La prima fra le preoccupazioni che più frequentemente scoraggiano gli aspiranti proprietari di cani dal rivolgersi a un rifugio riguarda senza ombra di dubbio l’educazione alla pulizia.
Molti sono convinti che l’adozione di un cane abbandonato sia una cosa alla portata delle sole persone che dispongono di giardino o di cortile e che possono permettersi di far sporcare il cane nello stesso ambiente in cui vive. Pochi sanno che, in realtà, anche i cani adulti possono imparare abbastanza facilmente a controllarsi e, con un po’ di impegno e qualche accorgimento da parte dell’adottante, arrivano molto presto a sporcare solamente durante le passeggiate.
L’abitudine alla pulizia è infatti una qualità naturale nel cane; se alcuni sporcano regolarmente in casa è solo perché l’ambiente in cui vivono non è naturale affatto.
O perché, paradossalmente, sono stati forzati a farlo.
L’abitudine alla pulizia dipende infatti dall’educazione, dalle esperienze delle prime settimane di vita e soprattutto dalle abitudini maturate vivendo per lunghi periodi in determinati ambienti.
La vita nel rifugio
Quasi tutti i cani adottati in un rifugio provengono da mesi – o talvolta anni – di vita in recinto.
E’ passato più di un ventennio dal cambiamento culturale che ha messo fine alla consuetudine di abbattere i randagi dopo pochi giorni dal ritrovamento, in caso di mancato reclamo da parte del proprietario. Oggi che, pressoché ovunque, sono state istituite strutture che si occupano prima dell’accoglienza dei cani abbandonati e poi del loro successivo inserimento in una nuova famiglia, l’esigenza principale non è più quella di dover far fronte con pochi fondi a un numero di ospiti che continua a crescere, ma di poter gestire, in modo semplice, un numero pressoché costante di ospiti, facendoli vivere in modo dignitoso.
Per questo la sistemazione a catena all’interno dei rifugi è ormai un fenomeno sempre più raro: il tipico assetto dei canili moderni è quello di una serie di recinti in cui sono ospitati piccoli gruppetti di cani, che possono uscire a turni in aree recintate di dimensioni più grandi.
La maggior parte dei recinti è costruita all’esterno, ma tutti sono almeno parzialmente coperti.
Pannelli in legno o altro materiale isolante assicurano la protezione necessaria.
A volte alcuni recinti sono ricavati all’interno di vecchie case coloniche o di edifici rurali abbandonati, spesso adibiti a rifugio.
Anche quando i cani sono ospitati nelle stanze all’interno della casa, arredate con tappetini, divanetti e altri comfort, la sistemazione non è paragonabile alla vita del cane in appartamento.
Queste stanze sono praticamente vissute come recinti: i cani sono soliti sporcare nello stesso ambiente in cui vivono e il volontario che si occupa della pappa e della pulizia, al momento dell’uscita dei cani, provvede a lavare l’intera superficie e a raccogliere le cacche, dovunque esse siano.
Il comportamento naturale del cane
Tutti i proprietari che dispongono di un recinto in cortile o in giardino, dove sono soliti far dormire il proprio cane, avranno potuto constatare che, lasciando aperta la porta, questi non sporca mai dall’interno del recinto. Potendo usufruire del giardino il cane preferisce sicuramente quest’ultimo prediligendo determinate zone, solitamente situate ai confini dello stesso, in prossimità della recinzione che lo delimita.
Il che sta a significare che, potendo, il cane sporcherebbe ancora più lontano dal posto in cui mangia e dorme.
Anche i cani dei canili, potendo, depositerebbero i propri escrementi al di fuori del recinto in cui vivono. E di fatto lo fanno a ogni occasione.
Anche loro preferiscono la ghiaia al cemento e l’erba all’asfalto.
A volte, paradossalmente, i volontari dei rifugi si trovano a dover risolvere il problema opposto a quello che si presenta agli adottanti.
Capita cioè che alcuni cani, abituati alla vita in appartamento dal precedente proprietario, trovando analogia tra la pavimentazione in cemento dei recinti e il pavimento di casa, si rifiutino di sporcare nel recinto e si trattengano fino al limite della loro sopportazione.
I volontari più perspicaci capiscono quanto possa essere preziosa questa inclinazione ai fini di un futuro affidamento e cercano di fare il possibile per garantire la massima frequenza nelle uscite.
Non tutti però sanno apprezzare quest’eccesso di buona educazione. Più volte ho sentito diversi colleghi raccogli-cacche lamentarsi di quegli “sporcaccioni” che invece di farla nel recinto, vanno a insudiciare gli angoli più remoti e difficilmente accessibili del cortile.
“Sembra lo facciano apposta” – commentano – “l’hanno tenuta fino ad adesso e, appena li si libera…. trak.. la fanno”.
Effettivamente lo fanno apposta!
Ma non certo per fare un dispetto ai volontari, che preferirebbero lavare sistematicamente i recinti piuttosto che dedicarsi a una difficile caccia al tesoro passando al setaccio vari ettari di terreno.
Il fatto è che, in realtà, neppure ai cani piace vivere nella sporcizia.
A volte, però, non è purtroppo una sola questione di volontà dei gestori.
Nei canili il tempo è quello che è, e anche due uscite quotidiane (frequenza già difficile da assicurare) non sono sufficienti per garantire ai cani di svuotare la propria vescica ogni qualvolta ne sentono il bisogno.
Ne consegue che molti di loro, non resistendo e trovandosi in una situazione di costrizione, si liberano all’interno del recinto, spesso scegliendo la zona più vicina al punto che utilizzerebbero se fossero liberi di uscire.
L’urinazione da dominanza
Nel cane l’urinazione non è solo un fatto fisiologico, ma assolve anche a funzioni comunicative.
Per esempio è un segnale comunemente usato per esprimere dominanza.
Il cane dominante si sente in dovere di coprire con la propria urina tutti i punti precedentemente marcati dai conspecifici di rango inferiore. I soggetti più sottomessi, al contrario, non osano sfidare i superiori e scelgono di preferenza zone non utilizzate da altri in precedenza.
In occasione di distrazione dei “capi” non mancano le trasgressioni alle regole, nella speranza di elevare, almeno momentaneamente, la propria posizione nella scala gerarchica.
Una volta accortisi del sopruso, i superiori rimettono poi le cose a posto coprendo a loro volta col proprio odore.
Ne consegue che nei recinti che ospitano più cani dello stesso sesso, soprattutto quando si tratta di coetanei o non c’è una gerarchia ben consolidata, vi è un continuo alternarsi di esibizioni di marcatura.
Nei recinti meno grandi o con un certo sovraffollamento capita che i cani, agitandosi per la presenza di persone o altri cani all’esterno, finiscano per pestare le proprie deiezioni, trasportandone l’odore in ogni angolo del recinto. Anche sulle cucce, su cui saltano, sulle pedane di legno e negli stracci messi a disposizione come protezione dal freddo.
Ne consegue che in certi recinti non vi è un solo centimetro che non sia oggetto di marcatura da parte di questi incorreggibili piscioni.
La marcatura del territorio
Un’altra funzione comunicativa a cui è legata l’urinazione è la difesa del territorio.
L’incontro tra due maschi estranei con carattere equilibrato (ma anche molte femmine si comportano allo stesso modo) immancabilmente dà origine a una serie di rituali in cui la marcatura del territorio con l’urina ha un importante ruolo per l’attribuzione di un determinato stato sociale a ciascuno degli interessati.
Non appena i cani si vedono si avvicinano con incedere deciso, poi si fermano e si studiano a distanza.
Dopo di che si avvicinano fino al contatto fisico e mettono in atto un rituale di annusamenti reciproci ed esibizione di posture e atteggiamenti che rivelano i rapporti superiorità-inferiorità che si instaureranno.
Un’andatura fiera e rigida piuttosto che dinoccolata e giocosa, o il portamento alto o basso della coda, rivelano inequivocabilmente l’imposizione di una personalità dominante o l’accettazione della superiorità gerarchica altrui.
In ogni caso, alla fine del confronto, i cani si allontanano in direzioni opposte e sentono l’esigenza irrefrenabile di marcare il territorio.
Questo può avvenire in modo discreto, sollevando appena la zampa, o in modo spavaldo, marcando in più punti oggetti verticali e alzando la azampa fino al limite della propria statura, col proposito di arrivare molto in alto per dimostrare la propria imponenza. Sovente il tutto è accomagnato da altri comportamenti ritualizzati di sfida.
I cani scavano con le zampe posteriori e tengono i peli sulla schiena sollevati allo scopo di sembrare più imponenti.
Al di là dell’esito dell’incontro, che dipende appunto dall’accettazione reciproca del proprio status, a noi interessa notare che questi meccanismi scattano al momento della percezione di un maschio estraneo.
Sono coordinazioni ereditarie controllabili a fatica.
Un cane equilibrato non può sottrarsi dal fare ciò per cui madre Natura l’ha programmanto.
La rete di un recinto può impedire il contatto fisico tra i cani, ma non può impedirne la percezione reciproca e la conseguente necessità di attenersi alle regole di comunicazione della specie, marcando ripetutamente il territorio.
Ecco il motivo per cui i cani dei recinti di casa risultano essere più puliti rispetto a quelli ospitati nei canili.
Mentre i primi, solitamente, non vengono in contatto con conspecifici estranei al branco se non al di fuori del proprio territorio, i secondi sono esposti all’incontro con propri simili che non vivono con loro, parecchie volte nell’arco di una giornata.
Questo come conseguenza di molte abitudini gestionali dei canili, tra cui quella di far uscire a turno sullo stesso territorio cani che occupano recinti diversi.
Ogni volta che si pulisce un recinto e gli occupanti vengono fatti uscire, gli ospiti degli altri recinti vanno in agitazione.
Il loro istinto dice loro che dovrebbero confrontarsi con gli altri cani e mettere in atto tutta la serie di rituali descritti poco sopra. La rete però lo impedisce. Tutto cià che possono fare è la marcatura del territorio.
E lo fanno lì, nel posto in cui sono costretti. Marcano ogni punto loro accessibile adatto allo scopo, comprese cucce, muri e rete, non disegnando punti sopraelevati ai quali accedono saltando sulle cucce.
A loro volta i cani liberati dai propri box non possono fare a meno di lasciare il loro odore in tutti i punti precedentemente marcati dai colleghi.
E per questo, frequentemente urinano contro le reti degli altri recinti: se in prossimità delle reti vi sono ciotole, non è affar loro.
Come già detto in precedenza, ai cani non piace vivere nello sporco: ma alcune regole di comunicazione sono troppo importanti per non essere rispettate. Non possono farne a meno…e se non vi è la possibilità di fare in altro modo, la pulizia passa in secondo piano.
La rieducazione
Alla luce di quanto scritto, immagino che molti lettori si siano fatti un’immagine a dir poco catastrofica. Invece abituare un cane adulto alla pulizia non è una cosa complicata, nemmeno quando proviene da una situazione come quella appena descritta.
Ovviamente ci sono cani maggiormente predisposti a una apprendimento più rapido delle regole di vita cittadina.
Oltre alle abitudini consolidate da mesi (o talvolta anni) di permanenza in determinati ambienti, un ruolo rilevante lo possono avere l’educazione ricevuta (o non ricevuta), come pure gli apprendimenti acquisiti dalla madre nella prime settimane di vita.
I cuccioli nati in campagna, che hanno avuto la possibilità di allontanarsi dalla cuccia per le proprie funzioni fisiologiche, si abituano meglio alla pulizia rispetto a quelli cresciuti in un recinto di un allevamento e costretti a sporcare a pochi metri dal luogo adibito ai pasti.
Anche se i volontari del rifugio non fossero in grado di darci informazioni sul trascorso del cane che stiamo adottando, le regole da seguire sono comunque le stesse e sarà solamente una questione di tempi di risposta.
E’ ovvio che un cane che ha vissuto per lunghi mesi seguendo certe regole, in un primo periodo tenderà a ripetere ciò che ha meccanizzato.
Tuttavia passare da una condizione di innaturalità a una di maggior rispetto della propria indole è sempre una cosa abbastanza facile.
La situazione più difficile da gestire è quella che prevede l’adozione di un secondo cane, avendone già uno dello stesso sesso.
In questo caso, anche se si trattasse di soggetti molto tranquilli, è bene che l’incontro avvenga in territorio neutro, esterno all’appartamento. Eviteremo così che l’inevitabile marcatura del territorio fatta anche al solo scopo di presentazione avvenga tra le mura domestiche.
In un primo tempo, anche per molte altre ragioni di cui si parlerà in altra sede, è bene non lasciare i cani nello stesso ambiente in assenza del proprietario.
Al nuovo arrivato destineremo dapprima una sola stanza o un’area abbastanza limitata, da cui avremo tolto oggetti pericolosi o delicati.
Sarà stata nostra premura aver impedito l’accesso alla stanza al cane preesistente già un paio di settimane prima dell’arrivo del nuovo ospite.
Questi accorgimenti sono consigliabili, comunque, anche nel caso, di più facile gestione, in cui il nuovo ospite non debba condividere l’alloggio con altri conspecifici .
Si tenga presente che ogni oggetto nuovo, ogni cosa strana, ogni odore mai sentito, è per il nostro amico una forte tentazione per quanto riguarda la marcatura del territorio.
Meglio confinarlo in un primo momento in spazi limitati per poi concedere man mano che lo si educa l’accesso alle aree più a rischio di danneggiamenti, quando il cane avrà imparato un po’ alla volta ciò che è permesso e ciò che non è permesso fare.
Diamo il tempo al nostro ospite di abituarsi alla nuova condizione di vita.
Da solo o in compagnia di suoi simili, in ogni caso, il nuovo cane dovrebbe avere accesso all’appartamento al termine di una lunga passeggiata.
Al ritorno si entri nell’appartamento senza togliere il guinzaglio.
Con ogni probabilità il cane, specialmente se maschio, trovandosi in un ambiente tutto nuovo annuserà qualche oggetto di suo interesse e accennerà a marcare il territorio.
Non appena abbiamo capito le sue intenzioni, e prima che faccia danni, iponiamo un “no” e distraiamolo con un leggero strattone, premiandolo subito per aver obbedito.
Nel caso ci riprovi daremo uno strattone un po’ più deciso, sempre seguito da lodi in caso di obbedienza al divieto. Niente scapaccioni, non si sgridi, non si urli. Però fermezza e determinazione.
E’ importante stabilire le regole da subito, quando il cane è molto recettivo. Per il cane, oltretutto, il fatto che si impongano regole da rispettare è sinonimo di accettazione all’interno del branco.
Impedirgli di marcare il territorio significa, nel linguaggio canino, non accettare la sua supremazia e imporre la nostra. Cosa che al cane non dispiace affatto.
In realtà, in natura, la marcatura del territorio è compito del capobranco.
Se i cani se ne occupano in prima persona è solamente perché non lo facciamo noi, dimostrando di essere dei capi “imperfetti”.
E infatti i cani capiscono ben presto che noi non sappiamo attribuire il giusto significato a questo gesto, dal momento che accettiamo che un subordinato marchi il nostro territorio senza fare neanche una piega.
Se il padrone impedisce al cane di marcare il territorio, il cane resta quindi sicuramente impressionato positivamente. Ha davanti il primo essere umano mai incontrato in grado di capire a fondo il linguaggio canino.
Ai suoi occhi appare come una persona che aspira a essere capo e che dimostra di esserne all’altezza.
E’ il primo passo fondamentale ai fini dell’inserimento del cane come membro attivo e pensante della famiglia. Il cane lasciato libero di far ciò che vuole in realtà è un prigioniero domestico, un animale che vorrebbe stare “davvero” libero e che teniamo in cattività rinchiuso tra quattro mura.
Se non sente autorità, non sente vincoli e per questo si sente estraneo al branco, quindi a disagio.
Al contrario, se il cane sente che noi pretendiamo qualcosa da lui, percepisce la possibilità di interagire col branco a cui lui, animale sociale per eccellenza, ambisce ad appartenere.
I cani “troppo educati”
Alcuni cani hanno qualche difficoltà a capire che il divieto di fare pipì, che imponiamo loro, riguarda solamente alcuni luoghi.
Alcuni si convincono che il padrone interpreti la loro marcatura del territorio come una sfida o come un tentantivo di scalata gerarchica. Per questo estremizzano gli insegnamenti ricevuti e si rifiutano di evacuare in presenza del padrone. La tengono finché possono, cercando di farla di nascosto quando il padrone non li guarda…spesso in casa, purtroppo.
Infatti, quando il cane è fuori al guinzaglio, quasi sempre il padrone, impaziente di constatare il buon esito della passeggiata, non toglie gli occhi di dosso al cane. Quando infine, spazientito, rientra con un niente di fatto, libera il cane e si distrae.
Ed è allora che il cane ne approfitta.
Se ci accorgiamo che il nostro cane ha questi problemi è bene munirsi di un guinzaglio molto lungo per le passeggiate (o di una corda).
Oppure, se ci siamo accorti che il cane esegue già il richiamo, possiamo provare a liberarlo, magari lasciando il guinzaglio attaccato al collare per poterlo recuperare più facilmente (bisogna essere cauti con i cani appena adottati).
Si avrà l’accortezza di non guardare il cane, volgendo lo sguardo in altra direzione e fingendo di essere occupati in altre faccende.
Dopo che il cane si è liberato, comunque, lo si lodi per facilitare un’associazione positiva col comportamento corretto e fare in modo che il cane pian piano acquisti sicurezza e capisca che in certe occasioni non deve avere alcun timore.
La passeggiata fisiologica diventerà routine e il problema si risolverà in poco tempo, non appena il cane avrà assimilato i nuovi ritmi di vita e avrà inquadrato l’ambiente in cui vive.
E’ difficile, per un cane abituato a mesi di vita in spazi ristretti, considerare una grande casa come la propria tana. Ma quando questo avverà, per il cane sarà del tutto naturale mantenerla pulita.
Concludo con due raccomandazioni per i neofiti (si tratta infatti di cose che dovrebbero essere risapute):
a) una cosa che non dobbiamo mai fare è sgridare il cane per aver sporcato senza averlo colto sul fatto. Non capirebbe. Non può capire. E’ solo controproducente. Ci si limiterà a pulire e a togliere ogni traccia di odore.
b) la seconda cosa da non fare è rientrare dalla passeggiata non appena il cane si è liberato. Il cane assocerebbe l’espletamento delle proprie funzioni fisiologiche al rientro della passeggiata e di consegunza potrebbe trattenersi per prolungare questo momento piacevole. Si aspettino sempre almeno cinque minuti prima di rientrare. Meglio perdere cinque minuti oggi che aspettare per ore e invano domani.
Alcuni accorgimenti che permettono di consegnare cani ben educati alle famiglie adottanti
Anche i gestori dei rifugi, nel loro piccolo, possono contribuire almeno a formare cani maggiormente predisposti all’apprendimento delle regole di vita domestica.
Mi rendo conto che è sicuramente improponibile assicurare ai cani la possibilità di uscire dal recinto per svolgere le proprie funzioni. Lo si potrà fare solo con alcuni.
I cani solitamente sentono la necessità di evacuare appena svegli e dopo i pasti. Ma i cani si svegliano tutti alla stessa ora!
Gestendo un canile con un centinaio di cani, ovviamente, solo i cani che occupano i recinti che sono puliti per primi possono beneficiare della possibilità di allonarsi dalla propria dimora.
Gli ultimi a essere puliti difficilmente riescono a trattenersi.
Al momento del pasto invece, un ottimo accorgimento è quello di permettere una breve uscita al momento del ritiro delle ciotole. Un’occasione in più per uscire. E sicuramente una cosa gradita.
L’organizzazione ideale sarebbe quindi: grandi corse durante la pulizia del recinto a stomaco vuoto (che è anche meglio), poi la pappa dentro al recinto (associazione positiva col posto in cui vivono abitualemte) e infine giretto strategico al momento del ritiro delle ciotole. Tre occasioni per essere felici. Per un cane abbandonato non è poco.
Ma ci sono anche altri accorgimenti che possono essere di grande aiuto per evitare che i cani prendano cattive abitudini. Per esempio, un più attento studio dell’ergonomia dei recinti.
Il posizionamento del cancello d’entrata rispetto al principale centro d’interessi (cucina o ingresso del canile) o la disposizione delle cucce e delle pedane di legno all’interno del recinto sono particolari importanti.
All’interno del rifugio vi è infatti un centro d’interesse verso cui i cani sono attratti e verso cui si dirigono ogni volta che sono liberi.
La zona del recinto più vicina a questa attrattiva è la zona in cui i cani più frequentemente si soffermano e scelgono come area di sosta.
Posizionare le cucce sul lato opposto significa disincentivare l’utilizzo delle stesse, poiché capiterà sovente che i cani si accuccino sul pavimento nella posizione che meglio permette di osservare le attività degli uomini.
Anche l’area antistante il cancello è una zona molto frequentata, in quanto i cani hanno imparato che quello è il punto da cui si esce: per questo vi passano molto tempo ad aspettare l’arrivo di qualcuno che apra.
Posizionare le cucce molto vicine alla porta significa fare in modo che tutta la restante area resti pressoché inutilizzata, facendo sì che i cani si affollino in pochi metri quadrati.
Le aree preferite per i bisognini sono invece situate sul lato opposto a quello di ubicazione delle cucce, ancor meglio se vi è una zona confinante con eventuali aree verdi in cui i cani si recherebbero se fossero liberi.
Se vi è un lato o un angolo del recinto con pannelli che riparano dalle correnti d’aria, sarà bene sistemare in questo lato le cucce, proteggendole in questo modo anche dalla marcatura dei cani che vivono nei recinti adiacenti. Per lo stesso motivo, le ciotole non andrebbero mai posizionate vicino alla rete, ma di preferenza davanti alle cucce dove i cani istintivamente non sporcano. Si abbia solo l’accortezza di non intralciare l’accesso alle cucce ed evitare zone di passaggio dove sarebbe molto probabile il loro rovesciamento.
A volte basta davvero poco per rendere la vita dei cani nei rifugi accettabile, assimilandola a quella di molti cani che vivono in famiglia.
Sarebbe crudele assicurare (o imporre?) ai randagi la sola sopravvivenza senza occuparsi del loro benessere.
E’ importante garantire una vita più dignitosa: senza contare che, così facendo, si massimizza la possibilità che eventuali quanto auspicabili adozioni si concludano positivamente, con cani felici e padroni entusiasti che consigliano l’esperienza intrapresa a tutti i conoscenti.
Io ho un problema, ho adottato quella che sembrerebbe essere un bracco tedesco dal canile due mesi fa. Dovrebbe avere circa un anno o poco più e prima di essere portata in canile ha vissuto in strada. Premetto che avendo tre gatti e vivendo in appartamento all’inizio, per abituate i 4 alla convivenza, Bella, questo il suo nome, è stata tenuta al guinzaglio. Ora, da qualche settimana, abbiamo scelto di lasciarla libera di girare per casa. All’inizio della convivenza ha sempre sporcato durante le passeggiate, da quando è libera di andare dove vuole sporca in casa, fa anche la cacca, anche se siamo appena usciti “ne lascia un po” e la fa in appartamento. Io se la colgo sul fatto la sgrido molto e quando sporca fuori la riempio di complimenti ma non sembra sortire alcun effetto!! Come posso affromtare la cosa? Grazie
Laura, detto così non ci capisco abbastanza da poterti dare consigli: il cane ha decisamente associato la libertà dal guinzaglio all’idea di poter spisciazzare per casa, ma non riesco ad intuirne i motivi. Credo che dovresti rivolgerti a qualche bravo educatore nella tua zona, che possa vedere il cane, seguirne il comportamento da vicino e cercare di capire cosa le è scattato nella testa. Da lontano e senza vedere il cane io potrei solo buttar lì delle ipotesi che però lasciano il tempo che trovano.
ciao!cosa vuol dire quando il cane marca sulle gambe dell’umano?
Che lo considera una sua proprietà…esattamente come quando marca il territorio.
sicuramente sarà un problema comportamentale credo.Però non capisco perché un cane deve scambiare una persona per un oggetto o qualcosa di simile??
Non è propriamente un “problema” comportamentale: di solito deriva solo dal fatto che l’umano gli permette di farlo. Per il cane è un segnale di possesso (lo fanno anche con gli altri cani, mica solo con gli umani. Anche con altri animali). E non è che li scambino per oggetti: semplicemente, li ritengono umani (o cani, o gatti) di loro proprietà. Basta spiegargli che la cosa non è gradita, e solitamente smettono.
Poi c’è anche chi va raccontando in giro che pisciarti su una gamba è un segnale di pacificazione… ma lì siamo proprio alla fantascienza.