giovedì 28 Marzo 2024

Leishmaniosi nell’uomo: quel midollo vuoto per la puntura invisibile…

Dello stesso autore...

Il Signor M. da diversi anni si era ritirato sulle alture dell’Appennino ligure della riviera di ponente.
Dopo una vita trascorsa in mare aveva preferito ritrovare la quiete delle onde nel vecchio podere di famiglia, nel lavoro della terra, circondato dai suoi animali. Certo, l’antica cascina versava in condizioni di quasi abbandono, ma il Signor M. si accontentò solo di una piccola sistemata.
L’attività della giornata era intensa e cominciava alle prime ore della mattina: l’orto, il bosco per la legna, alcuni animali da cortile impegnavano M. per molto tempo e così rapidamente giungeva il mezzogiorno nella casa che fu dei suoi vecchi, legata all’infanzia, ora però molto distante ed isolata dal mondo abitato. I vecchi vicini non vi erano più e questa campagna era la “periferia” del piccolo paese sul crinale appenninico, là al confine con le Alpi tra Liguria e Piemonte: ma ad M. piaceva così.
Gli anni passavano e con essi il rifiuto di M. per il mondo moderno, quello frenetico della riviera dove si recava ormai molto di rado. Il lungo inverno nevoso di quell’anno fu alleviato come ogni altro solo dalla compagnia dei suoi, sempre più numerosi, animali. Tra questi, “raccolti” o nati in famiglia, i suoi cani. Li conosceva tutti per nome, di tutte le forme e sembianze che la genetica potesse fornire: grandi molossoidi, piccoli volpini, lupoidi dal mantello grigio e qualche cane da pastore dal pelo riccio. A volte, a chi gli chiedeva quanti fossero, il signor M. rispondeva in modo vago : “non so più … ormai ogni estate se ne aggiungono di nuovi, randagi, abbandonati, cuccioli. Vanno e vengono da casa, non sono randagi ma vivono liberi, sono comunque molti, più di venti”.

Il Signor M. incominciò, un autunno, a non stare bene. Si sentiva molto stanco e questo lo portò, suo malgrado, a recarsi nella civiltà moderna, in ospedale. Qui la visita e gli esami di laboratorio evidenziarono un gravissimo stato anemico che però, essendosi instaurato lentamente, aveva dato sintomi solo tardivamente ed in modo cronico. All’esame del midollo osseo, concorde con il quadro di pancitopenia (bassi valori di tutti gli elementi corpuscolati del sangue quali globuli rossi, bianchi, piastrine …), si era riscontrato un “puntato vuoto” , deserto, popolato solo da alcuni ospiti che confermarono la presenza di Leishmaniosi.

Colpa dei cani? NO!
Il responsabile è sempre e solo un insetto, il pappatacio (o flebotomo), autore di una puntura invisibile, ma di fatto vettore della malattia.
Poteva essersi infettato dai cani del signor M.? Direttamente, NO: la leishamaniosi non si trasmette dal cane all’uomo.
E’ possibile, però, anche se si tratta di un evento raro, che lo stesso insetto che aveva punto un cane infetto vada poi a pungere l’uomo: ma in realtà il pappatacio avrebbe potuto pungere un altro uomo infetto – o un qualsiasi altro animale sensibile a questa patologia – anche a chilometri di distanza.
Certamente, però, la leishmaniosi è una zoonosi (ovvero malattia capace di passare dall’animale all’uomo) che presenta un ampio spettro di sindromi, sia localizzate sia sistemiche, causate da protozoi del genere Leishmania.
L’uomo può essere ospite “accidentale”, ma per quanto il caso sia raro è sempre bene osservare alcune buone norme di prevenzione ed igiene pubblica.

Misure ritenute necessarie per  il controllo del serbatoio domestico, integrando tre aspetti:

1) sorveglianza dell’infezione canina nel territorio italiano, con la definizione delle differenti tipologie di infezione risultanti dalle metodiche sierologiche e molecolari disponibili per la diagnosi;
2) terapia dei soggetti infetti a rischio di infettività;
3) misure antivettoriali applicate con un duplice scopo: 1) prevenzione della trasmissione di Leishmania ai cani indenni da infezione, e 2) controllo della trasmissione dal cane infetto ad altri cani e all’uomo.

L’Organizzazione mondiale della sanità ha messo a punto un piano internazionale di sorveglianza per controllarla.
La malattia è nota da centinaia di anni, con il nome di malattia di Aleppo, ma è stata descritta nei dettagli solo da Alexander Russel nel 1756.
Ospiti della Leishmania sono, oltre agli esseri umani, anche numerosi animali, sia quelli selvatici, in particolare i roditori, che quelli domestici, appunto  il cane.
Tuttavia, è possibile anche che il flebotomo  responsabile dell’infezione trasmetta la malattia anche direttamente da uomo a uomo.
In particolare, la malattia viene trasmessa attraverso il sangue, frequentemente attraverso una siringa condivisa, come nel caso di utilizzatori di droga in forma intravenerea.

Le diverse forme di leishmaniosi nell’uomo

Negli esseri umani, la leishmaniosi si manifesta sotto quattro forme, con diversi sintomi:

•    cutanea: è la forma più diffusa e presente, e si manifesta con la produzione di numerose lesioni, anche oltre 200 in un solo malato, sulle parti esposte del corpo, dalle braccia alle gambe fino al viso, lasciando cicatrici permanenti.
•    cutanea diffusa: simile alla precedente ma con lesioni molto più estese sul corpo. In questa forma, non c’è possibilità di guarigione delle lesioni senza trattamento e in ogni caso c’è una tendenza alla recidività.
•    mucocutanea: si manifesta sotto forma di lesioni distruttive, anche molto estese, delle mucose del naso, della bocca e della cavità orale. Viene definita anche espundia.
•    viscerale: è la forma più grave, conosciuta anche come kala azar. Se non trattata, può raggiungere una mortalità praticamente del 100 per cento. Si manifesta con febbri irregolari e improvvise, perdita di peso, ingrossamento del fegato e della milza, anemia.

Uno degli aspetti più preoccupanti della leishmaniosi è la sua tendenza a manifestarsi, anche nelle forme più devastanti, soprattutto nelle persone già immunodepresse in seguito all’infezione da Hiv.
L’Aids e la leishmaniosi viscerale infatti si alimentano reciprocamente.
La presenza di leishmaniosi accelera l’attacco del virus Hiv, assieme ad altre malattie opportunistiche come la tubercolosi o la polmonite. D’altro canto, la presenza del virus Hiv incrementa il rischio di contrarre la malattia di 100-1000 volte nelle zone endemiche.
In questi pazienti una delle complicazioni rappresentate dalla coinfezione è la difficoltà a diagnosticare la presenza della leishmaniosi, perché i sintomi caratteristici non sono sempre presenti in persone affette da Hiv.
La diagnosi clinica è poi complicata dalla compresenza di altri parassiti secondari, come Cryptosporidium, Cryptococcus, Cytomegalovirus o Mycobacterium.

Trattamento e prevenzione

L’Organizzazione mondiale della sanità ha messo a punto una serie di azioni per controllare la malattia e cercare di ridurne l’impatto. In particolare, l’Oms si pone i seguenti obiettivi:
•  facilitare una diagnosi precoce della malattia e un trattamento tempestivo
• facilitare il controllo della popolazione di moscerini portatori della malattia sia attraverso l’uso estensivo di insetticidi che la diffusione di zanzariere tra la popolazione a rischio
• informare la popolazione e preparare materiale di formazione per gli operatori sanitari
•  individuare le epidemie nella fase iniziale
•  diagnosticare precocemente e trattare efficacemente i casi di coinfezione  Leishmania/Hiv

In Italia, secondo dati dell’Istituto superiore di sanità, l’incidenza annuale a inizio degli anni 2000 è di circa 200 casi, anche se molte regioni soffrono di sottonotifica.
Programmi di sorveglianza attiva sono stati messi a punto nelle regioni Campania, Sicilia e Liguria. Dai dati pubblicati dall’Iss in occasione di una consensus conference svolta a Roma nel marzo 2004 finalizzata all’elaborazione di “Linee guida per il controllo del serbatoio canino della leishmaniosi viscerale zoonotica in Italia”, la malattia nel nostro paese è diffusa soprattutto tra persone già immunodepresse, in particolare tra persone che fanno uso di droghe per somministrazione intravenerea.

L’approccio terapeutico prevede l’impiego di farmaci  meno tossici degli antimoniali trivalenti impiegati in passato. Diversi i farmaci che possono essere impiegati, non scevri però di importanti effetti collaterali. La risposta clinica è pronta, ma i parametri clinici si normalizzano solo dopo mesi.
Nelle forme viscerali la febbre si risolve in 4-5 giorni dall’inizio della terapia e il paziente migliora verso il settimo giorno. La splenomegalia può rimanere per settimane.
Il 30% delle lesioni cutanee sono guarite alla fine della terapia, il 60% dopo 6 settimane, il 90% dopo un anno.

 

ARTICOLI SULLA LESHMANIOSI NEL CANE:

La leishmaniosi canina

Dieci domande su… leishmaniosi e filiariosi

 

 

 

Nella stessa categoria...

1 commento

  1. ma quante scemenze in un solo articolo !!!
    dalla narrazione dei problemi del malato alla dioagnostica: si sa che se si entra in un ospedale del ponente ligure si entra sani e se ne esce malati.
    io personalmente ho dovuto chiedere ai medici di fare la biopsia a mio padre altrimenti non l’avrebbero mai fatta perchè incapaci di leggere anche wikipedia…

    in particolare la chicca “colpa del cane? NO”. la solita solfa del veterinario che desidera tenersi cari i propri pazienti per non perdere il proprio business senza nemmeno sapere che la lesmaniosi arriva dalle volpi.

    un altro genio italiano sprecato…

    fc

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Ultimi articoli

Scarica la nostra app!

E' gratuita e potrai rimanere facilmente aggiornato su tutti i nostri contenuti!

Scarica l'app per sistemi Android
Scarica l'app per sistemi Apple

Ti presento il cane
Condividi con un amico