venerdì 29 Marzo 2024

I mici che fanno l’occhiolino…

Dello stesso autore...

di MARZIA FIASCHI- …quando lo fanno in modo permanente, perché hanno perso l’altro occhietto, spesso vengono scartati a priori dai potenziali adottanti. Oggi vogliamo raccontarvi tre storie un po’ diverse (e tutte vere, ovviamente)… che si commentano da sole.

La gatta da taschino

Era un sabato pomeriggio, mi trovavo con il mio fidanzato in sella alla nuova moto acquistata da appena tre giorni.
Ad un tratto, mentre ci addentravamo fra le vie di un paesino vicino, qualcosa sull’asfalto in lontananza attirò la nostra attenzione: un batuffolino semi-animato si era avventurato al centro della carreggiata rischiando di essere schiacciato da un momento all’altro dalle automobili di passaggio.
Ero ammutolita dal terrore, ma stranamente (e fortunatamente!) quella volta non dovetti neppure proferire parola: già il mio fidanzato aveva fermato la moto in soccorso.
Scesi velocemente cercando di avvicinarmi, ma quello che avevo riconosciuto essere un microscopico gattino di circa 10 giorni di vita era talmente spaventato e talmente piccolo che era riuscito a muovere solo pochi passi barcollanti fino al marciapiede, dove aveva poi battuto violentemente la testolina.
Piena di compassione, lo raccolsi delicatamente, ma non appena l’ebbi voltato verso di me ammutolii per la seconda volta in pochi minuti: il musino era devastato da un’enorme crosta che lo ricopriva interamente dagli occhi fin sotto il mento, lasciando intravedere soltanto un pezzettino di nasetto rosa. Probabilmente il poveretto aveva contratto una forte infezione respiratoria e la madre, per proteggere il resto della cucciolata, l’aveva isolato ed aveva cessato di accudirlo; così, in breve tempo, il muco purulento si era accumulato sul musetto, ricoprendolo. Il micino respirava a fatica, sicuramente non vedeva perchè gli occhietti si erano infettati ed erano ricoperti dall’enormità di secrezioni; forse non era ancora nemmeno riuscito ad aprirli per una sola volta nell’arco della sua breve, sfortunata esistenza.
In pratica, nelle mie mani giaceva un corpicino freddo, denutrito e debilitato ormai quasi senza vita…
Probabilmente sarebbe morto comunque, ma di certo non potevo lasciarlo là! La mia coscienza mi imponeva di provare ad aiutarlo.
Rimontammo quindi in sella con il gattino, che era poi una gattina, avvolta nella mia sciarpa e infilata sotto un lembo del mio giaccone diretti a ben 20 Km all’ora verso il più vicino ambulatorio veterinario.
Speravo infatti che l’allora futuro collega mi indicasse una colonia o un gattile gestito da bravi volontari dove avrei potuto lasciare la micetta, ma lo studio era chiuso.
E lo erano anche il secondo e il terzo in cui provammo. In paese non ce n’erano altri e nessuno mi aveva saputo dare indicazioni per una qualsiasi colonia.
Che fare, allora? Mentalmente vagliai tutte le possibilità che mi rimanevano e realizzai che ne esisteva soltanto una: portarla nella mia città, dove conoscevo veterinari, brave gattare e colonie decenti dove l’avrebbero accudita degnamente. Sotto lo sguardo preoccupato del mio fidanzato (non ho mai capito se fosse stato più spaventato dagli imminenti trenta Km a velocità-lumaca con un gatto-motociclista a bordo o dal fatto che subodorasse ciò che sarebbe successo di lì a poco) mi procurai una scatolina di cartone, la avvolsi dentro la (ormai) sua sciarpa e me la posizionai sul petto sotto il piumino; poi partimmo alla folle velocità di 30 Km orari.
Dopo un’ora eravamo in città, dopo due ore avevamo girato tutti i veterinari aperti, tutte le colonie feline ed avevo telefonato a tutte le gattare che conoscevo. Niente, nessuno voleva prendersi la responsabilità e soprattutto l’impegno di gestire una gattina così piccola e così malata.
E così la micina venne a casa con me!
Armata di creme, antibiotici, borsa dell’acqua calda e latte in polvere per gattini la pulii, la medicai e la rifocillai a dovere; durante la notte però mi resi conto che cibo, cure e soprattutto calore erano necessari a tempo pieno, perciò non avrei praticamente mai potuto lasciarla sola. Così, dal giorno successivo ovunque dovessi andare me la infilavo in tasca e uscivo.
La portavo dappertutto, perfino alle lezioni universitarie…e piano piano, mentre si guadagnava il soprannome di “gatta da taschino”, la temperatura risalì e la piccola iniziò a mangiare spontaneamente, segno che il peggio era ormai passato. Purtroppo, nonostante ogni cura, per un occhino non ci fu niente da fare e dovemmo asportarglielo.
Ma…diventò semplicemente la mia “gatta da taschino con un occhio solo”!
Bellissima. Affettuosissima. Che rimarrà con noi ancora per tanti, tanti anni.

Il gatto che nessuno voleva

Qualche anno fa mi presi a cuore la storia di un gattino particolarmente sfortunato.
Per cercare di aiutarlo decisi di creare al computer una specie di volantino strappalacrime, alla disperata ricerca di una famiglia che adottasse un piccolo micio bisognoso.
Nel mio progetto-commozione coinvolsi anche la mia amica Silvia.
Il nostro accordo, poiché vive a 100 Km di distanza, prevedeva che non appena avessi finito il volantino l’avrei mandato via e-mail a suo marito Fabio e lei avrebbe provveduto a divulgarlo nella sua zona. Poi, in caso di adozione, io stessa l’avrei accompagnato nella nuova casa, ovunque essa fosse stata.
Quindi un pomeriggio mi misi al lavoro e una volta soddisfatta del risultato inviai a Fabio questo testo:

Ciao, io sono Beo e ho 40 giorni. La mia mamma è morta avvelenata lasciando me e i miei quattro fratellini senza cibo né difese, ma fortunatamente dopo poco siamo stati trovati da una tata buona che ci ha scaldato, nutrito e curato con tanto amore. La tata però non ci poteva tenere, quindi una mattina ci ha portato in un negozio pieno di tante altre bestioline dove siamo stati messi in un bel cesto davanti a un grosso vetro.
Vedevo piano piano avvicinarsi bambini, signore ingioiellate, ragazzi e nonnine, e allora mi sono detto: forse qualcuno mi porterà a casa con sè! Ma le persone mi osservavano, mi prendevano in braccio, poi mi rimettevano delicatamente nel cesto e se ne andavano con un mio fratellino. Prima uno, poi un altro, tutti i miei fratelli sono stati accolti fra le braccia di qualcuno, ma io rimanevo sempre lì…. finchè la sera non è tornata a prendermi la cara tata: ero l’unico che nessuno aveva voluto. Eppure sono un bravo gattino, faccio tante fusa e già faccio i bisognini nella cassettina….
Mi chiedevo: perché nessuno mi ha voluto? Sono tanto brutto? Dovrò essere rimesso in colonia, così piccolo e indifeso, senza una mamma che mi protegga? Poi ieri ho capito perché nessuno mi vuole, la tata mi ha portato dai dottori che già mi avevano curato e mi sono visto allo specchio: il mio occhino sinistro è orrendamente gonfio e non è celeste come quell’altro…
La tata dottora mi ha confidato che forse me lo dovranno togliere, ma che non mi devo preoccupare perché con l’altro ci vedrò benissimo, e sarò comunque bello come il sole. Se lo dice lei che ha una gattina con un occhio solo…ci devo credere, no? Adesso che mi sono un po’ rincuorato sono di nuovo in cerca di una casa dove ci sia qualcuno da coccolare; certo io sono piccolino e ho ancora bisogno di cure, ma vi assicuro che c’è una cosa che so fare bene: scaldare il cuore di colui che mi accoglierà. Credo che questo basti a compensare il mio occhino che rimarrà chiuso per sempre, non credete anche voi? Quindi vi prego, aiutatemi a ritrovare la speranza di una vita lunga e serena!!!! Mille fusa. Beo

Incredibilmente, dopo pochi minuti, Silvia mi chiamò: suo marito si era commosso a tal punto che voleva lui quel gattino.
Sarebbe stato il suo gatto!
Festerino, come poi l’hanno chiamato, ha effettivamente perso l’occhio, ma ha abbondantemente compensato la perdita, così come aveva promesso, non con mille, ma con miliardi e miliardi di fusa!

Micione e la Signora

Un giorno si presentò in ambulatorio una Signora molto elegante e ben curata. Era visibilmente preoccupata e stringeva fra le mani una borsetta firmata e un enorme trasportino in plastica blu anch’esso di ottima marca. Diceva che il suo gatto aveva “qualcosa in un occhio” che gli dava fastidio e ci fece capire con maniere brusche e senza mezzi termini che voleva, anzi, esigeva che glielo togliessimo.
O lei si era espressa male, o più probabilmente noi avevamo male interpretato le sue parole; sta di fatto che ci aspettavamo un gatto con un corpo estraneo in un occhio.
Invece, non appena tirato fuori il gigantesco gattone bianco e rosso dal trasportino, ci rendemmo conto che la cosa non era così semplice come credevamo (o come ci aveva fatto credere la Signora).
Micione infatti presentava l’occhio sinistro completamente deformato ed invaso da una massa carnosa rosata e bitorzoluta che sporgeva dall’orbita addirittura di alcuni centimetri.
La parte laterale della massa perdeva sangue e si era vistosamente infettata, segno che il gatto si strofinava probabilmente con la zampa per il fastidio. O forse per il dolore, chi può dirlo?
L’iter medico prevedrebbe in questi casi una biopsia della massa per valutarne la natura e poi, in base alla diagnosi, un trattamento terapeutico e/o chirurgico adeguato, ma si sa che ogni caso va valutato a sé. Una biopsia richiede, oltre ad un certo costo da parte del proprietario, dei tempi di attesa abbastanza lunghi.
Poiché l’occhio ormai era perduto ma il Micione era giovane e forte, consigliammo alla Signora un intervento di enucleazione (cioè asportazione), soprattutto per limitare i rischi di infezione e di metastasi. La nostra idea era infatti che quella “cosa” fosse un tumore.
E di quelli nemmeno tanto belli…
In seguito avremmo mandato la massa al laboratorio per fare un esame istologico.
Certo non potevamo essere sicuri che la massa non si sarebbe riformata o non avesse già metastasizzato da altre parti, ma un intervento il più precoce possibile ci pareva la decisione più ragionevole per la salute del gatto.
La Signora invece ci fissò inorridita:  “Un gatto senza un occhioooo? – squillò con tono stridulo mentre si contorceva nervosamente le mani piene di anelli un po’ troppo pacchiani – Nooo! Impossibile! Non lo potrei nemmeno guardare!!! Non se ne parla neppure, piuttosto lo lascio così…”
Pazientemente ci eravamo messi a spiegarle che un gatto senza un occhio non poteva essere tanto peggio di un gatto con un occhio infetto; inoltre in questo momento il gatto, vivendo in appartamento con loro, costituiva anche un problema igienico in quanto perdeva sangue e pus. Senza contare che in queste condizioni la salute del micio era gravemente a rischio!
Dopo una lunga chiacchierata finalmente la convincemmo a parlarne a casa e la lasciammo andare con la promessa che sarebbe passata l’indomani a vedere alcune foto della mia gatta Amelia (la gatta da taschino).
Speravo che vedendola di persona si sarebbe resa conto che non creavamo dei gatti-Frankenstein semplicemente enucleando un occhietto.
Il giorno dopo la Signora tornò, guardò attentamente le mie migliori foto di Amelia, poi disse che doveva ancora parlarne con i suoi familiari e che ci avrebbe telefonato… ma non l’abbiamo più rivista ne’ sentita.
Solo in seguito, da alcuni conoscenti suoi vicini di casa, siamo venuti a sapere che Micione era morto un paio di mesi dopo.
Probabilmente con notevoli sofferenze. E solo per uno stupido senso estetico.

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7 Commenti

  1. Ciao Marzia,
    è molto bello il tuo articolo, e commovente. NOn sono solo le classiche parole di circostanza, comprendo davvero i l sentimento di chi ama profondamente un gattino, soprattutto se più sfortunato degli altri.
    Il nostro Scintilla è un micetto di circa 5 mesi che fa l’occhiolino, sempre… l’abbiamo adottato quest’estate io e il mio compagno insieme a Teo, che io chiamo il piccolo Lord…
    Scintilla è il mio pupetto, quando l’ho visto sbucare da un angolo, piccolissimo, indifeso, bisognoso di infinite cure e di tanto amore, e soprattutto quando ho visto che non aveva un occhietto, me ne sono perdutamente, irrimediabilmente innamorata. Una piccola scintilla che ha acceso un falò eterno nel mio cuore.
    Lui e Teo erano i cucciolini della colonia felina della spiaggia dove andavamo io e il mio compagno, ma la mia permanenza al mare significava tenere in braccio e coccolare il mio pupetto che subito si faceva prendere in braccio e dormiva bato sul mio cuor. Si è creato subito un legame indissolubile fra me e lui. Ma all’identico modo amo il mio piccolo Teo di quasi 6 mesi e la mia piccola Minù, che anche se ha 15 mesi è sempre piccolina per me. Un abbraccio a tutti coloro che amano e rispettano gli anumali.

  2. Qualche anno fa, di gatti ne avevo davvero tanti (25-30, in pratica una colonia), ognuno con il suo nome e tutti molto amati. I gatti arrivavano a casa mia nei modi più disparati, portati da qualcuno, nel motore di un’auto, trovati per strada o nel più felice dei casi, nati da gatti già miei. Un giorno individuai una gatta molto bella (era tortie tabby con bianco), nel cortile di un palazzo, che viveva nutrendosi nel cassonetto e pericolosamente vicino ad una strada trafficata. Non ci pensai per un pò finchè non la rividi incinta e grossa come una mongolfiera…..ma non era molto propensa a farsi avvicinare. Lasciai stare. Quando la rividi, aveva partorito…..allora decisi che dovevo proprio fare qualcosa. Così la pedinai, scoprii dove aveva i cuccioli (6) e me la portai a casa armi e bagagli. Scoprii che era molto affettuosa, ma forte, indurita dalla strada e dalla vita, nonchè una cacciatrice formidabile. Quando i suoi cuccioli erano ormai grandi, la gatta, che avevo chiamata Mishu, sparì. Mi preoccupai subito. Mancò per 3 giorni, poi all’improvviso ricomparì in mezzo agli altri mentre distribuivo la cena. Fu uno shock per me, era stata investita! Un occhio era andato, me ne resi conto subito, nero, sporgente e secco com’era…..ed in più la mandibola pendeva storta. Dopo l’incidente doveva essersi nascosta per la paura ed il dolore, per questo era sparita. La portai dal veterinario, che sistemò la mandibola ma per l’occhio non poteva fare nulla nell’immediato, gonfia com’era. Me la riportai a casa e per 10 giorni la curai, imboccandola con una siringa poichè non poteva masticare cibo solido. Poi fu operata, e le asportarono l’occhio. All’inizio, era bruttissima…..il veterinario aveva tolto l’occhio e cucito le palpebre, ma il tutto mi appariva sporgente ed innaturale. Poi, pian piano….ritornò tutto normale. La pelle si appianò, il pelo si sistemò, e quasi pareva che l’occhio fosse ancora lì. Lei si riprese benissimo, come se nulla fosse, si muoveva normalmente e cacciava normalmente. Era sempre lei, la mia bella gatta senza un occhio!

  3. Se andate sul sito Oscar Dog potrete comprare anche il libro Oscar Dog animali Disabili ma felici.

    ci sono innumerevoli storie vere e d’amore.

    Io ho tre gatti con handicap, scelti volutamente. E non me ne pentirò mai.

  4. Uno dei gatti autoadottatisi a casa dei miei, dopo una litigata con altri mici, è tornato con un occhio tutto pesto… mia sorella, che abita ancora con loro, l’ha portato di corsa dal veterinario e l’ha fatto operare, e anche lui fa l’occhiolino… ma Lulone è il nostro gatto Panda, quello scemo che quando era appena arrivato aveva paura se alzavi le mani, ma era sempre tra i piedi a farti inciampare…

    Io spero che la signora del 3° racconto riceva quel che ha dato…

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