di VALERIA ROSSI – Una discussione nata da alcuni commenti in calce a un articolo mi spinge a tornare, per l’ennesima volta, sul tema degli scontri tra “scuole di pensiero” cinofile e in particolare sulla definizione di “professionista” della cinofilia.
Premessa: checché se ne dica, io non intendo litigare con nessuno! Non mi diverto a farlo, non avrei neanche voglia di farlo.
Però ritengo, come ho detto proprio in quei commenti, che il dovere di chi fa “giornalismo cinofilo” (ammesso e non concesso che esista, o che si possa definire così quello che faccio io), o comunque “opinionismo” cinofilo (che è indubbiamente quello che faccio io) sia quello di far conoscere anche al mondo dei non addetti ai lavori quello che succede davvero, e non quello di presentare un mondo idilliaco in cui tutti si vogliono bene e tutti coloro che sono iscritti ad una qualsiasi sigla seguono codici deontologici inappuntabili.
La guerra c’è, esiste, inutile negarlo. E quando c’è una guerra, chi fa – in un modo o nell’altro – informazione deve farlo sapere: non ci si può girare dall’altra parte. Occorrono spiegazioni e soprattutto soluzioni.
Per questo, ancora una volta, vorrei affrontare – il più pacificamente possibile – il tema centrale dello scontro, che ha come punto principale quello della cosiddetta “coercizione”, ovvero l’uso di metodi e strumenti che nel corso degli anni, grazie a una vera e propria campagna di demonizzazione, sono diventati sempre più invisi soprattutto agli occhi del neofita.
In seguito, le presunte “spiegazioni scientifiche” che hanno avallato questa tendenza (vedi il caso della presunta lista di danni da collare a strangolo diffusa dall’Asetra e poi divenuta una sorta di “bibbia” dei gentilisti, che ho già analizzato – e in gran parte smentito – in questo articolo) hanno fatto breccia nel mondo animalista, che a sua volta ha sfruttato il suo ben noto peso politico per ottenere ordinanze e restrizioni varie in alcuni Comuni italiani.
Un Paese dotato di una decente cultura cinofila non sarebbe mai arrivato a tanto, specie quando nello stesso Paese si evidenzia l’incapacità media della popolazione di gestire i cani: ma qui siamo arrivati al punto in cui si sta nuovamente pensando a partorire qualche “black list” per eliminare alcune razze canine… e contemporaneamente si vieta l’utilizzo dell’unico strumento che garantisce la sicurezza totale quando si tratta di gestire un cane impegnativo.
Cinofollia allo stato puro.
Ma lasciamo da parte queste polemiche che ormai escono dalle orecchie di tutti i cinofili (pur senza aver mai trovato uno straccio di soluzione) e proviamo ad affrontare un tema forse un po’ meno scontato, ma sicuramente più importante.
E cioè: chi, in cinofilia, può definirsi davvero “professionista”?
La risposta più corretta dal punto di vista legislativo, fiscale e quant’altro, è “nessuno”: per il semplice motivo che questa figura professionale non esiste. In realtà le professioni non regolamentate e prive di albi professionali hanno oggi una legge che le riguarda e alla quale bisognerà attenersi (Legge 14 gennaio 2013, n. 4, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 26 gennaio 2013, n. 22, e in vigore dal 10 febbraio scorso): ma ancora non siamo arrivati alla definizione di una regolamentazione specifica in ambito cinofilo.
La gente, dunque, crede (perché glielo lasciano credere) che per diventare “professionista” della cinofilia si debba seguire un corso (o più di uno) e ricevere il relativo diplomino: il che non è vero.
Neppure i corsi ENCI (unico Kennel Club italiano “ufficiale”, riconosciuto dal Ministero dell’Agricoltura) rilasciano veri “diplomi”: figuriamoci le altre – innumerevoli – sigle, talora legate a nomi “importanti” (per esempio il CONI), che di fatto però sono tutte associazioni private e autoreferenziali, che rilasciano attestati assolutamente privi di qualsiasi valore ufficiale.
Ma questa può essere una discussione riservata agli addetti ai lavori (o agli aspiranti tali), che ben poco interessa la Sciuramaria in cerca di qualcuno capace di aiutarla a superare i problemi del suo cane.
Alla Sciuramaria, invece, interessa sapere chi ha le competenze per fare cosa.
E qui casca non un solo asino, ma un intero branco di asini.
Perché, semplicemente… non si sa!
Ogni Ente, ogni Club, ogni Associazione – in questa allegra anarchia legislativa – decide in proprio quali sono i vari livelli e le varie qualifiche da attribuire ai suoi “diplomati” …e scusate se continuo ad usare le virgolette per questo termine, ma un diploma sarebbe, tecnicamente, un attestato rilasciato da un’autorità pubblica.
E in campo cinofilo, di autorità “realmente” pubbliche non vi è traccia.
L’ENCI è già “borderline”, trattandosi di Ente privato con un riconoscimento ministeriale: tutti gli altri sono privati al trecento per cento, con la parziale eccezione dall’APNEC che ha ottenuto a sua volta un riconoscimento ministeriale, e cioè l’inserimento nell’elenco delle “associazioni rappresentative a livello nazionale”, nonché la certificazione di qualità ISO 9001… che però, contrariamente a quanto molti credono, è un’altra certificazione assolutamente privata, rilasciata da un Ente privato (per quanto internazionale).
Dunque, lo ribadisco, di autorità pubbliche non si vede traccia e quindi di “diploma” non si potrebbe parlare.
Ma continuiamo pure a farlo per convenzione… e intanto andiamo oltre, e vediamo quale tipo di formazione offrono i vari corsi, senza fare distinzioni tra una sigla e l’altra.
La parte teorica, chi più e chi meno, la svolgono tutti in modo piuttosto approfondito: ovviamente ci saranno alcune discrepanze tra l’una e l’altra scuola, qualcuno avrà docenti più bravi e capaci di trasmettere il proprio sapere e qualcun altro un po’ meno, qualche corso durerà due settimane e qualcun altro due anni… ma una base teorica (sulla qualità della quale non intendo addentrarmi) la danno tutti.
E la pratica?
Qui, da quanto ho potuto vedere personalmente e soprattutto in base ai racconti di chi ha frequentato questi corsi, andiamo decisamente peggio.
In alcuni casi molto peggio.
Ci sono corsi che offrono un numero veramente esiguo di ore di “pratica” (50 ore, per esempio, per i corsi ENCI); ce ne sono altri per cui la “pratica” consiste nell’osservare l’esibizione di cinofili famosi e stimati; ci sono corsi da cui puoi uscire col tuo “diplomino” in tasca senza aver mai preso un cane al guinzaglio.
Ora, la domanda è: come possiamo aspettarci che queste persone inizino a lavorare “professionalmente” in campo cinofilo senza combinare pasticci inenarrabili?
E non è che cambi molto per le sigle/associazioni/gruppi che organizzano più corsi in “livelli” successivi (tipo: educatore, poi rieducatore, poi istruttore e così via): perché l’andazzo è sempre lo stesso.
Tanta teoria (via via più complessa) e sempre poca pratica. O pratica rivolta solo ad un settore della cinofilia (che può essere pet therapy, o agility, o protezione civile…ma è comunque sempre UNA singola specialità all’interno di un panorama cinofilo che ormai ne comprende una ventina, se non di più).
Ci sono scuole (continuo a non far nomi, ma se vi informate un po’ li scoprirete da soli) nelle quali il “diplomato” dell’anno precedente diventa docente nel corso successivo. Ma vi pare normale?
In alcuni casi, poi, le stesse distinzioni di “livello” appaiono quasi una presa in giro: per esempio, che differenza passa tra un educatore e un rieducatore?
Ehhhh… grandissima! dirà qualcuno.
L’educatore prende il cucciolo da zero e gli insegna a vivere bene nella nostra società, mentre il rieducatore prende un cucciolone o un adulto già “rovinato” da altri e lo deve rimettere in condizione di vivere bene nella nostra società.
Bene: se credete davvero che ci sia questa gran differenza, significa che con i cani non ci avete mai avuto a che fare.
Perché il lavoro è assolutamente identico e le cose da fare sono le stesse. Si deve spiegare al cane che le regole esistono e che vanno rispettate, e questo è tutto.
L’unica differenza sta nel fatto che, quando si “rieduca” un cane, bisogna riuscire a far capire ai proprietari cosa e come hanno sbagliato: ma per questo servirebbero corsi di psicologia umana, non di cinofilia.
Il caso davvero diverso è quello del cane mordace, o fobico: in questi casi, però, non si “rieduca” un bel nulla, ma si deve parlare di “terapia” comportamentale… che a volte viene affidata alla persona che ha fatto millemila corsi e che ha ottenuto qualche specifica qualifica (“istruttore”, “riabilitatore” o simili: non le conosco nemmeno tutte!), e in molti altri casi non viene neppure presa in considerazione. Cane e proprietario vengono direttamente spediti dal celeberrimo “veterinario comportamentalista” di cui, almeno oggi, non intendo proprio parlare… ma che – come risulta evidente dalla realtà dei fatti – moooolto spesso vede negli psicofarmaci l’unica soluzione possibile.
Sapete qual è la verità, a mio avviso (e invito chiunque a smentirmi, dati e fatti alla mano)?
E’ che da TUTTI i corsi cinofili escono persone che hanno una buona infarinatura di cinofilia. Punto.
Ma da qui a definirle “professioniste”, se permettete, ce ne passa.
Essere professionisti cinofili non significa conoscere a memoria il condizionamento classico e quello operante, sapere cos’è un arousal o una centripetazione. Significa saper prendere in mano un cane, saperlo “leggere”, capire di che cosa ha bisogno e saperglielo dare (e anche avere l’umiltà di passare la palla a qualcun altro, qualora ci si renda conto di non essere in grado di darglielo).
Invece, purtroppo, mi succede continuamente di vedere persone che hanno fatto il corso da educatore e che non sanno tenere in mano un guinzaglio.
Lo tiene meglio la Sciuramaria, che “va a orecchio”, è istintiva, non ha basi di nessun tipo… ma a volte – magari per puro caso – ci azzecca. Guarda il suo cane, cerca di entrare in sintonia con lui, si sfroza di leggere i suoi messaggi ed è anche capace di discriminare quelli importanti da quelli che non contano nulla.
L’educatore, invece, mi ricorda spesso il ragazzo che ha appena preso la patente, così impegnato a pensare “ecco, adesso devo schiacciare la frizione, poi mettere la marcia, poi mollare l’acceleratore…”, che magari non si accorge del pedone che sta per mettere sotto. Perché non ha gli automatismi, la capacità di discernere, la prontezza che arrivano solo dall’esperienza pratica.
Ai seminari che ho tenuto con Claudio Mangini e i cani tutor ho incontrato, per esempio, educatori che hanno completamente perso di vista il lavoro che si stava facendo sul cane (magari un cane aggressivo o fobico, che in pochi minuti recuperava serenità) solo perché si sono fissate sulla singola leccatina di naso, o sullo sbadiglio, subito interpretati come “segnali di stress, oddio!”.
E ovviamente ci sono stati anche quelli che vedendo apparire un guinzaglio da retriever hanno gridato allo scandalo (“oddio, un collare a strangoloooo!”) senza capire che, con strumenti diversi, si sarebbe potuta rischiare la vita del cane paziente o quella del cane tutor… o magari l’incolumità dell’operatore.
Ho visto, insomma, molta, molta, ma MOLTA inesperienza, condita a volte (ma non sempre) da eccessi di “saputellismo”, altre volte da preconcetti e dogmi vari… ma quasi sempre da pochissima capacità di muoversi in sintonia con un cane.
Cosa che invece si vede spesso in persone che se gli parli di Skinner ti dicono “CHIIII?!?!?”… ma che sono da trent’anni in mezzo ai campi a smazzarsi con i cani.
Certo, questi ultimi mancheranno di basi scientifiche: a volte, diciamolo, mancano perfino della capacità di esprimersi in un italiano comprensibile.
Però, se gli dai in mano un cane problematico, te lo sistemano. E non è assolutamente detto che lo facciano con metodi brutali o anche semplicemente “coercitivi”.
I cosiddetti cinofili “moderni”, invece (quelli che dicono “il futuro siamo noi e voi non siete un c…”)… a sentirli parlare sembrano libri stampati: ma poi capita che gli arrivi in mano un cucciolo normalissimo e che siano proprio loro, a forza di volerci applicare per forza sopra le teorie che hanno imparato sui libri, a farlo diventare problematico.
Educatori? Rieducatori? Istruttori? Professori?
Ma cosa importa! Questi, prima di appiccicarsi addosso una qualsiasi etichetta, dovrebbero diventare competenti in materia cinofila.
Ma la competenza non si compra tanto al chilo, purtroppo: si acquisisce col tempo, con l’esperienza, andando per prove ed errori. Errori che saranno sicuramente meno frequenti se hai anche una buona preparazione teorica, ma che sono comunque inevitabili – e forse addirittura indispensabili – se vuoi diventare davvero un professionista.
Un illustre cinofilo mi disse un giorno che il cane dovevo lasciarlo sbagliare; anzi, se non sbagliava dovevo indurlo io stessa a sbagliare, perché altrimenti non avrebbe mai capito cosa doveva e cosa non doveva fare.
La teoria potrà essere discutibile per quanto riguarda i cani, ma è sicuramente valida per le persone: se non sbatti qualche volta il naso, bravo non ci diventi.
Il grave errore di fondo della cinofilia cosiddetta “moderna” è quello di voler definire “professionisti” persone che ancora non hanno idea di cosa sia un cane reale e non teorico.
E’ quello di voler dare qualifiche a gente che potrebbe avere, al massimo, quella di “neofita informato”: che sta, però, al primissimo gradino di una lunga scala ancora tutta da percorrere.
Qualcuno lo spiega ai suoi allievi, a fine corso: glielo dice, che in pratica non sanno ancora una beatissima cippa.
E queste persone io le rispetto.
Rispetto molto meno, al di là di sigle e nomi, coloro che:
a) mentono sapendo di mentire, approfittando della drammatica fame di lavoro che c’è in questo momento storico e promettendo un lavoro sicuro – e professionale – a persone che potrebbero al massimo ambire alla qualifica di aiuto apprendista (e questo, fino a prova contraria, è anche un problema sociale, non soltanto cinofilo);
b) fanno credere ai loro “diplomati” di essere pronti a lanciarsi sul mercato, mettendone così a rischio l’immagine, i risultati e a volte la stessa incolumità fisica… perché chi crede di “sapere tutto” non si ferma davanti a niente.
Solo pochi giorni fa, nel corso dell’ennesimo scanno su Facebook, una persona ha dichiarato di occuparsi, in canile, di riabilitazioni che (parole sue) “non potrebbe neppure fare, perché ha solo la qualifica di educatore“. Ma le fa lo stesso, perché “altrimenti quei cani chissà dove andrebbero a finire“.
Beata incoscienza… ma forse neanche troppo “beata”, visti i rischi che corrono sia la persona stessa, sia i cani (vi immaginate un soggetto gravemente problematico in mano a qualcuno che non sa quello che sta facendo? A me vengono i brividi).
La conoscenza e la professionalità si sviluppano nel tempo, questo è innegabile: ma si sviluppano lavorando con i cani, non pagando millemila corsi sempre più costosi (per dare forse l’impressione di diventare via via “più importanti”). Si sviluppano lavorando fianco a fianco con i più bravi e più esperti, che possono spiegarti cosa e come fare.
Le competenze si acquisiscono vedendo oggi il cucciolo di border che tira al guinzaglio, ma domani, magari, il molosso che si è mangiato il proprietario: e prendendoli entrambi al guinzaglio, mettendosi in gioco, provando a combinare qualcosa di buono. Anche inventando, se non ti sorreggono le conoscenze che hai.
E se proprio hai paura di far danni, prendi il tuo cagnone e vai sul campo di chi ne sa più di te, ti metti lì e guardi come lavora.
E’ così che si cresce: non certo spedendo il cane difficile al comportamentalista che lo riempie di prozac.
Insomma: la teoria è importante, la pratica è importante: ma la seconda senza la prima può anche portare a qualche risultato, mentre il contrario non esiste proprio. E invece è quello che abbiamo ogni giorno sotto gli occhi.
Per anni, anzi per secoli, c’è stata in campo cinofilo una “selezione naturale” che, tra l’altro, permetteva a chi si rendeva conto di non sentirsela (magari perché aveva paura) di mollare il colpo e di mettersi a fare qualcos’altro: invece oggi si vedono – e ne ho visti personalmente parecchi – “educatori” e perfino “rieducatori”, con tanto di relativo diploma, che HANNO PAURA DEI CANI!
Un tempo, in cinofilia, ci rimaneva solo chi aveva cuore, passione e arte: doti senza le quali non vai da nessuna parte, almeno in questo campo.
Purtroppo, oggi, rimangono tutti.
Un po’ perché non sanno che altro fare, visto che di lavoro non ce n’è; un po’ perché in questo sogno hanno investito una marea di soldi e non riescono a digerire l’idea di averli buttati dalla finestra. Però si ritrovano con dei limiti immensi che fanno danni gravissimi a cani e persone stesse.
D’altro canto, anche gli addestratori “vecchio stile” a volte fanno danni gravissimi: perché svariati di essi sono rimasti legati alla visione antiquata e sorpassata del cane da va sottomesso, che va schiacciato, che deve obbedire per forza…o “con” la forza.
I macellai, l’ho detto mille volte ma lo ripeto ancora, esistono: altroché se esistono.
Ma quelli, forse, non si potranno mai eliminare, se non denunciandoli e mandandoli in galera per maltrattamento.
Però esistono anche “le vie di mezzo”: ovvero quelli che io chiamo addestratori etici. Persone che hanno le conoscenze teoriche ma anche l’esperienza pratica; che sono sommamente rispettosi del cane e fermamente intenzionati ad essere il più possibile gentili (non “gentilisti”, magari, ma gentili sì)… almeno fino a quando è possibile.
Solo che, trattandosi di persone che hanno esperienza “vissuta”, che hanno visto davvero centinaia di cani di ogni tipo (e non solo frugoletti da compagnia, ma anche cani così tosti che i moderni “educatori” non ne concepiscono neppure l’esistenza), sanno benissimo che con certi cani e in certe circostanze non si possono fare distinzioni aprioristiche tra ciò che è “buono” e ciò che è “cattivo”, ma si devono adattare metodi e strumenti ai singoli casi (e saperlo fare è indice di quella che ritengo l’unica, vera professionalità), sempre con rispetto e sempre tenendo in primissimo piano il benessere del cane, ma talora dovendo ammettere che il loro metodo preferito non funziona e che quindi bisogna provarne altri… magari per salvare la vita stessa di quel cane.
Ed è per questo che non possono proprio sentire certe manfrine assolutistiche, che troppo spesso arrivano da persone in perfetta buona fede, certo: ma dovuta soltanto alla palese non-conoscenza del vero mondo cinofilo.
Perché “il cane” non esiste, esistono tanti cani; perché non esiste neppure “il proprietario”, ma ci sono tanti proprietari; perché non c’è solo il cane di famiglia, ma c’è quello sportivo, quello da lavoro e anche quello fancazzista.
Ci sono i cani tranquilli, quelli tosti e quelli iper-super-tosti; ci sono i cani facili e quelli molto, ma molto difficili; e ci sono perfino quelli “pericolosi”, non certo per razza né per loro scelta, ma perché le loro esperienze di vita li hanno portati a credere che mordendo e aggredendo si può ottenere tutto ciò che si vuole.
Soprattutto, ci sono cani frutto di una selezione talvolta millenaria, che vanno rispettati per ciò che SONO e non per come vorremmo che fossimo: e cercare di trasformarli in qualcos’altro è una vera barbarie.
Quello è il vero maltrattamento: altro che collare così o cosà.
Però queste sono tutte situazioni che bisogna vivere, per capirle: e il neo-diplomato non le ha quasi mai vissute, quindi iniziano i dialoghi tra sordi che spesso portano all’insulto, alla criminalizzazione di un’intera categoria, alla demonizzazione aprioristica di strumenti che magari si conoscono solo per sentito dire e così via.
Di solito, col tempo (sempre se si ha la fortuna di cominciare a lavorare davvero con i cani), la verità salta fuori. Dopodiché qualcuno improvvisamente si illumina e capisce quello che intendevano dire coloro che sono stati definiti maltrattatori (o peggio) solo perché hanno osato parlare di uno strumento “tabù” o perché, magari, hanno forzato un cane fobico a uscire dalla sua cuccia in canile (vedi l’articolo “Coercitivo? No, grazie!” pubblicato qualche giorno fa).
Qualcun altro rimane ancorato al suo piccolo mondo fatto di cani davvero “tutti uguali” (perché quelli diversi non li tratta proprio, li manda altrove, li lascia al loro destino), qualcun altro ancora si accorge che esistono altri mondi, ma rifiuta di accettarlo e continua con le sue guerre, non si sa se per convinzione, per convenzione o semplicemente per business.
Però, per favore, questi non me li chiamate “professionisti”: perché è un vero e proprio insulto a coloro che lo sono davvero.
Per concludere, avrei qualche domanda (sempre condita da vari calming signals…).
E cioé :
a) è moralmente e socialmente corretto illudere tanti giovani che potranno lavorare in cinofilia, ben sapendo che in realtà questo sarà un privilegio di pochi?
b) non sarebbe il caso di definire un po’ meglio la figura del “professionista”, accertandosi in qualche modo che un “diplomato” sia davvero in grado di affrontare la cinofilia come lavoro, prima di mandarlo allo sbaraglio?
c) invece di fare tante guerre di religione, non sarebbe il caso di mettersi tutti intorno a un tavolo e di decidere, una buona volta, chi ha davvero le competenze per fare cosa?
Questo giusto per iniziare… perché di domande ce ne sarebbero molte altre.
Ma andiamo pure per gradi: e se qualcuno ha qualche risposta da darmi, per favore, lo faccia.
I cani dei nonni se erano amati stavano meglio! XD
(nel senso che non erano stressati e stavano pure in libertà…basta leggere del tuo breton Wiskhy, era più felice lui!!!)
Forse mi sono spiegata male e ho omesso di rlo: mi sono offerta gratis e con molta umiltà!
Si, sembra tutto serio, tutto vero, tutto a puntino per evitare problemi indotti dall’uomo seppur appena uscito da un corso specializzato più o meno lungo…ma io, che non volendo fare casini e sentirmi più sicura dopo il mio bel diplomino, perché avendo chiesto a più scuole cinofile di poter fare un po’ di tirocinio, gratis, offrendomi in tutto ciò che poteva servire, son stata guardata come una verde extraterrestre liquidata in tutti i casi con un secco “No, grazie!” Eppure tutti hanno cominciato da qualche parte, se l’esperienza vale più della teoria, da dove si comincia…o vale solo per voi che l’avete da anni? Si fa un po’ di spazio a tutti? Ditemi da dove si comincia, forse se tutti questi neo diplomati non fossero lasciati soli sarebbe meglio…ci sono tante persone di buona volontà e credo che sia capitato anche a voi, che tanto di scienza e di fatto sapete, di sbagliare…leggendo, non vedo altro che persone che si mettono sul piedistallo.
Grazie
Isabella… ti rispondo domani, con un articoletto sul tema 🙂
Proponiti, gratis: nei canili, negli allevamenti, vai a fare percorsi con il tuo cane (dal corso di base a quelli avanzati), pratica uno sport cinofilo (e qui pagherai tu)
solo così si impara, e abbiamo imparato tutti. andando ‘a bottega’. Gratis o pagando noi, non certo facendoci pagare
Ciao! Io ho iniziato a seguirti solo da pochi giorni e sono rimasta davvero colpita da quello che dici o meglio, scrivi in questo caso. Io ho vent’anni e, nonostante i cani mi siano sempre piaciuti, ho iniziato solo da poco ad approcciarmi in modo serio alla cinofilia, documentandomi sulle razze, leggendo libri e articoli per prepararmi all’arrivo di Mina, la cucciola di Jack russel che da quasi due mesi vive con me. Da quando l’ho portata a casa mi sono resa conto che tra il leggere e basta e il mettere in pratica c’è un abisso di differenza.
Tu cosa consigli ai ragazzi che vogliono provare ad entrare in questo mondo e lavorare seriamente e in modo professionale con i cani?
La mia unica esperienza è stata anni fa in un maneggio, dove spesso mi occupavo di pulire i box dei cani che venivano ospitati in pensione. Forse sarà una cosa da nulla,, ma mi ha insegnato a relazionarmi con cani di grossa taglia, ognuno col proprio carattere. C’erano cani con cui ti potevi prendere molte libertà e altri con cui invece ti dovevi imporre un comportamento meno … invadente, se così si può dire.
Anche tu hai iniziato ad approcciarti alla cinofilia partendo da queste piccole cose?
E per curiositá…quale sarebbe invece secondo la tua casistica la proporzione fra addestratori “professionisti” e non?
La mancanza di un albo/Ordine professionale che garantisca (e tuteli) i professionisti davvero competenti e gli utenti è un problema vecchio che pochi vogliono affrontare seriamente. Altrettanto cruciale è la questione del moltiplicarsi di improbabili “scuole cinofile” che mettono sul mercato incapaci o inesperti che menano per il naso i proprietari e rovinano i cani.
Valeria Rossi ha ragione, straragione, superagionissima!
Le due cose sono legate da filo doppio. All’estero ci sono normative precise sia sull’esercizio della cinofilia che sui corsi, che possono essere svolti solo da soggetti riconosciuti da organismi di controllo statali o dipartimentali (non da enti privati).
Altra questione cruciale: la pratica sul campo, gli anni di apprendistato accanto a professionisti, l’imparare il mestiere non solo sui libri ma con i cani, osservando migliaia di cani fino a consumarsi gli occhi…
I cani sono individui, non cose: lavorare “con” e “per” il cane è professione delicatissima, che richiede una grande responsabilità: se sbagli rovini un individuo magari per sempre, gli togli la dignità e il diritto alla qualità della vita! Chi metterebbe mai un bisturi nelle mani di un chirurgo laureato il giorno prima e che non ha seguito nessun apprendistato nelle sale operatorie a fianco di colleghi maturi e capaci? Solo un pazzo. E invece ci sono operatori cinofili che vanno bellamente in giro a far danni, tanto nessuno potrà mai chiedere un risarcimento se hanno distrutto un cane! E a ben pensare, in cinofilia va ancora peggio: il bisturi lo può prendere in mano chiunque tanto un “titolo di studio” riconosciuto non serve, anzi nemmeno c’è!
Proprio l’altro giorno guardavo tre operatrici cinofile al “secondo livello” di una scuola blasonata che davano pubblica dimostrazione di educazione e molto altro (a loro dire). C’era da mettersi le mani nei capelli: cani isterici o immobili, uno addirittura tremante di paura, ululati di frustrazione tra ciotole abbassate e alzate a casaccio sotto il muso delle malcapitate e assetate creature (obiettivo: gli dò l’acqua solo se il cane sta fermo…), strattoni (dei proprietari) per far sedere le bestiole (insegnare il seduto nooo?), slalom tra paletti (gioco di autostima e rafforzamento della relazione?) tramite trascinamento col guinzaglio in una mano e nell’altra bocconcino motivazionale, di cui il cane se ne fotteva bellamente troppo impegnato com’era a piantare il didietro per terra. Il tutto sotto la premurosa supervisione di un professionista, convinto della sua meritoria opera di divulgatore del benessere canino…
Volete un’altra chicca? Veterinario moooooooolto interessato al comportamentalismo insegna a due proprietari come si fa a non far toccare ogni schifezza per terra al loro cagnone (che a volte se la mangia). Sentite qui. “Fate allontanare il cane”. Il cane si allontana. “Prendete in mano un fazzoletto, e chiamatelo!”. Il proprietario prende il fazzoletto e chiama il cane. Il cane arriva subito. “Offrite al cane il fazzoletto”. La mano si protende verso l’animale che allunga il muso e annusa il fazzoletto. Sbam!! Sberlona al cane accompagnata dal solito “NO!!”. La creatura si ritrae sconcertata. “Ecco, avete visto? Ripetete la cosa un po’ di volte e vedrete che il cane ci penserà bene prima di toccare ancora…”. Già, ammesso che il povero cane, al prossimo richiamo, sia così scemo da tornare…. (questo lo dico io, il vet con ambizioni comportamentaliste non si era minimamente posto il problema).
Il punto c) di Valeria dovrebbe diventare obbligatorio per legge. E poi vediamo che succede: una piattaforma di accordo tra le professioni cinofile si dovrà pur trovare per arrivare finalmente a una disciplina!
PS. Non lavoro nel settore cinofilo, sono solo un’appassionata di cani. Ci tengo a dirlo perché sicuramente non conosco dal di dentro la complessità dei problemi della vostra professione.
ottimo articolo, per esperienza personale avendo un cane problematico ho avuto a che fare con moltissimi “professionisti” e da proprietario molte volte mi sono ritrovato a piangere nel vero senso della parola , per la disperazione, per il senso di impotenza nel non riuscire ad aiutare il mio cane seppur seguendo i metodi del professionista di turno , mi son sentito spesso e volentieri solo.
Ma se uno ha un cane fobico verso le persone ( aggressivo ) “SELVATICO” che cavolo deve fare? Lo deve rinchiudere in un box a vita? Purtroppo secondo molti “professionisti” che ho incontrato la risposta e’ SI .
Per fortuna che non mi sono arreso, alla fine preso dalla disperazione non trovando nessuno in grado di aiutarmi, ho fatto da me, ho studiato la teoria , le basi , e ho dedicato tutto il mio tempo al mio cane , ho provato e riprovato . Ora non e’ perfetto ma per fortuna riusciamo a vivere bene insieme, ci siamo venuti incontro . Rispetto a prima e’ un cane nuovo ed anche io sono un proprietario nuovo, e’ il percorso continua, ogni giorno una nuova avventura.
Qualcuno dira’ , non hai trovato la persona giusta che ti potesse aiutare , va bene ma non possiamo basare sempre tutto solo sulla fortuna , ne ho girati tanti ma tanti di professionisti.
Cito:” E’ così che si cresce: non certo spedendo il cane difficile al comportamentalista che lo riempie di prozac.”
e: “quindi iniziano i dialoghi tra sordi che spesso portano all’insulto, alla criminalizzazione di un’intera categoria, alla demonizzazione aprioristica di strumenti che magari si conoscono solo per sentito dire e così via.”
Da che pulpito viene la predica, verrebbe da dire! Spedire il cane dal med comp che lo imbottisce di prozac non é criminalizzare una categoria?? Non é una demonizzazione aprioristica di uno strumento, lo psicofarmaco??
Ma tanto i tuoi articoli a riguardo non mi sembra abbiano mai riporatto informazioni corrette…tipo che il med vet comp é l’unico (ovviamente con un albo e quindi professionista) che puó attuare una terapia comportamentale (che solo in rarissimi casi è SOLO farmacologica ma nella stragrande maggioranza dei casi é ANCHE comportamentale) secondo l’ordinanza Martini (recepita da diverse regioni):
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_normativa_1915_allegato.pdf
E le lineee guida su chi sia e che formazione debba avere un med vet comp sono spiegate qui:
http://www.scivac.it/sisca/html/comportamentalisti.php
Ma tanto secondo te siamo solo capaci di imbottire di prozac e fare danni! EVVIVA LA CINODISINFORMAZIONE!
sempre da tablet e con tutti i relativi limiti…ho letto decine di indicazioni di presunte “terapie comportamentali” prescritte da professionisti iscritti all’albo: sono tutte uguali. sembrano prestampate. appare evidente a chiunque si sia occupato di recuperi comportamentali che questi professionisti, per la maggioranza, non sono in grado di fare una diagnosi mirata sul singolo soggetto,ma che attingono alla manualistica “buona per tutti”, con relativi e immensi limiti. Hai ragione,sono in pochi a prescrivere solo il ffarmaco. peccato che siano invece moltissimi a prescrivere il farmaco abbinato a quattro regolette generiche che secondo loro rappresenterebbero la parte comportamentale…ma che pare tratta dal libriccino “come educare il tuo cucciolo” che trovi in autogrill. L’ufficialita’ conta poco, se non certifica la competenza…che in diversi casi c’e’ anche. ma la proporzione tra competenti e impasticcatori, a quanto posso desuk
mere dai casi di cui vengo ogni giorno a conoscenza, e’ di 1:100. quindi, prima di parlare di disinformazione, forse bisognerebbe capire qualcosa di cinofilia.
Non mi addentro nel discorso perchè sono una sciuramaria pure io, mi poace però ascoltare informarmi e leggere, leggerti mia cara Valeria (mi permetto di darti del tu), è per me un vero toccasana! Non solo perchè mi rilasso, tu sei una persona intelligente anche perchè sai scrivere per tutti e cioè non vai alla ricerca di parole (almeno per me), incomprensibili, scrivi sciolta e chiara che tutti possano capire! Questo fa parte di una persona intelligente! Dicevo, non solo mi diverto a leggerti e mi rilasso, ma imparo, imparo a capirmi un po di più così da poter essere più capita dal mio cane ;-D e conoscere un po di più questo mondo animale così spesso simile a noi e così spesso meglio di noi. Grazie!
Essere Professionista significa, in primis, possedere PI e fatturare le proprie prestazioni. Anche in questo l’APNEC ha anticipato qualsiasi regolamentazione, ha avviato una serie di cambiamenti e indirizzato i soci a tale via, ancora prima dell’uscita della legge 4 2013 (che oggi ci disciplina totalmente e anche in parte dal punto di vista fiscale). Addirittura bisognerà farsi conferire mandato dal cliente possibilmente per iscritto e osservare una serie di regole. Non si può pretendere riconoscimento senza pagare “dazio”. E’ il minimo! Infatti ASD e professionismo male conciliano ma questo è proprio quello che ci è stato detto dalla Direzione Nazionale, dai Consiglieri e dai Presidenti Regionali. E’ proprio questa la strada intrapresa e quella che a qualcuno torna contro, socio e non socio.
Lo ammetto: non mi sei mai stata particolarmente “simpatica”, così – a pelle…
Però qui hai tutta la mia stima e ammirazione, nonchè condivisione totale di quanto hai scritto…
🙂
Cara Valeria, scrivi: “…con la parziale eccezione dall’APNEC che ha ottenuto a sua volta un riconoscimento ministeriale, e cioè l’inserimento nell’elenco delle “associazioni rappresentative a livello nazionale”, nonché la certificazione di qualità ISO 9001… che però, contrariamente a quanto molti credono, è un’altra certificazione assolutamente privata, rilasciata da un Ente privato (per quanto internazionale)”
Hai omesso un piccolo dettaglio (recente traguardo):
SUL SITO DEL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, APNEC E’ CERTIFICATORE DI QUALITA’!
Un grande riconoscimento per APNEC, l’Associazione Professionale Nazionale Educatori Cinofili
A seguito della nuova legge sulle professioni, finalmente è stato attribuito ad APNEC il riconoscimento ufficiale che ne consacra l’importante ruolo di formatore e certificatore della professionalità dei propri iscritti.
http://www.sviluppoeconomico.gov.it/index.php?option=com_content&view=article&viewType=1&idarea1=593&idarea2=0&idarea3=0&idarea4=0&andor=AND%C2%A7ionid=0&andorcat=AND&partebassaType=0&idareaCalendario1=0&MvediT=1&showMenu=1&showCat=1&showArchiveNewsBotton=0&idmenu=2263&id=2027486
Certo, nessuno grida già all’ALBO o all’ORDINE ma… APNEC E’, ATTUALMENTE, UNA GRANDE “ECCEZIONE”! Che questo piaccia o no.
Sul discorso della professionalità, poi, se ne può discutere. L’Apnec è assolutamente convinta che “la conoscenza e la professionalità si sviluppano nel tempo”, che è la pratica esperenziale, associata al substrato teorico, a definire il profilo delle competenze ma… se vogliamo fare chiarezza, facciamola fino in fondo. Non appartengo ad una sigla tra le tante, non appartengo al nulla… NON PIU’. Sono professionista Apnec! No, cavolo.. non ne approfittiamo per le solite “capagne” contro!
Ma la legge l’avete letta?
Chiunque può fare un’associazione di categoria, basta leggere e fornire i documenti necessari!
Anzi, dirò di più, lo si può fare anche come singolo …
La diciamo tutta? Come si concilia essere professionista come APNEC e poi avere un campo attraverso una ASD, come libertas, offrendo attività dilettantistica ed essere professionista. Ho come il sospetto, che possa trattarsi di elusione fiscale … Sarebbe come se un elettricista, aprisse una ASD per fare gli impianti elettrici ai suoi soci tesserati … eludendo 7500 euro che dovrebbero essere destinati ad attività DILETTANTISTICA e soprattutto SPORTIVA …
La legge è questa: http://www.desimonifranzosi.it/uploads/allegati/Professioni%20non%20regolamentate-legge3.pdf
Solo a titolo di esempio, si sono già iscritte e certificate almeno una trentina di associazioni di amministratori di condominio 🙂 … 😀 … (pensa che esclusiva!)
Con questo penso comunque che APNEC abbia fatto una scelta, ma adesso mi aspetto che ogni professionista APNEC, come tale, FATTURI ogni sua prestazione d’opera! Insomma non è possibile essere professionisti e dilettanti nell’adempimento di una attività, almeno secondo il Fisco Italiano.
Francesco, fatturiamo in molti e… DOVRANNO FATTURARE TUTTI! TUTTI DOVRANNO AVERE PI… NON SE NE ESCE DIVERSAMENTE! SEI PROFESSIONISTA? PARTITA IVA OBBLIGATORIA! CI STANNO BOMBARDANDO SU QUESTO E’ UNO DEGLI ASPETTI DEL CAMBIAMENTO IN ATTO
O SEI PROFESSIONISTA O DILETTANTE, GIUSTISSIMO.
Vorrei fare un discorso in merito alla professionalità a 360° tralasciando l’aspetto delle competenze cinofile, argomento sul quale ciascuno può farsi l’opinione che ritiene più corretta e sul quale volutamente non entro.
Parliamo degli altri aspetti legati all’attività di educatore cinofilo.
Rimando in parte all’articolo “Associazioni Sportive Dilettantistiche versus Professionisti: l’inquadramento fiscale nel campo dell’educazione/addestramento cinofilo” del 13/03/2012.
Mi soffermo ora su altro.
L’apertura di un campo cinofilo necessita di determinati atti e autorizzazioni. Innanzitutto la individuazione del terreno sul quale localizzare l’attività non è libera. La normativa varia da Regione a Regione ma in linea di massima l’area deve essere classificata come area idonea allo svolgimento di attività economica. Ad esempio la semplice classificazione dell’area come “agricola” non consente lo svolgimento di attività economica. Si deve procedere mediante variante al piano regolatore, redazione di piano attuativo e stipula di convenzione con il Comune al fine di avere le carte in regola. Si parla di qualche migliaio di euro di costi burocratici e di qualche anno di tempo per la conclusione della procedura. Ci sono poi dei vincoli da rispettare. La realizzazione di opere di muratura prevede altre autorizzazioni e la struttura deve rispettare regole e adempimenti imposti per legge (es. altezze e tipologia dei recinti, presenza di aree ombreggiate, tipologia di piantumazione e di specie consentite dalla legge, aree per la sosta delle persone, area sosta auto, distanze minime da abitazioni e altre attività, presenza di acqua per gli animali…). Procedure molto più complesse si hanno per attività di pensione/stallo degli animali.
A livello sanitario, poi, necessita nullaosta dell’autorità sanitaria dietro presentazione del piano attuativo approvato dal Comune e relazione su modalità di smaltimento deiezioni, dotazione di ausili idonei, assoggettamento a controlli sanitari, obbligo di richiedere e conservare copia dei libretti sanitari dei cani certificanti regolare vaccinazione obbligatoria ed esito negativo di esame delle feci.
Va poi rispettato il regolamento di polizia rurale in merito a orari di svolgimento dell’attività, rispetto dei periodi di silenzio e riposo per le persone ecc.
Sinonimo di professionalità, quindi, è anche il possesso di detti requisiti da parte di un centro. L’obbligo di firma e rispetto di un regolamento impone obblighi ai clienti ma li tutela anche in caso di controversie in merito. La individuazione chiara dei dati dell’educatore e della struttura sono sinonimo di trasparenza. Spesso nella sezione “chi siamo” dei siti internet, non si trovano dati in merito a sede dell’attività, titolare o legale rappresentante, codice fiscale, partita iva, … Chi si pone sul mercato in modo chiaro e trasparente ha interesse a che i suoi dati siano reperibili o comunque non ha alcun motivo per occultarli (tranne ovviamente il fatto che non ne sia in possesso). L’emissione di regolare fattura poi, garantisce il rispetto della normativa fiscale e dell’assoggettamento a tassazione di quanto ricevuto.
Ovviamente tutto questo non ha nulla a che vedere con la professionalità e le competenze cinofile ma credo che sia sinonimo di serietà personale dei soggetti. Credo che chi vuole avere diritti, riconoscimento e regolamentazione, possa dare il buon esempio iniziando a fare le cose che già può (o meglio sono obbligatorie) in regola.
CONCORDO A PIENO
Certo che qui per le sciure come me ( o “scignue”, sono ligure anch’io valeria…) che cercano di informarsi un po’ per dare una adeguata seconda chance alla loro cagnina dal non felice passato, tra cinofilosofi, coercitivi, gentilisti c’e’ veramente da mettersi le mani nei capelli… Scoprire poi che molti che si definiscono educatori hanno sulle spalle solo qualche mese di corso e qualche seminario…. La soluzione, o perlomeno la riorganizzazione del settore potrebbe secondo me partire dalla scolarita’ ma questo dovrebbe essere un compito (arduo) portato avanti dalle vostre associazioni di categoria. Io ad es sono una professionista della sanita’ la cui figura professionale e’ mutata radicalmente negli ultimi anni, proprio perche’ sono mutate le basi scolastiche che ne regolano l’accesso. Siamo partiti da alcuni mesi di corso impartiti a persone che lavoravano in ambito sanitario ma con competenze diverse, a corsi prima annuali poi biennali impartiti a diplomati, fino ad arrivare oggi a vere e proprie lauree di durata triennale che prevedono obbligo di frequenza, tirocinio pratico , nonche’ esami sostenuti e tesi come per qualunque altra laurea. Io per un educatore cinofilo 3 anni di studio sinceramente ce li vedrei tutti, mi pare che carne al fuoco ce ne sia a iosa, ci vorrebbero basi di zoologia, zootecnica, veterinaria, etologia, psicologia anche “umana” (noi poveri sbandati poropietari…), filosofia ecc ecc… Sarebbe anche l’occasione per studiare e approfondire le varie teorie come si fa in altri campi di studio senza per forza doverne abbracciare una in particolare. Poi ovviamente tante belle ore sul campo, magari nei canili dove penso che l’arrivo di tanti giovani entusiasti seguiti da professionisti seri siano manna dal cielo… So che quanto dico potrebbe far inorridire chi si sente all’altezza della sua professione senza pezzi di carta ( e che molto spesso poi lo e’ veramente), ma vi assicuro che queste obiezioni venivano mosse da tanti anche nel mio lavoro ma non c’e’ stata crescita professionale da nessun punto di vista finche’ non e’ stata fatta una seria riorganizzazione delle diverse scolarita’, con indubbi vantaggi per tutti, ma soprattutto per le persone che dovranno beneficiare del nostro lavoro. Devo anche dire pero’ che in questo siamo stati aiutati dal fatto che in europa la situazione era gia’ come quella odierna e alla fine l’italia ha dovuto adeguarsi…non so nel vostro campo come si comportino gli altri paesi…
c’era un bellissimo corso di laurea triennale a pisa…. poi sospeso e infine ripreso.. si dovrebbe partire ALMENO da lì.
Beh dai, filosofia non credo c’entri qualcosa con la materia in questione.
Si…boh…nei commenti di un altro articolo venivano citati pure aristotele e platone….diciamo filosofia “applicata”?….:)
Una precisazione “fiscale”. La figura del professionista fiscalmente parlando è stra-prevista per il settore cinofilo. Chi offre, quale prestazione, lezioni cinofile a pagamento di corrispettivo, deve essere inquadrato fiscalmente come professionista. Ricordi il mio articolo in merito pubblicato su questa rivista online?
Certo che lo ricordo…e fiscalmente non c’è nulla da eccepire. Ma l’unica cosa che chiedono ai “professionisti” del settore è di pagare le tasse… e in cambio non danno nulla, eppure un inquadramento professionale, un albo, insomma tutto ciò che normalmente attiene a quelle che vengono considerate appunto “professioni” e non “mestieri”.
Sai cosa mi ha lasciato basito? All’atto di apertura del centro, in tutto l’iter durato due anni e sei mesi (ogni commento è superfluo!) nessuno e dico nessuno (ASL compresa) ha chiesto uno straccio di curriculum del titolare. Nemmeno un attestato di partecipazione ad un corsucolo. Non che quello attesti competenza ma almeno il fatto di aver visto un cane nella propria vita… Noi giù a scrivere relazioni su relazioni e allegare curriculum ecc. ma a nessuno interessava.
C’è un totale scollamento dalla realtà perchè quando i giornali titolano “Azzannato bimbo…” tutti pronti a chiedere regole e a crocifiggere mentre quando qualcuno (e siamo in pochi!) vuole fare le cose in regola e ci tiene a far sapere che ci crede veramente e ci investe denaro, tempo, risorse …… evidentemente, in fin dei conti, parliamo solo di cani 🙁
A mio modo di vedere il tema centrale dello scontro in atto non è la coercizione. Il tema centrale è una visione del cane tra chi lo interpreta come un animale di utilità aggregato all’uomo e chi lo intende come un essere senziente, cognitivo, dotato di una soggettività sua propria che deve essere messa al centro di ogni considerazione relazionale. La coercizione è caratteristica legata solo alla prima visione. E’ inutile sentirsi attaccati e difendersi da chi, coerentemente con il cambiamento di pensiero in atto sceglie strade diverse. Le vicende di questi giorni in merito al campo SAS di Vicenza ne è la piena dimostrazione.
Poi Valeria in questo articolo mette giù il suo pensiero in maniera coerente con quanto già afferma da tempo. Il risultato è che la vera cinofilia in Italia è lei con altri quattro amici suoi, il resto degli appassionati è incapace è ha livellato ai minimi termini il panorama cinofilo.
Per carità, rispetto le opinioni anche se non le ritengo corrette. Però un esamino di coscienza me la farei, sopra tutto se mettendo sulla bilancia il buon nome di certa cinofilia e dall’altra un collare elettrico non è quest’ultimo che ha più peso.
Il mondo cinofilo è uno specchio della realtà… e ciò che accade in cinofilia accade ovunque. Qui è forse un campo relativamente non “arato” (ancora per poco…forse) che si presta ottimamente per far nascere nuovi “affari” sfruttando l’onda emotiva ed i sentimenti che gli animali suscitano. Pratica e teoria sono le due facce di una stessa medaglia… che devono integrarsi ed essere una al supporto dell’altra! L’esperienza serve a crescere solo se si è disposti a mettersi in discussione, perchè se io sbaglio per vent’anni senza capire gli errori… non sono diventato più esperto, ma solo più vecchio! Non è possibile generalizzare secondo me perchè la differenza la fanno sempre le persone: ho visto persone prive di esperienza e competenze specifiche raggiungere risultati straordinari con gli animali, e professionisti navigati incapaci ormai di appassionarsi per il proprio lavoro. Secondo me c’è una cosa che viene detta poche volte e che si dimentica: riuscire a lavorare bene con gli animali è una qualità che nessuno ti può insegnare… è come un dono che hai dentro e che la conoscenza e l’esperienza possono aiutarti a valorizzare… ma che è alla base della differenza che c’è tra un artista ed un artigiano! Quando penso alla differenza tra dilettanti e professionisti, mi viene in mente una battuta che girava su FB, diceva circa così: quando vuoi sapere la differenza tra professionisti e dilettanti, ricordati che il Titanic è stato costruito da professionisti, l’Arca di Noè da dilettanti”… ovviamente è una battuta e molto dipende da chi guida la nave ahahahahahah il mondo si divide tra persone preparate che fanno bene il proprio lavoro/hobby e quelle che non ne sono capaci! La differenza alla fine la fanno sempre il tempo ed il mercato (se non vali nulla… la gente prima o poi lo capisce e la voce si sparge) ed i cani… a cui spetta la selezione naturale! ahahahh
non solo cuore, non solo dono ma anche tanta preparazione.
Il dono senza preparazione e studio non porta da nessuna parte, tanto quanto il solo studio teorico non porta da nessuna parte.
Fondamentale lo studio e il rispetto degli animali in quanto tali o si rischia di antroporfomizzare.
Condivido quello che dici Valeria. Io stessa organizzo corsi di formazione per futuri educatori cinofili ma prima di ammettere qualcuno alla frequenza del corso stesso voglio sapere tre cose:
– Cosa ti aspetti dal corso?
– Sei consapevole che il corso educatori è soltanto un punto di partenza e non un traguardo?
– Sei disposto ad affiancarci sul campo ad ogni lezione che facciamo?
Se le persone si iscrivono soltanto per cercare un lavoro sicuro, consiglio loro di tenersi i soldi per investirli in altre cose ben più utili.
Se lo fanno per passione nella speranza che un giorno questa diventi un lavoro, se lo fanno per amore dei cani e della conoscenza, se lo fanno per crescere allora li prendiamo sotto la nostra ala e li accompagniamo nel percorso. Ma l’affiancamento durante il nostro lavoro è fondamentale: troppo facile diventare educatori avendo visto solo il proprio cane…
Speriamo che un giorno si arrivi ad una legislazione in materia…
Dove sei Roberta? …!!!! Anche a me hanno chiesto perché facevo il corso (dopo aver pagato) e quando ho risposto che amavo i cani e volevo imparare e forse farlo diventare il mio lavoro, non erano soddisfatti, non mi hanno proposto di seguirli sul campo, cosa che mi sarebbe stata utile, utilissima. Ora ho il mio “diplomino” ma non mi sento pronta. cosa fare ora? Cercare un altro campo e riniziare tutto dall’inizio? Sono testarda!
Non tutti sono senza scrupoli e sanno che ci vuole tanta, tanta esperienza prima di prendersi la responabilità dell’educazione o rieducazione di un cane che non vive con te e non puoi osservare costantemente, appunto il tuo.
Io sostengo la meritocrazia. Test attitudinale e “borse di studio”, così si evita che prenda il sopravvento una selezione “sociale”. E invoco umiltà!
Io appartengo alla categoria delle scurie che si sono ‘caricate’ cane con un vissuto un po’ particolare ed hanno girato un po’ prima di scegliere il campo.
Campo che alla fine ha scelto il cane e non io ( era quello in cui era piu’ a suo agio).
La sciura in questione pero’ da ragazzetta e’ crsciuta in mezzo ai boschi.
La cosa che ha colpito me, montanara emigrata in una citta’ di mare, e’ quanto poco nei campi si conoscano gli animali.
Il cane comunque appartiene a questa categoria, a parte le filippiche sul fatto che sia stato creato dall’uomo, fatto resta che i suoi istinti siano molto forti e che abbia una intelligenza notevole. Sono cresciuta assieme a cani ‘padronali’, o cani che giravano intorno all’abitato, cani che si tramandavano conoscenze di generazione in generazione, cani che avevano un’espressivita’ anche quella appresa dal contatto con gli altri animali, che i cani sui campi se la sognano.
Cani con un’intelligenza e adattabilita’ dovuta allo stare sul chivala’ 24h su 24 incredibili. Capaci di fare delle prodezze e di arrampicarsi tali da poterli definire acrobati… In realta’ erano solo cani allenati dalla vita dura. Magri ma tonici.
Ecco quando io sono in campo mi mancano quei cani, certo non erano tutte rose e fiori, ma mi colpisce che molti istruttori pensano che i cani possano solo imparare da noi e non si rendano conto di quello che realmente questi animali sono in grado di fare.
Purtroppo la mia constatazioene e’ che a moltissimi educatori manca la conoscenza i base del mondo animale, e senza quella non si va’ da nessuna parte.
scusate gli errori,
tastierine e i monitorini sono un’accoppiata letale
a volte è difficile tutelare il consumatore da se stesso.
Il discorso è corretto, ma non è applicabile a qualsiasi professione ?
Quando sono uscito dall’università ( sono dentista) la mia preparazione pratica era sommamente approssimativa, non diciamo inesistente per non far torto ai quei pochi professori che si sono impegnati a darci anche quell’aspetto nonostante le molte diffocoltà e la carenza di mezzi.
Ho imparato facendo, frequentando corsi post laurea.
Certamente conta molto anche il proprio profilo caratteriale, modestia, prudenza, volontà di apprendere sono però doti personali che prescindono dal proprio curriculum formativo.
Delle volte sembra ( mia impressione eh) che educare un cane, discorso a parte il rieducare, sia una impresa ardua e complessa tanto che la possibilità di far errori sia così elevata da far tremare le vene dei polsi.
Parimenti ho l’impressione che si chieda ai neocinofili professionisti di avere competenze che non possono avere, non mi aspetto che il collega fresco di laurea mi faccia la trasposizione dell’alveolare con la supercazzola e lo scappellamento a sinistra, e pure se fa il saputello comprendo paternamente che è la foga dell’età, avessi io adesso quelle sicurezze degli anni verdi…
I ragazzi si faranno anche se hanno le spalle strette.
Tornando all’esempio automobilistico, verissimo il discorso della frizione, freno, volante … ma tutti hanno imparato a guidare in quel modo e poi sono in grado di andar da soli, quale altro modo sarebbe possibile.
Basterebbe un invito alla prudenza in auto e con i cani.
Luc, basterebbe non rifilare la definizione di “pilota professionista” a quelli che stanno ancora lì a pensare “adesso devo schiacciare la frizione”. Il senso dell’articolo era solo questo.
Pensa tu che quelli che escono da medicina ( e stanno ancora pensando come trovarla sta benedetta frizione) vengono chiamati dottori…
Non dico che non ne sappiamo nulla, ma di pratica più o meno come gli addestratori professionisti.
Ora è più difficile curare gli umani o educare un cane ?
Capisco il discorso ma non vedo soluzioni.
Utile sarebbe un tirocinio obbligatorio post diploma, ma no è quanto fanno già tutti i cinofili di buona volontà ?
NO. O meglio, quelli “di buona volontà” forse sì…ma non essendo obbligatorio, ognuno fa quel che crede (cosa che non avviene per quelli che escono da medicina)
Il tirocinio però dovresti poterlo fare da qualcuno che lavora da anni e che ha certi risultati, non da quelli che l’anno prima hanno fatto il tuo stesso corso, sono stati imbevuti degli stessi dogmi e non sono andati tanto oltre quello che non che forse dopo un anno hanno imparato quali cani evitare per non farsi male quindi manco ci provano più a metterci le mani..
Valeria, mi sembra di vederti mentre, scrivendo, ti auto induci alla calma — “ohm ….. ohm…… ohm!” ….
la tua disamina è molto precisa ed articolata, ora vedremo cosa ne verrà fuori.
riguardo alla domanda di Francesco, qui sopra (a proposito di firmare una lettera di incarico) l’idea di per se sarebbe ottima seeeeeeeeee……… si trattasse di aggiustare una lavatrice.
Nelle dinamiche comportamentali del cane e nel suo eventuale recupero, a mia opinione, incombono, pesantissimi, i rapporti con il proprietario. E, sempre a mia opinione, un professionista può lavorare sul cane nel modo ottimale ma, se dall’altra parte, non trova collaborazione e voglia di cambiamento da parte del proprietario del cane, i risultati saranno sempre un po’ …….. così. Idem per quanto riguarda il tempo necessario a superare uno o + problemi..
Si chiama valutazione del rischio … Si chiama diagnosi … Si chiama prognosi … Si chiama tutela del consumatore. Non basta scrivere su facebook quanto sono figo e quanto sono bravo! Devi essere serio! Se dici di aver recuperato un cane, DEVI essere responsabile della TUA affermazione! Esattamente come fanno i Medici Veterinari Esperti in Comportamento Animale. Meno popolari? Certo, perché non vendono fumo e sono responsabili della presa in carico del paziente e di tutto il sistema famiglia.
si, si e ancora si
SEEEEEEEEEEEEEEEEE
e ripeto, magari nn è passato il concetto, non ci fosse l’incognita ‘proprietario’. il lavoro con un cane inserito in un contesto familiare può essere paragonato, a mia opinione, a una terapia di coppia.
e come in questa, se nn c’è collaborazione da parte di tutti i componenti, non si arriva al risultato ottimale. Nessuno psicoterapeuta ti farà mai un contratto come quello che suggerisci, Francesco, proprio perchè la variabile ‘volontà di cambiamento’ umana non è quantificabile nè misurabile.
Perfettamente d’accordo con te Dani..
Il mio intervento potrebbe configurarsi in quello che viene definito “difesa del consumatore” … Troppo spesso, leggo anche in queste pagine, prese di posizione su principi anedottici … La sensazione di veicolo pubblicitario e propagandistico sembra essere al centro dell’interesse di certe posizioni demagogiche mettendosi sull’altare dell’IO giusto e TU sbagliato, piuttosto che dalla reale “parte del cane” affetto da malattie del comportamento.
In una “rivista” di cinofilia dovrebbe essere più equilibrata. Al massimo con un Editoriale della Redazione. Al contrario leggendo solo articoli in nome della verità assoluta di quanto afferma la proprietaria della rivista, intervallata da lanci di seminari tenuti dalla stessa con relativi puntuali resoconti, il rischio è quello di porsi delle domande. La più pressante è quella riguardo a possibili interessi di parte nel proclamare tutti incapaci … Solo NOI e i Cani tutor all’altezza della situazione! … Conditi, perché non si sa mai, di un pochino di Prozac … tanto per screditare tutti … ENCI, Medici Veterinari, Scuole Cinofile, ecc. ecc., In nome di cosa? di un prossimo seminario?
Ehhhhhhhhhh…la solita solfa del “vuoi farti pubblicità”. E’ vecchia come il cucco ma rispondo, anche se l’ho già fatto più volte, che:
a) questo è un sito di cultura cinofila in cui si dà spazio a TUTTO ciò che riguarda la cinofilia: ci sono articoli tecnici, altri di narrativa, altri ancora umoristici, altri di “vita vissuta”… e poi ci sono io che faccio, diciamo così, l’opinionista. E, come tale, dico la mia e non mi limito alla fredda cronaca (anche perché, se di fredda cronaca dovessi parlare, mi sarei già rotta le palle secoli fa).
Le stesse identiche critiche (dici solo la tua versione! Non sei oggettiva!) mi venivano rivolte quando scrivevo su un giornale politico articoli di opinione politica. Ma io chiedo: avete presente cos’è un opinionista?!? Sapete che esiste questa figura, nel giornalismo cartaceo come in quello online? Questa persona, proprio per definizione, dice la sua. Dice quello che pensa lui!
Se non vi piacciono gli articoli di opinione, basta non leggerli! Ma voler cancellare il ruolo e la figura dell’opinionista è un po’ come voler ridurre tutti i cani a batuffolini da famiglia: una Stronzata con la S maiuscola, che denota uno scarso o nullo rispetto per il lavoro altrui (nel caso dei cani parlo ovviamente di quello di selezione).
b) io non “scredito” categorie: critico (preferisco questo termine, che mi pare più attinente alla realtà) PERSONE che, all’interno della propria categoria, si muovono in modo che ritengo criticabile. Non ho mai detto una sola volta (e ti sfido a provarmi il contrario: grazie al cielo gli articoli online sono tutti lì, a disposizione di chiunque) che “solo noi e i cani tutor siamo all’altezza della situazione”… tant’è che ho mostrato molto spesso i lavori di altri professionisti (BRAVI) che i cani tutor non sanno neanche dove stiano di casa.
Quindi la tua boutade è fuori luogo, e soprattutto è inesatta.
c) faccio pubblicità ai miei seminari? Sì. Anche ai miei libri, se è per questo. E allora?
Non mi sembra di aver mai puntato pistole contro chicchessia per costringerli a venire/acquistare. Chiedo scusa, ancora una volta, se passando almeno otto ore al giorno a fare/gestire un sito completamente gratuito mi sforzo poi di arrivare comunque alla fine del mese (sorry, non sono Paris Hilton… non ho eredità con cui sbancare il lunario) e quindi commetto il tragico errore di promuovere (in modo non esageratamente invasivo, mi sembra…) attività comunque cinofile che mi vedono protagonista…e che mi permettono di campare.
Se poi la cosa non ti sta bene… ci sono altri mondi oltre a questo.
Piccolo OT: “ci sono altri mondi oltre a questo” è una citazione della saga La torre Nera di Stephen King? 🙂 eheh scusa per l’ot ma non ho resistito, la sto leggendo ora e mi piace un sacco!
Yesssssssssssss!!! Sono una kingomane, lo confesso 🙂
Cara Valeria
ti sto leggendo da qualche tempo ma non ho mai commentato i tuoi articoli. Bene è arrivato il momento di farlo. In un mondo di pressapochisti vaneggianti mi sembra un miracolo che tu esista… oggi ho letto il testo sul “professionista” e devo dire che come sempre sei riuscita a centrare l’argomento che purtroppo oltre a coinvolgere il mondo cinofilo si allarga proporzionalmente al resto della società. Nel corso degli ultimi anni c’è stato un grave appiattimento nella preparazione di tutte le professionalità (ma prorpio tutte: dal muratore all’avvocato, dal panettiere al medico, ecc…). Non divago su colpe e scelte demenziali e rientro immediatamente nel campo (in tutti i sensi) cinofilo. Hai perfettamente ragione: esistono una miriade di figure assolutamente impreparate e fondalmentalmente pericolose per sè stessi e per gli altri che andrebbero fermate (da sole non lo fanno)… Soluzioni? Mha… legiferare al giorno d’oggi (stante la teoria della professione piatta che vale anche in parlamento…) mi sembra quasi più nocivo che utile… Sicuramente ci vorrebbe più informazione e soprattutto più informazione corretta!! Concludo con i miei complimenti e la mia stima, prima o poi devo conoscerti di persona, l’intelligenza sembra sia un optional raro di questi tempi…
Robby.
Uno che da 7 anni fa utilità e difesa con pt e che ha visto tanto ma sicuramente non tutto, che ha provato tante strategie consigliate e che attualmente usa dei mezzi “improponibili e indicibili”: la serietà e la dedizione conditi con giochi adolescenziali e tanto amore…
…e la notte i box costruiti con tanta cura sono vuoti e i cani dormono piacevolmente sopra o sotto il letto… mia moglie non è sempre contenta 🙂
diciamolo, chi si illude si vuole illudere. la mia bella laurea con 110 e lode, riconosciuta dallo stato, mi ha insegnato come imparare (oltre ad una infarinatura su un po’ di argomenti), non certo lo specifico lavoro che attualmente svolgo. Se qualcuno si illude che basti uno o piu’ corsi per diventare un professionista ha tante colpe quante il docente che suggerisce l’illusione. Come sempre, serve il buon senso.
Buongiorno,
non sarebbe più facile fare una bella campagna di sensibilizzazione degli utenti?
Mi spiego: OGNI Addestratore, Educatore, Istruttore, ecc. DOVREBBE prendere in carico il CANE E I PROPRIETARI che si rivolgono a lui, accettando con lettera di INCARICO quanto gli si richiede.
Ad esempio: il proprietario X si reca dal professionista Y, (non entro nel merito addestratore vs. educatore) questi ACCETTA con lettera di incarico e si impegna a redigere un PREVENTIVO DI SPESA al proprietario (anziché vendere pacchetti a cavolo, prezzo a lezione!).
Il Professionista, SI ASSUME IL COMPITO di redigere un DOCUMENTO SU PROPRIA CARTA INTESTATA E FIRMATA, di presa di responsabilità di inizio percorso e, se il cane ha problemi legati a patologie del comportamento, dell’avvenuto recupero comportamentale. Si impegna inoltre, RISPONDENDO IN PRIMA PERSONA, COME PROFESSIONISTA, in ambito civile e penale di quando dichiara.
Sarebbe molto interessante osservare quale “PROFESSIONISTA” è in grado di dichiarare ufficialmente l’avvenuto recupero di un cane morsicatore, prendendosi tutte le responsabilità di quanto afferma!
Cosa pensa la Redazione di questo suggerimento?