di RICCARDO TOTINO – Sembrava uno dei tanti incontri. Un rottweiler maschio giovane, bello, intraprendente, sicuro di sé, simpatico e giocherellone si muoveva all’interno del campo manifestando tutto il suo fascino. Quel ben mascherato filo di riservatezza o diffidenza che non sfugge a un occhio esperto, non era calcolabile come un “problema”. In fondo i Rott sono così. L’incidente e la malattia che da cucciolo lo avevano costretto a rimanere immobile e chiuso in casa per tutto il periodo della socializzazione e oltre, non lasciavano trasparire nessuna conseguenza. Che cosa chiedere di più a un cane?
Questo era Vito il giorno in cui si è presentato al nostro centro cinofilo. Se non avessi saputo dai precedenti racconti di Marco e Anna che Vito aveva dei seri problemi ad affrontare la città, avrei pensato che avevo di fronte un cane psicologicamente in ordine. E sì che sono famoso per capire i cani “al volo”! Eppure le mie impressioni continuavano ad avere la meglio sui racconti di Anna e Marco ed ero sicuro di dovermi occupare di un caso semplice. Ritenevo che un cane così avrebbe superato facilmente qualsiasi ostacolo se solo gli avessimo dato un pizzico di sicurezza, ma la determinazione con cui mi raccontavano quanto fosse impossibile farlo uscire di casa ha compromesso le mie convinzioni.
Non appena si avviavano verso la strada e il traffico, il cane si impuntava fino a sfilarsi qualsiasi strumento adibito al controllo, sdraiandosi in terra e ribellandosi con tutte le sue forze. La fortuna (o sfortuna) consisteva nel fatto che immediatamente fuori dal cancello, sulla destra della loro abitazione, i proprietari potevano disporre di giardinetti con prato in cui Vito poteva trascorrere serenamente del tempo, dando sfogo al suo desiderio di aria aperta senza dover affrontare necessariamente il traffico. In sostanza la situazione era la seguente: a destra il paradiso, a sinistra l’inferno (nessun riferimento alle mie posizioni politiche, sia ben chiaro!)
Di prendere a sinistra non se ne parlava proprio!
Così tralasciai la piacevole idea di seguirlo presso il centro cinofilo imbarcandomi nell’avventura domiciliare.
Arrivato a casa sono stato assalito da 45 chili nero focati che mi hanno sbaciucchiato, lappato e travolto come di sua abitudine con tutti gli estranei che non lo temevano.
Nonostante io mantenessi l’aplomb che si conviene a un consulente comportamentale cinofilo, sono stato serenamente “ignorato” e mi sono trovato tra i piedi ogni genere di gioco. Il suo preferito era di rincorrere un qualsiasi oggetto per poi giocare a: «Vediamo se riesci a togliermelo!?». L’unico indifferente a tutta questa agitazione era il gatto di casa e convivente di Vito.
Marco è intervenuto con tranquillità e dopo pochi minuti il cane era tranquillo e noi davanti a un caffè per fare il nuovo punto sulla situazione.
Con Anna, mi raccontano che Vito è stato seguito fino a quel momento da una collega che, vista l’abilità del cane nello spogliarsi di qualsiasi altra cosa, si era trovata costretta a utilizzare un collare a scorrimento (strangolo?) per poterlo portare in passeggiata. La collega era contraria all’utilizzo di tale strumento e il collare non è stato utilizzato per somministrare dolore ma solo per avere la garanzia che i proprietari non si sarebbero ritrovati con un rottweiler fuori controllo in una strada ad alta frequentazione di auto e persone.
Tuttavia i risultati lasciavano molto a desiderare.
Marco era stato accompagnato da Ciro per una decina d’anni, un altro cane della stessa razza. Quando è venuto a mancare per una malattia gli ha lasciato un fantastico ricordo e l’idea che i rottweiler sono dei cani facili e molto affidabili. Per questo motivo, non appena terminato il periodo di lutto, ha deciso di acquistare (adottare a pagamento) Vito.
Era presso un allevamento, fratturato a un’anca e l’allevatore è stato ben felice di trovare una persona con esperienza che si sarebbe preso cura di lui.
Forse il nostro allevatore avrebbe dovuto fare un’indagine più accurata perché gestire un cane di questa stazza, senza una corretta socializzazione, è cosa più da esperti che non da ex proprietario di un solo rottweiler. Ma in fin dei conti questa è una storia a lieto fine e i precedenti non hanno importanza, anzi sono ben contento che Vito sia capitato con questi ragazzi che hanno dimostrato di voler raggiungere il loro obiettivo con determinazione e umiltà. Poche volte ho visto una coppia mettersi in discussione insieme, nel rispetto dell’altro e del cane.
Dopo il caffè e la nostra conversazione introduttiva decidiamo di “vedere” Vito all’opera. Il momento della preparazione è stato veramente curioso: il cane era molto felice di fare la sua passeggiata, i soliti salti di gioia e un’euforia incontrollabile tanto da rendere difficile la vestizione. Non appena è stato tutto pronto per l’uscita Vito si è trasformato. Aveva voglia e paura di uscire.
Queste due emozioni facevano breccia nella sua mente in modo alternato tanto da creargli una “situazione conflittuale” abbastanza evidente. Infatti Vito non sapeva se, una volta fuori, avremmo preso a destra o a sinistra. Dopo qualche insistenza si è lasciato guidare fino al cancello e tra lo stupore di Marco e Anna non si è lanciato, come di sua abitudine, verso i giardinetti.
L’incantesimo è durato pochi secondi perché quando l’ho invitato verso la strada si è impuntato pregandomi di evitargli quella tortura, sono tornato indietro e siamo andati verso i prati. Marco, che si sente più sicuro, lo lasciava abitualmente libero di scorrazzare e di dare sfogo ai suoi bisogni fisiologici mentre Anna, nelle rare occasioni in cui si occupava delle passeggiate, lo teneva legato al guinzaglio perché era invece sicura di non poterlo controllare con la sola voce.
Avevo bisogno di vedere Vito nel contesto problematico! Di comune accordo decidiamo di rimettere il guinzaglio e iniziare una passeggiata in strada vicino al traffico. A parte le difficoltà iniziali per raggiungere l’inferno, ho visto una rapida trasformazione.
L’ansia e l’angoscia si sono stampate sul muso del povero Vito che ha iniziato a chiudersi come un riccio. Camminava a testa bassa, cercando rifugio in ogni punto del tragitto che riconosceva come luogo sicuro: il portone di casa della madre di Marco che abita lì vicino, il supermercato in cui lavora una persona conosciuta da Vito e che ogni tanto gli offre asilo, ogni traversa che avrebbe potuto rappresentare il ritorno a casa.
Non appena è stato chiaro che saremmo tornati indietro, Vito ha smesso di utilizzare i freni e ha iniziato a tirare come un trattore per raggiungere il luogo sicuro. Quando il cane ha riconosciuto i suoi giardinetti ha recuperato la sua solita allegria.
Non credevo ai miei occhi! Non mi era mai capitato di vedere un cane passare da uno stato emotivo a uno opposto senza strascichi. In realtà era talmente abituato a questa altalena che l’aveva assorbita senza imparare niente, ma soprattutto senza imparare che quel tragitto non sarebbe stato pericoloso.
Sono andato via pieno di spunti su cui pensare. Niente di quello che mi era noto sarebbe potuto tornarmi utile in questo “caso”. Tuttavia mi sono limitato a consigliare ai due ragazzi di evitare a Vito ulteriori stress e di portarlo nella “zona nera” solo nei casi di estrema necessità, trovare il tempo di accompagnarlo nei parchi e sempre con l’auto.
L’altro consiglio è stato di portarlo, sempre in auto, in strade un po’ meno trafficate e a lui sconosciute, limitarsi a osservare le sue reazioni senza cercare di costringerlo in nessun modo. Volevo che imparassero a osservare il loro animale e capirne le emozioni.
Negli incontri successivi è apparso abbastanza chiaramente che Anna non si sentiva per niente serena in compagnia di Vito, anche se non lo dimostrava mai davanti al cane. Infatti aveva imparato ad assumere un atteggiamento sicuro e autorevole che l’ha aiutata non poco.
Per quanto riguarda Marco invece è emerso che si comportava con Vito con fare molto autoritario, che si arrabbiava spesso con lui e che in fondo non riusciva ad accettare che fosse così diverso dal precedente rottweiler.
Questo mi ha portato a lasciare delle indicazioni diverse ai due proprietari: a Marco è stato suggerito di non sgridare “mai più” il cane per nessuna ragione, mentre ad Anna di giocare di più con Vito. Devo dire che hanno entrambi collaborato con piacere, soprattutto Marco che mi ha stupito accettando i suggerimenti e mettendoli in pratica senza obiettare. In genere gli uomini (intesi come maschi) fanno parecchie difficoltà quando gli si chiede di non sgridare più il cane. Tuttavia la mia spiegazione che sostiene l’inutilità di punire qualcuno se non riesce a fare ciò che gli si chiede, mentre invece è più utile cercare di capirne la ragione, ha trovato spazio nella logica di Marco.
Vito veniva portato a spasso facendo attenzione a non stressarlo troppo ed evitando le “zone nere”, per quanto possibile. Nelle occasioni in cui Vito usciva con l’auto ho proposto di farlo scendere lontano da casa in modo da percorrere il tragitto incriminato solo nella direzione del ritorno. Nelle rare occasioni in cui questo è stato fatto, Vito lo ha affrontato con maggiore serenità e tirando meno.
È stato interessante sapere che nelle zone nuove e altrettanto trafficate il cane si comportava in modo notevolmente più sicuro, anche se il suo timore era sempre visibile.
Bisognava cambiare ancora qualcosa! Togliamo il collare, inseriamo la pettorina “Easy Walk” e avviene una sorta di miracolo. Vito con il nuovo attrezzo si sente più sicuro, cammina con molta più calma e inizia a guardarsi intorno e a studiare meglio l’ambiente. In precedenza avevamo provato a usare sia la pettorina ad H, sia quella svedese ma senza risultati.
Si potrebbe aprire una discussione sugli strumenti da usare.
Ci sono cani che si sentono a loro agio solo con il collare, altri si muovono meglio con le pettorine ad H, altri ancora amano di più quelle svedesi e così via. Va preso in considerazione anche il fatto che se tollerano meglio uno strumento, possono anche non sopportarne un altro. A mio avviso un buon educatore dovrebbe riconoscere quale strumento si adatta di più all’animale e non alla sua etica.
A questo punto abbiamo iniziato a diradare i nostri incontri.
Vito migliorava ogni giorno di più e si sentiva sempre più sicuro. Le sue ormai rare uscite nella “zona nera” erano sempre meno complicate mentre trovava sempre più facilità ad affrontare il traffico “nuovo”.
Ho avuto modo di osservare numerosi cani con grandi disagi nell’affrontare l’ambiente urbano e spesso il “problema” era molto più evidente nelle zone limitrofe all’abitazione. Gran parte di questi soggetti erano stati adottati in un’età che andava dai tre mesi e mezzo agli otto/nove, da canili o allevamenti.
Perché accade così frequentemente che cani adottati con queste caratteristiche manifestino questo problema? E perché lo stesso problema si verifica con minor frequenza in soggetti più giovani o decisamente più adulti?
Proiettare un individuo che inizia ad avere una certa consapevolezza di sé in un mondo “parallelo e sconosciuto” può generare un trauma persistente. Un soggetto giovane con la mente aperta e priva di conoscenze ha bisogno del gruppo a cui sente di appartenere per imparare dagli altri come affrontare le situazioni nuove.
Durante il periodo adolescenziale i cani si comportano in modo bizzarro. Ricordo Bk, uno dei miei precedenti cani, scoprire a sei mesi l’esistenza del lampadario nella camera da letto. Dopo avergli abbaiato per circa un’ora e ignorando qualsiasi mio tentativo mirato a tranquillizzarlo, ha continuato ad entrare nella stanza incriminata con circospezione e diffidenza per almeno una settimana. In seguito il lampadario non ha mai più rappresentato per lui nessuna minaccia.
Altri casi riportati dai miei clienti raccontavano di cuccioloni che improvvisamente si rifiutavano di passare vicino allo stesso cassonetto incontrato durante tutte le passeggiate fatte fino a quel momento. Si potrebbe sostenere che durante questo periodo i cani diventano consapevoli e di conseguenza iniziano a percepire il mondo circostante come pericoloso per loro stessi. La famiglia e la casa rappresentano per questi cuccioli dei punti di riferimento importanti e si lasceranno aiutare con fiducia dai loro compagni.
Questi disagi sono di brevissima durata e i giovani cani hanno tutto il tempo per elaborarli una volta rientrati in casa o dimenticarli non appena raggiungono il parco e i loro amici.
Nel cane che nell’età della prima consapevolezza viene “scaraventato” da una situazione di campagna a una ad alta urbanizzazione, cambiando contemporaneamente gruppo e ambiente, si “imprinta” nella sua mente (passatemi il termine!) il primo luogo caotico che vede come un ambiente alieno.
È probabile che quest’ultimo rimarrà fissato come estraneo per tutta la sua vita. Una volta che il problema si è instaurato la soluzione ottimale è in realtà impossibile: conclusa la terapia comportamentale bisognerebbe cambiare casa!
Come spiegato in precedenza, quanto detto è sostenibile dal fatto che questi cani dimostrano molta più tranquillità in luoghi ad altrettanta urbanizzazione ma diversi da quello del primo impatto.
Il caso del nostro Vito non lasciava molto spazio alla prevenzione. Era in allevamento quando il proprietario lo ha investito con l’auto, poco dopo è stato portato in una casa e tenuto fermo in uno scatolone per due mesi, poi ha contratto la rogna ed è rimasto in casa per altri trenta giorni. A parte il trauma psicologico causato dall’incidente con la probabile conseguente avversione verso i mezzi di trasporto, la convalescenza nel periodo della socializzazione non era proprio evitabile.
È vero che i proprietari avrebbero potuto permettergli di affrontare le novità in modo differente e dargli diverse opportunità, ma la sua storia è questa e non avremo mai la controprova di come sarebbe andata se…
Se fosse possibile prendersi un tempo utile per far adattare il giovane cane al nuovo ambiente, con step appropriati al carattere dell’animale, si ridurrebbero sensibilmente questi problemi.
Per i cani provenienti dai canili/allevamenti e non correttamente socializzati esistono degli accorgimenti che, se attuabili, possono contribuire a facilitare l’adattamento al contesto urbano. Se un soggetto adottato manifesta questa problematica, sarebbe opportuno fargli vivere la novità come un’esperienza.
Il suo luogo “sicuro” è rappresentato dal canile in cui ha vissuto e sarà soltanto in quel contesto che lui potrà “ragionare” e introiettare serenamente la nuova avventura. Se a un cane “problematico” fosse permesso di sostare nel nuovo luogo soltanto qualche ora, farlo tornare in canile e lasciargli qualche giorno prima di fargli ripetere l’esperienza, il trauma non sarebbe così evidente.
Ripetendo questa routine per un certo numero di volte e in funzione della capacità del cane di normalizzare l’ambiente “alieno”, probabilmente molte adozioni risulterebbero meno o addirittura non problematiche. I cuccioli sotto i tre mesi non presentano questi sintomi perché affrontano le novità con la serenità dell’incoscienza e non hanno ancora sviluppato quel senso di appartenenza a un gruppo specifico e/o a un territorio.
Al contrario, un cane già adulto e consapevole delle sue capacità è più probabile che sia in grado di elaborare anche un grande cambiamento sulla base delle sue esperienze pregresse e di conseguenza essere capace di utilizzare una sua strategia per raggiungere l’omeostasi.
E Vito? Trascorsi due mesi dal nostro primo incontro Vito aveva accettato molto meglio il contesto urbano.
Marco aveva imparato a considerare il suo cucciolone come un altro cane e non più come la continuazione di Ciro: aveva imparato ad avere aspettative diverse e il “premio” è stato un giovane rottweiler che gli camminava al fianco, fiducioso. Rimaneva ancora da mettere a punto il rapporto con Anna. Nonostante la ragazza si comportasse in modo perfetto, cercando di ottenere l’attenzione del suo cane con gentilezza e succulenti bocconcini, continuava ad essere ignorata da Vito.
È bastato un incontro mirato per farla aprire un po’ e scoprire che Anna non desiderava un altro cane di questa razza.
Ciro viveva già con Marco quando si erano conosciuti e dopo la sua scomparsa Anna avrebbe preferito un cane meno impegnativo. Ma Marco era rimasto fermo nella sua posizione e lei aveva accettato, suo malgrado, il desiderio del suo compagno.
Pur avendolo amato sin dal primo momento in cui il cucciolo è entrato in casa, lei non era mai riuscita a sentirlo come il “suo” cane. Nel suo profondo, Anna continuava a considerarlo come il cane di Marco anche se questa volta era stato adottato come animale di famiglia. È bastato renderla consapevole del problema per ottenere una rapida trasformazione: la settimana successiva Vito le correva incontro al solo richiamo e per il piacere di stare con lei.
Problemi con i cani in città?
Potrà esservi utile il Workshop con David Appleby! A Roma, l’8 e 9 settembre.
Buonasera Riccardo! e grazie mille per l’attenzione prestata!!! 🙂 Sono molto felice che abbia letto e consulterò subito il sito per vedere se in zona riesco a trovare qualcuno di valido.. Non sono in grado di poter giudicare così con certezza assoluta l’operato di educatori che magari nel ramo sono anche conosciuti, ma per esempio ho un forte timore su una persona che credo sia in gamba ma per discipline come l’obbedience per citarne una, mentre non ho notizie di esiti nè dal suo sito nè dirette di persone che vi abbian portato i loro cani per quel che concerne la rieducazione.. e infatti è questo che mi preoccupa non poco.. certo, a pelle posso anch’io vedere se il suo metodo gentile può esser idoneo al mio doby (Franz!!! 😛 ebbene sì, il suo nome già dal canile era questo, e gliel’ho lasciato anche se a dirla tutta lui nemmeno lo riconosceva… in casa poi ne ha presi talmente tanti dei nomi che meglio non glieli elenchi per non offendere la dignità canina 😀 )ma non so quanto possa aiutare a superare le sue paure “su strada” in un campo per esempio..
questo educatore finora è l’unico che se non altro a pelle mi è abbastanza piaciuto quando è venuto a casa a conoscere il pupo… Personalmente credo, da ignorante ma da persona scrupolosa, che sia importante sì il campo, ma x tanti esercizi come l’educazione di base (al mio ho insegnato io il minimo e il “seduto” x esempio mi torna molto utile quando fuori si agita o è spaventato, x calmarlo, quasi fosse una sorta di”reset” che tra l’altro in situazione di stress ha anche imparato autonomamente a gestire!!! e non perchè è il mio amato cane, ma ha veramente un’intelligenza brillantissima che è uscita già dopo 15minuti che era in casa e da calmo non ha mai sbattuto contro niente, ha imparato ad aprire porte a battente, scorrevoli, a maniglia, i giochi cosiddetti intelligenti, con cassetti, maniglie, da alzare/premere!spingere e tirare li ha eseguiti perfettamente, svantaggiato dal non potere vedere come facevo io, in pochissimi minuti..)per il richiamo (che Franz non ha voglia di ascoltare XD)e altre cose, ma per rieducare, per fargli capire che non deve avere timore e che il guinzaglio gli garantisce che chi lo accompagna lo protegge da possibili pericoli, per renderlo un cane sereno, davvero SENZA nessuna forma di stress, anzi!!, tanto quanto lo è diventato in casa temo che più che il campo servirebbe fargli fare esperienze nei luoghi che lui frequenta o in ambienti simili.. un po’ come si parlava del caro Vito..
Grazie al cielo i collari a strangolo, scorrimento o come vogliamo chiamarli li ho usati solo i primissimi tempi perchè ho seguito chi ne sapeva più di me e mi diceva che non avevo alternative, ma siccome ancora ragiono un pochino per fortuna, per la Wobbler di cui lei ha parlato e perchè non è che un cane che si strozza tira di meno, a volte per assurdo è il contrario perchè s’innesca una situazione di rafforzamento(tiro-mi seguono-tiro+forte-mi seguono quindi è ok tirare)ho ben presto sostituito il collare con pettorine (l’ultima è un tipo molto avvolgente, in pelle, da addestramento su un sito che non cito per non fare pubblicità ma che fabbrica in Israele)alla quale collego un “pezzo” che va ad un collare senza stare in tensione ma che metto come sicurezza, entrambi collegati poi al guinzaglio doppio e con doppi moschettoni, il tutto perchè nei primi mesi mi è capitato di trovarmi il cane libero(si può immaginare il terrore di vederlo investire nel traffico)vuoi per un difetto del moschettone, vuoi che Franz spaventato da un bus andava in”retromarcia” e si è sfilato la pettorina di nylon(un tipo molto noto), vuoi perchè la chiusura in plastica di quest’ultima era fosse difettosa e lui che tira con quattro zampe motrici con una forza da paura veramente, ci ha mollato, da quel momento io gli metto tt doppio così se dovesse mollarci uno c’è sempre l’altro… (sono pazza??)
Daccordissimo sull’uso di un campanellino!! sebbene abbia un fiuto e un udito sviluppatissimi e quando giriamo comprende perfettamente dove ci troviamo, non solo il suo”conduttore”ma anche la seconda persona che accompagna!
La ringrazio ancora moltissimo e le ribadisco tutta la mia stima 🙂
In attesa di risentirci se Valeria sarà così gentile da darmi un recapito, le rinnovo un caro augurio per continuare il suo apprezzabilissimo e importante lavoro, e le mando un cortese saluto.. anche da Franz (ma meno cortese!! 😀 )
..Bellissimo articolo *.* complimenti per la sensibilità del sig. Riccardo Totino, che da bravo e scrupoloso professionista ha veramente studiato il cane e i suoi proprietari!!! Potrei scrivere fiumi di considerazioni e di mia esperienza personale da “animalista” che è nata con una sensibilità particolare verso questi straordinari amici a quattro zampe e magari sbagliando in buona fede, ha sempre cercato di costruire dei rapporti importanti che andassero oltre le coccole, le gratifiche, i “no” e la routine coi propri cani e con quelli che sono passati davanti a me negli anni.. cerco sempre di immedesimarmi nel cane, e sono attenta ai suoi bisogni, ma questo purtroppo non significa comprenderli sempre e risultare una brava compagna a 2 zampre, “capobranco” (nn mi ci identifico molto), nn serve a eliminare le incomprensioni, nè tanto meno a conoscere il”canese” come vorrei.. e infatti nello specifico mi trovo ora a distanza di 7 mesi da un’adozione x me importantissima, ad aver ottenuto ottimi risultati, forse anche “insperati”visto le mie bassissime conoscenze canofile e il solo mio adoperarmi per rendere felice il mio cane che ha vissuto fin da cucciolissimo in canile: i primi 2 anni al sud in uno dei famosi lager invisibili, in gabbia col fratellino che come lui è cieco dalla nascita(o x lo meno da qnd fu trovato legato con lui al cancello della sua nuova”dimora”)e con l’arrivo della maturità sono entrati in conflitto e sono stati separati e il mio è stato per un periodo con una maremmana che dalla foto che ho visto sembra si amassero proprio, poi visti da un buon cuore, tra mille peripezie, portati via i fratellini(ma separato dalla maremmana!) al nord dove, prima che io ne conoscessi la sua esistenza è passato un altro anno… ma non è finita qui, oltre alla cecità che sicuramente gli crea insicurezze enormi che forse potrebbero esser scambiate per forte aggressività verso i suoi simili (nn sono in grado di giudicare tecnicamente ma credo che abbia inciso nel suo caso la cecità, e che sia sbagliato da parte di nn addetti ai lavori, dichiarare un cane aggressivo/pericoloso coi propri simili “solo”perchè ingestibile davanti a situazioni di incontro anche con forti distanze,con loro simili.. sento spesso dare giudizi e il più delle volte le cose stanno molto diversamente!) il mio dobermann soffriva di attacchi di panico che sono riuscita a contenere e che ora in mia presenza (e del mio compagno che forse lui predilige 😀 )non ha più, ma ovviamente evitando ciò che glieli scatena… e visto che anche in questo caso mi avevan consigliato dei farmaci che ho scartato subitissimo (x esempio valium, che però è anche noto inibitore e che a fil di logica oltre a non risolvere il problema, può addirittura portare a “gesti inconsulti”.. ripeto e straripeto, parlo da ignorante e nn addetta ai lavori, ma un briciolo di testa ce la metto e cerco di ponderare sempre le scelte e le opzioni, in qualunque frangente e da chiunque mi provengano..)ho optato come aiuto extra fiori di Bach (della serie male nn fanno) ma soprattutto a cercare di ascoltare il mio cane e vedere dove andava aiutato e dove c’erano modifiche da apportare. Fatto questo mi ritrovo ora un cane ECCEZIONALE, una perla di cane che molti mi invidiano x tanto che è tranquillo, silenzioso, mai invadente, educatissimo.. e direte voi dov’è il problema? il problema è che lui è così in casa!! fuori diventa un altro… tira come un pazzo e già questo comportamento è da correggere (e finora nn ci sono riuscita), fa balzi improvvisi che hanno portato me a cadere tante volte (ed io già ho grossi problemi di salute che nn mi permettono purtroppo di fare anche cose “banali” e ad ogni caduta nn so cosa può accadere)ma anche gli uomini forzuti di casa..partenze a mille magari per un rumore sottile o una voce, indipendentemente che vi siano persone o cani nei “paraggi” (i cani li evito a centinaia di metri dopo aver provato “incontri” un po’ più ravvicinati con esiti da pronto soccorso per tenerlo..)e a volte lo fa ai”fantasmi”, magari sente odori o rumori che crede più vicini… Personalmente ho chiesto aiuto esperto da subitissimo, ma gli educatori contattati vogliono il cane al campo, da loro in sede, e ok una visitina per conoscerlo in casa, ma nn più di questo 🙁 E il mio dobermann tra le varie fobie di costrizione, non andava in auto!! Per portarlo a casa dal canile, 70km circa, 8h!!! Ovviamente abbiamo riprovato più volte e approcci diversi, anche seguendo indicazioni esperte.. facendolo a piccole dosi non si arrivava a nulla dopo mesi. Quindi ecco che motivata dal volerlo veramente far seguire come si deve, studio una tattica che ha portato ottimi risultati: ogni mattina, la sua prima passeggiata è in un parco nn lontano e il mio compagno lo portava a piedi chiaramente.. Cambio di rotta e al parco ho cominciato a farglielo portare in auto, quindi tragitto brevissimo, esperienza positiva dopo perchè la mattina presto non c’è traffico nè affollamento e questo ha portato il mio cane ad accettareil”compromesso”, magari ansima, lo leghiamo alla cintura di sicurezza dei sedili posteriori così che possa muoversi ma non buttarsi sul guidatore e devo dire che sembra un sogno perchè abbiamo così potuto fargli fare una importante visita oculistica attesa 6mesi per colpa di questo problema.. certo, un viaggio di 40km ma per come sembrava lasciarci le penne all’inizio della nostra avventura, diciamo che ora siamo in grado finalmente di poterlo portare anche a un campo!! e qui sorge un altro problema… la persona cui affiderei questo compito è in grado? Io so che è molto ben nominata, ma i dubbi restano specialmente perchè non si tratta di un rieducatore, ma di un educatore “gentile” che ha molta esperienza in obbedience e”sport”… La mia domanda per Il sig.Totino e per Valeria Rossi in particolare, è: alla luce di quanto scritto sopra, e quindi non potendo fare centinaia e centinaia di km (altrimenti avrei un’idea chiara nelle Marche dove andare)per noi che abitiamo a Modena, avete da suggerirci un valido, dei validi professionisti che potrebbero aiutarci a gestire al meglio il nostro cane e dargli quella finalmente agognata serenità che ha raggiunto in casa, anche all’esterno per potersi e poterci godere delle belle e lunghe passeggiate? Mi scuso per la lunghezza, l’intento era di darvi una visione generale per potermi dare un consiglio mirato, e al contempo la storia del Rott somiglia a quella del mio cane per molti versi…
Grazie per l’attenzione! *.*
Salve Bibi,
purtroppo non posso aiutarla. Non conosco personalmente nessun educatore nella sua zona che operi con il nostro approccio. Può comunque consultare il sito dell’ APNEC (www.apnec.it) e cercare quali educatori operano nella provincia di Modena.
Intanto, non so se l’ha già fatto, potrebbe uscire di casa con un campanello allacciato alla caviglia per dare al suo dobermann un punto di riferimento acustico in modo che sappia in qualsiasi momento dove siete. A volte i cani con questi problemi si tranquillizzano anche se un altro campanello viene agganciato al collare. Il suono costante per un individuo non vedente può fornire dei riferimenti anche per se stesso e aiutarlo a capire meglio il significato dei suoi movimenti. Mi spiego meglio: se un individuo cieco indossa un campanello può, dall’intensità e dalla frequenza del suono, comprendere meglio il significato delle sue azioni. È solo uno strumento in più ma può tornare utile (tanto per citarla, della serie tanto male non fa. Ovviamente ci vuole un breve periodo per farlo abituare utilizzzando campanelli molto leggeri all’inizio e poi aumentare l’intensità del suono fino a vedere quale gli si adatta meglio. Si può arrivare ad usare anche quello che si usa per i bovini.
Ma c’è una cosa importante da sapere sui dobermann. Questi cani sono soggetti a una particolare malattia chiamata “sindrome di wobbler”. Per questa razza è sconsigliato l’uso del collare perché se sono affetti da questo problema potrebbero avere dei forti disagi e rifiutarsi di imparare qualsiasi cosa perché accusano troppo dolore o fastidio.
L’utilizzo della pettorina è fortemente consigliato.
Purtroppo non posso fornirle altre indicazioni perché non conosco il suo cane, ma volendo può contattarmi per discutere insieme qualche dettaglio in più. Non so se posso darle dei riferimenti per contattarmi attraverso queste discussioni, però Valeria ha tutti i miei contatti e può chiederli direttamente a lei.
Grazie per i complimenti
con l’augurio che potrà trovare nella sua zona la persona che l’aiuterà a risolvere il problema con il suo cane (ma come se chiama ‘sto cane?)
Riccardo
io ne ho una così… presa a 4 mesi e mezzo in spoagna da un’allevatrice che parla olandese, praticamente mai uscita da tenuta di campagna, dove stava con altri cani, tutti oscurati dentro con ombreggiante.
messa su aereo e arrivata in italia (e già è un trauma) affrontando il viaggo da sola in stiva, arrivata qui con cani nuovi casa nuova lingua nuova odori nuovi e situazione più caotica… niente… per 3 gg non è uscita dal tavolo e non mangiava…
un po’ è migliorata, ma io mi mangerei “L’allevatrice” che “si si la protavo fuori” invece non ci credo… che la portasse tanto fuori perchè, sebbene un po’ il contesto cambi, semrpe capos città gente ecc. sono… quella.. non è mai uscita dalla tenuta fino 4 mesi e mezzo se non un paio di volte per andare dal vet sempre non fosse lui ad andarci) e adesso mi trovo un cane che è quasi irrecuperabile. e se… fa fatica un rott figuriamoci la mia razza che tendenzialmente non sono proprio dei “leoni”…
non credo sia più facile ricostruire l’autostima di un Rottweiler, anzi!
prima di questa femmina “inurbana” avevamo già adottato un Corso anzianotto, depresso, insicuro…
anche il Corso dovrebbe essere coraggioso come il Rottweiler, ma chissà che vita aveva condotto prima?
non ostante tutto il lavoro che facessimo per fargli fare esperienze positive, capitavano poi sempre situazioni nelle quali si piantava come Vito… o si nascondeva addirittura dietro a noi!
un sensibile miglioramento l’ha avuto dagli esercizi preparatori di Utilità e Difesa, nei quali il figurante alle prime lezioni scappava a gambe levate appena il cane accennava una minima reazione…
risultato: appena arrivava al campo, il cane era tutto esaltato e sicuro di “vincere” sempre, mentre in strada rimanevano le sue paure.
poi abbiamo spostato gli esercizi in strada, simulando agguati da parte anche di due-tre figuranti per volta, che lo mettevano un minimo in difficoltà, prima di scappare.
grandi progressi, insomma, ma c’è voluto un anno.
Salve Lupi,
due… domandine per capire meglio:
♦ il nome del cane
♦ l’età attuale
♦ che razza è
♦ cosa è stato fatto finora
Grazie
“A mio avviso un buon educatore dovrebbe riconoscere quale strumento si adatta di più all’animale e non alla sua etica”
SACROSANTO!
finalmente!
🙂
complimenti per questi progressi, anche noi stiamo “urbanizzando” una cagnona dal passato difficile (e peraltro a noi ignoto) adottata in età avanzata.
ci vuole sempre tempo, pazienza, serenità, fiducia, apertura mentale, capacità di osservazione, fermezza… tutto ciò messo insieme = esperienza
Vorrei saperne di più sulla pettorina Easy Walk. In che modo ha contribuito a “rasserenare” il cane? Immagino che se fosse l’effetto del non avere più una trazione sul collo lo stesso effetto si sarebbe avuto anche con altre tipologie di pettorine.
Ho letto che viene usata per i cani che tirano. In che modo funziona? è controindicata per un discorso di appiombi?
Salve Momi,
La Easy Walk è identica a una pettorina svedese con l’unica, ma non piccola, differenza che l’anello per agganciare il guinzaglio è posto all’altezza dello sterno e non sulla schiena. Agisce più o meno come una cavezza (gentle leader) solo che invece di agire sul muso agisce su tutto l’anteriore: se il cane tira, tende a sbilanciarlo lateralmente così da fargli perdere il contatto con l’oggetto di suo interesse (sia visivo, sia olfattivo).
In che modo l’introduzione della Easy Walk abbia contribuito a rasserenare Vito sinceramente non glielo posso dire. Come detto nell’articolo non potrei affermare con certezza che sia stato lo strumento a determinare la svolta, ma più che altro credo si possa attribuire al momento in cui è stato effettuato il cambio. In questo lavoro un po’ di fortuna non guasta mai. Se avessi provato questo attrezzo ai primi incontri sono sicuro che non sarebbe cambiato nulla, ma dopo aver cambiato il rapporto e la relazione tra il cane e il suo proprietario, anche modificare il modo di portarlo ha contribuito al successo.
Non consigliando mai questo strumento con i cuccioli non mi sono mai posto il problema degli appiombi. Posso anche aggiungere che non amo molto utilizzare questa pettorina in educazione perchè i cani non imparano a camminare correttamente, evita solo di farli tirare. Mi limito ad utilizzarla per tamponare il periodo che va dall’inizio di un corso all’apprendimento della condotta al guinzaglio, con le persone anziane che hanno un problema oggettivo in caso di caduta, o quando il proprietario è troppo esile per la mole del suo animale. Spesso nel giro di due mesi qualsiasi cane impara a compensare lo sbilanciamento e inizia a tirare di nuovo con la stessa intensità con cui trascinava prima.
Concordo pienamente nella obbligatoria capacità ,dell’istruttore cinofilo ,nel saper usare tutti gli strumenti che esistono. (ad esclusione di quelli basati sul dolore).L’esperienza del Sig. Totino ha fatto la differenza… Grazie, da istruttore cinofilo e da possessore e amante della razza!
Bell’articolo del sig. Totino.
Anche il mio cane e’ stato privato delle esperienze importanti dei primi mesi di vita. Per una serie di problemi fisici, non gravi ma fastidiosi, la prima passegiata e’ avvenuta a 5 mesi e mezzo. Ho avuto la fortuna di trovare il supporto delle persone giuste che mi aiutassero a superare tutte le difficolta’ incontrate, e adesso che ha quasi due anni il mio cane apprezza ogni luogo, provando anzi una sana curiosita’ per ogni luogo nuovo, affronta serenamente campane, fuochi artificiali, auto, cani e uomini.
Sono sinceramente felice che Vito stia superando con la sua famiglia i suoi problemi, questo e’ indice di quanto il lavoro di una figura professionale, insieme alla buona volonta’ e all’apertura mentale delle famiglie, possa contribuire ad eliminare la maggior parte dei problemi.
Ho lo stesso problema. Malù a due mesi e mezzo circa è stata trovata da noi e dopo pochi giorni diagnosi di neospora. Ha finito il ciclo vaccinale a quasi cinque mesi, e in ambiente urbano è quasi ingestibile. Se un cane piccolo o grande spunta all’improvviso e invade la sua zona pubblica (che è enooormeeee) inizia ad abbaiare tra lo spaventato e il furibondo. Esprime la sua frustrazione vocalizzando spessissimo.
Il periodo dai due ai tre mesi e i tre mesi successivi sono troppo importanti, e quando è arrivata Malù non avevo gli strumenti per aiutarla. Ho timore che sia irrecuperabile.