologiche….. La gestione di un branco strutturato richiede qualche nozione in più del terra resta 🙂
        Ma sono tutto meno che unica, per fortuna il mondo Leo è in stragrande maggioranza fatto così.
        Pensa che c’è un nutrito gruppo di allevatori che si invita a vicenda ad esaminare le cucciolate prima che queste partano per le case definitive in modo da allargare il campione di cuccioli valutati da ognuno ed esaminare cosa tende a “passare” dai vari riproduttori alla prole… credo che sia un esempio che la dice tutta sulla poca omertà che regna in casa Leo.

  13. ehehehe, a volte (spesso?) gli allevatori non fanno una semplice eco-cuore perché non sanno nemmeno dell’incidenza della stenosi sub-aortica nella loro razza!

  14. la reticenza degli allevatori è dovuta a profonda ignoranza. Questo perché anche tra loro c’è una maggioranza che si limita al leggere i titoli di certi argomenti senza approfondire i contenuti. Bisognerebbe che si riuscisse a far capire loro almeno il concetto che riscontrare che un cane è portatore non significa escluderlo dalla riproduzione ma cercare di utilizzarlo al meglio nella ricerca dei soggetti completamente esenti (che è l’obiettivo che si vuole raggiungere). I test di questo genere sono di gran lunga piu’ efficaci di quelli basati sul lastre ed esami come fatto in passato per le displasie (anca e gomito) o per molte patologie oculari. E col tempo dovrebbero diventare anche molto piu’ economici…. però perché ciò avvenga sarebbe opportuno che la gente corra a farli in massa. Perché in realtà i costi vivi sarebbero minimi. Quello che gonfia è l’offerta limitata e i diritti di inventore… che dopo un certo numero di anni dovrebbero venir meno per quanto ne so.

  15. vorrei fare un’appunto sulla displasia del pastore tedesco, le percentuali del 12% quale popolazione considerano? è importante sapere che lo stesso esercito tedesco sta sostituendo il pastore nazionale con il belga malinois, le ragioni sono ortopediche ossia la displasia dell’anca, e la stenosi della colonna vertebrale, quasi inesistenti nel pastore belga; stesso dicasi per i reparti cinofili della polizia americana, usano il belga malinois, dunque la percezione del “cinofilo medio” sulle problematiche ossee del pastore tedesco probabilmente non sono così approssimative… approposito di buona selezione.

    • @Ciro Severino: sorry, 12% era stato un errore di battitura, che ho già corretto: in realtà la displasia nel PT si attesta intorno al 19%.
      Non è comunque una percentuale elevata come quella che pensa il “cinofilo medio” e sicuramente non è così elevata da giustificare la sostituzione di una razza con un’altra. Sicuramente il pastore belga è messo meglio (soprattutto per quanto riguarda la stenosi della colonna vertebrale), ma mi permetto di pensare che la scelta sia legata più al business che alle patologie (come SEMPRE accade, purtroppo, nei cani dell’esercito e in quelli delle forze di polizia).

  16. grande Valeria ! il concetto di controllare i riproduttori per le patologie genetiche della razza dovrebbe essere una priorità per o.g.n.i allevatore degno di questo nome. Non è importante la razza, è importante la prevenzione !!!!

  17. Da brivido. Valeria so benissimo di cosa stai parlando e questa tematica mi sta molto a cuore. Ancora una volta ti ringrazio, perchè attraverso la divulgazione i proprietari o i futuri proprietari possono informarsi. I “venditori” di pellicce ci sono e continueranno ad esserci finchè la gente non si sveglia (a volte pagando in prima persona!!!) e capisce che al di là delle belle parole o dei tanti bla bla bla occorrono i fatti NERO SU BIANCO!

    Occorre informarsi E BENE da chi si prende il proprio cane. Quando vivono tanto, i cani, vivono sempre comunque troppo poco. Se a questo aggiungiamo che la cupidigia, l’irresponsabilità, il bisogno di primeggiare comunque, l’affisso ENCI che si dà a “cani” e porci….ecco, tutto questo contribuisce ad accorciare ulteriormente la vita dei nostri amatissimi cani.

    Se apro il libro non lo chiudo più, per cui mi limito a dire questo.

    Grazie ancora, Valeria.

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