sabato 19 Aprile 2025

Relazione con il cane: comandi o proposte di comportamento?

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Riccardo Totino
Riccardo Totino
Riccardo Totino, classe '56, è un consulente comportamentale cinofilo con particolare attenzione ai cani di famiglia e di canili. Vive e lavora a Roma. www.eilcaneincontroluomo.com

Foto di Roberta Dienadi RICCARDO TOTINO –  Linda è entrata a far parte del mondo della cinofilia come volontaria in un canile, poi ha adottato Rajà che da cane apparentemente semplice si è rivelato un vero problema.
Ci siamo conosciuti ed è nata una bella amicizia, il suo cane è fantastico ma ha bisogno di essere seguito con sicurezza e determinazione. Qualcuno lo vedrebbe come un fantastico cane tutor, ma mi dispiace per lui questo ragazzo ha già la sua famiglia. Tra le varie proposte di discussione che ho lanciato su FaceBook, Linda mi scrive:

Quest’anno, grazie a Riccardo, ho avuto l’opportunità di assistere come uditrice esterna a diverse delle lezioni del corso di Cane Uomo che si sono tenute presso la Fondazione Prelz, nel ‘canile’ di Campagnano. Tra tutte le azioni (e ne sono state fatte e sperimentate tante: allegre, importanti, nuove e di cazzeggio!) una in particolare mi è rimasta impressa, quella espressa dalla voce verbale ‘proporre’.
Ad essere esaminate non sono state solo ‘le proposte’ filogenetiche e ontogenetiche che i cani ci rivolgono. Quelle proposte che noi – in veste di educatori a pieno titolo o meno – dovremmo saper discernere, valutare, apprezzare o respingere, per poter entrare con l’universo peloso in una relazione costruttiva.
Ad essere esaminate sono state anche le proposte che noi, bipedi implumi, possiamo (o non possiamo, in quanto resteremmo del tutto incompresi) rivolger loro. E su questo il terreno si fa più restio e sdruccioloso, perché anche un comando è una proposta che però, dato nella maniera sbagliata, potrebbe non avere seguito.

Segnali seconda (79)‘Proporre’ a Campagnano ha avuto innanzitutto il senso di trovare il modo per suggerire al cane di incrementare i suoi pattern di comportamento. Il che declina in maniera abbastanza differente l’idea dell’ “obbedienza”, che è quello che noi – come proprietari di cani – spesso pretendiamo dai pelosi.
Nel caso particolare di un cane selvatico che ho osservato da vicino, ‘proporre’ ha significato entrare per settimane nel suo recinto, invitarlo a seguirci in quanto guide, beccarsi la frustrazione del suo rifiuto. Una, due, anche dieci volte.
Ma l’undicesima volta, chi ha gli strumenti e sa come non trasformare la proposta in aggressione, forse avrà seguito; o almeno ci potrà ben sperare. Correlato, non meno importante anzi fondamentale, è che la ‘proposta’ rispetto a ‘un ordine’ aprendo nuovi orizzonti di possibilità di azione per il cane, da un lato lo rende terribilmente ‘orgoglioso’ delle sue nuove capacità, dall’altro lo pone in una relazione talmente grossa di rispetto verso chi gli ha ‘insegnato a fare’, che il termine comando e obbedienza sarebbero completamente insufficienti per descriverla.
Raccontando di cose che conosco, questa mattina il suddetto cane selvatico è uscito quatto quatto per inseguire un gatto nel giardino di casa (cosa che gli piace da morire…!). E’ bastato un mio lievissimo richiamo per stopparlo, farlo voltare verso di me, fargli muovere la coda e il muso in maniera (assurdamente buffa) pacificatrice.
E stiamo parlando di un cane che rifuggiva qualsiasi contatto con l’umano. Un cane con cui (purtroppo) il ‘proprietario’ definitivo avrà ancora dieci oceani di lavoro da solcare. Ma è così facile saper ‘proporre’? Per me no. E per questo se avrò la disponibilità (economica e di tempo) il corso lo vorrei fare. In caso contrario, Ric, sarà una triste rinuncia.

DSC_5145Mi piacerebbe riuscire a spiegare meglio la trasformazione di un rapporto con un cane da un’esclusiva “dominanza-sottomissione” a una relazione fatta di messaggi inviati e ricevuti in modo assolutamente bidirezionale e finalizzati alla comprensione.
Iniziamo questa discussione con la domanda giusta: qual è la differenza tra un comando e un’indicazione di comportamento?

Comando:
Pretendere da un altro individuo un comportamento a cui non si può sottrarre: deve metterlo in atto e possibilmente senza pensare.

Indicazione di comportamento:
La proposta di far assumere un comportamento diverso da quello che l’altro ha in mente e che ai suoi occhi dovrà risultare più vantaggiosa.

È ovvio che una volta appreso, un comportamento potrà essere utilizzato sotto forma di comando, ma è necessario fare un’importante distinzione tra apprendimento e prestazione.
Durante la fase di apprendimento è stupido imporsi all’allievo: otterremmo solo chiusura o inibizione che potrebbe anche sfociare in rabbia e quindi in aggressività, tuttavia spesso è necessario forzare un po’ la mano per aiutare il soggetto a spingersi oltre quelli che lui ritiene essere i suoi limiti. E qui subentra il tema della conoscenza: il limite esiste più frequentemente nella mente che non nella realtà.
Facendogli affrontare il suo limite il cane si rende consapevole oltre che delle sue capacità, anche dell’utilità di fidarsi degli umani. Durante queste fasi l’insegnante deve saper valutare lo stato d’animo dello studente, le sue capacità reali, il contrasto con i limiti della mente, le sue emozioni e proporre percorsi adeguati in modo che l’allievo si sorprenda di sé stesso. Il tutto non deve essere motivato dal raggiungimento del successo dell’insegnante, ma solo dell’allievo.
Ora abbiamo bisogno di fare luce e definire al meglio alcuni termini che vengono utilizzati durante un percorso di educazione o rieducazione cinofila.

DSC_5376●  Comunicazione:
La comunicazione a grandi linee consiste in uno scambio ripetuto di segnali che abbiano un senso logico, coerente e interpretabile tra l’emissario e il ricevente alternandosi nei ruoli l’uno con l’altro. Per essere più chiari il ricevente subito dopo avere interpretato il segnale diventa l’emissario di un nuovo messaggio e di conseguenza l’emissario diventa il ricevente.
Quando ci confrontiamo con una persona tutto questo è assolutamente normale: chiediamo una qualsiasi cosa e l’altro ci risponderà in modo sensato e coerente. Se questo non avviene non sarà difficile pensare che l’altro o è fuori di testa o non comprende ciò che stiamo dicendo.
Nella relazione con un cane niente cambia rispetto a questi presupposti tranne la diversità di linguaggio. “Parlare” con un cane è paragonabile a due persone di nazionalità diversa che parlano ognuno la propria lingua e sono in grado di capirsi ma non di parlarsi.
Proviamo a immaginare che possiamo capire l’inglese ma non sappiamo parlarlo e siamo di fronte a una persona che comprende l’italiano ma non lo sa parlare: un dialogo o un confronto sono possibili. È vero che una persona può imparare anche a esprimersi in una lingua diversa, ma un cane invece non potrà mai parlare e un umano non potrà mai muoversi come un cane.

Alessandro●  Apprendimento:
Quando si parla di apprendimento emerge spesso la parola “condizionamento”. Il condizionamento è però un termine riduttivo per spiegare i meccanismi di questo processo della mente. È stato utilizzato da I. Pavlov ai primi del ‘900 per spiegare come un animale (considerato un essere privo della ragione) potesse apprendere un comportamento. Altri studi a seguire il suo lavoro hanno iniziato a porre delle perplessità su quella definizione di apprendimento, E. Tolman già negli anni ’50 iniziava a sospettare che nei topi utilizzati per i suoi studi ci fosse “comprensione” e non automatismi acquisiti.
Ad oggi si afferma sempre di più la tesi che gli animali realizzano e utilizzano i processi cognitivi. Un processo cognitivo è la sequenza dei singoli eventi necessari alla formazione di un qualsiasi contenuto di conoscenza, alla produzione di un pensiero o di un’idea.

corsica 203●    La Mente
Preferisco iniziare con un esempio. Ogni persona che entra in un supermercato si avvia con un carrello vuoto, all’uscita non sarà possibile osservarne due con contenuti identici. Inoltre il modo in cui saranno utilizzati i prodotti sarà diverso per ogni persona.
Il cervello raccoglie e incamera un certo numero di informazioni: maggiore è il numero delle informazioni più ampia sarà la conoscenza.
Le informazioni vengono acquisite dall’ambiente esterno e raccolte in particolari aree del cervello per essere recuperate e utilizzate nei momenti opportuni, tuttavia le conoscenze possono essere anche autoprodotte come risultato dell’elaborazione di quelle già acquisite.
Di fronte allo stesso stimolo ogni individuo reagirà in funzione delle conoscenze che ha e dal modo in cui le ha percepite e utilizzate fino a quel momento. La storia di un individuo è fatta dalle conoscenze che ha e da come le ha utilizzate; il futuro è dato dalla possibilità di ampliarle e di utilizzare quelle che ha in modo nuovo.
Apprendere significa cambiare. Una nuova conoscenza influenzerà inevitabilmente il comportamento successivo.

DSCN1325●  Prestazione
Mettere in atto e al meglio i comportamenti appresi a seguito di una richiesta o di un comando. La prestazione è anche utilizzata come indicatore dell’avvenuto apprendimento. In merito a quest’ultima considerazione è necessario sapere che se è vero che l’ottenimento di una prestazione indica l’avvenuto apprendimento, la mancata prestazione non è indice del contrario. Un cane può sapere cosa deve fare e non averne voglia o valutare quella prestazione inopportuna in quel particolare contesto.

Accettati questi assunti possiamo proseguire nella nostra dissertazione.
In questi anni dedicati a comprendere meglio il mondo canino ho capito una cosa importante: i cani pensano!
«Beh!- direte voi – Hai scoperto l’acqua calda!»
Già, ma molto raramente ho visto e vedo persone, proprietari, colleghi, bambini o anziani “parlare” con il cane come se stessero di fronte a un individuo che ha bisogno del suo tempo per capire ciò che gli si sta chiedendo e osservare con attenzione le proposte che l’animale fa di fronte alla richiesta effettuata. E per far questo c’è bisogno di tempo. Ma il tempo necessario affinché un apprendimento si consolidi nella mente di un cane è di diversa natura: ce n’è bisogno sul momento per riflettere su quale scelta sia apparentemente la più sensata e subito dopo ne serve altro, per valutare le conseguenze del comportamento selezionato.

DSC_5427Se il problema viene riproposto, il cane dovrà valutare  il nuovo, seppur noto stimolo, anche in funzione dell’esperienza precedente e per far questo avrà bisogno di altro tempo per “pensare”.
La reiterazione di un’esperienza con conseguenze simili, conduce all’emissione di automatismi dati dalla conoscenza e non dal condizionamento.
Per fare un esempio: se uscendo di casa dobbiamo scendere un gradino, lo faremo con naturalezza senza pensare ogni volta: «Oh!, c’è un gradino! Devo misurarne l’altezza per calcolare il movimento adatto!».
Non lo faremo perché la nostra mente sa dell’esistenza e della natura del gradino e così risparmieremo energia. Ma se durante la notte qualcuno modificasse l’altezza del gradino, il mattino seguente noi inciamperemmo.
Mano a mano che le conoscenze aumentano e si radicano nella nostra mente, avremo bisogno di sempre meno energia per utilizzarle.
Dunque il problema principale non è insegnare al cane a fare qualcosa, ma insegnargli a imparare.
Dargli uno stimolo e lasciargli il tempo di trovare una soluzione, dargliene un altro e aspettare che lui ne trovi una nuova. Fare in modo che sia lui ad imparare a risolvere i problemi e non pressarlo ripetendo continuamente cosa deve fare. Insomma, permettergli di scoprire la sua strategia di apprendimento!
Se coltiviamo questa “base”, per il cane sarà molto più semplice apprendere qualsiasi cosa e se questo è vero in generale, lo sarà ancor più con i cani di canile, che non hanno mai avuto contatti “didattici” con l’uomo.

Segnali 137La convivenza con noi permette a questo animale di acquisire una quantità di informazioni che in un branco non potrebbe mai conseguire, così come è vero il contrario.
Di certo la vita in famiglia pone lo stato emotivo del cane in una condizione di estrema tranquillità e sicurezza rispetto a una vita libera e per questo può imparare con serenità (senza doversi guardare intorno) a saltare ostacoli, passare nei tubi, girare su se stesso, fare slalom tra le gambe degli umani.
Non dobbiamo dimenticare che tra i bisogni primari prevale su tutti e tre quello di “sentirsi al sicuro” e ben sappiamo che se un individuo non si sente al sicuro non mangia, non beve, non dorme e non si accoppia.
Sarà dunque necessario iniziare a osservare (rispetto a quello che l’ambiente può offrire) cosa permette al cane di sentirsi in una condizione agiata e intentare un programma basato sulla costruzione di un rapporto di fiducia. Già, perché la fiducia è alla base della comunicazione e dello scambio di informazioni!
Se il cane non si fida di noi e viceversa, non riusciremo a insegnare nulla.
Il cane è un animale notturno e territoriale, quelli che vivono in famiglia invece sono diurni e spaziano in aree talmente vaste e scollegate che non saprebbero proprio come definire i limiti del loro territorio.
Se ne deduce che la capacità adattiva di questo animale è veramente alta. E proprio su questa adattabilità che noi facciamo leva per insegnare loro dei comportamenti che non gli appartengono, avallati dalla fiducia riposta nella nostra specie dal patto di solidarietà e collaborazione che abbiamo stipulato con il cane qualche millennio fa.

Baal piccinoCon i cuccioli è tutto molto più facile: il carrello è vuoto e la spesa la facciamo noi. Dentro ci mettiamo tutto quello che serve per vivere con noi e poi gli “cuciniamo” le pietanze come più ci piace. Ogni tanto capita di non cuocere al meglio qualcosa o di rovinare un arrosto, a volte capita di mettere nel carrello cose inutili o di acquistarne altre che magari ci hanno consigliato, ma che poi facciamo andare a male perché non sappiamo come usarle. E qui subentra il lavoro degli educatori cinofili, che ci insegnano cosa acquistare, come utilizzarlo e probabilmente tutto va a posto.
I periodi sensibili di un cucciolo rappresentano uno dei momenti chiave in cui fare “la spesa” nel modo giusto. È importante che sin da piccolo impari a conoscere il mondo che dovrà affrontare, per poterlo considerare “normale” quando avrà la consapevolezza e la capacità di valutare gli stimoli che incontrerà come sicuri, normali o pericolosi.
Fino ai tre mesi i cuccioli accettano gli stimoli esterni in modo “meccanico”, “rubando” le emozioni agli adulti che hanno intorno e affidandosi completamente a loro per sentirsi al sicuro.
Un cucciolo che non è stato inserito in un ambiente urbano in modo corretto, molto probabilmente avrà “paura” ad affrontare gli stimoli a lui sconosciuti o meglio assumerà degli atteggiamenti che noi leggiamo come espressione di timore. In realtà non avrà paura della motocicletta, ma si sentirà al sicuro se riuscirà a starsene alla larga.

DSCN2102Così molti cani che sembrano aver subito chissà quali angherie, di fatto hanno solo imparato a tenersi a distanza da particolari “stimoli”, solo perché sono sconosciuti e ne sono ignote le conseguenze.
Sarebbe meglio definirli estremamente prudenti piuttosto che paurosi.
I cani nati randagi, catturati e messi in un canile ne sono la prova. È interessante osservare di quanto tempo abbiamo bisogno per “convincerli” ad affrontare una novità.
Il cane in questione ha riempito il suo “carrello” acquistando informazioni in “negozi” particolari e la sua libreria è piena di testi dal titolo “Diffidenza”, che gli insegnano a vivere in modo autonomo rispetto a noi.
Per loro passare sotto le gambe di una persona potrebbe rappresentare uno dei più grandi pericoli, al punto da considerarlo un comportamento a rischio di sopravvivenza.

DSCN1388Sotto quest’ottica il cane è un animale pensante che raccoglie tutte le sue conoscenze per comportarsi nel modo che sceglie più opportuno.
Gli ormoni sono le leve che innescano le richieste, i geni forniscono gli strumenti e la mente media con l’ambiente esterno, valutando tutto ciò che è in grado di percepire, aggirando e affrontando gli ostacoli per soddisfare l’organismo con il minimo dispendio di energia. Le emozioni giocano un ruolo estremamente importante nella scelta di un comportamento e l’umano di riferimento deve saper mediare e se necessario trasformarle.
Possiamo dunque concludere che la differenza tra comando e indicazione di comportamento investe la consapevolezza e la capacità di mettersi in gioco che ha l’umano di riferimento.
Si tratta anche di avere il coraggio di cercare di costruire un rapporto di fiducia spingendo su quelle potenzialità occulte che il cane non sa di avere e non avallando i suoi timori.
Nel carrello della spesa dobbiamo mettere, nostro malgrado, dei cibi che vanno bene per la società ma che il cane considera velenosi. Noi abbiamo il compito di rendere appetibili quegli alimenti e imparare a cucinarli in una maniera tale per cui il nostro allievo inizi a desiderarli anziché evitarli.
Fa parte di un percorso dove, agli occhi del cane, il proprietario impara a mantenere quella figura di riferimento nata quando il cucciolo aveva tra i due e tre mesi e che si evolve con lui.

uva0024Qualsiasi cuoco sa che non è possibile imparare a cucinare dal niente: oltre ad una conoscenza certa degli ingredienti di base e del loro modo di reagire alle varie cotture, il cuoco sa che la conoscenza dei differenti gusti delle differenti persone che siederanno alla sua tavola è una parte essenziale del suo lavoro.
Solo dopo che i clienti, da avventori di passaggio, diventano habitué del ristorante il cuoco potrà permettersi di proporre con successo nel menù anche qualche cosa di veramente sperimentale…
Fuori di metafora, lavorare attraverso indicazioni di comportamento anziché imposizione di comandi complica in maniera esponenziale il lavoro dell’educatore, perché non saremmo arrivati alla meta quando il cane avrà imparato a “mettersi seduto”, ma solo quando il cane si siederà spontaneamente perché sa che in quel momento è la cosa migliore da fare per tutti.
Quello che Campbell definiva come differenza tra cane obbediente e cane disciplinato.
Il compito dell’educatore non sarà più riferire e applicare al binomio cane-padrone delle regolette presenti in qualsivoglia manuale, bensì ‘ammaestrare’ (inteso come render maestri) cane e proprietario in una relazione virtuosa dove in maniera biunivoca l’uno e l’altro abbiano voglia e capacità di potersi fidare. E questo tenendo conto delle allergie, idiosincrasie, riluttanze, disgusti che nella varietà delle persone e dei cani si incontrano.

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28 Commenti

  1. Nonostante le ultime risposte continuo a sperare che tra i frequentatori di questo blog ci siano cinofili intelligenti e disponibili al dialogo e al confronto.

  2. Purtroppo le irruzioni scomposte di qualche lettore, bannato forse in ritrdo, hanno turbato la discussione su un intervento che credo meriti molte attente riflessioni.
    La ricerca sulla psicologia degli animali e in particolare su certi animali è antica quanto la psicologia umana.
    Tuttavia sto vivendo una esperienza diretta molto deludente. Letture e incontri degli ultimi mesi mi hanno condotto a formarmi il convincimento che molta della odierna cinofilia e cinologia siano più orientati all’audience o al mercato che non alla reale comprensione dell’universo del cane.
    Tutti pronti a raccontare storie che dovrebbero dimostrare la superiorità di un metodo piuttosto che di un altro, senza rendersi conto che l’esemplificazione è la forma più ridicola di dimostrazione. E, infatti, non dimostra un bel niente.
    Avete un carlino, un maltese, un barboncino, un terrier, un terranova? Volete capire tutto di loro? I guru di turno ci rinviano al lupo, alla sua organizzazione sociale, alle sue abitudini alimentari, alla sua attività predatoria, salvo poi scoprire che il lupo artico presenta stili di vita diversi. È come se alle neomamme in depressione post partum io suggerirsi di ispirarsi ai modelli accuditivi neonatali dell’australipiteco. Con una differenza, che io verrei subito consideratoun ciarlatanoe rischiereiseri provvedimenti discipliari da parte delmil ordine professionale, mentre chi distribuisce le sciocchezze di cui prima in ambito cinofilo si fa pagare prezzi a dir poco scandalosi. A proposito, se si arrivano a chiedere dai 40 ai 70 euro l’ora – senza considerare i 120 euro ora di Joel Dehasse che nel computo calcola anche i tempi necessari per recarsi presso il domiciliodel cliente – per propinare sciocchezze cinofile, quanto dovremmo chiedere noi psicoterapeuti per 50 minutidi terapia regolarmente fatturata e condotta entro criteri deontologici fissati da un Ordine Professionale e sostenendo la responsabiità dei risultati?
    A fronte di una ormai consolidata tradizione etnopsichiatrica, mi pare che in ambito cinofilo la consapevolezza che razze diverse presentino profili caratteriali e comportamentali diversi sia spesso soltanto dichiarata, ma poi per tutte le razze si propongono gli stessi metodi e le stesse ricette.
    Ma c’è davvero chi crede che possano avere fondamento scientifico o anche soltanto empirico gli inviti a trasformare una famiglia umana in un branco di cani e uno di suoi componenti in un cane capobranco? E per diventare cane capobranco ad un uomo basterebbe passare per primo dalle porte e mangiare mentre il cucciolo di cane sta a guardare e scimmiottare qualcuno dei segnali calmanti osservati dalla Turid Rugaas?
    Il pericolo maggiore per un cucciolo che dorme nel letto è che diventi capobranco di una famiglia umana o piuttosto che danneggi seriamente le sue articolazione nei ripetuti tentativi di saltare su e giù dal letto? La scelta di collari o pettorine naturali è davvero da barzellettiere di quart’ordine, considerato che non mi risulta che in natura i cani abbiano collari o pettorine. E che dire della circostanza che i cani di città siano costretti a muoversi sull’asfalto e tra gli scarichi delle automobili?
    Mi sono proposto di approfondire la materia e quindi sarò grato a quanti vorranno intervenire. Al momento mi pare che a fronte di una crescente produzione di letteratura cinofila si assista ad una riduzione drastica di studi seri sul cane e in particolare sul “cane urbano” .
    Credo che per la cinofilia e la cinologia possa esserci un grande futuro soltanto affrontando con serietà, professionalità e competenza le questioni nuove che si pongono.

    • ah ecco sei uno psicoterapeuta ecco da dovr tanta presunzione! Pensi di. Er capito l’uomo e pretendi quindi di aver capito il cane. Che turid rugaas sia un’incompetente sono pienamente daccordo come del fatto che sia stupido and rsi a chiudere su un metodo senza aprire la mente sul cane. Ma mi dispiace si vede da ció che scrivi che conosci poco il cane e il suo mondo. Paragonare la donna di oggi all’australopiteco è l’errore + grande che sinpossa fare poichè nonostante il cane discenda dal lupo lo abbiamo selezionato noi uomini per ció che ci faceva comodo e non la natura. Limitandolo facendolo regredire accentuando alcuni aspetti e cancellandone altri per la nostra utilità così che alcune razze al giorno d’oggi assomiglino poco al lupo e altre siano rimaste quasi uguali. Ma il lupo sarebbe l’uomo e il cane l’australopiteco se vogliamo considerare la sua evoluzione intellettiva (e se proprio vogliamo fare un paragone così idiota) il lupo è quello evoluto per quello per capire tutto sul cane e sulla sua psicologia dobbiamo conoscerlo

    • Bah, per me tutte seghe mentali, dopo che si hanno 5 nozioni teoriche di base l’unico modo per ricercare un evoluzione nel rapporto con il proprio cane è osservarlo e tentare di capirlo.
      Se vuoi approfondire vestiti male prendi il tuo cane ed inizia a lavorare per raggiungere i tuoi scopi. Indipendentemente quali essi siano se il cane tira è colpa tua, se è aggressivo quando non deve è colpa tua, se non sta al piede è colpa tua, se non riesce a prende un brevetto è colpa tua e se morde di merda è colpa tua perchè il figurante che lo doveva correggere l’hai scelto te.

      Ricordo che il cane non sa che discende dal lupo, ha solo una certezza e dovrebbe essere il padrone..

  3. Una volta i canili non esistevano ,cerano solo gli accalappiacani che portavano i cani al canile municipale e dopo un certo periodo (circa una settimana o poco più)i cani venivano soppressi era una cosa bruttissima ma canili pieni di povere bestie magari a volte dati in mano a gente che dei cani non se ne fregano per niente e si intascano i soldi devoluti al mantenimento dei cani(meno male che non tutti sono cosi) poi quando la cosa è stata vietata tutti noi cinofili io compreso abbiamo gioito per la fine di quello che ci sembrava un campo di sterminio,ma naturalmente noi umani abbiamo trovato il modo di fare soffrire lo stesso certi cani,certi cani nati liberi e irrecuperabili sarebbe meglio lasciarli liberi come i lupi nei boschi o….. e lo dico con molta riserva perche la cosa va contro ai miei principi abbatterli,io sono per la prima soluzione,ma vedere un povero cane stare tutta la vita in canile solo perche di fuori da fastidio e libero non ci può stare ,allora è meglio che muoia oppure affronti il suo destino nei boschi magari contro un lupo scusate lo sfogo ma i moderni canili a volte mi fanno venire la rabbia saluti dal Rapace notturno PS ultimamente io che batto i boschi ho notato che per il ritorno massiccio del lupo che i branchi di cani rinselvatichiti una volta numerosi se ne vedono sempre meno perche il lupo non va tanto per il sottile e abbatte i nemici del suo territorio di nuovo ciao

    • chiedo venia se il commento di prima l’ho messo giù male ma al sottoscritto la faccenda di certi canili provoca emozioni difficili da controllare,e allora scrivo di getto ,ciao aquila della notte PS complimenti comunque per Dalia,penso che la corda al collo sia stato il minore dei mali della sua vita , anzi e stato l’inizio di una nuova vita

  4. Concordo con Aquila su tutto quello che ha scritto, ma stando in canile, e vedendo arrivare cani di tutte le tipologie, con millemila storie alle spalle, devo constatare purtroppo, che spesso le situazioni non si risolvono solo così. Non dico che sia stato facile avvicinarsi a un Pastore della Ciarplanina, anzi, tanto di cappello per il coraggio. Dico che però, a volte, ci sono situazioni che si spingono anche oltre purtroppo. Cani che non si lasciano avvicinare in nessun modo dall’uomo semplicemente perchè non l’hanno mai conosciuto nella fase più delicata della loro vita.
    Comincio ad essere dell’idea che non tutti i cani che troviamo debbano essere “salvati” da noi. Non parlo dei cuccioli o dei cani feriti,o di quelli che creano problemi (come nella storia di Aquila) ovviamente. Ma ci sono tanti cani selvatici che vivono la loro vita liberi nelle campagne, forse non camperanno 16 anni come i nostri di casa, ma hanno comunque un loro equilibrio, una libertà, che noi non vediamo. Il problema sorge quando questi cani, questi che vagavano liberi per le campagne, vengono presi e portati in canile con la convinzione di avergli salvato la vita. Purtroppo gli abbiamo garantito 16 anni di…CANILE. Si, perchè una volta in gabbia hanno solo due possibilità: essere adottati, o morire dietro le sbarre.
    Il caso di Dalia, e di tanti altri cani come lei che ho conosciuto da vicino, è proprio uno di questi. O farla morire in gabbia da sola, dopo mesi e mesi e mesi e mesi di lavoro (quindi la leggera “forzatura” della corda è stata usata come ultimissima spiaggia dopo averne tentate altre 100 prima), oppure decidere di darle una possibilità, anche al di là della sua comprensione, perchè lei in quel momento probabilmente non capiva del tutto cosa si stesse facendo.
    Non credo che l’esempio della moglie chiusa nella stanza per non andare all’IKEA calzi. Io credo sia paragonabile ad un figlio che da mesi e mesi non vuole uscire dalla propria camera, non vuole affrontare le novità che lo spaventano, e che per questo motivo non abbandona la stanza sicura (ma senza vie d’uscita). Un genitore i primi tempi lo ascolta, lo asseconda, gli lascia i propri tempi, ci riparla, cerca di convincerlo che la vita sta scorrendo, e che lui per queste paure si sta perdendo tutto, occasioni, felicità, tutto…Il figlio non vuole uscire, non vuole mettere il naso fuori per paura dell’ignoto.
    Credo che nessun genitore lascerebbe il proprio figlio in quella stanza, a marcire e a perdersi tutto il bello della vita. Credo che a una certa il padre o la madre forzerebbe la mano, o meglio la resistenza del figlio che in quel momento non capisce il perchè di quel comportamento. E’ necessaria alla sopravvivenza quella forzatura, perchè se il figlio non ha la forza di affrontare il mondo, il genitore è disposto anche a prendersi l’odio del figlio pur di dargli una possibilità di salvezza, di felicità. E lo fa per amore. Non si tratta di maltrattamenti, si tratta di una spinta che evidentemente il figlio non è in grado di darsi da solo. E credo sia uno dei gesti più grandi, perché così il figlio ha potuto affrontare la vita, accompagnato e spronato ( e non compatendolo nei suoi dolori), e parallelamente Dalia e tanti altri cani come lei hanno messo il naso fuori dalla gabbia, hanno incontrato persone che hanno scelto di continuare questo percorso di fiducia, e questi cani hanno lasciato il canile per vivere in una casa che li circonda di amore.
    Chiedo scusa per essere stata prolissa…e anche per gli errori di battitura. XD

  5. Tempo fa (circa 3 anni)sono stato chiamato da alcuni miei conoscenti perche spaventati dalla predazione su alcuni struzzi giovani( quelli adulti sono molto difficili da uccidere)da parte di un grosso cane rinselvatichito o cosi almeno sembrava, e si stavano organizzando spedizioni di caccia (i cacciatori non aspettavano altro) per abbatterlo con grande shiamazzo e spreco di eroismo sul affrontare la belva ,per farla breve insieme ai miei cani corsi mi sono messo sulle tracce del presunto KIller,trovarlo non è stato difficile in quanto il povero cane disperso si appostava e dormiva nel boschetto poco lontano al’allevamento di struzzi e ogni tanto ne riusciva saltando una rete di contenimento di un metro a predarne qualche duno(erano struzzetti di circa 10 kg facili da prendere)quando i miei cani lo hanno scovato nel boschetto sono rimasto a bocca aperta perche mi sono trovato di fronte un maschio adulto di pastore della Ciarplanina( non sono mai riuscito a capire da dove venisse e chi lo avesse abbandonato) che vedendoci arrivare aveva messo le spalle contro un albero e non aveva nessuna voglia i scappare di fronte al sottoscritto e i suoi cani corsi, anzi ci invitava ad avanzare e combattere facendoci vedere tutti i suoi bellissimi dentoni,subito ho intimato ai miei cani di stare calmi e loro mi hanno ubbidito, poi mi sono seduto poco lontano dal Sciarplanic e ho tirato fuori dallo zaino una bella pagnotta di pane pugliese e ho incominciato a tirargli un pezzo alla volta,che veniva immediatamente mangiata(aveva una fame boia)be per accorciare il racconto quel giorno li sono ritornato a casa con i miei cani ma poi ho incominciato da solo ad andare a trovare il Sciarplanic con molta robba da mangiare e devo dire che con la pancia piena era molto meno agressivo, finche dopo circa una settimana un giorno di colpo mi è venuto incontro dal boschetto scodinzolando,da allora i progressi sono stati molto veloci e quando ha incominciato ad avere fiducia,ho provato a mettergli una corda al collo e portarmelo dietro,è venuto subito segno che era abituato al guinzaglio anzi sembrava che gli piacesse,accorciando di nuovo piano piano lo ho portato da un mio amico che ha una azienda agricola e lui il cagnone ha fatto subito amicizia con la figlia del padrone(una ragazzina di 13 anni cresciuta in mezzo a cani e vacche che parla molto bene il canese)è diventato il protettore sia del’azienda sia il grande amico della ragazzina, ora fa la guardia alle vacche,e alla proprietà insomma ha trovato la sua dimensione,ed è un cane molto tranquillo ed affidabile, con un carattere possiamo dire tranquillo sempre rispettando le prerogative della razza, però a volte penso se al mio posto ci fosse stato un altro a trovarlo forse avrebbe rimediato una schioppettata e un animale stupendo non ci sarebbe più, penso che a volte basta poco per farsi capire da un cane ,bisogna avere la voglia di farlo e l’umiltà di ammetterlo rispettandolo. Ciao a tutti da Rapace notturno

    • Che bel racconto Aquila!

      Tanta pazienza, una buona comunicazione, capacità di ascolto e sincero rispetto dello spazio dell’altro…ecco tutto quello che serve!

      Tanta stima per te.

  6. Annuncio ufficialmente che il sedicente “Franco”, avendo rotto abbondantemente le palle ed essendo incapace di dare una qualsiasi risposta sensata, è stato bannato.E non mi si accusi di maltrattamento, perché il troll è stato assai abbondantemente nutrito e sfamato. Mo’ però basta.

  7. Addirittura escluso. Davvero meravigliosi, dico sul serio. Non reggete un minimo di provocazione sarcastica e, pur di non dare risposte (faccio notare che mai ho criticato in questi commenti l’uso di “alcuni strumenti” come li chiamate voi) cancellate commenti. Poverini va, deve essere duro il mondo della cinofilia.
    Grazie per il divertimento e statemi bene Gioie.

    Ah, dimenticavo, siete i piu` bravi! Grande Riccardo! Forte Valeria! Meno male che ci siete voi!! (Vi senite meglio?)

    • Ma escluso da che?!? Che stai a di’? Cancellato cosa???
      Dev’essere duro il mondo del complesso di persecuzione…comunque mi sembra arrivato il momento di finirla con questo spreco di tempo. La risposta alla tua domanda (stupida ed esclusivamente provocatoria) Riccardo l’ha data con un intero articolo, questo: https://www.tipresentoilcane.com/2013/05/17/coercitivo-no-grazie/ , che evidentemente non ti sei neppure preso la briga di leggere.
      Quando si parla di “dare indicazioni di comportamento”, ovviamente, ci si riferisce a cani normali che stanno facendo un altrettanto normale percorso di educazione/addestramento: quando ci si trova di fronte a casi come quello di Dalia, nel quale di normale non c’era nulla, si fa tutto il possibile, usando qualsiasi metodo, strumento e altro, per evitare che un cane resti in canile a vita.
      La cagna “torturata” con la corda non usciva da mesi dalla cuccia: oggi è una cagna serena che vive in famiglia. Questo mi pare tagli la testa al toro e renda superfluo ogni ulteriore sarcasmo da quattro soldi.

  8. Mi addolora averVi innervosito, non era mia intenzione Sig. Totino, e Vi ringrazio per la puntuale e precisa lista delle Vostre eroiche imprese ma non era questo a cui miravo.
    Provo a spiegarmi meglio (sempre che il buon Geova mi permetta di mettere insieme più di un elemento alla volta) ma Voi sforzatevi di capire se potete. Domandavo se Voi aveste la cortesia di spiegarmi, con semplici parole, quale comportamento viene proposto. In linea di massima, ma posso sbagliarmi, una proposta lascia spazio ad una scelta del proprio interlocutore. Vi porto un esempio, per aiutaVi: se chiudessi mia moglie a chiave in uno sgabuzzino per un paio di giorni e poi venissi denunciato, verrebbe difficile a me convincere un eventuale giudice che le stavo proponendo un comportamento diverso dall’andare all’IKEA la domenica pomeriggio, non credete?
    Tenete però conto che io di alternative non ne ho, sono solo uno stolto curioso, spero che questo non Vi schifi visto il Vostro rango. Vi assicuro però, che se le mie curiosità Vi irritano, cercherò di tenerle a bada, non vorrei sembrare aggressivo e immaginarVi a scrivere al computer con la tuta da Mondioring.

    Per l’appendicite parliamone, non è il mio campo e preferirei un bel ginocchio, ma qualcosa credo che riusciremo a fare.

    Con compassione
    Franco

    • Tornando non trovo risposte, forse perché avete scelto di non darmene, o forse perché siete troppo impegnato a svolazzare sulla città a salvare cani invisibili dal temibile Tanax o, chissà, perché non avete di che dire. Poco male, sopravviverò con le mie curiosità.
      Solo un consiglio se mi permettete, se cambiaste l’intestazione di questo Bloggettino da “CULTURA CINOFILA ONLINE” a “AUTOCOMPIACIMENTO CINOFILO ONLINE” verreste disturbati molto meno da stupidi curiosi come me.

      Grazie per lo spazio concessomi
      Franco

      • Ecco, direi che di spazio ne hai già usato anche troppo. Siccome la mia pazienza ha un limite, ti inviterei a non approfittarne oltre.
        P.S:: questo NON è un blog. E’ uno spazio di libera discussione sugli articoli che vengono pubblicati… ma “libera discussione” sottintende anche un minimo di buona educazione, nella quale mi sembri decisamente carente.

    • Che spreco di sarcasmo inutile… una proposta alternativa ce l’abbiamo, oppure no?
      Detesto, ma proprio dal profondo del cuore, chi mi dice che una cosa è sbagliata “perché sì”, ma non mi dice “guarda, io invece al tuo posto farei così”. Caro Franco, riservi la sua compassione ai cani che, per non voler usare un metodo/strumento a cui qualcuno è contrario per motivi “religiosi”, rimarranno a vita in canile.

      • Oibo`, la redazione. Buonasera, l’attendevo, anche se, ammetto con un po’ di vergogna, mi aspettavo un intervento piu` intelligente. Ho questo maledetto vizio di sopravvalutare le persone.
        Lei, cara Signora di parole ne ha spese parecchie, ma mi sembra di notare una carenza nella comprensione del testo, se non foste cosi` intenti a difendervi avreste chiaro, perche` l’ho scritto, che io mi limito a fare domande per cercare di capire,siete voi ad autocelebrarvi come “gli esperti” che, in barba al Sig. Norris, entrate negli incubi dei cani. Ma, forse, sto cercando nel posto sbagliato visto che continuate a chiedere soluzioni alternative a me.
        Insomma, la nostra conversazione non riesce a decollare, che peccato.

  9. Vabbè Franco, non c’è niente di nuovo! Parlare con persone come lei è come cercare di convincere un testimone di Geova che è giusto far operare una persona affetta da appendicite acuta.
    Io sto nei canili, aiuto cani ad uscire, ho permesso adozioni di cani invisibili, ho aiutato cani a uscire dai loro incubi. Questo per me è sufficiente, i suoi attacchi anche se mi innervosiscono non hanno alcun valore a differenza delle critiche di chi sa confrontarsi e suggerire alternative che prendano in considerazione tutta la situazione: dal tipo di canile al tipo di cane, la sua storia e le sue capacità di relazione. Ma non per tutti è possibile mettere insieme più di due elementi.
    La prego cortesemente se decide di continuare a intervenire di usare dei toni meno polemici e casomai se ne è capace di aprire un confronto costruttivo.
    grazie

  10. Gentilissimo Totino,

    vengo ad abberverarmi alla fontana della Vostra Sapienza. Dal basso della mia ottusità riesco a comprendere di come, in questo video, Voi siate stato costretto ad utilizzare la corda (non chiamiamolo strangolo per carità) per mettereVi in sicurezza di fronte alla manifesta ferocia di questo animale, ma Vi prego ditemi, in quanto io stolto proprio non riesco a darmi risposta, quale comportamento stavate proponendo alla cocciuta Dalia che, pare, di consigli proprio non ne vuole ascoltare?

  11. Una volta, tanto tempo fa?, addestrare cani era una attività misurata sui risultati. Poche parole, molto lavoro, risultati adeguati alle aspettative.
    Si trattava di un approccio “primitivo”, non necessariamente maltrattante, ma centrato sulla prestazione e l’utilità.
    Come accade in numerosi contesti, anche umani, la supremazia del fine non va troppo per il sottile nello scegliere i mezzi.
    Del resto il trattamento dei comportamenti socialmente inadeguati di certi esseri umani è stato per molto tempo affrontato con strumenti coercitivi, dalla reclusione, alle cinghie di contenzione, ai bagni gelati fino alle pratiche elettroconvulsivanti e agli shock insulinici.
    Mutamenti nei paradigmi interpetativi di certe condotte e nelle aspettative sociali hanno progressivamente condotto all’abbandono di alcune pratiche di intervento e alla diffusione di nuove metodologie.
    Nel campo della cinofilia sto assistendo al fiorire di una grande varietà di indirizzi educativo-addestrativi, tipico di una fase di confusione teorica e metodologica, che spesso saccheggiano, senza adeguata competenza e formazione, la storia della moderna psicologia e presentano per “innovativi” modelli teorici ultradatati e talvolta già falsificati.
    Il risultato può essere paradossale. Alcuni bravi “addestratori” continuano ad utilizzare i loro metodi, ma si piegano alle tendenze di mercato rivestendo il vecchio agire con gli abiti nuovi della pseudopsicologia gentilista. Altri vivono una vera e propria dissociazione tra quello che professano a parole e quello che praticano sui campi. Altri ancora puntano tutto sulle parole e agiscono senza esperienza e senza competenza.
    Che fare?

    • Che fare? Seguire chi conosce il cane non il gentilista quindi. Chi ha risultati buoni e duraturi senza traumatizzare il cane non i macellai quindi. Chi parla del cane e non del come fargli fare determinate cose!!!!! Chi punta prima di tutto allequibrio senza eccessi ne di buonismo sciocco e inutile ne di altro. Chi pensa come e per il cane!

  12. Solo una precisazione in relazione al fatto che ultimamente in alcuni ambienti cinofiliil verbo “comandare” riveste una connotazione totalmente negativa.
    Ultimamente, si sta diffondendo, tra le varie filosofie new age, la bizzarra convinzione che il comando dato al cane equivalga al maltrattamento fisico e psichico di una povera creatura debole e inetta.
    Faccio presente che nel bagaglio culturale del cane può e deve esistere anche la parola “comando” e nella sua valigia esperenziale può e deve sussistere la capacità di saper rispondere adeguatamente ad una indicazione data (leggasi ordine) in modo rapido, cooperativo e gioioso e che non necessairamente preveda un processo cognitivo sofisticato ed elaborato da parte del cane.
    ESEMPIO PRATICO
    Se lancio la pallina al cane e per sbaglio vedo che la pallina ha preso la traiettoria della tangenziale, se il mio cane la rincorre presumibilmente potrebbe finire sotto a un tir. Se il mio cane non sa rispondere ad un mio comando che nel frattempo gli avrò dato (alt!)continuerà a fare quello che più gli garba(correre dietro la palla) ma sarà certametne l’ultima cosa che farà!
    Quindi, certamente il cane deve sviluppare la capacità di scegliere quale comportamenti assumere per trarne vantaggio, ma lo stesso vantaggio potrà trarne ANCHE dalla capacità di rispondere a determinati comandi.
    Faccio ancora presente che quando chiedo qualcosa al mio cane, finchè l’esercizio (comportamento, atteggiamento ecc,) è in fase di apprendimento parliamo di RICHIESTA, invece quando l’esercizio è appreso e fissato, parliamo di COMANDO.
    Faccio altresì presente che NON SEMPRE il cane può rispondere agli stimoli della nostra società scegliendo il comportamento giusto da assumere autonomamente, perchè in una situazione che pare identica ad un’altraci sono invece dentro millemila varianti e variabili che portano il cane (in quanto cane e non umano) a risposte antropocentricamente sbagliate
    Pretendere SEMPRE dal cane prestazioni consone ed adeguate alla nostra società, prese e decise da lui in maniera autonoma, sottopone il cane SEMPRE ad un carico di apettative inadatte alla sua portata alle quali nessun cane può e potrà mai corrispondere nella maniera più giusta in tutte le varie e disparate “situazioni umane”.
    Come dicevano i saggi “in medio stat virtus”
    Facciamo che sto povero cane un po’ decida autonomamente e un po’ sia capace e si diverta ad obbedire a dei comandi. ECCHECAVOLO!

    • Sono stra-d’accordo con te Carmen. Quello su cui volevo porre l’attenzione sono i diversi meccanismi di apprendimento e come li interpreto io (cosa tra l’altro ampiamente discutibile). Sono pur sempre la stessa persona che ha sollevato proprio su questo sito il problema sui divieti etici dell’utilizzo strumenti definiti coercitivi vedi link: https://www.tipresentoilcane.com/2013/05/17/coercitivo-no-grazie/ perché credo che ci sia differenza etica tra l’usare un collare a strangolo per insegnare la condotta a guinzaglio o per mettere in sicurezza un cane pericoloso.
      Quindi, sempre secondo me, insegnare al cane a pensare autonomamente ha il suo perché, insegnargli a comportarsi bene seguendo delle regole invece che dei comandi pure, insegnargli a rispondere a un comando è essenziale. Tutte queste cose possono coesistere, a seconda delle situazioni una prevale sull’altra, ma non è affatto detto che una escluda l’altra. Quindi se hai sollevato questo quesito vuol dire che non mi sono espresso bene 🙁
      Spero di aver chiarito con questo commento 🙂

    • proprio l’altro giorno ho notato una scena simile: ragazzina che giocava su un’aiuola spartitraffico sotto il raccordo con il cane. Lancia la pallina e il cane si getta all’inseguimento della pallina attraversando in curva la strada mentre passava una moto. Inoltre il cane aveva anche il guinzaglio penzoloni… forse se la ragazzina avesse imparato a richiamare il cane, la situazione sarebbe stata diversa.

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