giovedì 18 Aprile 2024

Ti presento… i sensi del cane – Prima parte

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Martina Aresu
Martina Aresu
Nata nel 1995 a Lanusei (NU). Possiede una grande passione per gli animali, e soprattutto per i cani, che coltiva occupandosi sia di quelli della famiglia che svolgendo attività di pet sitter. Questa inclinazione la spinge a conseguire con la massima votazione la laurea nel corso "Tecniche di allevamento animale ed educazione cinofila" dell'Università di Pisa, con una tesi sugli Interventi Assistiti con gli Animali rivolti ai pazienti autistici; nel frattempo diviene Commissario di ring Enci e partecipa a diverse esposizioni. Ha come obbiettivo futuro quello di rendere la sua zona più pet friendly e di diventare un importante punto di riferimento per la corretta gestione del rapporto uomo-cane.

I sensi del cane sono molto diversi da quelli dell’uomo e conoscerli meglio può aiutarci a capire come il nostro amico peloso percepisca la realtà e come si orienti nel mondo.
Se volessimo stilare una classifica dei modi in cui noi umani utilizziamo i sensi, sicuramente la vista vincerebbe su tutti: siamo animali prettamente visivi. Al secondo posto troveremo l’udito, seguito da olfatto e tatto, mentre in ultima posizione il gusto. Nei cani invece la sequenza è differente: il naso ricopre un ruolo predominante, seguito da orecchie, lingua, recettori tattili, e infine dagli occhi.

OLFATTO

Iniziamo il nostro viaggio nei sensi del cane partendo da quello principale, l’olfatto.
Noi essere umani abbiamo la tendenza a non soffermarci troppo sugli odori, anzi di solito ci accorgiamo di uno in particolare solo perché lo troviamo buono o cattivo. Nei cani la condizione è molto diversa: cosi come noi vediamo il mondo, loro lo fiutano. A conferma di ciò, possiamo notare come il naso sia il prominente protagonista del loro muso.
Il veicolo grazie al quale il nostro lupo di casa fa arrivare le sostanze chimiche alle cellule recettrici è la fiutata, ma non si tratta di una semplice e goffa inalazione di aria come invece avviene per noi. Per cominciare, il cane contrae i muscoli delle narici, che vibrano per spingere l’aria più affondo, ed espelle quella già presente nel naso: in questo modo gli odori inalati possono arrivare più facilmente alle pareti, creando una corrente d’aria. Una volta risucchiato, l’odore viene accolto nei tessuti nasali: questi sono interamente ricoperti di piccoli recettori, dotati ciascuno di peli che permettono di catturare e fissare le molecole. Il naso umano ha circa 5 milioni di questi recettori, quello di un cane più di 220 milioni; inoltre la sua superficie epiteliale olfattiva è enorme, 20-200 cm2 contro i 3- 4 cm2 dell’uomo. I cani dispongono anche di un maggior numero di geni riservati alla codificazione delle cellule olfattive, e per questo riconoscono una gamma più elevata di odori e in concentrazioni da cento a centomila volte inferiori rispetto a noi.

Per rendere meglio questi dati con un esempio più pratico, immaginiamo di essere con il nostro cane in una spiaggia lunga 500 mt, larga 50 mt e profonda 50 cm: lui sarà in grado di individuare due singoli granelli di una specifica sostanza tra tutta la sabbia…una cosa davvero incredibile e al di fuori da ogni nostra portata!
Il naso del cane è anche la strada più breve per trasmettere le informazioni al suo cervello: i dati visivi e uditivi devono attraversare una base intermedia, mentre i recettori del naso sono direttamente collegati a dei bulbi che compongono la corteccia olfattiva. Questa occupa il 12,5 % della massa totale del cervello, mentre quella umana ne ricopre appena l’1%! Ciò significa che per sviluppare un buon fiuto il cane ha bisogno di vivere numerose esperienze in modo da arricchire la sua memoria olfattiva.
L’olfatto permette anche al nostro amico di misurare il tempo: dal momento che gli odori perdono potenza con lo scorrere di minuti e ore, il passato è rappresentato da fragranze deboli, deteriorate o coperte, mentre una forte intensità è sinonimo di novità.

Poi, una caratteristica molto importante da tenere in considerazione è l’altezza del cane. Il fatto che in genere arrivi al di sotto del ginocchio del proprietario, lo porta ad avere tutto vicino al naso e percepire meglio gli odori: gli aromi infatti macerano nella terra, mentre si disperdono con facilità nell’aria. Ad esempio, ha alla sua portata i piedi, che sono ricchi dei nostri odori, ancora di più quando sudiamo…di conseguenza, possiamo ben capire come i calzini e le scarpe che si impregnano della nostra essenza (oltre che conservare nella suola ciò che abbiamo calpestato all’esterno) risultano delle attrazioni irresistibili per il nasone di casa.
Proprio una componente del sudore, l’acido butirrico, è tra le sostanze che il cane individua quando segue una traccia umana: è in grado di percepirne 1 mg in 100 milioni di metri cubi d’aria, capacità da 1 a 100 milioni di volte superiore a quella dell’uomo. Considerando che produciamo giornalmente 800 ml di sudore, il 2% del quale a livello dei piedi, anche se una parte viene persa con le scarpe, ne rimane comunque una quantità estremamente facile da trovare per il cane.
L’abilità nel rilevare le sostanze dipende anche dalla morfologia del soggetto: i cani col muso schiacciato sono olfattivamente meno dotati di quelli col muso più lungo. Inoltre, la razza influenza il “modo” nel quale il cane annusa, e infatti distinguiamo:

Cani dal Megaolfatto: odorano come se stessero scrutando delle molecole al microscopio. Effettuano brevi e ritmiche inalazioni cercando col naso costantemente a terra, perché lì le particelle sono presenti in grandi quantità, per cui basta una piccola quota per riempire i loro piccoli seni nasali. Tipici esempi sono Labrador, segugi usati per selvaggina da terra, o Blood Hound.

Cani dal Teleolfatto: sentono l’odore da molto lontano e, aspirando le particelle sospese nell’aria, si addentrano in un immaginario “cono” che diventa sempre più ristretto e intenso con l’avvicinamento alla preda. Hanno dei seni frontali più ampi e canne nasali dritte. Si muovono annusando rapidamente a testa alta. Tra questi cani troviamo razze da ferma, come il Pointer.

Para olfatto

Il para olfatto è considerato il sesto senso del cane, ed è assolutamente sconosciuto nella nostra specie. Viene attivato da molecole volatili chiamate feromoni, (sostanze rilasciate da un animale e rilevate da un altro della stessa specie), capaci di scatenare una reazione specifica e di agire da modulatori del comportamento e dello stato emozionale.
Molto spesso i ferormoni sono veicolati dai liquidi, come l’urina, che ne facilitano il transito. Per rivelare la loro presenza, spesso l’animale lecca con insistenza il liquido e mostra uno strano tremolio del labbro superiore, chiamato flehmen: lo possiamo osservare bene nel maschio dopo che ha toccato l’urina di una femmina in calore. Il flehmen consente di percepire meglio le sostanze e accelerare il loro trasferimento all’organo vomero-nasale.
Quest’organo (detto anche organo di Jacobson), scoperto per la prima volta nei rettili, è deputato proprio alla recezione dei ferormoni. Nel cane è situato sopra il palato, attraversa il setto nasale e sbuca nella cavità buccale dietro i denti incisivi superiori; ha un dotto lungo circa 4 cm ed è ricco di recettori ricoperti da peli. In relazione a ciò, è funzionale che il naso sia sempre ben umido, in modo da bloccare nel tessuto esterno le molecole che poi verranno spostate verso i dotti interni.

Nel cane esistono sei aree principali di produzione dei feromoni:

  • L’area facciale, ricca di ghiandole localizzate intorno a labbra, guance e condotto uditivo, che producono feromoni utili nelle relazioni sociali;
  • Il complesso della zampa, con ghiandole nei cuscinetti plantari. I feromoni rilasciati hanno la funzione di marcare il territorio e la loro deposizione è associata spesso al comportamento di “raschiare”;
  • Il complesso perianale, che comprende le ghiandole sopracaudali, circumanali ed i sacchi anali. Si supporre che il contenuto delle prime abbia un ruolo nello stimolare la femmina durante l’accoppiamento, quello delle seconde sembra importante nella comunicazione sociale, mentre la sostanza dei sacchi è liberata per marcare il terreno o come reazione a situazioni di paura;
  • L’area genitale, che comprende le ghiandole sebacee di vulva e prepuzio, uretrali e mucipare. È una zona intensamente esplorata durante l’approccio, e produce durante l’estro un secreto ricco di metil-di-idrossi-benzoato che attira i maschi;
  • Il complesso mammario: produce feromoni detti d’appagamento, la cui secrezione inizia 3-4 giorni dopo il parto e termina 2-5 giorni dopo lo svezzamento. Questi inducono la formazione del legame di attaccamento del cucciolo, e favoriscono calma e tranquillità, per questo vengono ricreati anche sinteticamente;
  • L’urina e le feci: rappresentano fonti complesse di feromoni che sono prodotti sia da ghiandole che da batteri, e vengono utilizzati principalmente per marcare il territorio.

Dopo aver analizzato l’olfatto e il para-olfatto, è evidente come pur essendo due sensi differenti, siano strettamente collegati e concorrano a determinare la conoscenza del mondo esterno da parte del cane. In merito possiamo fare alcune considerazioni…
Se nell’uomo la percezione dell’odore individuale è limitata a un contatto intimo, nei cani gli odori permettono l’identificazione sia durante le interazioni dirette, ma anche a posteriori, in assenza dell’emittente. Feci, urina e sostanze in esse contenute, così come marcature con il corpo (raspando, rotolandosi, strusciando) possono fornire informazioni circa la specie, il sesso e l’identità individuale, e anche il modo in cui vengono emessi può comunicare lo stato sessuale e di dominanza del cane: ad esempio, l’urina delle femmine contiene informazioni sulla disponibilità all’accoppiamento. Le marcature servono pure a delimitare il territorio e la maggior parte dei punti marcati sono in alto perché si vedano meglio e si sentano di più. L’odore è utile perfino per identificare l’appartenenza ad un branco e quindi per intensificare i contatti sociali. Per questi motivi facciamo attenzione quando laviamo il cane a non utilizzare fragranze particolari: oltre ad essere molto fastidiose, contribuirebbero a levare il suo odore e de-canizzarlo, e non dovremo stupirci se, per riappropriarsene, andrà a rotolarsi vigorosamente nell’erba o in qualche terreno maleodorante.

Sottolineiamo poi che l’organo che ricopre il nostro corpo, la pelle, è ricco di sudore e ghiandole sebacee che producono fluidi e grassi: se tocchiamo un oggetto, ci lasciamo sopra un’po’ di noi, come una firma olfattiva. Non solo, ma pure muovendoci creiamo una scia, composta diversamente anche in base al nostro stato d’animo: infatti produciamo in maniera involontaria ferormoni e ormoni, accompagnati da inconsapevoli mutamenti fisiologici (come alterazione del ritmo cardiaco, respirazione, produzione di sudore e cambiamenti metabolici). Possiamo adesso ben capire quante informazioni il cane ricavi da organi genitali, bocca e ascelle… e giustificare una pratica per noi spesso imbarazzante, quella che il nostro amico mette in atto quando accoglie gli ospiti annusando all’inguine!
Come se non bastasse, anche le sostanze rilasciate dall’ambiente cambiano, come ad esempio le correnti d’aria prima di un temporale: tutto ciò vuol dire che oggetti, persone, emozioni e perfino diversi momenti della giornata sono dotati di una “fragranza” distintiva, che il nostro cane è in grado di percepire.
Il riconoscimento di un certo odore e di un suo cambiamento sta alla base proprio dell’addestramento dei cani per individuare diversi tipi di cancro, stati di iper o ipoglicemia, oltre che per la ricerca di persone travolte da valanghe o macerie, disperse nei boschi, per trovare le mine antiuomo, o cercare funghi. A questo punto, l’unico limite dell’olfatto del cane sembra nella nostra mente!

UDITO

L’udito è il secondo senso più sviluppato nel cane, ed è superiore rispetto a quello umano. Questo dipende dalla grande diversità delle orecchie nelle due specie: nel nostro quattro zampe il padiglione auricolare è molto più grande e profondo, e presenta una forma caratteristica ad L con una parte verticale e successivamente una orizzontale, che premette di amplificare le informazioni. Nello specifico, la dimensione dei padiglioni dipende dalla tipologia di razza: più le orecchie sono grandi ed alte, più i suoni vengono percepiti meglio, come succede nei cani da guardia. Invece, nei cani da caccia e in particolare nei segugi, per aumentare la concentrazione sulle piste olfattive, le orecchie sono lunghe e pendenti, in modo da diminuire la “distrazione” data dai rumori. I cani, inoltre, possono orientare i padiglioni in maniera indipendente l’uno dall’altro per individuare meglio la provenienza dei suoni, al contrario dei nostri che sono immobili.

Un altro fattore che ha inciso sullo sviluppo di questo senso nel cane è l’adattamento evolutivo: i loro antenati lupi hanno infatti dovuto sviluppare meglio la ricezione dell’udito a lunga distanza per sentire i richiami dei piccoli mammiferi, e trovare quindi del cibo.
Per capirne ancora meglio la straordinarietà, specifichiamo che il cane è in grado di percepire onde sonore da 15 Hz a 45 mila Hertz, mentre l’orecchio umano non riesce a udire suoni di frequenza inferiore ai 20 Hz e superiore ai 20 mila Hz (quello degli anziani scende addirittura a 12 mila Hertz). Inoltre, il cane può captare fra le 35 e le 40 mila vibrazioni al secondo e ha la capacità di percepire gli ultrasuoni, cosa per noi impensabile. Detto ciò è facile intuire che, raccogliendo molti più suoni e sentendoli ad un volume altissimo, possa essere disturbato e diventare nervoso in certe situazioni non fastidiose per noi. Allo stesso modo però, grazie a questa dote, i cani sono in grado di mettersi in allerta prima dei proprietari, e avvisarli in caso di pericolo.
Va considerata poi una parte molto importante del senso dell’udito, cioè la componente emotiva. Un’area del cervello appositamente dedicata permette al cane di analizzare ancora meglio i suoni, per questo quando comunichiamo con lui non dobbiamo concentrarci tanto sulle parole e sul loro significato, ma è importante fare attenzione all’intensità della voce, al tono e al numero di ripetizioni…sono tutti fattori che spesso non valutiamo, ma hanno un impatto più forte della parola stessa! Ad esempio, con toni alti e parlando più velocemente, trasmetteremo gioia ed eccitazione, mentre usando toni più bassi, caldi e parlando lentamente, susciteremo maggiormente calma e tranquillità.

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