(Lunga) premessa
Affronto questo problema perché da diversi anni, ormai, si è sviluppata una vera paranoia per quanto concerne i cosiddetti “cani pericolosi”.
Ma il discorso “cani pericolosi” non è sempre e solo imputabile al “truzzo” di turno che volutamente sceglie la razza “tosta” e fa il possibile per renderla sempre più aggressiva.
Anzi!
In realtà la maggior parte dei casi di aggressione di cui si viene a conoscenza ci parla di famiglie “normali” e di contesti sociali “normali”…solo che, di punto in bianco, il rottweiler o il volpino o il meticcio di casa sembrano dar fuori di matto e mordono qualcuno.
Ed ecco il titolone in prima pagina: “Rottweiler (o altra razza a scelta) impazzito (il termine è d’obbligo, se non c’è ti segano il titolo) sbrana (bambino, anziano, postino…anche questo a scelta)”.
Se invece si trattava di un volpino o di un meticcio, il titolo del trafiletto in novantesima pagina recita (ammesso che lo reciti): “bambino morso dal suo cane”, fine.
Ma questo è un altro discorso, che riguarda la correttezza dell’informazione.
Ora, invece, andiamo un po’ a scavare dentro a queste notizie…e chiediamoci anche cosa c’è dietro.
Prendiamo come esempio il caso di una femmina di rottweiler che, qualche anno fa, aggredì un bambino e poi la madre accorsa in sua difesa.
Titoloni del giorno dopo: “Bambino e mamma sbranati da due rottweiler impazziti”.
Verità (che trapela solo da pochissimi trafiletti su pochi giornali, da cercare col lanternino):
a) i cani erano del nonno, che non viveva con mamma e bambino. Il maschio conosceva tutta la famiglia, la femmina no, perché era in quella casa da pochissimi giorni;
b) dei due cani, solo la femmina ha morso: il maschio non ha fatto assolutamente nulla;
c) è presumibile che un bambino di 4-5 anni, abituato ad avere un buon rapporto con il maschio che conosceva bene, abbia pensato di poter usare gli stessi trattamenti alla cagna. Può darsi che le sia saltata al collo, o magari in groppa, o vattelapesca.
Non lo sapremo mai, perché nessuno ha visto niente finché il bambino non ha urlato: ma è assai probabile che il bambino, in qualche modo, abbia scatenato una reazione comprensibile in un cane che era ancora spaesato, non aveva ancora una sua collocazione nel “branco famiglia” e si è sentito “aggredito” da un estraneo: e cioè un morso dimostrativo, che per la cagna significava “ehi, non fare così, mi dai fastidio”.
Teniamo infatti ben presente che il bambino ha avuto una lacerazione della cute: se un rottweiler decide di ATTACCARE davvero un bambino di cinque anni, il bambino all’ospedale non ci arriva vivo.
Questa cagna probabilmente intendeva dare al bambino un morsetto che a un cucciolo avrebbe fatto fare al massimo “cain”. Sulla pelle di un bambino, purtroppo, le conseguenze sono assai diverse.
d) è sicuramente presumibile (e comprensibile) che la madre, vedendo il figlio morso, abbia avuto una reazione inconsulta: sicuramente sarà corsa urlando verso la cagna, che altrettanto sicuramente si è spaventata (un’altra estranea che la attaccava!) e ha morso anche lei.
Bene (anzi, male): dato per scontato che le reazioni della cagna potrebbero avere una logica comprensibile…questo significa forse che si deve accettare con serenità il fatto che i cani mordano i bambini?
Certamente no!
Però vediamo di chi sono le responsabilità, visto che è accaduto un fatto che non doveva accadere.
Della cagna?
No, perché al di là del fatto che abbia avuto o meno le sue ragioni…un cane non ha senso morale, e non può sapere cosa sia giusto o sbagliato.
Della mamma?
Sì, in gran parte: perché non è assolutamente pensabile che un bambino di cinque anni venga lasciato senza sorveglianza diretta con un cane adulto sconosciuto. Che fosse un rott è poco importante: se era un jack russell e reagiva allo stesso modo, il bambino finiva nello stesso ospedale, perché un morso in testa è un morso in testa.
Un jack russell non sarebbe forse arrivato a uccidere il bambino, se avesse deciso di farlo: ma sta di fatto che neppure il rottweiler ha avuto alcuna intenzione di uccidere.
Quindi lasciamo perdere razza, taglia, pesi e misure: il bambino in quel momento doveva trovarsi vicino alla madre a parlare col nonno, e non “sguinzagliato” in presenza di un cane che non l’aveva mai visto prima.
Del nonno?
In parte sicuramente sì, visto che ha qualcosa come ottantacinque anni e che si presume poco idoneo al possesso di due cani che, volendo, lo portano a spasso come e quanto gli pare.
Ma dietro al nonno, chi c’è?
C’è – che ci piaccia o meno – la persona che gli ha venduto il cane: ovvero che ha messo una rottweiler di due anni, forse non socializzata con i bambini, in mano a una persona anziana con nipotini piccoli.
E allora io mi chiedo: questo venditore si è posto il problema di dove finiva questa cagna? Di chi avrebbe potuto incontrare? Di come sarebbe stata gestita?
Se non l’ha fatto, il primo responsabile è lui.
E non so se si trattasse di un allevatore, di un privato o di chi altri: ma so per certo che la stessa superficialità si riscontra in TROPPI allevatori conosciutissimi, con affissi roboanti e con le case piene di coppe.
Veniamo quindi alla famosa autocritica:
a) Perche si selezionano i cani, ma non i clienti?
Le “razze pericolose” non esistono, l’ho sempre detto e continuerò a ripeterlo in eterno: ma è indubbio che un “padrone pericoloso” riesca a fare più danni portando al guinzaglio un rottweiler piuttosto che un chihuahua.
Ma i “padroni pericolosi” sono di due tipi: quelli che cercano un’espansione a quattro zampe del loro machismo e quelli che, semplicemente, non sanno come si gestisce un cane.
Anzi, non sanno neppure “cos’è” un cane.
Allora, ai primi il cane NON VA DATO. Punto e basta.
A me non è sicuramente successo con gli husky….ma con i pastori tedeschi sì (anche perché, negli anni ’70, l’immagine del “cane tosto” era ancora lupoide e non molossoide).
Arrivava il signor X e cominciava a chiedermi cose tipo: “maaa…quanto peserà da adulto?”; “Maaaa…tra un pastore tedesco e un dobermann, chi è il più forte?”; “Maaaa…un cane così, se uno mi aggredisce, lo fa fuori, verooo?”
Non ditemi che questo genere di persone (e cioè i machomacho che cercano il cane “spaccatutto”) non si riconosce a naso, perché NON CI CREDO.
Si riconoscono eccome.
Solo che qualcuno di noi l’odore di machomacho non riesce a sentirlo, preferendo il profumo del libretto di assegni che il signor X tiene in mano.
E allora pensiamo: “ok, il tipo è ambiguo: ma che faccio, lo mando via? Tanto, se non compra il cane da me, lo compra da qualcun altro”.
Scusa comoda, vero?
Ma anche scusa del cavolo.
Perché se amiamo i cani grandi e dal carattere forte, e se li alleviamo perché li amiamo, dobbiamo anche prenderci la precisa responsabilità di metterli in mano a persone con la testa sul collo.
Altrimenti, affisso o non affisso, selezione o non selezione, coppe o non coppe, ci metteremo allo stesso identico livello dei cagnari che tanto disprezziamo.
Se all’ottantacinquenne-con-nipotino qualcuno avesse fatto notare che forse, invece di un adulto, sarebbe stato il caso di prendere un cucciolo…forse il nonno un pensierino ce l’avrebbe fatto.
E oggi il bambino, anziché una testa ricucita, avrebbe avuto un cucciolotto con cui giocare.
Quindi cominciamo a cacciar via i machomacho senza dargli il cucciolo (o, peggio che mai, l’adulto).
Cominciamo a fare i conti con la nostra coscienza, e non con quella degli altri.
Forse il signor machomacho andrà a prendere il cane altrove: ma intanto da noi non l’ha avuto.
E su dieci persone che se ne fregano, possiamo anche trovare quella che il pensierino ce lo fa, e magari rivede le proprie posizioni sul rapporto cane-virilità.
Utopia? Be’, sognare è lecito.
La realtà, comunque, è che se tutti gli allevatori tenessero questa linea di condotta, ai machomacho resterebbero meno fonti da cui comprare i cani.
E siccome resterebbero proprio le fonti che gli allevatori seri dovrebbero contrastare (primi fra tutti i soliti importatori di cuccioli dell’Est), si avrebbe un’arma in più per contrastarle, affermando con decisione che LORO danno i cani ai padroni pericolosi, e NOI no.
In questo modo potremmo anche recuperare credibilità e ottenere un maggior riscontro economico, andando così a bilanciare le possibili perdite che derivano da certe mancate vendite.
Perché…sapete dirmi quanti allevatori di cani da difesa, in questo momento storico, stanno incrementando le vendite?
Ben pochi, temo.
L’opinione pubblica è contro, la gente è in preda a una sorta di psicosi collettiva, tutti si tuffano sul golden o sul labrador perché “li fanno sentire più tranquilli”.
Oggi sono ben poche le persone che scelgono il rott o il pit bull, non fosse altro che per evitare di sentirsi rompere le scatole per strada ogni due metri da gente che li addita come proprietari di cani feroci.
E non è tutto, purtroppo.
Un’amica allevatrice di amstaff (DOLCISSIMI e assolutamente sicuri) mi raccontava questo aneddoto: aveva una cucciola prenotata da parte di una coppia di persone normalissime, carine e per niente truzze, addirittura animaliste.
Bene, queste persone, all’ultimo momento, hanno disdetto la prenotazione.
Perché? Perché il loro veterinario (notare bene!) li ha letteralmente terrorizzati dipingendo loro l’amstaff come “cane pericoloso”.
Il ve-te-ri-na-rio! Non il postino o il vicino di casa, ma una persona a cui si crede ciecamente quando ci parla di cani.
Ora, non credete che sarebbe abbastanza semplice convincere almeno i veterinari (che si presume amino i cani e che qualcosa ne capiscano) che i soggetti provenienti da un buon allevamenti NON sono paragonabili a quelli che arrivano dal primo cagnaro che passa?
Non credete che sarebbe fondamentale che i veterinari (e la gente tutta) sapessero che la differenza non sta solo nella selezione dei cani stessi, ma anche nella selezione dei CLIENTI?
Purtroppo, oggi come oggi, chi alleva razze dal carattere forte non vede arrivare troppe famigliole con bambini al seguito: siccome queste ultime hanno paura e vanno a comprarsi il labrador, quelli che bussano alle porte dei allevamenti di pit bull o rottweiler sono soprattutto i machomacho, attratti come il miele dalle notizie di cronaca che parlano di cani killer.
Perché loro, il cane killer, LO VORREBBERO.
E allora, per non rimetterci, qualcuno di noi glielo dà…diventando complice dell’incremento degli episodi di cronaca e alimentando la paura delle persone “normali”, nonché l’immagine negativa delle nostre razze.
Attenzione, è un circolo vizioso MOLTO pericoloso…che va fermato subito, prima che sia troppo tardi. Ma l’unico modo per fermarlo è selezionare i clienti.
2) Perché non si dice tutta la verità sulle razze?
Quando parliamo tra “addetti ai lavori” siamo tutti pronti a riconoscere che di certo non esistono razze pericolose…ma che esistono sicuramente cani inadatti a certe persone, a certe esigenze e a certe situazioni.
Qualsiasi cane, mal gestito, può diventare pericoloso: ognuno a modo suo.
Personalmente non darei mai un rott o un pit bull al machomacho di cui sopra…ma non lo darei neppure alla signora bacibaci che nel giro di due settimane si fa mettere le zampe in testa, si sottomette al cane e gli permette di prendere tutte le decisioni che vuole.
Non dico che quel cane morderà, sia ben chiaro: ma dico che potrebbe uscire di casa (per decisione sua) per fare le feste a un bambino che passa con la nonna, spiaccicandoli entrambi sull’asfalto per gioco.
Perchè la padrona bacibaci sarebbe incapace di richiamare il cane e di farsi obbedire prima che stenda nonna e bambino.
Ma provate a scrivere una cosa del genere su una rivista, per esempio.
Provate a dirlo in una trasmissione televisiva. Provate a dire che non tutti i cani sono “per tutti”…e chi saranno i primi a scagliarvisi contro inviperiti?
I proprietari di cani di quella razza?
Naaahhhhhh! Saranno gli ALLEVATORI!
Che sanno benissimo la verità sulle loro razze, ma non vogliono che sia detta.
Non vogliono che nessun potenziale cliente possa pensare neanche per un momento di poter comprare (e pagare) quel cane…perché rischiano di perdere una vendita.
E allora non siamo solo colpevoli di tapparci il naso davanti ai soldi del truzzone machomacho: siamo anche colpevoli di aver venduto un mastino napoletano alla vecchietta novantenne che avrebbe dovuto avere un chihuahua, ma anche di aver venduto il chihuahua al ragazzino incapace di trattarlo con le dovute cautele, e a cui sarebbe stato sicuramente più adatto il mastino napoletano.
Solo che, quando muore il chihuahua strapazzato dal bambino, la cosa non finisce sui giornali.
Se invece la vecchietta non riesce a trattenere il mastino napoletano e questo azzanna il sedere del postino, lo leggiamo a quattro colonne la mattina dopo.
Ma non sarebbe più semplice dire tutta, proprio TUTTA la verità sulle diverse razze, sui diversi caratteri e soprattutto su CHI si addice a CHI?
c) Perché si abbandonano i clienti dopo la vendita?
Per un allevatore che controlla, telefona, si informa su come cresce il suo cucciolo, consigliando i proprietari sul modo corretto di affrontare le diverse situazioni che gli pongono di fronte, ce ne sono dieci che, una volta messo in tasca l’assegno, si disinteressano della cosa.
Questo a me fa ribollire il sangue anche quando parliamo di chihuahua: perché un allevatore che sia davvero tale, e quindi ami i propri cani, non può infischiarsene di quello che succede dopo la vendita.
Se l’imbranato col pit bull al guinzaglio potrebbe far danni a una persona stimolando in mondo errato l’aggressività del cane, l’imbranato col chihuahua che non risponde al richiamo potrebbe ammazzare ugualmente qualcuno (oltre allo stesso cane) causandone la caduta in moto o in bicicletta.
Piccolo, grande, tranquillissimo o pieno di carattere che sia, il cane va gestito in modo corretto: altrimenti è “sempre” pericoloso.
Così come è pericoloso (per se stesso e per gli altri) un bambino lasciato senza controllo, che può cadere da un’altalena o far fuoco a una casa per il semplice fatto che – esattamente come il cane – non sa ancora cos’è giusto e cos’è sbagliato.
Cosa ci costa, santissimo cielo, dare una telefonata ogni tanto al cliente, e sentire come vanno le cose?
Quante volte scopriremmo che magari il cane sta diventando un po’ troppo aggressivo, o troppo litigioso…e con cinque minuti di spiegazione al telefono potremmo impedire guai da piccoli a seri?
d) Perché si seleziona solo in vista delle expo?
Alcuni Club ancora NON hanno neppure una prova di controllo sul tipo dello ZTP, e questo a mio avviso è assolutamente esecrabile.
Altri ce l’hanno…ma questo non è sempre risolutivo perché alcuni allevatori, invece di presentare allo ZTP (o chi per esso) solo i cani in cui credono davvero per la riproduzione, presentano i cani in cui credono per i risultati in expo.
E se questi cani “non” sono poi così tranquilli, così equilibrati, così sicuri? Si rinuncia?
Ma neanche per idea!
Si fa il possibile per passare la prova, a costo di barare!
E a volte ci si riesce, perché neanche il miglior giudice del mondo può valutare il reale impatto che ha avuto l’addestramento sulle reazioni di un cane.
Sappiamo tutti che qualsiasi cane “skizzato” può essere condizionato a restare buono e tranquillo dopo il condizionamento a determinate situazioni: quindi siamo pieni zeppi di cani che hanno superato divinamente bene gruppi, paletti & affini…ma che in situazioni a cui NON sono stati condizionati, come può essere il gruppo di bambini vocianti in un parco cittadino, hanno reazioni di tutt’altro genere.
Mettere in riproduzione questi cani solo perché sono belli, scusatemi, non è solo incosciente e irresponsabile: E’ CRIMINALE.
E la responsabilità non ricade sul giudice che si è lasciato ingannare: ricade sempre e solo sull’allevatore che l’ha ingannato volutamente, ben sapendo di avere in mano un cane che la riproduzione avrebbe dovuto scordarsela.
e) Perché si cedono cuccioli troppo piccoli?
Su “Ti presento il cane” c’è un articolo dedicato interamente a questo problema: se non l’aveste letto potete farlo adesso cliccando qui.
A quanto già detto aggiungo oggi le risposte a due obiezioni che mi sono state fatte nel frattempo: la prima arriva da un allevatore di dobermann che consegna anche cuccioli di 35 giorni accampando questa giustificazione: “la mamma li morde e non li vuole più, meglio che entrino subito in un branco umano”.
La seconda è quella della “sindrome da canile”, ovvero del problema di alcuni cuccioli rimasti troppo a lungo in un branco canino, e che diventano poi incapaci di rapportarsi correttamente con un branco umano.
Entrambe le obiezioni “sembrano” corrette, a prima vista, perché basate su fatti reali.
Le mamme dobermann (e non solo loro) non reggono più i figli dopo i 35 giorni, e la sindrome da canile esiste.
Ma signori miei…l’allevatore, in tutto questo, che ci sta a fare?
Nel momento in cui madre e fratelli esauriscono il loro compito educativo può essere sacrosanto che il cucciolo entri in un “branco umano”: ma NON in un branco di incompetenti che non sa quello che combina, e che non ha la più pallida idea delle esigenze psichiche di un cucciolo!
L’allevatore avrebbe il sacrosanto DOVERE di curare personalmente il passaggio del cucciolo dalla società canina a quella umana: dovrebbe essere sempre lui a imprintarlo, ma anche a cominciare a socializzarlo nel modo più corretto.
Ma siamo allevatori o commercianti di carne canina?
Lo scopo dell’allevamento selettivo è quello di produrre “eccellenti” in expo, o quello di dare cani sicuri ai nostri clienti?
Leggete con attenzione le righe che seguono, per favore:
“Un cucciolo di due mesi è un foglio bianco su cui l’uomo scriverà indelebilmente il suo comportamento futuro: siamo sicuri di volere che queste “note” siano scritte da persone incompetenti, inesperte e facili all’errore?
Tenere i cuccioli in allevamento per qualche settimana in più può cambiare la loro vita e quella dei loro proprietari: niente “bracci di ferro” per le pipì in casa o l’abitudine al guinzaglio, niente conflitti ma cani felici accanto a padroni soddisfatti…che, attenzione, non cambieranno più razza, né allevamento, per nessun motivo al mondo!
Mentre i nostri cuccioli impareranno da noi le preziose regolette del branco umano, inoltre, potranno socializzare con i loro simili proprio nel periodo in cui il cane, in una casa privata, solitamente non può uscire di casa perché non ha ancora finito le vaccinazioni. E mentre aspetta prende quasi immancabilmente cattive abitudini, oltre a perdersi un periodo importantissimo per i rapporti intraspecifici.
Nel nostro allevamento, in ambiente protetto, il cucciolo potrà invece rapportarsi con altri cani e non diventerà mai un adulto pauroso o aggressivo.
Nello stesso periodo noi, “lavorando” (e divertendoci molto) con i cuccioli, non solo potremo dar loro insegnamenti preziosi, ma potremo anche osservare il loro comportamento e le differenze individuali di carattere, che emergono soprattutto in queste settimane: così potremo scegliere con maggior sicurezza il cucciolo giusto per il cliente giusto.
A proposito di clienti: quello che aspetta tre mesi, anziché volersi fiondare a tutti i costi sul mini-cucciolo, dimostra la maturità e cultura cinofilia necessarie per essere un buon padrone.
Questa è una “selezione naturale” che ci permetterà di affidare i nostri cani solo a persone fidate.
Ma anche il futuro proprietario che scalpita per avere “subito” il cucciolo può essere “educato” dall’allevatore ad attendere il momento giusto: basta spiegargli che attendendo un po’ di più potrà avere mille problemi in meno, e che lo sviluppo psichico del cane avverrà in modo corretto, impedendogli di ritrovarsi tra le mani un soggetto pauroso o aggressivo. Chi direbbe di no?
Tutto questo non solo fa il bene di cani e padroni, ma impedisce anche a noi stessi di ritrovarci con cuccioli che tornano indietro (magari rovinati) e di dover affrontare discussioni penose o imbarazzanti risvolti economici.
Infine la possibilità di calibrare cibo, sole, moto, coccole e quant’altro per ogni cucciolo sulle basi della nostra esperienza, non lasciando che ad occuparsene siano persone che improvvisano, ci garantisce cuccioli “più sani e più belli”…e quindi un ritorno di immagine di primissima qualità.
La scelta di allevare è una scelta di grande responsabilità, ma in campo cinofilo c’è questa grande fortuna: consegnare cuccioli sani, belli ed educati è anche la migliore pubblicità che l’allevatore possa farsi. Che volere di più?
E se ci serve un mesetto per raggiungere pienamente questo risultato, perché non pensarci seriamente?
Non siamo produttori di cani, siamo “allevatori”: è ora di ridare a questa parola la sua vera importanza, distinguendoci dalla massa non solo per un affisso che ormai possiedono praticamente tutti, ma per la qualità del nostro lavoro“.
Vi sono piaciute? Le trovate corrette?
Bene, stano scritte sul numero estivo del notiziario del CCC.
Sì, avete letto bene: Club Cani da Compagnia.
Il che significa che le direttive, per chi alleva barboncini e chihuahua, sono quelle di preparare cani civili e in grado di non dare problemi alle loro nuove famiglie.
Chi alleva barboncini sì, dunque…e chi alleva cani da difesa no.
Vergogniamoci almeno un pochino, ok?
Conclusioni e ode ai “veri” buoni allevatori
Ho finito, almeno per questa volta (ma non finirà qui)!
Ho scritto moltissimo e sono stata cattivissima, quindi adesso devo specificare una cosa fondamentale: NON SIAMO TUTTI COSI’.
Ci sono tanti, tantissimi allevatori davvero seri che non rientrano in alcuna delle categorie descritte sopra: c’è un’infinità di gente che davvero si fa in quattro per mettere in circolazione cani equilibrati e per affidarli alle persone giuste.
Purtroppo…dovrebbero esistere SOLO loro. O almeno, solo loro dovrebbero potersi fregiare di un affisso ENCI.
Invece no.
L’affisso ce l’hanno, come si suol dire, cani e porci: cagnari e perfino importatori dall’Est.
E’ questa la vera vergogna, di cui si rende complice l’Ente che dovrebbe tutelare i cani di razza pura.
Esistono allevatori stupendi, che vivono per e con i loro cani, ed esistono allevatori che predicano benissimo e poi tengono i cani in cantine buie, o gli fanno passare la vita nei kennel, o pur di poter sfoggiare il megacampione si mettono in casa un cane (magari straniero) inavvicinabile, timidissimo o iperaggressivo, in grado di stare su un ring solo perché condizionato dall’handler ma ingestibile nella vita quotidiana: ma lo usano a tutto spiano in riproduzione, perché è BELLO.
Bello, bello BELLO. La parola magica, che apre le porte a coppe e coccarde, grandiosi specchietti per allodole coi libretti degli assegni al vento.
Ma la selezione dove sta?
L’allevamento “vero”, dove sta?
Il MIGLIORAMENTO delle razze, dove sta?
La verità, oggi, è che chi ancora lavora con competenza e passione si sta ritirando nell’ombra: la cinofilia ufficiale li respinge (perché produce pochi cuccioli e non le centinaia che vanno a rimpolpare le casse dell’ENCI), la gente non ha modo di riconoscerli (perché anche la pubblicità può permettersela soprattutto chi produce tanto e guadagna tanto, non chi produce BENE e guadagna poco) e perfino le riviste specializzate “cinofile”, quando li accettano, li sbattono nella stessa pagina del cagnaro che, non selezionando, può vendere a prezzi molto inferiori.
La nostra cinofilia se ne va in malora, questo è il punto.
E non c’è molto da fare, se non costringere almeno i Club a prendere provvedimenti, a esaminare i loro Soci uno per uno, a togliersi di mezzo quelli che si comportano in modo scorretto.
Ma i Club avrebbero i mezzi e il potere per porre delle regole.
I Club POSSONO liberarsi dalla zavorra, possono togliere la qualifica di Socio agli allevatori indegni di tale nome. I Club potrebbero diventare i veri tutori delle razze canine.
Bisogna solo vedere quando e se ne troveranno anche il coraggio.
NOTA: questo articolo è stato scritto nel 2002. Ancora una volta mi sono trovata “costretta” a non cambiare una virgola, perché purtroppo le cose scritte allora restano valide ancor oggi.
Le foto illustrative sono le stesse di allora (per questo appaiono anche cani con code e orecchie tagliate): i cani ritratti appartengono tutti ad allevatori serissimi.
OT per McZooc:in queste risposte tutti tranne te abbiamo messo la faccia (vedi link del nome).
Prima di fare polemica su una mia frase sarebbe carino lo facessi anche tu.
E che fossi a conoscenza di cosa allevo.
Poi potremmmo parlare di dominanza o attitudine alla dominanza qualsivoglia.
Ma guarda quante vecchie faccieeeee! 🙂
In merito ad una delle scusanti trovate per dare via i cuccioli troppo presto (quella della madre che aggredisce i cuccioli perchè stanca di essere assalita da “sanguisuge dentate”) vorrei fare una precisazione soprattutto per chi non alleva e quindi potrebbe aver fiducia in questa che per me è follia.
Questa storia è una di quelle che più odio perchè ha un fondo di verità solo se la madre viene vista nel suo ruolo e senza il minimo rispetto del suo essere.
Le madri si “rompono” anche prima dei 35 giorni. Salvo eccezioni, è normale, che verso i 20 giorni, quando spuntano i primi dentini (per le piccole taglie mi riferiscono che i denti arrivino dopo e quindi presumo sia tutto spostato nel tempo) le mamme inizino a stancarsi e infatti il loro diminuire l’allattamento o la loro insofferenza per questo (possono arrivare anche ad avere le mammelle segnate da unghiette e dentini in questo periodo)coincide appunto con la fase di svezzamento.
L’insofferenza, che può arrivare anche a reazioni non proprio “carine” nei confronti dei cuccioli, c’è però SOLO quando non viene dato un giusto riparo alle madri, ossia, un luogo irraggiungibile per i cuccioli in cui le mamme possono stare tranquille a loro discrezione!
Queste reazioni io le sento però raccontare regolarmente da allevatori che hanno mamme e cuccioli chiuse in un recinto o in una stanza vuota spacciandomi tutto per “normale” e “naturale”. Ma cosa può esserci di “naturale” quando la mamma è in condizioni assolutamente NON naturali?
Io invece affermo che, se le mamme sono libere, hanno almeno un posto alto in cui salire, questo problema non sussite perchè o io ho femmine sante, oppure il problema stà tutto lì…e ne sono convinta!
Anche quando i cuccioli sono più piccini (esclusi i primi giorni), le mamme si prendono i loro spazi uscendo dalla cassa parto e sdraiandosi magari a fianco.
Quando i cuccioli sono più grandi, e sono in grado di seguirle (i miei ad es. intorno ai 25/30gg), se non ce l’hanno già, bisogna semplicemente fornire alle madri un posto in cui potersi riparare quando non hanno voglia di giocare, allattare o farsi “torturare”.
Se questo viene fatto, le mamme NON arrivano ad avere brutte reazioni con i cuccioli e NON si stancano perchè sono LIBERE di potersi anche fare gli affari propri quando non ne hanno voglia!
Se una madre è comunque aggressiva con i suoi piccoli tanto da poter essere pericolosa…beh, che sia la sua prima e ultima cucciolata perchè di “normale” non c’è proprio nulla!
Sono consapevole che scrivendo questo, strò sulle scatole a molti allevatori, ma io sono troppo convinta di quello che ho asserito, perchè o io ho tutte mamme sante martiri, oppure, il motivo è solo e tutto in quello che ho detto….provare per credere 😛
Ciao Valeria, bentornata! Ci sei mancata!
Ho letto con grande interesse il tuo articolo e concordo profondamente con te soprattutto quando parli di “selezione” del cliente. Si dovrebbe cercare sempre di formare le “giuste coppie”, allevare è un’attività di grande impegno morale sia nei confronti dei cuccioli, che non verrebbero al mondo senza il nostro intervento, sia nei confronti del branco umano che ha il diritto, oltre ad avere un cane bello e sano, anche di avere un cane ben socializzato. Prendere un cucciolo significa avere di fronte a se una prospettiva di 10/15 anni (mediamente, a seconda della razza) di vita da condividere insieme e questa condivisione deve portare gioia e gratificazione per entrambi, non problemi, ansie e panico. A tal fine cercare di individuare la “coppia giusta” è fondamentale. Altrettanto concordo con te sui tempi di permanenza del cucciolo in allevamento, tenere i cuccioli un pò più a lungo dei 60gg canonici, ci ha fatto constatare che acquisiscono una maggiore stabilità caratteriale e certe potenzialità del carattere si confermano in via pressocchè definitiva. Spezzerei però una lancia a favore dei Club di Razza, i Club non hanno il potere di fare granchè, almeno per la nostra realtà, il potere del Club è nel diffondere sempre di più una corretta cultura cinofila, ma è auspicabile che abbia diritto ad una maggior tutela .
Io sono sempre in contatto con l’allevatrice della giovane e l’ho sempre trovata molto disponibile all’aiutarmi.
Dimenticavo: ci separa mezzo globo terracqueo!
eccola la Valeria che conosciamo ! grazie per dar voce a noi poveri imbecilli che facciamo selezione sul cliente.. :* :*
Ho letto l’articolo con molta attenzione e condividendone in pieno le linee guida. In effetti, anche se non sono un allevatore e sono alle prese con la mia prima cucciolata di razza(fatta seguendo i consigli di allevatori competenti e preparati) ho sentito davvero la pregnanza di questo problema. L’ho anche toccato con mano, inaspettatamente debbo dire. Dare una famiglia giusta al tuo cucciolo non è la parte più facile, quella che viene dopo…..ma anzi!! Significa mettersi in gioco molto, rinunciare a volte a vendere, correre il rischio che ti rimanga qualche cucciolo in casa, ecc… Ritengo che lei abbia toccato una delle corde più delicate e sensibili del problema. Fermo restando che anche facendo mille domande e cercando di conoscere al meglio le persone non tutto si può sapere, è certo che molto si potrebbe e dovrebbe fare… Cerco e cercherò di fare del mio meglio.
Un cucciolo di due mesi e mezzo dominante? :-))
Vabbe’, tornando in topic, Valeria, in questi anni mi e’ capitato di interloquire con addetti ai lavori di altri paesi e più o meno tutti riferiscono problemi simili
Discutevo ancora stamattina che solo gli scandinavi sembrano salvarsi, pero’ hanno un approccio alla cinofilia completamente differente: ad es in Svezia cane con tendenza ad aggredire i bambini –> tanax
@McZook: gli esseri umani (purtroppo) sono uguali dappertutto. Però, in diversi Paesi civilizzati, i Club vigilano di più. Che poi i cagnari ci siano ovunque, è un dato di fatto: ma o non sono iscritti ai vari kennel club, società specializzate ecc., oppure non sono ancora stati beccati a “cagnareggiare” (succede, ovviamente). Ma se li beccano, almeno a certi livelli, li sbattono fuori.
Qui i cagnari cagnereggiano non solo col benestare, ma a volte proprio con la complicità di Ente e Club.
Per quanto riguarda i Paesi nordici, è verissimo: hanno la soppressione facile (e fosse solo per i cani che aggrediscono i bambini! basta mooolto meno). In compenso sono molto “gentilisti” nei metodi educativi: il che continua a farmi pensare che il gentilismo si accoppi un po’ troppo volentieri col tanax, ma questa forse è una paranoia mia 🙂
Come sempre concordo in tutto.
Anche con i cuccioloni cresciuti nell’allevamento stile famiglia:ho un mio cucciolo di cinque mesi che andrà nella sua nuova famiglia questo sabato.
A due mesi ero preoccupatissima per lui perchè era dominante e aggressivo con tutti i suoi simili ora grazie al lavoro che abbiamo fatto io e i miei cani adulti è diventato equilibrato e sono orgogliosa e fiera del mio “ragazzo”.
Sopratutto sono certa che regalerà gioia e non problemi.
@Sylvie: anche per te vale l’invito a collaborare, mandare articoli, storie, foto… insomma, TPIC è apertissimo a tutti gli allevatori seri!
Ben tornata Vale! leggendo mi rendo conto di quanto sei mancata! e quanto hai ragione!
Ciao Ste’! Grazie del “bentornata”… ma aspetto anche tue notizie, foto e quant’altro! Gli allevatori seri sono tutti caldamente invitati a collaborare 🙂