C’era una volta il cane Bello e Bravo: ovvero tipico, con una buona attitudine al lavoro per cui era stato selezionato…e ovviamente sano, perché in caso contrario non sarebbe stato in grado di compiere proprio nessun lavoro.
Questo cane era descritto in una sorta di “identikit del Cane Ideale”, chiamato Standard, e gli allevatori di tutto il mondo inseguivano questo ideale impegnandosi con tutte le loro forze per ottenere Campioni Assoluti, ovvero soggetti capaci di raggiungere davvero il “top” su entrambi i fronti: bellezza e lavoro.
Ricordo che nel 1975 acquistai una cucciolona di pastore tedesco di sei mesi, per la quale mi chiesero una cifra decisamente superiore alle mie possibilità.
Mentre tentennavo, con i crampi al libretto degli assegni, l’allevatore pronunciò la frase capace di farmi capitolare: “Guarda che questa è una cagnina che può farti un campionato assoluto”.
Quel miraggio (che poi non si avverò, perché purtroppo la cagna si ammalò e morì prima di poter completare la carriera) mi diede la spinta decisiva all’acquisto. Perché lo Scopo, (maiuscolo), il Traguardo (maiuscolo), l’Aspirazione Massima di ogni allevatore, a quei tempi, era proprio quello: avere un Campione Assoluto.
In quell’aggettivo, “assoluto” (e cioè bello e bravo), stava tutta l’essenza della cinofilia.
E oggi?
Dove sono finiti, oggi, i campioni assoluti?
Escluso qualche sporadico caso, che riguarda soprattutto i cani da caccia, non se ne vedono praticamente più: ma solo perché nessuno si sogna più di provare a farli.
Chi insegue ancora la vecchia utopia del bello-e-bravo è guardato come un povero scemo: e il titolo, una volta raggiunto dopo aver sudato sangue (perché è tutt’altro che facile arrivarci, oggi come ieri) non suscita neanche grandi entusiasmi. In fondo hai “solo” un campione italiano di bellezza e di lavoro…bah, robetta.
“Ai campionati del mondo come si piazza, il tuo cane? Scommetto che non è stato neanche selezionato in Nazionale!”
E infatti no, non viene selezionato.
Perché, parlando ancora di pastori tedeschi, alle grandi prove internazionali non si presentano MAI i cani “belli e bravi”, ma i cani “super-extra-bravissimi”.
Quelli che fanno il lanciato a trecento all’ora alzando una nuvola di polvere in partenza; quelli che, sul tentativo di fuga, sparano dentate laser al figurante; quelli che sull’affronto, stando seduti, snappano a tre centimetri dal suo naso perché hanno il sedere a molla; quelli che davanti alla palizzata ruotano due volte su se stessi, gli appare una tuta blu con una S gialla davanti (SuperDog) e la passano volando.
Piccolo particolare accessorio: sono quasi tutti brutti come la notte, povere stelle.
Si va dal pastorello bonsai nerissimo da venti chili scarsi che sembra appena uscito dal canile municipale al grigione malinois-type di cui, per capire la razza, devi leggere il pedigree.
Alcuni di essi, poi, sono talmente “spinti” che non potresti mai sognarti di darli in mano a una famiglia normale, perché se la magnerebbero tutta nel giro di una settimana.
Sono cani tosti per veri machi; roba da tenere in gabbia…e infatti qualcuno ce li tiene. Ma non perché siano troppo “tosti”: ce li tengono perché siano “caricati al massimo” quando scendono finalmente in campo e possono finalmente sfogare le energie represse nel kennel.
Domanda: ma sono ancora pastori tedeschi, questi qua?
A me sembra che stiano a un “normale” pastore tedesco come Mazinga Zeta sta a un impiegato di banca.
E non finisce mica qui: perché basta spostarsi dai campi da lavoro a un ring di bellezza per trovare, invece, pastori tedeschi che vanno sempre a trecento all’ora…ma stavolta al trotto!
E per raggiungere questi risultati, ovviamente, hanno costruzioni esasperate, con il garrese lassù e la groppa laggiù, con una linea dorsale che sembra una rampa di lancio; e poi hanno questi testoni bellissimi, fieri, imponenti, che a differenza delle teste dei cani da lavoro, piccolette e strettine, ti fanno pensare “ahhh…che bel cane”.
Però, poi, questi cani al Campionato di Allevamento devono dimostrare di anche mordere: perché sono pastori tedeschi, diobono, mica bolognesi.
E lì allora vedi il cane che zompetta sulla manica come se stesse giocando al tira-molla con il salamotto di casa; vedi quello che scappa appena il figurante fa “Yalla’!”; e vedi anche quello che morde solo perché il figurante è amico dell’allevatore e praticamente è strisciato verso di lui in ginocchio pregandolo di dare almeno un morsino, per pietà.
Cani vistosamente imboccati, cani che trascinano il figurante anziché essere trascinati (perché altrimenti mollerebbero subito), cani insomma che l’attitudine al lavoro l’hanno vista (forse) in fotografia.
Ma che roba è?
Semplice, signore e signori: è la cinofilia del terzo millennio!
E non sognatevi che stia parlando solo di pastori tedeschi: perché la stessa cosa, con le dovute varianti, la possiamo vedere nei setter (i cani “da ring” sono ormai americaneggianti, col pelo che tocca terra, il labbrone pendulo e una stazza tale che, se andassero davvero a caccia, resterebbero incastrati a vita nel primo cespuglio; nei labrador, laddove non si vedono “cani” da bellezza, ma “otri” da bellezza e snellissimi (anche troppo) cani da lavoro che più che labrador sembrano simpatici cagnolotti da pagliaio.
E vogliamo parlare dei malinois? O magari dei border collie?
Nominate una razza a caso, quella che volete.
E poi ditemi se non è spaccata in due: cani belli di qua (o presunti tali, perché i Labrador-mucca, per esempio, io non li posso guardare senza che mi venga da piangere) e cani bravi di là.
E il “cane assoluto“?
Be’, c’è ancora: conosco diversi chihuahua, maltesi, barboni e bolognesi che sono davvero bellissimi e hanno una spiccatissima attitudine a prendere coccole, ovvero hanno una spiccatissima attitudine al loro lavoro di cani da compagnia.
Ma tolti quelli, ahimé, è nebbia fitta,o quasi.
Seconda domanda: come mai?
Risposta scontata: perché fare cani davvero belli e bravi è difficile, costoso, impegnativo, sfiancante.
E questo è sicuramente un motivo: ma non è il solo, purtroppo.
Il secondo motivo, quello molto più grave, è che l’uomo non sa accontentarsi. MAI.
All’uomo non basta vincere, vuole stravincere. Vuole esagerare.
D’altronde lo fa anche sulla propria pelle. Non gli basta “andare forte” in macchina o in moto: deve andare a più di trecento all’ora, che significa sfidare la morte ad ogni curva (e purtroppo, come dimostrano i recenti avvenimenti, a volte questa sfida la perde).
Non gli basta “andare forte” in bici: deve volare…e siccome il fisico umano ha dei limiti, per superarli è disposto anche a riempirsi di schifezze chimiche, così poi dà fuori di matto.
Non gli basta neppure più divertirsi in discoteca: deve “sballare” e quindi darci dentro con ulteriori sostanze chimiche che fanno malissimo. E lo sa. Ma non gli importa, perché lui deve arrivare al top.
Al top DE CHE, non è ben chiaro: ma basta che sia un top un po’ più top di quello del rivale, del cugino o del vicino di casa.
In altre parole, l’uomo è un po’ coglione (e non solo se vota per una certa parte politica).
E i cani, povere bestie, fanno le spese della scelta peggiore che potessero fare lungo la loro evoluzione: quella di entrare in simbiosi con la specie più deficiente del pianeta.
Però, ragazzi, diciamolo: siamo anche quelli con il cervello più sviluppato (più intelligenti non mi azzardo a dirlo, eh? Perché nessuna specie intelligente passerebbe il tempo ad ammazzare i propri simili come facciamo noi).
Siamo, nel bene e nel male, la specie dominante di questo pianeta.
E se cominciassimo a usarlo, tutto ‘sto cervello, almeno in cinofilia?
Se continuassimo (se proprio è obbligatorio) ad esagerare solo nello sport umano, dove in ballo c’è solo la pelle nostra, ma cominciassimo a mostrare un minimo di rispetto verso i nostri compagni di viaggio con la coda?
Perché volere il top non è peccato, dopotutto: se andiamo a vedere, anche l’ideale del Campione Assoluto era un tentativo di arrivare al top.
Però era un top sensato.
Cercare di ottenere cani che rappresentassero l’immagine ideale della razza era un po’ come costruire una maestosa cattedrale, mattone su mattone.
Sudando sangue, magari: ma ammirando, alla fine, un capolavoro destinato a durare nei secoli.
Allevare cani “superbelli” o “superbravi” è come costruire la stessa cattedrale col polistirolo. Si suda meno, come no; e fa la stessa scena, altroché. Ma al primo soffio di vento si scatafascia in duemila pezzi.
E questo è ciò che sta accadendo alle nostre razze canine.
Si disfano. Perdono i pezzi.
Il carattere di qua, la tipicità di là, ma soprattutto la salute si perde un po’ da tutte le parti: molto di più sul lato “bellezza”, visto che un cane malato, sul lavoro, dura poco… ma a volte anche in lavoro, perché certe patologie non si manifestano subito, ma a volte ti danno tutto il tempo di arrivare al super-risultato prima di far fuori il cane.
Ma che succede quando il super-cane si rivela tarato?
Che succede se a quattro o cinque anni muore per quella patologia che non avremmo mai sospettato?
A questo punto dipende tutto dall’allevatore.
Se è davvero serio, quel cane e tutta la sua stirpe spariscono dalla riproduzione.
Se non è serio… si usano i suoi figli, infischiandosene se quella malattia è genetica e si diffonde a macchia d’olio.
L’importante è che i cani non siano displasici: perchè la displasia si controlla e tocca per forza essere esenti, se si vuole diventare riproduttori di punta… ma sul resto si glissa, e il resto non è poca cosa.
A volte “il resto” è una patologia gravissima (cardiaca, epatica, neurologica: vedi l’esempio drammatico della syringomielia) che si tramanda da una generazione all’altra e che ammazza i cani a quattro o cinque anni come mosche, o che li fa soffrire al punto da costringerci all’eutanasia.
Ed è proprio qui che entra in ballo la “mafia” citata nel titolo.
C’è una razza, e non dico quale perché non sono abbastanza coraggiosa da voler subire le ire funeste (e pericolose) del “boss” che la tiene in mano – in cui moltissimi cani, fino a poco tempo fa, schiattavano dai quattro ai sei anni per una grave patologia epatica. E purtroppo qualche strascico si vede ancora oggi.
Tutti questi cani, se si andavano a guardare i pedigree, si potevano ricondurre allo stesso riproduttore… appartenente a chi?
Bingooooo! Proprio al “boss” di cui sopra.
Già… perché c’è questo meccanismo perverso, in cinofilia, che fa sì che alcune persone – una o due per razza, in media – diventino i veri “padrini” della situazione.
Per merito (più raramente) o per denaro (più spesso), questi signori assumono posizioni di potere paragonabili a quelle di un boss mafioso.
E non sto scherzando.
Fanno il bello e il cattivo tempo, in ogni campo.
A volte sono giudici essi stessi; a volte, dalla loro posizione di potere, sono in grado di giostrarsi i giudici come gli pare e piace, in cambio di favori di vario tipo (ti piacerebbe giudicare nel Paese esotico che non riusciresti mai a visitare a spese tue? Ti piacerebbe vendere tutta la tua cucciolata in un colpo solo? …e così via).
E ovviamente, se da un lato ci sono i favori, dall’altro ci sono le minacce.
Se non fai vincere il cane X tu (a scelta): “non giudichi mai più”, “non vendi più un cucciolo”, “non passi più uno ZTP (o una Prova di Selezione, o quel che è)”, “non fai più una monta”…e si può continuare ad libitum, arrivando fino alle minacce fisiche nei confronti dei cani e addirittura dei padroni, perché è già successo anche questo.
Ma attenzione a questo particolare: sentirsi minacciati assolve di fronte alla propria coscienza.
Mentre chi accetta favori, almeno un po’, si vergogna…chi subisce pressioni si sente vittima, non complice.
E lo possiamo capire, non è vero? Capiamo e in qualche modo perdoniamo, perché a tutti noi è sicuramente successo, in un campo o nell’altro, qualcosa di simile.
Anch’io, in questo preciso momento, non faccio nomi e cognomi solo perché non ho abbastanza fegato (e soldi) per affrontare una querela: il che mi rende in qualche modo complice delle persone che non denuncio…ma mi dà anche una scusa valida (con me stessa) per tirare il sasso e nascondere buona parte della mano.
“Devo campa’…tengo famiglia…”
E’ quello che hanno pensato, presumibilmente, a suo tempo, i protagonisti di “mani pulite” , di “calciopoli” e di mille altri scandali.
Solo che questi, prima o poi, vengono quasi sempre alla luce: e almeno ogni tanto i “boss” finiscono nelle grane.
In cinofilia, invece, nessuno mette il becco: in fondo sono “solo cani”, a chi volete che importi?
Quando scoppia qualche grana, scoppia perché non tornano i conti di qualche Gruppo Cinofilo (o dello stesso ENCI, più volte commissariato): ma i soldi li controllano, i cani no.
E così cani e padroni continuano subire la cinomafia: qualcuno mugugna (ma solo quando è ben certo di essere tra amici fidati), qualcun altro molla tutto se ne va disgustato; qualcun altro ancora decide che, subire per subire, tanto vale avere anche un tornaconto.
Così la cinomafia impera tra paure, omertà e complicità.
Chi tace per il proprio tornaconto è sicuramente più sporco; ma chi tace per paura fa anche lui la sua parte affinché non cambi mai niente e i padrini continuino a spadroneggiare.
Questa situazione è ormai consolidata da secoli e quindi difficilissima da risolvere: ci vorrebbe un’azione di gruppo, potente ed incisiva, da parte degli allevatori “puliti”. Basterebbe che, tutti insieme, decidessero di aprire il vaso di Pandora.
Ma anche gli allevatori più seri e più puliti, solitamente, sono troppo impegnati a scannarsi tra loro per unirsi a combattere contro i nemici di tutti.
Non si riesce neppure a fargli fare fronte comune contro gli importatori di cuccioli dell’Est, che sono la peggior rovina della cinofilia (e la peggiore concorrenza!)…figuriamoci se si uniscono contro chi li comanda a bacchetta.
E ancora una volta, non sto esagerando: qualche anno fa, per esempio, la pregevole iniziativa promossa dall’allevatrice di una razza “di moda” (ovvero quella di fare una pagina in comune, pagata da tutti gli allevatori, sulle maggiori riviste cinofile, mettendo in evidenza le differenze tra l’allevamento serio e i mercanti di schiavi a quattro zampe) si sia scontrata contro opposizioni del tipo: “Ah sì, bella idea…però, chi ci sta? Ahhhh, no! Se c’è Tizio, io non voglio esserci!”.
E non – ovviamente – perché Tizio fosse un delinquente o un cagnaro: ma solo perché, magari, era acerrimo rivale di Caio e l’aveva battuto qualche volta di troppo.
Terribile, non trovate? Ma vero.
E in tutto questo… i cani, che fine fanno?
L’andazzo, almeno nelle razze più famose e diffuse, è più o meno questo: il boss di turno, potete metterci la mano sul fuoco, sarà sempre felice proprietario campione del momento (o lui, o i suoi più intimi amici).
E il campione del momento (mettete pure anche l’altra mano sul fuoco) sarà sempre un cane che potrebbe fare concorrenza a Rocco Siffredi nel celeberrimo spot delle patatine, perché “lavora” decisamente più di lui.
Un po’ perché gli altri allevatori credono nel suo effettivo valore (10% circa); un po’ perché vogliono vantarsi degli innumerevoli titoli che compariranno nel pedigree i loro cuccioli (20-30%); un po’ perché prendere una monta altrove sarebbe un vero sgarbo al boss (50-60%).
Purtroppo, oltre ai titoli italiani, internazionali e mondiali, a volte i superdog passano ai figli anche qualcos’altro.
Poca roba, eh? Un tumorino qua, un infartino là: ma che volete che sia. Mica vorremo escluderli dalla riproduzione per così poco!
Con i guadagni che gli portano, il boss non ci pensa neanche di striscio.
Meglio che macho dog continui a coprire a destra e a manca, con altri allevatori che vendono a caro prezzo cuccioli “figli di”, sperando che non si ammalino (in fondo non passerà mica a tutti, questa tara!) e tacendo ciò che sanno.
Perché lo sanno!
Non sempre, e non subito: perché a volte le tare sono subdole, e non è facile capire da chi provengano…ma dopo qualche annetto si sa praticamente sempre quale cane ha dato il problema X o Y. Se potesse consultare un database, lo capirebbe anche un bambino di tre anni. Anzi, lo capirebbe anche un cucciolo.
Una volta identificato il problema si potrebbe correre ai ripari…e invece si tace, per complicità o per paura.
E molte razze se ne vanno lentamente al macero: un po’ per l’esasperazione del concetto di “cane vincente”, un po’ per mafia, un po’ perché i soldi, in questo mondo schifo, contano più dei cani, così come nello sport umano contano più delle persone.
E così, eccoci alla resa dei conti.
C’era una volta il cane bello, bravo (e sano)…e per fortuna c’è ancora: ma solo tra quello zoccolo duro di cinofili veri, intesi in senso letterale. Ovvero amanti del cane.
Però non è facilissimo trovare esponenti di questo zoccolo duro su qualche podio: molti ci arrivano, grazie al cielo, ma ci arriva ancor più spesso la nuova generazione, quella dei “businessofili”.
Quindi, se è vero che i cani belli, bravi e sani esistono ancora, è anche vero che bisogna saperli cercare.
Bisogna imparare a conoscere (e a riconoscere) gli allevatori che ancora prendono il loro impegno come una missione, come un’arte.
Quelli che sono ancora capaci di amare, ma anche di rinunciare: che sono capaci di sterilizzare una femmina risultata portatrice di una tara genetica, o di smettere di esporre un maschio su cui nutrano qualche dubbio.
Quelli che, se un cane è bellissimo ma non ha voglia di lavorare (o viceversa), lo tengono come cane di casa.
Ci sono, ci sono.
Non sono quasi mai famosi, non sono MAI ricchi (perché per vendere si deve vincere e per vincere si deve essere “ammanicati”), quindi sono meno visibili di altri: ma ci sono, per fortuna. Ed è grazie a loro che continuiamo a credere nella cinofilia.
Spesso, quando leggo gli attacchi degli animalisti all’allevamento del cane di razza pura, mi scappa di pensare che in fondo non abbiano tutti i torti: perché le cose che ho raccontato sono tutte vere, purtroppo.
Ciononostante, io credo ancora fermamente nell’allevamento e negli Allevatori: quelli con la A maiuscola, quelli veri, quelli puri, quelli sani.
Alcuni di loro non frequentano neanche più le esposizioni; ma continuano a lavorare seriamente.
Altri frequentano la cinofilia ufficiale tollerando, rassegnati, quella che ritengono (e non a torto, temo) solo una “normale conseguenza” dell’avere a che fare anche con gli esseri umani.
Però ci sono, gli Allevatori con la A maiuscola: e hanno bisogno di tutto il nostro appoggio e della nostra fiducia.
Perché la selezione cinofila è importante; perché la bella cattedrale deve continuare a crescere (anche se qualcuno scava sotto le fondamenta sperando di farla crollare); perché i cani hanno bisogno di qualcuno che li aiuti ad essere sempre più belli, bravi e sani.
La risposta NON sta nell’abbandonare il cane di razza e nel dire “visto com’è ridotta la cinofilia ufficiale, evviva i meticci”: un po’ perché meticciamento significa randagismo, abbandono, canili lager… e un altro, spropositato business (forse ancor più spropositato di quello che coinvolge la cinofilia ufficiale), fatto, stavolta, sulla pelle dei più deboli e quindi ancor più schifoso. Un po’ perché perfino i peggiori mafiosi, quando allevano, qualcosa di buono lo fanno.
E’ vero che un cane portatore di una tara genetica può continuare a riprodurre per arricchire il suo proprietario: ma è anche vero che sui meticci, e in generale sui cani accoppiati a casaccio, non si fanno neppure le minime indagini per vedere se queste tare esistono.
Forse un bastardino non coprirà mai tante cagne come un supercampione (a meno che non sia un randagio, nel qual caso farà vere e proprie stragi!): ma senza il minimo controllo, senza neppure la consapevolezza che queste tare andrebbero controllate, i problemi si diffondono a macchia d’olio.
L’unica differenza sta nel fatto che… non se ne sa nulla.
Non solo randagi e meticci, ma anche anche cani di razza accoppiati “ad capocchiam” finiscono spesso la loro vita precocemente, o vivono soffrendo per colpa di malattie che si sarebbero potute evitare.
Ma siccome non se ne sa nulla…”è morto giovane, poverino: che sfortuna”.
Quindi la risposta non sta nell’abbandonare la cinofilia ufficiale.
La risposta starebbe nel fare pulizia, e chissà che un giorno questo non avvenga davvero; ma nel frattempo, l’unica cosa fattibile è quella di tenere gli occhi aperti.
Sta nell’evitare come la peste negozi, fiere del cucciolo e simili, che vendono quasi esclusivamente cani dell’Est: sta nell’andare in allevamento, sempre e comunque. Però sta anche, molto semplicemente, nel non lasciarsi abbagliare solo dalle coppe e dai titoli e nel cercare invece di capire chi ci sta di fronte.
Quando andate a cercare un cucciolo, chiedete notizie di genitori, nonni e collaterali: indagate, informatevi, non state lì a bervi tutto quello che vi raccontano.
Se per voi il cane è davvero un membro della famiglia (e magari un futuro compagno di lavoro o partner sportivo), non compratelo con la stessa superficialità con cui acquistereste un paio di ciabatte. Perché i mali della cinofilia si possono curare anche dalla base: l’importante è conoscerli e volerli affrontare, evitando di lasciarsi incantare dal potere e da tutto ciò che ne consegue.
E magari tornando a privilegiare il cane “a 360° gradi”, quel cane bello, bravo e sano che “c’era una volta”… e che c’è ancora: ma che potrebbe essere molto più diffuso se anche i clienti smettessero di lasciarsi attirare dai miraggi e chiedessero solo cani belli e bravi, anziché improbabili Superdog che poi, magari, non sono neppure in grado di gestire.
NOTA: anche questo articolo è stato pubblicato su “Ti presento il cane”cartaceo, nel 2006.
Cos’ho cambiato, per aggiornarlo? Praticamente NIENTE.
Ho sostituito dei “qualche mese fa” con “qualche anno fa” (ma giusto per correttezza storica…) e ho inserito l’accenno alla tragedia di Simoncelli (ma purtroppo gli esempi non sarebbero mancati neppure cinque anni fa). Per il resto l’articolo è rimasto immutato, così come è rimasta immutata la cinofilia. Anzi, forse è anche leggermente peggiorata.
L’illustrazione è di Marco Barone.
io pure ho comprato un dobermann promesso futuro campione, solo che è morto prima di aver fatto qualche prova per essere un vero campione.
Uno dei motivi per i quali una come me, importando un cane bello e bravo in Italia, si è fatta il culo per portarlo al Campionato Assoluto senza riuscire a inserirci dentro quello Italiano… e un Labrador-mucca monta a tutto spiano, nel frattempo!
“Uno”? 🙂
denis, tutto giusto, ci stai arrivando.
“Ovviamente non è sempre detto che i cani che vincono le expo di bellezza siano i piu’ idioti dell’universo canino. Potrebbero esserlo oppure no… purtroppo la cosa è irrilevante.”
E visto che in natura “ciò che non serve prima o poi scompare”….
non so il chihuhahua (però so che il suo antenato precolombiano era piu’ di tre chili)… ma per quanto riguarda maltese e bolognese, ti assicuro che le cose che hai detto relativamente alle altre razze valgono benissimo anche per loro, anche se non hanno le prove di lavoro. Le stesse esasperazioni che hai citato per il pastore tedesco sono trasferibili sotto anltra forma anche alle razze di compagnia (ovvero pelo esageratamente lungo, completamente innaturale, che viene esibito solo in esposizione, ma poi sta impacchettato o comunque non permette una passeggiata normale all’aperto su un suolo che non sia un liscio pavimento pulitissimo… oppure taglia ai minimi dello standard, musetti corti che non accolgono una dentatura completa e schiacciano i dotti lacrimali).
Ricordo inoltre che malgrado la corrente di pensiero piu’ diffusa, i cani da compagnia non sono “quelli che non devono saper far niente e in fondo devno prendersi solo le coccole (cosa che riesce a tutti i cani”, ma sono anch’essi animali apprezzati per determinate caratteristiche fisiche e caratteriali che li rendono particolarmente adatti a vivere in società a strettissimo contatto con gli esseri umani… quindi insieme alla taglia ridotta e al mantello spettacolare e immacolato, dovrebbero esserci anche diverse doti caratteriali, quali la poca propensione all’abbaio, l’assenza di aggressività, la poca litigiosità, l’assenza di istinto predatorio, la giusta vivacità… e anche in questo caso, sono proprio le doti caratteriali che rischiano di essere completamente trascurate qualora si formino delle sottofamiglie di cani che vivono tra kennel e tavolino da toelettatura tra un expo e l’altra…. quando conta solo l’aspetto o peggio l’apparenza. E il cane paradossalmente potrebbe essere anche il piu’ idiota dell’universo canino, ma se vince fa diecimila monte come succede alle altre razze. Ovviamente non è sempre detto che i cani che vincono le expo di bellezza siano i piu’ idioti dell’universo canino. Potrebbero esserlo oppure no… purtroppo la cosa è irrilevante. Fortunatamente spesso non lo sono, ma alla lunga è ovvio che una perdita della “sostanza” a favore della forma un po’ avviene.
Velvet camp.it e sociale bellezza, ipo3, obedience3 più volte ai mondiali, Tanc su gregge ti saluta ringraziandoti delle tue parole… Ah naturalmente è HDA ED 0/0 OCD free e fiera di aver riprodotto per ora cani ecc. in expo che vanno in lavoro e tutti HDA.
grazie Valeria …. <3
Ma un utente abbastanza esperto che non si vuole far fregare, alla fine come fa? se le coppe, la pulizia, etc, se neanche un passaparola “guarda il mio ha 3 anni è bellissimo e sanissimo” non bastano a mettersi al riparo da fregature, non credo possano bastare il fare domande all’allevatore. Finisce che uno prende il cane sanissimo ma rimane in paranoia finché il cane non muore di vecchiaia a 15 anni, un altro invece si convince di aver fatto la scelta giusta ma gli muore di crepacuore a 6 mesi. C’è un metodo sicuro?
Se non c’è modo, non si può fare un database parallelo raccogliendo almeno le morti precoci, i difetti di comportamento, i buoni allevatori? Se non c’è altro, mi viene in mente un database virale stilato dal basso, chi ne viene a conoscenza può apporvi il suo contributo (tipo: ho preso il boxer lì, mi è morto di cuore a 6 mesi, ho preso il PT là, fin da cucciolo mugola sempre e morde, i barboncini di quell’allevamento sembrano programmati per trombare, etc). Qualcosa cui la mafia non possa arrivare perché non può alla fin fine punire nessuno. Vorrei vedere che provasse a far qualcosa a un utente finale il cui cane gli è morto a un anno.
Oppure, imporre aggiornamenti ai pedigree…. figlio di questo e quell’altro, che hanno partorito esemplari malati
diciamo che cercando trovi qualcosa in giro anche online.ma le voci girano anche per passaparola, però devi essere nell’ambiente. veder lavorare crescere e riprodursi i cani di tizio e caio e ti fai un’idea di dove andare a parare… facendo attenzione a confondere chi spara mer… alla concorrenza dalle voci fondate.solo che in effetti se uno ha un cane che muore a tot anni e ne cerca un altro ma è fuori dal famigerato giro… è un casino.poi vabbè se uno lavora bene ci può anche stare la sfiga che un cane nasca con qualcosa ma se uno lavora bene non è la norma e viceversa ecco.come sempre dico, è un mondo difficile!
Grazie da parte di un allevatore fiero di riuscire a far parte dello zoccolo duro. Capita veramente a fagiolo, questo articolo, almeno per me che ultimamente ho sempre piu’ dubbi se valga ancora la pena faticare per cercare di produrre cani belli, bravi e sani.
se te li comprano… perchè alla fine è tutto un apparire e una moda anche li… come diceva valeria se non hai i cani di tizio nel pedigree non ti si fila nessuno ecc ecc. e capita che i cani migliori non li apprezzi nessuno… o che al massimo ti chiedano quanto costa per poi cercare quello che vende a meno!
Putroppo tutto verissimo!E sono fierissima dei miei cani:Brio Camp.It.B,eccellente a un Europea e 2° al Test Attitudinale su 60 Terriers e May Camp.It.B e Camp.Sociale di Lavoro SIT.
Scusate di questo piccolo “brag” 🙂
Pensavo di avere le traveggole!Ma perchè se clicco rispondi dopo qualche secondo il mio testo si trasforma in :”Putroppo tutto verissimo!E Sono fierissima dei Miei Cani: Camp.It.B Brio, uno Eccellente Europea delle Nazioni Unite e al 2 ° Prova Attitudinale su 60 Terriers e maggio Camp.It.B e Camp.Sociale SIT di Lavoro. ”
E meno male che non bevo ahaha!!
Misteri del layout… a me non è ancora successo, non capisco cosa sia ad andare in tilt… ma mi sa che sia wordpress a prendersi, ogni tanto, delle belle ciucche! 🙁