mercoledì 22 Gennaio 2025

Ti presento il… Tibetan Mastiff

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Valeria Rossi
Valeria Rossi
Savonese, annata ‘53, cinofila da sempre e innamorata di tutta la natura, ha allevato per 25 anni (prima pastori tedeschi e poi siberian husky, con l'affisso "di Ferranietta") e addestrato cani, soprattutto da utilità e difesa. Si è occupata a lungo di cani con problemi comportamentali (in particolare aggressività). E' autrice di più di cento libri cinofili, ha curato la serie televisiva "I fedeli amici dell'uomo" ed è stata conduttrice del programma TV "Ti presento il cane", che ha preso il nome proprio da quella che era la sua rivista cartacea e che oggi è diventata una rivista online. Per diversi anni non ha più lavorato con i cani, mettendo a disposizione la propria esperienza solo attraverso questo sito e, occasionalmente, nel corso di stage e seminari. Ha tenuto diverse docenze in corsi ENCI ed ha collaborato alla stesura del corso per educatori cinofili del Centro Europeo di Formazione (riconosciuto ENCI-FCI), era inoltre professionista certificato FCC. A settembre 2013, non resistendo al "richiamo della foresta" (e soprattutto avendo trovato un campo in cui si lavorava in perfetta armonia con i suoi principi e metodi) era tornata ad occuparsi di addestramento presso il gruppo cinofilo Debù (www.gruppodebu.it) di Carignano (TO). Ci ha lasciato prematuramente nel maggio del 2016, ma i suoi scritti continuano a essere un punto di riferimento per molti neofiti e appassionati di cinofilia.

Miei fedeli lettori, gioite pure: presentandovi questa razza NON vi metterò in guardia contro negozi, fiere e cucciolandie. NON vi dirò di andare sempre e solo in un buon allevamento, insomma NON vi annoierò con l’ennesima tirata anti-cagnaro.
Ma non certo perché questa razza mi stia antipatica, e quindi non mi interessi la fonte a cui rivolgete per l’acquisto!
No, il motivo è molto più semplice: sarebbe un discorso inutile, perché i cagnari non trattano praticamente mai il Tibetan mastiff.
E sapete perché?
Perché le femmine di Tibetan, proprio come le loro antenate lupe, vanno in calore una sola volta all’anno: quindi è impossibile sfruttarle e metterle a riprodurre “in catena di montaggio”.
Se poi aggiungiamo il fatto che la razza è ancora molto rara, e che le richieste di cuccioli non sono molto numerose…ecco spiegato il mistero.
Niente cagnari, niente mode: e se è vero che questa razza è tutta da scoprire (o forse da “ri”scoprire) e che meriterebbe un numero più alto di appassionati, è anche vero che dal punto di vista cinofilo potrebbe stare benissimo così.
Infatti è curata e coccolata da un piccolo gruppo di Allevatori con la “A” maiuscola, che selezionano con la massima cura sia i cani che i clienti; i soggetti presenti in Italia sono belli, sani e con il carattere tipico della razza.
Insomma…non spargiamo troppo la voce, per carità! Ma se volete un cagnone da montagna bello, leggendario, rustico e robusto… be’, vi consiglio proprio di fare un pensierino su questa antichissima razza.

ORIGINI E STORIA
Il mastino tibetano, per secoli, è stato considerato il progenitore di tutti i molossoidi del mondo.
Studi più recenti tendono a smentire questa ipotesi, perché pare che cani di grande taglia si siano sviluppati contemporaneamente in diverse parti del mondo; ma questo non toglie nulla al fascino di una razza davvero antichissima, di cui si hanno tracce certe fin dal 1100 a.C.
E’ celeberrima la descrizione che ne fece Marco Polo nel ‘200, quando parlò di “un cane grosso come un asino e feroce come una belva”: in realtà le dimensioni dei cani dell’epoca sono tutte da stabilire (ricordiamo che in Tibet esiste una razza di asinelli nani, simili a quelli sardi; e poi Marco Polo non è mai stato famoso per la sua stretta attinenza ai fatti…), mentre pare che il carattere fosse davvero molto “tosto”.
I primi soggetti arrivati in Europa – e precisamente in Gran Bretagna – all’inizio dell’800 vennero collocati addirittura…allo zoo di Londra, proprio come se fossero belve!

Ovviamente bisogna pensare, però, alla vita che conducevano quei cani, legati fuori dalle porte o dalle tende, mai socializzati, anzi aizzati regolarmente contro qualsiasi estraneo.
I pastori nomadi che li allevavano fin dall’antichità li chiamavano “Do-Khyi”, ovvero “cani legati” (il nome è rimasto anche oggi, in alcune parti del Tibet), proprio perché stavano sempre legati alla catena per fare la guardia; ma così sarebbe diventato feroce anche un barboncino!
Inutile dire che i cani di oggi, ben socializzati, educati e gestiti in modo molto più umano, hanno un carattere molto più malleabile.
Restano ovviamente cani molto territoriali (specialmente i maschi), quindi ottimi per la guardia, anche perché sfido chiunque ad avanzare contro un Tibetan che gli fa BAU: ma sono tutt’altro che “belve”.

Personalmente ho “pasticciato” praticamente tutti i soggetti che ho conosciuto, e sono ancora tutta intera; anche se devo dire che nessuno di loro – cuccioli esclusi – sembrava molto felice di ricevere le mie attenzioni.
Il loro sguardo diceva tutto. Ovvero, diceva molto chiaramente: “Ma che vuoi? Ma chi ti conosce?”
Però nessuno ha mai dato il minimo segno di ostilità o aggressività.
In compenso, quando lo sguardo si spostava sul proprietario, la musica cambiava completamente ed appariva la pura adorazione che tutti i molossoidi riservano ai “loro” umani.
Ma torniamo alla storia della razza, che dopo l’exploit dei “cani da zoo” di Londra visse un lungo periodo di calma piatta.
Non solo non uscivano esemplari dall’Asia, ma la razza stava scomparendo anche dal Tibet, sull’onda del tragico momento storico vissuto da quel Paese.
Quando un popolo ha difficoltà di sopravvivenza, purtroppo, i primi a sparire sono i cani di grande taglia: e il Tibetan Mastiff non fece eccezione.
All’inizio del ‘900 qualche fan di Marco Polo tentò di portarsi a casa qualche soggetto, ma – come si legge sul bollettino del Club di razza – “il cane gigante del Tibet era più introvabile del suo compagno, lo yeti!”.

“Bello cucciolino picciiiiino!”

Alle difficoltà di reperire i soggetti si accompagnava la scarsa collaboratività dei proprietari, che difficilmente si lasciavano convincere a cedere i propri cani; anche perché i tibetani credono che l’anima dopo la morte possa reincarnarsi anche nel corpo di un animale e quindi temevano di potersi privare, magari, della reincarnazione dello zio o dell’amico scomparso.
I soli fortunati che riuscirono ad accaparrarsi qualche soggetto – forse la reincarnazione di qualche suocera… – furono il signor Bailey nel 1933 (uno dei suoi 5 cani venne iscritto anche al Crufts di quell’anno), il colonnello Duncan nel 1935 e il dottor Schafer nel ’39.
Dopodiché bisogna aspettare gli anni ’50 per veder rinascere l’interesse per la razza soprattutto negli Stati Uniti, con cani che però non provenivano dal Tibet ma dal Nepal.
Questo Paese, infatti, non era caduto sotto il dominio cinese come il Tibet; aveva mantenuto la sua indipendenza e si era aperto parecchio nei confronti dell’Occidente.
Così, soprattutto in USA, era scoppiata la “moda” del buddismo, con frequenti viaggi a Katmandou da parte dei più giovani e altri viaggi intrapresi da scalatori e alpinisti che potevano finalmente sfidare le vette più alte del mondo.
Molti di questi viaggiatori ebbero modo di incontrare il Tibetan mastiff e tutti ne restarono affascinati.
Forse non era “grosso come un asino”, ma era comunque una leggenda vivente!

Nel 1958 una coppia di cani fu inviata negli Stati Uniti, come omaggio all’allora presidente Einsenhower; mentre nel 1969 arrivò un maschio decisamente importante, seguito da alcune femmine che in pratica diedero il via all’allevamento americano.
L’Europa seguì la tendenza a partire dal 1972, quando fu la Svizzera ad interessarsi alla razza importando diversi soggetti.
Nel 1976 il Tibetan approdava in Olanda e nel 1977 era la volta della Germania, con il maschio “Tu-bo” (no, non faceva agility…) che divenne poi un grande campione.
In Francia arrivarono due soli esemplari, che però divennero famosissimi perché appartenevano al divo (e cinofilo) Alain Delon: ma neppure questo bastò a lanciare una vera e propria moda, perché c’era sempre di mezzo il solito problema del “calore singolo”.
Chi si dedica a questa razza deve averla veramente nel cuore, perché i “guadagni”, ovvero i proventi delle vendite, non riescono quasi mai a pareggiare le spese.
In Italia i primi soggetti arrivarono alla fine degli anni ’80…e da allora i “numeri” sono aumentati ben poco. Ci sono pochi (ma buoni!) allevamenti, che inizialmente hanno acquistato in Francia e in Olanda.
Oggi sta arrivando anche qualche esemplare dalla Cina, ma i contatti sono difficili (Internet ha annullato le distanze, ma non basta per superare i divari linguistici e culturali!); quindi ottenere buoni soggetti dall’Asia resta ancor oggi “facile come trovare uno yeti”!

IL CARATTERE
Il Tibetan Mastiff oggi è un cane equilibratissimo, ma resta un cane da guardia dal carattere deciso, piuttosto autonomo, poco propenso ad obbedire “perché sì”, o “perché quello è il padrone”.
L’educazione del cucciolo è fondamentale: il “piccolo” tibetan (piccolo si fa per dire…se osservate le foto sotto capirete cosa intendo!) va manipolato molto perché impari a fidarsi ciecamente dei “suoi” umani e ad accettare anche di essere toccato dagli estranei, specie se si pensa ad una carriera espositiva.


Tendenzialmente questa razza è abbastanza diffidente, non aggressiva ma “scontrosa”, come dicevo poc’anzi: quindi è bene toccare, accarezzare, spazzolare spesso il cucciolo per fargli superare l’innata propensione a starsene per i fatti suoi.
Altrettanto importante è stabilire subito chi dirige l’orchestra: non “chi comanda” (ci si può solo illudere di “comandare” davvero un cane di sessanta chili!) ma chi merita il ruolo di guida, di capo, di superiore gerarchico.
Attenzione, non a caso ho parlato di “meritare”: un Tibetan mastiff non potrete mai sottometterlo con la forza – o peggio, con la violenza – ma solo “convincerlo” che voi siete più intelligenti, più esperti, più adatti di lui a guidare il vostro branco-famiglia.
Questo si ottiene molto facilmente con le femmine (basta essere dolcemente fermi e sempre coerenti), mentre con i maschi la cosa è un po’ più delicata.
Soprattutto nel periodo adolescenziale (che si colloca intorno ai 12-18 mesi, perché questi cani maturano molto lentamente), quasi tutti i maschi “ci provano”, ovvero tentano la scalata gerarchica.

Tempi e modi possono differire da un soggetto all’altro: ci sarà quello che comincerà semplicemente a “fare il sordo” quando gli chiedete qualcosa, mentre qualcun altro potrebbe arrivare al ringhio.
Calma e sangue freddo: è più “scena” che altro, ma se il cane si accorge che è riuscito ad intimidirvi potrebbe montarsi la testa e crearvi veri problemi.
Non accettate il confronto fisico (che perdereste!), ma siate fermissimi, non cedete mai…e dimostrate di essere più furbi di lui.
Per esempio: il cucciolone si mette a ringhiarvi quando sta mangiando?
Benissimo, non sgridatelo né picchiatelo: invece andategli vicino con un boccone prelibato, mettendoglielo nella ciotola solo quando avrà smesso di fare il bullo.
Ripetete l’operazione più volte, finché lui capirà che ringhiare è controproducente, perché se sta tranquillo e vi permette di toccare la sua ciotola arrivano cose buone!

Oltre a queste piccole astuzie, l’arma fondamentale dovrà essere sempre la coerenza.
I molossoidi sono cani addirittura più abitudinari degli altri (il che è tutto dire, perché tutti i cani lo sono già parecchio); quindi una gestione il più possibile ripetitiva, costante e senza mutamenti improvvisi è decisamente produttiva e spesso in grado di prevenire, oltre che di superare, i problemi.
Ovviamente prima si comincia e meglio è, quindi chiaritevi per benino le idee fin dal primo giorno in cui il cucciolo entra in casa.
Se non volete che domani vi zompi sul letto un molossone di sessanta chili, dichiarate il letto “tabù” anche per il cuccioletto di dieci.
Se non volete che l’adulto domani vi “stenda” saltandovi addosso, insegnate al cucciolo che l’arrivo del padrone si festeggia sedendosi. E così via.
Basta un  buon manuale di educazione a non commettere errori, ma se ne avete la possibilità cercate anche di frequentare un corso: in questo modo non solo imparerete a gestire meglio il vostro amico, ma anche il cucciolo avrà modo di socializzare con persone e cani e di aprirsi il più possibile.
E non temiate che questo possa “rovinare” il suo futuro lavoro come cane da guardia, perché questa è una “cugginata” bella e buona.
Socializzare i cani non significa farli diventare “troppo buoni”, ma abituarli a convivere con l’essere umano mettendoli così in condizione di saper distinguere gli amici dai nemici, i gesti quotidiani da quelli di minaccia e così via.

Il Tibetan è un cane estremamente territoriale, che difenderà sempre la sua proprietà dagli intrusi: ma un cane non socializzato potrebbe diventare difficile da gestire anche all’esterno di questa proprietà, laddove invece avere un cane aggressivo e mordace è un atto di grande inciviltà.
Un Tibetan correttamente socializzato potrà andare ovunque con il padrone: per strada, in esposizione, al bar o al ristorante.
Questo non gli impedirà (provare per credere!) di diventare realmente temibile se un intruso cercasse di entrare in casa sua senza permesso.
Altro fattore importante: il Tibetan è un cane molto curioso, quindi è bene che sia il padrone a portarlo a conoscere il mondo e soprattutto il quartiere in cui vive. In caso contrario cercherebbe sicuramente di farlo per conto suo, approfittando di qualche momento di distrazione dei suoi umani. E anche quando è ben socializzato, educato ed equilibrato… un cane di quella mole che gironzola da solo può scatenare crisi di panico!
Ultima raccomandazione, che vale per tutti i cani ma che è sempre meglio ribadire quando si parla di cani di grande mole: non “dimenticate” il cane in giardino, ovvero non tenetelo sempre e solo lì.
E’ evidente che non si pensa ad acquistare un Tibetan mastiff se si vive in un monolocale, quindi questa razza solitamente viene scelta da chi dispone di ampi spazi: ma per quanto sia abbastanza indipendente (come tutti i cani da montagna) lui resta un molossoide, ovvero un cane
che ha un bisogno vitale di vivere accanto ai suoi umani di riferimento. E “accanto” significa “accanto”, non fuori in giardino!
I tempi del “Do-khyi” sono passati da un pezzo.
Permettete al cane di entrare in casa più spesso possibile, fategli dividere diversi momenti della vostra vita: non solo lo renderete più felice e realizzato, ma aumenterete anche il suo rendimento come guardiano. Si difende più efficacemente ciò che si ama di più!

SCELTA DEL CUCCIOLO

Se siete tra coloro che si lasceranno tentare da questa razza, ricordate che il cucciolo, a due o tre mesi, deve presentare l’”esagerazione” delle qualità che ci si attendono da lui nell’età adulta.
Un tibetan mastiff è “una testa, un portamento di coda, una camminata specifica”.
Per quanto riguarda la testa cercatela massiccia, con muso corto, labbra quadrate, cranio largo, stop marcato e, per quanto riguarda i denti, chiusura a forbice.
Gli occhi dovrebbero essere piccoli, a triangolo rovesciato, il più possibile scuri in relazione al mantello. Le orecchie attaccate poco sopra la linea degli occhi daranno al vostro cane la tipica espressione asiatica.

Un muso fine, troppo lungo e senza “labbra” ha poche chances di trasformarsi con l’età nella ricercata forma massiccia e quadrata.
La coda già arrotolata sul dorso nel cucciolo di due mesi fa presagire un comportamento corretto nell’età adulta; inoltre una coda ben portata nasconde certi piccoli difetti, così come un portamento scorretto rovina l’”allure” tipica della razza.
La coda ben portata, il piazzarsi sulle quattro zampe bene in appiombo, i piedi ben chiusi e rotondi (piedi “da gatto”), la testa tenuta ben alta al di sopra della linea del dorso donano al cucciolo un portamento nobile e altero.
Si ricercherà un dorso piuttosto corto (pur se inscritto nel rettangolo), che darà al cane un’aria compatta e una camminata dinoccolata, un po’ “leonina”.
I colori, qualunque essi siano (nero, nero focato, blu, blu focato, gold sono quelli approvati dallo standard) devono essere abbastanza carichi e con focature non troppo diluite. Bisogna sapere che le focature hanno sempre la tendenza a schiarirsi con l’età: un cucciolo quasi nero alla nascita può rivelare verso i 7-8 mesi delle bellissime focature.

SALUTE E BELLEZZA
Una razza che passa indenne attraverso i millenni certamente non ha gravi problemi di salute: e infatti il Tibetan è un cane estremamente
rustico e robusto, che non arricchisce quasi mai i veterinari.
E’ compito degli allevatori, invece, badare il più possibile alla selezione per limitare al minimo l’incidenza delle patologie genetiche, che in questo caso sono la “solita” displasia dell’anca (problema comune a tutte le razze di media e grande taglia), le malformazioni palpebrali (entropion ed ectropion) e i problemi legati alla tiroide (sia iper- che ipotiroidismo).
Questi ultimi sono stati riscontrati soprattutto nei soggetti importati direttamente dall’Oriente, che non sono mai stati molto selezionati dal punto di vista sanitario.

Nei soggetti italiani, che invece sono seguiti attentamente sotto questo profilo, i problemi si stanno risolvendo, anche se non è mai facile eliminarli del tutto quando una razza è limitata a pochi esemplari.
Nell’insieme, comunque, possiamo dire che il Tibetan, rispetto ad altre razze di pari dimensioni, è un cane fondamentalmente sano e anche piuttosto longevo per un cane di questa taglia.
Non è difficile, infatti, trovare soggetti che arrivano in ottima forma a dodici e anche a quattordici anni, anche se la vita media si aggira sui dieci-undici.
Per quanto riguarda igiene e bellezza, infine, questo cane è quasi “autopulente” e non emana cattivi odori (il suo pelo è simile a quello dei cani nordici), quindi non ha bisogno di bagni troppo frequenti.

SONO ADATTO A UN TIBETAN MASTIFF?
Un cane di questa taglia necessita di spazio sufficiente ed è – inutile dirlo – piuttosto costoso da mantenere (pur non essendo un “abbuffone”, mangia decisamente più di chihuahua!). Per il resto, però, è un cane dalla gestione abbastanza semplice, anche dal punto di vista caratteriale: equilibrato e tranquillo, è sicuramente molto più “facile” di altri cani da montagna, anche se ha sicuramente bisogno di umani con un minimo di competenza cinofila.

FCI Standard N° 230 / 12.05.2004 TIBETAN MASTIFF (DO-KHYI)
ORIGINE: Tibet
DATA DI PUBBLICAZIONE DELLO STANDARD ORIGINALE VIGENTE: 24.03.2004
UTILIZZAZIONE: cane da guardia, di protezione e di compagnia
CLASSIFICAZIONE F.C.I.: Gruppo 2 Cani di tipo Pinscher e Schnauzer Molossoidi – Cani da montagna e Bovari Svizzeri Sezione 2.2 Molossoidi, tipo Montagna – Senza prova di lavoro

BREVE CENNO STORICO : Il Tibetan Mastiff è un antichissimo cane da lavoro dei pastori nomadi dell’Himalaia, e un cane da guardia tradizionale dei monasteri tibetani. È un cane leggendario fin dalla sua scoperta nell’antichità. Dall’accenno che ne fece Aristotele (384-322 a.C.) fino ai celebri racconti di Marco Polo che si recò in Asia nel 1271, tutti i documenti storici elogiano la forza e l’impressione prodotta dal Tibetan Mastiff sia fisicamente che mentalmente.
Anche il suo abbaio è stato descritto come una caratteristica di razza unica e altamente apprezzata. Eminenti cinologi europei del passato come Martin et Youatt, Mégnin, Beckmann, Siber, e anche Strebel e de Bylandt, hanno trattato ampiamente del Tibetan Mastiff, affascinati com’erano dalle sue origini e dal suo ruolo nella cultura tibetana. Qualcuno ha pure preso in considerazione l’ipotesi che da lui derivino tutti i grandi cani da montagna e tutti i mastini. Uno dei primi Tibetan Mastiff a raggiungere le rive dell’Occidente fu un maschio inviato alla Regina Vittoria nel 1847 da Lord Hardinge (allora Viceré delle Indie). Più tardi, negli anni 1880, Edoardo VII° (allora Principe di Galles) ne portò due in Inghilterra. Una delle prime cucciolate registrate nacque nel 1878 allo zoo di Berlino.

ASPETTO GENERALE Potente, pesante, ben costruito, con buona ossatura. Impressionante; d’aspetto solenne e serio, combina la forza maestosa con la robustezza e la resistenza. Adatto al lavoro in qualsiasi condizione climatica. Lento a completarsi; raggiunge la sua piena forma a 2 – 3 anni nelle femmine e almeno 4 anni nei maschi.

PROPORZIONI IMPORTANTI · La lunghezza del cranio, dall’occipite allo stop è uguale a quella del muso, dallo stop all’estremità del tartufo, ma il muso può essere un po’ più corto. La lunghezza del corpo è leggermente superiore all’altezza al garrese.

COMPORTAMENTO E  CARATTERE Indipendente. Protettivo. Incute rispetto. Fedelissimo alla sua famiglia e al suo territorio.

TESTA ampia, pesante e forte. Nell’età adulta una ruga può estendersi dalla zona sopra gli occhi fino alla commessura labiale.
REGIONE DEL CRANIO Cranio largo, solo leggermente arrotondato, con occipite fortemente marcato. Stop ben marcato.
REGIONE DEL MUSO Tartufo ampio, il più scuro possibile in armonia col colore del mantello; narici bene aperte. Muso piuttosto ampio, ben pieno e spesso. Il muso termina quadrato. Labbra ben sviluppate e che ricoprono la mascella inferiore. Mascelle/Denti mascelle forti, con perfetta, regolare e completa chiusura a forbice. Cioè gli incisivi superiori ricoprono gli inferiori a stretto contatto e sono impiantati perpendicolarmente alle mascelle. Accettabile la tenaglia. Chiusura corretta. Occhi di media misura, di qualsiasi sfumatura di marrone in armonia col colore del mantello, ma più sono scuri meglio è. Ben distanziati, leggermente obliqui, di forma ovale. Palpebre strettamente aderenti al bulbo oculare. Espressione dignitosa. Orecchi di media misura, triangolari, pendenti, attaccati tra il livello del cranio e quello dell’occhio. Ricadono in avanti e pendono aderendo al capo. Sono portati in avanti quando il cane è in attenzione. Padiglioni ricoperti di pelo corto e soffice.

COLLO forte, ben muscoloso, arcuato. Non troppa giogaia. Avvolto da fitta criniera irsuta, che non è tanto pronunciata nelle femmine.

CORPO forte. Dorso diritto e muscoloso Groppa ampia e piuttosto piatta. Torace piuttosto profondo, di moderata ampiezza; le costole sono ben cerchiate, per dare una cassa toracica a forma di cuore. La regione sternale discende sotto i gomiti.

CODAdi media lunghezza. È inserita alta sul prolungamento della linea del dorso; portata alta, si arrotola mollemente sul dorso quando il cane è attento o in movimento. È ben ricca di pelo abbondante.

ARTI ANTERIORI diritti, ben angolati, ben ricoperti ovunque da pelo fitto. Spalle ben inclinate, muscolose. Gomiti non rivolti in fuori né in dentro. Avambraccio diritto. Forte ossatura Metacarpi forti, leggermente inclinati.
ARTI POSTERIORI potenti, muscolosi, ben angolati. Visti da dietro, sono paralleli. Coscia piuttosto lunga; forte, con buoni muscoli ben duri, ma non sporgenti. Ginocchia ben angolate. Garretti forti, ben discesi. La presenza degli speroni è facoltativa.
PIEDI abbastanza grandi, forti, rotondi e compatti, ben forniti di pelo tra le dita ben arcuate.

ANDATURA movimento potente, ma sempre leggero ed elastico, con buona spinta del posteriore e allungo degli anteriori. Quando la velocità aumenta, tenderà al “single track”. La camminata appare molto misurata. Il DO-KHYI è capace di adattarsi a terreni diversi dando prova di vigore ed elasticità.

MANTELLO PELO La qualità è molto più importante della quantità. Il pelo è duro, spesso; il pelo di copertura non è troppo lungo. Nella stagione fredda, presenza di sottopelo fitto e piuttosto lanoso che poi diventa piuttosto rado nei mesi più caldi. I maschi hanno visibilmente più pelo delle femmine. Pelo fine ma duro, diritto e sollevato. Mai serico, arricciato od ondulato. Collo e spalle presentano un pelo abbondante che ha l’aspetto di una criniera. Coda folta, ben frangiata. Gli arti posteriori sono ben ricchi di frange sul dietro delle cosce.

COLORE Nero intenso, con o senza focature, blu, con o senza focature, oro, dal fulvo intenso al rosso profondo, zibellino. Tutti i colori devono essere il più puro possibile. Le focature vanno dal castano intenso ad un colore più chiaro. Una stella bianca sul petto è permessa. Minime macchie bianche sui piedi sono pure accettate. Focature appaiono al di sopra degli occhi, sulle parti inferiori delle gambe e la parte inferiore della coda. Focature sul muso. Le focature a forma di occhiale sono tollerate attorno agli occhi. TAGLIA Maschi: minimo 66 cm Femmine: min 61 cm.

DIFETTI: Qualsiasi deviazione da quanto sopra deve essere considerata come difetto che sarà penalizzato a seconda della sua gravità. DIFETTI GRAVI:  Cane non in condizioni fisiche e in cattivo stato. Testa leggera. Testa pesantemente rugosa · Labbra pendule · Giogaia pronunciata · Orecchi larghi e/o attaccati bassi · Occhi chiari o dall’espressione stralunata. · Pigmento insufficiente, specialmente al tartufo. · Costole a botte · Coda che forma un ricciolo stretto sulle anche. · Posteriore superangolato; posteriore diritto. · Movimento pesante e forzato · Taglia sotto l’altezza minima, con tolleranza di 2 cm.
DIFETTI ELIMINATORI: Cane aggressivo o pauroso · Enognatismo o prognatismo · Qualsiasi colore non citato, come: bianco, crema, grigio, marrone (fegato), lilla, sabbia, tigrato, mantello di colori diversi. Un cane che mostri anormalità fisiche e comportamentali sarà squalificato. N.B. I maschi devono presentare due testicoli apparentemente normali completamente discesi nello scroto

Autore

  • Valeria Rossi

    Savonese, annata ‘53, cinofila da sempre e innamorata di tutta la natura, ha allevato per 25 anni (prima pastori tedeschi e poi siberian husky, con l'affisso "di Ferranietta") e addestrato cani, soprattutto da utilità e difesa. Si è occupata a lungo di cani con problemi comportamentali (in particolare aggressività). E' autrice di più di cento libri cinofili, ha curato la serie televisiva "I fedeli amici dell'uomo" ed è stata conduttrice del programma TV "Ti presento il cane", che ha preso il nome proprio da quella che era la sua rivista cartacea e che oggi è diventata una rivista online. Per diversi anni non ha più lavorato con i cani, mettendo a disposizione la propria esperienza solo attraverso questo sito e, occasionalmente, nel corso di stage e seminari. Ha tenuto diverse docenze in corsi ENCI ed ha collaborato alla stesura del corso per educatori cinofili del Centro Europeo di Formazione (riconosciuto ENCI-FCI), era inoltre professionista certificato FCC. A settembre 2013, non resistendo al "richiamo della foresta" (e soprattutto avendo trovato un campo in cui si lavorava in perfetta armonia con i suoi principi e metodi) era tornata ad occuparsi di addestramento presso il gruppo cinofilo Debù (www.gruppodebu.it) di Carignano (TO). Ci ha lasciato prematuramente nel maggio del 2016, ma i suoi scritti continuano a essere un punto di riferimento per molti neofiti e appassionati di cinofilia.

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6 Commenti

  1. che dire io sono stato ospite da un ragazzo che ha avuto un tibetan mastiff….. sono rimasto li come ospite un paio di mesi, e questo amico mio è andato via per ragioni lavorative…….. devo dire una cosa è stata una esperienza fantastica……… la mattina dopo la partenza del mio amico, mi svegliai con questo colosso che affianco alla mia branda mi fissava con sti occhi che non so descrivere……. non vi voglio annoiare con la mia esperienza, ma vi dico che ha fatto tutto lui…. mi ha rassicurato mi ha chiesto con gli occhi se volevo essergli amico e io accettai…….. da lì fu amicizia allo stato puro Shamrock……. non lo dimenticherò mai…….. e lo ringrazio per avermi accettato come suo amico…. E’ un cane fantastico sensibile ma duro e forte quando serve….. mi ascoltava e mi guardava con sti occhi e sembrava che capissi tutto quello che gli dicevo…….. favoloso unico……
    Grazie……..

  2. non sapevo nemmeno che esisteva questa razza. Ora ne ho uno ed è un cane bellissimo, un pò disobbediente ma basta cercare di aiutarlo a comportarsi bene.
    L’importante è che distingua chi è il capobranco.
    Saluti
    Gianfranco

  3. Ciao! Tanto per stufarti ancora un po’ coi cagnari 🙂 e’ vero che spesso danno ormoni alle cagne per farle andare in calore anche tre volte all’anno?

    • Questa mi giunge nuovissima… ma non credo neppure che sia possibile fare ciò! Spero che qualche vet legga e risponda con più cognizione di me, perché io proprio non lo so!

  4. Bellissimo animale! Concordo in pieno con Valeria anche perchè ne ho esperienza diretta per averne conosciuto una coppia.
    Cane gestibile da chi ha un po’ di esperienza cinofila o da chi ha – realmente – voglia di impare a trattare con lui.
    Cane sconsigliabile a chi crede di poterlo trattare con leggerezza e superficialità soprattutto nella socializzazione.
    Il maschio è reattivo con gli altri maschi.
    Potrebbe essere una delle mie prossime opzioni insieme al Tchiorny Terrier (Black Russian Terrier o Terrier Nero Russo), a proposito a quando la presentazione del BRT…ricordi valeria?

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