giovedì 28 Marzo 2024

Coercitivo?… No, grazie!

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Riccardo Totino
Riccardo Totino
Riccardo Totino, classe '56, è un consulente comportamentale cinofilo con particolare attenzione ai cani di famiglia e di canili. Vive e lavora a Roma. www.eilcaneincontroluomo.com

di RICCARDO TOTINO – Circa un anno fa presso la Fondazione Prelz, per diversi mesi, ho seguito Dalia, una derivata setter/braccoide soprannominata ‘la bracchetta selvatica’ anche perché ci ricordava il mitico Snoopy.
In riferimento al percorso che lei ed io abbiamo costruito insieme ho pubblicato questo video, come testimonianza di un momento importante del percorso (passatemi il termine) di ‘civilizzazione’.

Mai nella mia vita sono stato così tanto criticato e mal considerato rispetto al mio modo di lavorare con i cani.
In proposito (o a sproposito…) molto è stato scritto e detto: ci si è appuntati sulle modalità con cui la bracchetta è stata fatta uscire dalla cuccia, sugli atteggiamenti che hanno tenuto con lei i miei collaboratori e i miei allievi, sul modo in cui Dalia è stata portata in passeggiata… tutto è stato ritenuto valevole di un commento, ogni fotogramma è stato scandagliato, e in sintesi si è raggiunta una quasi unanimità di giudizio: Riccardo Totino ha un approccio coercitivo, non sa leggere i cani, capisce di cani quanto una persona media comprende l’astrofisica e così via.
Bene! Si potrebbe concludere qui, e i commenti al video di Dalia riservarli alla aneddotica da aggiungere alla mia esperienza personale… se non fosse che questa storiella ha suscitato in me una riflessione che oggi vi giro: alla fine della fiera, con il termine coercitivo, di fatto noi che cosa intendiamo?
La lingua italiana con questo lemma definisce l’atto a frenare, a costringere, mentre usa la parola coercizione per esprimere l’imposizione operata sulla volontà altrui, specialmente con l’uso della forza o del ricatto.
Nell’ambiente cinofilo con il termine “coercitivo” si valuta un approccio che si posiziona in un’area operativa diametralmente opposta a quella in cui il cosiddetto “metodo gentile” si è già posizionato.
Su questo immagino che ci troviamo tutti d’accordo.
Immaginiamoci, quindi, anche un mondo ideale e all’interno di questo mondo il percorso di un cucciolo a cui dobbiamo impartire quelle regole di convivenza che la nostra società civile impone.
Nel nostro mondo ideale le tappe che seguirà il cucciolo nel diventare adulto corrisponderanno più o meno a questa descrizione:

•  il cucciolo di sessanta giorni entrerà a far parte della nostra famiglia. Verrà stimolato con premietti, entusiasmo, gioia e allegria. Gli verranno proposti solo esercizi all’altezza della sua giovane mente, lo si farà vincere sempre (nel senso che ogni sessione di lavoro si concluderà sempre in positivo in modo da lasciargli mediamente alti sia l’entusiasmo, sia l’arousal);
• crescendo dovrà iniziare a fare i conti con la frustrazione: non potrà ottenere tutto quello che vuole e dovrà imparare il significato di rinuncia (non della parola, ma dovrà imparare a gestire l’emozione) senza conseguenze troppo frustranti;
• a circa un anno imparerà le regole sociali e di abitudine. Imparerà cioè a comportarsi ‘bene’ in modo autonomo, senza che tocchi a noi ricordargli in ogni momento che cosa deve o non deve fare;
• a tre anni sarà un adulto consapevole e bene inserito nel contesto in cui vive. Nei rari casi in cui non sappia che cosa fare riceverà con fiducia le indicazioni di comportamento e non avrà più bisogno comandi che gli impongano una condotta adeguata all’ambiente;
•  arrivati a questo punto lo accompagneremo (e ci accompagnerà…) fino alla vecchiaia e al saluto finale.

dalia1È questo l’orientamento più comune seguito da tutti gli educa-rieduca-addestra-istruttori moderni, con o senza la fissazione del metodo gentile a tutti i costi (non è invece seguito dagli istruttori addestratori legati ai metodi “old” che riportano tutto alla gerarchia di dominanza, avallando l’ipotesi che il capobranco si deve manifestare autoritario con tutti, anche con i cuccioli). Quello che contraddistingue questo orientamento è che l’uso della forza è bandito o ridotto al minimo.
Non si tratta di frenare e di costringere un cane a fare qualcosa, si tratta di convincerlo…
Convincerlo a scegliere unicamente ma spontaneamente (e qui emerge una delle tante contraddizioni) quei comportamenti che, secondo il nostro punto di vista di umani, nella co-abitazione con noi si rivelano essere i più opportuni. E poco importa se tali comportamenti frenino, inibiscano o entrino in conflitto con le sue attitudini…
Nel nostro mondo ideale facciamo affidamento sul fatto che per il cane la collaborazione (con noi) sia al primo posto nella sua scala di valori,  che la scelga liberamente e che si lasci guidare da noi in modo apparentemente volontario.
È su questi principi che i paesi nordici (mi riferisco a paesi tipo la Svezia o l’Inghilterra) hanno impostato la loro filosofia di educazione del cane, e non è un caso che in nome del rispetto dello stesso siano diventati la patria degli ‘approcci gentili’.
Ma che cosa succede quando il mondo idealizzato viene calato nel mondo concreto?
Quando, supponiamo, il singolo cane ha sì voglia di collaborare con noi, ma intende farlo secondo un modo di essere per noi scomodo, ma per lui molto speciale?
O quando, ad esempio, ci troviamo di fronte ad un cane (per attitudine, genetica o esperienze trascorse) molto aggressivo o, altro esempio, di fronte a un cane con un predatorio così alto da ritenere una preda ambita anche il cucciolo di bipede che vive sul suo stesso pianerottolo?
Bene: in Norvegia, Svezia e altri paesi simili questo problema lo hanno risolto. Loro, il mondo ideale lo hanno realizzato!
Se la realtà non si adatta alla fantasia è comunque la fantasia che deve avere la meglio. In questi paesi i cani aggressivi sono indesiderati, quelli che già lo sono si sopprimono, sui rimanenti bisogna usare ‘cose’ che non permettano all’aggressività di esprimersi.
Ergo: o i cani sono sufficientemente sensibili al metodo gentile e vi corrispondono volontariamente per essere educati e integrati nel consesso civile, o “gentilmente” (previo giudizio di un’inappellabile magistratura) si eliminano.
Ma siccome questi paesi lo fanno con anestesia prima ed eu-veleno poi, si sentono molto umani, nel giusto e pure buoni.
Tanto più che nei paesi nordici la problematica dei cani inselvatichiti e diffidenti ‘per ignoranza’ non è molto pressante, perché il fenomeno del randagismo da loro non è poi così imperioso.
Non a caso, di recente, dalla Svezia sta arrivando l’idea che anche la sterilizzazione ‘forzata’ dei cani sia una procedura anti-etica, e questo concetto sta iniziando a prendere piede anche da noi.
Gli svedesi sostengono che non sterilizzano i cani perché loro non hanno il randagismo. Grazie!
A parte il senso civico caratteristico di tutte le popolazioni nordiche, il fenomeno del randagismo aumenta la sua problematica in funzione del clima.
Quanti cani potrebbero sopravvivere senza un’organizzazione sociale ‘tipo lupo’ a temperature pesantemente sotto lo zero per circa sei mesi l’anno?

dalia2_In Italia, tra discariche abusive e all’aperto, clima mite, tanti animali da cacciare e l’ignoranza della gente, i cani randagi reperiscono cibo in millemila modi differenti, continuando ‘allegramente’ a riprodursi. Wow!
Con questo non voglio criticare l’assetto organizzativo/politico che si sono date popolazioni nordiche e che sicuramente hanno molto da insegnare riguardo alla morale. Vorrei semplicemente sottolineare che l’importazione di una sola parte delle filosofie straniere (come abbiamo avuto modo di osservare per tante cose che non riguardano esclusivamente i cani) conduce all’ingovernabilità.
Per importare una regola o una filosofia dovremmo importarne anche tutti i contorni che determinano il contesto all’interno del quale tale regola o filosofia è valevole.
Dalla Svezia dovremmo importare anche il senso civico, la legislazione, il clima… e se vogliamo importare l’educazione gentile come metodo esclusivo, dovremmo importare anche, per quei cani che non si prestano a tale metodo, la soppressione.
Sono stanco di sentire quanto sono bravi perché hanno abbandonato il collare a strangolo e di non sentire quanti cani passano a miglior vita perché giudicati irrecuperabili (molti dei quali, qui in Italia, reintegriamo completamente)!
In Italia (come in Austria e in Catalogna) l’uccisione per esubero è vietata.
I cani ‘in eccedenza’, randagi, rabbiosi, legati a un cassonetto o abbandonati, vengono gentilmente invitati a stare rinchiusi nei canili. Perché ucciderli non li uccidiamo, però condannarli all’ergastolo è il nostro modo latino di sentirci corretti, non coercitivi e molto buoni.
Di lavoro faccio l’Educatore Cinofilo, specializzato in recuperi comportamentali e dedico molto tempo ai cani di canili, un mestiere che rientra nell’ambito delle ‘professioni d’aiuto’.
Con questa espressione si intendono oggi tutte quelle professionalità che sostengono le persone in condizioni di difficoltà esistenziali, sociali, psicologiche e che tendono al miglioramento della qualità di vita e della salute mentale e sociale dei singoli e delle comunità.
Chi fa questo tipo di mestieri sa che nell’esercitarli ci sono delle responsabilità da assumersi, e soprattutto sa che assumendosi quelle responsabilità si prenderà in carico anche i rischi correlati.
Perché se tutto fosse già deciso non ci sarebbe neanche alcuna incombenza da assumersi.
È nel momento in cui ci troviamo a dover operare delle scelte in situazioni critiche che sorgono i problemi… e nel nostro caso i problemi sono spesso raddoppiati, perché la realtà con cui ci confrontiamo e su cui andiamo ad operare è costituita dal binomio uomo-cane che, se come lemmi indicano dei tipi astratti, nella concretezza significano individualità che sono riconducibili solo in parte a degli schemi.
Le emozioni, le aperture e le chiusure, le reazioni che mostrerà il binomio a seguito di un nostro intervento sono prevedibili solo fino a un certo punto, ed è sulla valutazione contingente che ci si presenta volta per volta che decideremo quali strategie scegliere, quali escludere e quali perseguire.
Chiunque intraprenda questo tipo di mestiere, dopo pochi mesi di esperienza, sa che l’ideal-tipo cane studiato nei libri di formazione è un concetto astratto, frutto di statistica, sebbene resti quello con cui al campo ci si ‘vorrebbe’ confrontare… ma nei fatti ci si confronta con cani di razza, meticci, figli di più o meno brillanti incroci, dove tutto quello che si sa non basta perché sui cani, il loro addomesticamento e i nostri incroci c’è ancora molto da imparare e soprattutto c’è molto da ‘inventare’ per farci capire.
Lasciamoci così alle spalle i paesi nordici (che, beati loro, hanno risolto tutto…) ed entriamo in un territorio che vorrei condividere qui perché ancora pieno di tanti punti interrogativi:

• fermo restando che tutti noi abbiamo delle propensioni verso il metodo gentile, quando il cane non risponde a tale metodo, sopprimerlo o rinchiuderlo in una gabbia a vita non è forse una  risposta molto coercitiva?
• ogni forma di coercizione viene giudicata dai ‘gentilisti’ anti-etica perché non rispetta le caratteristiche specie-specifiche.  Ma siamo sicuri che proporre al cane una vita senza scontri, piena di psicofarmaci, senza la possibilità di confrontarsi su un piano fisico (che per loro è un importante livello per risolvere un contraddittorio) non sia altrettanto irrispettosa delle suddette caratteristiche? Davvero pensare di proporgli una vita che gli nega la possibilità di confrontarsi con le frustrazioni, la debolezza, l’inferiorità, l’inefficienza, il pericolo, l’incapacità, il timore, la paura, etc, sia proporre una vita che rispetta la specie canina?
• e se quello che riteniamo poco etico “per noi” è l’unica maniera per permettere al cane di raggiungere l’obbiettivo che ci si era posti (portarlo a far parte della nostra comunità, del nostro ‘branco’…), come dovremmo considerare il nostro comportamento, anti-etico o rivolto al bene?
• e se rinunciare a comportarci in maniera poco etica “per noi” provocherà il fallimento del programma di ri- o educazione, condannando il cane ad una gabbia a vita, come dovremmo considerarci?
• ci sono cani che hanno imparato a uscire da una gabbia di canile con una corda tipo quella utilizzata con i retriver durante le esposizioni. Alcuni educatori integralisti della pettorina si rifiutano di far uscire in passeggiata questi cani perché non riescono a indossare la loro pettorina a H o a Y o scapolare. Quindi li lasciano chiusi nelle loro gabbie fino a quando non impareranno ad accettare il nuovo strumento. Non vi sembra coercizione anche questa?
Chi è che deve star bene, il cane o l’educatore? Se il cane apprezza la corda e non la pettorina, perché costringerlo ad accettare qualcosa che è più ‘corretta’ solo per noi?
•  e non solo: sappiamo anche che il cane indossa collari da diverse centinaia di anni e che il suo organismo si è selezionato per tollerare questa ‘forzatura’.
Sappiamo invece quali possano essere le conseguenze dello spostamento del fulcro su cui agisce il guinzaglio? Ad esempio, sappiamo quanto le pettorine possano essere responsabili di questo straordinario incremento delle ernie discali?
Siamo davvero certi che la pettorina utilizzata in qualsiasi modo non provochi danni? Siamo davvero certi che la cassa toracica possa ammortizzare una strattonata (anche data inconsapevolmente) meglio di quanto non faccia il collo?
Ci sono degli studi a sostegno?
• nel corso dell’esercizio della mia professione non ho mai usato un collare con le punte e non ho neanche mai visto un collare elettrico. In una ipotetica scala che va dal > coercitivo  al  < coercitivo, sicuramente collare elettrico e collare a punte seguiranno i posti di massimo livello occupati rispettivamente da soppressione ed ergastolo.
L’uso degli psicofarmaci, invece, dove lo posizioniamo? Prima o dopo l’uso del collare a scorrimento?
•  il collare a scorrimento, come molti altri strumenti che adoperiamo, in sé non è né buono né cattivo. Nessuno di noi darebbe in mano un cacciavite a un bambino di tre anni, eppure il cacciavite è un ottimo strumento che utilizziamo.
Quando facciamo uscire dalla cuccia un cane ‘a corda’, in vista di farlo uscire dal canile, utilizziamo uno strumento e lo facciamo controllando e verificando che i livelli di stress del cane si mantengano attorno a quella soglia funzionale all’organismo per riorganizzarsi e che non scavallino in quell’area dove lo stress si trasforma in trauma, che porterebbe il cane, anziché a un progresso, a una regressione.
È questa la linea guida di ogni ‘forzatura’.
La possibilità che abbiamo di controllare i livelli di stress è data dal fatto che lo stress si esprime attraverso degli indicatori che noi, in quanto professionisti, sappiamo riconoscere. Nessuno di noi (immagino) inviterebbe un neofita a far uscire un cane timoroso strattonandolo dalla cuccia con una corda… ma come mai la nostra professionalità, che pretendiamo ci venga riconosciuta dalla società civile, non ce la riconosciamo invece prima tra di noi?
• se il proprietario di un cane si sente sicuro soltanto quando il suo animale indossa un collare a strangolo, grideremo al maltrattamento e allo scandalo o lavoreremo con lui affinché nel giro di poche lezioni si convincerà a utilizzare un altro arnese?
•  se il proprietario di un pastore tedesco di due anni adottato da un canile, con sindrome ossessiva da predazione verso cani e gatti, con l’autocontrollo inesistente al punto di mordere le gambe e le braccia del conduttore non appena ne vede uno, seguito per un anno da un educatore cognitivo-zooantropologico, sotto psicofarmaci, si rivolge ad un educatore meno titolato per chiedere aiuto, l’educatore è autorizzato a consigliare l’utilizzo di un collare a scorrimento, valutato come l’unico strumento in grado di mettere in sicurezza tutti?

dalia3_Personalmente ad alcune di queste e ad altre domande mi sono già dato una risposta.
Mi sono trovato obbligato a farlo in termini di decisioni prese. I risultati ottenuti spesso sono stati positivi e questo ha avvalorato l’idea che non avevo assunto posizioni anti-etiche, ma che avevo preso decisioni e attuato comportamenti indirizzati verso il bene del cane.
Purtroppo, durante la mia carriera, ho avuto anche modo di collezionare degli insuccessi: nella mia vita credo di aver incontrato diverse centinaia di cani e, forse, anche di aver superato il migliaio e questo (ahimè!) già la dice lunga sulla mia età.
Ho visto più di un cane da me seguito finire in canile… ma la storia più tremenda riguarda la tragica fine di un giovane dogo argentino maschio che ha ferito diverse persone, tra cui tutti i proprietari, senza ragioni apparenti.
Da allora ho iniziato a pensare che forse bisognerebbe rivedere i limiti posti dall’etica e cercare soluzioni nel confronto tra colleghi. Ma c’è un muro di omertà che non si riesce a scalfire.
Abbiamo paura di discutere sull’utilizzo di un collare a strangolo, di uno con le punte, per non parlare di quello elettrico. Come se l’immagine che dobbiamo dare fosse più importante della vita di un cane e della sua qualità.
L’unico metro accettabile per stimare la “gentilezza” di un educatore è la valutazione dell’entusiasmo del cane e la serenità dei proprietari quando arrivano in prossimità del centro cinofilo. Se sono contenti (i cani) e soddisfatti (i proprietari) ho la certezza che il metodo è buono.
Ah, un’ultima cosa (visto che ho scritto poco…): recentemente mi è capitato di ascoltare persone che sono convinte che dare un pezzetto di carne avanzata al cane sia ingiusto, non perché il bocconcino possa causargli qualche disturbo ma solo perché non è eticamente corretto offrire a un cane i nostri ‘scarti’.
Spesso questa filosofia è accompagnata dalla frase: «Tu daresti gli avanzi del tuo piatto a tuo figlio?»
A parte che se a mio figlio andasse di mangiare quello che io non desidero glielo permetterei senza esitazioni… non vi sembra che si stia esagerando? Noi dobbiamo rispettare e imparare la loro ‘animalità’, il loro esser cani, non introdurgli la nostra ‘umanità’!

Per concludere…
La storia di Dalia, la bracchetta selvatica ospitata dalla Fondazione Prelz, per fortuna è una storia a lieto fine.
Catturata con i suoi cuccioli in un bosco di Roma Nord, Dalia è rimasta nel canile dopo che i suoi cuccioli sono stati rapidamente adottati. Il suo comportamento era quello di un cane selvatico: non si faceva avvicinare da nessuno e in nessun modo, evitando ogni forma di contatto con gli operatori. Con questo tipo di cani è nostra abitudine aspettare che il tempo e la tranquillità del  posto in cui soggiornano, gli permettano di comprendere che anche gli umani si possono prendere cura dei cani e aiutarli a vivere meglio. In linea di massima funziona sempre: dopo un paio di settimane iniziano a tranquillizzarsi, a fidarsi e noi educatori (con l’ausilio degli allievi della scuola) iniziamo un percorso di riabilitazione comportamentale finalizzata a rendere possibile l’adozione.
Dalia, invece, anche dopo un mese dal suo arrivo continuava a fuggire spaventata alla vista di qualsiasi bipede e la direzione del canile aveva deciso di assegnarla al “girone  dei selvatici”: un recinto molto grande dedicato a quei cani che non vogliono proprio ‘civilizzarsi’.
Abbiamo chiesto una chance perché in qualche modo avevamo avuto la percezione che saremmo riusciti nel nostro intento.
Così abbiamo iniziato il nostro percorso riabilitativo.
Il primo passo è stato quello di affiancarle in box un maschio ben socializzato con gli uomini, in modo che lei potesse osservare che tipo di rapporto si sarebbe potuto avere con noi: contestualmente abbiamo iniziato a trascorrere del tempo con loro.
All’inizio sono entrate due persone e nei giorni a seguire ne abbiamo aumentato gradualmente il numero in modo da lasciarle sempre meno spazio ‘libero’ dagli umani.
Gli allievi sono stati disposti in modo strategico all’interno della gabbia in modo che ovunque cercasse un riparo avrebbe trovato una persona.
Non si tratta di flooding, perché non rappresentavamo uno stimolo fobico.
Per lo più i ragazzi rimanevano indifferenti ed evitavano di cercare il contatto, compreso quello visivo. L’obiettivo era quello di trasformare un tentativo di fuga in un inevitabile avvicinamento.
Ogni volta abbiamo lasciato succulenti bocconcini che lei mangiava solo quando ci allontanavamo dal suo recinto. Sono ben consapevole che questo atteggiamento le avrebbe procurato un forte stress, ma so anche che gli stress acuti sono i maggiori responsabili della riorganizzazione di un individuo.
Dopo circa tre settimane di tentativi di farla abituare alla presenza degli umani e senza mai essere riusciti a toccarla ho deciso che fosse giunto il momento di fare la prima forzatura: prenderla  a corda!
E così, non appena mi è passata vicino, ho lanciato il ‘lazo’ e l’ho catturata: tempo cinque secondi è stata sfiorata con una mano e liberata subito.
Abbiamo lasciato succulenti bocconcini e siamo usciti. Siamo andati avanti così per circa due settimane, aumentando sempre di più il tempo in cui lei sentiva lo strano oggetto intorno al suo collo e concludendo i nostri incontri sempre in modo positivo per lei e nei limiti che aveva.
Dopo circa un mese di tentativi per farla abituare al guinzaglio (la pettorina era per lei troppo invasiva) abbiamo deciso di forzare la mano.
La reiterazione dell’uscita è stata voluta e cercata proprio per evitare che nella sua mente quell’operazione, che per lei è stata così difficile, rimanesse casuale.
Di fatto l’uscita seguente è andata molto meglio e da quel momento ha imparato a fidarsi di noi prima, e a generalizzare poi la sua fiducia verso altri.

Dalia (oggi Jackie) è stata adottata, vive in una famiglia che le vuole bene e si prende cura di lei.
Certo, non è Rex… ma conduce una vita più che accettabile.
Ha lasciato un posto libero nel canile per accogliere altri cani respinti dalla società e un vuoto in tutti i ragazzi che si sono occupati di lei.
Continueremo a svolgere questo lavoro con la passione di sempre e a costo zero per la Fondazione che ci ospita, continueremo a valutare caso per caso come agire e quali strumenti usare.
Invito chiunque abbia dei dubbi a venire a vedere come lavoriamo, perché analizzando solo pochi minuti di un lavoro di diverse decine di ore si può cadere in inganno. Io e tutti i ragazzi della scuola siamo molto, ma molto fieri di quanto abbiamo fatto per Dalia. Noi stiamo in canile e sul campo tutti i giorni e diamo il nostro contributo per migliorare la vita dei cani scartati (a proposito di scarti) dalla società.
Ho scritto questo articolo per aprire un confronto, per discutere e crescere. Spero sia chiaro che per me la cinofilia è uno studio e non una dottrina, che sono disposto a mettere in discussione qualsiasi mia convinzione in cambio di soluzioni più etiche che siano reali e realizzabili sul campo.
Vi ringrazio anticipatamente per il contributo che darete.

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214 Commenti

  1. Credo che a questo punto questa discussione abbia detto tutto. Ringrazio tutti voi che avete letto e partecipato, sia chi mi ha appoggiato e ancor di più chi mi ha criticato, in particolare ringrazio Sara per essersi offerta a partecipare attivamente, nonostante la sua disapprovazione.
    Prima di chiudere avrei piacere di esporvi qualche conclusione.
    Avevo un’idea… Mi sarebbe piaciuto capire quali “metodi”, “sistemi”, “tecniche”, “approcci” sarebbero stati migliori di quelli utilizzati in questo “recupero”. Mi sarebbe piaciuto avere dei consigli, nuove informazioni, elementi da analizzare e studiare per poter aiutare meglio quei cani reietti dalla nostra società e cassonettati in un canile senza alcuna speranza di uscirne, se non attraverso un lavoro di recupero e di reintegrazione. Mi sarebbe piaciuto che qualcuno, anche uno solo, avesse scritto: «Mmmh, io avrei fatto così…» e divorarmi tutto il suo racconto.
    Mi piacerebbe “recuperare” cani solo a suon di baci e carezze, mi piacerebbe entrare nella loro mente e “convincerli” solo con la forza del pensiero. Mi piacerebbe pure una vincitina milionaria al SUPERenalotto, ma la realtà mi tiene maledettamente con i piedi per terra e ogni giorno devo lottare e combattere per vivere (io) e per convincere un cane o il suo proprietario a fare qualcosa di diverso per vivere meglio.
    Alla fine dei giochi a me non interessa sapere quanto sono bravo o quanto sono “sega”, gli unici riscontri che prendo in considerazione sono quelli dati dai cani.
    Non mi interessano -e ancor meno mi toccano- i giudizi, mi interessano invece le critiche costruttive e i confronti. So che c’è molto da imparare, so che la mente del cane è un mondo ancora tutto da esplorare ed è questo che mi affascina e mi incuriosisce. La mia esperienza, i miei studi, il mio carattere e la mia personalità non mi permettono di avvicinarmi alla “cinofilosofia” perché, secondo me e solo secondo me, i cani con la perfezione del pensiero non ci fanno niente. Mi interessano i passaggi da seguire per fargli cambiare idea in modo meno invasivo possibile, ma che deve essere anche rapido e funzionale. Cerco l’ottimizzazione: recuperare più cani possibile, nel minor tempo possibile, per poter dare una chance di libertà a più reclusi possibile.
    Purtroppo, e come in fondo temevo, queste dritte non sono arrivate o almeno in questa discussione non ce ne sono. È ovvio che non potrò cambiare il mio modo di lavorare con questi cani solo perché qualcuno sostiene che io sia coercitivo o che si poteva fare altro. Avrei potuto cambiare idea se quel qualcuno mi avesse proposto cosa fare, con il cosa “non fare” non ci faccio davvero nulla. Quando parlo con i proprietari che si lamentano del comportamento del loro cane spiego sempre la differenza tra l’obiettivo e il “non obiettivo”. È inutile dire al cane: «QUESTO NON LO DEVI FARE, CAPITO!!!» per fargli capire qualcosa è necessario esprimersi in quest’altro modo: «Vieni, bravo!, fai questo…» lasciargli il tempo per pensare, eventualmente correggerlo con garbo e finire con il solito: «WOW, BRAVO!». Anch’io imparo meglio se le cose mi vengono spiegate così.
    Grazie.
    P.S. Non so come qualcuno abbia potuto interpretare le parole di Barbara come se Jackie avesse dei problemi. È un cane felice che ama Barbara e i suoi amici, esce tranquillamente in passeggiata fiduciosa e sicura di sé, ha una sua personalità abbastanza spiccata e alcune cose le piacciono mentre altre non le piacciono.
    P.P.S. Qualcuno sostiene che questo lavoro si sarebbe potuto fare meglio indipendentemente dal risultato. Ne sono convinto! Ma se non l’avessimo fatto noi quel cane sarebbe ancora Dalia, sarebbe ancora in un canile e avrebbe ancora paura di chiunque le si fosse avvicinato.

    • Io ti apoggio in pieno. Ho lavorato in canile municipale molti anni fa, quando anche NOI dovevamo amazzare i cani quando il “lethal man” era malato o in vacanza — e credetemi non era con una semplice punturina come oggi. (Mio prossimo lavoro in un reparto psichiatrico era molto più rilassante.) Così — anche se i canili italiani sono “slow-kill” (morte lento) invece di “high-kill” come i canili USA o Spagnoli, tengo molto al cuore l’idea che i canili devono essere svuotati. Nessun cane deve essere lì se può essere ricuperato, il più rapidamente possibile. Non sono cavie per qualche ideologia.
      Non capisco le fanatiche (infatti sembrano di essere prevalentamente ragazze) che insistono di infilare tutti i cani nel letto procrusteano di certe cinofilosofie…o quello, o la morte vivente!
      Seguo certi “balanced trainers” perchè moltissimi dei cani difficili loro salvano (1000+ l’anno)sono stati condannati a morte da vari gentilisti e comportamentalisti come incorrigibili. E questi addestratori sono odiati dai gentilisti perchè qualche volta danno (lievi) correzioni. Alla fine, contano i risultati — cani felici, rilassati e VIVI.

    • Scusa Riccardo, forse in questo sono stata lacunosa. Non ho risposto su papabili approcci per Dalia perché un filmato mi dà solo un piccolo pezzetto di un puzzle: posso darti la mia impressione su quello stralcio, ma non sul cane. Di solito poi in casi del genere “piglio e arrivo”, nel senso che mi faccio un’idea del problema del cane, ma poi ho bisogno della mia impressione sul campo. Sposto un attimo il peso, che fa? L’ho semiguardata, che fa? Non penso che sia fattibile dirti: ok, mò fammi un altro video in cui tu fai questo e quello (e se magari non lo hai mai fatto prima, fai il contrario di quello che ti chiedevo, oppure lo spiego male io, oppure mentre lo fai dovresti subito interrompere o cambiare qualcosa…)e andare avanti così finchè o il cane non ci manda a quel paese o ci appisoliamo davanti al pc. Anche quando do suggerimenti su forum, preciso sempre che vogliono essere spunti di lavoro, ma che di mezzo c’è sempre lo schermo del pc. Ho seguito vari cani con problemi similari (una di loro oggi era in passeggiata con me proprio oggi!)ci ha messo i sei mesi suoi, ma con un percorso calibrato solo su di lei, e in più calcola che la struttura la gestisco io, per pulire i box ci sono io e per lavare le ciotole ci sono io…magari ad avere una mano ci avrei messo leggermente meno. Sennò a dare consigli generici o vaghi o basati sul nulla, si finisce come quelle fessate della dieta che fa dimagrire tutti o non so che altro. Io penso che col senno di poi non si faccia nulla, preferisco farti vedere cosa farei io con un determinato cane che mi metti davanti. La settimana prossima andrò a fare amicizia con altri due cani che arriveranno qua, e di certo non svuoterò il canile (ne hanno 340), ma darò una possibilità a due di loro. E per quei due, significa una grossa differenza.

  2. Caspita quanto avete scritto… Ci ho impiegato parecchio a leggere 🙂 Ma ne è valsa la pena! Io parto da un presupposto e cioè che la gentilezza è sempre auspicabile ma che, di fatto, esistono talmente tante realtà che impuntarsi sul voler difendere a spada tratta la propria tesi ci porta ad essere un pò come il fango. Non ci si muove più di là e si imputridisce.
    Ho guardato con attenzione il primo video (fremevo dal leggere per capire di cosa parlavate… ma vedrò anche il secondo)e non ho visto nulla di coercitivo inteso come violento, aggressivo, svilente. Boh! Non riesco proprio ad intendere questo accanimento.
    Non conosco nessuno di voi, per cui nessuno prenda ciò che dico come un attacco personale: ma credo che davvero ci siano troppe parole sprecate. Dai frutti si può giudicare un albero e, da quel che ho letto, i frutti ci sono stati. Poi… ognuno faccia al meglio, col metodo che crede, il proprio dovere. Poche chiacchiere e più fatti. Solo chi ha avuto a che fare con i cani difficili, da recuperare, sa quanto tempo, pazienza, amore e caparbietà ci vogliano per far uscire dall’incubo un animale. E poi.. i traumi sono uguali per tutti, bipedi o quadripedi: non si smette mai di combatterli. Esiste un detto ‘mazz e panelli fann i figli bell. Senza mazz fann i figli pazz’.. e se la saggezza di altri tempi consente, in casi isolati, di tirare un ceffone al momento giusto al proprio figlio al fine di insegnargli qualcosa di importante.. quale differenza separerebbe questa ipotesi da quella dei nostri beniamini, che altro non sono che eterni bambini? E complimenti a tutti i volontari 😉

  3. Barbara….ovviamente sono felice per voi e per Jackie!Ma quello che dici conferma il fatto che probabilmente si poteva fare altro…perchè se è vero che jackie ha trovato te e pur vero che qualche problema resta,e cercare di aiutarla diversamente(non è mai tardi per cominciare) forse avrebbe potuto farle scoprire che,oltre le situazioni a lei familiari,esiste il nuovo…e in fondo non è così tremendo…!

  4. Grazie, Barbara per la tua testimonianza. Ricordo ancora quel giorno di luglio in cui siete venuti alla Fondazione per prendere un cane. E come dimenticarlo? Ho pensato subito che sareste stati perfetti per Dalia (al secolo Jackie) e il tempo mi ha dato ragione. Dalia non era un cane semplice da sistemare ma ce l’abbiamo fatta.
    Nei lunghi sei mesi che ha passato in canile si sono succedute tante situazioni, tante emozioni diverse ma quel che più conta è che non essendo potuta tornare in libertà, abbia trovato voi.

  5. Di cinofilia non capisco nulla. L’unica mia referenza è che amo molto gli animali ed i cani in particolare.
    Però dalia è con me da quasi un anno, e come aveva predetto Roberta Bucci, è un cane splendido.
    Non so come ci siano arrivati, ma mi limito a constatare che senza il lavoro di Riccardo, Roberta, Annamaria, Gaia, Francesca e gli altri ragazzi che non ho conosciuto alla fondazione preltz e che hanno seguito la mia pelosetta, io non avrei questa coccolosa con me e Dalia sarebbe praticamente in un incolpevole stato di detenzione, cosa che per me -ora come ora – è semplicemente impensabile.
    Già che ci siamo, vorrei tranquillizzare chi ha sollevato perplessità sulla opportunità di forzare un cane spaventato affidandolo a chi non lo conosce. Nessun trauma, tranquilli. È stato un grande, immenso amore a prima vista assolutamente reciproco. Lo hanno visto tutti, credo, il colpo di fulmine ed ora siamo felici in due, anzi in quattro, considerando tutta la famiglia ed il peloso che già c’era.
    Grazie ragazzi, da Jackie ex Dalia e da tutti noi.

  6. Sarò sicuramente di parte, ma jackie è infinitamente meglio di Rex.
    Difficile pensare ad una cagnolina più coccolosa e furbastra di quella che vive con noi da dieci mesi.
    Quando leggo del suo passato di selvatica ho veramente difficoltà, perché la pelosetta che vive con noi è una tipetta tranquilla e silenziosa, ma infinitamente amante delle affettuosità di ogni genere. Non le piacciono gli estranei, ovvio; quando cessano di essere estranei è affabile anche con loro.
    Odia le macchine ed i rumori: fa niente. È assolutamente metereopatica, quindi quando cambia tempo inutile stupirsi se sparisce per un po’ nei suoi appartamenti. Non abbaia mai, all’ultima abbaiata è scoppiato l’applauso di incoraggiamento. Non è un cane vivace,ma è esattamente il tipo di pelosa che sognavamo noi, e siamo ottimi amici.
    Grande lavoro, ragazzi: quando ho letto del recinto degli inavvicinabili mi sono venuti i brividi. La mia bellissima jackie ha rischiato la vita da reclusa? non ci voglio neppure pensare. Cane selvatico? Boh. Adesso sembra un aristo – cane, lo dicono tutti. Anche un po’ snob, magari, per questo l’abbiamo chiamata jacqueline, sembra una dog model. Non sono esagerazioni, ve l’assicuro. È uno splendore, ed è così grazie ai vostri sforzi ed ad una intuizione a suo modo geniale. Fatti, più che parole, quindi.

  7. Secondo me sì, è stata una forzatura, ma il punto è che ognuno di noi fa le sue scelte in tantissimi campi. Io non faccio staffette e quando mi sono pigliata un cane da Bari ho fatto viaggi improbabili in treno (e con i miei cani al seguito) per conoscerlo prima, farlo conoscere ai miei cani e fare in modo che non andasse via con deli sconosciuti e che i miei cani non si trovassero di colpo pinco pallino in casa. E premetto che il cane non aveva alcun problema con gli altri cani né con le persone. Per il punto è che per operare una scelta si devono avere in mano tante informazioni, sennò come si fa? Decidi di fare una forzatura? Ok, sai che la stai facendo e decidi di farla, ma senza negarla. Poi si deve anche considerare, e questo non dalla parte di chi adotta ma di chi dà in adozione, che a te è “andata bene”, mentre la maggior parte delle adozioni fatte in questo modo non sono a lieto fine; oppure sono a lieto fine per la famiglia che si dice “felice” e si sente “buona” perché tiene un cane che vive murato in giardino o che esce di casa con due metri di lingua a penzoloni invece di riportarlo in canile. Cosa peraltro poco fattibile perché una volta portati i cani, nessuno viene a riprenderseli se ci sono problemi (nella maggior parte dei casi). Per qui stiamo parlando di modalità di adozione, e non del post che riguardava se era stata fatta una coercizione in quel caso determinato e se era fisica, psicologica o entrambe etc etc.

    • il mio commento non voleva tirar fuori le modalita’ di adozione,ma voleva dimostrare che anche facendo vivere al cane delle esperienze che non gradisce il cane puo’ trovare il suo equilibrio….con il senno del poi,posso dire di essere daccordo con te, i cani andrebbero visti e conosciuti prima di adottarli,proprio per evitare di avere sorprese…pensa che il mio cucciolo avrebbe dovuto avere 3 mesi ,invece mi sono vista arrivare un cucciolotto di sette mesi,non socializzato che si spaventava di TUTTO,aveva paura anche dei vasi di fiori…oggi ti assicuro che quando usciamo fuori,tutti i giorni è completamente rilassato e felice (viviamo in campagna),non ha piu’paura delle macchine,dei bidoni della spazzatura e neanche del demolitore che sta allargando la strada…..però,a bere il caffè al bar non l’ho mai portato,perchè messo davanti a tante persone che non conosce non è a suo agio e un cane puo vivere benissimo la sua vita senza mai metter piede in un locale,ma certe realta’ che gli procuravano ansia e che non dipendevano da me è riuscito a superarle solo dopo che le ha affrontate e quindi capite…vedi il contadino che zappa la terra o il vicino che taglia l’erba,cosi come le automobili…è stato messo nella condizione di comprendere che queste cose non rappresentano una minaccia e oggi non le teme piu’…ecco perchè trovo che sia bello che dei professionisti aiutino i cani paurosi o fobici a vivere nella nostra realtà,certo forse non saranno mai coraggiosi come il commissario REX ma avranno piu probabilita di essere adottati e una volta adottati potranno vivere una vita dignitosa e non solo vivere murati in giardino perchè gli adottanti non sanno gestirli

    • Ciao Sara,
      che si sia fatta una forzatura è evidente e non mi sembra che io abbia tentato di mascherarla con crema e ciliegine. Come già riportato diverse volte nei commenti, mi pongo la domanda se davvero mi devo considerare un rieducatore “brutto e cattivo” al pari di chi usa un collare elettrico per insegnare un riporto o se in particolari casi (dopo un’analisi completa del cane e dell’ambiente in cui vive) sia il caso di stringere i denti e decidere di fare quello che non ci piace per uno scopo più “nobile”.
      Valeria spiegava a Francesca (con la quale mi scuso per essere stato un po’ troppo “aggressivo”) che io rappresento un’icona del “gentilismo”. Non credo sia corretto! Se dopo un giorno di pioggia prendo un lombrico smarrito sull’asfalto e lo rimetto sulla terra, questo non fa di me un animalista perché sono onnivoro e quando, per circostanza, decido di usare un collare a strangolo -o i “dischetti di Fisher”- questo fa di me un “non gentilista”. Di fatto non sono un *.ista di niente, forse solo un profession-ista. Nonmi piace attaccarmi etichette.
      Ho l’impressione che in questo campo -non in questo articolo e commenti al seguito- vengano giudicati gli strumenti utilizzati e non il “come” e il “perché”. Sono sicuro che se utilizzassimo una pettorina con la stessa violenza con cui alcuni utilizzano il collare a strangolo, strattonando il cane perpendicolarmente al suo corpo, prima a destra e poi a sinistra, potremmo causare gravi conseguenze alla colonna o alle costole (che sono senz’altro più delicate delle vertebre cervicali).
      Con questo articolo volevo avere -e ho avuto- un riscontro sulle posizioni del pubblico (professionista e non) su un quesito che, a mio avviso, si potrebbe paragonare all’obiezione di coscienza dei ginecologi. Questi professionisti possono scegliere di non praticare l’interruzione di gravidanza ma non fino al punto di perdere madre e bambino se, per mezzo dell’operazione, si può salvare la madre. Lo so l’esempio è pesante ma non così lontano dal nostro problema, ovviamente posizionato su una scala etica differente. Per me la qualità di vita e la vita stessa di un cane è molto importante. Nel duemila alcuni giornalisti presero in esame il mio approccio col cane definendolo il “metodo dolce”, poi con il passar del tempo questo approccio si è estremizzato e io sono sceso in graduatoria. Va bene così!
      So di essere in grado di valutare lo stress di un cane, so fino a dove mi posso spingere, raramente ottengo risultati diversi da quelli prefissati, perché oltre ad aver studiato molto, vivo in mezzo ai cani da quando ho dodici anni. Ho imparato che non si può vivere solo di emozioni positive, perché se ci sono anche quelle negative e quelle riorganizzative un motivo ci sarà: tutte hanno un senso e un’utilità. Un professionista deve saperle interpretare, insegnare ad affrontarle, per permettere a un cane di imparare a raggiungere l’omeostasi in modo autonomo senza doversi nascondere o fuggire.
      Cani come Dalia, Dotto o Dero (bisogna smettere di dare nomi che iniziano con la D) vivevano un incubo quotidiano, il loro ambiente naturale era lontano dagli uomini e i canili invece ne sono pieni. Se non è possibile reimmetterli nel territorio qualcuno si deve prendere l’impegno di fargli affrontare i loro incubi e trasformarli in stimoli sostenibili.
      Non ti nascondo che a volte non raggiungo gli obiettivi, che a volte “sbaglio”, non ti nascondo il dispiacere che provo in quei momenti ma, quando accade, mi pongo sempre delle domande. Però non voglio smettere di tentare tutto il possibile per migliorare la qualità di vita di un cane perché, a mio modesto parere, trovo che abbandonarli a loro stessi sia la scelta più coercitiva di qualsiasi altra cosa.

      • Riccardo, c’è stato un qui pro quo, parlavo delle modalità di adozione di cui diceva Elisa, solo che mi sa che si sono accavallati i commenti o io non ho ancora molta dimestichezza con le funzioni della pagina del forum…

        • Sara il commento l’hai messo al posto giusto. Sono io che mi sto “fomentando” un po’ troppo.
          L’argomento della “forzatura non negata” riguarda il tuo post, poi mi sono lasciato prendere la mano (le dita va!). 😀

  8. Buongiorno,mi unisco alla discussione in merito all’articolo del sig. Totino; premettendo(e su questo mi sembra siamo tutti d’accordo)che per coercizione si intende obbligare qualcuno o essere obbligati a fare o non fare qualcosa mediante l’uso della forza,o minacciando l’uso della forza……sono ineluttabilmente porta a dire si…è coercizione! Il caso di Dalia in particolare, e più genericamente l’utilizzo di tecniche che forzino la volontà sono coercitive!
    Comunque il punto credo non sia focalizzato sul collare in quanto tale,pettorina o corda che sia (se questi fanno sentire più sicuro l’adopter…ben vengano) ma sulla modalità di utilizzo,cioè quanto questi strumenti vengano impiegati per forzare la volontà del soggetto (sarebbe come forzare qualcuno che ha paura del vuoto a salire in cima alla Tour Eiffel…non è detto, anzi lo escludo proprio, che possa avere dei miglioramenti o un qualche tipo di cambiamento positivo).
    Dico di no sia alla coercizione e sia ai “metodi gentili” (intesi come portare in fissità sulla pallina o sul premio alimentare) che non permettono al cane di riflettere,di utilizzare quello splendido strumento pensante (con le rispettive diversità di specie) di cui non siamo dotati solo noi umani….la mente!
    Pensare sempre di poter adattare gli animali, in particolare il cane, alle nostre volontà e aspettative è una storia vecchia e sorpassata, si certo è necessario integrarli nella nostra società che prevede regole da seguire, ma non certo solo con premietti, creando frustrazioni e quant’altro; ma permettendo al cane, un’animale per definizione sociale, di potersi inserire mantenendo le sue diversità, capendone le motivazioni, le vocazioni, tenendo conto dei suoi posizionamenti. Mi direte certamente che và guidato, e questo è ovvio, ma capendo e rispettando il suo mondo interno…solo così le sue scelte e i suoi comportamenti saranno veramente voluti…e non dovuti!
    Io non sono un’educatrice, ma ho lavorato nel canile come volontaria, e perciò so benissimo quanti cani “scartati dalla società” siano presenti e quanti purtroppo vivano delle problematiche importanti dal punto di vista comportamentale, e so altresì quanto ci si auspichi che questi vengano adottati e sfuggano ad una vita che di piacevole non ha proprio nulla. Ma sono consapevole del fatto che (almeno per quanta mi riguarda…ma mi sembra di non essere l’unica) non vorrei sottrarli a questo solo per compassione o per poterci uscire a prendermi un caffé, ma nella prospettiva di aprirgli (nel limite del possibile) un mondo nuovo, bello, ricco di cose piacevole non farli passare da una gabbia (del canile) ad un castello dorato (casa)…ma pur sempre un castello dal quale uscire è quantomeno difficoltoso, se non addirittura traumatico.
    E sono certa che questo sia possibile solo Curando a livello cognitivo comportamentale i soggetti , se necessario anche costringendoli a provare per poter scoprire che possono farcela, ma tutto all’interno di una strategia terapeutico che inizia dall’interno del cane.

  9. Scusate,ma allora secondo voi anche far adottare un cane pauroso con chi non conosce è una forzatura?….Perchè il mio cucciolone adottato tramite una onlus mi è stato portato tramite staffetta e sapete cosa ha fatto appena mi ha vista??? Con me non ci voleva venire, aveva paura di me cosi’ come dei volontari staffettisti che l’hanno accompagnato al nord….i primi giorni nella sua nuova casa non sono certo stati belli per lui,era molto ansioso,ma gia dopo 4 o 5 giorni,ha dimostrato di gradire le passeggiate,le coccole e la sua famiglia, ora è piu’ sicuro di se e vive felice…..poi per il discorso che avete fatto prima(sfornare cani che sanno andare al guinzaglio e aspettare ad un caffè) preparare un cane alla vita che potra’fare con la nuova famiglia non ci vedo nulla di sbagliato…perchè chi adotta nei canili non è detto che abbia le competenze per riabilitare un cane pauroso e non è scontato neanche che abbia il tempo e la voglia di seguire un percorso con un professionista,quindi i cani con problemi li scartano a priori…..tornando al mio cane,per quello che so del suo passato posso dire che è stato forzato enormemente almeno due volte ,la prima quando era ancora randagio ed è stato accalappiato,la seconda quando è stato adottato da Me,che ora sono la sua ragione di vita

  10. Cara Silvia, due anni fa, io e il mio compagno, abbiamo adottato un meticcio, non mi soffermo sulla sua brutta storia ma di sicuro devi sapere che era un cane mordace, con le persone e con i cani.
    Quando iniziammo con lui questa avventura, persino i suo i veterinari (che conosco da tanti anni e dai quali non vado e non andrò mai più) si rifiutavano di visitarlo o se lo facevano chiedevano a me di toccarlo (nonostante la museruola).
    All’inizio era un cane “aggressivo” , non conosceva nulla, lo spaventava tutto, l’aggressività era l’unico modo che conosceva per proteggersi dalle sue paure.
    Così abbiamo deciso di farci aiutare, lo portammo da un’educatrice la quale ha gestito il nostro caso con molta serietà e decisione. Purtroppo il suo metodo non era quello giusto per noi.
    Magari poi avrebbe funzionato, ma in quel momento non avevamo tempo di aspettare, i problemi stavano crescendo, attaccava qualsiasi cosa, uscire con lui era un incubo, per lui era di sicuro un’esperienza stressante girare con noi!
    Così, a malincuore (dico così perché noi tre ci eravamo affezionati a lei!), cercammo un’altra strada e la trovammo con Riccardo Totino. Ci accorgemmo sin da subito che Riccardo non aveva una vera e propria linea guida, ma capivamo che lui voleva conoscere il nostro amico peloso, costruire con lui un percorso fatto di momenti seri e di momenti goliardici, volti entrambi ad insegnargli la cosa giusta da fare nei momenti di panico, di gioia o nei momenti di rabbia.
    Devo dire che non abbiamo mai visto Riccardo perdersi in chiacchiere, tantomeno buoniste .
    Sin da subito ha iniziato a spiegarci le motivazioni delle reazioni del nostro amico, suggerendoci qualche “dritta” per superare gli ostacoli che quotidianamente ci trovavamo davanti (in passeggiata, al parco, in casa con estranei e non…).
    Quando si “sbagliava” e quindi tentava di aggredire, Riccardo lo osservava e, se si trattava di paura, lo rassicurava con toni dolci e gentili, in caso contrario, se era un atteggiamento da correggere con un pochino più di polso, il tono della sua voce si faceva più serio e deciso.
    Finalmente qualcuno lo capiva!
    E lui interagiva con Riccardo, senza mai venire per questo né strattonato, né sollevato di peso, né tantomeno “tirato”.
    In merito ai premietti, con il nostro cagnolone, sono stati fondamentali. Erano un ottimo stimolo; nonostante questo, durante il nostro percorso insieme, gli venivano via via diminuiti (quando per lui era ormai chiaro l’atteggiamento che ci aspettavamo da lui in un determinato contesto, nessuno si sognava di premiarlo ancora anzi, forse io si, ma Riccardo mi correggeva!).
    Non ho mai sentito Riccardo Totino categorico in merito alla scelta del collare (a strozzo a semi o a strasse, o della pettorina), in verità non l’ho mai sentito sentenziare e stop.
    Non ha mai argomentato il lavoro svolto con noi come l’unico modo possibile, non ha mai paragonato il nostro amico peloso ad altri cani e non ha mai detto “ no, questo non funzionerà, non ci provare proprio…”
    Quando andavamo da lui e gli raccontavamo le nostre giornate, ascoltava con cura, rifletteva, consigliava, si congratulava oppure ci faceva notare l’errore insomma, le cose che dici Silvia noi non le abbiamo vissute,mi sembra davvero che ci sia un grande fraintendimento e ti assicuro che si parla di un cane che pesa 10 Kg!
    Ad oggi, seppur ancora con qualche difficoltà, è un cane felice, ha molti amici, a quattro zampe e non, abbiamo ancora tanta strada tutti e tre, ma grazie ai progressi che abbiamo fatto con Riccardo, oggi, nonostante le difficoltà , mi sento più forte e so, a distanza di anni, che Riccardo è sempre lì, pronto ad intervenire se abbiamo bisogno di lui.
    A Riccardo per il suo impegno, amore, per la sua innata positività, per la sua, a mio avviso indiscussa, professionalità, per la sua capacità di rinnovarsi e di mettersi in gioco, dico “grazie”, perché qualcun altro, al mio posto, forse avrebbe abbandonato il mio amore in qualche canile, lo ammetto, all’inizio è stata davvero dura ma oggi ho capito il carattere del mio cane, non lo cambierei mai con nessuno ed ancora oggi, una volta a settimana, tutti e tre, andiamo a salutare quell’educatore che ha insegnato al nostro peloso ad imparare!!!
    Spero che la nostra storia possa contribuire a far capire che non esiste questo o quel metodo, imprescindibile o inconfutabile, giusto o sbagliato, esistono solo professionisti a confronto che lavorano tutti con lo stesso scopo e la cosa positiva sta nel fatto che “per fortuna” laddove un educatore non riesce a risolvere, ci sarà qualcun altro a cui rivolgersi!
    In fondo è come a scuola no? Un professore ha un metodo di insegnamento, per qualcuno andrà bene per qualcun altro no, ma non per questo i genitori ritirano per sempre i propri figli dalle scuole!
    Alessia

  11. Credo che qui andremmo molto OT. Amarcord di aver scritto piuttosto seccata ad un educatore che faceva corsi educatori e di avergli fatto notare che i suoi allievi stavano facendo un macello nella zona dove io, quella volta, giocavo con agility (come privata) e mi dedicavo più allo standard che al lavoro. Quindi davo la mia opinione come ex-uucc e non come attuale concorrente, quindi super partes. La risposta è stata che avevano ottenuto dei miglioramenti, che le persone erano contente quindi non potevo essere così negativa. Sì, ma nessuno aveva detto PRIMA di iniziare le costosissime lezioni che risultati si sarebbero potuti avere e se gli andava bene lavorare in quella direzione; nessuno aveva detto che il problema era scatenato da altri atteggiamenti che andavano modificati; nessuno gli aveva detto che ci sarebbe stata una percentuale di risoluzione o che magari la scelta della razza non era stata proprio la più consona. Quindi, sia nel “coercitivo vecchia maniera”, sia nel “gentile nuova maniera”, dove sta la serietà nei confronti del cane e della famiglia che vive con lui? Credo che qui si tocchi un problema ben più profondo.

  12. …Attenta, Sara, che puoi essere fraintesa… Che chi fa qualcosa per i cani non bada a diluvi universali… Qui ci si attacca a tutto…

    • Dai, lasciatemi almeno ogni tanto una scusa per stare un po’ seduta! Che tra un po’ sparisco più che essere pronta per la “prova costume”!XD

    • Francesca guarda che qui chi è che fraintende non siamo noi. Io una domanda me la sono fatta perché altrimenti questo articolo non sarebbe mai esistito. Tu sostieni di aver letto tutto e anche i commenti e forse ti sei persa che più o meno l’ottanta per cento dei commenti sono a mio favore. Che senso avrebbe mettere in piazza i risultati facili e certi, non mi interessa “autocelebrarmi”, metto in discussione i dubbi non le certezze.
      Ma visto che ti piace essere provocatoria, lo sarò anch’io e ti rigiro con piacere il problema: «se così tanta gente è d’accordo con me, tu te la sei fatta la domanda?»
      E bada io preferisco i metodi “gentili” di gran lunga a quelli coercitivi, come testimoniato da un gran numero di interventi di persone che si sono rivolte a me per chiedere aiuto. Ma quando non ci arrivo io vado oltre, tu che fai?
      Sai che tutti i cani adottati dopo il nostro intervento (che ti assicuro normalmente è molto diverso da quello pubblicato) non sono mai rientrati? Questa affermazione ti fa venire un dubbio sul giudizio espresso?
      Io c’ho messo la faccia, il nome e il cognome, sapendo che avrei scatenato l’ira di quel settore della cinofilia che oltre non va -ma manco ce dice che fa-, tu invece hai messo solo il nome (il cognome no) e parli protetta dall’anonimato. In questo dibattito chi si è messo in discussione sono io non tu. Fai attenzione a quello che dici e non c’è fraintendimento.
      Io so che ho una vita dedicata ai cani, che mi piace crescere e capire sempre cose nuove, non mi piace la filosofia applicata al cane, ma non contesto chi lo fa e se mi offre nuovi spunti applicabili sono ben felice. Mi piace di più interessarmi di psicologia in generale e in particolare di quella sistemico-relazionale in cui trovo dei grandi spunti per insegnare a una famiglia come inserire un cane e come farsi capire da lui. Mi piace la biologia, in particolare quella branca di geni e comportamento e ormoni e comportamento, mi piace sapere che ci sono delle spinte interne che richiedono un attivazione dell’individuo e quanto e cosa la mente può fare per controllare e soddisfare gli impulsi e le richieste organiche. C’è anche un altro mondo di studio e io seguo quello, non il vostro, che va rispettato e non giudicato.
      Nel lungo percorso di questo articolo la parte “gentilista” si è sentita attaccata, ma se leggi bene non c’è attacco, c’è richiesta di confronto, c’è un desiderio di pacificare tra di noi, c’è un’analisi di come vedo le cose, delle conseguenze che osservo e il desiderio di chiedere: «ma voi che siete “gentilisti” e tanto criticate e attaccate chi non è come voi, davvero riuscite sempre a salvare i cani e a reintegrarli con i vostri metodi?» Questa domanda ve la faccio perché quello che vedo io qui a Roma non risponde a questo, vedo tanti cani educati e finiti sotto prozac, vedo proprietari confusi che non sanno più cosa devono fare con il loro cane. Poi giro nei parchi e vedo anche gente contenta di essere stata seguita da un CZ, ma i limiti ce li abbiamo tutti.
      Una botta di umiltà farebbe molto bene a noi ma soprattutto ai cani.

      • Riccardo, non capisco in quale modo tu abbia potuto identificarmi come “gentilista”, questa è una tua deduzione che non mi appartiene.
        Sei tu che vedi solo il tuo modo di lavorare e il modo dell’approccio gentile, e li metti in antitesi.
        Io personalmente sto seguendo un percorso di studi che riguarda l’approccio cognitivo, e che vede come campi d’intervento la Sistemica Relazionale e la Psicologia Animale, e ti posso assicurare che non c’è deriva animalista o coercitiva, è, anzi, tutt’altro.
        Le materie che studiamo sono Biopsicologia, Genetica del Comportamento, Morfofunzionalità, Psicologia Animale, Pragmatica della Comunicazione Umana e Comunicazione Interspecifica, Pedagogia ecc… Nell’approccio cognitivo non c’è una preferenza di metodo da utilizzare ma una serie di tecniche di declinazione Psicoterapeutica che spesso prevedono anche la forzatura dell’animale, quindi, ripeto, non viene discusso quello.
        La mera differenza, e ribadisco quanto espreso dal mio primo intervento, sta nel “se” e “quando” si lavora all’interno dell’animale, per favorirne il cambiamento.
        “Cosa” si fa e “quando” lo si fa, per riattivare le Funzioni Cognitive, arricchire le sue Rappresentazioni, lavorare sulle Motivazioni, equilibrare o modificare le Emozioni.
        Come vedi il problema non è il “filosofeggiare” (tu che dici che chi ti va contro è quel settore della cinofilia che “oltre non va -ma manco ce dice che fa-“), anche se le scelte pratiche inevitabilmente passano per scelte filosofiche, bensì quale approccio o metodo si decide di applicare per risolvere i problemi comportamentali del cane.

        ((Quanto al mio cognome, apro e chiudo parentesi, che dirti, non voglio proteggermi dall’anonimato. Non l’ho scritto semplicemente perché “non sono nessuno”, e se volessi conoscere il mio cognome per cercarmi su google e sapere “chi sono” o “da dove vengo” non mi troveresti, quindi e’ un po’ inutile…))

        • Ehm… Francesca, rispondo solo qui perché poi parto e per quattro giorni non ci sarò più (leggo, ma col tablet mi è assai difficile rispondere perché scrive quello che vuole lui 🙁 ): guarda che Riccardo Totino è sempre stata un’icona del cosiddetto “gentilismo”.. quindi temo che tu abbia frainteso, perché mi rifiuto di pensare che metta in antitesi quello in cui ha sempre creduto con i metodi che sta utilizzando in caso di estrema necessità. Io credo che Riccardo sia un convintissimo gentilista, che però si rende conto dei limiti di questo approccio e che quindi ha tratto l’unica (a mio avviso, almeno) conclusione dettata dal buon senso e non dai dogmi: metodi e strumenti si devono adattare al cane, con l’unico scopo di fare il bene del cane. La ricetta magica “buona per tutti” non esiste, perché i cani sono tutti diversi l’uno dall’altro: quindi un vero professionista si deve adattare.
          In caso contrario non sarà più un professionista che lavora per il benessere del cane, ma la bandiera di un certo modo di pensare, che lavora solo per portare avanti il suo Credo. E questo è già terribile in campo umano (vedi guerre di religione “vere”), ma diventa se possibile ancora più deleterio quando ci sono di mezzo i cani, visto che loro non hanno la possibilità di dire la propria opinione.

          • Scusa “Redazione”, ma allora forse non mi spiego, o comunque proprio non ci capiamo…
            Ma quello che dici torna ad essere a mio parare un opporre l’essere “gentili” all’usare una forzatura (e per “forzatura” intendo quella eventualmente prevista in una serie di tecniche di declinazione Psicoterapeutica, che è diverso da “coercizione”), ed io non discuto la forzatura fatta con “l’utilizzo della corda”, ma questo è stato detto e ridetto quindi spero sia ormai chiaro, bensì nel QUANDO e come è stato fatto l’intervento e da qui, mi dispiace, ma non mi muovo!
            A voi non importerà niente, ma nel “confronto” ci si confronta, e ripeto che secondo me forzare la volontà di Dalia in quel modo, con quei tempi, più che aiutarla l’ha traumatizzata ulteriormente riconfermando le sue paure, fobie, mancanze di conoscenza ed esperienza. Lei continua a non conoscere se stessa, figuriamoci il resto. Tutto qui. Si è forzata non rispettando i suoi tempi, non modificando le sue rappresentazioni, e motivazioni. Si è forzata e si sta forzando, ritenendo che “CE L’HA FATTA!!!”, quando continua a vivere nelle sue paure verso tutto e tutti…
            Poi, se proporre un articolo del genere vuole trovare solo commenti positivi e rafforzativi su metodi e tempistiche utilizzati, allora chiudete le discussioni solo a chi la pensa come voi.
            Perché sembra che si contino i pollici alzati ed i “bravo, bravissimo Riccardo!”, più che i contenuti degli interventi che tutti noi stiamo elaborando con impegno e dedizione, per rispondere al confronto richiesto nell’articolo.
            …E comunque, purtroppo, la nostra grande differenza sta nel pensiero di base della visione del cane, e questo si evince dalla tua ultima affermazione ad un commento “…visto che loro non hanno la possibilità di dire la propria opinione.” … Io mi impegno a leggere e sentire la loro opinione, o quantomeno ci provo con tutte le mie forze, riconoscendogli una personalità, una singolarità, una mente, il “diritto di parola”, quella parola che non tu dici non hanno; e questo non significa umanizzarli, perché io non giudico con lo star bene un cane che va al bar a prendere il caffè, bensì un cane che gioca, che socializza con tutti, che non ha paura della sua ombra.
            Approfitto infine dello spazio per accogliere le scuse di Riccardo per l’attacco gratuito che mi ha rivolto.

  13. Posso garantirti che per l’ultima eutanasia ad una cavalla abbiamo aspettato quattro ore il veterinario; se l’animale fosse stato cosciente e sofferente e ne avessi avuto il coraggio, penso che le avrei sparato davvero (qui lo dico e qui lo nego). L’età non si dice mai, ma a Venezia vent’anni fa c’era un veterinario…e dico uno….

    • Vorrei soltanto chiedere una cosa. Sara, Francesca lavorate in canile? Se la risposta è sì, mi piacerebbe sapere come vi approccereste ad un cane che sto seguendo da sei settimane. Il suo nome è Timo. Proviene da un sequestro avvenuto nel dicembre del 2011 insieme ad un’altra decina di cani. Vivevano tutti insieme, maschi e femmine interi e non erano affatto socializzati con l’uomo. Alcuni di loro sono stati recuperati, Timo è ancora lì nel suo angolo. Una volontaria del canile mi sta aiutando a far in modo che si abitui alla presenza delle persone, ma la strada è lunghissima. Con lui, insieme a Riccardo e ad alcuni allievi della scuola per educatori cinofili, stiamo tentando un approccio “dolce” (bocconcini lanciati vicino al cane, accovacci a terra, sguardi distolti etc.), ma quanti mesi dovranno trascorrere perché Timo possa vedere il mondo che c’è fuori? Mi si potrebbe rispondere che sono diciassette mesi che si trova lì, quindi se dovessero passarne altri non sarebbe un problema, ma nel suo settore sono tutti(TUTTI!!!!) nelle sue condizioni. Occupano quella parte di gabbie in cui è prevista un’area di sgambamento dal momento che non possono uscire.
      Ecco, questa è la situazione di Timo e di tantissimi altri cani “invisibili” che occupano i nostri canili ed è proprio per questo che mi piacerebbe molto poter vedere lavorare persone che si avvalgono di metodi e strumenti diversi dal mio.

      • Non pensi che in questi 17 mesi forse è stato fatto qualcosa di sbagliato? O non è stato fatto qualcosa che andava fatto? Ripeto, io sono sempre disponibile ma se serve a qualcosa. Quindi, se mi dite: c’è questo cane con cui abbiamo problemi, risolviamoli assieme, io sono la prima a mobilitarmi. Ma se tutto deve essere una sfida a dimostrarsi qualcosa…beh, allora la mia giornata è pienotta e per me è già un lusso che mi concede la pioggia lo stare al pc tra uno scroscio e un altro.

        • Ciao Sara,
          sei la prima persona dopo 178 commenti che si è dichiarata contraria al metodo usato e a proporti in modo collaborativo. Faremo un filmato di Timo (non prima di giovedì) e lo condivideremo con te, ti alleghiamo anche tutta la situazione del canile e di conseguenza delle risorse di cui possiamo disporre. Ne parleremo insieme (magari in una chat privata) con Roberta e con le persone che tu riterrai opportune, poi se troviamo l’argomento interessante pubblichiamo i risultati. Ti garba l’idea?

          • Ok, mandatemi tutto per mail e semmai ci si vede di persona; il mio unico “neo” è che il week-end sono praticamente sempre inamovibile da casa, quindi semmai nella settimana se è fattibile.

        • Non credo che in questi diciassette lunghi mesi si sia fatto qualcosa di sbagliato.
          Non si è potuto fare assolutamente nulla. Timo si trova esattamente nella stessa situazione in cui era il 23 dicembre del 2011.
          Ti ringrazio per la tua disponibilità ed apertura. Sicuramente, se vorrai, potremo trovare soluzioni interessanti volte ad aiutare Timo e tanti altri come lui.
          Giovedì della prossima settimana effettuerò una ripresa al luogo, alle condizioni ambientali che circondano Timo e alla sua gabbia. Dopo aver fatto ciò avrò bisogno ancora di qualche giorno per preparare un breve filmato esplicativo e a quel punto sarai in grado di renderti conto personalmente della situazione.

  14. Questo articolo “”è stato proposto per aprire un confronto, per discutere e crescere”” e per esprimere “”soluzioni più etiche che siano reali e realizzabili sul campo””.
    Partendo da questo punto che mi pare sia, più che interessante, necessario ed opportuno al fine di garantire una adeguata crescita del cane fin dal suo primo giorno di vita o, come nel caso di Dalia, nel recupero comportamentale, sono in pieno accordo con Tamara che evidenzia quanto sia poco etico l’approccio descritto nell’articolo dal Sig. Totino, dai primi giorni di vita sino ad arrivare all’età adulta del cane, passando per le frustrazioni dell’adolescenza(…). (la Tamara che è stata, oserei dire, “allontanata” dalla discussione perchè “fuori tema”……..)
    Il tema vuole essere, PRIMA, quello delle “conseguenze dell’utilizzo di uno strumento” e, POI, sull’etica e le sue conseguenze… Il tutto guarnito con una delle ultime affermazioni agghiaccianti dello stesso autore, che intitola l’articolo con “”Coercitivo… NO Grazie!”” e poi scrive tra i commenti “”Sono d’accordo che il cane non era pronto a uscire e che noi l’abbiamo forzato. L’ho anche scritto. Suggerimenti?””
    Io trovo solo grande discordanza ed incoerenza.
    Il suggerimento, a mio avviso, poteva essere quello di leggere il cane, la sua interiorità, le sue emozioni in risposta a quegli stimoli che tutto erano, tranne che aiuto per lei; “non era pronta ad uscire e non l’abbiamo forzata lo stesso”. Non è coercizione questa?
    Conseguenze evidenti, in questo caso, all’utilizzo di quello strumento, quel collare, quella corda, chiamiamola come ci pare, non mi pare ce ne siano state; perchè come è stato già detto, la coercizione stava nel COSA e nel COME si proponeva il cambiamento, e non attraverso cosa lo si faceva.
    Quindi alla domanda che ha aperto il dibattito io rispondo che si, c’è coercizione, ma non nel guinzaglio ma cosa ancora più grave, nella violenza interiore esercitata su Dalia.

    • Senza polemica, sia ben chiaro: ma siccome “leggere il cane,la sua interiorità, le sue emozioni” non significa assolutamente nulla se non ci aggiungi il “come” e “cosa” si deve fare… visto che il canile aveva deciso di dare a Dalia l’ergastolo (ovvero di inserirla nei gruppo dei “selvatici”, ergo “non adottabili perché ritenuti senza speranza”), rispondi a questa semplice domanda, per favore: secondo te è meglio che sia stata forzata a uscire (cosa che la ha permesso di ritrovare una vita e una famiglia) o sarebbe stato meglio continuare a cercare di “leggerla” ancora per mesi, o forse anni?
      Non è una domanda retorica, eh… te lo sto chiedendo seriamente. Per quanto tempo tu avresti ancora insistito nel cercare strade che non passassero attraverso la “coercizione” vista nel filmato? E se quella strada non l’avessi trovata dopo il tempo X… che avresti fatto?

      • Ma allora perchè intitolare “COERCIZIONE? NO GRAZIE!!!” un articolo che illustra un metodo coercitivo, e non “SI ALLA COERCIZIONE SU CASI LIMITE PER ME IMPOSSIBILI??”

        • non voglio rispondere ad una domanda con un’altra domanda ma, certo, messa sul “meglio forzarla ad uscire o condannarla all’ergastolo?” è ovvio che il cuore batte e d’istinto risponderei anche io di fare di tutto per darle una famiglia, ma questo è comuqnue ben diverso dall’argomento “no al coercitivo!!”.
          E comunque, sebbene qualcuno le abbia cambiato nome come in segno di svolta, almeno da quello che si vede nelle immagini, non mi sembra un cane recuperato, anzi… Poi, se “recupero” vuol dire fargli con la forza attaversare la soglia della porta di un box perchè qualcuno, alla luce, veda il colore del suo pelo, ed i suoi occhioni desiderosi di aiuto, e la scelga al posto di un altro cane che invece sembra più “sereno”… Allora possiamo dire che Dalia sia stata recuperata…

        • Ehm… ti pareva un titolo proponibile? 🙂
          Scherzi a parte, il concetto dovrebbe essere (condizionale, perché l’articolo è di Totino e non mio, quindi sarà lui a spiegare meglio nel caso io non abbia inteso bene) che ciò che si fa per il benessere del cane (futuro, se non immediato) non può essere definito “coercizione” in senso negativo, ma semmai “forzatura per il suo bene” (un po’ come trainare per un braccio un bambino che non vuole andare a scuola, insomma…).

          • Non credo che il paragone sia calzante…magari mio figlio non vuole andare a scuola perché nessuno lo aiuta ed è un pesce fuor d’acqua, o per incostanza….devo anche in questo caso valutare le motivazioni e le competenze.
            Io avrei fatto di tutto -e l’ho fatto- per saltare l’ora di matematica finchè non sono stata aiutata e sono arrivata almeno ad una sufficienza, e non stavo più le ore a fissare un folle che scriveva numeretti sulla lavagna.
            E mi è servito di più un insegnante che mi ha detto solo un lapidario “mi hai molto deluso” rispetto a tanti altri che per anni mi dicevano che potevo fare bene e meglio etc etc.
            Se non bado a motivazioni e gratificazioni….

        • Grazie Valeria, mi hai letto nel pensiero. Avrei fatto la stessa domanda…
          Domanda: Per quanto tempo tu avresti ancora insistito nel cercare strade che non passassero attraverso la “coercizione” vista nel filmato? E se quella strada non l’avessi trovata dopo il tempo X… che avresti fatto?

          Risposta: Ma allora perchè intitolare “COERCIZIONE? NO GRAZIE!!!” un articolo che illustra un metodo coercitivo, e non “SI ALLA COERCIZIONE SU CASI LIMITE PER ME IMPOSSIBILI??”
          Quindi va bene tirare fuori dal canile Dalia come abbiamo fatto, ma con un altro titolo. Va bene. Valeria cambiamo il titolo? Però di fatto non ci sono suggerimenti, nessuna risposta concreta se non quello subliminale che dovrebbe più o meno suonare così: «Io l’avrei lasciata nel reparto selvatici».
          Però Francesca vorrei farti notare che il titolo non è “coercizione, no grazie!” è “coercitivo riferito a me” che sono l’autore, perché sono stanco di sentirmi dire che io sono coercitivo e i miei metodi irrispettosi, dagli educatori “new generation”: quelli che la rivoluzione la fanno coi “puccetti” di razza stando ben lontani dai canili.
          Temo, cari amici e colleghi, che finora non siano arrivate proposte di nessun genere.
          In Italia ci sono circa diecimila cani chiusi nei canili più o meno lager, più o meno accettabili. Alcuni di questi cani sono difficili, molto difficili, altri addirittura impossibili. Chi, tra di voi che muovete critiche così efficaci al metodo utilizzato, lavora come volontario nei canili? Chi, dopo essere stato in un canile, dopo esser passato tra le gabbie, dopo essere stato travolto da immagini di cani che si scagliano contro la rete come per ucciderti, di altri che girano continuamente su se stessi o che implorano un bocconcino, una carezza… chi ha visto negli occhi di un cane odio, dopo due passi vede amore, altri due e “legge” paura e diffidenza, si pone ancora la domanda: «Forzarne uno è etico?»
          Non puoi “perdere” tanto tempo a leggere i cambiamenti perché quel tempo non ce l’hai e perché niente cambierà. Hai solo settecento cani e ben due educatori. Ogni giorno per loro è sempre uguale: sempre a girare, a scagliarsi sulla gabbia, a litigare col vicino o col dirimpettaio e quando decidi di portarlo fuori e devi passare nel corridoio con lui che inizia a mandare a quel paese tutti i “vicini”. Sai Francesca la frustrazione che senti quando passi davanti a una gabbia, guardi dentro e leggi: «Fai qualcosa per me, per favore?» e tu devi far finta di niente perché quel cane non è nel tuo programma di recupero?
          Sai Francesca quante storie potrei raccontarti? Quella di Dalia la conosci, ma quella di Dotto e Dero invece no. Loro erano in un altro canile abbiamo passato un anno con loro, senza mai forzarli. Siamo stati con loro nel box ore a dare cibo lanciandolo in terra, dalle mani, abbiamo tentato di carezzarli, avvicinati di fronte, di lato, di spalle e… niente. Abbiamo messo la corda e… niente; abbiamo messo la pettorina e… niente. Abbiamo tirato fuori tutti i segnali calmanti scritti dalla Rugaas e… niente. Dopo un anno li abbiamo caricati in macchina (molto coercitivo anche quello) e portati in altro canile (quello del filmato) e adesso sono pronti per essere adottati da qualcuno che abbia un minimo di capacità per farli andare avanti, perché ora sanno andare a guinzaglio, si lasciano toccare, ci accompagnano al bar a prendere il caffè, ma sono ancora restii all’avvicinamento. Ora hanno bisogno di una famiglia a cui affidarsi. Vuoi un cane Francesca? Qui c’è un link del video di Dotto http://www.youtube.com/watch?v=dgwSWzNQbP8 mi aiuti a trovargli casa?
          Poi al canile di Valle Grande ci sono Puccio, Timo, Fulmine, Pitù, Aky, Pelè, LupoLucio, e altri seicentonovantatre cani che hanno bisogno di educatori. Vuoi essere dei nostri? Giuro che ti faccio lavorare in modo indipendente, cercherei con grande sete di conoscere i tuoi metodi per aiutarli, credo che potremmo scambiarci molte informazioni, sicuramente cambierei i miei metodi e forse anche tu potresti imparare qualcosa da me.
          Valeria ha i miei recapiti, se ti interessa mi farà piacere conoscerti.
          In realtà ho scritto questo articolo con uno scopo molto subdolo: reclutare educa-rieduca-addestra-istruttori da portare nei canili con un solo obiettivo: svuotarli!

          • Intanto ti rispondo io, anche se non sono stata chiamata in causa. Gestisco il recupero comportamentale o educativo di cani considerati inadottabili o di cani a cui cerchiamo rapidamente di evitare di diventarlo (una fra tutte: dogo sorda di cinque mesi, cinque famiglie diverse…meglio non aspettare!). Sinceramente io ci ho messo del mio e la struttura adatta me la sono creata, quindi conosco il cane, lo porto qua, ci lavoro, adozione, happy end. To make a long story short.
            Quello che non capisco di quello che scrivi è in sostanza “ci abbiamo provato in tutti i modi a noi conosciuti senza ottenere un cambiamento e allora abbiamo giocato il tutto per tutto”. Non era il caso di confrontarsi PRIMA di arrivare a questa conclusione? So quanto sia difficile un confronto specie per internet tra cinofili, ma penso che avrai visto che “quattro gatti” (ehm…) disponibili ci sono.
            Ti ripeto che io il tempo me lo prendo, non lo chiedo. E me lo prendo per il cane, mica perché voglio bere il caffè ammirando il panorama. Sennò sarei anche capace di prenderlo per la collottola e sbatterlo fuori, ma tornerei indietro di quanti anni nella mia preparazione? I canili si svuotano così? Sfornando cani che si possono portare in passeggiata? Credo che sia comprensibile che la mia domanda è provocatoria.
            Io sono disponibile a collaborare con chiunque, come sempre, ma solo nel momento in cui mi si riconosce la mia professionalità e che al mondo ci sono tantissime strade, non se si vuole metter su una catena di montaggio.

          • Colgo l’occasione, Riccardo, per chiarire il fatto che il cambio del titolo voleva essere un suggerimento, si, ma anche una provocazione… Di certo, quindi, non volevo far intendere che se l’articolo avesse avuto un titolo diverso avrei approvato il metodo utilizzato… Ma almeno non ci sarebbe stata incoerenza tra scritto e immagini.
            Perché per come la vedo io, se coercitivo è il metodo, coercitivo è altresì la persona/volontario/professionista che lo mette in atto. Quindi ribadisco la mia personale opinione che si aggiunge alla lunga, lunghissima lista di critiche di cui tu stesso parli nell’apertura di questo articolo “Mai nella mia vita sono stato così tanto criticato e mal considerato rispetto al mio modo di lavorare con i cani” … E se il coro è unanime, io una domanda me la farei…
            Mi affianco, poi, al commento di Sara, con la quale mi ritrovo pienamente, nel senso che forse quello che dovremmo valutare ed affrontare è anche il “fine “ che si vuole raggiungere: si vogliono svuotare i canili facendo adottare cani che sappiano andare a guinzaglio e che sappiano stare al fianco di chi li adotta per il tempo di un caffè, o si vogliono aiutare i cani che hanno problemi comportamentali, di ansie o paure, aggressività, o quanto altro ancora, per aiutare LORO, per far crescere in LORO autostima e fiducia, per farli vivere in quanto cani, per farli riconoscere nella loro natura, per riconoscere in loro una mente pensante, delle emozioni, dargli un “diritto di parola”, e al contempo metterli nella condizione di essere adottati per costruire qualcosa di grande e concreto che possa definirsi una “relazione” con la persona che li adotta, e che quindi non porti l’adozione a ridursi in passeggiate e caffè??

          • Ecco l’unica VERA risposta a tutti quelli che si fanno i viaggi mentali fra l’etica, la filosofia, l’ego e quant’altro! Bravo Riccardo, bravissimo! Quanti di tutti quelli che ti hanno scritto hanno cercato VERAMENTE di aiutare i cani chiusi nei canili? Quanti sono riusciti a trovargli una famiglia? A fare teoria sono tutti bravi…ma quando c’è da spezzarsi il cuore a vedere quegli occhi che ti chiedono aiuto si tirano tutti indietro!

          • Scusami Betta ma forse non hai letto che chi sta “rispondendo” sta anche “facendo” per i suddetti cani….non stiamo parlando in teoria.

      • Sarò la solita “o bianco o nero”, ma quando collaboro con un’associazione, io sono la professionista che si occupa dei recuperi. Spiego e metto per iscritto come lavoro, e firmo e controfirmo tutto quello che posso per garantire me, l’associazione di volontariato, il cane e i probabili adottanti. La prima cosa che metto in chiaro è che il cane lo dichiaro IO adottabile, e gli dò dei tempi in cui il recupero verrà fatto. Se non gli va bene che io lavori sei mesi con un cane, possono trovarsi qualcun altro e non c’è nessuna collaborazione, visto che io rispetto il loro dedicare del tempo e delle energie (spesso moltissime) a questi animali e loro, a loro volta, devono portare rispetto per me e il mio lavoro. Se vado dal medico mi dice lui cosa fare e non mi metto a decidere io come seguire una cura o che, o a fare autodiagnosi. A casa mia si diceva “il medico pietoso fa la piaga cancrenosa”: tante volte mi sono rifiutata di lavorare con cani di cui mi si diceva cosa fare e cosa no e altro ancora. Dopo qualche mese sono stata richiamata perché altri metodi avevano fallito. E anche se non fossi stata richiamata, e il cane fosse stato portato in canile o quant’altro, ognuno deve prendersi le sue responsabilità. Un volontario che mette tra gli inadottabili un cane recuperabile, di cui gli garantisco la riuscita, solo perché vuole darmi i suoi tempi (in base a cosa?), deve assumersi la responsabilità della sua scelta e del suo puntare i piedi. Non è così poi che si svuotano i canili, ma,anzi, si creano pericolosi precedenti: se ho costretto il cane una volta, posso farlo altre volte e posso fare tanto altro ancora. Ripeto che io non guardo il risultato ma il come, anche perché mi sono scontrata con più di un cane sottoposto a questo trattamento in zona torino e i danni sono stati enormi, ma il precedente di un educatore che si cimenta nel comportamentale autorizza a ripetere a pappagallo da parte di discepoli poco accorti. Se proprio vogliamo poi dare l’aut aut del recuperare in tempo breve, allora a questo punto potevo fare anche “meglio” (o peggio a seconda dei punti di vista). Poi mi si dice no al Prozac. Con quello la si portata fuori in passeggiata in un niente, sempre fosse stata in grado di camminare.

        • Faccio un commento becero da vera sciuramaria, ma quando non c’erano tutte queste paturnie i cani erano più sani di mente.
          Quando ero bambina nessuno andava a confessarsi se aveva tirato un calcio al cane: era giusto? era bello? No, certo che no, ma mi pare che i cani sopportassero molto meglio i calci di allora (anche perché spesso erano poco più di una spinta col piede) che tutte le ansie che ci facciamo noi oggi. In fondo sono animali molto fisici e anche tra loro, quando si urtano i nervi si danno qualche pinzata, senza che poi debbano andare dallo psicanalista.
          Io credo che la “coercizione” intesa come leggera forzatura faccia male a noi, ci scompensa, ci mette in crisi, ma per il cane non sia poi questa tragedia, se non gli facciamo del male e se non lo mettiamo in situazioni che gli facciano perdere la fiducia (in noi e in se stesso).
          Quanto al tempo che ci si mette, ciascuno ovviamente del suo tempo volontario fa ciò che vuole, ma se ci fosse più tempo che cani la questione non si porrebbe. Ma se nel tempo che ci si mette a recuperare un cane secondo certi (encomiabili) principi si riuscisse a recuperare tre cani accettando un minimo di compromesso… beh, la “questione morale” assumerebbe tutta un’altra prospettiva.
          Perché la “perfezione” del recupero del primo cane la pagherebbero altri due cani non recuperati…

          • Credo però che qui si stia vagheggiando dell’età dell’oro. Se è per questo allora i cani vivevano nel grande meltin’ pot della corte -che non era il cortiletto di casa- e non ho mai sentito mio nonno parlare di cani da recuperare o recuperati. Ce n’erano pochi e ognuno seguiva la sua vocazione, più o meno presente. Poi sinceramente non ricordo nemmeno di pedate, perché un setter che ha lavorato dalle cinque di mattina se non dalle quattro, al rientro a casa diventa un cane invisibile e, visto che se hai portato a casa da magnare è anche merito suo, molto più probabile che partisse la schioppettata se qualcuno faceva del male al tuo cane. Ma stiamo parlando di “altri tempi” in tante, troppe cose, e non di cani del 2013 e di persone del 2013.

          • Infatti cani da recuperare non ce n’erano (a parte il fatto che gli si tirava una botta in testa e ciao…): ma magari chiediamoci perchè!

          • Oddio, devo dire che nelle famiglie che conosco la “botta in testa” succedeva più che altro perché non esisteva l’eutanasia sul cane vecchio o malato e il veterinario non è che avesse molto di più a disposizione. E comunque la perdita di un animale era tangibile in una famiglia e non solo a livello affettivo.

          • Sara, scusami, quanti anni hai? L’eutanasia esiste da molto, molto tempo…già da quand’ero ragazzina io, insomma (e son passati i secoli). E’ che a ben pochi veniva in mente di “spender soldi” per far sopprimere un cane problematico 🙁

    • ..non dimentichiamoci che Dalia era in un canile (per carità un signor canile ma sempre di canile si parla)quindi aspettare che fosse pronta poteva voler dire aspettare mesi, ma non mi sembra ci si stia ponendo il problema di quanto male poteva fare a Dalia continuare a vivere lì nel suo panico o fobie o paure (chiamatele come volete), lì, in un canile dove lo stress arriva a mille e dove lasciata a se stessa poteva solo peggiorare… C’è stata coercizione? c’è stata violenza interiore esercitata su Dalia (riporto la frase di Francesca)? Forse era altrettanto violento “aspettare” che Dalia fosse pronta a superare le sue paure soprattutto sapendo che non c’erano limiti di attesa. Allora mi chiedo: è meglio forzare un po’ la situazione al fine di migliorare la qualità di vita di un cane oppure è meglio aspettare? Se stessimo parlando di un cane di proprietà probabilmente si potrebbe avere il lusso di aspettare. In canile, però, credetemi è meglio sollecitare un po’, in canile è meglio forzare un po’, in canile è meglio fare tutto il necessario per rendere un cane adottabile..e con Dalia è stato fatto!!

  15. Non posso che concordare con quanto scritto sopra, avendo anche seguito altri cani “selvatici” (copio semplicemente il termine usato sopra) provenienti da varie metodologie tra cui le metodiche del video. Non credo ci sarebbe alcuna differenza tra un collare a strozzo, con le punte, una pedata nel sedere o un filo di lana: il cane non era pronto ad uscire, è stato costretto ad uscire. Allora, se avessi usato dei bocconcini per attirare il cane fuori o se lo avessi sollevato di peso, cosa sarebbe cambiato? A me interessa cosa l’animale mi “dice” dei cambiamenti che gli sto proponendo e di come glieli sto proponendo. Il video di cui sopra, per me, rappresenta una coercizione ma di certo non per il collare a strozzo o che. Mi chiedo se più che parlare di eliminare metodi coercitivi non si dovrebbe per l’ennesima volta parlare di competenze, di ambiti di applicazione e così via.

      • Ma proprio perché il cane non era pronto e si concorda, la mia risposta/domanda verteva sulla definizione di coercitivo. Cioè, coercitivo è il mezzo? Premetto che non ho nessuna remora su pettorine o altro giusto per non tornare a parlare di collari ma restare sulla parte più interessante, sul nocciolo della questione, il cane. Posso anche aggiungere che credo che tutti noi abbiamo visto cambiare il mondo cinofilo -e non solo- molto rapidamente e che abbiamo visto tanti metodi “funzionare”. Io ricordo i cani delle uucc di diciassette (sigh) anni fa, tutti “terra” davanti a qualsiasi stimolo, e il risultato non veniva proprio raggiunto con bocconcini o schiaffetti. Però, proprio perché si parla di esseri senzienti, credo che il bello sia proprio nel come si ottiene il risultato, nel percorso e nel rispetto (e tanto altro ancora, permettetemi una banalizzazione riassuntiva) che si ha per il soggetto. Nei recuperi che faccio tante volte preferisco aspettare un giorno, un mese in più, ma voglio vedere nel cane l’essere pronto, senza dubbi né perplessità, ancche se forse vi sembrerà un parlare di romanticherie e non di cinofilia. Ma credo che chiunque abbia lavorato con cani “””recuperati”” possa garantire di aver visto quell’espressione in un cane…insomma…il “yes, we can”. Suggerimenti? Proprio perché non sono fautrice di un “metodo gentile” a suon di bocconcini ma nemmeno dei collari a strozzo, penso che avrei dovuto vedere il cane e non parlo del senno di poi. Posso citare UNA mia esperienza, su un cane sotto Prozac per cinque anni su sei di vita: è stata sei mesi in box, ed è uscita quando era pronta.

  16. Spettabile Redazione, le sue parole dimostra già una, rispettabilissima, scelta di campo, cioè quella Behaviorista. C’è una gande differnza tra una teraia comportamehtale e una cognitivo comportamentale ed è proprio di quello che volevo discutere. Però se un problema proposta sin fai tempi di Platone e Aristotele è retorica mi ritiro in buon ordine.

    • Luigi, a parte il fatto che fino a prova contraria ci siamo sempre dati del tu e gradirei continuare… io non sono una behaviorista né una cognitivista né nient’altro. Mi pregio di essere una che capisce qualcosa di cani e che non ha bisogno di scomodare Platone né Aristotele (che non mi risulta – correggimi se sbaglio – che si siano mai posti il problema di come ragiona un cane), per cercare di trovare una soluzione a un problema comportamentale. Sono, se proprio vuoi una definizione, un'”empirista informata”. Nel senso che le teorie (e pure le supercazzole) filosofiche o cinofilosofiche me le sono lette tutte e me leggo tuttora (d’altro canto è giusto tenersi aggiornati)…ma quando ho davanti un cane utilizzo cose un po’ diverse: passione, buon senso ed esperienza.
      Non dico che sia il metodo ideale, ma dico che è il “mio” metodo. E che finora ha sempre funzionato (almeno nel risultato di avere cani sereni, collaborativi, con la faccia rilassata e la coda che va a mille: poi, se dentro di sè pensassero “questa è proprio scema”, non lo posso sapere…ma temo che non lo possa sapere neanche tu): quindi non vedo perché dovrei cambiare sistema.
      Non c’è bisogno che tu ti ritiri: io ho detto la mia, Riccardo deve ancora dire la sua, chiunque altro può dire quello che pensa. Questo è uno spazio di discussione aperto.

      • Mi scusi ma forse non capisco. Per qualsiasi professione (non so, prendiamo ad esempio uno psicologo che il paragone ci sta abbastanza) devo prima studiare una parte teorica -che comprenderà anche teorie sorpassate e il perché sono sorpassate- e oltre alle solite decantate “basi culturali”, se ho un docente decente, tutto questo benedetto leggere e leggere e leggere mi renderà curioso, elastico mentalmente e mi spingerà a pormi sempre dei dubbi e delle domande. Poi ci sarà la pratica, un tirocino, e i continui aggiornamenti. Ci si augura funzioni così. Ora mi chiedo, pur accettando che qualsiasi professione dovrebbe essere praticata spinti dalla passione, e accompagnati dal buon senso, non credo che ci si possa esimere da basi teoriche e aggiornamenti teorici che POI, se scissi totalmente dalla pratica, diventano inutile chiacchiera da bar. Non capisco perché demonizare continuamente la “cinofilosofia”, pensando che le persone si sveglino la mattina e si inventino una teoria nuova. Certo, spesso succede, ma non sempre. Poi non capisco, e sarà un mio limite, “la coda che va a mille” e la faccia rilassata. Sono metri di valutazione sulla serenità di un cane?

        • Direi proprio di sì! Certo, non sono gli unici… era un esempio, giusto per dire che il cane rilassato, sereno e voglioso di collaborare mi dice che (almeno per come la vedo io) sto lavorando nel modo giusto.
          Poi ho detto che mi ritengo un’empirica informata, perché leggo davvero tutto. Non è colpa mia se non trovo quasi mai nulla di nuovo, né di realmente utile nella pratica quotidiana. Che il cane sia un essere pensate e raziocinante io l’ho capito da quando ne ho avuto uno a dieci anni di età (mia): non ho bisogno di leggerlo sui libri. Anche un figlio è un essere pensante e raziocinante, ma per educarlo ho preferito usare il buon senso anziché i manuali di psicologia infantile. E’ un limite? Può darsi. Ma tanto male non mi sono riusciti né il figlio, né – finora – i cani 🙂

          • Credo però che sia bello leggerlo, specialmente dopo anni di libri su “l’addestramento del pastore tedesco” o altre chicche che hanno lasciato il tempo che trovano. Novità eclatanti e per il grande pubblico -ormai i libri di cinofilia sono più best-sellers che altro- ce ne sono poche e forse l’ultima sono i segnali calmanti. Ma, visto che tanti addestratori mi arrivano sbigottiti a spiegare che hanno appena letto che i cani danno dei segnali di stress, per fortuna che non si va avanti troppo in fretta.
            Sa, a me hanno rinfacciato spesso e volentieri di non usare il buon senso per educare i miei figli, forse perché è un concetto molto aleatorio; credo che più che di buon senso si dovrebbe parlare di basi culturali (e non intendo sapere a memoria delle nozioni), di esperienza (e intendo aver tratto insegnamento dalle proprie esperienze) e una certa preveggenza (e non intendo guardare nella palla di vetro). Il problema “vero” è che ormai di educatori “veri” ce ne sono pochi, in qualsiasi ambito. Almeno questo è il mio parere.

      • Gentile Redazione, non essere nulla come scelta culturale non favorisce chi la deve subire. Non capire, o non sapere, che le impostazioni di Platone e Aristotele sono state le vie di accesso di Pavlof, Tolman, Miller, Galnter, per lo studio dei comportamenti animali è accettabile, ma quando diventa derisione o sottovalutazione culturale assume un aspetto preoccupante. Nel mondo, volenti o nolenti, tutto viene sincronizzato dalla filosofia di appartenenza, sia quella scelta sia qualla solamente vissuta, ma tra lo sceglire e non farlo c’è una grossa differenza, riconoscerne l’esistenza. La sua definizione di “empirista informata” lascia della perplessità, soprattutto se si legge con il resto dello scritto da lei messo. E’ la parte pratica che informa se stessa o sono altre pratiche che informano la propria? Comunque esiste solo la parte empirica. Quella teorica è relegata nella “filosofia o supercazzole”, cioè qualcosa di pesante e inutile di cui si può fare a meno. Ho riletto approfonditamente quello da me scritto alla redazione e ho trovato solo un apprezzamento per una scelta di campo che mi sembrava evidente. La violenza della sua risposta mi ha veramente spiazzato e mi ha fatto riflettere suul’opportunità di seguitare questa discussione in questa sede. Per questo, salutando Riccardo e tutti quelli che hanno partecipato al dibattito, rimarrò solo come spettatore.

        • Le ho risposto in modo “violento” (secondo il suo punto di vista, non dal mio) perché lei mi ha attriuito un’etichetta dopo aver letto cinque righe di risposta a un suo invito alla discussione. Nella vita le scelte si fanno sempre: la mia scelta è quella di definire certa cinofilia inadeguatamente tratta dalla psicologia umana come stucchevole, noiosa e sostanzialmente inutile. Se non le va bene, disquisisca pure di Platone con altri. Ripeto, io non pongo limiti a nessuno. Però io faccio cinofilia, non filosofia.

  17. Ho l’impressione che la discussione si sia un po’ spenta e, vista la piega interessante che aveva preso, la cosa mi dispiace, anche perché ho la sensazione che un po’sia colpa mia. Se la Redazione e Riccardo, visto che sto utilizzando un suo spazio, sono d’accordo proverò a riaccenderla con un quesito che ritengo inerente la discussione iniziale. Credo che il problema non sia soffermarsi sulla parte strumentale da utilizzare nei recuperi, questo lascia troppo spazio alle capacità o alle conoscenza personali. Del resto sono anche convinto che per sceglire quale strumento utilizzare sia necessario conoscere sia lo strumento sia la motodologia, secondo etica, per utilizzarli.
    Ma la vera domanda che dobbiamo porci, il vero senso del confronto, mai della scontro, è:
    è la terapia strumentale che riesce a produrre un cambiamento comportamentale nel cane, o il cambiamnto è determinato prima nel suo interno in modo da permettergli di rileggere, analizzare, valutare e rispondere agli stimoli strumentali in modo diverso, cioè verso il superamento del problema?
    In altre parole gli strumenti sono la terapia o parte opzionale della stessa?
    Se si pensa che i primi a porsi il problema di come si genera un comportamento furono Platone e Aristotele che proposero due letture opposte al dilemma si capisce quanto ardua sia questa proposta.
    Confido però di aver stimolato sia la Redazione sia Riccardo, a cui nuovamente chiedo scusa per l’utilizzo del suo spazio, per portare avanti questo confronto.

    • Be’, Luigi, credo che la domanda sia quasi retorica… ovviamente gli strumenti sono, appunto, “strumenti” (ed è anche per questo che è sciocco demonizzarli): senza la mano che li muove non servono a nulla e non hanno alcun significato.
      A mio avviso non esiste alcuna “terapia strumentale”: esiste una terapia comportamentale che può avvalersi o meno dell’uso di alcuni strumenti. Posso anche aggiungere che i miei “strumenti” sono sempre stati un collare e un guinzaglio (e un bastone da accalappiacani per i casi di aggressività grave, per tenere a distanza i cani che volevano mangiarmi…ma in fondo l’avrò usato non più di una decina di volte in dieci anni. Non devo essere poi troppo appetitosa 🙂 ).

  18. Caro Riccardo, funziona tutto e hai perfettamente ragione. Ma perchè queste cose non le dici anche a chi viene da te con un cucciolo da educare? Tre anni fa sono venuta con un pastore tedesco, aveva 5/6 mesi, socializzato e solo un po’ indipendente. Non rispondeva ai richiami e tendeva a tirare come un ossesso al guinzaglio. Da te, insieme alle mie figlie, abbiamo fatto qualche lezione. Premietto e tirate al guinzaglio quando iniziava a tirare. Peccato che né io nè le mie figlie avessimo la forza di tirarlo su di peso come fai tu quando insegni la condotta. E tu ci insegnavi che il cane non sbaglia mai. Forse sarebbe meglio insegnare l’uso corretto del collare a strozzo, e il cane sbaglia e a volte sa benissimo di sbagliare e lo fa lo stesso. Ora il mio cane ha 3 anni e mezzo e gira in agility con mia figlia di 16 anni e ha anche ottimi risultati. Per strada non mi sognerei mai di portarlo senza il collare a strozzo, è pur sempre un cane di 35 kg che per quanto addestratissimo può sempre decidere di attraversare perchè ha visto un gatto. In compenso in questo modo, può girare ovunque, in aeroporto sta vicino a me, seduto e fermo, al mercatino non ci pensa nemmeno a tirare e io posso godermi il mio cane ovunque con reciproca soddisfazione. Quando ci sono stati momenti di emergenza (un giorno è uscito per strada perchè il cancello del giardino non era stato chiuso bene…) è bastato un secco NO e il richiamo per farlo tornare di corsa nonostante ben 2 cani sul marciapiede… ma sicuramente non è stato educato solo a forza di “bravo bravo” e premietti…
    Mi sta benissimo il sistema che descrivi nel tuo articolo, sarebbe corretto e coerente insegnarlo anche a chi viene da te per educare il cane, senza tante storie buoniste e premietti che forse vanno bene con un cagnetto da 10 kg ma sicuramente lasciano un po’ a desiderare con cani di oltre una certa taglia.
    Cari saluti,
    Silvia

    • Scusa Silvia, ma stai dicendo che per educare un cane di sei mesi che non ha problemi è stato utilizzato con efficacia il collare a strangolo. “Peccato che né io nè le mie figlie avessimo la forza di tirarlo su di peso come fai tu quando insegni la condotta.”, se è questa la sintesi del forum allora non ho capito, mi sembrava che sull’educazione fosse acquisita la negazione di strumenti e metodi autoritari. Ma, conoscendo Riccardo, sono sicuro che la verità sia diversa dal tuoracconto passionale ma forse poco analitico.

      • Luigi, scusa non sono stata chiara: niente collare a strangolo a sei mesi, per carità, solo premietti e tirate (e che tirate) al collare fisso… con il risultato che ad un anno il cane ancora tirava come un ossesso. Sinceramente non vedo la differenza tra il tirare su di peso il cane con il collare fisso o usare “correttamente” il collare a strozzo…

        • Sono d’accordo con te, anch’io non vedo nessuna differenza tra impiccare un cane con un collare normale o con uno a strozzo. Perlomeno nell’atto e nelle finalità.

        • Salve Silvia,
          ovviamente non ho abbastanza riferimenti per ricollegare il caso seguito. Mi ricordo qualche anno fa di un cucciolo di pastore tedesco di tre mesi e mezzo di nome Max.
          Non mi riconosco minimamente nel tuo racconto, non è e non era nel mio stile, quindi se mi sono comportato come tu descrivi dovevo essere impazzito o in preda a una crisi di nervi. Se ciò è davvero accaduto (appendere di peso un cucciolo) hai fatto benissimo a rivolgerti a qualcun altro e anche se gli avessi fatto indossare un collare a strangolo (vista la tenera età) avresti dovuto fare lo stesso.
          A distanza di tutto questo tempo non posso difendermi né smentire quanto da te descritto. Certo che qualche contraddizione emerge: insegno che un cucciolo non sbaglia mai e poi lo strattono violentemente fino ad appenderlo?
          Tu scrivi :«sarebbe corretto e coerente insegnarlo anche a chi viene da te per educare il cane, senza tante storie buoniste e premietti che forse vanno bene con un cagnetto da 10 kg ma sicuramente lasciano un po’ a desiderare con cani di oltre una certa taglia» e poi dici che sono stato violento? (tipo: «e che tirate!») Inoltre sostieni che avrei dovuto insegnarti a usare un collare a strangolo! Boh! Non mi torna davvero… Ma insomma sono stato troppo buonista o un macellaio?
          Comunque la cosa importante è che il tuo Max ora stia bene e che voi siate contenti di comandarlo senza “bravo, bravo” e premietti..
          Io cerco altro…
          Credo che da questo tuo intervento sia chiaro che non si può attuare un metodo universale, non soltanto perché lo stesso metodo potrebbe non funzionare su tutti i cani, ma anche -e soprattutto- perché potrebbe non essere adatto ai proprietari. Mi sembra di capire che tu preferisci metodi “energici” a quelli più “morbidi” e per questo non siamo d’accordo.
          E poi magari se mi spieghi meglio cosa avrei dovuto insegnare ai proprietari, te ne sarei grato.
          Un cucciolo non sbaglia mai.
          Un cucciolo segue molto il suo istinto, la sua mente è vuota e mette in atto una serie di comportamenti naturali. Di fatto nessuno di quei comportamenti potrà mai essere considerato sbagliato da un essere umano, casomai sarà considerato inadatto e si dovrà fare un lavoro per insegnargliene altri più conformi all’ambiente in cui sarà inserito. Sul cane adulto invece concordo sull’ipotesi che può sbagliare intenzionalmente, ignorando con coscienza un’indicazione data o facendo cose proibite con consapevolezza. Per questo non mi tornano le “tirate”. Insegno a usare il guinzaglio lento, più lungo possibile per evitare che vada troppo spesso in trazione, quando questo accade contrappongo una forza misurata al cane con un gioco di polso in modo che al cane arrivi un colpetto che deve essere interpretato come un segnale, mai doloroso, quanto basta per richiamare l’attenzione, quando l’ottengo premio con dei bocconcini. Propongo questa tecnica con successo ormai da molti anni e da altrettanti non “appendo” più cani al collare perché, oltre a disturbarmi, è molto poco funzionale.
          Capisci che c’è qualcosa che non va nel tuo racconto?
          Ho scritto questo articolo perché ritengo che sia il caso di fare chiarezza rispetto a quello che un educatore vive tutti i giorni. Io mi occupo di cani di famiglia e non di cani sportivi. Non conosco i metodi utilizzati per ottenere alte performance, so che qualcuno usa il collare elettrico per insegnare un riporto, per lasciare una manica o per prenderla. Io non riesco a capire come si possa sottoporre un animale a uno stress così forte per vincere una gara. Ma quando l’obiettivo è quello di salvare la vita o la libertà di un cane credo che dobbiamo avere il coraggio di dire e fare quanto più possibile.

          • Povero piccolo cucciolo di pastore tedesco…in mano ad una “proprietaria” che a 6 mesi già lo vuole un soldatino! A quell’età è normale che voglia sperimentare tutto, vedere, leccare, tirare…è come un bambino piccolo che ha davanti a se tutto il mondo (odori, amici da conoscere, cose da sperimentare…) e lei avrebbe voluto che Riccardo le insegnasse l’utilizzo del collare a strozzo? A quell’età? A quell’età è bello essere premiati perché ci si è comportati bene, e una piccola “tiratina” per capire che invece non va bene quello che sta facendo non mi sembra niente di così grave! Conosco Riccardo da tanto tempo, non corrisponde al suo modus operandi “appendere” i cani…forse Silvia con il passare del tempo si ricorda male (sono buonista!). Il termine “addestrassimo” usato da Silvia non mi piace, ma ognuno è libero di pensare come vuole…Ultima cosa, per quanto riguarda l’agility mi piace quando viene fatta per far divertire il cane, non per fare vantare il padrone…ma questo, ovviamente è un mio parere.
            Comunque, per chiudere, l’importante è che il cane sia equilibrato, sereno e felice, e che la “padrona” lo voglia come compagno per una vita. Se Silvia ha trovato questo equilibrio con un altro educatore benissimo, ma non trovo corretto cercare di gettare discredito su chi la pensa differentemente.

        • Infatti tirare come un pazzo con un collare fisso fa male al cane, ed “incoraggiarlo” a tirare è assurdo. (E’ un fenomeno italiano, o ideologico? Oggi vedo anche molti cuccioli umani maleducati che non conoscono il concetto di “no”, o che le azioni hanno piccole consequenze, positivi e non.)Tutti i cani possono imparare le buone maniere e camminare bene a 6 mesi.
          Non è stato mai un dramma ne con i miei bassotti ne con la mia levriero irlandese che a 6 mesi avrebbe potuto staccare le mie braccia. Adesso che adotto solo cani adulti, qualche volta ci vuole un pochino di più per fare capire come camminare al guinzaglio, ma sono anche meno distratti di un cucciolo.

    • “…..Peccato che né io nè le mie figlie avessimo la forza di tirarlo su di peso come fai tu quando insegni la condotta.”
      Cara Silvia, quanto dici mi lascia sbalordita,conosco Riccardo da diversi anni e non l’ho mai visto impiccare un cane adulto, nè con il collare a strangolo nè con un collare normale,figuriamoci un cucciolo di 6 mesi. Se la memoria non mi inganna, ormai Riccardo è da molto ma molto tempo che lavora solo con cani con problemi comportamentali e difficilmente lavora con cani che hanno la sola necessità di essere educati (e la condotta rientra nell’educazione)
      ….”Da te, insieme alle mie figlie, abbiamo fatto qualche lezione”,…”con il risultato che ad un anno il cane ancora tirava come un ossesso”. Cara Silvia hai fatto solo qualche lezione con Riccardo (come da tua frase riportata) o ci hai lavorato per 6 mesi, visto che ci sei andata quando il cane aveva 5/6 mesi e poi affermi che a un anno ancora tirava come un ossesso? mi viene il dubbio che ti stia confondendo un po’.
      Credimi per portare un cane di 35 kg non serve un collare a strangolo; io peso 50 Kg ed esco con due dei miei cani che insieme fanno circa 80 kg ma indossano tranquillamente collari normali!! Indovina un po’ chi me lo ha insegnato?!

  19. E lo so… si ricade sempre in quello. Mettiamola così: ‘importante, diciamo, è che certi articoli non siano riusciti a insinuare a ME i dubbi. Diciamo che ora le cose sono abbastanza trasparenti e chiare per poter proprio accusare a vuoto e affermare l’esatto opposto. Certo c’è chi ne avrà avuto tutt’altre conclusioni ma non importa. Alla lunga… Cmq, se mandano (io mi riferivo ai miei colleghi soci e basta) l’avvocato e non offendono e attaccano pubblicamente… solitamente è facile fare il contrario. Questo potrebbe addirittura fargli onore (senza il merito dell’accusa da una o dall’altra parte). Sull’argomento non entro. Ora, mi ritiro, accogliendo l’invito di Riccardo e facendo contenti i colleghi che preferiscono non dibattere.

  20. Questa l’ho letta ora e non si può non rispondere: “…corsi che non sono APNEC, ma sono “riconosciuti APNEC”. Beh, c’è un regolamento ben preciso sull’accreditamento corsi ed e non mi pare proprio ci siano dubbi in merito. Non vi è alcun interesse da parte dei vertici… posso richiedere l’accredito anche io ( che niente sono) seguendo ovviamente il regolamento. Così come l’esame di ammissione in Apnec può richiederlo benissimo chi non ha seguito un corso professionalizzante già accreditato Apnec (più di così!)… quindi, davvero basta! Cavolo, Riccardo, Luigi… almeno su questo, potreste difenderla la vostra Associazione!!!!! Ma porcaccia miseria… No, Valeria… il tuo articolo lo immagino già, credimi.

  21. Ho introdotto l’argomento “Associazione” (se l’ho introdotto io… neanche lo so) semplicemente perché pareva (e non mi sbagliavo visto ciò che ha scritto la redazione) l’articolo coincidente con altri e guarda caso tendenzialmente in opposizione ad una linea di principio intrapresa da un’associazione di categoria (sempre la stessa). Dell’Enci, dei suoi si e no e di quello che succede nei suoi campi, rien! Non trovo coerenza… parliamo di cani, di centralità degli argomenti e poi… Che si sia deciso di bacchettare chi non si allinea mi sta bene, visto che in giro c’è quel che c’è. Parliamoci chiaro… se l’Apnec concedesse un minimo di spiraglio possibilista… non ci si capirebbe più un bip!!! L’educatore certi strumenti non ha necessità di utilizzarli… che vi è di strano???! Io in educazione non ne ho bisogno. Credete quindi che lavori poco? Non è così. LUIGI POLVERINI, scusami… che significa richiedere un’assemblea per modificare l’articolo che riguarda i metodi coercitivi a fini educativi??? Quando lo ha chiesto Totino? Nell’assemblea dei Presidenti si legge che ha richiesto la specifica in merito al codice deontologico ed è infatti sopraggiunto il regolamento interpretativo… Non capisco… A FINE EDUCATIVO CHE DIAVOLO CI STA DA CAMBIARE???? Io è questo che non comprendo… ma secondo voi un’associazione può seguire le onde di questo e quello aldilà dei principi che poi se la vedono unica associazione di categoria ad aver raggiunto certi traguardi ci sarà anche da chiedersi il perché e, magari, proprio questo è stato compreso ed apprezzato… l’ASSOCIAZIONE STA FACENDO CHIAREZZA, SI STA ESPONENDO E STA SOPRATTUTTO LAVORANDO PER UNA CATEGORIA: PER GLI EDUCATORI!!!!! POLVERINI MAGARI COME FONDATORE ED EX PRESIDENTE PUO’ CAPIRLO E COMPRENDERLO. IO RESTO BASITO. FORSE NON AVREI DOVUTO E NON DOVREI SCRIVERE. FORSE FA BENE CHI HA SCELTO IL SILENZIO E CREDE DI NON DOVERSI CIMENTARE NELLA DIFESA DELL’APNEC CHE SA BENE COME OPERARE. SI TUTELANO I PROFESSIONISTI FACENDO I PROFESSIONISTI.INCASSANDO ANCHE CRITICHE E GIUDIZI MA SENZA CADERE NEL RIDICOLO. Ho sbagliato io e il mio senso di appartenenza. Dovrei tacere come tutti i colleghi hanno deciso di fare sull’argomento Apnec ed etc.

    • I colleghi tacciono e poi mi mandano gli avvocati… dài, per favore! Sì, l’hai introdotto tu l’argomento APNEC: io ormai ho ampiamente preso le misure a questa associazione e non intendo più polemizzare con i suoi vertici (tanto è un dialogo tra sordi). Sono alcuni concetti che vorrei chiarire (anche se sarà l’ennesima volta) in modo del tutto slegato dalle sigle di appartenenza.
      Sull’ENCI “rien”? Ma stai scherzando, vero?!?!?
      Si vede che su questo sito hai letto ben pochi articoli…
      Comunque lasciamo da parte i corporativismi, per favore: le diatribe associazionistiche penso vadano risolte in sede associazionistica, appunto: mentre i concetti generali (e il bene dei cani) si possono discutere, anzi si DEVONO discutere in qualsiasi sede. Ma non c’entrano con le sigle.

  22. Sono profondamente d’accordo sia con l’intervento di Riccardo, che invita a non introdurre questioni che riguardano un’Assocazione, sia con Giuseppe nella condanna di terminologie offensive che nulla hanno a che vedere con una dialettica culturale. Lasciatemi però dire che avendo io fondato quell’Associazione e essendone stato il Presidente nazionale per tre anni non posso non sorridere pensando che il disappunto di Riccardo venga subito dopo aver richiesto la convocazione dell’assemblea nazionale proprio per modificare l’articolo che riguarda i metodi coercitivi a fine educativo. Mi sembra una pratica molto berlusconiana quella di utilizzare i mezzi d’informazione per pronuovere una battaglia e contemporaneamente negare di farla. Lo so che il mio difetto è quello di dire quello che sento, ma spero che questo venga interpretato nel giusto modo, cioè un invito a trattare i veri problemi della cinofilia e non utilizzare sfumature di questa per acquisire consensi.

    • Caro Luigi,
      i miei dubbi e le mie certezze che riguardano l’associazione le ho espresse all’interno di un’assemblea riservata ai soci, luogo deputato a tali interventi. Ti prego di lasciare fuori da questa discussione, che sta assumendo la forma giusta anche per merito dei tuoi interventi, polemiche inutili e dannose per l’APNEC. Colgo l’occasione per invitare Giuseppe a fare lo stesso, sono pronto a qualsiasi confronto in privato e autorizzo Valeria a fornirvi il mio indirizzo di posta elettronica.
      Grazie

      • Riccardo spero davvero che il tuo invito sia rivolto al fine di una salvaguardia dell’Associazione (vera). Per questo motivo, lo accolgo in pieno e mi ritiro da ogni argomento riguardante la stessa. Non sono Consigliere, Presidente Regionale, Presidente Nazionale né altro ma sono un semplice socio che ha trovato riscontro in merito ad esigenze di carattere di rappresentanza e dignità. Non ho da muovere accuse verso niente e nessuno. Provo solo a fare la mia parte come socio e quindi a rappresentare, ricambiando al meglio, ciò che fino ad oggi si sta facendo. In Primis, a rispettare l’Apnec. Grazie a tutti.

  23. 11 Eutanasia
    10 Ergastolo
    9 Elettrico
    8 Punte
    7 Prozac
    6 Scorrimento
    5 Collare Fisso
    4 Pettorina Scapolare
    3 Pettorina H
    2 Pettorina Y – Collare semiscorrimento
    1 Libero senza guinzaglio
    0 Cane che vive col barbone (niente guinzaglio, niente comandi, niente gare, niente sport)

  24. COSA CI TROVATE, REDAZIONE, DI TALEBANO IN QUESTO? ( E DALLE CON I TERMINI FORTI E GRATUITI… MAMMA MIA!)
    PER CASO, E’ INAMMISSIBILE PER VOI PENSARE ALL’EDUCATORE COME AD UN PROFESSIONISTA CHE LAVORA SUL PREVENIRE PROBLEMATICHE COMPORTAMENTALI E CHE SI OCCUPA DI UN CAMPO NON STRETTAMENTE RIEDUCATIVO?

    Cit da verbale che ho letto: L’APNEC,in ogni sua scelta, si attiene scrupolosamente al Codice Deontologico che
    esclude l’utilizzo di qualsivoglia metodo coercitivo nell’educazione del cane. Rifiuta in modo categorico e
    inequivocabile l’utilizzo di metodologie, tecniche e dispositivi coercitivi, quali ad esempio anche collari a
    strangolo e collari con le punte (inutile citare altro), così come l’uso della forza e della violenza, o di
    imposizioni fisiche e psicologiche sul cane.

    Certo, anche l’APNEC potrebbe parlare tranquillamente della coercizione, del termine, dei suoi limiti e
    definire, voce per voce, anche tutti gli strumenti e le metodologie che lo superano, così come parlare di casi
    limite, di aree di intervento speciali e, quindi di tutt’altra competenza rispetto all’educatore (TRATTO ESSENZIALE E TUTT’ALTRO CHE TALEBANO, MI PERMETTO… SEMBRA CI SIA ECCOME LA VIA DI FUGA DALL’ERGASTOLO A VITA, NO?)ma… è indiscutibile, inammissibile e inviolabile, perl’APNEC, il concetto che un suo educatore non possa non comprendere e fare suo il codice deontologico.

    TALEBANO? Oh, l’ho sottoposto a gente di settore e non e la cosa bella è stata che tutti hanno riscontrato la fermezza quanto altro… casi e casi, campi e campi… ma perché parlare di talebani?????

    • Ah, no, Giuseppe… sei rimasto indietro! Io mi riferivo alle ULTIMISSIME direttive dell’APNEC, e cioè al divieto di organizzare qualsiasi tipo di incontro con persone (leggi: io!) che osino MOSTRARE un collare a strangolo (sì: non soltanto quello a punte. Ora basta far vedere uno strangolo per finire sulla lavagna dei “cattivi”)…e altre carinerie decisamente ad personam che definire “talebane” è… be’, è come dire che il mare forza nove “non è propriamente piatto” :-).

      • Redazione, ti riferisci a questo?

        Regolamento interpretativo del Codice deontologico. N. 1
        In relazione all’art. 21 del Codice Deontologico dell’APNEC si considera “metodica coercitiva” l’uso del
        collare ad impulsi elettrici (collare elettrico) e del collare a punte interne.
        E’altresì considerata “metodica coercitiva” l’uso del collare di forza o “a strangolo” o “da addestramento” durante il processo educativo del cane.
        E’altresì considerata violazione dell’art.21 c.d. , la collaborazione con personaggi nazionali o internazionali che in eventi, trasmissioni televisive o pubblicazioni dimostrino, esaltino o comunque consiglino l’utilizzazione di tali strumenti.

        No, no… lo avevo letto non me lo ero perso. Semplicemente ho trovato l’interpretazione in un certo senso “scontato” e logicamente conseguenziale all’indirizzo generale. Visti gli episodi del passato, le posizioni si e no dell’Enci e poi i fatti di questi giorni… IO CONDIVIDO IN PIENO LA LINEA CHE SI E’ INTRAPRESA NEL VOLER CHIARAMENTE RENDERE FUORI PORTATA DI MANO DELL’EDUCATORE CERTI STRUMENTI. GLI AMBITI DEL RECUPERO COMPORTAMENTALE IN CUI SI POSSONO AMMETTERE SONO TALMENTE ISOLATI E SPORADICI (DA SPECIALISTI DELLA RIEDUCAZIONE E NON SOLO) CHE TROVO CORRETTO CHE AD EMERGERE, PER UN’ASSOCIAZIONE CHE RIVESTE UN RUOLO DI RAPPRESENTANZA ISTITUZIONALE E DI CATEGORIA, SIA LA CONDOTTA BASE. DETTO QUESTO E’ CONSEGUENZIALE ANCHE IL FATTO CHE L’AFFIANCARSI A CHI DICE L’ESATTO OPPOSTO ACCREDITANDONE I CONTENUTI… A ME SUONEREBBE ALTRETTANTO STRANO E SCORRETTO. Non conosco il particolare ad-personam di cui parli… quello che so l’ho letto in questo sito. Se posso essere sincero ti dirò… nel leggere il tuo articolo molte cose mi suonavano dubbie, poco chiare. Poi ho provato a fare quadrato con la sola voglia di capire. Non mi sono rivolto a nessuno… ho letto… ho letto tutto, fin da quando è possibile. Ho compreso una direzione e non ho notato salti, vuoti… l’Associazione ha intrapreso un percorso (che è dinamico, ovvero, in moto… c’è, si legge e si vede COME MAI PRIMA)CHE RISCONTRO COERENTE E SOPRATTUTTO DAL PROFILO D’INSIEME… a me interessa che qualcuno lavori per me (PER LA MIA DIGNITA’ PROFESSIONALE… a darmi da vivere ci penso io) e io avverto che ciò si sta facendo. E’ facile criticare… qualcosa di diverso si potrebbe sempre fare… con tutte le teste che ci sono… Quello sin qui fatto lo apprezzo e dico anche grazie. Aspetto il resto con ansia… se ci si metterà lo stesso impegno di quest’ultimo anno… Io non ci trovo nessuna “carineria” impropria, redazione. Forse mi sbaglio ma… apprezzo anche il silenzio dell’Apnec in certi contesti e il suo semplice fare. Parere personale ma non solitario credetemi.

        • Giuseppe, sì, mi riferivo esattamente a questo: che non soltanto è segno di una chiusura totale (per questo dico “talebana”) verso tutto ciò che non appartiene alla propria visione del “cane da famiglia”, ma pone come base l’ignoranza (intesa come non-conoscenza) di mezzi, metodi, strumenti che invece chiunque abbia a che fare con i cani, in un modo o nell’altro, a mio avviso DEVE conoscere a menadito…fosse anche solo per sconsigliarne l’utilizzo. Perché non si può sconsigliare l’uso di qualcosa che non si conosce.
          Si rischia solo di sentirsi rispondere “ma perché parli, se non sai di cosa parli?”…e di far restare gli utilizzatori “cattivi” di certi strumenti (notare che per me sono cattivi solo gli umani, non gli strumenti: quelli sono neutri. Anche il collare elettrico, finché non lo azioni, da solo non fa male a nessuno!) sulle loro posizioni. Hai fatto il bene del cane, in questo modo? Ne dubito fortemente.
          E dei cani che non rispondono ai metodi che piacciono a te, ne vogliamo parlare?
          Nell’articolo sul collare a punte ho scritto chiaramente, o almeno spero, che esistono (non nella fantasia degli addestratoracci cattivi: ESISTONO, punto e basta) cani che, quando vanno fuori di testa per il desiderio di giocare con la manica, non ti si filano più di striscio neanche se gli sventoli sotto il naso una bistecca alla fiorentina. Cosa ne facciamo, di questi cani?
          Se ne arriva uno su un campo APNEC, che gli succede? Lo si manda altrove? E allora non hai fatto certamente il suo bene, perché potrebbe anche finire in mano a un macellaio.
          Lo si prende e lo si “spegne”, magari a suon di psicofarmaci?
          Gli si inibisce tutto ciò che la selezione in allevamento ha impiegato anni, se non secoli, a costruire? Si uccidono le sue doti naturali?
          Certo, si può fare… ma questo sarebbe rispetto per il cane?!?
          A me fa venire in mente Alda Merini, hai presente? Una delle più grandi poetesse del nostro tempo, che ha passato la maggior parte della sua vita in un manicomio, perché era “troppo avanti” rispetto alla presunta “normalità”.
          I manicomi per cani “troppo avanti” esistono già: si chiamano canili. A volte si chiamano psicofarmaci. Altre volte, visto che è più facile far fuori un cane scomodo che una persona scomoda, si arriva all’eutanasia…il tutto per non aver voluto prendere in considerazione la possibilità che con quel soggetto (e magari solo con quello, eh!) l’utilizzo di uno strumento o di un metodo diverso dal tuo avrebbe potuto ridargli serenità e dignità.
          No, mi dispiace: non riesco a seguire né te, né l’APNEC su questa strada. Per me viene prima IL CANE e poi tutto il resto (immagine, soldi, idealismi veri o presunti): e siccome i cani non sono tutti uguali, è assolutamente impensabile che si possano trattare tutti con lo stesso metodo/strumento/modo. Chi pensa di poterlo fare…o è in buona fede ma non ha ben capito cosa sono i cani, oppure è in assoluta malafede. Altre opzioni, sinceramente, non ne vedo.

          • Perdonatemi ma come socio APNEC ex vice presidente nazionale, ex presidente regionale e attuale consigliere del Lazio(una carriera al contrario!) non posso pronunciarmi su questa diatriba e ho sperato fino all’ultimo che non venisse fuori. Mi è andata male. Le mie posizioni sulla questione sono espresse chiaramente all’interno dell’Associazione e credo che il “pubblico” non sia interessato a una discussione in atto, semmai sarà interessato all’esito.
            Quanto da me pubblicato è nato per le diverse critiche, a volte condite da insulti (compreso il coinvolgimento dei miei cari defunti) che ho ricevuto per il mio comportamento evidenziato nel video. Allora mi sono fatto una domanda.
            Ho scelto questo sito per pubblicarla (la domanda), per l’amicizia e il rispetto che mi lega a Valeria da diversi anni, perché sapevo che avrebbe gradito e compreso la mia posizione. Ho scelto questo sito perché qui si cerca di fare cultura cinofila e spesso si cade rovinosamente tra la polemica e l’aggressività tra umani. Sediamo zuffe tra cani e poi scanni&scazzi tra di noi. Come dicevo nel mio articolo: pretendiamo che ci venga riconosciuta la nostra professionalità mentre non ce la riconosciamo tra di noi.
            Una cosa è non essere d’accordo, confrontarsi e crescere, altro è… quello che c’è.
            Le posizioni integraliste (presenti in tutte le parti, ma non in tutti gli individui) non fanno bene a nessuno: ai cani in primis, ai proprietari men che meno e agli educatori? No, neanche a noi. Ci vuole diplomazia e rispetto.

          • Cara Redazione, vedi… in questo caso, quelli “chiusi” mi sembrate voi. Oggi lo dico, e non prima, perché è oggi che parlo con voi. Ma, per voi, cavolo, la differenza tra EDUCATORE E RIEDUCATORE, ESISTE O NO? Innanzitutto non esistono CAMPI APNEC. Esistono Professionisti Apnec che operano su questo o su quel campo e che, riportando n di tessera e regione di appartenenza, si assumono la responsabilità del loro operato “educativo/formativo” agli occhi del cliente e non solo. La formazione continua, infatti, è parte integrante del percorso di acquisizione di competenze di cui parli… che facciamo, perché i bambini non li facciamo passare dalle elementari alle superiori, tanto, sempre all’università li vogliamo mandare! No, non funziona così… l’educatore deve maturare e fare sue le competenze e la professionalità utili per essere un BUON educatore che, poi, potrà e dovrà “fisiologicamente” completare e arricchire il suo percorso. Voi parlate quasi sempre di una figura onnicompetente… beh, credetemi, gli addestratoracci così si sentivano e così si sentono. C’è un cane? Io di lui so e posso tutto! Non funziona così. La conoscenza e la professionalità si sviluppa (l’Apnec lo sa)!!!! Parlando di talebani… ciò che è richiesto ai terzi è richiesto maggiormente ai soci. “I cani che non rispondono ai metodi…”, i cani da manicomio… vanno dal rieducatore (e figure annesse e utili)!!! ATTENZIONE AL CONCETTO io conosco, io posso. Anche io al posto della dirigenza Apnec (che ha sulle spalle la responsabilità di cotante cape) mi posizionerei sulla medesima strada. Se vedete bene, è a favore di cane. Molto a favore di cane. Chi dice che l’educatore Apnec vede il cane sempre allo stesso modo? Chi dice che il metodo è sempre lo stesso? Non sono gli strumenti l’arma vincente di questo mestiere… Ah! Parliamo sempre dell’educatore e NON del rieducatore!!!! Piccola svista!?!

          • Giuseppe ti prego, non discutiamo del nulla.
            Ho detto “campo APNEC” per dire “un qualsiasi centro cinofilo” (ma anche un parchetto, un prato, un pezzo di terra) in cui operi un educatore APNEC. Non mi interessa la burocrazia, non mi è mai interessato neppure andare a fare le pulci all’APNEC su alcuni suoi palesi conflitti di interesse (tipo i corsi che “non sono APNEC”, ma sono “riconosciuti APNEC”,e guarda caso sono tenuti sempre dai vertici dell’APNEC…), perché ognuno si può fare il proprio business come crede. Affari suoi, la cosa non tocca i cani e quindi non tocca neppure me.
            Gli addestratori si sentono “omnicomprensivi” perché chi si occupa di cani a livello professionale deve esserlo per forza: proprio perché esistono cani diversi, proprietari diversi, casi diversi che richiedono competenze diverse… ma queste competenze non te le puoi fare frequentando corsi a pagamento. Te le puoi fare solo sul campo (inteso, stavolta, come “prendere dei cani al guinzaglio e lavorando con loro”).
            Uffi, ma non posso scrivere qui tutto quello che vorrei dirti, in tutta sincerità e pacificando a tutto spiano. Ci scrivo un articolo, okay? 🙂

          • In questo periodo l’Associazione sta assumendo una nuova veste e si fanno cose nuove; si valuteranno gli esiti di queste innovazioni e sono sicuro che attraverso la discussione con i soci si raggiungeranno obiettivi importanti e arriveremo all’omeostasi (passatemelo perché è troppo carino). Non è facile difendersi dagli attacchi e non è facile per niente gestire un’associazione importante senza essere retribuiti, perché per obblighi di legge l’associazione deve essere non profit e quindi i soci (nessuno) può percepire alcunché. L’impegno portato avanti finora è stato esemplare, ma adesso stanno insorgendo delle difficoltà che andranno affrontate nelle giuste sedi.
            Valeria è risentita per il comportamento dell’associazione nei suoi confronti e agisce come meglio crede. Lei non è socia!
            Credo che potrà personalmente spiegarti il perché del suo modo di agire. Io, per il ruolo che ho, ritengo che questa non sia la sede opportuna. Non si mettono in piazza le riserve, si discutono all’interno e poi si pubblicano i risultati. Chi sta in APNEC ci sta per scelta e io ho scelto di esserne socio, ne accetto e rispetto tutte le decisioni e utilizzo i giusti canali per cambiare le cose che ritengo inadatte. Se un giorno non sarò più d’accordo sarò sempre libero di uscirne.
            Se leggi bene, questo articolo non tratta minimamente di problemi associativi, tratta il tema della coercizione che è molto vasto e che ognuno interpreta in modo personale e soggettivo. L’obiettivo è una discussione sulla valutazione di come agire in conformità di un concetto di etica troppo vago e troppo diverso, una questione aperta da tempo e mai risolta. C’è domanda che mi pongo da anni, che troverai anche tra i vecchi articoli pubblicati sul sito dell’associazione, che è la seguente:
            limitarmi l’uso degli strumenti a un collare a strangolo con un cane che poi è stato soppresso è stato corretto o ipocrita?
            Questa domanda solo perché quando mi sono trovato di fronte a questo problema sono stato male, molto male, domandandomi qual’era il limite tra correttezza e ipocrisia.
            Quindi questo è il mio ultimo post sul tema Associazioni.

      • Riccardo ho letto solo ora il tuo post, avrei colto l’occasione di una risposta unica. Se sei stato “vittima” di insulti, pur non conoscendo i dettagli, non posso non rammaricarmi dell’episodio. Nessun Professionista dovrebbe trovarsi dinnanzi ad una simile situazione. Gli insulti e le offese rappresentano la pochezza di ciò che si è, per me. Sì so della tua presenza in Apnec, ho letto i verbali e anche quello che ad un incontro con la direzione hai detto. Proprio tu mi pare abbia segnalato la richiesta di una posizione specifica sull’argomento coercizione. Cosa che ha avuto il suo seguito e la sua risposta (a prescindere dalla condivisione piena o meno… sarebbe quasi impossibile trovarne una ah hoc per ogni socio). Se è datata la tua presenza in Associazione riconoscerai anche l’abisso tra passato e presente. Poi per carità… se ci si vuole mettere a criticare… che ce vo, lo si fa in un battito d’occhio e… visto che è gratuito, lo si fa pure in modo duro e chiassoso ma… non è questa né correttezza né professionalità. Il detto come si fa si fa, si sbaglia” è proprio vero! Infatti mi piacerebbe che l’Apnec sia custodita da ogni socio, aldilà dell’assoluta condivisione di ogni pensiero. Perché, cavolo, che tenti di rappresentare il professionista è indiscusso!!!! Piano con gli attacchi… lo facciano i NON soci, almeno!!!! Spero tu capirai il senso di appartenenza. Da socio NON DELUSO, non voglio nasconderlo.

  25. Ho letto l’articolo di Riccardo Totino e visto i video degli interventi fatti sulla bracchetta e mi piacerebbe dare vita ad un confronto su alcuni passaggi che a me, seppure nella inevitabile parzialità delle impressioni ricevute da questi pochi elementi, sono apparsi incongruenti.
    Sono un’allevatrice che dedica tempo, studio e riflessione all’educazione dei cuccioli e, prima di loro, degli altri cani adulti e adolescenti che compongono la mia famiglia e con i quali essi crescono.
    Il mio mondo, non ideale, ma di continua ricerca della migliore relazione con i cani, non corrisponde affatto alla descrizione che l’autore fa in premessa delle tappe della crescita educativa del cucciolo. Ma forse la sua era una provocazione.
    Io ritengo sia necessario guidare i cuccioli a riconoscere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato sin dal loro arrivo in famiglia, perché è nostro dovere educarli durante i loro periodi sensibili in modo che possano sentirsi adeguati nella convivenza con una specie diversa dalla loro, e non aspettare che arrivino all’adolescenza per fargli fare i conti con la frustrazione. Costruendo nei cuccioli una varietà di comportamenti adeguati tra i quali scegliere le risposte alle loro emozioni istintive, si avranno dei giovani cani con delle abilità proprie, cui non sarà necessario ricordare in ogni momento cosa fare. Tutto ciò, a mio modo di vedere, non si costruisce con delle sessioni di esercizi in cui si fa vincere sempre il cucciolo, né solo con lo stimolo a raggiungere un premio. Si crea invece all’interno di una relazione che abbraccerà tutto l’arco della giornata, in cui ci saranno momenti di gioco, altri di attività, altri ancora di affetto, di cura, di nutrimento, ecc. ecc., tutti accomunati dal filo conduttore della coerenza dei messaggi che invieremo al cucciolo e dallo stimolo al piacere della conoscenza. Questa azione educativa dovrà avere l’obiettivo di fornirgli le linee guida, le esperienze e le capacità di interpretazione dell’ambiente urbano in cui lo abbiamo condotto a vivere che facciano sì che le sue azioni siano il più possibile adeguate. Adeguate, però, non in risposta ad un “comando”, ma per sua scelta consapevole.
    Nel video in cui Dalia viene indotta ad uscire dalla cuccia in cui si è rifugiata e in quello finale in cui è in campo dopo l’adozione, ciò che non ho sentito è proprio la relazione (che probabilmente sarà intervenuta successivamente), quella che le avrebbe forse consentito di fidarsi e di affidarsi per tentare di andare oltre i suoi limiti e di guadagnare, minuto dopo minuto e giorno dopo giorno, la fiducia in sé stessa necessaria per provare a non evitare più gli umani e per acquisire la voglia di conoscere l’altro e di seguirlo senza bisogno di una corda.

    • Salve Tamara,
      il discorso cuccioli richiede un argomento a parte per poter essere discusso e non credo che inserirlo nel tema “conseguenze dell’utilizzo di uno strumento” sia il campo giusto.
      Ho sfiorato l’argomento, e non in modo provocatorio, solo per dire che a oggi i metodi morbidi sono giustamente i più seguiti dagli educatori, anche da quelli che, come me, non si tirano indietro di fronte a un collare a strangolo. C’è chi, valutando caso per caso, va oltre il collare fisso e c’è chi si ferma alla pettorina; c’è chi arriva a sgridare il cane intimorendolo e chi passa al Prozac e così via. La discussione è sull’etica e le sue conseguenze.

  26. Salve a tutti! Perdonatemi ma a me non bastano uno o due fotogrammi per dire la mia sull’argomento Dalia. Non credo si possa esprimere nessuna critica negativa sull’operato di Riccardo Totino. Servirebbe la totalità dell’intervento per capire quanto è stato fatto e come. Se poi, invece, si vuole discutere sulla tematica generale degli strumenti e dei metodi, vabbè… nemmeno allora serviva la storia presentata. Ciò che reputo più grave è la superficialità di molti di noi nell’innalzarci a maestri del settore e a crederci tali… siamo abbastanza ridicoli. Ma come si può pensare di “regolamentare” una massa di discoli? ALLA LUCE DEGLI ULTIMI EPISODI SULL’UTILIZZO DI STRUMENTI DEL DEMONIO E ANCHE DI PIU’ CAPISCO MEGLIO LA RIGIDITA’ E INFLESSIBILITA’ DI CHI MEL CAMPO EDUCATIVO (PARTICOLARMENTE) ESCLUDE A PRIORI OGNI POSSIBILITA’ DI UTILIZZO DI STRUMENTI SIMILI. A VOLTE BISOGNA ESSERE CHIARI A TAL PUNTO DA NON LASCIARE SPAZIO A FRAINTENDIMENTI. Stasera capisco davvero meglio la posizione che l’Apnec ha assunto. Stasera capisco e comprendo.

    • Giuseppe, la posizione dell’APNEC (e di tutti coloro che hanno assunto la via talebana) mi sarà più chiara quando mi si proporranno soluzioni alternative all’uso di questi mezzi. Altrimenti siamo, appunto, al fondamentalismo…e al mandare al macero (che si tratti di canile a vita, di psicofarmaci e/o di eutanasia, il concetto rimane identico) tutti i cani con i quali metodi/strumenti cosiddetti “gentili” non risolvono il problema.

      • Io credo che gli educatori professionisti debbano conoscere tutti gli strumenti, come si usano bene e come si usano male. È necessario sapere cosa provocano anche per sapere come intervenire in una situazione di recupero. Ma ancora una volta propongo un confronto sul tema:
        Nella scala del COERCITIVO in alto cosa ci va?
        da molto coercitivo a non coercitivo:
        11 Eutanasia
        10 Ergastolo
        9 Elettrico
        8 Punte
        7 Prozac
        6 Scorrimento
        5 Collare Fisso
        4 Pettorina Scapolare
        3 Pettorina H
        2 Pettorina Y
        1 Libero senza guinzaglio
        0 Cane che vive col barbone (niente guinzaglio, niente comandi, niente gare, niente sport)

        Questo è il tema. Per evitare di arrivare a 11 fino a che punto della scala mi posso spingere? Certo che se per insegnare un lascia perfetto uso le punte sono poco etico e forse manco tanto capace. Se durante le gare si richiede un livello di perfezione tale da richiedere un addestramento con l’elettrico è sbagliata la gara. Se Giuseppe si riferisce ai tipi del servizio di Striscia (che non ho visto e che non mi va di vedere)sono convinto che, se esistessero solo pettorine, quelle persone spaccherebbero le costole ai cani senza problemi. È la testa che dobbiamo cambiare, non fossilizzarsi sugli strumenti che si usano. Certo che se elimino certi strumenti riduco le probabilità che si possa far male inutilmente a un cane, ma il problema vero è come rinchiudere certa gente che farebbe danni anche con un filo di lana.

        • Posso dire che nella mia personale classifica il Prozac (& affini) non sta al punto 7, ma al 10? Lo metto a pari merito con l’ergastolo, visto che è l’ergastolo della psiche (non parlo ovviamente di un eventuale utilizzo per un tempo limitato e per uno scopo preciso, ma del Prozac a vita, che ormai sento nominare in almeno un paio di email al giorno 🙁 ).

  27. scusate, ricordo male o R.Totino qualche tempo fa, proprio postando dei commenti su TPIC, esprimeva forti dubbi sul fatto che un collare a strangolo potesse essere usato a “scorrimento”, solo per richiamare l’attenzione del cane?
    Se la memoria non mi inganna, ne venne fuori una specie di botta e risposta, con R.Totino che affermava che non era vero che il collare a strangolo potesse essere usato per fare una specie di “dlin-dlin”, chiudendo e aprendo con leggerezza …se uno usava lo strangolo era perché voleva dare delle belle strattonate al cane. Oh! sarà che gli anni passano e mi sto rincoglionendo, però mi sembra anche di ricordare che io scrissi qualcosa a proposito del guinzaglio, o cordino, da retriever e suscitai un po’ di sorpresa nel Nostro, che si chiedeva cosa diavolo potesse essere. Ripeto, ci sta che mi confonda, ma se così non fosse, cosa è cambiato in questi mesi per considerare lo strangolo e i guinzagli da retriever come strumenti da saper utilizzare- questo sì – ma non strumenti “de lo dimonio”…?

    • Mi sa che ricordi male. Non era Totino: non mi ricordo chi fosse, ma se fosse stato lui mi sarei sicuramente avventata sul telefono per chiedergli “ma che stai a di’?!?”. Siccome non l’ho fatto, significa che era qualcun altro 🙂

  28. Leggendo l’articolo e osservando i filmati mi sono chiesto perché l’autore insistesse sulla coercizione strumentale, cioè l’utilizzo o meno del collare a strangolo, a fine rieducativo. Quello che si nota dalle immagini non fa mai pensare ad un utilizzo negativo di tale strumenti, ed onestamente non ne ho neanche visti se non la corda che normalmente si utilizza nei canili. Indubbiamente le realtà europee sono diverse dalla nostra e, concordando con l’autore, sicuramente non è possibile importare modelli legislativi che regolamentino il settore dei cani senza tenere conto della realtà nazionali.
    Risulta anche vero che in paesi con realtà urbane e logistiche simili alla nostra hanno fatto scelte culturali diverse e queste non legate alla contingenza ma a una filosofia di approccio. In Francia ad esempio i cani superiori ad un certo peso che dimostrano aggressività vengono abbattuti, questo in virtù del tipo di analisi che i Medici veterinari comportamentalisti utilizzano per determinare la fattibilità dell’evento. In Inghilterra sono forse ancora più rigidi e si passa direttamente dal magistrato che assegna il recupero ad un Comportamentalista iscritto all’albo e se entro il tempo assegnato non c’è il recupero si passa all’abbattimento.
    In definitiva ogni paese ha i suoi risvolti positivi e negativi e correttamente, come propone l’autore dell’articolo, in Italia si dovrebbe trovare una via ad hoc. Tornando al tema dell’articolo e ai video debbo dire e ripetere che di coercitivo in senso strumentale non c’è assolutamente nulla, di psicologicamente violento sull’animale ne è pieno, sia in senso scritto che in senso visivo.
    L’autore dell’autore dell’articolo scrive “Non si tratta di flooding, perché non rappresentavamo uno stimolo fobico. Per lo più i ragazzi rimanevano indifferenti ed evitavano di cercare il contatto, compreso quello visivo. L’obiettivo era quello di trasformare un tentativo di fuga in un inevitabile avvicinamento.”, ma in realtà, al di là che si tratti di fobia o di paura la tecnica è esattamente quella. Potremmo anche discutere se un cane ha il livello cognitivo per vivere fobie che necessitano di un precognizione, immaginazione, fantasia negativa ecc, sicuramente possiamo parlare però di paure e stati di panico. Flooding significa immergere un soggetto nei propri problemi aspettando che questa situazione gli provochi una risposta o si abitui all’evento.
    Sempre l’autore scrive “ma so anche che gli stress acuti sono i maggiori responsabili della riorganizzazione di un individuo”, questa è esattamente l’aspettativa che si cercava di realizzare con il Flooding o, in campo psichiatrico, con l’elettroshock. In psicoterapia questa tecnica, che non considera minimamente i posizionamenti interni del soggetto, umano o non umano che sia, è stata abbandonata da molto tempo perché statisticamente i risultati positivi erano di natura casuale e non causale.
    Speso anzi rafforzavano il problema con la conseguente illusione di averlo risolto ma solo perché il soggetto imparava ad utilizzare difese passive di chiusura mentale. Ovviamente sono felicissimo che la piccolina sia stata adottata, so anche però che più un soggetto dimostra bisogno e più l’istinto di cura si attiva facilitandone l’adozione. Visto che lo scopo dell’articolo, assolutamente apprezzabile e auspicabile, è quello di aprire un dibattito vorrei dire che se lavoriamo su soggetti a cui riconosciamo una mente, una capacità senziente di scelta e di selezione come di partecipazione attiva nel mondo,nel momento in cui esprimono problemi o disturbi del comportamento dovremo prima lavorare sull’interno per poi passare all’espressione esterna del problema. Perlomeno nelle terapie del comportamento cognitive comportamentali si segue questa vie e non dimentichiamo che tutte le tecniche oggi disponibili, al di la delle strategie terapeutiche, sono di declinazione animale. Ovviamente so perfettamente che il mio scrivere è condizionato dalla mia scelta Terapeutica, non ha caso ho aperto il primo Studio d’Italia di Terapia cognitivo comportamentale per il cane, ma ritengo che non basti discutere se lo strumento funziona, se serve uso questo o quello, ma sia necessario fare una scelta etico, culturale, professionale e filosofica che veda l’altro al centro di questo e quindi lo identifichi come soggetto a cui ridare le sue peculiarità psichiche, cognitive e comportamentali e non solo una parte, quella più visibile, delle tre.

    • Ciao Luigi,
      intanto ti faccio i miei migliori auguri per il tuo Studio e ti auguro che possa fornire alla cinofilia e ai cani nuovi sbocchi per ridurre al minimo i danni causati da questo nuovo modo di vivere questo animale. Mi riferisco al cambio di stile di vita (in particolare quello di cui l’occidente ne è padre) che ha fatto perdere al cane la sua animalità. I nostri repentini cambi di costumi, che hanno caratterizzato gli ultimi cento anni, hanno costretto il cane a rivoluzionare la loro natura per accettare il nuovo scambio affettivo e sociale che gli stiamo proponendo. Non è un percorso facile, e tu lo sai bene, ma sicuramente affascinante.
      Fermo restando che concordo con te su molte cose e con particolare riferimento al flooding, continuo a sostenere che tale tecnica si riferisce all’immersione in uno stimolo fobico di un paziente.
      Come sostiene la dott.sa Francesca Cilento http://www.crescita-personale.it/redattore/francesca-cilento/7 la differenza tra paura e fobia è interessante:
      La paura è un’emozione che deriva da una valutazione cognitiva della situazione che si sta vivendo. La sua funzione è quella di segnalare la presenza di uno stimolo in grado di generare una situazione di emergenza e mette in allarme tutto il corpo. In tutte le specie la paura ha anche una valenza sociale. I segnali del volto e quelli corporei sono facilmente interpretabili dai con specifici che quindi possono reagire per tempo dando soccorso o fuggendo a loro volta garantendo la sopravvivenza della specie. Quando le paure diventano fobie questa funzione viene persa e diventa un sintomo patologico.
      È evidente che se uno stimolo non può essere cognitivizzato non ha alcun senso immergere il paziente nello stimolo stesso, se invece lo può interpretare e analizzare allora non stiamo più parlando di flooding.
      Ad esempio se un paziente con la fobia delle cavallette viene introdotto in una stanza che ne è piena può anche impazzire. Per questo motivo è stato abbandonato.
      Non si tratta del caso di Dalia, anzi dopo circa un mese di lavoro con lei, anziché rifugiarsi nella cuccia al solo sentore di un umano, ci veniva incontro saltando sulla porta per uscire.
      Credo che questo sia etico (ribadisco etico) e professionale, diventa culturale se lo condivido, per il filosofico… forse no, non è filosofico è pratico.
      Comunque ti ringrazio per il tuo intervento.

      • La tua ultima frase mi ha acceso una lampadina: forse tra quelli che vedono la teoria come qualcosa meno importante della pratica: forse,dico forse, qualcuno potrebbe in realtà confodersi con la filosofia; nel quale caso mi troverebbe perfettamente d’accordo!

      • Riccardo, ti ringrazio dei complimenti per lo Studio, soprattutto perché hai scelto una platea così ampia mentre avresti potuto farmeli quando ci siamo visti alla riunione. Sicuramente cercherò di portare delle idee alternative al mondo della Medicina Comportamentale proponendo, come è accaduto in umano, la Terapia cognitivo comportamentale. Uno dei problemi che ci poniamo è quello di identificare le differenze cognitive su cui basare l’intervento. Quello che scrivi sul Flooding è tutto corretto ma ha solo un difetto, è riferito a studi sull’umano e quindi fortemente antropomorfo se riportato direttamente ad altre specie. Non è un caso che ho sottolineato la diversità cognitiva tra noi ed il cane, per questo dico e discuto il fatto che con loro non si possa parlare di fobie ma solo di paure e panico. Ma questo non toglie che le prime sperimentazioni del flooding come dello shaping, del propting o del feding siano state fatte prima sugli animali. Se un soggetto non è cognitivamente in grado di costruire i meccanismi della fobia non significa che le sue sensazioni di paura siano meno devastanti e l’obiettivo di fargliele superare per abitudine o per shock emotivo nei fatti significa ricorrere alla tecnica sopraccitata. La paura come emozione fondamentale ha sicuramente un valore educativo e protettivo specie specifico, purtroppo oggi il cane spesso, proprio per quello che tu correttamente dici sugli ultimi cento anni, è incastrato in uno sviluppo ontogenetico che lo porta spesso a estremizzare quelle che dovrebbero essere risposte naturali, in questo caso si entra nella sfera dei disturbi o delle patologie comportamentali. L’obiettivo della psicologia comparata è quello di verificare similitudini e differenze nei processi mentali che producono un comportamento e, al di là dell’utilizzo che ne è stato fatto negli anni precedenti determinato dall’influenza dell’umanesimo, credo che il principio sia giusto. Per fare un esempio se parliamo di Depressione nel cane con i parametri che si utilizzano in umano corriamo un grosso rischio sia nella Diagnosi sia nel formulare la Terapia. La prima cosa che dobbiamo chiederci è se il cane può entrare in uno stato di Depressione maggiore come accade in umano, considerando che questa ha come esito finale il 18% di suicidi. Risulta quindi evidente, se si vuole mantenere il termine, la necessità di ricercare nuovi parametri diagnostici che ci permettano di identificarla con sicurezza, parametri che si adattino alla realtà psicofisica del cane. Noi di Cani e Cultura abbiamo preferito cambiare anche il nome della patologia da Depressione a Sindrome dell’Apatia difensiva e credo che, soprattutto per chi lavora nei canili o in strutture di lungo ricovero, dia un immagine chiara del problema. Per rimanere però nel tema del dibattito mi sembra che la discussione si stia centrando su il metodo gentile o altre vie educative o di recupero, in entrambi i casi però la battaglia che state proponendo è sullo strumento, bocconcino da una parte collari dall’altra, non sul contenuto. Questo da la sensazione che comunque si rimane fuori dal cane e si lavora sulle sue espressioni comportamentali e non sulle cause che hanno prodotto quei comportamenti, come non si interviene nel cane per metterlo nelle condizioni di poter dare nuove interpretazioni ai problemi. Per intervenire sulle motivazioni, sulle emozioni, sulle soglie di reattività genetiche, sull’autostima e sull’autoreferenza, sulla conoscenza di se stessi, sulla fiducia e altro non c’è bisogno di aggrapparsi ad uno strumento, quello è solo uno dei tanti mezzi con cui posso mettere in pratica la strategia terapeutica e le tattiche per realizzarla. In definitiva la battaglia non è tra gentilisti o no ma tra coloro che vedono l’animale secondo le sue espressioni comportamentali e chi li vede secondo le motivazioni che le determinano, secondo una valutazione esterna o una interna al cane, di fatto è ancora l’annoso problema tra Behavioristi e Cognitivi, ovviamente per quello che riguarda i professionisti

        • Finalmente una proposta di discussione interessante! Lanciata da un personaggio famoso spero abbia un seguito. Io a momenti alterni ci ho provato ma con scarsi risultati. Speriamo questa volta abbia più successo.
          Tra l’altro io credo che alcuni bravi addestratori già facciano le cose citate ma, forse senza la piena consapevolezza anche teorica di ciò. E l’invito è a riconsiderare anche su un piano di questo genere la discussione altrimenti ci si trova nel bel mezzo di una contraddizione dove con tutta probabilità il modo di operare è corretto ma il modo di descrivere ciò che si fa e con che cosa lo si fa è totalmente fuorviante, legato più a rappresentazioni ideologiche di parte che reali. Le dicotomie pettorina-strozzo o tardizionalisti-gentilisti non servono a niente se non, grazie agli scazzi che provocano, ad alzare lo share di un sito cinofilo.

          • Jolly, ti assicuro che non lo alzano: almeno non alzano lo share di “questo” sito cinofilo. La gente è arcistufa di leggere scazzi&scanni, e fanno mille volte più visite le avventure della Sciuramaria o quelle della Sciurallevatrice dei nostri litigi (in realtà, se proprio volessi alzare lo share, mi basterebbe parlare di qualcosa che va in TV: lo faccio abbastanza raramente e solo in casi eclatanti, ma in quei casi le visite schizzano… ad ennesima dimostrazione che solo la TV “fa tendenza” in questo Paese).
            Perché, allora, parlo ancora di scazzi&scanni? Perché certi atteggiamenti provocano danni seri, ma MOLTO seri, ai cani. E a questo non mi rassegnerò mai. Ogni volta che mi arriva un’email in cui si parla di un cucciolo di sei mesi già sotto psicofarmaci, o di uno di tre lavorato col collare a punte, a me si spappola il fegato peggio che al mio omonimo Vasco. Gli strumenti vanno usati con cognizione di causa, TUTTI: dal bocconcino al collare a punte (quello elettrico io non lo digerisco proprio, ma questa è una MIA questione personale). E si possono far danni con gli uni e con gli altri (basti vedere quanti cani bambinizzati finiscono in recupero comportamentale perché mordaci).
            Allora io non mi stanco di far notare gli errori e le incongruenze PALESI dell’uno e dell’altro “settore”: ed è verissimo che molti agiscono senza sapere perché e come…ma la cosa mi disturba molto meno di chi agisce CREDENDO di sapere perché e come, ma poi rovina i cani. E questo succede sia ai gentilisti che ai tradizionalisti (due termini uno più scorretto dell’altro…ma che tutti capiscono, purtroppo) ANCHE perché si sono eretti i muri e non c’è confronto, non c’è dialogo, non c’è interscambio.

          • Valeria, magari qua no ma non è che ti accusa di fare strumentalmente questo. Però tieni conto che nel bene e nel male quello che tu scrivi e pubblichi genera dibattito in molti altri posti. Nel bene in pochi, nel male in tantissimi.
            Sopero che la svolta data alla discussione da Polverini prosegua perchè la trovo molto interessante e chiarificatrice, per chi vuol vedere. Per gli altri non so.
            Fortuna mia che non appartengo ne ai tradizionalisti ne ai gentilisti, ma sto non nel mezzo ma tutto da un’altra parte.
            Buona giornata, state calmi se potete 🙂

          • Anch’io sto “da tutt’altra parte” rispetto a chi ha una certa idea del gentilismo e del tradizionalismo: ma potrei dire con altrettanta sincerità che sto da entrambe le parti, visto che anch’io (esattamente come Riccardo e come millemila altri educatori/addestratori che conosco) cerco di utilizzare il massimo della gentilezza con tutti i cani. E di solito funziona pure (dire con il 100% o quasi dei cuccioli, se allevati in modo civile, e almeno con l’80% degli adulti). Però poi succede che ti arriva il cane “diverso”: per la sua storia personale, per esperienze vissute (male) o magari per selezione. Allora, se sei un professionista vero, devi sapere adattare metodi/mezzi/strumenti a quel cane (e se non ce la fai neanche così, devi mandarlo da qualcuno che pensi ne sappia più di te): e se serve un intervento più “duro” (che non significa MAI violento… perché la violenza fa proprio a pugni con la professionalità), devi chiarire a te stesso quello che è il bene del cane.
            Con l’intervento duro gli salvi la vita, o gli garantisci una vita migliore? Allora lo fai (vedi il caso specifico di Dalia).
            Con l’intervento duro ottieni solo di vincere la coppetta in qualche gara? Allora è meglio che lasci perdere.
            Insomma, dipende, dipende, DIPENDE sempre: dal cane, dal proprietario, dalle situazioni.
            Io non cerco la rissa, io cerco il confronto. Sempre.
            E in moltissimi casi, lo trovo. Quello che non sopporto sono i muri di Berlino: quelli possono erigerli soltanto degli emeriti deficienti, e quando trovo un emerito deficiente, se con la sua deficienza fa danni ai cani, non riesco proprio a stare zitta e a non dirglielo. E’ più forte di me.
            Proprio oggi parlavo con Riccardo Totino di questo suo articolo: lui sosteneva che io sono troppo polemica e il suo approccio è più funzionale, perché tende una mano anziché mollare sberloni. Io le mani le ho tese per vent’anni, col risultato di vedere la cinofilia andare allo sbaraglio: oggi preferisco non dico dar cazzotti, ma almeno pizzicottare. Lo so che dà fastidio, lo so che è sgradevole…ma l’altra alternativa non ha funzionato, e non ne vedo altre.
            L’unica strada che so di NON voler prendere è quella del “far finta di niente”, di “non far sapere in giro” che esiste una vera e propria guerra tra cinofili. Molti pensano che sia giusto scoparla sotto il tappeto: io no. Non ritengo accettabile far finta di non vedere, perché così nessuno verrà mai a sparare addosso a me. La sindrome di Nimby non l’ho mai beccata e spero di non beccarla mai…a costo di farmi dare della cinotroia da qui all’eternità!

  29. Salve!
    Mi presento. Sono Roberta Bucci, educatrice cinofila e collaboratrice di Riccardo Totino da alcuni anni.
    Ho deciso di scrivere anch’io qualcosa in merito alla storia di Dalia perché direttamente e personalmente coinvolta. Ricordo benissimo la prima volta che ho visto arrivare Dalia con i suoi cuccioli. Lei era spaventata, atterrita i suoi cuccioli per niente. Subito ci siamo chiesti se saremmo stati in grado di aiutarla e ricordo anche che ci fu qualcuno che disse “Non lavorate con lei. La sterilizzeremo e la riporteremo da dove viene. E’ una selvatica.”
    Nei mesi successivi, non volendo tener conto di una simile sentenza ci siamo dati da fare. Abbiamo sostato a lungo nel suo recinto, le abbiamo cambiato più volte box ed anche compagno, abbiamo tentato approcci di ogni genere (accovacciandoci, avvicinandoci di schiena) ma Dalia dopo qualche leggero accenno di apertura restava in una fase di assoluto stallo. Quindi, le strade da percorrere erano due: continuare ad assecondare questi suoi atteggiamenti da cane selvatico oppure provare ad aiutarla e farla uscire da quel suo stato emotivo.
    E’ proprio questo, a mio avviso, il nocciolo di tutta questa questione.
    Cosa fare quando ci si trova davanti a situazioni come queste?
    Ognuno di noi, chiaramente, può avvalersi della propria esperienza, delle proprie capacità e tentare strade diverse ma l’unica vera cosa che conti sul serio è che si tenti di tirare fuori quel cane da lì.
    In questi anni, frequentando due canili molto diversi tra loro, ho visto tante “Dalia”, “Timo”, “Bimba”, “Regina”, “Puccio” etc. e per ciascuno di loro abbiamo il dovere morale di provare a fare qualcosa per farli uscire.
    Non sta a me e a nessun altro giudicare un metodo piuttosto che un altro, un collare a strangolo piuttosto che una corda o una pettorina ad H. L’unica vera argomentazione è che i nostri canili dovrebbero essere frequentati da educatori aperti e predisposti all’osservazione del cane che hanno di fronte senza lasciarsi condizionare da preconcetti o pregiudizi.
    Continueremo a svolgere il nostro lavoro così come abbiamo sempre fatto ed anche a me, come a Riccardo, piacerebbe vedere colleghi presentarsi nei canili in cui lavoriamo per poterci confrontare ed aiutare il maggior numero di cani possibili.

  30. Ho un cane di due anni arrivata a casa a poco più di 50 giorni, dal Sud, figlia indesiderata di una cagnetta non sterilizzata che si era probabilmente accoppiata con un randagio. Anche lei é stata a lungo considerata “selvatica”, soprattutto dalla mia veterinaria che aveva il terrore di toccarla e voleva a tutti i costi che le somministrassi psicofarmaci, convinta che avesse disturbi comportamentali. E’ vero, Didi era una cucciolina bellissima ma timorosa nei confronti dell’uomo ma ero certa che non si potesse trattare un cucciolo a Prozac! La mia fortuna é stata quella di trovare un’educatrice attenta ed incoraggiante, che mi ha aiutata a vedere Didi per ciò che realmente era: una cucciola paurosa ma intelligentissima, da prendere con gentilezza ma anche con fermezza e da manipolare, manipolare e manipolare (nel senso di toccare, in modo da farle prendere confidenza con le mani umane, insegnandole che nulla vi é da temere). Forse i geni del padre randagio le dicevano che dell’uomo non bisogna fidarsi troppo, oppure il fatto che provenisse da una cucciolata indesiderata l’aveva privata del contatto umano nel periodo più sensibile della sua vita, oppure era semplicemente fifona di suo… comunque ci ho messo più di un mese per farle accettare la pettorina (aveva il terrore di ciò che le passava dalla testa e le prime volte per mettergliela – o per tentare di metterle il collare – occorreva un’ora e mezza!) lavorandoci giorno dopo giorno, poi siamo passati al collare, poi al cappotto e così via. Due anni fa non potevo permettermi di abbracciarla o prenderla in braccio, oggi é una cagnolina affettuosa, che ama i propri spazi e a volte stare un po’ sulle sue, ma sulla quale posso fare praticamente di tutto. Ammetto che Didi all’inizio mi ha lasciata interdetta più volte, perché era “difficile” ma soprattutto diversa dai cani avuti in precedenza, ma oggi sono orgogliosa dei progressi fatti, soprattutto quando a fare i complimenti per i suoi miglioramenti é quella veterinaria che voleva riempirla di Prozac a 6 mesi. Tutto questo per dire che l’esperienza di Didi mi ha insegnato che ogni cane ha bisogno di un metodo educativo adatto a sé e, soprattutto, di attenzione, rispetto e pazienza.

    • Non sono una frequentatrice di forum e non mi piace discutere di metodi altrui…parlo volentieri di quello che faccio io (o noi..), diciamo che porto semplicemente delle testimonianze che, però, ritengo importanti.
      Sono un’educatrice formata dalla scuola di Riccardo. Durante la “parte pratica” del corso svolta in canile (+ tirocinio) quanti cani abbiamo fatto adottare? Ho perso il conto. Quanti cani sono stati soppressi perché ritenuti irrecuperabili? Zero. Quante volte ho visto utilizzare un collare a strozzo (o a scorrimento se preferite)? Sinceramente non lo so, forse un paio, so per certo solo di non aver mai visto un cane provare dolore fisico o sentirsi costretto a fare (o a non fare)qualcosa durante una lezione o un recupero. So per certo di aver visto dei cani convincersi di fare (o non fare) qualcosa. So per certo che mi sarei inca**ata se avessi scoperto di essere allieva di un “coercitivo” (o mastinaro se preferite).
      (Premetto che provo a farvela breve)
      Durante il corso ho adottato una cucciola di due mesi: cucciolata di 9, madre mordace, padre mordace, randagi entrambi = cuccioli diffidenti. Ok, socializzazione (secondo tutti i criteri da manuale). A sei mesi comincia ad abbaiare alle persone estranee, sempre di più… a 9 mesi “pinza” due persone e comincia a distruggermi casa ogni volta che esco, ma non sembra ansia da separazione.
      Chiedo l’aiuto di Riccardo, sono preoccupata, inesperta e stanca…
      è diventato un cane potenzialmente pericoloso (in mano a me)… è stato un “caso” molto interessante e uno spunto di crescita per molti neo educatori. Riccardo se la prende con sé per qualche settimana. Cominciamo a vederci settimanalmente e… mai usato un collare a strozzo (per la precisione usata una pettorina ad H).
      Fondamentalmente nella pratica con il cane e i tanto odiati “estranei” non abbiamo fatto molto. Io e Riccardo abbiamo parlato, parlato, parlato… Mi ha fatto capire quanto stavo andando in frustrazione io, neo educatrice con un cane, che in fin dei conti è un cane “geneticamente inselvatichito”. Che “Meg” potesse mantenere viva la sua indole, pur facendo la migliore delle socializzazioni, era una cosa che avrei dovuto mettere in conto prima dell’adozione. In poche parole la genetica ha vinto, anche se solo parzialmente, sull’apprendimento-socializzazione. Il problema era solo e soltanto nel mio rapporto con lei, su come io vedevo il mio cane, su quanto disprezzassi quello che “sbagliava” e apprezzassi sempre meno quello che faceva di “fico”! Quando ho capito questo, mi si è aperto un mondo… Ho iniziato ad accettarla, ma accettarla davvero, e lei è cambiata negli atteggiamenti nel giro di pochissime settimane. Mi sono accorta di quanto amo la sua particolarità e di “quanto è fica” (come dice, appunto, “er mastinaro”)!Sono arrivata ad avere quest’atteggiamento: “Non ti piace quella persona? Ok, magari ci avviciniamo piano piano e se quella persona è disposta gli abbaiamo un pochino insieme, tanto poi lo so che smetti, sennò andiamo nell’altra direzione! E lei ha fatto dei tentativi, ha studiato le mie “nuove” reazioni. Oggi non abbaia quasi più a nessuno,non distrugge più niente e siamo entrambe serene. A dir la verità è molto più serena lei di me. Scusate se sono andata un tantino “fuori tema”, recupero subito: se Meg vede Riccardo non esiste nessun’altro: lo deve andare a sbaciucchiare!
      Magari è merito del “coercitivo” che è in lui….
      Ah, a proposito, visto che leggi: grazie!
      Eli&Meg

  31. Sempre più spesso, purtroppo, ogni articolo, redazionale e altro ha un fine non dichiarato ma palese. In un certo senso, Riccardo, controtendenza, lo palesa. “Questo articolo ha un senso specifico. Tra di noi, tecnici del settore, è iniziata una guerra, tanto strana quanto inutile guerra, fatta di stupide battaglie su chi è più buono o chi è più efficace. Lottiamo continuamente tra di noi per difendere un collare o una pettorina. La domanda intrinseca in questo post è un’altra: cominciamo a parlare delle conseguenze che tanto un metodo quanto un altro possono provocare…”. E’ praticamente un articolo rivolto ai colleghi di settore. Mi piace informarmi e leggere di tutto, senza necessariamente criticare o denigrare quello che è lontano da me. Ormai, ogni occasione diventa buona per tutti per aggredire, offendere, screditare… basta! @Alessandro, i tuoi post, infatti, sono un esempio. Per la prima volta, dopo anni che svolgo un mestiere “inventato” e nemmeno lontanamente parificato al nulla, pochi giorni fa ho sentito di esser rappresentato da qualcuno, ho sentito un velo di rispetto nei confronti di questa categoria (che Riccardo dice in “guerra”) e un inusuale apprezzamento e riconoscimento… e quando tutto questo accade in un ambito di veterinari e tra le sigle varie (anmvi, scivac,asl, amministrazioni…)… io direi che dovremmo posare le “armi” e da educatori sostenere e sostenerci (qui, condivido Totino)… continuare a credere in una categoria (che non è più sigla tra le sigle!). Mi son letto tutti i verbali Apnec, mi piace la linea e il lavoro che si sta facendo e se si continua così… Attaccare, perdersi su critiche gratuite, lanciare giudizi faziosi… basta!

    • Ciao Pietro,
      Sono d’accordo con te, ma vorrei evidenziare un’altra cosa importante parliamo, parliamo, ci insultiamo tra sostenitori di collari e pettorine mentre ci rifiutiamo di parlare di ergastolo ed eutanasia. Come dice Alessandra “Sarebbe una battaglia più elevata abolire l’ergastolo a vita di un cane.” Questa battaglia che dovrebbe vederci forti e uniti non la consideriamo, invece ci facciamo la guerra tra di noi. Qualcuno ha preso uno stralcio di questo mio intervento e l’ha strumentalizzato su FB senza neanche taggarmi. Non ci siamo proprio!? 🙁
      Il benessere del cane cos’è?

  32. @redazione quando scrivo troppe scemate, mi cancelli? 😀 Te lo chiedo come favore, hai il mio permesso ufficiale, si può? ^_^
    credevo di aver cancellato un mio commento dove giudicavo la Stilwell. E’ scritto male e non aggiunge nulla. Non mi piace per niente e non mi va che venga frainteso, quindi provo a spiegarmi solo per correttezza: la morte del cocker mi aveva colpito moltissimo e ho provato schifo per le leggi e l’incapacità di cercare un alternativa a quel destino, trovo assurdo che il cane sia stato giudicato in base al racconto della bambina (avevo scritto che è stata la sorella più grande, ma è vero?? boh scusate..) Per non parlare del fatto che i genitori avevano detto di non essere stati presenti almeno nell’ultimo episodio di morso. Mi sono chiesta come si fa ad avere in casa un cane che morde e lasciare i bambini soli con lui e come fa un esperta cinofila, trovare tutto questo una routine senza farsi venire il dubbio che la bambina non abbia mentito o non si sia resa conto del suo linguaggio corporeo. Riprendendo (o copiando, ma non posso fare a meno perchè concordo in pieno) il commento di AliceOltreLoSpecchio, chi può affermare che la bambina non abbia istigato il cane? Ricordo quando la Stilwell mentre le spiegava che non doveva assumere certi atteggiamenti, lei non sembrava capire benissimo del resto è una bambina ma allora torniamo alle responsabilità dei genitori… se esistono metodi che possono riparare ad errori umani tanto idioti, non mi sembra brutto. Comunque se rinasco cane non chiamate la Stilwell

  33. ho solo capito che Riccardo Totino ha scritto:
    “Ho scritto questo articolo per aprire un confronto, per discutere e crescere” e “sono disposto a mettere in discussione qualsiasi mia convinzione in cambio di soluzioni più etiche che siano reali e realizzabili sul campo”.
Come concetto mi sembra bellissimo, pensa quanti animali in più sarebbero ancora vivi. Non sarebbe bello?

  34. “Per importare una regola o una filosofia dovremmo importarne anche tutti i contorni che determinano il contesto all’interno del quale tale regola o filosofia è valevole”

    Questa È La massima dell’anno. Cosa aggiungere? Quanto è vero, e per tutto. Ma per troppi troppo difficile da capire..

  35. mah.. sono una pro metodi dolci al limite del mieloso, però sono contraria a rimpinzare il cane con i croccantini, ai farmaci e della Stilwell non mi parlate perchè vomito. Quel povero cocker era recuperabile, era la bambina (la sorella più grande) quella che non stava bene. “Non toccarlo così e rispettalo” e lei “no faccio quello che voglio io” e allora please vaffa***o please. Ecco: metodo gentile e il cane non sarebbe morto.
    Ovvio non si mordono i bambini ecc non ci piove ma in quel caso il cane era recuperabile semplicemente cambiando educatrice o trovandogli un
    altra famiglia
    Per la polemica qui sopra non mi metto in mezzo perchè non ho finito di leggere. Poi torno (‘chissenefrega’ potete rispondere :D)

  36. Correggo.

    Nella mia formazione ho seguito a lungo una persona a torto o ragione dichiaratamente disprezzata dalla sig.ra Rossi, che usa i tuoi stessi argomenti. Buoni a parole, ma eutanasia e psicofarmaci a josa.
    E’ una cosa che rifiuto, perchè non risponde al vero. La verità è proprio l’opposto.

  37. Ciao a tutti,
    il senso che volevo dare a questo articolo (o chiamatelo come vi pare), non era di difendere il collare a strozzo o il trascinare cani come sacchi di patate. No, non era per niente questo.
    Io non ho mai usato un collare con le punte neanche quando era “normale”, adoro avvicinare i cani con gioia e allegria, passo tutto il mio tempo a cercare e trovare modi per “farmi capire”, non strattono più da anni, non picchio, uso invece molto la voce, curo la sua modulazione per farci capire meglio, lascio al cane il tempo di riflettere sulle indicazioni che gli diamo, lo aiuto a capire quello strano essere da cui così tanto dipende. Come ampiamente testimoniato da chi ha avuto a che fare con me, è questo quello che insegno ogni giorno. Non ho un metodo, ho tanti metodi, non ho una dottrina, ho una passione. Mi piace, ma mi piace proprio tanto, aiutare un cane a capire il suo proprietario e mi piace altrettanto insegnare alle persone come entrare in rapporto con il loro “sconosciuto” cane. Il 70% dei miei clienti alla prima lezione si sentono dire: «Il compito di questa settimana è di non sgridarlo più, per nessun motivo e vedrai che il tuo cane si rilasserà» poi quando ci rivediamo mi racconti. Per queste affermazioni ho perso diversi clienti che non ne hanno capito il senso ma non importa, so che era la cosa giusta da dire e l’ho detta.
    Questo articolo ha un senso specifico. Tra di noi, tecnici del settore, è iniziata una guerra, tanto strana quanto inutile guerra, fatta di stupide battaglie su chi è più buono o chi è più efficace. Lottiamo continuamente tra di noi per difendere un collare o una pettorina. La domanda intrinseca in questo post è un’altra: cominciamo a parlare delle conseguenze che tanto un metodo quanto un altro possono provocare. Si accusa lo strangolo e non si parla di eutanasia, si difende la pettorina e non si parla delle decine di migliaia di cani invisibili, non dedichiamo neanche un minuto del nostro preziosissimo tempo alla lotta al randagismo e a trovare una soluzione per svuotare i canili. Perché quei cani, chiusi dentro due o tre metri quadrati in due, tre o quattro esemplari, in casi estremi senza cibo e senza acqua sono sofferenti. Sono più sofferenti di Dalia che ora vive in famiglia, sono più sofferenti di tanti cani educati con lo strangolo e sono invisibili anche a noi EDUCATORI buoni o cattivi. Sono invisibili perché non vogliamo guardare e anche qui in questa splendida discussione si continua ad attaccare o difendere una corda. Quei cani, secondo me, potrebbero tollerare ampiamente un collare a strangolo pur di uscire dalla MERDA in cui sono costretti a vivere a causa dell’indifferenza delle istituzioni, della gente e degli educatori.
    Io e il mio gruppo lavoriamo in un canile a cinque stelle dove i miei allievi fanno pratica senza dover vomitare ogni secondo, facciamo volontariato in un altro che di stelle ne ha almeno due (forse tre) con settecento cani e non sappiamo dove mettere le mani perché possiamo andare solo per due ore una volta la settimana. Ogni volta che passiamo davanti a una gabbia troviamo una richiesta di aiuto e dobbiamo, con dolore, rimanere indifferenti perché non abbiamo le risorse. Facciamo questo e dobbiamo pure trovare il tempo per difenderci dagli attacchi di colleghi che invece di stare davanti al pc a criticare potrebbero alzare il loro sedere e venire a darci una mano. Sono sicuro che sarebbero degli scambi di alto livello e una crescita straordinaria, ma invece no, dobbiamo stare qui a discutere se la corda va bene o se io sono un macellaio.
    ma per favore…
    Caro @Alessandro credo che tu non abbia capito proprio niente. A me nun me ne po’ frega’ de meno di come te e la tua scuola di pensiero sapete recuperare un cane di canile, a me interessa averti a fianco e a sostegno. Sono sicuro che se dovessi venire a trovarmi e se avrai abbastanza pelliccia sullo stomaco per vivere tre volte la settimana la vita di un rieducatore di canile apprezzerai il mio modo di lavorare come io apprezzerò il tuo. Sono sicuro che se tu fossi vicino a me saresti solidale e non così critico. Non è competizione quella che mi spinge, è il desiderio di tirare fuori i cani dalla merda e di non farceli finire.
    Mi ricordo una discussione con un signore che criticava il mio volontariato nei canili accusandomi di non so bene cosa perché mi occupavo di cani e non di bambini bisognosi. Gli ho chiesto se lui facesse volontariato in un centro di recupero di bambini bisognosi e mi ha risposto negativamente. Infatti i volontari non criticano chi fa volontariato in altri settori, sono solidali.
    Buona riflessione!

    • In internet ci si espone e attaccando è normale aspettarsi delle reazioni.

      Ribadisco, io il tuo intervento l’ho interpretato per quello che è, non si parla dei risultati nei confronti di quella cagna, ma si fa, cosa costante in questo sito, polemica nei confronti degli altri generalizzando e disinformando.
      Ho fatto anch’io volontariato in canile, ho riabilitato cani, ho salvato cani dalla strada, ma l’argomento non è questo.
      Questo sito si dichiara per la diffusione di cultura cinofila online.
      Ci vuole responsabilità in quello che si scrive, questo è quello che volevo sottolineare.
      Nella mia formazione ho seguito a lungo una persona a torto o ragione dichiaratamente disprezzata dalla sig.ra Rossi, che usa i tuoi stessi argomenti. Buoni a parole, ma eutanasia e psicofarmaci.
      E’ una cosa che rifiuto, perchè non risponde al vero. La verità è proprio l’opposto a josa.
      La guerra viene fatta da qua ed è ora di darci un taglio.
      Per il tuo impegno, la passione e tutto il resto non posso che farti i migliori auguri.

      Per quanto mi riguarda l’argomento e chiuso, come la frequentazione di questo sito, infarcito di banalità, offese e giornalettismo da quattro soldi. …e non mi sto riferendo a te e al tuo articolo, ma alla linea “editoriale”.

      Buona serata.

    • Ciao Riccardo e complimenti per l’articolo. Io una mezza proposta l’avrei, ovvero di smettere di criticare il lavoro degli altri basandosi su metodi e strumenti utilizzati e piuttosto osservare l’esito dell’intervento, attraverso il comportamento del cane. Ovviamenta la valutazione richiederebbe qualcosa in più rispetto al tradizionale:”Funziona!”. Quanto alla teoria debbo ripetermi, ma qualsiasi metodo (se giusto o sbagliato lo decide il cane)é spiegato dalla teoria, spesso però la teoria non é conosciuta nemmeno a metà. Il vero problema non é gentile o tradizionale (due termini che vanno dal bianco al nero attraverso una serie infinita di grigi)ma piuttosto se CAPACE oppure no. Il miglior giudice delle capacità di un educatore/addestratore/trainer/compotamentalista/comportamentista/maestro é il cane tutto il resto come diceva ‘Er Califfo’ é noia, chiacchiere, alimentate dalla poca stima per se stessi che rende impossibile il rispetto degli altri.
      Un saluto

      • Ciao Carlo, che piacere sentirti. Ti ringrazio per i complimenti. A proposito della tua proposta sono ovviamente d’accordo. Mi cito da solo (che so non essere carina) ma nell’articolo ho scritto: «L’unico metro accettabile per stimare la “gentilezza” di un educatore è la valutazione dell’entusiasmo del cane e la serenità dei proprietari quando arrivano in prossimità del centro cinofilo. Se sono contenti (i cani) e soddisfatti (i proprietari) ho la certezza che il metodo è buono» I cani del canile sono strafelici di vederci, quelli di proprietà trascinano il loro proprietari per venire a scuola. Io sono sereno…

  38. Che polemica sfiancante…. e si perde completamente di vista il risultato. Il risultato è che un cane che sarebbe rimasto in un canile tutta la vita, ora ha la possibilità di vivere in una famiglia. Ma davvero amate gli animali? Oppure amate il vostro ego?

    • Amano il loro ego. Dei cani se ne fottono. Altrimenti costoro si dichiarerebbero felicissimi del lieto fine di questa storia, invece di montare ad arte polemiche della fuffa sul collare e sul metodo (guardandosi bene dal dire cosa avrebbero fatto loro altrimenti).
      E come se un medico salvasse la vita in strada ad uomo che si stava dissanguando e un collega lo cazziasse perché ha utilizzato una camicia per bloccare l’emorragia invece di uno strumento medico sterilizzato.
      Siamo alle comiche.

  39. Ho letto qs articolo stamattina e l’ho trovato molto interessante, ricco di spunti per riflettere su molte cose, e nel complesso mi e’ sembrato espressione di buonsenso. Stasera leggendo le critiche di alessandro devo dire che posso capire il suo disappunto, perche’ se effettivamente lui e’ riuscito ad ottenere risultati simili con altri metodi puo’ legittimamente sentirsi offeso dal fatto che siano stati denigrati…Pero’, premesso che non sono competente in materia..io ho avuto 3 cani e 3 figli in tempi diversi e se ogni volta avessi dovuto seguire alla lettera i “guru” del momento ( che ci sono anche per i figli eh..) avrei dovuto adottare sempre metodi completamentd diversi… per questo credo che per noi che vi leggiamo tentando di imparare sia importante ogni tanto anche usare un po’ di istinto e di buonsenso… Devo dire che da ignorante quale sono quello che ho visto sul metodo usato da riccardo andasse assolutamente in questo senso, non ho visto maltrattamenti, solo un lo’ di forzatura ma ha ragionissima michela quando dice che anche coi bambini si faccia cosi’ quando non vogliono fare una cosa che noi sappiamo buona per loro..lo si fa continuamente, e sono sicura che questo succeda anche in natura. Non capisco proprio perche’ ci si debba dividere cosi’ quando tutti cercate di agire con impegno ed entusiasmo per un obiettivo comune…anzi lo capisco perche’ succede in tanti campi…

    • Ciao Paola, grazie per la tua partecipazione e per il tuo intervento che condivido “quasi” appieno. Non capisco soltanto dove sia la denigrazione? Sono io quello che c’ha messo la faccia e il video. Non ho attaccato nessuno, ho fatto solo un’analisi reale. Sono io quello che si è messo in discussione perché sarei molto contento di trovare un modo per fare uscire la prossima Dalia dal canile senza doverla forzare come ho fatto con la prima. Se nel mio articolo si legge una denigrazione verso qualcuno o verso una scuola di pensiero, chiedo scusa. Non era certo il mio intento quello di difendermi attaccando, non è nel mio stile. Ho solo scritto che ho conosciuto educatori che essendo contrari all’uso della corda non offrono ad alcuni cani l’opportunità di fare una passeggiata che possono fare solo con quell’arnese perché non accettano la pettorina. Io non sono d’accordo perché un educatore deve saper leggere il benessere del cane e non il proprio. Sarò libero di pensarlo e di diffonderlo? Oppure qualcuno si può offendere perché sostengo che nelle patrie dei “metodi gentili” sopprimono cani con molta superficialità rispetto a noi? Trovi offensivo questo?

      • Ciao riccardo, intanto voglio ribadire il mio apprezzamento sia per l’articolo che per il tuo metodo di lavoro. In particolare apprezzo molto che tu dica di utilizzare metodi divrsi a seconda dei casi, credo che se lo facessimo un po’ tutti senza arroccarci su posizioni preconcette il mondo sarebbe un posto migliore. Succede in medicina, pedagogia, istruzione, non parliamo della politica.. Non si puo’ non notare pero’ che questa tra di voi ( non personalmente, ma come metodologie) sia una polemica vecchia e rugginosa, tu stesso nelle prime righe dici di essere stato criticato per il tuo approccio su dalia, e’evidente che non siamo i primi a commentare il tuo lavoro. Credo che alessandro contesti soprattutto l’equazione che emerge “fallimento metodo gentile=psicofarmaci/eutanasia”. Io sono ignorantissima, ma se lui ha altre esperienze/argomenti e’ giusto che li esponga. O, come gli hai suggerito, che venga a confrontarsi praticamente.
        Detto questo, e volendo continuare col mio parallelismo coi figli, non vorrei che i metodi gentili facessero la fine delle teorie del dottor spock (chi se lo ricorda? Quello che i bambini devono decidere da soli ) dalle quali si e’ dovuto scappare a gambe levate e ora siamo pieni di tate televisive che insegnano a genitori smarriti l’imposizione di regole che dovrebbero essere banalmente consolidate. Non bisogna pero’ dimenticare che prima del dottor spock la metoldologia imperante era basata sulla completa sottomissione dei figli e spesso sulla violenza fisica e psicologica… Voglio dire che anche i metodi gentili possano non solo essere usati, ma che possano anche servire a tenere alta la guardia verso metodi al limite del maltrattamento, ma su questo penso siamo tutti d’accordo.

  40. Avrei voluto dire un sacco di cose, ma mi sono ammosciata. Perché qui c’è uno che ci ha messo nome e faccia e non per vantarsi del cane sfigato che adesso invece è superfigowow!, ma per raccontarci e illustrare un caso complicato, che ha richiesto molti mesi di lavoro e che ha portato all’unico finale per il quale, secondo me, valga la pena di fare l’educatore o il rieducatore: un cane adottato. Sotto il nome di Dalia c’era scritto fine-pena-mai, Totino e i suoi hanno cancellato il “mai” e ci hanno scritto una data. Ok, non sarà il cane perfetto, ma ha una casa e una vita degna di essere vissuta.
    E che succede? Niente! A parte uno che non tratta cani da sei anni, che per sua stessa ammissione non è in grado di dare consigli né ricette e quasi in sogno vede cani trascinati come sacchi di patate (sacchi che evidentemente non ha mai trascinato): silenzio. Non sono arrivate nemmeno le truppe cammellate, che tanto amano scorrazzare in questo sito. Dove sono finiti tutti quelli che sanno sempre cosa fare, cosa dire, come risolvere, e lo strangolo no, e la Rossi no, e Mangini no, e Vaira invece, e ci avevo un cane alto tanto, e il corso così, e il caucaso cosà, e il maremmano in camera da letto, e levati che non sei buono, e buttati al cassonetto che è sempre colpa tua?
    Niente da dichiarare (o da far vedere)? Smisurato senso di superiorità? Paura?
    Non so, ci ho lo scoglionamento pesante. Comunque grazie Ric, da parte mia e da parte di Mais.

    • Il senso dei sei anni sottolineava l’evoluzione che continua ad esserci nel campo e l’inutilità di dare ricettine ad hoc su internet, senza contare che “e tu che faresti?” è solo una provocazione, non un reale interesse.
      Cani così ne ho conosciuti e me ne sono pure portati a casa, richiedono un lavoro davvero immane e l’impegno merita rispetto. So benissimo cosa vuol dire smazzarsi per salvare animali difficili, l’ho fatto.
      L’articolo però non era su questo, ma solo l’ennesima occasione per associare all’eutanasia l’inevitabile insuccesso di approcci senza collari e affini, inutile girarla.
      E’ una cosa stupida e fa raccogliere quel che si semina, non si possono pretendere solo applausi.
      Comunque condividendo lo scoglionamento vi saluto…

      • Alessandro, non discuto le interpretazioni personali su quanto abbiamo avuto l’opportunità di leggere. Ma sono appunto interpretazioni personali. Io, per esempio, ho notato altre cose.

  41. Mi sembra, dalla discussione, che non si è affrontato il tema più importante dell’articolo di Riccardo che è quello dell’ergastolo a vita di un cane.
    Si difende il metodo gentile e si condannano strumenti (compreso il collare a strangolo) che in moltissimi casi hanno permesso di rendere adottabili cani considerati aggressivi e quindi spacciati. Scusate ma lavorando in un canile a Roma mi sono resa conto di quanto la corda(a strangolo) è riuscita a salvare cani che per anni hanno vissuto da soli in gabbie mattonate senza mai uscire, odorare l’ambiente e passeggiare sull’erba. Vi assicuro che mettere la pettorina a questa tipologia di cani è cosa impossibile almeno all’inizio del lavoro.
    Mi sono emozionata nel leggere la frase di Riccardo Totino :
    Noi dobbiamo rispettare e imparare la loro ‘animalità’, il loro esser cani, non introdurgli la nostra ‘umanità’!

    Sarebbe una battaglia più elevata abolire l’ergastolo a vita di un cane.

  42. Ho letto la tua lunga pagina con grandissimo interesse! Tu sei riuscito ad aiutarmi con ben 2 cani in maniera concreta, intelligente e assolutamente dolce! Mi hai insegnato a rapportarmi con i problemi dei miei cani senza mai perdere per un attimo la pazienza. E i risultati sono arrivati sempre! Con la terza arrivata (da canile) ho avuto (ed in parte ho tuttora) gli stessi problemi della bracchetta del filmato, ma piano piano, grazie a tutto quello che mi hai sempre spiegato, li sto risolvendo…in fondo sta a casa mia da solo 3 settimane! Chi ti ha criticato credo che non ti conosca personalmente o non ti abbia mai visto lavorare. Magari sono le stesse persone che poi seguono il “finto guru” che si aggira nel mondo dello spettacolo e della televisione e che come prima cosa mette il cane in una gabbia per fargli capire chi comanda…cioè LUI! Ric, chi ti conosce sa come lavori…gli altri non li convincerai mai, è così italiano criticare sempre e dire sempre “il problema è un’altro…” Quello che conta è che tu riesci a reinserire questi angeli nella vita normale, che hai dei risultati concreti, che saranno dei cani salvati dai canili o, peggio, dall’abbandono. Tutto il resto è FUFFA! Ciao amico mio dal “pollice peloso”!
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  43. Lodevole la volontà dell’autore di volersi confrontare. Purtroppo, come era prevedibile, ha scelto il posto meno addatto per questo tentativo. Sul percorso scelto si potrebbero dire molte cose in positivo o critiche (leggermente critiche per altro) ma finchè l’idea prevalente della piazza è che le cose sono in una certa maniera e tutto il resto è pettorina, supercazzole, bocconcini e amore mi sembra inutile anche tentare. E l’interessante video viene strumentalizzato solo per fare polemica. Per fortuna al di fuori di questo luogo le cose sono molto diversificate rispetto a come le si dipinge. Scrivo ciò senza rancore perchè non è nella mia natura perciò nessuno si senta attaccato e pensi e faccia quel che creda.

    • personalmente io credo che dei risultati buoni si possono ottenere anche con il metodo gentile,ma mi dispiace che siano proprio i gentilisti a voler sentirsi dire bocconcini amore e supercazzole ,perchè sono sempre pronti a criticare un professionista serio che lavora e ottiene risultati con metodi diversi…. commenti tipo “io con il metodo gentile ho riabilitato un dogo aggressivo…io invece un border pauroso”…commenti simili insinuano che l’addestratore in questione se ottiene qualcosa è perchè usa coercizione altrimenti non riuscirebbe a fare niente… ponendosi cosi al di sopra di chi la pensa in modo diverso…..il metodo gentile non si racchiude con i bocconcini,ma ci si aggiorna si studia etologia ecc.ecc.,va bene,ma allora perchè il metodo di un addestratore che decide di “forzare” il cane per auitarlo a superare le proprie paure dovrebbe racchiudersi SOLO nel collare a strozzo pensando che non conosca il linguaggio canino e l’etologia?

      • Cara Elisa, vorrei dirti che io preferisco qualsiasi strumento di comunicazione privo di forzature, ma credo che in alcuni casi ci si debba spingere oltre, anche in funzione del fine. Il fine giustifica i mezzi? L’ergastolo contro una corda a scorrimento e tre minuti di forzatura…

  44. Vi ringrazio molto sia per i complimenti sia per le critiche. Avrei avuto piacere se le critiche fossero state più propositive nel senso che mi sarebbe piaciuto avere delle proposte alternative che finora non ho ancora avuto modo di leggere. Tuttavia ho deciso di mettermi in gioco solo perché non avrei mai immaginato che forzare un po’ un cane per non farlo vivere tutta la vita in un canile avrebbe potuto scatenare il putiferio che in un anno dalla sua pubblicazione ha generato. E siccome penso che se una persona avanza una critica un motivo ce lo avrà, se poi queste persone diventano più d’una allora mi faccio delle domande. A queste domande non ho avuto ancora delle risposte accettabili, ma soprattutto nessuno mi ha detto cosa né come avrebbero fatto in alternativa.
    Questo articolo non è uno sfogo, non è un’autodifesa è una proposta. Forse un forum sarebbe stato più adatto, ma il sito di tipresentoilcane si presta anche come forum di discussione.
    Portare l’esempio dei paesi nordici non è per disinformazione: la fondazione per cui presto i miei servizi (a costo zero) ha dei contatti con la Svezia verso cui esportiamo cani che qui nessuno vuole. Loro pongono delle condizioni molto, ma molto più serie della Germania, perché sostengono che nel loro paese i cani aggressivi vengono soppressi senza appello. Non sono io a dirlo sono loro. In Germania invece sono più tolleranti ma non quanto noi. Quindi quando abbiamo dei cani con controllo dell’aggressività dubbio li lasciamo nel nostro paese.
    _
    Lavorare in un canile ha una serie di condizioni:
    ♦ i cani sono tanti
    ♦ le risorse sono nulle
    ♦ il tempo è una risorsa
    ♦ i cani vengono spostati dal personale e non solo dagli educatori (quindi tanto vale che imparino a andare a corda)
    Se dedichiamo tutto il tempo a un solo cane gli altri non possono essere aiutati, quindi dobbiamo ottimizzare tutto.
    Proposte?

    • Le copio-incollo il mio messaggio che, comprensibilmente, a causa dei numerosi commenti non è stato letto 🙂

      “Ho letto con molto interesse questo percorso di recupero e ringrazio l’autore per aver dato ulteriori spunti di riflessione.
      Pongo solo una domanda pregandovi di non interpretarla come polemica o critica (anche perchè sono qui per imparare): ho notato che la cagnolina veniva più volte accarezzata sulla testa.
      Di norma, per un cane tale gesto non è visto come dominanza? Cioè, soprattutto in un cane non imprintato e quindi timoroso verso l’uomo, non sarebbe stato preferibile evitarlo?”

      • Il video è stato girato dopo circa un mese di approcci e contatti. Dalia stava imparando a essere manipolata e al momento delle riprese aveva imparato ad apprezzare il contatto, ma aveva ancora dei problemi sull’avvicinamento. Una volta avvicinata e toccata si tranquillizzava anche se veniva toccata sulla testa. Non credo che lo leggesse come dominanza, e tutto sommato non sono neanche convinto che quella teoria sia insidacabilmente giusta. A volte è preferibile evitare quel tipo di contatto in altri casi si rivela utile, in altri ancora fanno parte di un processo riabilitativo.
        In particolare Dalia è stato un cane che rispondeva malissimo a tutti gli approcci fatti attraverso segnali di pacificazione, mentre tollerava molto meglio un avvicinamento rapido.
        Un cane un po’ speciale 🙂

  45. Condivido perfettamente il contenuto di questo articolo e mi piacerebbe porre l’accento sul fatto che non è stato scritto per decretare quale sia il metodo o la dottrina più giusta da applicare, ma per aprire un dialogo costruttivo tra tutte quelle persone che aldilà di tutto come fine comune hanno il BENE di un cane.
    Sono un’allieva del corso di Riccardo (mi sembra giusto e corretto specificarlo)e se c’è una cosa che ci è stata insegnata sin dal primo giorno è appunto l’idea che non esista UN metodo per lavorare con un cane e che forse il primo passo per diventare davvero un bravo educatore è quello di non sposare dottrine o fare del proprio insegnante “un guro”. La diretta conseguenza di questo approccio è il rispetto per il lavoro degli altri e la capacità di sospendere il proprio giudizio (frutto delle proprie convinzioni, del proprio carattere, del proprio percorso, ecc)finchè non si ha modo di vedere i risultati ottenuti.
    Scrivo questo perchè accingendomi a muovere i primi passi nel mondo della cinofilia mi trovo a constatare con un po’ di tristezza che spesso questo tipo di discussioni si trasformano in sterili attacchi personali e non, come dovrebbero, in un momento di confronto costruttivo. Lo dico da neofita, quindi con gli occhi di chi guarda questa realtà ancora un po’ “da fuori” ed ha sete di veder applicati metodi nuovi e diversi.
    Mi piacerebbe quindi che chi non condivide (cosa legittima in un paese democratico) il metodo usato con Dalia mi mostrasse come avrebbe agito lui/lei, e non per spirito di polemica, ma per spirito di collaborazione.

  46. Non entro nella polemica perché non ne ho le competenze. Da ignorante quale sono, a me sembra che la cagnina non fosse per niente serena lasciata a se stessa, e che le abbiano fatto un grande favore. Una leggera forzatura, peraltro attuata da persone che avevano chiarito benissimo le proprie intenzioni amichevoli, la ha aiutata a superare un blocco che da sola non aveva le risorse per superare.
    L’istante in cui è dovuta uscire dalla cuccia non le avrà fatto piacere, ma non mi sembra proprio che fosse in preda a un panico incontrollabile: esporla a un breve disagio la ha salvata da una vita fuori dalla società.
    L’idea di non usare mai in alcun modo una forzatura, di non esporre mai un cane a un disagio, la trovo una sciocchezza: vivere in una società comporta fare alcune cose e non farne altre, anche se questo va contro il desiderio del singolo individuo.
    Nessuno vuole giustificare la crudeltà, ma io non ne ho vista in questo video. Quando un genitore educa un bambino, in certi casi si deve assumere la responsabilità di forzare un comportamento, affinché il bambino veda poi il risultato nella propria vita e capisca che è un vantaggio per lui stesso: non mi sembra crudele, mi sembrerebbe molto più crudele privarlo di questa esperienza e lasciarlo senza una guida per una malintesa idea di gentilezza.

    • Il video non è particolarmente interessante, penso che integri lo scritto semplicemente a testimonianza del fatto che riabilitano i cani pure loro, sono buoni, non sono cattivoni solo perchè usano lo strangono quando ritengono opportuno. Semplicemente, lo si pubblica e qualcuno può pensare che si potesse tirare fuori da quel buco senza trainarla col guinzaglio come un sacco di patate, tutto qua… Il lavoro fatto poi si potrebbe pure discutere, ma non è questo il punto, visto che semplicemente la cagna ha avuto giovamento uscendo da quell’ambiente per lei insostenibile… …il canile non è bello…

      Il succo dell’articolo è che l’autore si sarebbe rotto di sentir fare di un’erba un fascio accostando i macellai a chi usa strangoli e affini, perchè l’unica alternativa al loro lavoro sono i gentilisti con i farmaci e l’eutanasia, quindi invita a smetterla di discutere su questo o quello strumento…

      Niente di che, è solo un “articolo”, intervento, quel che l’è, che esprime preconcetti, tira fuori argomenti allarmanti come l’eutanasia senza approfondirli, generalizza su chi è contrario a lavori che comprendano punizioni positive e rinforzi negativi, dandogli dei beoti perchè più che dare un bocconcino od usare una pettorina non sanno fare. E poi i cani li ammazzano perchè non sanno che pesci pigliare…

      Il che lascia il tempo che trova…

      Il grosso problema della comunicazione su internet è che mediamente le persone sono poco critiche, sono facilmente influenzabili da proclami e toni perentori, pigliano per oro colato quel che leggono.

      …e scoprono che il collare con le punte serve a NON FARE DEL MALE al cane, evitando il peggio…

      …insomma… …che pena… Ah, no, non sono un gentilista, termine osceno… Ero un clicker trainer, pure bravetto, e scrivo ero perchè per vari motivi non mi occupo più di cani.
      Son sei anni che non mi tengo aggiornato e mi rendo conto che in sei anni ho perso tanto, ma davvero tanto degli sviluppi che ci sono quotidianamente nello studio del cane, per cui di dare ricette e consigli evito.
      Perchè dare ricetti e consigli richiede responsabilità. Però l’irresponsabilità e il vecchiume li riconosco eccome.

      …e siamo ancora qua a parlare di collari a strangolo…

  47. bell’articolo (o testimonianza, se si preferisce).
    In queste discussioni io vedo sempre da un lato delle persone di buon senso, che parlano effettivamente di cani e dall’altra delle persone che parlano di ideologia, terrorizzate che possa essere messa in discussione e attaccate alla pettorina come se fosse il salvagente in un naufragio…

  48. bellissimo articolo, complimenti… e se chi critica riuscisse ad andare al di là dello strumento (uno) e poi a capire che condannare un cane al carcere a vita (due) è forse peggio della soppressione attuata tot-cour in certi paesi (tre) forse riusciremmo *persino* ad avere dei confronti ..
    ma va bhuò…. la vita è bella perchè varia 😀

    • Infatti,un cane pauroso come Dalia,che grazie ad un professionista è stata recuperata e addirittura ha trovato una famiglia con cui vivere una vita dignitosa e godersi le passeggiate gli odori….dovremmo essere tutti contenti,invece No, non va bene,perchè è stato usato quello strumento…

  49. E per tutti i gentilisti pronti a seppellire mio post su un “balanced trainer” sotto un mare di pollici rossi — raddoppiate il piacere! Ecco un alto video da Tyler Muto, divertentissimo http://youtu.be/zz00coHnvz0

    Si! Usano anche il collare elettrico (Dogtra, basso stimolo) qualche volta. Si! Usano i prong collar qualche volta. Si! Dopo poche settimane di ricupero, un pitbull molto aggressivo ha imparato la calma e il commando “place”, e ignora il Malinois (cane tutor) mentre svolge suo lavoro da Malinois…

    • Non è calmo, è concentrato sul boccone e sulla palla. Non ignora l’altro cane e non ha possibilità di scelta, facesse altro che stare fermo, mangiare o guardare la palle verrebbe strattonato o userebbero l’elettrico.
      La ri-abilitazione dovrebbe significare dare al cane delle abilità.
      Questo cane non è stato riabilitato.
      Divertente vedere un cane con le punte e l’elettrico, eh?

      • Alessandro, come diceva nel video, il pitbull aveva fatto molto PROGRESSO, ovviamente non era ancora finita la riabilitazione! Se non fosse per Tyler il cane sarebbe cadavere. (Insieme con gli altri 1,000,000 pitbull aggressivi e non uccisi in America annualmente.)
        Ma a certe gente, va bene così….basta non avvicinarsi ad altri metodi….

        • Ma te pare che per canalizzare l’attenzione di un pit o di un malin sulla palla serva l’elettrico?
          Ma per favore…
          Volendo concentrarsi sulle tematiche dell’articolo, sarebbe ora di finirla, ma finirla davvero, di presentare tali “certi metodi” a cui ti riferisci come la salvezza dei cani uccisi negli Usa.
          E’ una balla. Mobbasta, dai… Non vengono salvati dai vostri collari i cani…
          Il collare a strangolo non salva nessuno. Elettrico e punte sono uno schifo assoluto.
          BASTA!!! La gente si incazza a veder difese certe schifezze, perchè per fortuna, a forza di rompere le balle un po’ di sensibilità nell’opinione popolare comincia a prendere piede.

          • una cosa l’hai detta giusta…i cani non vengono salvati da un collare…ma dalla capacita’ di chi li riabilita di capire quando è opportuno usare un metodo o uno strumento piuttosto che un altro per riuscire nell’impresa….poi se non l’avessi capito,qui non è che siamo contro i metodi dolci,finche funzionano,ma almeno io ,sono stanca di sentire dire collare a strozzo = non rispetti il cane non capisci niente,io dalla pettorina sono passata allo strozzo perche’ il mio cane adottato dal canile, non socializzato e non abituato a vivere nella nosta civilta’,all’inizio si terrorizzava per qualsiasi cosa e piu’volte in preda al panico è riuscito a sfilarsi la pettorina e a scappar via rischiando anche di finire sotto un’auto…..ma adesso si è abituato ed è piu’sicuro di se e quando è ora di uscire se vede la pettorina sai che fa’? non vuole farsela mettere e si allontana,invece se vede il guinzaglio a strozzo viene di corsa e ci infila la testa da solo…allora chi sostiene che lo strangolo è uno strumento di tortura dovrebbe spiegarmi perchè il mio cane la preferisce alla pettorina

  50. Alternativi?? Ad aumentare lo stress di un cane terrorizzato intrappolandolo nell’angolo, trascinadolo fuori, inchinandosi sopra, toccando la testa, ecc.? Ed insegnando le ragazze di fare così?
    Ecco un’alternativa. http://youtu.be/DyNFc4PzNO0
    Io sono sempre più fan di Tyler che è un balanced trainer — la maggiore parte dei cani che arrivano a lui sono stati già reduci di gentilisti incompetenti, e ormai rischiano l’eutanasia.
    Il cane nel video nè paurosa e di consequenza aggressivo.(Jack è lì per un ricupero “total immersion” puntando sulla socializzazione, autofiducia/riduzione stress –per “fare le buone scelte”.) Ci sono altri video sul ricupero di Jack.

    Per chi non capisce bene l’inglese, i tre tempi del video coprono l’arco di una settimana. Lui spiega che LASCIA IL CANE VEDERE HA UNA VIA DI USCITA. Spiega che qui non usa bocconcini (che fra altro spesso non servono per un cane troppo stressato). Dopo la seconda sessione usciva da se dal kennel.

    • ricordo quando mi hanno portato il cane con la staffetta…lui era letteralmente terrorizzato e le volontarie prima di separarsi da lui lo hanno salutato baciandolo e abbracciandolo fortemente…gli occhi del cane esprimrvano terrore e loro continuavano a spupazzarselo… 🙁

      • Adesso che ho visto il secondo video, capisco! Comunque, bravo Riccardo, sono 100% d’accordo che salvare un cane vale qualche momento di “discomfort”, e ogni caso è diverso.

  51. Ho letto con molto interesse questo percorso di recupero e ringrazio l’autore per aver dato ulteriori spunti di riflessione.
    Pongo solo una domanda pregandovi di non interpretarla come polemica o critica (anche perchè sono qui per imparare): ho notato che la cagnolina veniva più volte accarezzata sulla testa.
    Di norma, per un cane tale gesto non è visto come dominanza? Cioè, soprattutto in un cane non imprintato e quindi timoroso verso l’uomo, non sarebbe stato preferibile evitarlo?

      • però il cocker soppresso era malato! Non era semplicemente un cane indisciplinato o aggressivo, soffriva di un tipo di bipolarismo tipico del cocker (nero e fulvo). Esiste un farmaco, non sempre efficace, l’isolamento a vita o la soppressione. Quindi non è che costei si è svegliata e lo ha fatto uccidere…

        • La stessa identica cosa che avevano detto della cocker fulva che Chiara Tomiazzo ha prelevato letteralmente dal tavolo del veterinario e che è diventata una cagnina equilibratissima, tanto che è stata addestrata alla ricerca di esplosivi.

          • Se è così è una schifezza orrenda e mi dispiace per il cane però non possiamo saperlo no?

        • se veramente il cane fosse stato malato la soppressione doveva essere valutata da un veterinario e non da un educatore….senza contare che i cani che vengono selezionati per partecipare a questi programmi generalmente prima vengono visitati proprio per escludere eventuali problemi neurologici,perchè con un cane che presenta tali problemi l’educatore,gentile che sia,non serve a niente ma in quel caso serve un veterinario

        • a clara:

          ho visto quella puntata (mi piace vedere i cani in TV quindi se sono davanti alla Tv e c’è un programma con cani lo guardo..mi piace anche vedere i cavalli, quindi anche se detesto i film western talvolta guardo degli spezzoni solo x vedere i cavalli, cristando dietro a quei cavalieri alle prime armi che gli massacrano la schiena a forza di rimbalzi…sono patologica…) e magari non in video sono SPERO stati fatti altri accertamenti sul cane, ma da ciò che si vedeva in video la stilwell aveva dato un programma che aveva funzionato bene su uno dei cani e benino sull’altro (poi soppresso su suo consiglio, il cane che x via del cibo aveva già pizzicato 2 volte la bimba di casa, e si noti che era un cagnino non un cagnone che se morde rischia di ammazzare la bimba, anche questo è importante), ma dopo alcuni giorni mentre il cane era fuori in giardino la bimba era stata morsa in modo ripetuto ma non grave da lui e NESSUNO AVEVA VISTO o sapeva come era andata (e la bimba mica poteva chiarire la cosa: magari la bimba era inciampata su un osso o un topino preso dal cane o lo aveva scontrato mentre dormiva o chissà che altro, non si sapeva, si sapeva solo che in giardino il cane aveva morso un paio di volte la bimba in modo non grave ma tanto da farle ferite da dover andare al pronto soccorso almeno x sicurezza o x dare qualche punto, la dinamica era ignota ai genitori come alla stilwell).
          La moglie voleva già far sopprimere il cane dopo il primo morso alla bambina anni prima ma il marito amava molto il cane e dopo l’ultimo episodio il marito visto che la moglie voleva o dare via il cane o meglio sopprimerlo, aveva chiamato di nuovo la stilwell sperando che lei dicesse che il cane doveva avere un’altra possibilità, ma lei disse al telefono, sena vedere ne il cane ne le ferite della bambina e sena a quanto pare aver mai fatto fare visite veterinarie al cane, che il cane era affetto da turbe neurologiche che lo rendevano aggressivo sena motivo e che DOVEVA ESSERE SOPPRESSO e che NON SI POTEVA DARLO VIA nemmeno a gente senza bambini (il cane aveva sempre solo morso la stessa bimba di casa e non aveva aggressività con adulti) perchè in inghilterra i canili non accettano e sopprimono cani mordaci e quindi un cane mordace non lo si può ne dare in canile ne x etica dare ad altre persone (nemmeno dicendogli che è mordace verso i bambini), ma VA SOPPRESSO!!!

          A me quella cosa schifò terribilmente x l’estrema superficialità con cui quella donna ha condannato a morte quella povera bestiola nonostante degli amici di famiglia stessero tenendo il cane e il marito volesse riabilitarlo a tutti i costi anche solo x darlo via visto che la moglie lo avrebbe fatto ammazzare anche solo dopo la prima volta che pizzicò la figlia x prenderle un po’ di cibo caduto a terra…e soprattutto mi schifò come la stilwell fece una diagnosi di “problemi neurologici incurabili” al cane al telefono sena alcun indizio medico, magari aveva qualche referto ma non sembrava da ciò che fu detto e dubito che lo avrebbero taciuto, e mi chifò come presentò la soppressione come “unica ipotesi etica” poichè “non si può dare via un cane mordace visto che nemmeno i canili UK li prendono”, ma perchè non lo si potrebbe dare via gratis dicendo chiaro e tondo che ha morso una bambina? magari ci sino persone senza figli che potrebbero volerlo o almeno provarci e tanto vale tentare prima di ammazzare il cane?
          poi la parte filmata del marito in lacrime che va dal vet e seppellisce il cane era ABOMINEVOLE!

          …spero vivamente che la stilwell non sia il “prototipo di addestratrice/educatrice” gentilista inglese, ma x quanto ne so mi sembra che in buona parte lo sia nel bene e nel male (per non parlare del larghissimo impiego che fa della capezza sui cani che tirano: lo strozzo è coercitivo e la capezza no? ma fatemi il piacere! la capezza in certi casi è utilissima, ma che nessuno dica che sia dolce gentile o non coercitiva!!)

    • Informati? Ma informati che?
      Nei paesi anglosassoni la soppressione viene utilizzata, ma cosa centra una rieducazione malriuscita?
      Vedi? Sono argomenti che vanno trattati con responsabilità…
      Negli pseudoarticoli ci vuole RESPONSABILITA’ per quello che si scrive.
      La soppressione avviene per motivi ben precisi in quei paesi, cosa centra l’utilizzo di strangoli o bocconi?
      …nulla… Ne doveste parlare o parlare ancora con un articolo in questa sede, spero lo facciate con cognizioni di causa…

      • Evaboh, io non ho visto quella puntata della Stilwel, perchè porta pazienza, ma ho altri punti di riferimento negli Uk… Ci sono per fortuna persone che vanno oltre la trasmissione televisiva in voga, gli “articoli” sul web e i libretti in vendita dal giornalaro…
        …se parliamo di fonti a cui attingere per persone che dovrebbero essere formate persionalmente nel settore…
        Vaboh, chiudo va, che c’ho da fare… Buone cose…

        • ma allora spiegati meglio, cosa prevede il metodo gentile per i cani veramente aggressivi/inavvicinabili, come si convincono gentilmente i cani di questo tipo che morderti non è una buona scelta?

          • Per un cane veramente aggressivo/inavvicinabile non c’è una ricetta.

            Va conosciuto il cane, la sua storia, analizzato, testato, vanno posti degli obiettivi, va stilato un protocollo per perseguirli, bisogna rispettarlo, analizzare i risultati e trarne le dovute conclusioni.

            In alternativa, bocconi, strangolo, psicofarmaci o lo si ammazza.

          • Questo non era un cane aggressivo, ma un cane fobico. La storia c’è tutta, dall’inizio alla fine, nell’articolo (o sfogo, o spunto di discussione, chiamalo come vuoi). L’hai letto tutto? Allora sai tutta la storia. Ora dammi la soluzione alternativa a quella che è stata usata.

          • @alessandro: ok, però continui a non rispondere. tu come faresti? all’atto pratico intendo, non parlarmi a supercazzole. cosa avresti fatto? punto per punto gentilmente, che sono lenta di comprendonio

          • non c’è ricetta nel senso che non sapete che fare? (dico sapete perchè immagino tu sia un gentilista, correggimi se sbaglio)

            e se ti dicessi che di cani aggressivi/inavvicinabili ne ho visti recuperare, mi diresti che mi sto inventando tutto, o mi concederesti il beneficio del dubbio?

          • io ancora non leggo niente di concreto….quindi a chi dovrei dare fiducia? al gentilista di turno che supercazzola o a persone come Valeria o Mangini che le cose le spiegano (e le fanno vedere) in modo comprensibile anche a una sciuramaria come me???

      • cosa centra con una rieducazione mal riuscita? io sono favorevole ad un approccio gentile con i cani e sono anche convinta che i risultati si possono ottenere,ma se cosi non fosse,l’alternativa non puo essere quelle di sopprimere il cane(cosa che nei paesi menzionati nell’articolo avviene) o di non farlo uscire mai dalla gabbia del canile perchè non accetta una pettorina….so di un cane che non veniva fatto SGAMBARE DA 5 ANNI perchè non voleva la pettorina,mentre invece uno rieducatore lavorando con il guinzaglio è riuscito a portarlo fuori nell’erba.

      • Cosa c’entra? La soppressione avviene per la sovraffollamento dei canili e anche cani superaddottabili spesso finiscono sulla lista della morte. I cani sono abbandonati non da cinofili ma da persone che non vogliono più il cane, di solito dovuto a problemi di gestione. (Ho lavorato nel canile municipale di Boston anni fa; adesso è migliorato un po’ perchè ci sono programmi di ricupero attivi che aumentano le adozioni.) Molti cani aggressivi e “aggressivi”/paurosi hanno visto almeno un educatore gentilista — ma non ha funzionato. Giudizio–irrecuperabile! La rieducazione malriuscita c’entra e come.

          • a alessandro:

            qui non si parlava di collare fisso o a strozzo (collare che x quanto ho capito in rieducazione serve è comunemente o x “acchiappare il cane che non vuole farsi acchiappare e che mai e poi mai metterebbe una pettorina almeno al’inizio, o x rendere inoffensivi cani aggressivi tenendoli lontani dal corpo dell’educatore se decidono di attaccare, senza dovergli mettere fissa una museruola o lasciarli fissi nel box durante la “rieducazione”, che non so quanto possa andare avanti con un cane in box o sempre con museruola “x sicurezza”, poi la museriuola non è forse coercitiva? è “vietata” anche quella? e il box?), ma di “cosa fare quando il cane tal dei tali non si riesce a recuperare parzialmente o totalmente con il metodo gentile”?
            nei paesi anglosassoni “gentilisti” x antonomasia x quanto ho capito la soluzione è “dico che è incurabile e lo ammazzo gentilmente”…

            Tu dici che non è vero?
            che in UK i cani non vengono spesso soppressi x tali motivi?
            che i gentilisti non tendono + di altri ad usare thanax e psicofarmaci?
            ok, bene…dimostralo!
            spiegaci il perchè; spiega come fanno; dacci qualche link di riferimento sulla rieducazione di cani fortemente aggressivi con il metodo gentile…facci capire insomma!

            A me interesserebbe molto leggere qualche articolo sulla rieducazione gentile di cani molto problematici e aggressivi verso l’uomo (non i soliti pitbulls da combattimento “rieducati” ad…andare al guinzaglio senza strattoni, cosa che non serve definirsi gentilisti x saper/poter fare…poichè probabilmente i pochi soggetti del gruppo aggressivi o “non amichevoli”, sono stati soppressi prima di ogni tentativo di riabilitazione..e poi i pitbulls come razza sono cani con una bassissima mordacità verso l’uomo anche se certi delinquenti possono rendere aggressivo verso gli umani pure un cane del genere: questi cani danno problemi nell’approccio con altri cani, talvolta nell’istinto predatorio e se tenuti senza una corretta socializzaione potrebbero considerare prede anche i bambini con tutti i pericoli del caso, ma non sono una razza particolarmente mordace-aggressiva verso gli umani in generale, non importa quanto possano essere aggressivi verso altri cani motivati a combattere ne il fatto che siano animali selezionati x il combattimento fra cani, nonostante molti credano il contrario).

  52. Vaboh…

    Ma questo è un articolo? Cioè, vorrebbe essere un articolo di una testata?
    A casa mia un articolo giornalistico ha il compito di dare informazioni. Un tema va trattato, per quanto possibile, in modo esaustivo e con una certa profondità d’analisi.

    Altrimenti quanto scritto si limita ad uno sfogo di un blog…

    L’eutanasia è un tema complesso e delicato. Andrebbe analizzato e approfondito, non certo liquidato con una battuta…

    Definire l’approccio “gentile”, contrapposto al “tradizionale”, come un approccio che o funziona con un cagnetto sensibile al bocconcino, se no si passa alla soppressione o agli psicofarmaci, è fare disinformazione, il contrario di quello che una “testata giornalistica” dovrebbe fare.

    Questo, semplicemente, non è un articolo. E’ polemica.

    …e tirare fuori a forza un cane in quelle condizioni non è che sia proprio un colpo di genio, qualcuno potrebbe anche farlo notare…

    • Le alternative, grazieeeeeeeeeeeeeeeee!!!
      P.S.: questa NON è una testata giornalistica. E’ un sito che può ospitare articoli così come può ospitare racconti, sfoghi e – perché no – anche discussioni. Però costruttive. Le critiche fatte per dare aria alla tastiera non costruiscono niente e non aiutano nessuno, tantomeno i cani.

      • Mmm… Nasce da una rivista cartacea, scrivete come “Redazione”, forse dovreste presentarvi in modo meno equivoco…

        Bene. Mi invitate ad essere costruttivo, ma se continuate con la teoria per cui a parte i cagnetti chi lavora in modo diverso dal vostro va di psicofarmaci a gogo o senza bocconcini prelibati non sa che fare, giustificando quindi l’uso di strumenti come collari a strangolo eccetera perchè di meglio non vi è dato sapere, non ci sono basi per discutere, perchè le vostre idee si basano, fondamentalmente, su delle cazzate.

        Adios…

        • Forse ti è sfuggita questa frase:
          “Sono stanco di sentire quanto sono bravi perché hanno abbandonato il collare a strangolo e di non sentire quanti cani passano a miglior vita perché giudicati irrecuperabili (molti dei quali, qui in Italia, reintegriamo completamente)!” ….la cazzata in realta’,la fa chi sopprime un cane perchè non risponde al metodo gentile

          • No no, non ci siamo capiti… La cazzata delle cazzate che rende impossibile il dialogo è pensare che l’approccio gentile preveda la soppressione in caso di insuccesso…
            Non è una critica legittima, è una cagata proprio, ma colossale… ed è questo che sfugge a te, se qualcosa sfugge a qualcuno…

    • no no lasciamo lo rintanato la dentro a vita, a uscire di nascosto a mangiare quando nessuno vede… sperando che la mandonna lo grazi e si decida che è ora di fidarsi dell’uomo…
      guarda… che a volte i cani (ma non solo i cani) bisogna anche “spronarli” un po per far capire loro che “non succede nulla” ma che anzi… magari ci sono cose belle fuori e che non tutti sono cattivi, ma finchè sta rintanato la dentro non lo capirà mai…
      tutti a far chiacchiere…

    • a alessandro:

      quindi è un madornale fraintendimento/mistificazione/disinformazione che in paesi dove il “gentilismo” è molto-molto + praticato e spesso come “unica opzione x riabilitare il cane” (in primis la patria stessa del “metodo gentile”: l’Inghilterra), il ricorso all’eutanasia in cani giudicati “pericolosi” (o in cani con turbe comportamentali, in primis aggressività verso l’uomo, ma non solo, che non hanno risposto a tale metodo e in cui sia stato tentato SOLO tale metodo in quanto gli altri sono “non etici”) sia decisamente alto?

      Il Metodo Gentile ha molti meriti (io ho educato il mio cane, una pitbulla dolce e collaborativa ma non semplicissima, con tale metodo, ottenendo buoni risultati nonostante sia solo una persona inesperta al primo cane che ha cercato di studiare il + possibile x il bene del cane)
      , ma come qualsiasi metodo non credo sia possibile che funzioni sempre e comunque al 100% su ogni soggetto e x qualsiasi problema…e quando non funziona o funziona solo in parte (il che se si parla di sport può non essere un grave problema, ma se si parla di educare o peggio di rieducare un cane, magari un cane con problemi tanto gravi da pregiudicarne seriamente l’adattamento alla società umana o perfino da rendere il soggetto “pericoloso”? allora che si fa se quel metodo non funziona o funziona in parte?)?

      • Salve Gianni Carlo ecc,
        mi chiedo per quale motivo si debbano usare questi toni? Questa vorrebbe essere una discussione costruttiva e in questo modo si creano delle chiusure. Non sei stanco anche tu di questa lotta? Non trovi che sia utile iniziare a pacificare e iniziare a presentarci ai ‘gentilisti integralisti’ in modo propositivo, se non altro come esempio?
        Non sono d’accordo con Alessandro che sostiene che siamo stati noi a iniziare questa guerra, ma io sono di parte e sono consapevole che la mia faziosità non mi fa essere oggettivo e imparziale anche perché aggettivi come coercitivo, violento e vecchiume mi toccano perché so che non mi appartengono (forse sul vecchiume qualcuno avrà da ridire vista la mia età) mi fanno arrabbiare e di conseguenza perdo lucidità.
        Questa esperienza mi sta facendo pensare molto e le conclusioni sono ancora molto lontane.
        In linea di massima mi piace usare metodi morbidi e per il 98% dei casi che seguo sono molto in linea con i gentilisti (da cui tra l’altro ho imparato veramente tanto). Non mi posso considerare tale perché c’è questo due per cento in cui vado oltre. Allora mi è venuto in mente un esempio che condivido con molto piacere:
        esiste una medicina tradizionale e tante ‘medicine alternative’. Mia cugina è una pediatra. Ha iniziato la sua carriera in modo tradizionale ed era abbastanza chiusa verso l’omeopatia. Nel corso della sua esperienza ha avuto modo di osservare che molti dei suoi pazienti affetti da malattie ricorrenti, attraverso le sue cure guarivano solo temporaneamente. Questi scomparivano per qualche tempo e poi tornavano guariti in modo definitivo. Allora ha iniziato a porsi delle domande e ad aprirsi verso nuove scienze. Oggi lei si considera un’ibrida. In casi gravi continua ad utilizzare antibiotici e cortisonici ma ha una tendenza spiccata verso l’omeopatia.
        Lei però non si trova a doversi difendere né dai suoi colleghi tradizionalisti, né dagli omeopati. Perché invece io sono attaccato tanto dai tradizionalisti quanto dai gentilisti? Loro si confrontano e noi ci scontriamo, ma ti pare normale?
        Nessuno di noi ha la verità. La verità è talmente lontana da rappresentare la ricerca del senso della nostra esistenza, l’obiettivo della nostra presenza su questo pianeta (ah, i cinofilosofi!)
        Allora, visto che tutto è così sconosciuto, visto che tanto un educatore quanto un altro ha degli scheletri nell’armadio, torniamo tutti con i piedini per terra, apriamoci a un confronto, uniamo le nostre forze e le nostre conoscenze per un obiettivo comune: il BENESSERE DEI CANI.
        Chi tra di noi è interessato ad altro può rimanere fuori da questa discussione, non ci interessa! Chi ha questo obiettivo è benvenuto.
        Questo post è dedicato anche al sig. Schifato che non mi sembra esprima alcun genere di aperture.

        • Grande riccardo, tutto perfetto, l’esempio dell’ omeopatia e’ davvero calzante! Purtroppo pero’ ti devo smentire, tua cugina evidentemente vive in un ambiente illuminato, ma ti assicuro che le risse in medicina (ambiente a me piu’ vicino) tra approcci terapeutici diversi sono all’ordine del giorno. Puntualmente vengono sfornate nuove teorie che tutte le volte sono ASSOLUTAMENTE le uniche accettabili pena la scomunica e che ogni 5/6 anni circa sono sostituite da altre , spesso opposte, che diventano a loro volta ASSOLUTAMENTE le uniche accettabili. Io penso che il mondo progredisca grazie all’intuizione di quelli che sperimentano nuove strade, a quelli che hanno il coraggio di sperimentarle ma anche a chi ha poi l’intelligenza di fare ogni tanto qualche “passo indietro”. Tornando ai cani per la mia segugetta da canile proveniente da 3 anni di gabbiotto, dolcissima e affettuosa ma con ancora tante paure da cui “guarire” se decidessi di farmi aiutare da qualche persona piu’ competente non avrei dubbi, sceglierei uno come te (…. roma e’ un po’ lontana mannaggia…).

          • Ciao Paola,
            sono d’accordo con te, infatti, l’altro esempio che mi era venuto in mente si riferiva agli antidolorifici. Quando ero adolescente… quando ero… curavamo il mal di testa con l’optalidon, che poi è diventato tossico e velenoso da sostituire con la novalgina, poi l’aulin e mo l’oki. Ognuno di questi era la salvezza dall’altro. L’importante è saper cambiare, prendere il nuovo e conoscere il vecchio. Può tornare sempre utile.

        • Per quanto mi riguarda io non sono in guerra con nessuno, trovo però molto disarmante, seguire delle discussioni, che palesano più spesso che no una parziale comprensione del cane e della psicologia che ne governa l’apprendimento.Registro che per motivi sui quali preferisco non commentare, in Italia anche chi non ha qualifiche di alcun tipo mette in piedi corsi e seminari dai quali escono, studenti impreparati, non solo nel lavorare con i cani, ma soprattutto nell’allargare le proprie conoscenze, nell’avere la pazienza di fare esperienza, nel sapere rispettare le opinioni degli altri quando diverse dalle proprie.Premesso che qualsiasi apprendimento va a braccetto con il rinforzo positivo, chi determina i modi del mio intervento é il cane NON LA MIA PERSONALE FILOSOFIA a prescindere da quale essa sia.
          Qualsiasi preparazione didattica dovrebbe insegnare come prima cosa il flusso decisionale a monte di qualsiasi intervento.
          Riguardo la tanta invocata etica cito brevemente la Delta Society
          “Condotta etica:
          Humane dog trainers usano e perorano metodi che si basano su:
          1-Il promuovere e rinforzare comportamenti desiderati
          2-L’Inibire e scoraggiare comportamenti indesiderati o pericolosi
          3-Il minimizzare l’uso di avversivi nell’espletare quanto ai punti uno e due.
          L’uso degli avversivi é dunque contemplato anche se ridotto al minimo indispensabile. Inoltre sempre nel loro manuale si può leggere come e quando usare o non usare avversivi, come e quando usare uno strumento piuttosto che un altro. Sono quindi d’accordo con l’apertura auspicata, ma temo che fino a quando la base comune non sarà improntata su concetti di comprovata validità teorico-pratica, ogni sforzo non farà che infrangersi contro quel muro di faziosità tipico del nostro paese,faziosità che a dispetto del disastro nel quale ha portato APPUNTO il nostro paese, sembra sembra ancora BEN TOLLERATA da tutti: tra buoni propositi e false idealogie.

  53. Perchè si prende in esame il caso della società svedese e non si prendono in esame tutti quei cani al limite dell’eutanasia rieducati con metodi gentili in Italia?
    Proprio non capisco perchè siete così convinti nel voler restare a trent’anni fà….vi pesa così tanto il culo da impedirvi di STUDIARE QUALCOSA????20 anni di studi etologici sono così insignificanti per voi?!?!?!?
    L’autore dell’articolo è semplicemente un convintissimo MASTINARO!!

    • Ahahahah!!! Riccardo mastinaro?!? Vabbe’… continuo a ridere dopo in privato, mentre qui ti faccio una sola domanda: in fondo all’articolo Riccardo ha scritto “se avete metodi migliori, sono apertissimo a qualsiasi discussione”. Bene, perché non glieli proponi? Perché non gli dici cosa avresti fatto, in pratica, spiegando punto per punto (e non con le solite supercazzole tipo “creiamo un rapporto”, “facciamo autodeterminare il cane” eccetera, che se non dici COME non servono a un beato tubo) quello che avresti fatto con una cagna del genere?

      • Scusate, ma che vuol dire “mastinaro”? Sul serio, giuro che non lo so. E’ grave?
        Su Google mi pare di capire che sono gli amatori del mastino napoletano. Ma che cacchio c’entra in questo caso?

    • Mi è già capitato di ripeterlo più volte…mi sta benissimo l’aggiornarsi e progredire…ma l’estremismo mai!! Studiamo pure ma poi i metodi vanno applicati alla realtà e alle singole situazioni…qui si tratta semplicemente di confrontarsi e magari parlare anche di qualche strumento che non sia la pettorina!

    • Ho avuto modo di conocere Riccardo Totino come educatore cinofilo da quando ho deciso di legarmi ad una cagnolina un pò diffidente. Leggendo il tuo commento, faccio davvero molta fatica a pensare che tu ti stia riferendo proprio a lui.
      L’autore dell’articolo che hai voluto screditare, senza l’adeguata informazione, ha dedicato e dedica la sua vita al benessere dei cani, al loro recupero e alla loro “riabilitazione”.
      Ti invito a rileggere l’articolo ( perchè di questo si tratta ), possibilmente superando il grande ostacolo alla conoscenza chiamato PRESUNZIONE per poter creare un clima di confronto, crescita e magari discussione.
      Proprio tu che parli di studio e di rinnovo nel mondo della cinofilia, dovresti esaminare con più attenzione il caso a cui ti riferisci.

      • A chi ti rivolgi, a me?
        Niente contro la persona.
        Parecchio contro la giustificazione dell’utilizzo dello strangolo e altre amenità, cosa spesso ribadita in questo sito.
        Parecchio contro associare il metodo “gentile” – bah… non mi piace questa definizione… – all’eutanasia.
        Parecchio contro il richiamo ad eutanasia e psicofarmaci come ultima e unica risorsa di chi lavora diversamente. Sono balle, punto…
        Lo spirito di questo “articolo” è tutto qua. Con lo spauracchio di eutanasia e psicofarmaci la conclusione che invita al confronto è fasulla e su questo si basa la mia critica.
        Altro da dire proprio non ce l’ho…

        • a alessandro:

          se si tratta di palle sono ben felice, sarebbe l’ideale che x rieducare qualsiasi cane in qualsiasi situazione si potessero usare sempre e solo metodi “gentili”, e mi farebbe immensamente piacere apprendere che soprattutto i gentilisti nord-europei non siano in realtà tanto inclini all’eutanasia x i cani mordaci e che i gentilisti in generale non lavorino spesso a fianco di un Vet Comportamentalista che è deputato allo scopo di prescrivere il Prozac a cani che reputano difficili/aggressivi o che semplicemente fanno paura all’educatore x qualche motivo fondato o meno (e riguardo all’ultima cosa purtroppo parlo x esperienza personale..x fortuna dopo pochi mesi capii che il prozac non aveva senso x il mio cane che non ha gravi turbe e non è mordace, però ho buttato via 300 euro di un corso inutile + 70 euro di comportamentalista + svariati biglietti da 20 x il prozac inutile dovuto solo al fatto che il mio cane è un pitbull e gli educatori nonostante le rassicurazioni non ne avevano mai trattato uno e sotto sotto ne avevano paura..oltre a rifiutarsi di trattare il VERO problema del cane, ovvero il predatorio molto sviluppato che ne pregiudicava la condotta al guinzaglio e ne pregiudica molto spesso la possibilità di liberarla, ma era “intrattabile” poichè sennò avrebbero dovuto usare metodi “non gentili”,quindi meglio fare ore di esercizi inutili che il cane già conosce + prozac e mollare un cane che, chiaramente, non ha fatto un solo passo avanti dando alla proprietaria l’impressione che sia un animale caratterialmente instabile da trattare con farmaci quando non ve ne è il motivo..)…

    • mstinaro tu si che sei un professionista serio! vai tu a riabilitare un po di cani nei canili al posto loro sono sicuro che sarai bravissimo con i tuoi metodi al passo con i tempi

    • Perdonami a me sembra di aver letto,nel lunghissimo articolo di Totino, molte cose a favore e sfavore di tutti i metodi…come in ogni sfera della vita non c’è un solo metodo o modo che funziona ma l’insieme di tutti. è per questo che a scuola ci sono più materie, per dare agli alunni(in futuro uomini) una visuale a 360° e più strumenti da poter usare al momento opportuno. Il punto è proprio questo conoscere tutti i metodi e scegliere il migliore o più di uno che possano recuperare quasi tutti i cani…si spera tutti!!!Se questo significa esser Mastinari evviva i mastinari!!!

  54. Riccardo.
    Ho letto con attenzione il tuo articolo e mi trovo in grande accordo con quello che hai scritto.
    Io ho un cane da meno di un anno, ma girando per forum mi sono reso conto che il metodo “gentile” sta dilagando senza freno.
    Io mi sono affidato ad una buona educatrice e usiamo il collare a scorrimento (non dico più a strangolo… Scorrimento mi sembra più corretto), lavoriamo molto e abbiamo buoni risultati.
    La sterilizzazione e la soppressione sono argomenti di cui è difficile discutere, ma trovo anche qui in tuo punto di vista corretto.

    Immagino non sia facile lavorare al recupero comportamentale dei cani.
    In bocca al lupo per il tuo lavoro! 🙂

    • Ciao Marco,
      il collare a scorrimento ormai lo uso veramente in rarissimi casi e mai su cani giovani. È uno strumento delicato, può creare problemi se mal utilizzato e non sono sicuro che una persona inesperta ne faccia un buon uso. In più oggi ci sono veramente tanti modi diversi per farsi capire e divertirsi che questo arnese così criticato si può abbandonare senza problemi.
      Ti ringrazio per i complimenti.
      Mi sono fatto anche quest’altra domanda: «Dire “in bocca al lupo” a un educatore è davvero un augurio?» Ahahah! sto scherzando.
      Grazie

  55. Finalmente ci siamo!!!! La sacrosanta differenza tra la teoria e la realtà!! Sono tutti bravi a profetizzare dentro un box o un centro cinofilo…”no io non uso lo stragolo…no io uso solo la pettorina…” bravi però poi nella vita non vedi un cane in giro fuori dal campo (specialmente se di taglia) perchè semplicemente è incapace di andare al guinzaglio e allora viene lasciato a casa?? E quello sarebbe un cane contento non stressato ed appagato?!?!? Ma per favore…

    Complimenti per l’ottimo articolo davvero!!

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