di CARLO COLAFRANCESCHI – Attualmente, sulla base dei reperti archeologici ritrovati, si pensa che la domesticazione del cane sia avvenuta circa 14/16.000 anni fa, anche se l’analisi del DNA rivela origini ben più antiche (40/50.000 anni).
Il lupo suo progenitore ha una storia molto più antica anche se quasi totalmente sconosciuta. Ossa di uomini e di ominidi risalenti a 150.000 anni fa sono state ritrovate vicino alla grotta di Lazaret (Nizza FR.); in Cina negli scavi di Zhoukoudian i reperti datano 300.000 anni; nel Kent in Inghilterra sono stati trovati reperti che arrivano addirittura a 400.000 anni.
L’uomo era appena nato e già condivideva questa terra con il lupo!
Durante gli anni trenta in Europa nacque una nuova scienza: l’etologia. Padri fondatori: Konrad Lorenz, Karl von Frisch and Niko Tinbergen.
L’etologia si basa sull’osservazione di una specie in natura. Il metodo di questi padri dell’etologia in contrasto con quello americano (che premiava il lavoro con animali tenuti in cattività), arrivò fino nella lontana America dove venne adottato da biologi come ad esempio David Mech.
Durante gli anni 30,40,50,60, l’interesse per l’organizzazione sociale degli animali ebbe grande attenzione da parte degli addetti ai lavori.
I primi ricercatori che descrissero le dinamiche di branco furono Schenkel 1947; Rabb e al. 1967; Fox 1971b; Zimen 1975, 1982 Murie 1944; Mech 1966, 1970; Haber 1977; Peterson 1977. Questi studi vedevano la coppia dominante avere assoluta egemonia sul resto del branco ed erano stati effettuati prevalentemente su animali in condizioni innaturali.
Nei branchi tenuti in stato di cattività, che sono tra loro sconosciuti, si formano gerarchie strutturate con individui alfa, beta, fino ad arrivare all’omega e questo potrebbe suggerire che il nostro cane di casa veda la sua convivenza con l’uomo allo stesso modo.
L’etologia ad ogni buon conto ci insegna che spesso diverse specie quando tenute in cattività formano appunto una gerarchia strutturata.
Questa però non è stata l’unica scuola di pensiero: altri hanno sostenuto che in natura il branco non si sviluppa casualmente (come succede in cattività) ma forma una vera e propria famiglia (Murie 1944; Giovani e Goldman 1944; Mech 1970, 1988; Clark 1971; Haber 1977) che include la coppia di genitori e la loro progenie ( Murie 1944; Haber 1977; Mech e al. 1998).
Oltre a quanto esposto questi studi erano viziati da:
1- Portati a termine in tempi brevi, focalizzavano quasi esclusivamente sulle attività di caccia: le più scontate. Arrivando a conclusioni basate sull’1% dei comportamenti dei lupi osservati.
2- I ricercatori osservarono comportamenti rituali misinterpretandoli. E’ da queste errate osservazioni che nacque il grosso della mitologia della dominanza.
3- Le estrapolazioni fatte dai loro dati erano piuttosto ardite per non dire campate in aria. Immaginate che come prima conclusione logica allargarono ai cani le loro conclusioni e successivamente al rapporto uomo-cane.
Nel frattempo, in Europa, Konrad Lorenz descrisse le differenze tra dominanza e sottomissione nel famoso libro pubblicato nel 1949 King’s Solomon Ring interamente basato sulle osservazioni dell’etologo (vincitore del premio Nobel) sui propri cani.
La scuola cinofila di quei tempi era capitanata dal colonnello tedesco Konrad Most, Lorenz era anche lui austriaco e la scuola “germanica” di quei tempi vedeva il cane come un animale da dominare e sottomettere alla propria volontà.
Il cane maschio, specialmente per gli esperti dell’epoca, era in continua competizione con l’uomo e qualsiasi segnale di ribellione (dominanza) era da contrastare con fermezza (una bella parola che troppo spesso è usata al posto di crudeltà, prevaricazione o violenza). Curiosamente né allora né oggi nessuno si è mai posto il problema conseguente all’utilizzo del cane per una monta: “capobranco” ruffiano? Bisogna ammettere che per un cane sottomesso ricevere una femmina in calore proprio dal suo capobranco dovrebbe risultare quantomeno strano, per non parlare della conseguente riduzione di rango che ne avrebbe a soffrire quel leader che si preoccupa di passare per primo attraverso la porta di casa, che guai a te se sali sul divano e poi sta li a guardare il suo sottoposto che si monta una femmina! Inaudito!
Così nel dopoguerra la cultura tedesca fu esportata sui campi di addestramento americani ad opera di quei militari, costretti ad allontanarsi dall’Europa. Lorenz influenzò anche Mech che negli anni 70 coniò il termine Alfa.
Negli USA nello stesso periodo vissero un momento di grande popolarità i Monks of New Skete, un gruppo di francescani aderenti al rito bizantino che avocavano la scrollata, lo schienamento ed il pugno sotto il mento dei cuccioli, come tecniche efficaci per ridurli a miti consigli.
Nello stesso periodo furoreggiava Bill Khoeler un addestratore che faceva della compulsione, punizione e rinforzo negativo il suo pane quotidiano.
A riprova dell’influenza “germanica” sulla cinofilia USA, un paio di anni fa ero negli USA per seguire un corso sui test comportamentali ATTS (American Temperament Test Society ) fondata dal tedesco Alfons Ertel nel 1977 e il caso ha voluto che conoscessi Carl K. Herkstroeter (Austriaco emigrato durante la guerra) attuale presidente dell’associazione.
Torniamo a David Mech che oggigiorno, dopo circa 40 anni di ricerca sui lupi allo stato naturale, ha ritrattato le sue conclusioni risalenti agli anni settanta ribattezzando la coppia alfa o coppia dominante “coppia riproduttrice” (Mech 2008) mettendo il capo-branco nel cassetto. Tutte le congetture sugli scontri tra maschi per la supremazia del branco all’evidenza dei fatti, nella stragrande maggioranza dei casi si “risolvono” con i lupi che a partire dall’anno di età in poi lasciano il branco per formarsene uno proprio altrove (meccanismo che previene quegli scontri invece inevitabili in cattività) e di grande importanza, per mantenere quella diversità genetica necessaria per perpetuare la propria specie
Naturalmente nel prendere ad esempio i lupi l’assunto era ed è che essendo il cane suo discendente, il suo comportamento non potesse non derivare dal suo progenitore.
Così un po’ tutti ci siamo sentiti in dovere di proferire la frase magica che non può mancare quando si cerca di spiegare il perché di un certo comportamento del cane: “Il cane in natura…”.
Il fatto è che di cani in natura ve ne sono davvero pochi. Non mi riferisco ai Dingo (Canis Lupus Dingo) ne all’African Painted/Wild Dog (Lycaon Pyctus) ancora osservabili allo stato naturale, ma al nostro amatissimo Canis Lupus Familiaris.
Un altro impedimento non da poco, quello di non potere studiare la versione domestica del lupo…versione domestica?
I lupi che abbiamo studiato sono i Timber Wolf a causa della quasi estinzione del Lupo Artico progenitore del cane, con il quale è al limite per essere definito come appartenete alla stessa specie (John Bradshaw 2009).
Quindi per tutti questi anni abbiamo fatto riferimento a studi compiuti in prevalenza su lupi che avevano ben poco da spartire con il progenitore del lupo?
La risposta è si, anche per chi volesse erroneamente attribuire l’origine al lupo asiatico. Un altro problema!
Non solo manca il cane in natura, mancano anche il suo progenitore e i suoi discendenti in ambiente naturale! Così l’esempio più vicino al “modello naturale” del cane è il cane che troviamo nei villaggi (village dogs) ad esempio sull’isola di Phemba; studiati dal Prof. Raymond Coppinger, biologo e consumato praticante dello sleddog: questi cani non formano il branco, la loro sopravvivenza è legata a doppio filo con quella degli abitanti dei villaggi e con i loro rifiuti. Lo stesso comportamento è stato osservato in Kenya, Tanzania e Sud America su altrettanti “village dogs”.
Altro cane dei villaggi è il Canis Africanis scoperto dal mio amico Johan Galant (giudice/figurante e handler IPO) in quel del Sud Africa. Anche qui stessa storia, i cani vivono nei villaggi e non hanno bisogno di formare un branco anche se occasionalmente formano gruppi di caccia. Ricapitolando la teoria del branco così come popolarmente divulgata si basa su lupi tenuti in cattività, molto diversi da quelli da cui discende il cane i cui possibili antenati non formano il branco!
C’è da dire che per quanto questi cani si siano auto-selezionati (land race) una selezione vi è stata: nei villaggi i cani aggressivi non sono visti di buon occhio, sono eliminati non appena dovessero mostrare questo tratto…avessimo fatto fuori tutti gli alfa? Anche per quello che riguarda il Cane Indiano Americano la storia é la stessa: cani che seguivano gli indiani
La loro sopravvivenza sembra essere legata alla continua immissione di nuovi soggetti riproduttori nel gruppo. Cibo in abbondanza e nessuna interferenza da parte dell’uomo e il cane ferale riesce a proliferare. Ancora una volta sono segnalati gruppi amorfi di pochi elementi e non strutture che possano assomigliare ad un branco.
Vi sono invece altri ricercatori (Macdonald and Carr 1995, Pal et al., 1998) che riportano l’organizzazione sociale ruotante attorno ad una coppia monogama (come nei lupi) e i membri del gruppo sembrano essere tolleranti tra di loro.
Rispetto al lupo nei cani ferali la presenza in contemporanea di più cucciolate è più marcata. Infine è riportata la dispersione dei giovani al compimento dell’anno di età (Pal et al. 1998).
E questo è quanto; non esistono esempi o studi che dimostrino che il cane sia un animale di branco se per branco si intende quella unità di sopravvivenza appartenente al lupo.
Cerchiamo di approfondire l’argomento mettendo a fuoco alcune contraddizioni conseguenti alla divulgazione popolare della teoria del branco e conseguentemente, la gerarchia e la dominanza cercando di ristabilire la versione scientificamente accreditata. Consideriamo tre tipi di ordinamento gerarchico:
1. Nel primo modello (quello più diffuso nell’immaginario comune) vediamo un cane saldamente al comando questo tipo di gerarchia si mantiene per effetto della sottomissione di tutti nei confronti del despota.
2. Il secondo modello (triangolare) può comprendere un numero pressoché illimitato di componenti. Questo modello è estremamente instabile i componenti competono per le risorse e a volte tende a trasformarsi nel modello 3.
3. Questo modello si mantiene attraverso una sottomissione via via a scalare
Nessuno dei sopra elencati ordinamenti necessita di un capo-branco! Uno dei maggiori problemi conseguente alla distorsione della etologia ufficiale è nel comprendere che i cani stabiliscono il loro ordine gerarchico attraverso la sottomissione che viene manifestata attraverso il giuoco aggressivo, i rituali con subdoli segnali e minacce e non l’obliterazione dalla faccia della terra dell’avversario. Non serve anzi sarebbe controproducente è documentato che il despota di turno è regolarmente deposto dai suoi “sottoposti”. Sono quegli elementi naturalmente non aggressivi, per niente prepotenti ad evitare di sfidare quelli che invece lo sono.
Un animale costantemente assoggettato ad un regime di sottomissione vede i suoi livelli di cortisolo (ormone dello stress) elevarsi permanentemente, in questo modo le femmine inibiscono l’ovulazione all’interno di una comunità.
Anche il termine Capo Branco è fuorviante.
Il capo è colui che comanda, cosa che nessun cane è in grado di fare: un cane prepotente difende le sue risorse (se lo ritiene necessario), il suo territorio, ma comandare? Direi proprio di no.
E’ un po’ come in una squadra di calcio, vi sono 11 giocatori che giocano insieme, ognuno in piena autonomia agisce per il bene di tutti: nel lupo gli schemi si sviluppano grazie agli istinti e all’esperienza.
Un cane non insegna nulla per definizione, nel caso sono gli altri ad imparare da lui imitandolo. Conseguentemente all’enfasi posta sulla aggressività, pochi sono consapevoli che una relazione di sottomissione può esistere soltanto se uno dei due soggetti si sottomette in maniera consistente.
Roger Abrantes distingue la dominanza dalla aggressività in base all’esito dell’interazione; il cane “dominante” non provoca danni, quello aggressivo lo fa per definizione. Questo si sposa alla perfezione con quel morso singolo dispensato, per mantenere una risorsa, normalmente senza conseguenze degne di nota per chi lo riceve del cane dominante.
Stabilita la relazione questa è mantenuta attraverso una serie di avvertimenti o forme ritualizzate di aggressività. Il soggetto subordinato è quello che scatena la reazione dell’altro e non viceversa.
Riflettiamo: anche negli uomini sono i sottoposti a scattare sull’attenti per salutare il generale, non è il generale a legnare tutto il plotone per essere salutato!
Tra le differenze più significative in contesto sociale tra lupo e cane c’è quella riguardante la rimozione di un soggetto dal suo gruppo: nei lupi è quasi certo che anche dopo poche ore di assenza sarà necessario riguadagnarsi la posizione; nei cani invece anche a distanza di mesi si sono osservati reinserimenti del tutto pacifici.
Ovvio che affinché ciò accada non debbono verificarsi cambiamenti importanti come ad esempio l’introduzione di un nuovo adulto nel gruppo. Il termine dominanza è stato largamente abusato per descrivere comportamenti che con la dominanza poco avevano a che vedere. Il cane ringhia quando ci si avvicina alla sua ciotola DOMINANTE! Il cane ringhia quando gli si chiede di scendere dal letto DOMINANTE! Il cane salta addosso alle persone DOMINANTE! Il cane ringhia quando lo si vuole far uscire da sotto il letto DOMINANTE!
La lista è pressoché infinita una volta sentii ascrivere alla dominanza anche un episodio di coprofagia!
Ma cos’è questa benedetta dominanza? Beh, per prima cosa non è un tratto genetico: il gene della dominanza non esiste, se esistesse i problemi di dominanza non si risolverebbero tramite tecniche ispirate al condizionamento operante.
La dominanza di cui si conoscono almeno 13 definizioni diverse (Carlos Drews) è una relazione variabile che intercorre tra due individui, ma non è l’inizio e la fine dell’interazione lupo>lupo; cane>cane; la riduzione degli spazi sembra aumentarne la frequenza ma questo lo sanno tutti quelli che hanno fatto una vacanza in barca.
La dominanza, stabilire un ordine sociale (gerarchia) non garantisce stabilità eterna: le “gerarchie” cambiano asseconda delle situazioni, non durano in eterno, sono mutevoli come le variabili che delineano il rapporto tra cane e cane.
La dominanza non si trasmette geneticamente perché non è un tratto genetico: prendiamo un numero X di cani dominanti, mettiamoli insieme ed essi formeranno un ordine sociale.
Vorrei sottolineare che quei cani (a volte molto simpatici ed equilibrati con le persone), appartenenti a razze nelle quali la selezione fatta dall’uomo ne ha modificato il naturale comportamento sociale intraspecifico, possono, in taluni soggetti, esibire comportamenti esagerati e/o mancanti dei necessari freni inibitori o più in generale difettare quelle caratteristiche necessarie per la sopravvivenza di una specie, resistenti a qualsiasi socializzazione (per mancanza di caratteristiche), esulano da quei discorsi inerenti a temi legati alla normale comunicazione tra cani.
Osservando i cani ferali ci accorgiamo che durante il periodo della riproduzione è possibile che più elementi trasmettano i propri geni, come è possibile che si crei una coppia stabile; la ricerca di una risposta univoca quando si parla di cani o peggio di lupi è spesso una chimera.
E’ importante accettare che possono esserci delle eccezioni e non usarle per smentire le regola.
Dominanza significa anche “potere ed influenza sugli altri” significa supremazia, superiorità, controllo, autorità tali e tanti sono i significati da renderne difficile l’uso preciso in termini scientifici (Roger Abrantes).
La dominanza può essere misurata in termini quantitativi e serve alla funzione di difendere, acquisire o mantenere temporaneamente una determinata risorsa, in una determinata circostanza, nei confronti di un determinato individuo.
La dominanza può essere manifestata da un soggetto in un determinato contesto e non in un altro. Il rapporto tra due soggetti può variare al mutare della situazione o della risorsa.
La differenza tra aggressività e dominanza è nell’obbiettivo: il primo è mirato alla eliminazione della competizione, il secondo serve lo stesso scopo ma nei confronti di compagno, di un amico (Roger Abrantes).
Abbiamo visto che gruppi stabili tenuti in ambienti chiusi (cattività) sviluppano più facilmente un ordine sociale, mentre gruppi instabili soggetti al cambiamento di ambiente non sviluppano un ordinamento sociale. La dominanza ha le sue “ stranezze” ad esempio un elemento sottomesso può facilmente rifiutare di perdere possesso del cibo nei confronti di altri normalmente “superiori in rango” in situazioni diverse.
Mark Bekof sottolinea la diversità con la quale la dominanza può essere espressa tra la stessa specie e specie diverse le eccezioni; i cuccioli di lupo sono certamente subordinati ai genitori e ai fratelli più grandi eppure ricevono il cibo per primi dai genitori e talvolta dai fratelli (Mech 1999). Peter Neville testimonia l’avere visto un giovane lupo trasportare per oltre un chilometro un coscio di “antilope” (non ricordo esattamente la specie) per consegnarlo al vecchio omega!
A mio avviso il concetto di dominanza intraspecifica non è così chiaro e semplice come lo si racconta sui campi di addestramento.
Fin qui abbiamo accennato a ciò che ci insegna l’etologia, che però non è certamente l’unica scienza ad occuparsi del comportamento del cane. Prima di passare ad altre osservazioni permettetemi di ricordare che per quanto non tutti gli etologi e i biologi non abbiano esperienza di lavoro (Coppinger e Abrantes ne hanno), quello che è stato trasportato sui campi di addestramento di tutto il mondo, quella logica perversa che riduceva tutto a “ Il cane lo deve fare perché lo dico io” ha causato soltanto inutili sofferenze.
Tecniche di elicotteraggio, di impiccagione, cani affogati nell’acqua, collari elettrici usati con il solo principio: “Aumento l’intensità fino a quando non decidi di obbedire”… credo si sia tutti concordi che la teoria del branco e la dominanza hanno creato prevalentemente sofferenze inutili permettendo a molti di “qualificarsi” come esperti, snocciolando fesserie a volte molto pericolose.
Ancora oggi mi capitano, e anche spesso, CUCCIOLI presi a giornalate da rispettabilissime persone che candidamente ti dicono: “Non gli faccio mica male! Serve solo per spaventarlo!”
E tu stai li e vedi il cucciolo in evidente stato di stress, vedi l’insicurezza e non puoi dirlo, perché ti trovi davanti ad anni di disinformazione provenienti dalle sciuremarie, da cuggini, da addestratori improvvisati, da veterinari fermi ad un approccio barbaro al cucciolo, dalla televisione che sembra selezionare i propri big in base alla loro incompetenza e assenza di una qualsiasi preparazione degna del nome, ad includere noti “scollaratori” (l’uso dello strangolo per ridurre il cane all’obbedienza).
Abbiamo anche autori più o meno importanti a divulgare colossali castronerie: The Monks of New Skete. “…. grabbing the dog by the throat, throwing him down on his back and screaming “No!” in his face. “ (“prendendo il cane per la gola e sbattendolo/gettandolo a terra sulla schiena urlandogli in faccia NO!”)
Nel libro The Intelligence of Dogs, Stanley Coren descrive una versione più gentile: “You should deliberately manipulate and restrain your dog on a regular basis, placing it in a position that, for wild canids, signifies submission to the authority of a dominant member of the pack.” “Il cucciolo regolarmente manipolato e contenuto posizionandolo in una posizione che per i canidi allo stato brado significa sottomissione all’autorità di un soggetto dominante del branco.”
Complimenti, un altro professore del nulla.
Tecniche che servono nel migliore dei casi a minare fin dall’inizio quel rapporto di fiducia imprescindibile se si vuole ambire a creare una simbiosi tra uomo e cane, unico modo per garantire la proficua convivenza di entrambi.
Quante volte ho visto una madre giocare con i cuccioli e mettersi a pancia all’aria permettendogli di saltarle sopra, come interpretare questa postura… sottomissione?!
La verità è che troppo spesso in cinofilia si fa delle proprie opinioni, maturate per sentito dire, il verbo.
Qualche anno fa parlando dell’argomento mi venne detto: “Si ok, ma che facciamo ci rimangiamo tutto quello che abbiamo detto fino ad oggi?”
Beh, cosa ci sarebbe di male?
Se la storia sui neutrini fosse stata dimostrata vera, la scienza si sarebbe rimangiata la teoria della relatività e Albert Einstein sarebbe rimasto comunque un genio di incommensurata grandezza.
Ah, so benissimo che ammettere certe cose darebbe il la a tanta gente le cui opinioni esistono esclusivamente come critica delle idee degli altri, opinioni che trovano terreno fertile nella generale confusione alla quale rimarremo condannati se chi sa non si decida ad ammettere la necessità di una cambiamento di rotta.
Rendiamoci conto di come è sprofondato l’intero paese per dire o non dire e fare o non fare ciò che era politicamente corretto o scorretto.
Non ho ancora parlato di gerarchia tra uomo e cane, registro soltanto che i sottoprodotti della teoria del branco, i capo-branco, la dominanza, la gerarchia hanno causato in tutto il mondo danni e sofferenze incalcolabili. Il lupo impara a cacciare attraverso il gioco, il lupo impara ad essere lupo attraverso il gioco… il lupo impara a sopravvivere attraverso il gioco!
Ancora oggi per far scendere dal divano di casa il cane “dominante” lo si sgrida, lo si minaccia, lo si attacca con la scopa e quando arrivi tu con il tuo bocconcino e il cane dimentica tutta la sua “dominanza”, improvvisamente se ne fotte altamente del suo rango e del tuo, scende dal divano per ottemperare al suo istinto di sopravvivenza che con qualche lezione, fa si che quando arrivi a casa ti accolga come un vecchio amico, improvvisamente puoi sederti vicino al lui sul “SUO” divano. Il cane oramai ignaro di avere una gerarchia da difendere nei confronti di un quasi sconosciuto, che vede per la terza volta in tre settimane, un estraneo che invade il suo territorio, minacciando la sua supremazia e chi più ne ha più ne metta!
L’obiezione che ricevo più frequentemente è rivolta verso il bocconcino: “Il cane mi deve ubbidire, non lo deve fare per il bocconcino!”; ma, se il cane deve scendere dal divano per quale motivo anche l’eventuale utilizzo della forza (e a volte i clienti è proprio quello che si aspettano) è accettabile e il bocconcino no?
Il cane deve ubbidire, mi viene detto, io propenderei più per: il cane deve scendere dal divano quando gli viene chiesto o non salirci e se mettiamo via tutte le nostre velleità di sergenti di ferro occorre necessariamente renderglielo conveniente.
Occorre che il cane veda conveniente non salire o scendere!
Il cane ruota intorno a questo semplice principio: fa tutto ciò che gli conviene e evita tutto ciò che non gli conviene, il gioco sta nel rendergli conveniente quello che per noi è accettabile.
“Quando il cane si trova a confronto con una situazione specifica, ogni divario tra il risultato atteso dal sistema limbico é inviato attraverso i collegamenti con i centri di apprendimento alla corteccia cerebrale e altri collegamenti all’ipotalamo, la parte del cervello che a sua volta alimenta il sistema ormonale del corpo. Se la ricompensa che noi offriamo è meno allettante di quella che potrebbe attrarre il cane è il sistema limbico che decide di non “ obbedire” al comando.” (Bruce Fogle) La mente del cane p.51.
Sembrerebbe proprio che il nostro amico Fido sia forzatamente costretto ad agire diversamente dalle nostre aspettative.
Vediamo se affrontando il problema da un’altra angolazione riusciamo a trovare delle risposte alla vera natura del rapporto uomo-cane.
Oggi si fa un gran parlare dei processi cognitivi del cane: la scienza nega che il cane abbia coscienza di se stesso, mentre quelli che gli riconoscono la capacità di avere delle emozioni aumentano giorno dopo giorno.
Questa nuova scuola di pensiero però sembra esagerare nel volere attribuire a tutti i costi al cane capacità cognitive DIVERSE da quelle che gli appartengono.
Prima di dare conto di questa affermazione vorrei chiarire il significato di due termini spesso fraintesi:
2. Coscienza – Consapevolezza che il soggetto ha di sé stesso e del mondo esterno con cui è in rapporto, della propria identità e del complesso delle proprie attività interiori.
Ora che il cane abbia delle capacità cognitive credo sia indubbio: è meno certo che sia consapevole di se stesso, anche se ci va molto vicino.
A volte vengono riportati i risultati di ricerche “scientifiche” che di scientifico hanno poco o nulla e che sono, assieme alle sciuremarie, responsabili della grande confusione che regna tra tante persone che in buona fede credono a capacità che il cane proprio non ha, o se le avesse sarebbero tutte da dimostrare.
Nel 2008 (USA) su un campione di 907 proprietari di cani, il 74% ha attribuito al cane la capacità di sentire rimorso, emozione non dimostrata nel cane (Secondary emotions in non-primate species? Behavioural reports and subjective claims by animal owners Paul H. Morris, Christine Doe & Emma Godsell).
Il cane ha cognizione degli spazi e si muove attraverso ambienti diversi con una motivazione precisa suggerendo la presenza di una mappa cognitiva del mondo esterno.
Il cane ha cognizione dell’esistenza di un oggetto anche se nascosto alla propria vista: a questo arrivarono i ricercatori (Triana & Pasnak, 1981; Gagnon & Dori, 1992, 1993) utilizzando i test di Jean Piaget originariamente concepiti per bambini di 2-3 anni. Collier-Baker et al., 2004 sostengono che il cane associ il luogo dove si trova l’oggetto nascosto con uno o più dettagli nell’ambiente.
Friederike Range un ricercatore all’ University of Vienna in Austria ha portato avanti una serie di esperimenti con dei cani capaci di eseguire il segnale “Dai la zampa”.
I cani sono descritti normalmente contenti di dare la zampa a prescindere dall’elargizione del premio o meno. E questo suona strano.
I ricercatori hanno segnalato che quando i cani vedevano un altro cane premiato e loro non ricevevano nulla il loro comportamento era diverso. “Abbiamo scoperto che i cani esitavano significativamente più a lungo quando ricevevano il segnale “Dai la zampa” per eventualmente smettere di offrire quel comportamento.
Conclusione? Il cane non rispondeva più al segnale a causa dell’ingiustizia subita!!
Dogs Found to Have Abstract Thinking! Scoperta la capacità di astrazione nei cani! E’ di nuovo Friederike Range ad informarci di questa incredibile scoperta, ovvero che i cani riescono ad assegnare a varie categorie immagini complesse proprio come facciamo noi.
L’hanno dimostrato usando un computer automatizzato dotato di touch screen. Per verificare se essi fossero in grado di classificare delle immagini osservandole e applicando quanto appreso a nuove situazioni, sono state presentate a 4 cani illustrazioni di paesaggi e di cani. Durante la fase di addestramento i cani hanno visto sia immagini di paesaggi, sia di cani, venendo premiati con una crocchetta ogni volta che sceglievano l’illustrazione del cane.
Dopo il periodo di addestramento ai cani sono state presentate immagini diverse di paesaggi e cani. I cani hanno scelto le immagini dei cani, secondo Friederike Range dimostrando di applicare quanto appreso durante l’addestramento.
C’è poi l’esperimento di Brian Hare and Michael Tomasello Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology nel quale il cane é chiamato a scegliere tra due bicchieri quello contenente cibo seguendo l’indicazione fatta da un assistente.
Francamente vorrei vedere tutti e due i bicchieri vuoti ed il cane ricompensato per la giusta scelta, con il premio sotto al bicchiere giusto non potrò mai non sospettare che sia il naso a suggerire la risposta.
Sempre dal Max Planck Institute lo studio: Word Learning in a Domestic Dog: Evidence for “Fast Mapping”
All’età di circa 3-4 anni i bambini riescono a formulare ipotesi sul significato di una nuova parola dopo una sola esperienza, questo fenomeno è chiamato fast mapping.
Rico, un Border Collie, è capace di distinguere 200 oggetti diversi e tra questi identificare un oggetto sconosciuto quando gli viene chiesto di riportarlo, senza averne mai visto ne sentito prima il suo nome. Rico riesce a replicare questa autentica prodezza anche a 4 settimane di distanza dalla prima esposizione!
Quest’ultimo sembra essere il più attendibile tra gli studi sopra descritti anche se come gli altri pecca almeno per il numero esiguo (1) di soggetti testati.
Anche in Italia sono portati avanti degli studi: Do Dogs (Canis lupus familiaris) Make Counterproductive Choices Because They Are Sensitive to Human Ostensive Cues? (Sarah Marshall-Pescini, Chiara Passalacqua, Maria Elena Miletto Petrazzini, Paola Valsecchi, Emanuela Prato-Previde).
Il team di ricercatori sembra avere evidenziato la sensibilità dei cani nei confronti di informazioni che ricevono attraverso i nostri gesti al punto da indurli a commettere degli errori di valutazione come ad esempio perdere la loro naturale preferenza per quantità di cibo più grandi.
Mark Bekoff ha messo in piedi un semplice esperimento durato 5 anni. Durante l’inverno ha raccolto l’urina depositata sulla neve dal suo cane e da altri cani senza essere visto né prelevare né ricollocare i campioni raccolti. Ebbene il cane di Bekof ha sempre speso più tempo ad odorare le pipì altrui coprendole con la sua urina e disinteressandosi alle proprie.
Beh, forse non è dimostrato che i cani abbiano coscienza di se stessi, ma che si riconoscano molto meglio con il naso che con gli occhi certamente si!
In generale la ricerca sembra evidenziare che il cane formi delle immagini mentali per associarle con segnali di vario tipo provenienti dall’uomo.
In estrema sintesi i cani apprendono per imitazione, ma questa non è certo una novità. Immagini molto speciali fatte di odori, di suoni, di percezioni tattili e di emozioni, le loro e le nostre, tutto ciò è possibile a patto che l’immagine sia richiamata dalla memoria da un accadimento presente.
Il pensiero astratto di esperienze passate e future avviene in una parte del cervello: i lobi frontali. Essi occupano il 29% del cervello umano e il 7% di quello canino.
Studiando gli effetti dei danni cerebrali, la scienza ha imparato come le dimensioni dei lobi frontali influenzino le capacità di astrazione e programmazione. I lobi del cane hanno una capacità minima per fenomeni complessi come l’astrazione del pensiero o la programmazione.
Le abilità sociali (social skills) non hanno relazione con le abilità cognitive, anche l’uomo può ottenere risultati di eccellenza nei social skills e bassissimi nelle capacità cognitive.
Tuttavia va segnalato che nell’oramai lontano 1973 uno scienziato di nome Rusinov, studiando l’elettrofisiologia del cervello, avendo a disposizione un certo numero di cani collegati via cavo per registrarne le onde cerebrali, fece una scoperta. Quando i cani erano portati nel laboratorio per eseguire i test la macchina per registrare l’encefalogramma era accesa alla stessa ora tutti i giorni per registrare le attività cerebrali dei soggetti. Durante un fine settimana in maniera del tutto fortuita Rusinov portò degli amici nel laboratorio e accese la macchina dopo averla collegata ad un cane per spiegare il suo lavoro agli amici.
Il cane, allo stesso orario nel quale era testato durante la settimana, mostrò un andamento cerebrale quasi identico a quello registrato nei test. Passato l’orario le onde assumevano il tipico andamento del cane a riposo! Cosa stava succedendo nel cervello di quel cane?
Non lo sappiamo: quello che però possiamo dire è che paragonando l’accaduto a esperienze con volontari umani negli stessi frangenti, il cane stava rivivendo mentalmente gli esperimenti.
Emozionante! Chissà se l’ostracismo che ricevono i ricercatori non abbia rallentato la scoperta di capacità ancora sconosciute della mente dei nostri cani.
Joseph LeDoux, il ricercatore più finanziato in America nel campo della ricerca sulle emozioni e memoria degli animali, per ricevere l’approvazione per dei finanziamenti è stato costretto a togliere il temine “emozioni” dallo studio del condizionamento classico della paura e sostituirlo con altri termini correlati all’apprendimento!
Eisenberger e Lieberman (2004) con l’uso dell’MRI (Magnetic Resonance Imaging ) hanno dimostrato che il dolore fisico e il “social pain” (dolore sociale) condividono sistemi cognitivi e neurali nel cervello, suggerendo che questo adattamento evolutivo serva per assicurare che i cospecifici non si separino rendendosi vulnerabili ai pericoli, nei quali in particolare giovani non ancora indipendenti animali potrebbero incappare. Questo meccanismo è essenziale per la sopravvivenza.
Nonostante queste evidenze con le conoscenze attuali, dobbiamo accettare che il cane viva nel presente: l’uomo può andare avanti e indietro nel tempo, il cane no.
La scienza continua a progredire: è di Maggio 2012 la notizia che il Prof. George Berns (Emory University in Atlanta, Georgia) sia riuscito a fare un MRI ad un cane dopo averlo addestrato a rimanere fermo nella macchina per 10/15 secondi circa.
I ricercatori sono riusciti a vedere le reazioni del cervello alla presentazione di un hotdog e alla negazione dello stesso: un altro passo verso una maggiore comprensione del funzionamento del cervello del cane.
Nonostante tutta la documentazione scientifica oggi disponibile allo stato attuale delle cose dobbiamo concludere che la gerarchia, i ranghi, i ruoli, sono tutti CONCETTI: il cane non può né fiutarli, né sentirli, né vederli, né toccarli e quindi per lui non esistono, almeno questa è la conclusione a cui sono giunto, dovendomi ricredere su convinzioni passate.
Il lupo, il cane ferale sono tenuti insieme da un collante (più o meno forte) completamente superfluo nel rapporto uomo-cane: riprodursi e sopravvivere.
Il branco per il lupo è una unità di sopravvivenza, il cane nemmeno in ambiente naturale “sente” la necessità di organizzarsi in branco.
Il virgolettato sta a sottolineare che il cane non è cosciente della presenza o assenza di una gerarchia: queste sono definizioni che servono a noi per interpretare determinati fenomeni.
I lupi in un certo ambiente agiscono in un certo modo conseguente alla propria genetica e all’ambiente stesso: se cambia l’ambiente la genetica è espressa diversamente, dando luogo ad un adattamento funzionale a quel determinato ambiente.
Il nostro rapporto con il cane non è funzionale a sopravvivere e riprodursi, ma ad una proficua convivenza ad una simbiosi che dovrebbe esaltare le qualità del cane e anche quelle dell’uomo.
Come affrontare correttamente i problemi di “gerarchia/dominanza” alla luce delle considerazioni fin qui esposte?
Innanzitutto occorre ridefinire cosa s’intende per dominanza. David Appleby lo fa con questa equazione:
E’ stata stabilita una “scala gerarchica” e uno dei due è dominante!
Come già visto in precedenza il cane, per la scienza, non ha coscienza di sé e non riesce a pianificare il futuro: quindi alla luce di ciò sarebbe forse più corretto dire che il cane inibisce o non inibisce un comportamento, più che parlare di dominanza.
Dovremmo spiegare alla sciura Maria che il cane inibisce il suo comportamento in gradi diversi a seconda dell’individuo con il quale sta avendo l’interazione e il valore della risorsa oggetto del contendere. Sostituendo a dominanza e gerarchia la capacità di inibire o meno un comportamento daremmo una valida alternativa per spiegare il comportamento del cane.
Le critiche nei confronti delle tavole dei comandamenti che riportano le leggi antidominanza sono criticate perché:
• Spesso inappropriate
• Spesso le regole sono le stesse ma non applicabili a qualsiasi individuo
• Spesso non seguire le regole non dà luogo a comportamenti “dominanti”
• Quando funzionano il cane diventa apatico o esibisce depressione come conseguenza
• E’ possibile infrangere ogni regola che vieterebbe di far salire il cane sul letto,uscire per primo dalla porta ed avere un cane per niente dominante.
Non osservare determinati modi di agire non sempre previene l’inibizione dei comportamenti “dominanti” ne l’instaurarsi di una “gerarchia” con a capo chi li attua.
E’ mia convinzione che i cosiddetti problemi di dominanza non siano altro che conflitti sull’accesso a risorse che vanno dal cibo, al luogo preferito per riposare, al gioco e persino alla possessività su una o più persone.
Nessuna regola gerarchica come mangiare prima del cane, passare per primi dalla porta, non permettere al cane di dormire sul letto, divano, sofà, poltrona ha alcun effetto sulla presupposta posizione gerarchica del cane: il cane non ha nessuna cognizione della gerarchia.
Queste tecniche a volte hanno un benefico effetto non perché riducono il rango del cane, ma piuttosto sembrano essere di sollievo a quei cani che vivono in un ambiente senza regole dove le cose non si sa mai come farle.
Dire alla sciura Maria di diventare capobranco condurrà sempre ad un eventuale conflitto.
La conoscenza del funzionamento del cervello ce lo descrive in maniera inequivocabile.
Nel cervello dei mammiferi, ivi compreso il cane, ci sono due strutture: una è la corteccia cerebrale, l’altra è il sistema limbico.
Queste due strutture hanno un compito molto importante riguardante i comportamenti. Il sistema limbico è coinvolto nell’espressione e percezione delle emozioni. La corteccia cerebrale invece è coinvolta nelle funzioni di apprendimento e di risoluzione dei problemi.
La peculiarità di questi due organi sta nel funzionamento: l’uno inibisce quello dell’altro!
Credo che per spiegare meglio cosa succede nella testa del cane sia opportuno fare un esempio. Immaginate di essere pronti per un esame, non importa quale: quello della patente, quello di maturità, un esame qualsiasi.
Immaginate che pochi secondi prima di entrare vi giunga una telefonata nella quale vi viene comunicato il ricovero di un vostro caro in ospedale in stato di coma a seguito di un incidente d’auto.
Ecco quello che succede nel cervello, la parte emotiva (sistema libico) prende il sopravvento e tutte le funzioni della corteccia cerebrale sono in parte o del tutto inibite. Risultato: l’esame potete scordarvelo.
Il cervello del cane e di qualsiasi altro mammifero così funziona, ecco perché causare stress (o peggio) ad una cane impedisce qualsiasi apprendimento, piuttosto che favorirlo come vorrebbero i sostenitori delle maniere forti.
Forse la sciura Maria non sarà abbastanza esperta per gestire la situazione dell’osso come feci io; anche volendolo ammettere, parlare di gerarchia, di dominanza non fa che preparare il terreno per futuri conflitti e questo è quello che ci insegnano oltre due lustri di storia.
Quindi per quanto mi riguarda, volersi asserire come capo non può che essere foriero di cattivi auspici ogni qual volta si tenta di affermare la propria “dominanza” su un cane magari anche per nulla remissivo.
Certo è che se tentiamo di abituare un cane a consentire che gli venga toccata la ciotola, dovremo trovare una soluzione per lui vantaggiosa (abituarlo al sopruso è ERRATO), diversamente nella migliore delle ipotesi (quella che siate voi a vincere il confronto) andrete a incrinare quel rapporto di fiducia indispensabile per la serena convivenza tra uomo e cane; nella peggiore, addizionalmente, finirete all’ospedale.
La soluzione è quella di permettere al cane di uscire fuori “onorevolmente” dalla situazione, senza rimetterci, anzi guadagnandoci, senza perdere fiducia nel suo compagno di vita. Prevenire invece è sempre meglio che curare, quindi se dobbiamo togliere qualcosa dalla bocca del cane diamo qualcosa per cui farlo di buon grado, se vogliamo che il cane scenda dal divano diamo qualcosa per cui farlo di buon grado, insomma evitiamo confronti gerarchici, perché il cane non li capirebbe..
Colgo l’occasione per ribadire che qualsiasi forma di violenza nei confronti del cane è la negazione della conoscenza, del sapere e della professionalità. Il cane per apprendere ha bisogno di divertirsi: solo così riuscirà ad essere un insostituibile ausiliario e fedele compagno al nostro fianco.
Ma scusate se mi intrometto, so che questa è una vecchia discussione.. ma se Valeria ha detto che David Mech alla fine non ha rifiutato il concetto di Dominanza, mi pare che non ci sia molto da discutere.. almeno tra i cani la dominanza esiste, che poi non esista tra cane e uomo, io questo non lo so.. ma si tratta di un altro discorso, penso.
“Giunti al termine di questa piuttosto sterile contrapposizione, le anticipo che non darò seguito a questa corrispondenza…”
Ed io essendo d’accordo sul fatto che non abbia senso in questo modo di continuare la discussione, non aspetto nessun seguito. Aggiungo soltanto che da parte mia non si trattava di una contrapposizione, semmai una ricerca delle risposte. Risposte e non semplici negazioni. Il mio obiettivo era di capire quali erano le ragioni che hanno spinto lei a rivedere il proprio opinione in merito di questo argomento.
“Francamente a me non interessa avere ragione ho scritto un articolo con dei contenuti, se vuole discutere su questi, portandone altri più che felice di continuare a dibattere,diversamente risparmiamoci ulteriori piccolezze e perdite di tempo.”
Non penso che sia un fatto di avere ragione o torto. Da parte mia si tratta semplicemente di ragionare a “voce alta”. Del resto gli articoli vengono scritti per questo. Per diffondere delle idee e nel caso in qui c’è la possibilità come su questo sito, confrontarsi con quelli altrui.
Ps: Avevo letto lo studio comportamentale di Frank Beach sui cani. Riporto il link nel caso qualcuno fosse interessato, in quanto penso che da un lato sia molto vicino al concetto dell’articolo, dall’altro invece abbia delle considerazioni notevolmente differenti: http://www.dogtalk.com/Alpha%20This%20Alpha%20That.pdf
Faccio eccezione a quanto dichiarato vista la sua replica che al pari di quanto scritto in precedenza incarna il tristemente comune modo di argomentare in cinofilia e mi da spunto per aprire un altro dibattito.
I nostri scambi partono con i miei articoli e contraddittori con Valeria Rossi (ma non solo) che sa essere tagliente, che sa non essere d’accordo ma mai sembra darti del coglione, salvo, non volerlo fare nel qual caso lo fa in maniera inequivocabile. In contrapposizione al mio articolo lei sostanzialmente esprime dei dubbi basati su osservazioni da lei fatte su i suoi cani negli ultimi 35 anni senza minimimamente accennare a come e perchè:
“Ma con i cani ci vivo ormai più di 35 anni… va be’ adesso cercherò di spiegarli che stanno sbagliando tutto, chi sa, magari ci ricrederanno pure loro…altrimenti mi spiace dirlo, ma sarò costretta di continuare la convivenza in questo modo del tutto innaturale, occupando il ruolo del Capo branco il che, per quanto possa essere inesistente in natura, tra i cani pare che funzioni bene. E la fine dei conti per me questo che conta. ;)”
La sua affermazione oltre essere in disaccordo con la descrizione di capobranco (o maschio alfa) così come rivista dalla stessa persona che l’ha coniata, lascia anche trasparire la sua più totale non comprensione del termine stesso, riferendosi ai suoi cani che non cacciano, che non si riproducono liberamente che non hanno la possibilità di andare e venire liberamente se l’avessero scoprirebbe che il suo “branco” é fortemente coeso grazie alla recinzione e non alla dominanza, meno ancora la gerarchia!
Affermando: “La differenza è che da me capitato che il “dominante” ha provocato altro tanto danno. Ovviamente nei casi ove non sono bastati i semplici atteggiamenti di dissuasione.” lei urla tutta la sua non comprensione del termine “branco”! Lei non ha un “branco” ha tanti cani messi insieme che a volte per suo stesso dire hanno provocato “tanto danno” suggerendo che la sua gestione forse sarebbe perfettibile!
Rifletta un attimo:sappiamo che i canidi in generale, anche i lupi (Coppinger), quando non hanno necessità di affrontare un preda di dimensioni tali da richiedere più individui, non formano il branco tantomeno quando il cibo non deve essere nemmeno cacciato. Come fa ad affermare:”Il cane non ha bisogno di organizzarsi in branco, visto che ci vive già.E quanto sembra riesce integrarsi perfettamente.Ciò nonostante che lo faccia con una specie diversa dal suo.”
Metta giù il recinto smetta di sfamarli e osservi il suo branco e le sue gerarchie dissiparsi in piccoli gruppi all’orizzonte. Dove finisce il “collante” della gerarchia e della dominanza quando non serve cacciare?
L’unica informazione che lei fornisce a sostegno delle sue convinzioni é quello studio a cui faccio riferimento nella mia ultima risposta, del quale in parte ne comprende la coerenza con il mio, ma dall’altra ne fraintende il significato, leggendolo attraverso quelle lenti molto spesse dell’antropomorfismo. Le dico questo senza che lei abbia descritto le contraddizioni se vuole la verifica lo faccia!
Lei dice:”Non penso che sia un fatto di avere ragione o torto. Da parte mia si tratta semplicemente di ragionare a “voce alta”.”
You could have fooled me!
Lei afferma:
“Risposte e non semplici negazioni. Il mio obiettivo era di capire quali erano le ragioni che hanno spinto lei a rivedere il proprio opinione in merito di questo argomento”.
Cosa vuole che le possa dire oltre quello che ho già scritto e dibattuto? In realtà lei non vuole capire perchè io abbia cambiato idea, lei vuole a tutti i costi mantenere le sue, cercando di discreditare le mie.
Questa frase riassume alla perfezione il suo argomentare:
” Non impostando sulla dominanza la relazione uomo-cane( dominanza però come intendo io, non come lei che collega direttamente con qualche tipo di violenza….”
Come la intende lei? Lo dica invece di distorcere il significato delle mie pariole, la violenza é una conseguenza di una fraintesa interpretazione del comportamento del cane. Il fatto che lei la fraintenda in maniera meno o per nulla violenta non cambia la realtà dei fatti, così come sono avvenuti, avvengono e purtroppo continueranno ad avvenire internazionalmente!
Lei non vuole capire che quando Frank Beach,Bekpoff o qualsiasi altro addetto ai lavori usano il termine “gerarchia” non intendono la nostra ovvero quella sul modello, religioso,militare o massonico: certo in qualche modo debbono descrivere quello che vedono, ma il significato non é quello che trova sul dizionario.
Infatti se lei legge bene Beach, il riferimento é alle risorse non ad un costrutto tutto umano fatto di ranghi, di gradi, di capi.
Infine commentando le sue affermazioni: “Dopo tanti anni ritornando sul campo e lavorando con il metodo di oggi, sinceramente dei miglioramenti non è che vedo tanti, ma molto più di confusione sì.E questo vale sia per i cani che per il loro proprietari.Almeno fin’ora questa la mia impressione.”
Io non so dove lei lavori, ma tra l’addestramento ben fatto di ieri e quello di oggi l’enfasi va posta sull’importanza che si da al benessere psicofisico del cane, rispetto al quello del proprietario. Oggi la tendenza é di avere degli animali non inibiti, inibizione spesso fraintesa per educazione,oggi chi ama i cani se li fa saltare addossso senza tanti problemi e se non vuole che saltino addossso gli insegna un comportamento alternativo……”funziona” non basta più, deve “funzionare” ma il cane deve essere contento al pari se non meglio del proprietario su COME e PERCHE’ “funziona”! Non ci basta più piegare il cane alla nostra volontà ALMENO come primo indirizzo perchè poi di eccezioni ve ne sono e nemmeno poche ciò che importa é capire le regole fatte a misura di cane mettendosi bene in testa che non ha senso di parlare di ordini,comandi ubbidienza e gerarchie, fatta eccezione per quando ci si rivolge a dei soldati!
Guardi che io volutamente non mi sono “allargata” con la risposta commentando la sua come precedentemente in modo dettagliato, per un solo motivo. Ho visto che non c’è la possibilità di trovare la voglia d’intesa. Traducendo, o mi sono espressa male per non dire malissimo continuamente e per questo mi ha frainteso dalla prima all’ultima parola ( il che può essere per carità, se non altro perché d’origine non sono di lingua italiana, il che per altro penso che sia capito benissimo), o semplicemente non vuole capire che non è possibile o quanto meno insensato basare una qualsivoglia discussione attaccando ripetutamente ogni termine utilizzato. Specialmente nel caso in qui non ci sono delle alternative. Lei non mi aveva dato nemmeno uno, ma rifiutava categoricamente quelli usati da me, sempre con la stessa motivazione. Erano sbagliate, e/o secondo lei non capivo cosa significassero nella realtà, in breve sono una che non ha la minima idea di cosa sta parlando. Va benissimo, ogni uno ha diritto alle sue opinioni. A questo punto però mi sento in dovere di replicare anch’io.
Scrive: “…lei sostanzialmente esprime dei dubbi basati su osservazioni da lei fatte su i suoi cani negli ultimi 35 anni senza minimimamente accennare a come e perchè:”
Vero che ho scritto di vivere con i cani da 35 anni ,ma avevo specificato prima che solo per 15 anni con un “gruppo”. ( Obbligatoriamente tra virgolette l’ultima parola, in quanto come definizione tanto scorretta e fuorviante come potrebbe essere il branco, se non di più. Un gruppo di cani potremo trovare al parchetto vicino a casa, oppure sul campo d’addestramento, ma non penso affatto che definire più soggetti che crescono e vivono insieme praticamente per tutta la vita fosse la definizione più giusta).
Il perché non penso che abbia rilevanza, non per studiarli di certo, ma osservarli vivendo insieme penso sia una cosa più che naturale se non inevitabile. Il come già potrebbe essere molto più rilevante, infatti anch’io cercavo qualche riferimento di Frank Beach in merito ai suoi studi ma non avevo trovato. Come non avevo capito ne di che razza o razze si trattava, ne il numero medio dei cani. Non mi fraintenda, non ho la benché minima intenzione di paragonarmi con uno studioso, ma appunto trattandosi di uno studio, sarebbe stato interessante e significativo trovare dei dati in merito.
Scrive: “Affermando: “La differenza è che da me capitato che il “dominante” ha provocato altro tanto danno. Ovviamente nei casi ove non sono bastati i semplici atteggiamenti di dissuasione.” lei urla tutta la sua non comprensione del termine “branco”! Lei non ha un “branco” ha tanti cani messi insieme che a volte per suo stesso dire hanno provocato “tanto danno” suggerendo che la sua gestione forse sarebbe perfettibile!”
A parte che manca la prima parte cioè: “Un tipico atteggiamento anche tra i mie cani… “ e poi continua come da lei riportato, è vero. Capitato che tutti è due soggetti hanno riportato delle ferite, ma non “tanto danno” come riporta lei la seconda volta, semplicemente “altro tanto danno” il che ben differente a mio avviso. Anche qui la sua attenzione sia focalizzata esclusivamente su un dettaglio che estrapolando dall’insieme è facile mal’interpretare. Lo ammetto che sarebbe stato probabilmente più preciso di scrivere “il più dominante” , in quanto questi episodi sono successe tra madre e figlia. (Anche tra due sorelle ma questo senza altro un discorso, anche perchè una di loro è stato reinserito nel “gruppo” dopo diversi mesi. E qui si potrebbe discutere anche dal reinserimento pacifico o meno di un soggetto tra i cani…). Poi aggiunge “la sua gestione forse sarebbe perfettibile”…per quanto io la maggior parte della giornata passavo e passo tutt’ora con loro, non mi è possibile di esserci 24 ore sul 24 senza assentarmi , e non vivendo in un bosco tra i lupi, ma in una società umana con dei cani, possono verificarsi molti fattori che possono causare dei “disaccordi” tra loro.
Scrive: “-Punto primo chiariamo che la violenza può essere anche psicologica, punto secondo a suo avviso se tutti portassero avanti il discorso “dominanza però come intendo io” non arriveremmo da nessuna parte. Come intende lei la dominanza… o meglio a quale versione ufficiale si rifà quando parla di dominanza? Il mio parlare di dominanza citando conflitti, violenza in ogni salsa è storia passata e purtroppo ancora presente in tutto il mondo semplicemente perché il termine etologico come descritto nel mio articolo è stato travisato proprio in virtù del ragionamento “Io la vedo così” . Sia chiaro ognuno può avere le sue opinioni che tali rimangono: opinioni!”
Di nuovo una frase preso a metà, certo che in questo modo suona al quanto stupido gliene devo dare atto. Vero anche che riportando intero non sarebbe stato nessun motivo per ricamarci su.
Scrive: “Fino adesso il cane ubbidiva è per questo è stato lodato.
-Il cane non può ubbidire siamo noi ad ascrivergli questo comportamento umanizzandolo!”
E ci siamo di nuovo, la parola usata è incorretta…va benissimo glielo formulo diversamente: Fino adesso il cane eseguiva l’azione da me richiesta, è per questo è stato lodato. Altrimenti mi fornisca un termine il quale secondo lei si possa definire questo comportamento in modo corretto senza umanizzandolo, ma anche senza dover scrivere frasi interi per spiegare un semplice concetto.
Scrive: “Lei fa un discorso nel quale difende il suo comportamento e condanna quello che per lei è sbagliato negli altri creando una contrapposizione con il “gentilismo”.
In questo frase dove vede lei ciò che afferma sopra? “Per quanto io abbia sbagliato di pormi in questa maniera secondo lei, non è mai causato nessun danno.( E non solo a me…) Dice che sia pura fortuna?”
Io in questa frase non vedo nessuna condanna ( al massimo una certa dose di perplessità), e neppure lo difendo il mio comportamento. Affermo solo che non aveva causato nessun danno , cioè non mi ha ostacolato di avere un rapporto sereno con i miei cani.
Poi scrive: “Per quanto mi riguarda o ci si comporta correttamente oppure no, ed è il cane a metterlo in evidenza se si hanno occhi per guardare.”
Finalmente su una cosa siamo d’accordo! A lei cosa suggerisce un cane che sentendo il richiamo corre allegro ,con orecchie drizzati , con la coda alta, travolgendo quasi la persona arrivando a presso? Oppure che durante il resta il cane segue fisso con lo sguardo il conduttore e dal ritorno, sta sempre con orecchie drizzate e più la persona si avvicina più il cane scodinzola? Io non vedo affatto male.
Scrive: “-Nel mio prossimo articolo pubblicherò delle statistiche che dimostrano che quello che lei afferma semplicemente non corrisponde alla realtà almeno quella americana.”
Non ho mai affermato di conoscere anche minimamente la realtà Americana, al massimo potrei fare delle presupposizioni dopo tutto ciò che si vede in tv e su internet, ma forse non è il caso…
Scrive: “Rifletta un attimo:sappiamo che i canidi in generale, anche i lupi (Coppinger), quando non hanno necessità di affrontare un preda di dimensioni tali da richiedere più individui, non formano il branco tantomeno quando il cibo non deve essere nemmeno cacciato. Come fa ad affermare:”Il cane non ha bisogno di organizzarsi in branco, visto che ci vive già.E quanto sembra riesce integrarsi perfettamente.Ciò nonostante che lo faccia con una specie diversa dal suo.”
Esattamente come avevo scritto. Il cane ha il suo “branco umano” il quale fornisce cibo per qui non ha bisogno di cacciare, per dirne una. Del resto mi sembrava che eravamo già d’accoro sul fatto che il cane non è lupo. Se per lei sembra più adeguata usare la parola “famiglia”, allora chiamerò così. Altrimenti suggerisca lei quello che le pare più giusto.
Scrive: “Metta giù il recinto smetta di sfamarli e osservi il suo branco e le sue gerarchie dissiparsi in piccoli gruppi all’orizzonte. Dove finisce il “collante” della gerarchia e della dominanza quando non serve cacciare?”
Se non le dispiace il recinto visto che finalmente abbiamo, non andrò a distruggere. E non smetterò neppure di sfamarli perché a quel punto dovremo smettere di parlare di cani come la intendiamo noi, cioè degli animali d’affezione dai quali prendere cura e con i quali condividere la nostra vita. E non vorrei neanche che possa succedere come ogni tanto mi ha capitato di sentire, cioè gruppi di cani che aggredivano e uccidevano degli animali …non penso proprio che per comprenderli si dovesse arrivare a tanto.
Scrive: “Veda il problema è che se lei usa il termine branco deve gioco forza fare riferimento all’etologia e siccome come lei stessa ammette i cani in branchi non hanno mai vissuto parlare di branco nel cane è improprio e per nulla rappresentativo.”
Usare qualunque altro termine potrebbe risultare improprio. Per lo meno io non conosco nessuna che sia adatta. Perciò la prego definisca meglio lei l’unione di più cani i quali prevalentemente crescono e convivono insieme per tutta la vita nello stesso ambiente.
Del resto non sono riusciti trovare neppure gli studiosi moderni altrimenti non userebbero gli stessi usati da sempre… Dire il vero non penso affatto che chiamarci “genitori” ( il termine che avevo letto più volte da diversi autori), riferendo il rapporto tra uomo e cane potrebbe portare dei benefici, e potrebbe essere più appropriato, rappresentativo e umanizzerebbe meno i cani oltre che il concetto per se.
Scrive: “Lei non vuole capire che quando Frank Beach,Bekpoff o qualsiasi altro addetto ai lavori usano il termine “gerarchia” non intendono la nostra ovvero quella sul modello, religioso,militare o massonico: certo in qualche modo debbono descrivere quello che vedono, ma il significato non é quello che trova sul dizionario.
Infatti se lei legge bene Beach, il riferimento é alle risorse non ad un costrutto tutto umano fatto di ranghi, di gradi, di capi.”
Ripeto, è lei che non vuole capire che per me la parola “gerarchia” usata riferendo ai cani, non ha niente a che vedere con quelli elencati da lei. Il significato di una parola dipende sempre dal concetto nel quale si utilizza. Quasi tutto il nostro dibattito si gira intorno questa “caccia ai termini” insensata.
Infatti anche Frank Beach scrive così: i maschi hanno una rigida gerarchia, anche le femmine hanno una gerarchia ma è più variabile.
Visto che i ruoli esistono mi pare normalissima di chiamarli con un nome che possa essere compreso, e anche se possibile non per questo necessariamente deve essere frainteso a priori.
Scrive anche della dominanza come un comportamento autoritario ma benevole, senza violenza. In breve cerca di dare una definizione più precisa al termine in quel contesto.
Il che praticamente la stessa cosa che avevo scritto anch’io.
Scrive: “ Non ci basta più piegare il cane alla nostra volontà ALMENO come primo indirizzo perchè poi di eccezioni ve ne sono e nemmeno poche ciò che importa é capire le regole fatte a misura di cane mettendosi bene in testa che non ha senso di parlare di ordini,comandi ubbidienza e gerarchie, fatta eccezione per quando ci si rivolge a dei soldati!”
Per quanto sia d’accordo con la prima parte della sua frase, sulla seconda si torna sempre al solito discorso della terminologia più o meno corretta secondo il loro utilizzo, e non solo. Lei con i primi termini elencati, i quali per il suo parere sono definizioni errati e inappropriati nel rapporto uomo-cane , palesemente nega la necessità che un cane debba eseguire un qualsivoglia azione richiesta dal proprietario. Senza altro su questo punto siamo completamente disaccordo. Un ordine viene dato appunto perché deve essere eseguito, e non per lasciare delle alternative. Del resto come lo vedo io, fin’che ad un ordine come può essere un “seduto”, o “terra” o “a cuccia” , non sarà aggiunto un “per favore” ,rimarrà sempre e comunque un ordine o un comando, sia rivolto ad un cane che ad una persona. Dare un ordine non significa necessariamente “piegare il cane alle nostra volontà”, in quanto l’ordine per se non ha nessun effetto negativo sul cane, o al rapporto che esso ha con l’uomo. Quello che importante è il metodo (lo so secondo lei non esistono dei metodi visto che ogni soggetto un caso a se, e sulla seconda parte della frase senza dubbio convengo con lei, ciò nonostante sappiamo bene che esistono diversi, altrimenti tutto questo discussione non avrebbe preso piede ), con il quale si arriva che il cane esegua.
Ovvio che la vita di un cane non dovrebbe mai essere soltanto una catena infinita di comandi da eseguire, ma altro tanto palese che non è possibile fare a meno in alcune circostanze. E pur cambiando il termine utilizzato, il succo non cambierà. L’azione richiesto dovrà essere messo in atto, altrimenti potrebbe costare l’incolumità del cane stesso o di un altro animale o di una persona.
Ma a questo punto ricapitoliamo i moderni studi dove ci hanno condotti :
La vita di un cane molto diverso e ben più complesso di quello di un lupo, e su questo non ci sono dubbi. Del resto è stato affermato che senza ombra di dubbio il cane da molti millenni non è un lupo, il suo comportamento subìto dei cambiamenti fondamentali, per qui ricercare ogni sua reazione nei lontani antenati sarebbe altro tanto sbagliato. Il cane non vive in branco visto che questo un termine inappropriato etologicamente, sia usando per un gruppo di cani che all’unione uomo cane. Ciò nonostante dovremo tenere presente la struttura , la funzionalità e le regole del branco per una corretta educazione e convivenza con i nostri cani i quali non vivono sottolineo ancora una volta, in nessun branco, sempre etologicamente parlando ovviamente.
Non possiamo parlare di gerarchia perché è un termine che ci può portare ad un modello sbagliato, cioè tipo quello usato nella società umana , ma per il momento non c’è una definizione per il ruolo che ricopre ne il cane ne il suo partner umano (se di ruoli ancora accettabile di parlare), ne per il rapporto che venuto a crearsi tra loro due.
Non possiamo parlare di dominanza perché anche questa una brutta parolaccia, e potrebbe fuorviarci pensando ad un comportamento aggressivo e violento.
Tutto questo basando sul fatto che in un branco di lupi niente di ciò esiste in questi termini.
Vogliamo decidersi una volta per tutte se e quanto rilevante la vita dei lupi per il migliore comprensione dei cani? E se lo fosse, quanto influenza ancora oggi il comportamento del cane e il suo rapporto con l’uomo? Perché qui da una parte si nega dall’altra si ribadisce dei concetti sia vecchi che nuovi, prendendo come buono e funzionale quello che convince di più in quel momento , e respingendo tutto il resto. Ma va bene, la scienza è questa, ipotesi, idee, studi , accettazioni , negazioni e in genere la fine le spiegazioni di essi. Il perché e il come. Tutto questo però impossibile senza usare delle parole, parole che hanno una loro definizione chiara e comprensibile.
In questo caso però mi sembra che manchi l’ultima parte vitale…e se manca a loro non penso che sia giusto pretendere che abbiano gli altri.
Come non penso affatto che fosse necessario creare un tale confusione, per dimostrare che il rafforzo positivo nell’educazione del cane un dato importante, e basare sul esso il nostro rapporto porti degli evidenti benefici. E neppure per dimostrare che il cane abbia bisogno una guida, un punto di riferimento al quale possiamo dare il nome che vogliamo, rimarrà sempre quello. Colui che insegna comportarsi in modo accettabile in una società umana, dove si vive secondo delle regole fatte dagli umani, e si usano dei termini “umani”.
Concludo dicendo che per quanto l’argomento sia interessante, una discussione di questo tipo come aveva scritto precedentemente anche lei, non è altro che una sterile conversazione e come tale, un esoso perdita di tempo per entrambi.
Detto questo aspetto il suo prossimo articolo dove spero, finalmente conoscerò i nuovi termini che non lasceranno spazio ai fraintendimenti , ma renderanno comprensibili a tutti i concetti da lei esposti, e daranno la possibilità di chiarire inequivocabilmente le differenze tra quelli e questi che usiamo attualmente.
*Eh no, la discussione non è più sterile, finalmente cara Brixal si comincia a capire quello che intende dire. Quanto fin qui da me affermato è stato fatto in buona fede, certamente non potevo sapere che lei non fosse di madre lingua italiana, adesso che lo so le faccio i miei complimenti per come scrive. Cercherò pertanto di rispondere ai suoi dubbi e mi perdonerà, se a volte sarò costretto a rimarcare sul senso diverso tra quello che ha inteso scrivere e quello che almeno io ho effettivamente capito. Se lei si è espressa male o io ho inteso male a questo punto mi sembra superfluo stabilirlo se non per confermare la buona fede di entrambi e questo sarà il senso di qui in avanti.
Guardi che io volutamente non mi sono “allargata” con la risposta commentando la sua come precedentemente in modo dettagliato, per un solo motivo. Ho visto che non c’è la possibilità di trovare la voglia d’intesa. Traducendo, o mi sono espressa male per non dire malissimo continuamente e per questo mi ha frainteso dalla prima all’ultima parola ( il che può essere per carità, se non altro perché d’origine non sono di lingua italiana, il che per altro penso che sia capito benissimo), o semplicemente non vuole capire che non è possibile o quanto meno insensato basare una qualsivoglia discussione attaccando ripetutamente ogni termine utilizzato.
*Credo sia palese che il mio attacco sia dovuto ad espressioni da lei usate che quantomeno si prestavano al fraintendimento, debbo dirle che avendo frequentato assiduamente persone “non madre lingua” comprendo perfettamente il “problema”. Non ne faccio una questione di termini in quanto tali, rifuggo ogni volta possibile da paroloni e frasi ad effetto il cui scopo a mio avviso è quello di creare distanza l’esatto contrario di ciò che io mi prefiggo.
Specialmente nel caso in qui non ci sono delle alternative. Lei non mi aveva dato nemmeno uno, ma rifiutava categoricamente quelli usati da me, sempre con la stessa motivazione. Erano sbagliate, e/o secondo lei non capivo cosa significassero nella realtà, in breve sono una che non ha la minima idea di cosa sta parlando. Va benissimo, ogni uno ha diritto alle sue opinioni. A questo punto però mi sento in dovere di replicare anch’io.
*Premessi i fraintendimenti occorre partire da una base. Lei avrà notato che nel mio articolo spesso cito le fonti a sostegno delle mie affermazioni è un modo per rispettare chi legge quello che scrivo. Parlo di lupi ma non li ho osservati per anni, ovvio che non posso che rifarmi a chi lo ha fatto altrimenti il mio scrivere non potrebbe che raccontare ciò che per me è verosimile; credo che scrivere davanti ad una platea ponga l’obbligo di documentarsi, una cautela che può anche rivelarsi non sufficiente ma almeno si tenta di trasmettere informazioni corrette in base a quelle che sono le conoscenze cercando di aggiornarsi il più possibile. Opinioni: costituiscono la forma più bassa di pensiero,ognuno a diritto alla proprie ma proprio per questo ritengo imperativo trovare sostegno nella ricerca che con tutti i suoi limiti non esprime appunto mere opinioni.
Scrive: “…lei sostanzialmente esprime dei dubbi basati su osservazioni da lei fatte su i suoi cani negli ultimi 35 anni senza minimimamente accennare a come e perchè:”
Vero che ho scritto di vivere con i cani da 35 anni ,ma avevo specificato prima che solo per 15 anni con un “gruppo”. ( Obbligatoriamente tra virgolette l’ultima parola, in quanto come definizione tanto scorretta e fuorviante come potrebbe essere il branco, se non di più. Un gruppo di cani potremo trovare al parchetto vicino a casa, oppure sul campo d’addestramento, ma non penso affatto che definire più soggetti che crescono e vivono insieme praticamente per tutta la vita fosse la definizione più giusta).
Il perché non penso che abbia rilevanza, non per studiarli di certo, ma osservarli vivendo insieme penso sia una cosa più che naturale se non inevitabile. Il come già potrebbe essere molto più rilevante, infatti anch’io cercavo qualche riferimento di Frank Beach in merito ai suoi studi ma non avevo trovato. Come non avevo capito ne di che razza o razze si trattava, ne il numero medio dei cani. Non mi fraintenda, non ho la benché minima intenzione di paragonarmi con uno studioso, ma appunto trattandosi di uno studio, sarebbe stato interessante e significativo trovare dei dati in merito.
*Questo suo passaggio è almeno per me un po’ nebuloso. Un branco secondo le attuali conoscenze è composto da papà e mamma lupo e la loro progenie, tra i meccanismi di branco: la dispersione a partire dall’anno di età fino al terzo, la parentela tra i componenti dello stesso branco, la diversa coesione asseconda delle risorse alimentari fornite dall’ambiente. Questo è un branco in estrema sintesi. Le osservazioni fatte sui free ranging dogs non evidenziano tali comportamenti tranne in rarissime eccezioni. Quindi cosa c’è di sbagliato nell’uso della parola branco? Le faccio un esempio. Prendendo un branco come sopra descritto e ricollocandolo in un qualsiasi luogo recintato si altererebbe il meccanismo naturale di dispersione e conseguentemente, le possibilità che all’interno del “branco” inizino delle lotte interne che sono state la causa di tanti fraintendimenti sul comportamento dei lupi, nei vecchi studi. Sostanzialmente (continuando nell’esempio) osservare la vita di lupi in luogo recintato equivale ad osservare degli amici condannati a vivere la loro vita in barca e trarre delle conclusioni sul comportamento umano sulla base delle osservazioni fatte! Almeno fuorviante dovrà ammettere!
Scrive: “Affermando: “La differenza è che da me capitato che il “dominante” ha provocato altro tanto danno. Ovviamente nei casi ove non sono bastati i semplici atteggiamenti di dissuasione.” lei urla tutta la sua non comprensione del termine “branco”! Lei non ha un “branco” ha tanti cani messi insieme che a volte per suo stesso dire hanno provocato “tanto danno” suggerendo che la sua gestione forse sarebbe perfettibile!”
A parte che manca la prima parte cioè: “Un tipico atteggiamento anche tra i mie cani… “ e poi continua come da lei riportato, è vero. Capitato che tutti è due soggetti hanno riportato delle ferite, ma non “tanto danno” come riporta lei la seconda volta, semplicemente “altro tanto danno” il che ben differente a mio avviso. Anche qui la sua attenzione sia focalizzata esclusivamente su un dettaglio che estrapolando dall’insieme è facile mal’interpretare.
*Anche qui …c’è qualche problemuccio di lingua
Lo ammetto che sarebbe stato probabilmente più preciso di scrivere “il più dominante” , in quanto questi episodi sono successe tra madre e figlia.
*No, legga bene il mio articolo, la dominanza proprio non ha nulla a che vedere che due cani che si scontrano il termine corretto è aggressività.
(Anche tra due sorelle ma questo senza altro un discorso, anche perchè una di loro è stato reinserito nel “gruppo” dopo diversi mesi. E qui si potrebbe discutere anche dal reinserimento pacifico o meno di un soggetto tra i cani…). Poi aggiunge “la sua gestione forse sarebbe perfettibile”…per quanto io la maggior parte della giornata passavo e passo tutt’ora con loro, non mi è possibile di esserci 24 ore sul 24 senza assentarmi , e non vivendo in un bosco tra i lupi, ma in una società umana con dei cani, possono verificarsi molti fattori che possono causare dei “disaccordi” tra loro.
*Infatti ho detto perfettibile..migliorabile non “ totalmente sbagliata”
Scrive: “-Punto primo chiariamo che la violenza può essere anche psicologica, punto secondo a suo avviso se tutti portassero avanti il discorso “dominanza però come intendo io” non arriveremmo da nessuna parte. Come intende lei la dominanza… o meglio a quale versione ufficiale si rifà quando parla di dominanza? Il mio parlare di dominanza citando conflitti, violenza in ogni salsa è storia passata e purtroppo ancora presente in tutto il mondo semplicemente perché il termine etologico come descritto nel mio articolo è stato travisato proprio in virtù del ragionamento “Io la vedo così” . Sia chiaro ognuno può avere le sue opinioni che tali rimangono: opinioni!”
Di nuovo una frase preso a metà, certo che in questo modo suona al quanto stupido gliene devo dare atto. Vero anche che riportando intero non sarebbe stato nessun motivo per ricamarci su.
*Temo di non condividere la sua opinione e le ribadisco che fin qui ciò che lei intende per dominanza almeno io non l’ho letto da nessuna parte…si spieghi.
Scrive: “Fino adesso il cane ubbidiva è per questo è stato lodato.
-Il cane non può ubbidire siamo noi ad ascrivergli questo comportamento umanizzandolo!”
E ci siamo di nuovo, la parola usata è incorretta…va benissimo glielo formulo diversamente: Fino adesso il cane eseguiva l’azione da me richiesta, è per questo è stato lodato. Altrimenti mi fornisca un termine il quale secondo lei si possa definire questo comportamento in modo corretto senza umanizzandolo, ma anche senza dover scrivere frasi interi per spiegare un semplice concetto.
* Se sapesse il problemi che provoca ai cani “l’ubbidienza” capirebbe il mio commento. Qualche giorno fa parlando con degli agonisti mi è capitato di sentire la spiegazione alla non esecuzione di uno o più esercizi come: “il cane mi metteva alla prova”. Il cane non mette alla prova nessuno, è sempre in buona fede, non fa dispetti,non ubbidisce ne “disubbidisce” …il cane fa ciò che gli conviene e nel farlo sviluppa un attaccamento con il suo umano pregno di emozioni. Ubbidienza comandi ..siamo sempre li lasciamoli ai militari!
Scrive: “Lei fa un discorso nel quale difende il suo comportamento e condanna quello che per lei è sbagliato negli altri creando una contrapposizione con il “gentilismo”.
In questo frase dove vede lei ciò che afferma sopra? “Per quanto io abbia sbagliato di pormi in questa maniera secondo lei, non è mai causato nessun danno.( E non solo a me…) Dice che sia pura fortuna?”
Io in questa frase non vedo nessuna condanna ( al massimo una certa dose di perplessità), e neppure lo difendo il mio comportamento. Affermo solo che non aveva causato nessun danno , cioè non mi ha ostacolato di avere un rapporto sereno con i miei cani.
*La sua frase fa intendere che la sua impostazione (quale?) sia migliore rispetto a quella gentilista ..mi creda, ma soprattutto la sua esposizione è del tutto soggettiva.
Poi scrive: “Per quanto mi riguarda o ci si comporta correttamente oppure no, ed è il cane a metterlo in evidenza se si hanno occhi per guardare.”
Finalmente su una cosa siamo d’accordo! A lei cosa suggerisce un cane che sentendo il richiamo corre allegro ,con orecchie drizzati , con la coda alta, travolgendo quasi la persona arrivando a presso? Oppure che durante il resta il cane segue fisso con lo sguardo il conduttore e dal ritorno, sta sempre con orecchie drizzate e più la persona si avvicina più il cane scodinzola? Io non vedo affatto male.
*Suggerisco che i due comportamenti evidenziano un buon rapporto (anche se il seguire fisso con lo sguardo il conduttore potrebbe non necessariamente avere connotati positivi ma esprimere una certa ansia ma lo dico solo per la precisione) …ora che lo ha detto.
Scrive: “-Nel mio prossimo articolo pubblicherò delle statistiche che dimostrano che quello che lei afferma semplicemente non corrisponde alla realtà almeno quella americana.”
Non ho mai affermato di conoscere anche minimamente la realtà Americana, al massimo potrei fare delle presupposizioni dopo tutto ciò che si vede in tv e su internet, ma forse non è il caso…
*Gli americani sono uomini come noi, la differenza è che noi vediamo un collare elettrico su striscia una volta ogni cent’anni, loro non nascondono le cose, ma alla fine della fiera hanno i loro macellai come noi abbiamo i nostri e conflitti e problemi con i cani di famiglia si equivalgono.
Scrive: “Rifletta un attimo:sappiamo che i canidi in generale, anche i lupi (Coppinger), quando non hanno necessità di affrontare un preda di dimensioni tali da richiedere più individui, non formano il branco tantomeno quando il cibo non deve essere nemmeno cacciato. Come fa ad affermare:”Il cane non ha bisogno di organizzarsi in branco, visto che ci vive già.E quanto sembra riesce integrarsi perfettamente.Ciò nonostante che lo faccia con una specie diversa dal suo.”
Esattamente come avevo scritto. Il cane ha il suo “branco umano” il quale fornisce cibo per qui non ha bisogno di cacciare, per dirne una.
*Ribadisco che per quello che si sa oggi no caccia=no branco.
Del resto mi sembrava che eravamo già d’accoro sul fatto che il cane non è lupo. Se per lei sembra più adeguata usare la parola “famiglia”, allora chiamerò così. Altrimenti suggerisca lei quello che le pare più giusto.
*Rilegga attentamente il mio articolo è già scritto li.
Scrive: “Metta giù il recinto smetta di sfamarli e osservi il suo branco e le sue gerarchie dissiparsi in piccoli gruppi all’orizzonte. Dove finisce il “collante” della gerarchia e della dominanza quando non serve cacciare?”
Se non le dispiace il recinto visto che finalmente abbiamo, non andrò a distruggere. E non smetterò neppure di sfamarli perché a quel punto dovremo smettere di parlare di cani come la intendiamo noi, cioè degli animali d’affezione dai quali prendere cura e con i quali condividere la nostra vita. E non vorrei neanche che possa succedere come ogni tanto mi ha capitato di sentire, cioè gruppi di cani che aggredivano e uccidevano degli animali …non penso proprio che per comprenderli si dovesse arrivare a tanto.
*La mia provocazione era volta ad evidenziare che quello che lei descrive come branco senza la recinzione termina di apparire tale a dimostrazione che il branco non c’è.
Scrive: “Veda il problema è che se lei usa il termine branco deve gioco forza fare riferimento all’etologia e siccome come lei stessa ammette i cani in branchi non hanno mai vissuto parlare di branco nel cane è improprio e per nulla rappresentativo.”
Usare qualunque altro termine potrebbe risultare improprio. Per lo meno io non conosco nessuna che sia adatta. Perciò la prego definisca meglio lei l’unione di più cani i quali prevalentemente crescono e convivono insieme per tutta la vita nello stesso ambiente.
*Gruppo
Del resto non sono riusciti trovare neppure gli studiosi moderni altrimenti non userebbero gli stessi usati da sempre… Dire il vero non penso affatto che chiamarci “genitori” ( il termine che avevo letto più volte da diversi autori), riferendo il rapporto tra uomo e cane potrebbe portare dei benefici, e potrebbe essere più appropriato, rappresentativo e umanizzerebbe meno i cani oltre che il concetto per se.
*Infatti non siamo genitori salvo togliere il cucciolo dalla madre appena nato e crescerlo come un bimbo azione di una violenza inaudita a mio modesto parere.
Scrive: “Lei non vuole capire che quando Frank Beach,Bekpoff o qualsiasi altro addetto ai lavori usano il termine “gerarchia” non intendono la nostra ovvero quella sul modello, religioso,militare o massonico: certo in qualche modo debbono descrivere quello che vedono, ma il significato non é quello che trova sul dizionario.
Infatti se lei legge bene Beach, il riferimento é alle risorse non ad un costrutto tutto umano fatto di ranghi, di gradi, di capi.”
Ripeto, è lei che non vuole capire che per me la parola “gerarchia” usata riferendo ai cani, non ha niente a che vedere con quelli elencati da lei. Il significato di una parola dipende sempre dal concetto nel quale si utilizza. Quasi tutto il nostro dibattito si gira intorno questa “caccia ai termini” insensata.
*Beh se così, allora dica chiaramente cosa intende LEI per gerarchia, io posso ipotizzare il significato etologico o quello comune come da dizionario, il suo fino a quando non lo spiegherà rimarrà un mistero.
Infatti anche Frank Beach scrive così: i maschi hanno una rigida gerarchia, anche le femmine hanno una gerarchia ma è più variabile.
*Infatti io do un significato etologico lei?
Visto che i ruoli esistono mi pare normalissima di chiamarli con un nome che possa essere compreso, e anche se possibile non per questo necessariamente deve essere frainteso a priori.
Scrive anche della dominanza come un comportamento autoritario ma benevole, senza violenza. In breve cerca di dare una definizione più precisa al termine in quel contesto.
Il che praticamente la stessa cosa che avevo scritto anch’io.
*Si certo ma parte dalle risorse………capisce che o diamo un significato etologico alle parole oppure gioco forza umanizziamo, il significato etologico è stato ignorato quando è entrato in conflitto con quello umano. Quando l’etologia di Lorenz e Mich parlava di dominanza in senso violento (molto umano) tutto è filato liscio; quando ci siamo accorti del granchio preso (a livello di scienza e per bocca dello stesso Mich) sono sorti tutti i problemi, a mio avviso perché in assenza di studi specifici molti si sono trovati a non comprendere più il fenomeno divenuto diverso da quello umano.
Scrive: “ Non ci basta più piegare il cane alla nostra volontà ALMENO come primo indirizzo perchè poi di eccezioni ve ne sono e nemmeno poche ciò che importa é capire le regole fatte a misura di cane mettendosi bene in testa che non ha senso di parlare di ordini,comandi ubbidienza e gerarchie, fatta eccezione per quando ci si rivolge a dei soldati!”
Per quanto sia d’accordo con la prima parte della sua frase, sulla seconda si torna sempre al solito discorso della terminologia più o meno corretta secondo il loro utilizzo, e non solo. Lei con i primi termini elencati, i quali per il suo parere sono definizioni errati e inappropriati nel rapporto uomo-cane , palesemente nega la necessità che un cane debba eseguire un qualsivoglia azione richiesta dal proprietario.
Senza altro su questo punto siamo completamente disaccordo. Un ordine viene dato appunto perché deve essere eseguito, e non per lasciare delle alternative. Del resto come lo vedo io, fin’che ad un ordine come può essere un “seduto”, o “terra” o “a cuccia” , non sarà aggiunto un “per favore” ,rimarrà sempre e comunque un ordine o un comando, sia rivolto ad un cane che ad una persona. Dare un ordine non significa necessariamente “piegare il cane alle nostra volontà”, in quanto l’ordine per se non ha nessun effetto negativo sul cane, o al rapporto che esso ha con l’uomo. Quello che importante è il metodo (lo so secondo lei non esistono dei metodi visto che ogni soggetto un caso a se, e sulla seconda parte della frase senza dubbio convengo con lei, ciò nonostante sappiamo bene che esistono diversi, altrimenti tutto questo discussione non avrebbe preso piede ), con il quale si arriva che il cane esegua.
*Ecco questo suo passaggio spiega benissimo la sua datata comprensione del cane. Veda il mio cane va a “cuccia” come il suo ma non riceve un ordine da obbedire, piuttosto un segnale che gli indica che qualcosa di meraviglioso sta per succedere nel suo trasportino e non cuccia che mi sa tanto di fuori di casa.
Ovvio che la vita di un cane non dovrebbe mai essere soltanto una catena infinita di comandi da eseguire, ma altro tanto palese che non è possibile fare a meno in alcune circostanze. E pur cambiando il termine utilizzato, il succo non cambierà. L’azione richiesto dovrà essere messo in atto, altrimenti potrebbe costare l’incolumità del cane stesso o di un altro animale o di una persona.
*Si ma rispettando il cane e la sua natura non offendendola come trapela dalle sue frasi.
Ma a questo punto ricapitoliamo i moderni studi dove ci hanno condotti :
La vita di un cane molto diverso e ben più complesso di quello di un lupo, e su questo non ci sono dubbi.
*Sotto il profilo della sopravvivenza di certo no….e non è poco.
Del resto è stato affermato che senza ombra di dubbio il cane da molti millenni non è un lupo, il suo comportamento subìto dei cambiamenti fondamentali, per qui ricercare ogni sua reazione nei lontani antenati sarebbe altro tanto sbagliato.
*Questo è il succo del mio articolo
Il cane non vive in branco visto che questo un termine inappropriato etologicamente, sia usando per un gruppo di cani che all’unione uomo cane. Ciò nonostante dovremo tenere presente la struttura , la funzionalità e le regole del branco per una corretta educazione e convivenza con i nostri cani i quali non vivono sottolineo ancora una volta, in nessun branco, sempre etologicamente parlando ovviamente.
*Scusi ma lei afferma che pur non essendoci un branco, le regole (perlopiù inventate) basate su osservazioni dichiarate invalide da chi le ha fatte e dalla comunità scientifica mondiale che (aggiungo io) hanno minato il rapporto tra uomo e cane per anni, siano comunque da applicare?!!!
Non possiamo parlare di gerarchia perché è un termine che ci può portare ad un modello sbagliato, cioè tipo quello usato nella società umana , ma per il momento non c’è una definizione per il ruolo che ricopre ne il cane ne il suo partner umano (se di ruoli ancora accettabile di parlare), ne per il rapporto che venuto a crearsi tra loro due.
*Certo che c’è la definizione è nello studio di Beach quello di Abrantes, di Appleby citati nel mio articolo!
Non possiamo parlare di dominanza perché anche questa una brutta parolaccia, e potrebbe fuorviarci pensando ad un comportamento aggressivo e violento.
*Se vuole le cito dei testi inglesi o tedeschi che traducono la dominanza in metodi che dire irrispettosi del cane rappresenta un eufemismo
Tutto questo basando sul fatto che in un branco di lupi niente di ciò esiste in questi termini.
Vogliamo decidersi una volta per tutte se e quanto rilevante la vita dei lupi per il migliore comprensione dei cani?
*Mi spiace dirlo ma lei non solo non ha capito quello che ho scritto nel mio articolo ma lo sta travisando in maniera clamorosa.
E se lo fosse, quanto influenza ancora oggi il comportamento del cane e il suo rapporto con l’uomo? Perché qui da una parte si nega dall’altra si ribadisce dei concetti sia vecchi che nuovi, prendendo come buono e funzionale quello che convince di più in quel momento , e respingendo tutto il resto. Ma va bene, la scienza è questa, ipotesi, idee, studi , accettazioni , negazioni e in genere la fine le spiegazioni di essi. Il perché e il come. Tutto questo però impossibile senza usare delle parole, parole che hanno una loro definizione chiara e comprensibile.
In questo caso però mi sembra che manchi l’ultima parte vitale…e se manca a loro non penso che sia giusto pretendere che abbiano gli altri.
*Tra di loro si capiscono le assicuro, il loro sbaglio è quello di non contemplare la possibilità di essere fraintesi ..legga Abrantes per quanto inerente al comportamento naturale, Appleby per quanto inerente al comportamento del cane di casa.
Come non penso affatto che fosse necessario creare un tale confusione, per dimostrare che il rafforzo positivo nell’educazione del cane un dato importante, e basare sul esso il nostro rapporto porti degli evidenti benefici. E neppure per dimostrare che il cane abbia bisogno una guida, un punto di riferimento al quale possiamo dare il nome che vogliamo, rimarrà sempre quello. Colui che insegna comportarsi in modo accettabile in una società umana, dove si vive secondo delle regole fatte dagli umani, e si usano dei termini “umani”.
*Le regole fatte dagli umani NEL RISPETTO DELLA NATURA DEL CANE!
Concludo dicendo che per quanto l’argomento sia interessante, una discussione di questo tipo come aveva scritto precedentemente anche lei, non è altro che una sterile conversazione e come tale, un esoso perdita di tempo per entrambi.
Detto questo aspetto il suo prossimo articolo dove spero, finalmente conoscerò i nuovi termini che non lasceranno spazio ai fraintendimenti , ma renderanno comprensibili a tutti i concetti da lei esposti, e daranno la possibilità di chiarire inequivocabilmente le differenze tra quelli e questi che usiamo attualmente.
*Capisco che lei si sia arrabbiata ma in sintesi credo che lei dovrebbe (se le va) rileggere il mio articolo perché in alcuni passaggi è palese che lei ha frainteso quanto scritto, e cercare di aprirsi ad una concezione diversa del cane che mi creda va ben oltre il significato di certi termini.
Nun ce la posso fa’. Ma se fossi in voi, mi scambierei i numeri di telefono 😀
Ora che ci penso non ho il tuo numero! 🙂
“ Se lei si è espressa male o io ho inteso male a questo punto mi sembra superfluo stabilirlo se non per confermare la buona fede di entrambi e questo sarà il senso di qui in avanti.”
Visto la sua santa pazienza e disponibilità, cercherò di risponderle in modo più cordiale ed esplicito ( almeno ci proverò, anche se vedendo i risultati precedenti non è sono affatto convinta di riuscirci ), nei prossimi giorni. Per farlo però ho bisogno del tempo, più di quanto potrei avere in questo momento.
Sempre prendendo riferimento ai commenti precedenti, temo anche di non poter promettere di essere sufficientemente concisa, perciò mi scuso anticipatamente con la signora Valeria. Se non per altro perchè ho paura che andando avanti così, qualche tangente mi toccherà di pagare prima o poi! 🙂
Ho letto solo ora questo articolo e devo confessare che mi ha l’asciata alquanto perplessa. Certo che avere delle convinzioni di un certo tipo per molti anni e poi vederli svanire nel nulla in un’attimo, può anche fare questo effetto. Il mio vero problema però di un altro tipo. Convivendo ormai più di 15 anni con un gruppo di cani più meno numerosi, per esperienza personale devo dire con tutta franchezza, che o sono confusi pure loro, o discendono da qualche altra specie dove una gerarchica e un branco esisteva davvero. Anzi esisteva senza altro anche un soggetto Alfa con o senza partner, e altri ruoli ben definiti…
Per carità non avendo mai avuto la possibilità di osservare e/o convivere con un branco di lupi, potrei anche accettare il fatto che tra di loro ci sia un tipo di rapporto completamente diverso. Ma con i cani ci vivo ormai più di 35 anni… va be’ adesso cercherò di spiegarli che stanno sbagliando tutto, chi sa, magari ci ricrederanno pure loro…altrimenti mi spiace dirlo, ma sarò costretta di continuare la convivenza in questo modo del tutto innaturale, occupando il ruolo del Capo branco il che, per quanto possa essere inesistente in natura, tra i cani pare che funzioni bene. E la fine dei conti per me questo che conta. 😉
Comprendo perfettamente i suoi dubbi, un po’ meno il suo sarcasmo che schernisce quella che oggi sembra essere la versione più accreditata in ambito scientifico internazionale, sui meccanismi che regolano la convivenza tra i cani e tra cani e uomini. L’argomento é complesso e il mio articolo non fa che riassumere alcune ricerche e studi degli ultimi anni. Tuttavia rileggendolo, ho rilevato uno sbilanciamento nello smentire idee del passato, trascurando di dare conto di come le nuove teorie si rifettano nella vita di tutti i giorni con i nostri cani. Ho quindi iniziato a scrivere un nuovo articolo nel quale cercherò di colmare questa lacuna nella mia esposizione pur aggiungendo notizie, spero interessanti, su fatti del passato spesso poco sconosciuti al grande pubblico. I suoi cani posso garantirle non stanno sbagliando una virgola di quello che fanno, ma converrà con me che se anche celebrati etologi,biologi, ricercatori e uomini di scienza sono stati a volte tratti in inganno nell’interpretare il comportamento dei canidi, non escluderei a priori che ciò possa essere successo anche a lei.
Più che sarcasmo è ironia, e certamente non rivolta alla sua persona. Ovvio che non essendo una scienziata , le mie osservazioni sono come di una qualsiasi persona che semplicemente convissuto con i propri cani, senza con lo scopo preciso di studiarli. Che avevo “tradotto” in modo sbagliato il loro comportamento? Potrebbe essere certo. Del resto io non sono partita a priori dal comportamento dei lupi per cercare di comprenderli,per il semplice fatto che nei tempi in qui mi sono avvicinata ai cani, dai loro antenati ne sapevo poco niente. Ero ancora una bambina. Poi negli anni sì e vero, credevo di riconoscere certi schemi comportamentali e atteggiamenti familiari tra le due specie. Più ne sapevo del lupo ( mi correggo, più pensavo di sapere di loro attraverso dei fonti disponibili ), più mi sembravano chiari alcuni atteggiamenti dei cani. A questo punto però sembra che tutto ciò era sbagliato, ed anche non essendo ne etologi ne ricercatori, penso che sia comprensibile un certo scombussolamento dopo tutti questi anni di beata ignoranza.
A questo punto sono davvero curiosa di leggere il suo nuovo articolo. Questa volta senza nessunissima ironia.
Aspettando il nuovo articolo, alcuni considerazioni su questo attuale:
“…pochi sono consapevoli che una relazione di sottomissione può esistere soltanto se uno dei due soggetti si sottomette in maniera consistente.”
Penso che tutti coloro che hanno vissuto con un gruppo di cani dove almeno ad alcuni soggetti avevano un carattere abbastanza forte, hanno potuto constatare.
“il cane “dominante” non provoca danni, quello aggressivo lo fa per definizione. Questo si sposa alla perfezione con quel morso singolo dispensato, per mantenere una risorsa, normalmente senza conseguenze degne di nota per chi lo riceve del cane dominante.Stabilita la relazione questa è mantenuta attraverso una serie di avvertimenti o forme ritualizzate di aggressività. Il soggetto subordinato è quello che scatena la reazione dell’altro e non viceversa.”
Un tipico atteggiamento anche tra i mie cani. La differenza è che da me capitato che il “dominante” ha provocato altro tanto danno. Ovviamente nei casi ove non sono bastati i semplici atteggiamenti di dissuasione.
“Tra le differenze più significative in contesto sociale tra lupo e cane c’è quella riguardante la rimozione di un soggetto dal suo gruppo: nei lupi è quasi certo che anche dopo poche ore di assenza sarà necessario riguadagnarsi la posizione; nei cani invece anche a distanza di mesi si sono osservati reinserimenti del tutto pacifici”
Probabilmente dipende molto dei soggetti , oltre che della razza in questione. Da me quando qualche soggetto è stato separato dal gruppo per un certo periodo di tempo ( ore, giorni, o mesi), al reinserimento più delle volte aveva dato l’inizio dei tipici comportamenti rituali più meno marcati, e delle volte anche di vere e proprie dimostrazione di forza.
” La dominanza non si trasmette geneticamente perché non è un tratto genetico: prendiamo un numero X di cani dominanti, mettiamoli insieme ed essi formeranno un ordine sociale.”
Coincide perfettamente con la mia esperienza personale.
“Tecniche di elicotteraggio, di impiccagione, cani affogati nell’acqua, collari elettrici usati con il solo principio: “Aumento l’intensità fino a quando non decidi di obbedire”… credo si sia tutti concordi che la teoria del branco e la dominanza hanno creato prevalentemente sofferenze inutili permettendo a molti di “qualificarsi” come esperti, snocciolando fesserie a volte molto pericolose.”
Per quanto mi riguarda ( e per molti quelli che conosco)la teoria del branco come anche quella della dominanza, non mi è mai indirizzato verso principi simili.Probabilmente perchè questi due termini per me hanno un significato completamente diverso di come l’interpreta lei.
“Ancora oggi per far scendere dal divano di casa il cane “dominante” lo si sgrida, lo si minaccia, lo si attacca con la scopa e quando arrivi tu con il tuo bocconcino e il cane dimentica tutta la sua “dominanza”, improvvisamente se ne fotte altamente del suo rango e del tuo, scende dal divano per ottemperare al suo istinto di sopravvivenza che con qualche lezione, fa si che quando arrivi a casa ti accolga come un vecchio amico, improvvisamente puoi sederti vicino al lui sul “SUO” divano.”
Mai avuto bisogno ne minacciare ne offrire dei bocconcini per farli scendere…
“…il cane deve scendere dal divano quando gli viene chiesto o non salirci e se mettiamo via tutte le nostre velleità di sergenti di ferro occorre necessariamente renderglielo conveniente.
Occorre che il cane veda conveniente non salire o scendere!”
Prima di conoscere i nuovi metodi “gentilisti”, ero convinta che sia del tutto normale che dando un ordine al cane,lui obbedisca senza che riceve in cambio nulla in particolare, se non una lode o di una carezza. Ora ( e qui l’ironia è dovuta),so che avevo sempre vissuto con dei santi.Non ci sono altri spiegazioni almeno secondo questi ultimi studi moderni.
“… la gerarchia, i ranghi, i ruoli, sono tutti CONCETTI: il cane non può né fiutarli, né sentirli, né vederli, né toccarli e quindi per lui non esistono, almeno questa è la conclusione a cui sono giunto, dovendomi ricredere su convinzioni passate.
Il lupo, il cane ferale sono tenuti insieme da un collante (più o meno forte) completamente superfluo nel rapporto uomo-cane: riprodursi e sopravvivere.
Il branco per il lupo è una unità di sopravvivenza, il cane nemmeno in ambiente naturale “sente” la necessità di organizzarsi in branco.
Il virgolettato sta a sottolineare che il cane non è cosciente della presenza o assenza di una gerarchia: queste sono definizioni che servono a noi per interpretare determinati fenomeni.”
Il cane non ha bisogno di organizzarsi in branco, visto che ci vive già.E quanto sembra riesce integrarsi perfettamente.Ciò nonostante che lo faccia con una specie diversa dal suo. Del resto dopo diverse decine di migliaia di anni della separazione delle 2 specie, credo che sia normale che in alcune caratteristiche i cani siano evoluti e si sono diversificati dai loro progenitori. Certamente questo solo un mio discutibilissimo in quanto scientificamente non approvato teoria.
” I lupi in un certo ambiente agiscono in un certo modo conseguente alla propria genetica e all’ambiente stesso: se cambia l’ambiente la genetica è espressa diversamente, dando luogo ad un adattamento funzionale a quel determinato ambiente.
Il nostro rapporto con il cane non è funzionale a sopravvivere e riprodursi, ma ad una proficua convivenza ad una simbiosi che dovrebbe esaltare le qualità del cane e anche quelle dell’uomo.”
Allora non è così improponibile la tesi secondo quale poteva fare altro tanto anche il cane, specialmente considerando la forte selezione esercitata dall’uomo nei millenni, proprio per arrivare di avere dei soggetti con i quali sia possibile convivere in questo simbiosi? Del resto per me ” una proficua convivenza” e proprio quello che spinge a vivere nei branchi anche i lupi.
“Come già visto in precedenza il cane, per la scienza, non ha coscienza di sé e non riesce a pianificare il futuro: quindi alla luce di ciò sarebbe forse più corretto dire che il cane inibisce o non inibisce un comportamento, più che parlare di dominanza.”
Come pure i lupi.Ma cambiare il termine per se, non penso che cambierà il concetto di base.
“Prevenire invece è sempre meglio che curare, quindi se dobbiamo togliere qualcosa dalla bocca del cane diamo qualcosa per cui farlo di buon grado, se vogliamo che il cane scenda dal divano diamo qualcosa per cui farlo di buon grado, insomma evitiamo confronti gerarchici, perché il cane non li capirebbe..”
Mo’qui mi sono un po’ confusa… se il cane non ha nessuna cognizione della gerarchica, perchè mai dovremo di evitare un confronto gerarchico temendo che il cane potrebbe non capirlo???
Vorrà perdonarmi se la mia risposta sarà succinta e poco articolata ma la lista di “eccezioni” che lei ha redatto è davvero corposa
Aspettando il nuovo articolo, alcuni considerazioni su questo attuale:
“…pochi sono consapevoli che una relazione di sottomissione può esistere soltanto se uno dei due soggetti si sottomette in maniera consistente.”
Un tipico atteggiamento anche tra i mie cani. La differenza è che da me capitato che il “dominante” ha provocato altro tanto danno. Ovviamente nei casi ove non sono bastati i semplici atteggiamenti di dissuasione.
-Ci sono tanti e tali fattori che influiscono sulla interazione tra due cani dovuti alla assenza di branco e delle condizioni che lo determinano che è davvero difficile commentare un comportamento al di fuori del suo contesto naturale ..un po’ come guardare un uomo che mima i movimenti del nuoto in assenza d’acqua.
“Tra le differenze più significative in contesto sociale tra lupo e cane c’è quella riguardante la rimozione di un soggetto dal suo gruppo: nei lupi è quasi certo che anche dopo poche ore di assenza sarà necessario riguadagnarsi la posizione; nei cani invece anche a distanza di mesi si sono osservati reinserimenti del tutto pacifici”
Probabilmente dipende molto dei soggetti , oltre che della razza in questione. Da me quando qualche soggetto è stato separato dal gruppo per un certo periodo di tempo ( ore, giorni, o mesi), al reinserimento più delle volte aveva dato l’inizio dei tipici comportamenti rituali più meno marcati, e delle volte anche di vere e proprie dimostrazione di forza.
-Credo che nessuno di noi sia in grado di fare delle valutazioni esatte, non fosse altro per non avere mai osservato il fenomeno nei lupi o aver condotto una ricerca atta a determinare quella che costituisce la “risposta media” in ogni razza e tra tutte le razze; gioco forza non possiamo che rimetterci a quello che ci viene trasmesso da chi l’ha fatto.
“Tecniche di elicotteraggio, di impiccagione, cani affogati nell’acqua, collari elettrici usati con il solo principio: “Aumento l’intensità fino a quando non decidi di obbedire”… credo si sia tutti concordi che la teoria del branco e la dominanza hanno creato prevalentemente sofferenze inutili permettendo a molti di “qualificarsi” come esperti, snocciolando fesserie a volte molto pericolose.”
Per quanto mi riguarda ( e per molti quelli che conosco)la teoria del branco come anche quella della dominanza, non mi è mai indirizzato verso principi simili.Probabilmente perchè questi due termini per me hanno un significato completamente diverso di come l’interpreta lei.
-Non si tratta d’interpretazione si tratta di osservazione nel corso degli anni osservazioni che fortunatamente comprendono anche comportamenti meno violenti.
“Ancora oggi per far scendere dal divano di casa il cane “dominante” lo si sgrida, lo si minaccia, lo si attacca con la scopa e quando arrivi tu con il tuo bocconcino e il cane dimentica tutta la sua “dominanza”, improvvisamente se ne fotte altamente del suo rango e del tuo, scende dal divano per ottemperare al suo istinto di sopravvivenza che con qualche lezione, fa si che quando arrivi a casa ti accolga come un vecchio amico, improvvisamente puoi sederti vicino al lui sul “SUO” divano.”
Mai avuto bisogno ne minacciare ne offrire dei bocconcini per farli scendere…
-Cerchiamo di uscire dall’esempio specifico il senso è quello che impostando il discorso sulla presunta dominanza 9 volte su 10 si favorisce una contrapposizione tra uomo e cane ed è questa contrapposizione “preventiva” che causa gran parte dei danni
Prima di conoscere i nuovi metodi “gentilisti”, ero convinta che sia del tutto normale che dando un ordine al cane,lui obbedisca senza che riceve in cambio nulla in particolare, se non una lode o di una carezza. Ora ( e qui l’ironia è dovuta),so che avevo sempre vissuto con dei santi.Non ci sono altri spiegazioni almeno secondo questi ultimi studi moderni.
-Negli anni ho avuto modo di vedere cani lavorati in tanti modi il più “antico” risale agli anni ’70 quando con uno strangolo e la sola lode si producevano risultati la qualità dei quali non è nemmeno lontanamente comparabile a quella raggiungibile con tecniche moderne ci tengo a sottolineare e non “gentili” termine che può ingannare al pari di “tradizionale”. Vivere con un cane può essere inteso in tanti modi alcuni dei quali sembrano rispondere esclusivamente alle esigenze del proprietario o del cane per questo ho la buona abitudine di descrivere i comportamenti dei cani come accettabili e non piuttosto che giusti o sbagliati.
“… la gerarchia, i ranghi, i ruoli, sono tutti CONCETTI: il cane non può né fiutarli, né sentirli, né vederli, né toccarli e quindi per lui non esistono, almeno questa è la conclusione a cui sono giunto, dovendomi ricredere su convinzioni passate.
Il lupo, il cane ferale sono tenuti insieme da un collante (più o meno forte) completamente superfluo nel rapporto uomo-cane: riprodursi e sopravvivere.
Il cane non ha bisogno di organizzarsi in branco, visto che ci vive già. E quanto sembra riesce integrarsi perfettamente.Ciò nonostante che lo faccia con una specie diversa dal suo.
-Temo che la sua idea di branco sia lontanissima da quella etologicamente accettata.
Del resto dopo diverse decine di migliaia di anni della separazione delle 2 specie, credo che sia normale che in alcune caratteristiche i cani siano evoluti e si sono diversificati dai loro progenitori. Certamente questo solo un mio discutibilissimo in quanto scientificamente non approvato teoria.
-Eh lo so, ma credo che in campo come questo sarebbe più prudente affidarsi alla scienza magari per scoprire che dalla domesticazione del cane così come la conosciamo ad oggi evolutivamente parlando sono passati poco più di 5 minuti!
I lupi in un certo ambiente agiscono in un certo modo conseguente alla propria genetica e all’ambiente stesso: se cambia l’ambiente la genetica è espressa diversamente, dando luogo ad un adattamento funzionale a quel determinato ambiente.
Il nostro rapporto con il cane non è funzionale a sopravvivere e riprodursi, ma ad una proficua convivenza ad una simbiosi che dovrebbe esaltare le qualità del cane e anche quelle dell’uomo.”
Allora non è così improponibile la tesi secondo quale poteva fare altro tanto anche il cane, specialmente considerando la forte selezione esercitata dall’uomo nei millenni, proprio per arrivare di avere dei soggetti con i quali sia possibile convivere in questo simbiosi? Del resto per me ” una proficua convivenza” e proprio quello che spinge a vivere nei branchi anche i lupi.
-La forte selezione dell’uomo nei millenni ..bah studi di genetica molecolare ci dicono che le razze attuali non hanno molto più di 200 anni Cani dei faraoni compresi.
“Come già visto in precedenza il cane, per la scienza, non ha coscienza di sé e non riesce a pianificare il futuro: quindi alla luce di ciò sarebbe forse più corretto dire che il cane inibisce o non inibisce un comportamento, più che parlare di dominanza.”
Come pure i lupi. Ma cambiare il termine per se, non penso che cambierà il concetto di base.
-Certamente no, ma la nostra comprensione del fenomeno certamente si!
“Prevenire invece è sempre meglio che curare, quindi se dobbiamo togliere qualcosa dalla bocca del cane diamo qualcosa per cui farlo di buon grado, se vogliamo che il cane scenda dal divano diamo qualcosa per cui farlo di buon grado, insomma evitiamo confronti gerarchici, perché il cane non li capirebbe..”
Mo’qui mi sono un po’ confusa… se il cane non ha nessuna cognizione della gerarchica, perchè mai dovremo di evitare un confronto gerarchico temendo che il cane potrebbe non capirlo???
-Perché fino a quando l’avremo nelle nostre teste il rischio rimarrà altissimo! 🙂
Prima di tutto ci tengo a sottolinare che anch’io come TUTTI ho parlato di branco, di cane in natura, di dominanza,gerarchie e regole di convivenza volte a prevenire la scalata! 🙂 Ho vissuto per mia grande fortuna in un continente dove qualche “cane in natura” c’è davvero come del resto altri canidi.Tuttavia i pochi giorni passati ad osservarli e talvolta ad interagire con loro non mi hanno certo suggerito granchè sul comportamento del cane ne tanto meno del lupo. Credo che la quasi totalità della cinofilia internazionale si sia rifatta a quello che a volte in maniera precisa altre meno ci arrivava dai Lorenz del tempo.Non si tratta di giusto o sbagliato per quei tempi e attraverso le conoscenze di quei tempi si era arrivati a delle conclusioni che alla luce della conoscenza attuale si sono rivelate prevalentemente ispirate a concetti antropomorfi.Colgo l’occasione per complimentarmi per l’eleganza della risposta.
Grazie per la risposta, e mi perdoni se di nuovo sto diventando “corposa”…
1.) “-Ci sono tanti e tali fattori che influiscono sulla interazione tra due cani dovuti alla assenza di branco e delle condizioni che lo determinano che è davvero difficile commentare un comportamento al di fuori del suo contesto naturale ..un po’ come guardare un uomo che mima i movimenti del nuoto in assenza d’acqua.”
Prima di poter dire contesto naturale parlando del cane domestico, dobbiamo decidere che cosa intendiamo su un contesto naturale. Si parla dei cani non dei lupi, esiste davvero un contesto naturale?
Ma prima di tutto per evitare ulteriori incomprensioni, sarebbe da definire il termine “branco”.
Per me esprimendomi in modo molto semplice per niente scientifico ma coinciso, è l’unione di diversi soggetti appartenenti alla stessa specie , coalizzati per la sopravvivenza di essa, il quale per poter funzionare,richiede determinati ruoli nell’interno del gruppo.
Ovviamente il cane è una specie diversa da noi, in quel senso potrebbe anche essere non del tutto appropriato il termine branco riferito alla nostra convivenza , ma per il resto se la mia interpretazione fosse giusta, renderebbe comunque l’idea.
2.) “Credo che nessuno di noi sia in grado di fare delle valutazioni esatte, non fosse altro per non avere mai osservato il fenomeno nei lupi o aver condotto una ricerca atta a determinare quella che costituisce la “risposta media” in ogni razza e tra tutte le razze; gioco forza non possiamo che rimetterci a quello che ci viene trasmesso da chi l’ha fatto.”
Prima però aveva affermato che :
“Tra le differenze più significative in contesto sociale tra lupo e cane c’è quella riguardante la rimozione di un soggetto dal suo gruppo: nei lupi è quasi certo che anche dopo poche ore di assenza sarà necessario riguadagnarsi la posizione; nei cani invece anche a distanza di mesi si sono osservati reinserimenti del tutto pacifici”
Prima di tutto dovrebbe decidersi lei se nei lupi è stato riconosciuto o no tale rituale. Prima afferma che quasi certo , poi afferma il contrario. Mi pare che sia alquanto confuso anche lei in merito. Io parlavo dei cani miei, è una mia osservazione,che a questo punto sembra che debba essere per forza sbagliato, mentre non lo sono le osservazioni degli altri…e le sue osservazioni che risultati hanno portato? Nel mio gruppo di cani ( tanto per non parlare di branco), convivono diverse razze, taglie , sesso ed età. E in quelli osservati dagli altri oppure da lei? Sicuramente ci sono delle differenze tra le razze, ma anche interno tra i soggetti di esse anche molto marcate. Questo non lo metto in dubbio, ce ne anche tra i miei. Ma questo non significa a priori che non ci siano dei rituali anche nel caso in qui questi risultino del tutto pacifici. Il cane non è più lupo da millenni, e alcune razze sono ancora meno degli altri, per via di una selezione molto spinta il quale appunto aveva lo scopo di preservare dal comportamento del lupo quello che era utile, ed inibire quanto era possibile tutto ciò che non era compatibile per la convivenza. Almeno come la vedo io. E siccome senza ombra di dubbio abbiamo meno difficoltà di studiare i cani visto che ci conviviamo, non sarebbe più semplice osservare loro tenendo pur presente le loro diversità, ma anche il fatto che comunque fanno parte alla stessa specie? Mentre i lupi sono ormai solo un lontano antenato i quali tra l’altro quanto sembra non abbiamo la possibilità di osservare in modo di poter ricavarne dei dati scientificamente validi? Perchè a mio avviso andando avanti così, niente sarà più chiaro e meno inconfutabile domani di quanto ne sia oggi.
3.)” -Non si tratta d’interpretazione si tratta di osservazione nel corso degli anni osservazioni che fortunatamente comprendono anche comportamenti meno violenti.”
Mi scusi ma meno violenti di cosa? Per me “dominante” non è sinonimo di un’qualsivoglia tipo di comportamento violento. Meno che mai riferendo ai cani.Immagino che riferiva quello e non l’interpretazione della parola branco ? Comunque la mia risposta sarebbe sempre identica.
4.) “-Cerchiamo di uscire dall’esempio specifico il senso è quello che impostando il discorso sulla presunta dominanza 9 volte su 10 si favorisce una contrapposizione tra uomo e cane ed è questa contrapposizione “preventiva” che causa gran parte dei danni”
L’esempio l’ha fatta lei, ma non c’è problema, possiamo uscire tranquillamente. Parliamo in generale. Non impostando sulla dominanza la relazione uomo-cane( dominanza però come intendo io, non come lei che collega direttamente con qualche tipo di violenza , il che effettivamente sbagliato a mio parere), la mia “richiesta” di eseguire qualsiasi azione dalla parte del cane per quale motivo dovrebbe fare effetto? Fino adesso il cane ubbidiva è per questo è stato lodato.Per quanto io abbia sbagliato di pormi in questa maniera secondo lei, non è mai causato nessun danno.( E non solo a me…) Dice che sia pura fortuna? Ma allora come la spiega che abbiano spesso gravi problemi di gestione proprio le persone che non hanno mai stabilito con i propri cani nessun rapporto di “ruoli”? Cioè coloro che offrivano carezze e bocconcini a volontà per cercare di convincere il cane per comportarsi in un determinato modo, ma invece della collaborazione hanno preso dei morsi, o nei casi meno gravi semplicemente sono stati ignorati del cane, e non una o due volte, ma abitualmente. Ne conosco molti così, troppi per dire il vero.
5.) “-Negli anni ho avuto modo di vedere cani lavorati in tanti modi il più “antico” risale agli anni ’70 quando con uno strangolo e la sola lode si producevano risultati la qualità dei quali non è nemmeno lontanamente comparabile a quella raggiungibile con tecniche moderne ci tengo a sottolineare e non “gentili” termine che può ingannare al pari di “tradizionale”. Vivere con un cane può essere inteso in tanti modi alcuni dei quali sembrano rispondere esclusivamente alle esigenze del proprietario o del cane per questo ho la buona abitudine di descrivere i comportamenti dei cani come accettabili e non piuttosto che giusti o sbagliati.”
Io di esperienza personale ne ho solo dagli anni ’80. Non solo visto anche lavorato con un paio di cani miei. Devo però deluderlo, non avevo usato lo strozzo. Però lodavo il cane quello sì.
(Lo strozzo avevo iniziato usare negli anni ’90 quando avevo iniziato andare in esposizione, e uso tutt’ora ma non per l’addestramento, almeno fino a questo momento. Buffo no?)
Dopo tanti anni ritornando sul campo e lavorando con il metodo di oggi, sinceramente dei miglioramenti non è che vedo tanti, ma molto più di confusione sì.E questo vale sia per i cani che per il loro proprietari.Almeno fin’ora questa la mia impressione.
6.)”Temo che la sua idea di branco sia lontanissima da quella etologicamente accettata.”
Infatti è un’interpretazione, visto che i cani in branchi non hanno mai vissuto, non è possibile parlare in modo etologicamente corretto. Ma come avevo già scritto, penso che rende l’idea tanto quanto qualunque altro termine, se non meglio. Comunque suggerisca un vocabolo che secondo lei più accettabile e corretto etologicamente. Basta che sia un termine che spiega meglio il concetto di questo che si usa attualmente.
7.) ” -Eh lo so, ma credo che in campo come questo sarebbe più prudente affidarsi alla scienza magari per scoprire che dalla domesticazione del cane così come la conosciamo ad oggi evolutivamente parlando sono passati poco più di 5 minuti!”
E in questi 5 minuti si sono creati diverse centinaia di tipologia di cani, con morfologia e attitudini completamente differenti. La selezione operata dall’uomo sembra che riesca accelerare i tempi. Con una evoluzione naturale mai e poi mai sarebbe successo niente di simile.
8.)”-La forte selezione dell’uomo nei millenni ..bah studi di genetica molecolare ci dicono che le razze attuali non hanno molto più di 200 anni Cani dei faraoni compresi.”
Mea culpa, intendevo la selezione di diversi tipologie di cani, non razze ovviamente come si intende oggi. Questa aveva inizio presumibilmente da subito, cioè dal momento che le due specie hanno cominciato collaborare. E questo era molto prima di 200 anni fa…penso che su questo siamo d’accordo.
9.) “Certamente no, ma la nostra comprensione del fenomeno certamente si!”
Allora la prego per la nostra comprensione, suggerisca dei termini più comprensibili.
1.) “-Ci sono tanti e tali fattori che influiscono sulla interazione tra due cani dovuti alla assenza di branco e delle condizioni che lo determinano che è davvero difficile commentare un comportamento al di fuori del suo contesto naturale ..un po’ come guardare un uomo che mima i movimenti del nuoto in assenza d’acqua.”
Prima di poter dire contesto naturale parlando del cane domestico, dobbiamo decidere che cosa intendiamo su un contesto naturale. Si parla dei cani non dei lupi, esiste davvero un contesto naturale?
Ma prima di tutto per evitare ulteriori incomprensioni, sarebbe da definire il termine “branco”.
Per me esprimendomi in modo molto semplice per niente scientifico ma coinciso, è l’unione di diversi soggetti appartenenti alla stessa specie , coalizzati per la sopravvivenza di essa, il quale per poter funzionare,richiede determinati ruoli nell’interno del gruppo.
Ovviamente il cane è una specie diversa da noi, in quel senso potrebbe anche essere non del tutto appropriato il termine branco riferito alla nostra convivenza , ma per il resto se la mia interpretazione fosse giusta, renderebbe comunque l’idea.
-Precisiamo che nel mio articolo parto dal lupo non perché io ritenga che possa essere un esempio per comprendere il comportamento del cane nelle nostre case, tutt’altro, mi sembrava abbastanza chiaro. Proseguo poi nel cercare nel cane “in natura” che significa in modi diversi vicino all’uomo quell’organizzazione sociale ascritta al cane domestico sulla base delle osservazioni fatte sui lupi,non trovando anche qui granchè di riscontro.
Branco: padre, madre prole impegnati a sopravvivere e riprodursi in ambiente naturale.
2.) “Credo che nessuno di noi sia in grado di fare delle valutazioni esatte, non fosse altro per non avere mai osservato il fenomeno nei lupi o aver condotto una ricerca atta a determinare quella che costituisce la “risposta media” in ogni razza e tra tutte le razze; gioco forza non possiamo che rimetterci a quello che ci viene trasmesso da chi l’ha fatto.”
Prima però aveva affermato che :
“Tra le differenze più significative in contesto sociale tra lupo e cane c’è quella riguardante la rimozione di un soggetto dal suo gruppo: nei lupi è quasi certo che anche dopo poche ore di assenza sarà necessario riguadagnarsi la posizione; nei cani invece anche a distanza di mesi si sono osservati reinserimenti del tutto pacifici”
Prima di tutto dovrebbe decidersi lei se nei lupi è stato riconosciuto o no tale rituale. Prima afferma che quasi certo , poi afferma il contrario. Mi pare che sia alquanto confuso anche lei in merito.
-Colgo ..come dire un velato (ma mica tanto) risentimento in questo passaggio. Intanto io non “affermo” ma riporto ciò che è stato osservato e nel descrivere il comportamento dei cani dico “
si sono osservati reinserimenti del tutto pacifici” Magari sarà successo anche il contrario e se lei ne avesse notizie la pregherei di farmelo sapere.
Io parlavo dei cani miei, è una mia osservazione,che a questo punto sembra che debba essere per forza sbagliato, mentre non lo sono le osservazioni degli altri…e le sue osservazioni che risultati hanno portato?
-Veda le mie osservazioni sono state, sono e sempre saranno subordinate a quanto studiato da chi ne sa più di me. Io parlo di lupi ma non affermo un bel niente perché non faccio altro che riportare quello che ho studiato.Sono altri i campi nei quali posso permettermi di affermare. Le sue osservazioni contrastano con gli studi più recenti e sia gentile mi spieghi a quali risultati avrebbero dovuto portare le mie se non quella che è la mia comprensione di certi fenomeni.
Nel mio gruppo di cani ( tanto per non parlare di branco),
-Sarebbe improprio farlo non fosse altro per la recinzione che spero cinga la sua proprietà
convivono diverse razze, taglie , sesso ed età. E in quelli osservati dagli altri oppure da lei?
Se così vede bene che le condizioni sono diverse sia da quelle osservate nei lupi sia in quelle osservate nei free ranging dogs. Ad ogni modo c’è uno studio portato avanti per circa 30 anni da Frank Beach di cui ci ha dato conto Ian Dunbar dove le condizioni da lei descritte sono abbastanza simili.
– Sicuramente ci sono delle differenze tra le razze, ma anche interno tra i soggetti di esse anche molto marcate. Certamente anzi citando Scott & Fuller più differenze all’interno di una stessa razza che tra una razza e l’altra!
Questo non lo metto in dubbio, ce ne anche tra i miei. Ma questo non significa a priori che non ci siano dei rituali anche nel caso in qui questi risultino del tutto pacifici.
Ma io non ho mai negato l’esistenza di rituali
Il cane non è più lupo da millenni, e alcune razze sono ancora meno degli altri, per via di una selezione molto spinta il quale appunto aveva lo scopo di preservare dal comportamento del lupo quello che era utile, ed inibire quanto era possibile tutto ciò che non era compatibile per la convivenza. Almeno come la vedo io. E siccome senza ombra di dubbio abbiamo meno difficoltà di studiare i cani visto che ci conviviamo, non sarebbe più semplice osservare loro tenendo pur presente le loro diversità, ma anche il fatto che comunque fanno parte alla stessa specie?
-Questo è proprio quello che mi prefiggo di fare nel prossimo articolo come le ho già anticipato fin qui mi sono limitato a criticare proprio il tentativo di spiegare il comportamento dei nostri cani guardando lupi.
Mentre i lupi sono ormai solo un lontano antenato i quali tra l’altro quanto sembra non abbiamo la possibilità di osservare in modo di poter ricavarne dei dati scientificamente validi? Perchè a mio avviso andando avanti così, niente sarà più chiaro e meno inconfutabile domani di quanto ne sia oggi.
-Le ribadisco che quello che ho scritto era proprio mirato a dimostrare quello che lei afferma fornendo una documentata esposizione dei fatti e seguendo una logica a sostegno pensavo ciò fosse più corretto rispetto a dire: “Io la penso così”
3.)” -Non si tratta d’interpretazione si tratta di osservazione nel corso degli anni osservazioni che fortunatamente comprendono anche comportamenti meno violenti.”
Mi scusi ma meno violenti di cosa? Per me “dominante” non è sinonimo di un’qualsivoglia tipo di comportamento violento. Meno che mai riferendo ai cani. Immagino che riferiva quello e non l’interpretazione della parola branco ? Comunque la mia risposta sarebbe sempre identica.
-Veda quello che lei intende per “DOMINANTE” non è che una delle innumerevoli interpretazioni che negli anni sono state date a questo termine. “Meno violenti” delle tecniche già descritte in precedenza, potremmo dire che la dominanza potrebbe essere rappresentata graficamente da una gaussiana che vede ad un suo estremo violenza e dall’altro autorità ed al centro tanti cani più o meno “chiusi” (asseconda del posizionamento nella gaussiana) da una contrapposizione implicita in concetti quali quelli di dominanza e/o gerarchia che minano per definizione, la fiducia che il cane dovrebbe avere nell’uomo e la conseguente autorevolezza che ne dovrebbe conseguire.
4.) “-Cerchiamo di uscire dall’esempio specifico il senso è quello che impostando il discorso sulla presunta dominanza 9 volte su 10 si favorisce una contrapposizione tra uomo e cane ed è questa contrapposizione “preventiva” che causa gran parte dei danni”
L’esempio l’ha fatta lei, ma non c’è problema, possiamo uscire tranquillamente.
-Io ho certamente fatto l’esempio: lei certamente l’ha frainteso.
Parliamo in generale. Non impostando sulla dominanza la relazione uomo-cane( dominanza però come intendo io, non come lei che collega direttamente con qualche tipo di violenza , il che effettivamente sbagliato a mio parere), la mia “richiesta” di eseguire qualsiasi azione dalla parte del cane per quale motivo dovrebbe fare effetto?
-Punto primo chiariamo che la violenza può essere anche psicologica, punto secondo a suo avviso se tutti portassero avanti il discorso “dominanza però come intendo io” non arriveremmo da nessuna parte. Come intende lei la dominanza… o meglio a quale versione ufficiale si rifà quando parla di dominanza? Il mio parlare di dominanza citando conflitti, violenza in ogni salsa è storia passata e purtroppo ancora presente in tutto il mondo semplicemente perché il termine etologico come descritto nel mio articolo è stato travisato proprio in virtù del ragionamento “Io la vedo così” . Sia chiaro ognuno può avere le sue opinioni che tali rimangono: opinioni!
Fino adesso il cane ubbidiva è per questo è stato lodato.
-Il cane non può ubbidire siamo noi ad ascrivergli questo comportamento umanizzandolo!
Per quanto io abbia sbagliato di pormi in questa maniera secondo lei, non è mai causato nessun danno.( E non solo a me…) Dice che sia pura fortuna?
-Facendo un banale esempio si può insegnare al cane a fare il resta, facendo in modo che lui non veda l’ora che il suo proprietario ritorni,oppure si può ottenere un atteggiamento del tipo “ azz speriamo bene…..mentre il proprietario si avvicina, in entrambi i casi il cane resta ma con emozioni molto diverse.
Lei fa un discorso nel quale difende il suo comportamento e condanna quello che per lei è sbagliato negli altri creando una contrapposizione con il “gentilismo”. Per quanto mi riguarda o ci si comporta correttamente oppure no, ed è il cane a metterlo in evidenza se si hanno occhi per guardare.
Ma allora come la spiega che abbiano spesso gravi problemi di gestione proprio le persone che non hanno mai stabilito con i propri cani nessun rapporto di “ruoli”? Cioè coloro che offrivano carezze e bocconcini a volontà per cercare di convincere il cane per comportarsi in un determinato modo, ma invece della collaborazione hanno preso dei morsi, o nei casi meno gravi semplicemente sono stati ignorati del cane, e non una o due volte, ma abitualmente. Ne conosco molti così, troppi per dire il vero.
-Nel mio prossimo articolo pubblicherò delle statistiche che dimostrano che quello che lei afferma semplicemente non corrisponde alla realtà almeno quella americana. Certo che “viziare” il cane non produce risultati accettabili, mi sta dicendo che lei con due gambe corre meglio di uno che ne una sola?
5.) “-Negli anni ho avuto modo di vedere cani lavorati in tanti modi il più “antico” risale agli anni ’70 quando con uno strangolo e la sola lode si producevano risultati la qualità dei quali non è nemmeno lontanamente comparabile a quella raggiungibile con tecniche moderne ci tengo a sottolineare e non “gentili” termine che può ingannare al pari di “tradizionale”. Vivere con un cane può essere inteso in tanti modi alcuni dei quali sembrano rispondere esclusivamente alle esigenze del proprietario o del cane per questo ho la buona abitudine di descrivere i comportamenti dei cani come accettabili e non piuttosto che giusti o sbagliati.”
Io di esperienza personale ne ho solo dagli anni ’80. Non solo visto anche lavorato con un paio di cani miei.
-Io invece dagli anni ’70 i cani li ho soltanto visti spesso senza occhiali ed anche da lontano!
Devo però deluderlo, non avevo usato lo strozzo. Però lodavo il cane quello sì.
(Lo strozzo avevo iniziato usare negli anni ’90 quando avevo iniziato andare in esposizione, e uso tutt’ora ma non per l’addestramento, almeno fino a questo momento. Buffo no?)
-No non capisco cosa ci sia di buffo ne capisco perché io debba essere deluso.
Dopo tanti anni ritornando sul campo e lavorando con il metodo di oggi, sinceramente dei miglioramenti non è che vedo tanti, ma molto più di confusione sì.E questo vale sia per i cani che per il loro proprietari.Almeno fin’ora questa la mia impressione.
Non so su quali campi sia tornata ma per quello che mi riguarda sia in agility che in utilità sono stati fatti grandi passi avanti certo ci sono ancora gli improvvisati ma a mio avviso l’eccellenza di oggi è qualitativamente superiore a quella di ieri. Metodi non esistono aalmeno fino a quando ogni cane è diverso, come ogni proprietario alla fine del guinzaglio è diverso, ed ogni contesto nel quale i due interagiscono è diverso.
6.)”Temo che la sua idea di branco sia lontanissima da quella etologicamente accettata.”
Infatti è un’interpretazione, visto che i cani in branchi non hanno mai vissuto, non è possibile parlare in modo etologicamente corretto. Ma come avevo già scritto, penso che rende l’idea tanto quanto qualunque altro termine, se non meglio. Comunque suggerisca un vocabolo che secondo lei più accettabile e corretto etologicamente. Basta che sia un termine che spiega meglio il concetto di questo che si usa attualmente.
Veda il problema è che se lei usa il termine branco deve gioco forza fare riferimento all’etologia e siccome come lei stessa ammette i cani in branchi non hanno mai vissuto parlare di branco nel cane è improprio e per nulla rappresentativo.
7.) ” -Eh lo so, ma credo che in campo come questo sarebbe più prudente affidarsi alla scienza magari per scoprire che dalla domesticazione del cane così come la conosciamo ad oggi evolutivamente parlando sono passati poco più di 5 minuti!”
E in questi 5 minuti si sono creati diverse centinaia di tipologia di cani, con morfologia e attitudini completamente differenti. La selezione operata dall’uomo sembra che riesca accelerare i tempi. Con una evoluzione naturale mai e poi mai sarebbe successo niente di simile.
-E’ proprio certa che quello che va affermando trovi sostegno all’interno di una qualsivoglia disciplina scientifica?
8.)”-La forte selezione dell’uomo nei millenni ..bah studi di genetica molecolare ci dicono che le razze attuali non hanno molto più di 200 anni Cani dei faraoni compresi.”
Mea culpa, intendevo la selezione di diversi tipologie di cani, non razze ovviamente come si intende oggi. Questa aveva inizio presumibilmente da subito, cioè dal momento che le due specie hanno cominciato collaborare. E questo era molto prima di 200 anni fa…penso che su questo siamo d’accordo.
Guardi per quello che concerne l’origine dei cani e la loro evoluzione ci sono diverse versioni e credo che di tempo ne passerà ancora tanto prima che si riesca ad affermare con certezza quello che è successo tra lupo uomo e cane apartire dalla comparsa dei primi omidi. Che ci siano stati dei cambiamenti credo sia abbastanza scontato tuttavia prima di congedarmi vorrei fare presente che anche lei sostiene a spada tratta quelle idee che la scienza aveva divulgato tra la fine degli anni ’40 alla fine degli anni 70’ e sembra proprio non digerire quelle che la stessa scienza ha rivisto e corretto in tempi più recenti. Francamente NON LO CAPISCO!
9.) “Certamente no, ma la nostra comprensione del fenomeno certamente si!”
Allora la prego per la nostra comprensione, suggerisca dei termini più comprensibili.
-La prossima volta metterò l’asterisco con una dettagliata spiegazione a pié di pagina.
Giunti al termine di questa piuttosto sterile contrapposizione, le anticipo che non darò seguito a questa corrispondenza, se l’impostazione che lei vorrà dare alla discussione non sarà volta ad entrare nel merito della questione piuttosto che appunto ad una contrapposizione tra lei, me, e quello che è il corrente indirizzo scientifico a livello mondiale.
Francamente a me non interessa avere ragione ho scritto un articolo con dei contenuti, se vuole discutere su questi, portandone altri più che felice di continuare a dibattere,diversamente risparmiamoci ulteriori piccolezze e perdite di tempo.
Io ho una domanda che mi affligge.
In molti animali è solamente il maschio dominante a poter coprire le femmine (cervi, leoni e via dicendo).
Per i lupi (giusto per citare un canide che vive in branco allo stato selvaggio) questo non si verifica?
Perchè per i cani questo discorso viene riconosciuto universalmente (o quasi) mentre per gli altri mammiferi sopra citati il discorso non vale?
Io mi sforzo di capire che il concetto di dominanza non esista, ma più penso al concetto di conservazione della specie e più mi sembra ovvio che solamente il più forte si riproduca.
Certo che si verifica. Nei lupi si riproduce solo la coppia alpha. Nei cani si riproduce di tutto e di più perchè le condizioni ambientali sono particolarmente favorevoli (ovvero, è l’uomo a garantire cibo per tutti): questo è anche il motivo per cui le femmine di lupo vanno in calore una sola volta all’anno e le cagne due (con alcune eccezioni, ma piuttosto rare).
Cercherò di rispondere al suo quesito partendo con il dire che “in natura” difficilmente troviamo due speciediverse che vivono in simbiosi come cane e uomo. L’essere più forte non significa necessariamente essere quello che “mena tutti”.Magari il più forte é quello con un sistema immunitario più resistente, oppure quello che non si procura ferite in combattimenti inutili che porterebbero pur vincendo ad avere infezioni e quindi morte: fine dei geni di un lupo.Un lupo forte e coraggioso se trova un orso sulla sua strada é un lupo perdente magari il più forte di tutti i lupi nel raggio di mille km ma da morto gli serve a poco.Il lupo é oramai accettato forma branchi mediamente al di sotto delle 10 unità ma in determinate rare condizioni può raggiungere numeri più considerevoli. I due riproduttori si uniscono e nasce la prole. A partire dall’anno fino ai due,tre anni di età la prole si disperde per andare a formare il proprio branco. Questo é forse il meccanismo preventivo più efficace (ma non il solo) che fa in modo da rendere rari gli scontri per chi si dovrà riprodurre con la femmina in calore. Infatti passato il primo anno con l’arrivo dei nuovi cuccioli man mano che essi cresceranno il problema di trovare da mangiare per tutti diventerà sempre più importante.Molto più efficace trovarsi nuovi territori di caccia che scontrarsi per chi mangia per primo o per chi mangia il pezzo più grosso.Inoltre bisogna tenere sempre conto che il lupo é un campione di adattabilità quello che é la normalità può esser sovvertito a seguito di necessità dettate da un habitat particolare. Non ricordo se l’ho già scritto (credo di si) ma Peter Neville (biologo)mi raccontava di un giovane lupo da lui osservato che dopo avere consumato il suo pasto, trasportava per oltre un km. una coscia di non ricordo quale animale per consegnarla all'”omega” che normalmente é descritto come un disgraziato incapace di cacciare abbandonato a se stesso. Coppinger descrive i lupi vicino alle discariche umane, più disgregati rispetto q quelli ch non lo sono.Non sarei sorpreso se il branco fosse la conseguenza di determinate situazioni ambientali.
La dominanza: sto scrivendo un nuovo articolo dove ho cercato di mettere alcun novità e affrontare il problema da angolazioni diverse sempre partendo dal lupo,per andare al cane free ranging e arrivare al cane domestico nelle nostre case.Dominanza esiste?No! Dominanza esiste? Si!
Il problema che si pone é evidentemente diverso asseconda del contesto in cui si usa questo termine. Certo tra due specie diverse non può esserci dominanza, in termini etologici essa é un meccanismo volto ad evitare scontri tra membri della stessa specie (Abrantes). Due specie diverse hanno linguaggi diversi come fanno a comunicare? Cani e gatti ad esempio imparano a convivere e in taluni casi l’uno adotta l’altro se messi insieme durante la fase di imprinting. In natura ciò é impossibile salvo rarissime eccezioni che non fanno assolutamnte testo.Dominanza,gerarchia,rango sono termini che in etologia hanno un significato per nulla uguale a quello umano le cui accezioni sono purtroppo le peggiori di qualsiasi specie animale sul pianeta
Nel mio prossimo articolo dedicherò maggior spazio proprio a questo aspetto legato alla relazione tra uomo e cane.L’applicazione di regole che non siano ispirate a creare un rapporto di fiducia tra uomo e cane é spesso la causa dei presunti problemi di dominanza,o di gerarchia oramai almeno l’etologia,psicologia e neurologia confortano l’idea che “comandare il cane” crea molti più problemi di quelli che risolve, partendo ovviamente dal presupposto (non sempre così scontato) che la sua presenza in casa sott’intenda il piacere reciproco di condividere insieme almeno parte della giornata.
Bravissimo Colafranceschi, ottimo articolo ed ottimi interventi, mi piace molto come li hai esposti e motivati.
Se posso permettersi senza che nessuno si offenda, é questo, un gradino più in alto degli articoli pubblicati qui.
Complimenti davvero!!
lo so che difficile capire la natura sciuramaria e capisco tante cose sopratutto una persona che mi dice che il cane mostra i denti se lo fai dormire sulla paglia ma io credo che fatico a capire se ami i tuoi animali o cosa se sai cose un cane bo credo che se tu gli chiedi a Valeria rossi forse lei riesce a farti capire certe cose perché sono sicuro che lei non pensa CIO che tu ai scritto avrò avuto delle discussioni con lei ma sono sicuro che non la pensa come te e poi parlate di accoppiamenti di razze quando non conoscete le origini del cane ma perdonatemi ma cosa state adire certi animali e la femmina che va a cercare il maschio in altri il maschio più forte forma un branco di femmine che lui dovrà contendere con maschi che si avvicinano e se lui sara forte da sconfiggere la versa rio potrà tenersi le femmine seno dovrà abbandonare ma lunga come faccio spigare la base solo quando leggo che un cane ti morde se lo fai dormire sul fieno e che anche l uomo deve dormici ma di cosa stiamo parlando bo mi perdo basta
Riflessione dopo aver letto la discussione.
Tanti (non io) sono concordi che ultimamente le problematiche sviluppate dai cani sono iperbolicamente in aumento.
Da una parte la colpa viene riversata su quella parte della cinofilia dove vanno per lo più i così detti educatori gentili alla Disney che permettono al cane di fare quello che vuole.
Ma specularmente si potrebbe obiettare che la causa vada ricercata in una relazione uomo-cane di tipo gerarchico che mette tiene il cane stesso sotto stress perchè costretto ad interpretare situazioni secondo una logica tutta umana e poco o niente canina.
Questa sorta di bipartitismo quasi perfetto permette alle fazioni di esprimersi ed identificarsi dall’una o dall’altra parte secondo coordinate assolutamente umane.
E se la verità canina – o quello che più gli si avvicina – stasse non nel mezzo ma proprio tutta da un’altra parte?
o forse (terza ipotesi, e mi riallaccio al cane snoopy) semplicemente per un duplice motivo
1) in parte l’aumento iperbolico è solo dovuto ad una maggiore sensibilità che porta le persone a rivolgersi di più a specialisti,unita ad una maggiore diffusione mediatica [così come molte malattie o episodi di violenza, ad esempio, sembrano in aumento solo perchè aumenta la capacità diagnostica o perchè se ne parla di più al TG!]
2) perchè lo stile di vita umano è cambiato, aumenta la dose di stress in famiglia e questo si ripercuote sul cane che della famiglia fa parte
La prima che hai detto.
Quando ero bambina se un cane era particolarmente rompiscatole lo regalavi a qualcuno in campagna (una volta lo trovavi sempre qualcuno a cui regalare il cane) che nella peggiore delle ipotesi lo metteva a catena per fare la guardia se proprio era ingestibile, o più spesso lo teneva a gironzolare nell’aia.
Non che fosse una bella soluzione per il cane, ma nessuno si faceva più problemi che tanto.
Si certo é nel mezzo come un po’ tutto nella vita.Il fenomeno degli educatori gentili é molto italiano non che all’estero non usino metodi “gentili” piuttosto quelli che si fanno chiamare educatori hanno qualche anno di esperienza in più e frequentano corsi dove ci sta anche di non riuscire a superare l’esame, tenuti da didatti con le opportune qualifiche.
A mio avviso una cosa é discutere su cosa gira nella testa del cane, un altro come convivere con il cane che a volte può costringere a compromessi con quello che detterebbe la teoria. Un conto é allungare uno sberlotto ad un cane che ti sta mordendo, un altro dire che lo sberlotto sia il modo giusto per trattare un cane che morde, non dimenticando che magari la situazione che ha portato il cane a mordere poteva essere evitata con un minimo di prevenzione.
Spero di essere riuscito a spiegarmi.
Ora vado davvero a lavorare
Buon lavoro e grazie 🙂
…nel mio particolare caso non è uno sberlotto, ma una lattina coi sassolini che fa rumore…
Jolly, c’è una certa contraddizione in quello che dici. Ovvero: se le problematiche sono iperbolicamente in aumento (io toglierei l'”iperbolicamente”, ma che siano in aumento mi sembra abbastanza evidente) significa che è intervenuto qualche nuovo fattore a determinare questo aumento. Personalmente sono tra le persone convinte che UNO di questi fattori (non certo l’unico) sia il buonismo disneyano tipico di alcune cinofilosofie (o, se preferisci, l’interpretazione “di comodo” che ne danno molte Sciuremarie, che capendo una frase su ventidue di quello che viene spiegato nei corsi cinofilosofici mettono in pratica solo quello che a loro sembra il succo delle questione, ovvero “lasciamo il cane libero di fare quello che gli pare”. Che so bene che NON è quello che viene insegnato, ma purtroppo è quello che viene spessissimo recepito).
Non è colpa SOLO del buonismo, per carità: anche perché il fenomeno è molto più vasto di quanto potrebbe essere se si trattasse “solo” di quello: in realtà a fare i corsi e a seguire gli insegnamenti cinofilosofici è una percentuale irrisoria di proprietari di cani, così come è una percentuale irrisoria quella che va a “far addestrare il cane” dal macellaio.
Però, se gli atteggiamento “machi”, “dominanti nel senso di violenti” eccetera eccetera ci sono SEMPRE stati (tant’è che le cinofilosofie sono nate proprio con l’intento di contrastarli), il buonismo disneyano è di recente apparizione. E sono di recente apparizione anche i comportamentalisti (ma anche veterinari “normali”) spacciapillole, che sicuramente hanno un’influenza ben maggiore di educatori e addestratori, perché da questi ultimi ci vanno quattro gatti, ma dal veterinario ci vanno TUTTI.
Purtroppo è lampante che tra i due “nuovi mondi” c’è un accordo, una sinergia, una complicità, se vogliamo, che rimbalza tra gli uni e gli altri: il vet ti manda dall’educatore buonista, l’educatore buonista ti manda dal comportamentalista ogni volta che non riesce a risolvere un problema.
In molti casi i problemi vengono addirittura inventati di sana pianta (come peraltro succede in umana) pur di far lavorare gli uni e gli altri. Purtroppo, siccome molte (troppe) di queste figure, anche se non tutte, non sono assolutamente preparate ad affrontare certi problemi, a forza di rimbalzi si finisce per avere un crescendo di cani “impegnativi”, “difficili” e via cantando.
Crescendo che non si era mai verificato prima e che quindi non può essere attribuito a metodologie, strumenti o filosofie che sono SEMPRE esistiti. Se c’è qualcosa di nuovo, dev’essere stato causato per forza da una novità.
Personalmente credo che l’asse educatore improvvisato/comportamentalista spacciapillole sia solo una parte del problema: credo che influiscano moltissimi altri fattori. Però questo asse i suoi bei danni li sta facendo: ho troppe prove documentate per non esserne convinta.
E qui ribadisco ancora una volta che NON TUTTI gli educatori sono improvvisati e incompetenti, che NON TUTTI i i veterinari sono spacciapillole incapaci di trattare in modo corretto un cane: dico solo che di questi personaggi ce ne sono, e ce ne sono troppi.
Così come non ho difficoltà ad ammettere che nel settore dell’addestramento ci siano ancora troppi macellai. Però, se non altro, questi sono una specie in via di estinzione: mentre gli altri sono una specie in grande – e pericolosissimo – sviluppo. Uno sviluppo che andrebbe fermato al più presto con una regolamentazione chiara e precisa, che possa dare indicazioni corrette anche al proprietario di cane medio. Ed è questa regolamentazione che andiamo cercando: qualcosa che possa fare finalmente piazza pulita dei maltrattatori, ma anche dei cretini postmoderni convinti che si risolva tutto a suon di prozac (e se poi va male, c’è sempre l’eutanasia).
uffaaa…questa discussione è tanto bella quanto frustrante! giurin giurello..sto cercando di imparare, di studiare (per deformazione professionale, DEVO studiare..ed amo pure i riferimenti bibliografici, e pure gli esperimenti statistici caso-controllo seppur non dimostrino gran chè!)..però però..continuo a vedere un nodino in questa matassa! Al di là delle scuole di pensiero, al di là della selezione canina..vorrei sapere come mai quando leggo le esperienze, gli esempi di voi esperti mi si accende un punto interrogativo enorme e lampeggiante sulla testa..Insomma, ma un cane non è un lupo! ha una differenza fondamentale: sono migliaia di anni che vive con l’uomo, è co-evoluto con l’uomo ancor prima che l’uomo facesse selezioni di razza, quindi un cane, per sua natura, per sua sopravvivenza, per sua genetica, per suo istinto DEVE (biologicamente, eh..non per imposizione) essere in grado di vivere con l’uomo, di capire quello che l’uomo vuole anche se parla mille lingue e se vuole mille cose diverse, e soprattutto non deve nuocere l’uomo, sennò non sarebbero arrivati qui! E’ la sua natura! Non so se è per istinto, per abilità cognitive, per capacità di pensiero o per poteri alieni..ma se il cane cresce in una famiglia (per quanto mulino bianco, allargata o disadattata che sia) per sua natura tende ad adattarvicisi benissimo, tanto quanto un figlio! Questo chiaramente non garantisce che il cane sia buono, bravo e bello e che vada bene in tutte le situazioni così come non tutti i figli vengono su bene, ma credo che dal rapporto con la famiglia si deve partire più che dal branco e dal lupo..perchè abbiamo un Canis lupus familiaris!!! Invece ci perdiamo a capire come comunicano i lupi, i coyote, i dingo..e cerchiamo di concentrarci su quello, spesso trascurando le innate capacità del cane di capire noi! Quindi guardiamo più i proprietari che i cani, correggiamo il cane nel suo rapporto con la SUA famiglia umana, indipendetemente dal lupo, indipendentemente dalla razza (come biologa molecolare mi scompiscio dal ridere a sentire che la selezione genetica ti dà un cane con determinate caratteristiche..) ma concentrandoci sul suo istinto IMITATIVO..(era bello il principio del DO AS I DO), perchè credo fermamente che il cane capisca benissimo che noi non siamo un altro cane, nè un lupo..e capisca fermamente che il pollice opponibile (quello che fa scattare il gancio del guinzaglio) e lo sviluppo del nostro cervello ci dia un vantaggio evolutivo e di potere..E se il cane non si comporta come noi ci aspettiamo, se morde, si ribella non sono così convinta che sia perchè il lupo ha perso il suo capobranco, ma credo che invece noi abbiamo involontariamente rinforzato certi suoi atteggiamenti nei confronti dell’uomo..O davvero pensiamo che la relazione che il cane ha col suo umano sia basata sulle stesse regole che ha con gli altri cani??
(ecco quello che ho inteso altrove dicendo che il cane non è un lupo, ma snoopy)
“come biologa molecolare mi scompiscio dal ridere a sentire che la selezione genetica ti dà un cane con determinate caratteristiche”
Sono contesta che tu sia allegra, ma in che senso lo dici, scusa?
Che se tu scambi i cuccioli di una CLC e una Golden avrai dei canilupacchiotti dolcissimi e scondinzolanti e adatti al riporto e dei goldenini ferocissimi?
Non credo che tu voglia significare questo…
è un discorso lungo e complesso..esiste la genetica e l’ambiente, una volta (quando ho iniziato gli studi io, secoli fa!) si diceva che ognuno era fatto da 50% geni e 50% ambiente..adesso, con l’evento degli studi di epigenetica, sono usciti titoloni anche su riviste divulgative (tipo un bel Times con su scritto “DNA isn’t your fate!”) che dichiarano che è l’epigenetica che distingue due individui anche se hanno lo stesso patrimonio genetico. E’ l’epignetica è quel sistema che mette in comunicazione l’esterno con i geni, e decide quali dei tanti geni ridondanti e/o silenziati che sono presenti nel patrimonio genetico verranno espressi! All’origine c’erano studi “classici” su gemelli monozigoti umani che dimostravano come se cresciuti in ambienti diversi essi risultavano non solo caratterialmente ma anche fenotipicamente diversi..
Quindi io significo che tu puoi prendere per assurdo due individui genotipicamente identici (cosa che comunque non è neppure per due CLC o due golden) e questi saranno uguali SOLO se cresciuti nelle stesse identiche condizioni, con la stessa madre, con lo stesso apporto nutrizionale e di cure (si, anche le cure parentali collaborano a decidere quali geni si esprimeranno e quali no) e con lo stesso contesto sociale e di apprendimento..
C’è un motivo scientifico se un cane, pur straselezionato e con tutta la genealogia perfetta, alla fine della sua crescita non risponde alle caratteristiche dello standard, non sempre è colpa del suo patrimonio genetico! Questo è più evidente caratterialmente ma lo sarà anche di aspetto!
Concordo non ricordo lo studio ma tempo fa lessi di maiali clonati (quindi geneticamente identici)cresciuti in un ambiente comune, crescere per sviluppare caratteristiche fenotipiche e caratteriali diverse.L’espressione dei geni é un altro argomento spesso frainteso anzi per dir meglio ignorato. Credo sia giusto dire che asseconda del campione e dei tratti in esame può variare quanto contribuisca l’ambiente e quanto la genetica alla espressione di un determinato carattere.
Ora vado a lavorare!
anch’io quando parlo con amici che vogliono improvvisarsi allevatori, avendo una femmina di qualche razza, con pedigree prestigioso, dico sempre: non scegliere il maschio in base al fenotipo!
altrimenti – per battuta – dovremmo credere che un uomo senza una mano potrebbe generare figli senza mano…
😀
credo che se le genetica fosse una cosa semplice, avremmo eliminato la quasi totalità delle patologie geneticamente trasmissibili, per l’uomo in primis.
invece è una dei grandi misteri (come l’Universo) che per ora l’uomo, con tutta la sua filosofia e la sua scienza, non è in grado di comprendere appieno
Il cane quando nasce non sa nemmeno di essere un cane per farlo deve ricevere l’esempio da altri cani.
Accettando che la domesticazione sia avvenuta 16.000 anni fa in termini evolutivi é troppo poco per portare i cambiamenti necessari per modificarne la sua natura. Un cane non é un lupo, e non pensa che l’uomo sia un altro cane. Uno degli insegnamenti che ho ricevuto che considero tra i più importanti é quello di premiare sempre la risposta più semplice per spiegare un determinato comportamento.La relazione che il cane ha con noi non é certamente quella che ha con un altro cane ma questo dipende dai nostri limiti nel comportarci come un altro cane da un lato ed il nostro essere umani dall’altro;le sue capacità rimangono le stesse. Eh si credo che il cane sia costretto dal doppio vincolo delle sue percezioni sensoriali e la genetica ad interagire seguendo le stesse regole il vero problema siamo noi quando cerchiamo di spiegarle in termini umani!
Buona giornata
In linea generale concordo con l’articolo di Colafranceschi, nonostante vengano riferiti esperimenti e studi che ‘confermano l’acqua calda’. Non sono l’unico a sostenere, dunque, che quando qualche mese fa apparve l’articolo di un certo professionista cinofilosofo italico (quello indicato nell’articolo di Valeria ‘Ma guarda: la dominanza esiste’) questi nemmeno sapesse quello che scriveva su Mech: questo mi conforta. 🙂
Comunque, credo sia ora di smetterla di fare sempre riferimento agli studi sul lupo americano che geneticamente sul cane non ha avuto la minima influenza. Magari si dovrà imparare a riferirsi al lupo europeo, a quello arabo o a quello tibetano e magari pure no, visto che la linea evolutiva del cane si distaccò oltre 130.000 anni fa (vedi grotta di Lazaret, menzionata nell’articolo).
Magari si dovrà iniziare a pensare diversamente, a guardare a quei cani che sono un gradino prima nella evoluzione del cane domestico; quei cani dai quali 13.000 anni fa (secolo più, secolo meno) l’uomo prese ed iniziò a selezionare le prime razze. L’opportunismo è molto evidente nei cani pariah.
Fatta eccezione per lo studio su Rico gli altri studi a me sembrano poco attendibili quantomeno necessiterebbero di alcune verifiche prime di attribuire al cane determinate capacità cognitive. Fermo restando che il numero di cani testati é troppo esiguo per essere scientificamente valido.
Anni fa ideai questa semplice prova di “intelligenza”: scavate due buche simili a quelle di un campo da golf a venti cm, l’una dall’altra insegnai al mio cocker spaniel nero a lasciare una pallina dentro la buca destra. Impiegai un bel po’ di tempo per farlo perchè per me era un giochino e nulla più.Charlie diventò molto bravo praticamente non sbagliava mai la mira. Decisi a questo punto di chiudere la buca di destra per osservare come si sarebbe comportato il cane. Ebbene Charlie continuò a lasciare la palla in corrispondenza della buca che avevo chiuso da una parte dimostrando tutti i suoi limiti di cane dall’altra provocando nuovi interrogativi: Evidentemente che la palla andasse in buca era completamente fuori dalle sue percezioni, evidentemente aveva imparato a posizionarsi in un certo punto e a lasciare la palla conseguentemente ai miei rinforzi …..la buca era servita a me non a lui!
Articolo bello e non semplice.
Grazie Valeria per pubblicare pensieri che non coincidono con i tuoi 🙂
io ne ho veramente lette tante e penso a che qualsiasi cane che esistono sulla terra più o meno deriva dai lupoidi e poi l’uomo fece i suoi esperimenti e creo altre razze ma nella natura non esiste nessun dio ma il più forte decide di comandare il branco e sceglie le femmine certo noi non posiamo essere come loro ma il principio e più o meno lo stesso dire ad una cane perché io sono in dio o dire ad un cane scendi e io lo premio con un bocconcino credo non ne e giusto ma fino da cuccioli bisogna far in modo che io diventi capobranco e si deve utilizzare i stessi gesti che fa la madre con il cucciolo e poi bisogna che il cane si fidi di noi ma picchiarlo ho urlandogli dietro giù non serve a una bella mazza poi secondo me l’uomo deve a tutti costi avere un cane a che se vive in condominio il cane e nato al l’aperto nei boschi mezzo il fieno perché noi dobbiamo cambiarli a vivere alla nostra stessa maniera perché l’uomo deve intervenire sempre sulla natura lo so forse e troppo complesso pero vedo tanti pensieri e giudizi e ognuno di noi farà come sempre e penserà come a sempre fatto esibendo il proprio cane e insegnando ciò che si vuole ma una cosa e vera il cane non capisce le nostre frasi ma i nostri gesti del corpo provate ad guardare il vostro cane con gli occhi tristi poi fateli felici e poi arrabbiati e vedete cosa fa il vostro cane le parole appartengono al l uomo non al laminale che sia della terra pensate ai sordo muti come fanno ad comunicare con il proprio cane basta divento troppo polemico ciao a tutti
Matteo, per alcuni cani è come dici tu, ma per altri, se leggessero che li vuoi far dormire in mezzo al fieno invece che sul tappeto, penso che ti mostrerebbero i denti (a meno che tu non li convincessi che in mezzo al fieno da domani ci dormono anche i loro umani). 🙂
più che altro, ho dei grossi dubbi che in natura sia il maschio a scegliere la femmina…
anzi, credo che sia proprio il contrario!
Assolutamente d’accordo.
Per altro, credo, accada anche in moltissime altre specie …e sicuramente in quella umana.
Alla faccia dei “tombeur de femmes” di professione.
<>
Trovo che questa affermazione sia di una tristezza veramente “cosmica”.
Davvero sono dispiaciuto per lei se è arrivato a questa conclusione.
la frase alla quale mi riferivo è:
Il cane ruota intorno a questo semplice principio: fa tutto ciò che gli conviene e evita tutto ciò che non gli conviene, il gioco sta nel rendergli conveniente quello che per noi è accettabile.
(non so perchè non compare nel messaggio precedente)
non compare perché l’hai inserita tra il carattere “minore di” e il carattere “maggiore di” (non li riporto per evitare che scompaia quello che ci scrivo in mezzo) che sono riservati al codice.
Entrando nel merito credo tu abbia mal interpretato la frase: un sano egoismo e la capacità di scegliere quello che ci “conviene” è alla base della salute mentale. E il cane masochista per fortuna non è ancora stato segnalato…
Non si legge la citazione… qui non si può quotare, ti conviene copincollarla, altrimenti non capiamo a quale frase ti riferisci!
Il lupo artico non è quasi estinto nella lista rossa dell’IUCN è classificato come rischio minimo
in realtà, il “dare la schiena” è un segnale conosciutissimo usato dai cani e serve proprio per chiedere attenzione… nulla di strano quindi, non ci aveva “ragionato su”, l’aveva appreso probabilmente in cucciolata!
😉
fa anche parte del subset di “segnali calmanti” classificati da Ståle Ødegard (tiè ho trovato pure io un nome ai più sconosciuto) insieme a Turid Rugaas (questa è già più nota!)
:-p
si, certo, era un cane, aveva comportamenti da cane, e glieli ho lasciati tutti!!!
Ma da cucciolo non poteva avere appreso la tecnica degli specchi per fregarmi, non poteva avere appreso la valutazione dell’intelligenza altrui: questi sono concetti, ecco cosa volevo dire.
Il concetto della dignità è per assoluto un concetto, che leggendo l’articolo sembra sottinteso che un cane non possa avere, eppure il mio l’aveva, tant’è che se ruzzolava quando faceva i suoi “numeri” per farsi notare ed io ridevo, lui si offendeva!
Ed è proprio il capirli, lavoro che, secondo me, che va fatto singolarmente con ogni soggetto, che ci da la possibilità di divenire guide indiscusse, e quindi stabilire una gerarchia che deve esistere e non per convenienza, ma per amicizia e fiducia nel senso più stretto.
Ma se diamo per scontato che non abbiano concetti, o che non abbiano qualsivoglia qualità non scientificamente studiata (o anche si), senza metterci del nostro, come possiamo essere certi di capirli?
Anch’io nutro perplessità su questo articolo.
Per il tono che intuisco.
Che una cosa non sia scientificamente provata non decreta che non sia vera; per quanto ne so, anche una cosa scientificamente provata non decreta la verità assoluta, come osservato dalla redazione.
Ma indipendentemente da questo, poichè comunque per progredire bisogna studiare e a volte rivedere gli esiti relativi a studi precedenti, quello che mi lascia perplessa, su questo e sulla vita in generale, è che ogni cosa vada schematizzata, ricondotta forzatamente a “quello che qualcuno ha già visto e sperimentato” e tutto il web è pieno di citazioni e riferimenti, sempre a tizio o caio.
Il che va anche bene, tizio e caio hanno passato il loro tempo a studiare utilmente per tutti, ma dovrebbero essere, per me e a quanto pare per pochi altri (chissà, forse sono io-o noi sbagliati), non presi come l’Ave Maria che è quella e quella resta, ma come una base di partenza, un lavoro già gentilmente fatto da altri, per approfondire ed eventualmente rivalutare l’intera tesi.
Perchè, ne sono convinta, i cani sono individui esattamente come noi, e non c’è studio più congruo di quello fatto da un proprietario che “sente” il suo cane ed osserva il suo cane, e chi non è portato a questo, in misura direttamente proporzionale sarà un essere insoddisfatto (come il suo peloso) fintanto che non capirà il meccanismo mentale che lo renderà predisposto a diventare più animale e vivere il suo cane nel vero senso della parola. E che, fra l’altro, diventare –ridiventare- più animale per l’uomo (e non viceversa!) è solo salutare. A questo dovrebbero servire, nella normalità, studiosi, educatori e comportamentalisti, ma ovviamente, così il business sarebbe limitato.
Affermo con certezza che un cane con cui ho passato quasi metà della mia esistenza e con il quale si era creata una grande empatia anche perchè eravamo io e lui, lui e io, aveva dei concetti. Sì. E non uno, tanti.
Ad esempio, se voleva qualcosa e in quel momento ero impossibilitata a dargliela, non sempre piagnucolava: se riteneva che in quel momento –il perchè non lo so- dal punto di vista della sua dignità (CONCETTO) era meglio prendermi per senso di colpa (CONCETTO) faceva l’offeso dandomi la schiena e mettendosi di fronte ad una superficie riflettente che non fosse uno specchio: troppo facile con quello, l’avrei sgamato (CONCETTO del “fare finta” e CONCETTO della mia intelligenza); ma ad esempio, sceglieva il vetro del forno, controllando così quando e quanto lo guardavo e fino a che punto era valida la sua tecnica per lo scopo in quel momento (altro CONCETTO). Quando mi sono accorta del trucchetto, ha cambiato sistemi (ancora CONCETTO della mia intelligenza), e non sto ad elencare altro, ma gli esempi sarebbero tanti.
Non sono un ricercatore, io sono nessuno, tant’è che non avevo mai sentito certi nomi fatti nell’articolo, e tant’è che replico quasi sempre assoluto silenzio a chi enuncia queste cose perchè, comunque, mi sento inferiore, ma che nessuno mi venga a dire che quello che faceva il mio cane si chiama furbizia e non aveva concetti.
I cani pensano, e il presupposto per pensare è avere dei concetti.
E troppa gente prende per assunto quello che qualcun altro ha detto o fatto senza sforzarsi, nel piccolissimo dell’ambito domestico con il suo quattrozampe (che è lì, generalmente disponibile, pronto e felice di interagire), di applicare quei quattro neuroni in più che abbiamo in dotazione.
Scusate se vado off-topic, ma non resisto a non commentare, perchè mi sento colpita sul vivo, dato il mio mestiere (sono ricercatore!..ma non mi sento superiore a nessuno..so molto di alcune cose, e pochissimo di altre..come tutti, solo che sono solo un individuo fortunato perchè il mio mestiere è cercare risposte a domande che mi passano per la testa!)..non voglio criticare ma vorrei precisare cosa significa “scientificamente provato”, cosa implica la comunicazione scientifica e che differenze ha con la comune divulgazione o racconto di esperienze personali!
Come fatto notare è vero ” una cosa scientificamente provata non decreta la verità assoluta”, ma la scienza non ha mai e poi mai la presunzione di dare delle verità assolute, la scienza è basata sulla continua ricerca della verità e sulla continua discussione delle osservazioni dei singoli ricercatori, questa è la differenza base fra scienza ed osservazione personale.
Per farla breve, una comunicazione scientifica pubblicata rappresenta un’informazione che deve essere motivata con criteri più oggettivi possibili: descritta nei dettagli (in modo che chiunque possa riprodurre il risultato), accurata nei riferimenti ( in modo che sia ben distinto quali sono le affermazioni degli autori e quali invece i presupposti da cui si parte, ma anche quali siano gli autori che hanno riportato risultati contrastanti), deve basarsi su condizioni riproducibili il più possibile, senza partire da singole osservazioni ma su ripetizioni (di modo da poter tentare una analisi statistica, una valutazione della sua appropriatezza e della sua percentuali di errore che è SEMPRE previsto). Inoltre prima di essere pubblicata una comunicazione scientifica deve passare al vaglio non solo dell’editore, ma anche di revisori esterni che giudicano il lavoro, pongono dubbi e domande a cui bisogna rispondere, chiedono esperimenti ulteriori se qualcosa non convince, il tutto nel pieno anonimato.
Infine, quando si arriva alla pubblicazione, i risultati entrano in un database, in una rete dove tutti possono risalire all’autore, tutti possono a loro volta commentare, discutere, smentire con ulteriori esperimenti…e soprattutto in un attimo, per parole chiave, si può avere un’idea del vasto panorama di opinioni (altro che verità assolute) sull’argomento, a loro volta coi loro riferimenti ..e l’informazione contenuta nell’articolo acquista più valore quante più volte viene citata, quindi quanto più ha contribuito alla DISCUSSIONE scientifica riguardo all’argomento, non ha invece un valore assoluto in verità infusa, come invece si tende a credere.
Con questo non voglio sminuire nulla..ogni forma di comunicazione è importante, ha il suo valore..ma volevo solo spiegare (con amore, perchè amo la ricerca, nonostante la situazione sia drammatica..!) che la scienza non vive di imposizioni, di paroloni, di verità infusa, ma anzi, si basa solo ed esclusivamente sulla condivisione e discussione delle singole osservazioni..molto più “umile” di quanto si voglia credere! Il suo VALORE è principalmente quello! 😉
[lo so, lo so..era una dichiarazione d’amore..ma perdonatemi il sentimentalismo]
Ragionando in termini ‘il cane fa ciò che gli conviene’, si possono ottenere risultati quando il cane ottiene qualcosa che desidera es. se mi metto seduto arriva la pappa (o una carezza o un gioco: in senso positivo). Più difficile mi pare che sia ottenere qualcosa che in realtà ‘non desidera’ es. scendere dal divano dove sta più comodo che sul pavimento (o non fargli mettere il naso nella spazzatura, o non farlo salire a due zampe sul tavolo o sul piano della cucina per vedere cosa c’è). Lo si fa scendere dandogli un premio, ma come insegnargli o fargli capire che non deve risalire (in senso negativo)? Se ogni volta che scende gli si dà un premio, lui potrebbe benissimo intenderlo ‘per avere il premio basta che salgo e poi scendo’: è il cane che condiziona l’umano e non il contrario!! 😉
Secondo me un avvertimento tipo “aaaahh” (implicito ‘ti vedo sai’) e poi a salire ‘ehi!’ o il classico dei classici… ‘nooo eh’… e se proprio non se ne dà per inteso (illi ci provano sempre… ;-)) allora ‘NO’.
Il cane è indubbiamente un animale sociale, ma una ‘società’ non esiste senza regole o abitudini. Fargli fare quel che meglio crede non è comportamento sociale ma l’esatto contrario ovvero l’anarchia. L’umano non deve per forza essere ‘il capobranco’ – quello che si impone con la forza – ma deve essere sicuramente il leader (capitano, direttore, mamma autorevole che dir si voglia) ovvero colui (o colei) che dà la direzione (e le regole) e gestisce le risorse (le abitudini, gli orari, la divisione del cibo ecc).
sì Gilas, io ragionando come te arrivo per assurdo a dire: chi non è dotato di leadership, non dovrebbe prendere con sè un cane!
e per avere leadership, bisogna essere uomini liberi, sicuri di sè, ma non nei rapporti con il cane… in tutto ciò che riguarda la nostra vita!
PS: mi hai fatto ricordare che Kilwinning (l’incrocio Labrador+Bulldog) era molto attratta dai cassonetti dell’immondizia… era abituata a trovare lì il suo sostentamento, forse, durante il periodo di randagismo successivo a quello delle percosse!
OVVIAMENTE, il comando “NO” deve far parte pure quello della comunicazione con il cane!
😉
in mancanza, sarebbe come guidare un’automobile che può sterzare solo a destra…
Gilas permettimi di correggere la tua affermazione… Più che “il cane condiziona noi” io direi che “noi condizioniamo il cane” in modo sbagliato… L’unico a sapere per certo ciò che viene rinforzato (sia in positivo che in negativo) è il cane ovvero: stiamo rinforzando l’azione di scendere dal divano o stiamo rinforzando lo stare giù dal divano? Se il cane viene premiato solo quando salta giù dal divano, sicuramente penserà a riproporre quell’azione perchè ne trae un vantaggio… e se noi gli diamo un boccone (o una carezza, o altro di gradito) quando lui scende, aspettando che lui risalga per poi dirgli “giù” e premiare solo il fatto che lui sia sceso noi stiamo ADDESTRANDO il cane a farci vedere quanto è bravo a scendere dal divano… Purtroppo, ragionando noi da “esseri umani” a volte riusciamo a impostare un comportamento in maniera scorretta e, di fronte a un cane che lo esegue alla perfezione, incazzarci perchè il risultato non è quello che ci aspettavamo.
effettivamente il mio cane che non sale né sul letto né sul divano è stato rinforzato quando è giù, non quando scende…
Quando è giù succedono un sacco di belle cose: ossetti, coccole, giochi, mentre quando voleva salire si prendeva solo un no…
Adesso che ha passato l’anno accetta anche che la piccola (di taglia non di età) cagnolina di mia figlia possa farlo e lui no…
La guarda perplesso ma non ha voglia di imitarla.
C’è anche da dire che lui può interagire con noi naso a naso, anche se siamo a letto o sul divano, mentre la cagnolina non può…
il problema è che fanno paura i termini…..
In che senso fanno paura i termini?
riguardo alle “gerarchie”: a mio avviso è un concetto umano… gli uomini sono gli animali più competitivi, ambiziosi, assillati dal desiderio di avere più di quanto gli spetti, quindi generalmente orientati ad essere “arrampicatori sociali” (= tentare scalate gerarchiche).
in natura, credo sia più un discorso di RUOLI, attraverso cui si organizzano i contesti “sociali”.
magari può sembrare la stessa cosa?
secondo me no… faccio un esempio: nel momento in cui il cane sa che sono io quello che gli riempie la ciotola, il cane riconosce in me il RUOLO di colui che PROCURA il sostentamento del “branco” e non ho bisogno di mangiare qualcosa, prima di dare da mangiare a lui, per dimostrargli che “il capobranco si è già saziato”…
idem per quanto riguarda il passare dalla porta, ecc.
altro esempio sul tema divano: io ai miei cani insegno a salire solo a comando (“sali!”) e scendere a comando, perchè a me piace avere il cane vicino quando mi stravacco sul divano… non m’è mai capitato che facessero diversamente; casomai a volte appoggiano il musetto e mi guardano, attendendo che io gli “ordini” 😀 di salire!
sottoscrivo pienamente!
il musone di Brutus con le sopracciglia imploranti che attende l’ordine per salire sul divano dicono tutto! e non solo, se arriva una nuova persona davanti al divano (arriva mio marito o il figlio o un ospite) fa sì che lui scenda senza bisogno di comandi, guardi come cambia la disposizione e poi chieda di nuovo se c’è spazio (non gliel’ho insegnato)! 🙂
espada… però il mio cane (da sempre e ce l’ho da quando è cucciolo) quando gli allungo la ciotola aspetta sempre un ordine o che mi allontani di almeno due metri, prima di mangiare (sai mai che volessi uno snack di crocche).
Se però mi ha già visto mangiare prima di lui è più rilassato e mangia subito.
sì, c’entra anche la fiducia… ed il rapporto che avete instaurato; evidentemente il tuo cane non si sente sicuro di poter mangiare finchè non ha la conferma cui è abituato
non ho ben capito questa parte… quindi se lei mette giù la ciotola e il cane mangia senza segnali, è perchè non ha più fiducia in lei?
Credo che volesse dire il contrario… che aspetta perché non ha fiducia…
Io invece penso che sia una questione di rispetto (o di gentilezza, se vogliamo umanizzare).
Se io sto vicina alla ciotola, questa è “mia” a meno che non ci siano segnali che dicono il contrario o a meno che io non mi allontani…
Attenzione Espada: “gli uomini sono gli animali più competitivi, ambiziosi, assillati dal desiderio di avere più di quanto gli spetti, quindi generalmente orientati ad essere “arrampicatori sociali” (= tentare scalate gerarchiche)” non è un’affermazione corretta, è un’idea culturalmente orientata, puoi trovare milioni di persone che non si comportano in questa maniera. Infatti la gerarchia tra gli umani è un’impostazione culturale, non genetica o comportamentale. Per quanto ne so esistono gruppi umani che vivono senza per forza di cose costruire gerarchie tra di loro o per lo meno costruendo relazioni che non hanno il fine di permettere ad alcuni di loro di impossessarsi più di quanto gli serva.
Per questo sono sempre molto scettico quando si parla di generiche dominanze e gerarchie. le vedo come proiezioni nel mondo animale di ben precise impostazioni ideologiche umane, non etologiche ma proprio culturali. E aggiungo di culture non generali ma settoriali.
interessante… io ero convinto che fosse insito nella natura dell’uomo!
(e pure Konrad Lorenz – diversamente – afferma che l’uomo è l’unico animale che aggredisce per uccidere i propri simili, senz’altro scopo)
grazie, ciao
Alessio
forse è meglio dire che l’uomo è l’unico animale che uccide i suoi simili per motivi futili…
E cosa c’entrerebbe la dominanza con l’aggredire per uccidere i propri simili, di grazia?
Le gerarchie e ruoli sociali servono esattamente ad IMPEDIRE che gli animali sociali si uccidano a vicenda!
Mi sembra che molti di voi abbiano ancora le idee drammaticamente confuse in merito 🙁
mi sa che non hai letto quel – diversamente – a proposito di Konrad Lorenz…
erano due diverse asserzioni, convergenti però nel definire l’uomo peggiore tra gli animali
Jolly Roger clap clap… quoto in pieno. Che bello vedere che qualcuno si interessa anche un po’ di sociologia.
Purtroppo rischio un off topic clamoroso ma la storia dell’uomo e del cane è talmente invischiata che è fin troppo facile confondersi su piani di ragionamento differenti, uno etologico e l’altro culturale.
Ricordo, per fare qualche esempio, alcune tribù indiane americane che risolvevano i loro conflitti “guerreggiando” a cavallo cercando di toccarsi con un speciale bastone con un contenitore sferico morbido, chi veniva toccato doveva considerarsi vinto e si toglieva dalla contesa. O al ruolo mediatore dato allo sport dall’antica grecia ai giorni nostri. Per non parlare dell’impostazione non violenta di Ghandi e correnti derivanti.
veramente, con il giusto tempo, costanza e pazienza, si riesce alfine a trovare il modo di far aderire il cane alle proprie scelte “PER CONVENIENZA”.
quando abbiamo adottato Kilwinning, incrocio Labrador x Bulldog di almeno 5 anni, il cui passato era oscuro salvo il fatto che avesse sfornato molte cucciolate e ricevuto molte percosse dall’uomo, abbiamo riscontrato proprio queste difficoltà.
all’inizio, terrorizzata, si appiattiva a terra di fronte a qualunque evento potesse sorprenderla e farle temere di essere nuovamente percossa.
poi, acquisita quella minima sicurezza dovuta al fatto di aver trovato una famiglia, ha assunto comportamenti difficili da interpretare:
– con noi era sempre devota e attenta, in condizioni normali; mia moglie rapidamente è riuscita ad insegnarle la condotta al guinzaglio, il seduto, il terra… non ostante il cane sembrasse Tarzan paracadutato in città…
– quando vedeva un altro cane o un gatto, chiudeva completamente qualsiasi canale comunicativo e si fissava su di esso, non riuscendo neppure ad accorgersi se le stavi proponendo un’alternativa più CONVENIENTE…
con il tempo, riuscendo pian piano a farla girare sempre verso di noi con un richiamo a cui seguiva un premio, stiamo riuscendo anche ad interrompere la sua concentrazione verso altri cani o gatti.
preciso che ha avuto, con noi, qualche esperienza positiva con altri cani sicuri di sè (quelli che scappano o si mettono a terra, li attacca) e proprietari confidenti nei propri cani… ma anche quelle pochissime volte che è riuscita ad attaccare cani spaventati da lei, non è mai uscita neppure una goccia di sangue a nessuno…
intendo dire: non attaccava per ferire o uccidere, ma solo per “bloccare” l’altro cane… mentre l’unica volta che s’è azzuffata con un gatto uscito da dietro un cassonetto, s’è beccata un graffio sul muso!
chiaramente, per poter “negoziare” con lei, è necessario riuscire a riconoscere tempestivamente le situazioni che si stanno creando!
in precedenza, con un altro cane che abbiamo adottato già anziano (era un Corso di almeno 6 anni) anch’esso proveniente da maltrattamenti, che “pinzava” qualsiasi cane, grande o piccolo, per paura di essere morso lui stesso, in pochissimi mesi siamo riusciti ad infondergli la sicurezza che NESSUNO AVREBBE POTUTO FARGLI DEL MALE, perchè noi umani per primi ci ponevamo incontro al cane avventore, invitandolo a relazionarsi con noi (e tagliandogli la strada se cercava il nostro cane).
in conclusione: le mie evidenze sono che il cane ti segue quando capisce che tu sai sempre cosa e come fare, nell’interesse di tutta la famiglia (branco)… e che per capirlo ci può impiegare molto tempo, ma se sei COERENTE impara a fidarsi di te
e la CONVENIENZA non è per forza un bocconcino..la convenienza è appunto far parte di una famiglia/branco che fa fronte alle tue necessità di bisogni primari (cibo ad esempio), relazionali, cura ecc..
Scusami, ma la tua frase finale non concorda con tutto ciò che hai detto precedentemente: la frase finale è un classico esempio di come si deve diventare capobranco (o leader, se preferisci) e di come il cane deve fare quello che dici tu perché di fida di te e non perché gli conviene!
La “convenienza” nell’articolo è intesa come soddisfazione di un bisogno del cane (bocconcino) e non certo come adesione alla leadership della figura-guida: altrimenti neanch’io avrei trovato nulla da ridire, visto che è quello che vado predicando da sempre.
Signora Redazione,
anche questa volta non posso che essere pienamente d’accordo con Lei.
Da quello che scrive l’autore dell’articolo, l’umano sembra un mero dispenser di bocconi.
L’autore, sembra sottovalutare enormemente le capacità “manipolatorie” di alcuni cani e sembra immobile nella fase di rinforzo costante.
Ignora bellamente il rinforzo variabile, quello intermittente ed il condizionamento di ordine superiore.
Per non parlare dell’impostazione di una corretta relazione.
Tu, cane, mi obbedisci (o segui le mie “indicazioni”) perchè, io umano, ti ho dimostrato di essere più competente in certe situazioni.
non credo che l’autore intendesse il bocconcino come centro del rapporto col cane,ma lo usasse come esempio..anche se da profana noto che x certe scuole di pensiero la parola bocconcino porti a strapparsi le vesti tanto come x altre il termine collare a strangolo 😉 Viste da fuori certe discussioni sono un po` come partite a tennis..é davvero triste vedere che tanto amore e competenza si barrichino a tal punto da non riuscire ad aiutare davvero gli esterni…che spesso si vedono proiettati di qua e di la` dal campo seguendo contrasti che almeno ai miei occhi non esistono..
Non so cosa intendesse esattamente l’autore. Forse a ragione Lei e si trattava solo di un esempio. La faccenda non è espressa in modo esattamente cristallino.
Una cosa certa è che ho visto diverse persone abusare del boccone. Il risutato è che sono i cani (mi riferisco a cani adulti) ad “addestrare” l’umano.
Conosco cani che, se il proprietario non ha il boccone in mano, ignorano ostentatamente qualunque comando. Senza ringhiare o altro ma semplicemente continuando a farsi gli affari propri. Il che mi provoca un misto di ilarità/compassione. Per l’umano ovviamente.
Qualunque strumento o mezzo utilizzato in modo fanatico e/o improprio causa conseguenze indesiderate.
uhmmm… ho incasinato i due discorsi? vediamo se riesco a semplificare:
persino per “corrompere” il cane devi, con costanza e coerenza, fare in modo che si interessi a TE, altrimenti non riesci neppure ad offrirgli qualcosa in alternativa a ciò che ha intenzione di fare.
per le mie evidenze, anche l’approccio “negoziale” richiede che ci sia da parte del cane una fiducia ed attenzione nei tuoi confronti.
Mi sembra corretta l’interpretazione. Se la discussione viene ridotta solo a bocconcino e strangolo allora siamo in presenza di ovvie strumentalizzazioni. La cosa naturalmente è più complessa e mi spiace che tale complessità venga talvolta, anzi molto spesso, nascosta tra le righe. Bocconcino non significa corruzione ma significa rinforzo positivo che costruisce una relazione nel tempo finchè tale rinforzo per un determinato comportamento viene eliminato. Strangolo non significa strumento di coercizione ma un addestramento nel tempo per far si che la relazione costruita permetta allo strumento stesso di non essere nocivo.
PS.
Di questo paragrafo non ho capito assolutamente niente… si può avere una traduzione per Sciuremarie?
“(se normalmente ottieni quello che vuoi) + (qualcosa che desideri) – (*il dubbio che un altro individuo che vuole la stessa cosa possa fermarti) = a-*se la risposta è affermativa inibirai i tuoi desideri. b- se invece, sia tu sia l’altro individuo continuate ad avere incidenti al riguardo eventualmente arriverete al punto dove entrambi anticiperete chi di voi due e in che contesto sarà il vincitore.”
Significa che ottenendo qualcosa di desiderato, senza avere il dubbio che ci venga sottratto fa in modo che il desiderio per tale cosa sia “ridimensionato”.
grazie… posso darti la zampa? 🙂
🙂 Di niente…
lol
trattasi di un tentativo pseudoscientifico, meglio noto come megasupercazzolacinopugnettomatematicofilosofica, per definire un rapporto gerarchico in relazione ad una “risorsa”.
Qui CGIL Sciuremarie.
Non preoccupatevi molto: il modello delle Sciuremarie non è il capobranco ma la mamma. Il rischio è l’eccessiva indulgenza, ma non certo la violenza. E il concetto di capobranco può ben essere fallace e a-scientifico, ma se tempera il modello-mamma può inserirvi un quid di autorevolezza che funziona. La mamma-capobranco è una buona metafora, no? E alla fine è pure quello che pare succedere nei lupi.
Ciò posto: lo spirito santo cinofilo deve essere sceso su di me illuminandomi, perché leggendo l’articolo mi sono venute in mente sia A) che B) che ha obiettato Valeria.
A) Perché quando il mio cane decide di predare i ciclisti non c’è nulla (sinora) che lui trova più allettante, anche se non ho ancora provato con un bambino in monopattino che vada più veloce del ciclista (in teoria dovrebbe attrarlo di più).
Quindi l’unica chance che ho è di diventare ai suoi occhi qualcuno cui si ubbidisce perché sì.
B) Anche l’istinto di riproduzione è un concetto, così come la difesa del territorio, tuttavia nessuno può negare che siano motivazioni del comportamento dei cani.
Comunque bell’articolo molto interessante.
Grazie
mi permetto di dissentire..Sciuramaria con la maiuscola! Le sciuramarie non si comportano da mamma coi cani, ma da nonna!!! che viziano, giustificano sempre ecc..chiunque sia davvero madre, sa benissimo che un figlio ti deve ubbidire “perchè si” soprattutto se sta correndo verso la strada ecc..è nel rapporto che si costruisce tutti i giorni che quel “perchè si” viene motivato e spiegato!
quelle sono le sciuremarie col cane piccolo, che sono una specie diversa da quelle con cane medio o grande 😉
mi sorge un dubbio..forse che sto trattando mio figlio da cane!?!?!? visto che Brutus è arrivato prima di Pietro..sorbole! 😀
Ehehhehhe, grazie dell’articolo, lo condivido subito subito 🙂
Aggiungo, non per critica ovviamente ma per sottolineare un nodo cruciale dell’attuale antagonismo cinofilo. Mi sembra, ma ovviamente potrei sbagliare, che tutti concordino sulla questione che il cane debba essere trattato da cane, con tutto quel che ne consegue.
Ma pretendere che il cane in certe occasioni – anche se ciò è ovviamente opportuno in quel contesto – obbedisca incondizionatamente alle indicazioni del “padrone” non sembra essere più un’esigenza del tutto umana ed etologicamente scorretta, se non insignificante, per l’animale?
So che è difficile da comprendere per la/il sciuramaria/o di turno che anche per una questione semplice come il salire scendere dal divano sia perfettamente adeguato un percorso addestrativo in tal senso. Ma il fatto di decontestualizzare una dinamica simile dalla costruzione di una relazione complessa riducendola al semplice e fuorviante “scendi perchè te lo ordino io e basta” non risponde ancora una volta ad un’esigenza gerarchica tutta umana?
Il problema da risolvere a questo punto credo non stia tanto nel fatto di comunicare cinofilia in modo che chiunque possa capire; questo si può fare utilizzando un linguaggio semplice. Ma non si possono cambiare i contenuti riducendoli, per semplicità, a qualcosa di profondamente diverso. Perchè ciò lascia aperta una porta per attuare sul cane qualsiasi cosa per farlo obbedire. Una porta che dovrebbe essere piccola piccola e oltrepassabile solo da chi ha le neccessarie ed approfondite competenze per farlo. Non un portone che chiunque può valicare a seconda dell’umore del momento.
Grazie..mi piace!!! mi piace!
Da sempre penso che la parola “dominanza” sia fuoriviante (come termine)..perchè ormai nella gente cuggina o sciuramaria, fa venire in mente branco, lupo kattivo, lotta, selvatico..e di conseguenza i primi (cuggini) praticano aggressioni sul proprio cane (anche se non dolorose, ma l’atteggiamento è chiarissimo), le seconde pensano “non è verooo..il mio tesoruccio non è un lupokattivo, il pizbul è kattivo, ma il mio amore noooo..” e giù vizi e coccole!
Sarebbe davvero tutto più semplice se per spiegare ai profani l’educazione di un animale convivente e neotenico come il cane si usassero termini di psicopedagogia piuttosto che da Jack London..Credo che “genitore autorevole” (non autoritario, nè lassista) descriva bene la condotta di un buon padrone in un modo semplice ed immediata. Un figlio viene educato, cresciuto, motivato, ricompensato ma sicuramente ci si preoccupa di non fargli fare tutto quello che vuole.. 😉
sul genitore autorevole, visti gli esempi umani che mi circondano, avrei qualche – sano – dubbio che sia compreso : D
tanto quanto sui proprietari di cani con leadership, però..;-)
…io sono riuscito a fare meglio di Bekoff! 🙂 dovendo fare le analisi delle urine al cane, armato di guanti e bicchierino sterile, seguivo il quadrupede in attesa dell’alzata di zampa. Ed ecco il primo schizzetto, raccolto da dietro, inserendo il contenitore tra cane e albero. Il tutto richiede concentrazione, rapidità di esecuzione, scelta di tempo 😉 …ecco un altro albero, dove evidentemente c’erano delle tracce interessanti; il cane faceva avanti indietro, la faccio, non la faccio, fammi riannusare, ora mi decido, no qui non va, faccio un’altra rotazione, il tutto “condito” da schizzi impossibili da recuperare. Altro albero…però quello di prima non l’ho finito bene…devo tornare a coprire altre tracce…e via con la danza. Allora lo lascio un po’ libero e quando non mi vede provvedo a “marcare” ben bene l’albero con la pipì raccolta, che però non era sufficiente per le analisi. Quando è ritornato allo stesso albero, ha annusato, scoprendo che non c’erano più tracce da coprire e si è dedicato con più calma ad altri alberi, meno intrisi di pipì canine. Ed ecco che finalmente sono riuscito a riempire il contenitore! E ci voleva Bekoff!!!
Ho letto tutto quanto con grande interesse e, pur non essendo altro che un’appassionata di cani da tempo che si è fatta qualche ideuzza leggendo e leggendo e avendo a che fare con cani, alcune cose mi hanno lasciata un po’ perplessa.
Mi succede spesso, quando leggo o ascolto persone di cui capisco perfettamente la lunga esperienza, professionalità, serietà e competenza, di non essere quasi mai d’accordo su tutto. Magari è un mio limite, ma è come se avessero ragione un po’ tutti… (esclusi gli sparacazzate e i violenti) e questo mi riporta a quello che penso da sempre e cioè che, alla fine, ogni cane è unico, come del resto ogni essere umano, per cui regole, scoperte e quant’altro, benissimo che esistano, indispensabile conoscerle, ma poi occorre sempre ricordarsi che ci sono le variabili.
Prendiamo il famoso divano… la prima volta che la mia pastorona tedesca ci è salita (di notte, non vista da me)memore di tante letture su chi comandi, il capobranco sono io, la dominanza etc, le ho ordinato “scendi subito” e lei ha prontamente eseguito. Salvo risalirci appena uscivo o la notte seguente.
Poi mi sono detta, ma perché devo proibirglielo? Sul divano si sta bene, in fondo basta mettere un telo e non si sporca neppure. Così ho pensato che fosse normale che anche lei avesse il suo posto sul divano, per me era importante che lei capisse che a destra ci stavo io sdraiata e a sinistra lei, ogni volta che lo avesse voluto.
Le uniche voilte che ho usato il bocconcino per farla scendere è stato quando dovevo farle la puntura, o quando la dottoressa doveva farle l’agopuntura…. ma mi pareva normale che dovesse avere un premio visto che sapeva cosa la aspettava… e in quei casi, solo in quelli, non bastava la mia richiesta: scendi. In quei casi occorreva qualcosa che fosse superiore alla paura.
Prendiamo la passeggiata, è il padrone che decide dove si va. Mm… se devo andare in un posto preciso certo, ma se è una passeggiata di piacere per entrambe, io guidavo, quando decidevo di girare a un bivio lei mi seguiva docile, ma a volte si fermava facendo chiaramente capire con la postura che avrebbe preferito girare dall’altra parte. Mas non tirava, si fermava, mi guardava e ero io che a quel punto seguivo lei. Non ho mai pensato che questo potesse mettere in discussione nulla… magari lei aveva sentito un odore o visto qualcosa che la interessava. Perché, di fronte a una richiesta così educata non avrei dovuto accontentarla? Solo perché in quel caso “comandava” lei? Siamo sempre state piuttosto malleabili entrambe, ma questo non ha mai incrinato la sua totale fiducia nei miei confronti.
meraviglioso commento! spero non ti dispiaccia se lo pubblico sulla mia pagina facebook.
“Ehi, se salgo sul divano e poi scendo mi arriva un bocconcino. Allora mi conviene salire SEMPRE sul divano così poi quando scendo mi arriva un bocconcino. E se quando scendo il bocconcino non arriva? Pazienza, vorrà dire che rimango sul divano, è più comodo (e “conveniente”). 😉
già… questa “tecnica” il mio cane l’aveva imparata già il secondo giorno che era con noi… ed era diventato un gioco divertentissimo! scodinzolava come una pazza già quando saliva sul divano, perchè già sapeva che poi le sarebbe arrivato il biscottino!
così abbiamo dovuto cambiare tattica!
Se così fosse nessun cane rimarrebbe mai dentro ad un trasportino di sua libera scelta…no?:-)
Nonostante l’indiscussa stima che provo nei confronti di Carlo Colafranceschi, devo dire che questo suo articolo non mi convince pienamente: però è già molto lungo e se avessi aggiunto un mio commento al testo avrei chiesto veramente troppo ai lettori! Le mie due “critiche”, quindi, lo sintetizzo qui, dicendo:
a) che non sono del tutto d’accordo con il fatto che il cane debba trovare “conveniente” ciò che gli proponiamo. O meglio: sono d’accordo in linea generale, perché trovo correttissimo cercare di costruire una collaborazione e non un rapporto padrone-schiavo (per l’amordiddio!), ma ritengo anche che il cane debba obbedire “perché gliel’ho chiesto io” e non perché quello che gli ho chiesto è conveniente. Trovo davvero pericolosa questa impostazione, perché non posso essere sempre sicura che la mia proposta venga ritenuta PIU’ conveniente (o più gratificante) di ciò che il cane ha scelto di fare. Nell’esempio si parla di rinunciare a stare sul divano, ed è fin troppo facile proporre al cane qualcosa di più interessante/conveniente/gratificante: le cose cambiano, però, se il cane è impegnato in un’attività che lo soddisfa profondamente (per esempio rincorrere e possibilmente uccidere il gatto del vicino…o magari il postino. Prima che io trovi la chiave giusta per rendere la mia richiesta più conveniente di ciò che il cane sta facendo, i malcapitati possono essere già ridotti piuttosto male… quindi io voglio che il cane mi obbedisca perché l’ho detto io, perché io sono il suo Dio e quello che gli chiedo è legge. Non perché “gli fa comodo così”.
Poi siamo d’accordissimo sul fatto che non si diventi certo Dio con metodi violenti e coercitivi…ma non mi piace neppure fare la “ruffiana” del cane.
B) ho trovato davvero comico (non mi vengono altri termini) l’esperimento di Bekoff sulle pisciate: 5 anni per dimostrare scientificamente una cosa che qualsiasi proprietario di cane, anche la Sciuramaria più sciuramariesca del mondo, sapeva già benissimo da solo. Un bel modo di perder tempo (o forse solo un modo per pubblicare l’ennesima secchiata di acqua calda scientificamente accreditata). Il punto, però, è questo: è che ormai sta diventando veramente pressante l’idea che tutto si debba dimostrare scientificamente, e che ciò che non è scientificamente dimostrato non esiste.
Questo mi sta bene fino a un certo punto, sia perché la scienza è fallace e suscettibile di rivoluzioni totali (gli esempi sono miliardi), sia perché, quando si parla della mente (umana o canina che sia), NON è tutto dimostrabile: anzi, più si cerca di tradurre la mente in formulette e numeri, più si rischia il clamoroso errore, perché si è costretti a lavorare in condizioni sperimentali e quindi – per definizione – innaturali.
c) la frase “la gerarchia, i ranghi, i ruoli, sono tutti CONCETTI: il cane non può né fiutarli, né sentirli, né vederli, né toccarli e quindi per lui non esistono” a mio avviso è fuorviante. Primo, perché non sappiamo se e quanto il cane possa effettivamente elaborare “concetti” (il fatto che non sia stato dimostrato che ne sia capace, vedi sopra, non significa che non ne sia capace: significa solo che non abbiamo modo di tradurre questa sua capacità in formulette e numeretti. Ma potrebbe essere una mancan