Vorrei raccontare dopo tanto tempo dalla sua scomparsa la mia amicizia con Nicolino, allevatore e addestratore di pastori tedeschi. Penso d’altra parte che a nessuno possa interessare la storia di un ormai vecchio e stanco, negli ultimi anni, allevatore e dei suoi “di Carignano”. Forse ai pochi fortunati che come il sottoscritto hanno avuto uno dei suoi cani, frutto di un lavoro di selezione serio e mirato negli anni a privilegiare la psiche oltre alla morfologia (i suoi ne avevano da vendere: pronti, vigili, facili ad apprendere e con un gran cuore).
Allora preferisco ricordare a tutti gli amatori del pastore tedesco una tragica vicenda conclusasi positivamente grazie a un cane nato presso il suo allevamento: ZACO DI CARIGNANO.
Ceduto al suo amico Alberto del soccorso alpino, al quale fornì forse in segno di buon augurio anche la “lunga”. Aveva già colto in quel soggetto le caratteristiche adatte al cane da lavoro e Nicolino raramente sbagliava perché conosceva alla perfezione i frutti del suo allevamento e il futuro dei suoi cani non era quasi mai un’incognita.
Infatti ZACO diventò un cane famoso, salito agli onori della cronaca e ospitato nelle trasmissioni televisive di quel periodo, come: “Rischiatutto”.
Ecco la storia che ne fece un eroe insieme al suo proprietario e conduttore Alberto, narratami più volte da Nicolino e presentata dalla trasmissione RAI “All’ultimo minuto”.
12 MARZO 1972
Il paese di Macugnaga ai piedi del Monte Rosa è sommerso dalla neve ed è isolato da un’enorme valanga.
Renato (del soccorso alpino): “Da 23 anni ormai registro quotidianamente le precipitazioni nevose di questa località e quello è stato un inverno di massimo accumulo della neve. Eravamo sommersi dalla neve, alcune valanghe erano arrivate in prossimità dell’abitato e anche gli impianti di risalita avevano dovuto chiudere. Ai turisti non restava altro che restare chiusi in albergo o fare qualche passeggiata nelle zone ancora sicure dal pericolo di valanghe”.
John e Margaret: due turisti canadesi non si sono rassegnati a rimanere bloccati chissà quanto tempo, le loro vacanze sono quasi finite e vogliono andarsene.
John: “Ci restavano solo 5 o 6 giorni prima che l’aereo ci riportasse in Canada, così verso mezzogiorno ci siamo mossi dall’albergo”.
Con gli sci ai piedi John e Margaret si avviano, sono ben equipaggiati, abituati alle situazioni di emergenza.
John: “Usciti dal paese siamo scesi per l’unica strada che attraversa questa valle molto stretta, sapevamo che dopo qualche chilometro una valanga l’interrompeva, volevamo provare a superarla, insomma cercavamo in ogni modo di uscire da quell’isolamento”.
Dopo 5 km. di strada John e Margaret s’imbattono nella valanga.
John: “Quando siamo arrivati dove c’era questa grande valanga, proprio li sopra abbiamo trovato tre signore che camminavano tranquillamente”.
La presenza delle donne tranquillizza John e Margaret che decidono anche loro di attraversare. John, esperto di montagna, prende comunque delle precauzioni.
John: “Ho pensato fosse più sicuro tenere delle distanze tra di noi. Io camminavo 10 m. dietro le donne e Margaret 10 m. dietro di me. Era tutto troppo calmo, c’era troppo silenzio, avevo la sensazione che ci fosse qualcosa che non andava”.
Scende infatti in quel mentre un’enorme valanga.
John: “In quegli attimi ho pensato a correre più che potevo, poi mi sono girato e Margaret non c’era più .Era come se fosse stata uccisa da una macchina: lei attraversa e passa una macchina che la travolge”.
Dalle cime si staccano altre valanghe, bisogna andarsene al più presto, su tutta la zona incombe una minaccia mortale. I tre si precipitano a chiamare i soccorsi.
Renato: “Verso l’una ricevo una chiamata: “Presto, urgono uomini perché c’è una persona che è stata sepolta dalla valanga”.”.
E’ proprio la squadra di Renato, partita da Macugnaga, ad arrivare per prima sulla valanga.
Renato: “Era veramente molto grande, perché non era una sola valanga, ma era un accumulo, un sovrapporsi di numerose valanghe che erano poi fluite l’una sull’altra”.
I soccorritori su questa enorme massa di neve individuano tre flussi, cioè tre valanghe minori, più recenti.
Nel frattempo arrivano altri soccorsi,da Macugnaga una squadra di sondatori e da Domodossola un’unità cinofila: il conduttore è Sergio.
Renato: “La chiamata è arrivata verso le 13.00, io alle 14.00 ero già sulla valanga”.
La squadra si prepara, 2 soccorritori devono controllare che non si stacchino altre valanghe.
Renato: “Abbiamo cominciato a dislocare qualcuno di vedetta per la sicurezza degli uomini e l’esplorazione è incominciata con le operazioni di sondaggio”.
Si cerca sull’ultima colata della valanga, sperando sia quella giusta.
Renato: “Il dubbio comunque rimaneva e io insistevo per poter essere messo in contatto coi testimoni oculari dell’incidente”.
La zona da battere è molto vasta, il tempo passa e le speranze di trovare in vita Margaret diminuiscono.
Renato: “Era dura. Le statistiche sono chiare. Già dopo un’ora le possibilità di sopravvivenza sono ridotte al 15%, dopo 2-3 ore si abbattono al 4-5%”.
Alle 3 del pomeriggio finalmente John e le tre donne sono sulla valanga.
La scoperta è drammatica: la colata che ha seppellito Margaret è la prima e non l’ultima.
Renato: “ Si è dovuto riprendere tutta l’organizzazione e spostare tutti i gruppi di uomini e ricominciare tutte le ricerche, cane compreso”.
Ora si cerca nella zona giusta, ma il sole sta ormai calando, resta poco tempo per cercare, molti disperano.
John: “Ero molto legato a mia moglie, eravamo felici insieme e in quegli istanti non potevo fare niente per lei. Ero molto triste”.
Si fa buio. Sul versante opposto le sentinelle non possono più avvistare eventuali nuove valanghe. La vita degli stessi soccorritori è in pericolo. Bisogna abbandonare immediatamente la zona.
Renato: “Mi si stringeva il cuore dirgli: dobbiamo interrompere. Ma lui ha risposto: “Mia moglie è una donna forte, se è viva ce la farà”.”.
Anche Renato spera ancora. Telefona a un suo amico, Alberto, che possiede un altro cane da valanga: Zaco.
Renato: “Alberto aveva un rapporto incredibile con Zaco. Anni prima un suo amico era morto in valanga e da quel momento lui aveva preso Zaco e l’aveva addestrato. Zaco era un cane di una serietà incredibile, se così si può dire di un cane. Sembrava che ascoltasse con la massima attenzione Alberto e poi eseguisse per filo e per segno le istruzioni. Per questo io insistevo che venisse”.
Margaret è sepolta da più di 8 ore e ne devono passarre altre 12 prima che le ricerche riprendano. Di notte scendono altre valanghe che ricoprono ancora di più il suo corpo.
Renato: “Al mattino siamo partiti per trovare una salma, le statistiche ce lo insegnavano, non c’è la possibilità di credere altrimenti”.
All’alba sono pronte 2 squadre di sondatori. Renato e John nutrono ancora delle speranze.
Renato: “La domenica eravamo di più. Erano arrivate altre squadre dai paesi vicini e io contavo sull’arrivo di Alberto e del suo cane Zaco”.
La strada è stata liberata e Alberto è riuscito a partire. Deve percorrere più di 300 Km. di strade di montagna. Le ricerche si concentrano nella parte centrale della zona della zona delimitata. Anche John partecipa.
Renato: “Gli ho chiesto di sondare, proprio per dargli un impegno, per tenergli la mente occupata, mi è sembrata la cosa più giusta”.
John: “Il secondo giorno ho aiutato, mi hanno dato una sonda e ho lavorato come gli altri, volevo trovare Margaret”.
Renato: “La presenza di John era uno stimolo: è qua! Non posso abbandonarlo dicendo: “Basta è finita, questa primavera te la tireremo fuori, verrai dal Canada a portartela via”. Anche questo volevo evitare”.
Sono 26 ore che il corpo di Margaret è sepolto, nonostante gli sforzi dei soccorritori. A metà strada Alberto è di nuovo bloccato.
Renato: “ Verso l’una mi chiama mia moglie: “Ha telefonato Alberto, è vicino a Torino e ha rotto la macchina, chiede se deve ancora venire”.
“Che venga! Che venga!”.
Gli uomini sono stanchi, sfiduciati.
Sergio (appartenente al gruppo cinofilo dei soccorritori): “ Il cane non lavorava, era spompato, ormai l’avevo spompato io, vedevo proprio che quando dicevo cerca, lui mi guardava come dire: “Cosa devo cercare?”.
E’ di nuovo buio. Le vedette comunicano che si deve abbandonare la zona. Un’altra giornata di ricerche senza risultati, eppure Margaret è li, sotto di loro.
Renato: “Ero disperato. Dico francamente che quella sera quasi piangevo”.
Per non lasciare un’altra notte John da solo, Renato si avvia con lui.
Renato: “Stavamo completando la cena, erano ormai le 9 di sera, quando finalmente arriva Alberto”.
Renato non vuole lasciare nulla di intentato. Subito convoca le 2 vedette per l’alba del giorno successivo. Poche ore di riposo e all’alba si ricomincia.
Renato: “Verso le 5 e mezza ci siamo messi in moto, circa alle 6 siamo arrivati sul posto”.
Le vedette hanno già raggiunto la loro posizione, anche John viene mandato di sentinella.
Renato: “Era per tenerlo lontano, perché se per caso avessimo localizzato la donna, al limite volevamo rendergliela un poco più presentabile nel momento in cui potevamo chiamarlo per metterlo di fronte a un cadavere”.
Si prova a cercare nelle zone meno battute nei giorni precedenti.
Renato: “Abbiamo cercato una mezz’oretta più in basso vicino all’acqua, ma niente! Zaco sembrava distratto. Così Alberto gli ha messo un guinzaglio ( la lunga ) e zig-zagando siamo risaliti”.
Alberto: “Io ero proprio amareggiato e anche deluso di come si era comportato il cane, perché insomma non avevamo trovato niente. Allora parlavamo appunto con Renato sul da farsi e mentre eravamo li, il cane se ne è andato proprio per i fatti suoi”.
In un certo punto della valanga Zaco inizia a scavare.
Alberto: “E’qua! E’ qua!”.
Renato: “Dice Alberto: “Ha sentito qualcosa!”. Avevamo solo una pala, io non potevo aiutarlo, così con la macchina fotografica ho documentato la sequenza. Qualche istante dopo si tuffa in questa cavità che sarà stata grossa giusto per fare passare una mano e incomincia a palpare sotto e poi lancia un urlo: “E’ viva! E’ viva!”.”.
Renato: “Era completamente rigida, possiamo dire la parola: cadaverica. Era bianca, fredda, bagnata marcia”.
La resistenza di Margaret rasenta l’incredibile.
E’ stata 44 ore sotto la neve, è così rigida che i soccorritori non riescono a piegarle le articolazioni, eppure è ancora viva. Dopo alcune ore in ospedale è gia cosciente.
John: “Alberto è quello che ha trovato mia moglie, a lui devo il massimo, però d’altra parte se non ci fosse stato Renato, Margaret sarebbe morta. Non so proprio chi scegliere tra loro!”.
Questa è una vicenda conclusasi inaspettatamente in modo positivo, aggiungerei io per merito di Zaco, nato nell’allevamento “di Carignano” di Nicolino. Inoltre Margaret ha una lucidità impressionante nel momento dell’impatto con la valanga, infatti appena sommersa, temendo di perdere i sensi, si sfila le lenti a contatto e con la parte metallica del portamonete, che non abbandonerà per tutta la vita, si scava una piccola nicchia. Ora non le rimane che aspettare: pur udendo, prima di svenire, le voci provenienti dall’esterno, i soccorritori non sentono le sue urla. La neve riesce a far questo, solo per Zaco non ha misteri: non può trarlo in inganno.
Molti protagonisti di questa storia, per primo Zaco, non ci sono più: ma resteranno nei cuori di chi ama la montagna, la gente semplice e spontanea che la popola, i cani che danno tutto per colui a cui hanno ceduto il cuore.
Io spero un giorno di ritrovare tutti i miei: quelli che sin da bambino mi hanno accompagnato e fanno parte ognuno di un periodo della mia vita, costellata di eventi felici o tristi che furono.
Mi piace, di fronte a tanti sacerdoti e all’attuale pontefice che nega agli animali un’anima, ricordare e fare mie le parole di papa Paolo VI che per consolare un bimbo che aveva perduto un suo animale affermò: “Gli animali sono la più piccola parte della Creazione Divina, ma noi un giorno li rivedremo nel Mistero di Cristo” .
Lino Anfosso
Leggendo l’articolo ho sentito gelarmi la schiena e un’emozione forte mi ha pervaso. Avevo 10 anni era il mese di agosto 1972 ed ero a Macugnaga, meta invernale ed estiva della mia famiglia. E’ li che ho conosciuto Zaco, un nome ed un cane che non scorderò mai. Possiedo 3 fotografie di Zaco, ritratto dalla Leika Flex di mio papà durante la manifestazione nella piazza di Macugnaga per il ringraziamento al Soccorso Alpino e a Zaco. Che bel ricordo. GRAZIE https://uploads.disquscdn.com/images/d7388cd6a04dc153490e1164238b38f6712e86b5b2667b50d97aa7f1594c9ea0.jpg https://uploads.disquscdn.com/images/bab4e09b4b074cdd0a1f79748896c1f8465969a9a6c3320fe95d4949ac7f65b6.jpg https://uploads.disquscdn.com/images/b5ea30508942fcf2c985f6043c84b8b3846951a3d88da682bfb4a6c396b5813a.jpg .
Ho la fortuna di conoscere Alberto, di essere sua amica e di aver sentito raccontare dalla sua voce, ancora vibrata di emozione dopo tanti anni, quanto accaduto nel 1972.
Alberto, che ancora adesso a quasi 82 anni, è persona dalla fibra fortissima, è stato mio maestro di scialpinismo.
A lui io e innumerevoli altri allievi dobbiamo tanto, ci ha trasmesso la passione, l’entusiasmo, la tenacia, con il suo esempio di impegno e generosità.
Che lui abbia imparato dai suoi cani?
stupendo, grazie a Zaco, ma grazie anche alla sensibilita’ di Renato che ha voluto li Alberto ed il suo cane, al suo rispetto per la vicenda e la delicatezza verso il marito di Margaret..non ho parole, questi sono UOMINI.. grazie a voi tutti un lieto fine… ( e tante lacrime per me!)
Bel racconto!!