venerdì 29 Marzo 2024

Un cane non fa primavera

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Davide Beltrame
Davide Beltramehttps://www.tipresentoilcane.com
Figlio di Valeria Rossi dalla nascita, creatura mitologica a metà tra uomo e cane, con tratti bestiali dello yeti. Solitamente preferisce esprimersi a rutti, ma ogni tanto scrive su "Ti presento il cane" (di cui è il webmaster, quando e se ne ha voglia). La sua razza preferita è lo staffordshire bull terrier, perché è un cane babbeo che pensa solo a mangiare e a dormire. Esattamente come lui.

di DAVIDE BELTRAME – “Una rondine non fa primavera”, è risaputo, e come penso tutti sappiano, significa che un singolo episodio “non fa statistica” e non è sufficiente a trarre conclusioni, o per dirla in modo più colto citando Wikipedia:

La locuzione latina «Una hirundo non facit ver» – in greco «Μία χελιδὼν ἔαρ οὐ ποιεἶ» – tradotta letteralmente significa «Un’unica rondine non fa primavera». Questo antico e popolare proverbio è usato come monito: un segnale isolato non è sufficiente per trarre delle conclusioni, così come non basta vedere una rondine per poter dire che è arrivata la primavera. L’espressione è molto antica e compare nell’Etica Nicomachea di Aristotele: «come una rondine non fa primavera, né la fa un solo giorno di sole, così un solo giorno o un breve spazio di tempo non fanno felice nessuno». E Aristofane sembra completare il concetto: «C’è bisogno di molte rondini». Il proverbio rientra nella raccolta degli Adagi di Erasmo,che osserva come si possa generalizzare il concetto. Così come Sofocle scrive che «non esiste una città abitata da un solo uomo», si può dire che una sola buona azione non è sufficiente a far ritenere buono un uomo, né una sola parola ben pronunciata a fare un oratore, né una sola moneta ci possa rendere ricchi.

Se concordiamo con questo concetto, mi viene però spontaneo chiedermi però perchè invece si ritenga che un cane, primavera la faccia eccome.
E’ infatti molto frequente leggere la contestazionie di pareri e studi scientifici basandosi sulla propria singola esperienza con il proprio cane, assumendo appunto che il nostro cane sia “più attendibile” magari dei soggetti che hanno portato a conclusioni scientifiche.
E attenzione, non parlo di un comprensibilissimo “il mio cane si comporta diversamente”, ma di conclusioni basate magari sull’osservazione di decine o centinaia di soggetti messe in dubbio – quando non direttamente bollate come “cazzate” – da chi magari cani in vita sua ne ha visti tre.

Un paio di esempi frequenti, che magari vi sarà capitato di aver letto:
– più di uno studio ha dimostrato che i cani tendenzialmente non gradiscano gli abbracci, eppure gli articoli su questo tema vengono quasi immancabilmente commentati con toni accessi a suon di “non è vero, al mio cane piacciono moltissimo” quando non direttamente con epiteti poco carini verso l’autore dell’articolo o dello studio.
– il cane non “fa i dispetti”, e anche sull’aria colpevole assunt adal cane, che molti proprietari portavano a sostegno della tesi per cui il cane saprebbe quando ha compiuto delle azioni non gradite (e quindi le farebbe apposta per fare dispetto, appunto), sono stati effettuati studi che dimostrano come non sia correlata all’azione compiuta. Eppure, anche su questo argomento, solitamente piovono commenti del tipo “non è vero, il mio cane li fa”, e via dicendo.

Se per quanto riguarda gli studi scientifici è però tuttavia un atteggiamento sporadico (studi relativi al comportamento canino e di cui si parli sui media non sono così frequenti…e qualche volta sarebbe meglio non ne parlassero), si nota invece molto frequentemente nelle risposte alle richieste di consigli o di aiuto: di fronte a una domanda, arrivano tantissime risposte basate solo sulla propria esperienza personale, che spesso sono quindi diversissime tra loro.
E capita anche che invece magari la spiegazione più “tecnica” basata su studi/etologia/fonti accreditate venga bollata come una cavolata (o arretrata, o varianti varie).

Se da un lato è comprensibile essere influenzati dall’esperienza che si ha coi propri cani, questa non rende automaticamente falso, non efficace o altro tutto ciò che è diverso da quanto viviamo o facciamo noi!
Perchè capite bene che se seguissimo tutti questo principio, chiunque abbia un cane tripode potrebbe dichiarare che “tutti i cani hanno tre zampe”, chi ha un cane sordo che tutti i cani non ci sentono, chi ha uno staffy che i cani siano tutti con un numero di neuroni dispari inferiore a 3, e così via.

In molti casi penso che questo atteggiamento sia dovuto all’aver vissuto con pochi cani, o addirittura uno solo: se è normale che si venga influenzati da ciò che si è vissuto, è però un po’ arrogante pensare che sia l’unica realtà. Purtroppo però in questo errore cadono spesso anche teorici professionisti del settore: perchè finchè l’utente Facebook scrive sul gruppo “guarda, fai così che funziona sicuramente”, il danno è tutto sommato relativo, ma se l’educatore/addestratore/istruttore di turno prova ad applicare solo un metodo con tutti i suoi clienti, magari perchè quel metodo ha funzionato con il suo cane…farà più danni che altro.

Già da prima di conoscere Fabiana – aspetto che ha moltiplicato molto rapidamente il numero di cani con cui ho avuto a che fare – avevo avuto modo di notare l’inattendibilità della “singola esperienza” grazie ai due staffordshire che ho avuto finora in vita mia: Bolo e Bisturi.
Stessa razza, entrambi cani che sono entrati nella nostra vita da “anzianotti”, ma caratteri e atteggiamento completamente diversi.
Bolo con un’energia e una voglia di giocare indecorose, si sarebbe fatto venire l’infarto per giocare con il pallone, o con le bottiglie di plastica.
Biba alza il culo giusto quando è ora di mangiare, se le tiri un pallone è capace di non spostarsi nemmeno se sta per colpirla.
Bolo non ha mai visto troppo di buon occhio gli altri cani dello stesso sesso, Biba adotta l’approccio per cui “non esiste nessun cane qui” e tendenzialmente si fa i fatti suoi.
A Bolo è stato facile insegnare l’abbaio a comando perchè se non gli tiravi il pallone si eccitava e abbaiava, e potevi poi premiarlo subito dopo col gioco, Biba del premio col gioco se ne infischia bellamente (però offrile del cibo e ti fa pure il triplo salto carpiato all’indietro).
Certo, posso trovarci anche un sacco di punti in comune: entrambi tendenzialmente tontoloni, capaci di essere degli indecenti pagliacci, affettuosi e “francobolleschi” come solo chi ha uno staffy può avere idea siano…eppure se dovessi dare ad esempio dei consigli su temi educativi, basandomi su Bolo potrei dire “premia pure solo col gioco” mentre basandomi su Biba dovrei dire “il cane del gioco se ne frega”.

Per fare un esempio ancora più indicativo, penso non riuscirei a tenere il conto di quante differenze abbiamo potuto notare tra i figli di Samba: parliamo di cani con la stessa “base genetica” di partenza, che hanno vissuto nello stesso ambiente, venendo a contatto con gli stessi stimoli e ricevendo lo stesso trattamento da parte nostra. Eppure ognuno ha le sue peculiarità, il suo atteggiamento e le sue “preferenze”. E questo vale ovviamente anche per quanto riguarda le modalità e i tempi di apprendimento.

Forse questo discorso può suonare un po’ paradossale fatto da chi comunque propone diversi articoli sull’educazione del cane, ma qui si torna al discorso degli studi e dell’osservazione di molti soggetti. Va benissimo consigliare le soluzioni che hanno funzionato con i propri cani, ma senza bollare per forza come “inutili” le alternative o far credere che quanto consigliamo funzionerà sicuramente: potrebbe andare bene seguire pari pari quanto descritto, potrebbe essere necessaria qualche piccola variazione, o potrebbe servire tutt’altro approccio. Ed è il messaggio che  solitamente cerchiamo di passare e che spero sia chiaro ha sempre passato anche Valeria.
Vedo invece sempre più spesso proporre “metodi funzionanti al 100% con qualsiasi cane” e simili. Personalmente, invito a diffidare da chi vi propone un messaggio simile, perchè è a dir poco utopistico pensare che un qualsiasi metodo di insegnamento funzioni per tutti i cani.

E ricordiamocelo, tutti noi, quando magari qualcuno racconta la sua esperienza, chiede un consiglio su un forum, un aiuto su un gruppo o altro: va benissimo raccontare la nostra esperienza, fornire la nostra opinione, ma non offendiamoci se ci viene detto “ho già provato, non funziona” o se qualcun altro offre un punto di vista differente. Perchè un cane non fa primavera.
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4 Commenti

  1. La verità è che l’autocritica è morta, siamo in un momento storico in cui trionfa l’egoismo ergo bisogna sempre dimostrare di saperne di più anche si si è ignoranti.

  2. Bell’articolo, semplice ma interessante!
    E’ proprio vero che i cani sono una specie molto varia, e che bisognerebbe osservarne tanti, e vivere insieme a tanti, magari anche senza intromettersi troppo nel loro esprimersi naturale, prima di permettersi di fare particolari affermazioni sul loro conto.
    Il fatto abbastanza spiacevole, a mio parere, è che ho notato che anche molti dei più recenti studi scientifici cercano di semplificare al massimo le varie questioni, cercando soluzioni che vadano bene per tutti.
    Il mio riferimento in particolare è rivolto all’ultima tendenza (anche accademica) a non considerare più i cani come “animali sociali e/o inclini a fare branco”: sicuramente è una
    soluzione che semplifica molte questioni tra cani e umani, ma mi sembra davvero piuttosto superficiale! Qualche esperto del settore (etologi, per esempio…), sa per caso spiegarmi il perché più approfondito di questa tendenza in particolare?
    Anche perché, sinceramente, mi rifiuto di credere che Trumler e tutti gli altri etologi venuti prima dei Coppinger, nel loro studiare i cani avessero le fette di salame sugli occhi o ricamassero sulle osservazioni a proprio piacimento!
    Grazie, buona serata a tutti 😉

  3. Per come la vedo io (e per quel che riguarda internet io la vedo come umberto eco -modestia a parte 😊-), più si sa e meno si ritiene di sapere. Purtroppo la cosa vale soprattutto al suo contrario: meno si sa e più si ritiene di sapere!!a questo aggiungiamo anche il fatto che il cane in quanto specie animale non può alzare la zampina e dire : “ehm,scusa sai, ma guarda che io funziono in modo diverso da quel che tu pensi”. Non ci si libera facilmente da chi apre la bocca solo per arieggiare la lingua, quindi è importante ribadire sempre – come faceva Valeria e continua a fare Davide (alla faccia di qualche scurnacchiato che dice il contrario)- la differenza tra la conoscenza, che deriva dallo studio e dall’esperienza, e la supponenza, che deriva unicamente dal proprio desiderio di protagonismo

  4. Purtroppo questo accade anche quando si prende un cane della stessa razza o,se meticcio, simile al precedente e si riversano sul cucciolo aspettative impossibili senza tenere conto dell’individualità. “Il cane che avevo prima era bravissimo, questo non capisce niente! ” rovinando un rapporto sul nascere.

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