di LUCIA SOPPELSA – Credo di aver sempre desiderato un cane, fin da quando ero piccola.
A dire il vero, un cane in famiglia c’era già, e si chiamava Dolly: era una pastorona tedesca, ma non era mia.
Era il cane guida di mio padre, non vedente: quindi, come ogni cane guida per ciechi, Dolly era arrivata già adulta e super addestrata a fare il suo lavoro. Ergo: non si filava di pezza nessuno in famiglia, a parte mio padre ovviamente.
Io ci stavo malissimo, ero ancora piccola e non sapevo quale immenso, paziente e lungo lavoro c’è dietro a questo tipo di addestramento. Io avrei voluto un cucciolo con cui giocare, volevo farle un sacco di coccole, spupazzarmela di carezze… ma Dolly era già grande, inquadrata come un soldato in quello che era lo scopo della sua vita, troppo seria per perdersi dietro alle “sciocchezze” che io le avrei proposto, tipo la pallina o anche il semplice rincorrersi.
Dolly non era lì per me: nella sua testa c’era soltanto il verbo la-vo-ra-re. Del resto le importava davvero poco o niente.
Così gli anni passavano e io ero sempre più certa che quando sarei diventata “grande” avrei avuto un cane tutto mio, un cucciolo, – non mi importava la razza – e ci avrei giocato fino allo sfinimento.
Sono cresciuta e me ne sono andata di casa, ma per un cane “tutto mio” ho dovuto aspettare ancora, perché nel frattempo avevo un compagno e una piccola cucciola umana: il tempo da dedicare ad un cane era davvero troppo poco.
Sono molto tenace, e l’idea di un quattro zampe tutto per me non mi ha mai abbandonato: così, attorno al 1991, iniziammo col mio compagno a guardarci attorno per scegliere un cane per la nostra famiglia.
Le nostre idee erano simili, doveva essere un cane di grande taglia, col pelo lungo, di buon carattere e di indole tranquilla, il colore era indifferente.
Inizialmente l’idea era di prendere un Terranova, magari uno marrone, che tuttora mi piacciono moltissimo, ma dopo le inquietanti informazioni ricevute sulla gestione toelettatura-pelo, cambiammo presto idea ed iniziammo a girare numerose esposizioni di bellezza per vedere dal vivo i cani che ci interessavano e soprattutto per parlare con i proprietari. Così, un giorno di autunno del 1992, all’esposizione internazionale di Udine, vedemmo un cane che sembrava un grosso orso, bello, imponente, con uno sguardo immensamente dolce, che ci ha catturato fin dal primo momento.
Dopo un lungo colloquio col proprietario (poi diventato nostro caro amico), tornammo a casa tutti contenti di aver trovato il nostro futuro cane, un Leonberger!
Era lui il nostro cane: grande, pelo lungo, pacioso, affidabile, sguardo rubacuori, affettuosissimo.
All’epoca nascevano pochissimi cuccioli di Leonberger in Italia, 25-30 cuccioli all’anno, la razza era ancora praticamente sconosciuta in Italia e per avere la nostra cucciola, l’attesa prevista era di minimo un anno circa… forse anche di più: un tempo che ci è sembrato eterno davvero, fino a quando , molto molto tempo dopo, finalmente arrivò la tanto attesa chiamata.
Eravamo in lista per una cucciolata nata il 16 ottobre… confermate ?
Eccome se confermiamo !!!
Così arrivò Bimba, il 16 dicembre 1994, dopo diciannove lunghi mesi di attesa.
Ricordo come fosse adesso, quelle cinque ore in auto per andarla a prendere, emozionati come due bambini, con le nostre piccole cucciole umane (plurale, perchè nel frattempo erano diventate due), ansiosi di avere tra le braccia quel fagotto di pelo che avremmo chiamato poi Bimba.
Lei in realtà si chiamava Bixia e il suo nome “vero”, quello scritto nel pedigree, ci piaceva anche molto, ma c’era un problema: le nostre due bambine erano piccole e pronunciare bene “Bixia” era quasi impossibile, tanto che ne usciva un poco simpatico “Bissssa”, che nel nostro dialetto equivale a biscia, vipera: non mi pareva il caso, vero ?
Quindi Bixia diventò per tutti Bimba o Bibi.
Con lei si è aperto per noi un mondo di emozioni e sensazioni che non avremmo mai immaginato di poter provare, vivendo con un cane.
Con Bimba iniziò la nostra “Grande Avventura” con il Leonberger.
Un’avventura che inizialmente doveva essere destinata a limitarsi al classico “cane da casa-famiglia-passeggiate-giardino”, e invece…
Bimba era davvero molto bella, e l’allevatore ci incoraggiava continuamente a fare almeno una o due esposizioni, giusto per curiosità sua, che per noi era già ovviamente il più bel cane al mondo, e così arrivò anche la primissima esposizione, nel 1995.
Una giovane Bimba vinse il premio “migliore di razza” contro altri quattro Leonberger già adulti, e il premio fu una meravigliosa coccarda verde-azzurra che ancora oggi è al suo posto d’onore nella nostra bacheca.
Eravamo orgogliosi e increduli.
Quella bacheca si è ingrandita, riempita, ed è diventata con gli anni sempre più affollata.
Le nostre uscite per esposizioni si ripetevano, sempre più numerose, sempre più lontane, e ogni venerdì sera o quasi la nostra macchina veniva caricata all’inverosimile: figlie, cane, biberon, passeggino, pannolini, pappe, crocchette, spazzole e quant’altro.
Bimba concluse in pochissimo tempo molti campionati e all’esposizione mondiale di Milano, nel 2000, chiuse la sua carriera con un fantastico primo posto nella classe Campioni Femmine.
E’ stata un cane eccezionale, il primo cane veramente tutto mio, e ci ha insegnato tutto sul rapporto uomo-cane, sopportando con pazienza i nostri errori da novellini, e facendoci perdutamente innamorare di questa razza così poco conosciuta e poco diffusa.
Anche oggi i Leonberger sono e rimangono una razza “di nicchia” (e aggiungo io, per fortuna!).
Quando purtroppo Bimba è mancata nel giro di soli tre giorni, nel 2003, eravamo tutti disperati, e ho pensato che ci aveva insegnato davvero molte cose, a parte come fare senza di lei.
Nove –dieci anni di media, questa è la prospettiva di vita di un Leonberger.
L’ho sempre accettato per ogni nostro cane, per ognuno di loro che in vent’anni abbiamo salutato col cuore pieno di dolore, l’ho accettato perché sono anni di amore totale, intenso e purissimo.
Nonostante questo, non sono mai riuscita ad accettare che un tumore al cervello mi abbia rubato la mia Bibi, senza dare a nessuno di noi il tempo di realizzare, di capire. Abbiamo scoperto solo tre giorni prima cosa fosse quello strano svenimento che l’aveva fatta stramazzare sul pavimento tutta tremante per cinque o sei secondi. Domenica era con noi, e mercoledì non c’era più.
Non l’ho mai accettato, è come se una mano perfida e crudele l’avesse portata via dalla nostra casa, dalle nostre mani, dalle nostre carezze, dal nostro amore.
Aveva quasi otto anni e mezzo, e prima o poi sarebbe successo comunque, magari per altre cause: ma così no, non potevo e non posso tuttora pensarci con la stessa grande rabbia e lo stesso immenso dolore e la sensazione di impotenza che ho provato quel giorno di ottobre del 2003, e che avrei riprovato purtroppo in altri momenti, per altri nostri cani.
Ma lei è stata la prima ad andarsene, e per noi è stato devastante.
Insieme a Bimba, viveva con noi anche Benny, uno dei suoi figli che (per vie tortuose e lunghe da spiegare) se inizialmente ne andò a vivere in una famiglia del centro-sud Italia, e poi ritornò a casa nostra nel giro di otto mesi, in quanto “non più gradito”, come ci fu telegraficamente detto da chi l’aveva tanto desiderato fino pochi mesi prima e ora lo scaricava come un paio di scarpe vecchie.
Alla morte della madre, Benny ormai era già adulto e anche lui pluri-campione (ormai eravamo assuefatti anche alle esposizioni), si è ritrovato completamente solo in tre giorni, e si stava lasciando andare in modo davvero preoccupante, non mangiava più, non giocava più, era sempre apatico, e fu gioco-forza cercare in fretta un’altra cucciola per sperare che si riprendesse e gli tornasse la voglia di vivere.
Così arrivò Kalì, e Benny si rimise presto in forma, trascinato dall’irruenza gioiosa di questa cucciola che era davvero un vulcano di energia e di carattere.
Kalì è diventata la nostra vera guardiana di casa, non le sfuggiva nulla ed era sempre vigile e pronta a far capire a tutti che quella era casa sua: con questo carattere si guadagnò presto il buffo ma realistico soprannome de “ la Generala”.
Non ho dovuto pensare molto prima di prendere la decisione di dedicarmi solo a loro, e quindi diventare a tutti gli effetti un allevatore: presi un’altra femmina, poi l’affisso e… come faccio a riassumere vent’anni della mia vita in poche righe?
E’ molto difficile mettere sulla carta delle parole che riescano a far capire a chi legge, cosa significa veramente vivere con questi cani.
Succede che ti viene il magone con certi ricordi, che mentre scrivi ti scendono le lacrime pensando a chi non c’è più, succede di sorridere pensando a certi episodi e ti rendi conto che è impossibile raccontare tutto, ti guardi attorno e vedi la casa con le mensole piene di coppe, i muri tappezzati di diplomi e tante, tantissime fotografie ovunque, ma soprattutto ti rendi conto che la tua testa e il tuo cuore sono invasi da ricordi meravigliosi e dolcissimi, e che questi ricordi valgono immensamente di più che qualsiasi vittoria in ring.
Quelle due bambine piccole che mi guardano sorridendo da una fotografia sulla mensola davanti a me, oggi hanno ormai 25 e 21 anni, e quei due meravigliosi giganti accanto a loro , non sono più con noi: Benny ha raggiunto la sua mamma Bimba nel dicembre del 2006.
Anche Kalì, la nostra speciale “Generala “ ci ha lasciato lo scorso anno, aveva nove anni e mezzo.
Il tempo vola, ma il mio amore per questi cani non è mai cambiato, e Bimba è stata inconsapevolmente la colpevole di questo colpo di fulmine che ha veramente cambiato la vita di tutti noi, soprattutto la mia.
Lo devo a lei, se ho capito che quello che volevo fare nella mia vita era vivere insieme ai cani, e non la receptionist in un albergo, merito suo se la nostra già grande avventura iniziata quasi per caso, si è ingrandita ulteriormente nel tempo, con una piccola pensione per cani di ogni taglia razza e tipo, per ospitarli e accudirli quando i proprietari vanno in vacanza, merito sempre suo se oggi nel nostro giardino, nelle nostre vite e nella nostra casa sono presenti ben sei meravigliosi dolcissimi Leonberger.
Devo davvero tutto a Bimba e amo la vita che ho scelto, anche se non è sempre una vita priva di pensieri e preoccupazioni, e ogni tanto non sono serena come vorrei, ma il bilancio complessivo è più che positivo, e rifarei cento volte la scelta fatta molti anni fa.
Durante questi vent’anni anni ho visto nascere tutti i nostri cuccioli, ho amato e accudito ognuno di loro come una creatura meravigliosa, unica e irripetibile, ho osservato i loro piccoli occhi che si aprivano al mondo, i loro primi passi incerti e traballanti, e per ognuno di loro mi sono commossa quando sono andati via, a portare gioia e amore in molte famiglie in Italia e all’estero.
Il Leonberger è un cane di grande mole, con tanto pelo (ma proprio tanto!), che richiede delle cure regolari ma non eccessivamente complicate: basta solo fare attenzione nei periodi di muta del pelo, intensificando il numero di spazzolate da 1-2 alla settimana, arrivando a 3-4 volte a settimana, l’importante è sempre la regolarità e la costanza, altrimenti il pelo formerà dei nodi davvero molto difficili da districare.
Il suo corpo cresce in modo rapidissimo ed è quindi una crescita impegnativa, che impone attenzioni gestionali e alimentari: un mangime specifico per cani di grossa taglia e di ottima qualità, evitare salti, scale, giochi sfrenati, pena possibili problemi articolari futuri anche gravi.
La sua educazione è facile, sono incredibilmente intelligenti, imparano rapidamente e non sono assolutamente aggressivi (non devono esserlo!): per quanto riguarda l’ubbidienza, basta fare tutto sempre con calma e non pretendere lo scatto e la velocità di ubbidienza tipiche di altre razze.
Un Leonberger sarà sempre felice di ubbidirvi, solo che è abbastanza tranquillo e un po’ pigro, così se la vostra idea di gioco è correre dietro a una pallina, ve la riporterà una volta, massimo due, dopodiché se vi divertite così tanto, la pallina potete andarvela a raccogliere da soli. Lui preferisce attività più pacate, come per esempio una bella passeggiata, o se ne ha l’occasione, una nuotata, dato che hanno le zampe palmate come i Terranova da cui discendono, e quindi nuotano ottimamente se abituati fin da cuccioli al rapporto con l’acqua.
Nessun cane ama la solitudine, ma il Leonberger è particolarmente sofferente se si sente solo.
Per questo, nonostante la sua imponenza fisica, è un grandioso e dolcissimo cane da casa, da famiglia, se gradisce correre e giocare all’aperto, è altrettanto felice e rilassato se rimane ai vostri piedi, accanto al divano, e se la vostra idea è che un cane così enorme sta bene in un giardino, e solo “ogni tanto” dentro in casa, perché “tutto quel pelo va ovunque e quelle grosse zampe sporcano il pavimento”, avete sbagliato razza, perché avreste un cane immensamente infelice.
Se cercate una presenza discreta, un cane distaccato, altero e indipendente, non scegliete un Leonberger.
Voi ne sareste infastiditi per averli sempre addosso, e loro sarebbero tristissimi nel sentirsi rifiutati e allontanati fisicamente da voi.
Avete presente la colla ?
Ecco, loro sono proprio così, sempre appiccicati, sempre dietro anche in casa, anche se ti alzi in cerca del telecomando, anche se vai in cucina per prenderti qualcosa da bere.
Tu sei convinto che stia continuando a dormire, lo hai lasciato ai piedi del divano che russava pacifico… poi ti giri e te lo ritrovi accanto.
Ma visto che descriverlo come un cane appiccicoso non mi piace, perché “appiccicare” è un termine che descrive una sensazione di fastidio, direi che il rapporto che si viene a creare con un Leonberger è paragonabile a una simpatica frase tratta da un film che amo molto.
“Da quel giorno siamo sempre insieme Jenny e io, proprio come il pane e il burro!” (Forrest Gump).
Ed è esattamente quello che succederà, lui sarà la vostra ombra, discreta ma costante.
Deciderete in seguito, chi di voi chi sarà il pane e chi sarà il burro, ma ve lo assicuro che sarà così.
Resta il fatto che negare un rapporto di vicinanza fisica a questi cani, carezze, coccole, stropicciamenti di ogni tipo, è come negare loro la gioia di vivere, hanno estremo bisogno fisico del nostro contatto, e anche quando uscirete un attimo per controllare se è arrivato il postino, al vostro rientro dopo cinque minuti, ci sarà un comitato di accoglienza pari pari che se foste scomparsi da casa per sei mesi: questo è un Leonberger.
Chiuderli fuori casa e lasciarli in giardino perché fuori piove e le sue zampe sono fangose, o allontanarlo perché siamo a metà maggio e volano ciuffi di pelo ovunque e il vostro colore di vestiti preferito è il nero, è un rifiuto che non capisce (e che, aggiungo io, non ha senso) e soffre moltissimo: loro vogliono stare vicini a noi.
Altra caratteristica di questa razza, è la totale inconsapevolezza della propria mole.
Da cuccioli sono assolutamente irresistibili, sembrano davvero dei piccoli orsacchiotti, e questo è l’aspetto che colpisce maggiormente, per cui in passeggiata con un cucciolo di Leon sarà difficile che riusciate a fare più di dieci-quindici metri per volta, senza che nessuno si fermi affascinato e vi chieda un sacco di informazioni su questo piccolo (si fa per dire) pelouche vivente, camminante, generosamente bacioso e scodinzolante con tutti.
Un cucciolo di Leonberger è qualcosa di indefinibilmente… morbidoso, tenero, adorabile.
Come tutti i cuccioli sanno essere scatenati e sanno combinare guai di ogni tipo e genere, ma sono assolutamente irrestibili.
Lo sanno di essere coccolosi, ovviamente se ne approfittano, anche di fronte a disastri evidenti come per esempio la disintegrazione totale di un paio di scarpe nuove lasciate in giro, tu hai poco da dire.
Arrivi, vedi il disastro, ti arrabbi, lo sgridi, e lui si mette in un angolo con la faccia triste….
“Ah… ma non era un gioco nuovo per me ?!? SCUSAAAAAA!!!” e se ne va mortificatissimo.
Un Leonberger triste è qualcosa che spezza anche il cuore più insensibile.
Così lo richiami e gli fai una carezzina, eccolo che torna… bacio bacio, saltino, coda a mille e l’espressione tipo : “Mi ami ancora! E’ meraviglioso!!!”
E in questo preciso momento, il tuo piccolo orsacchiotto ti ha fregato per sempre.
La fase “orsacchiotto” duri pochi mesi, poi gli orsetti lievitano e diventano in pochissimi mesi una cinquantina di chili, ma la loro convinzione di essere piccini non cambia.
Anche da adulti, sono capaci di acciambellarsi sopra di voi sul divano, o rimanervi comunque accanto, inseparabili anche nel vostro momento privato in cui vi fate la doccia, quando lo trovate che vi aspetta con l’aria mesta dietro la porta che voi gli avete chiuso in faccia (eh…non si fa! Non si fa così!).
Con quello sguardo, quegli occhioni scuri, loro ti dicono sempre: “Tranquilla, ci sono qui io !”
E quando dico vicino, intendo inciampare spesso nelle loro zampe, scavalcarli mentre dormono da qualche parte in casa, provare a mettere via la spesa appena fatta con sei code che sferzano l’aria e sei testone enormi che infilano il naso in ogni borsa con l’aria interrogativa di… “Ohh sei tornata! Sei tornataaa! Che meraviglia, sei tornata!!!! Dài, dimmi su… cosa hai portato di buono per noi ?”
Non sono cani per tutti, sicuramente per una persona di carattere riservato e poco socievole, o poco propensa al contatto fisico, possono risultare fastidiosamente invadenti e appiccicosi.
Non sono cani adatti a persone schizzinose, non sono i cani di chi inorridisce all’idea di ciuffi di pelo che svolazzano in casa…. ma sono dei compagni di vita meravigliosi..
Bisogna capirli e apprezzarli, andando oltre la loro immagine di grosso cane che somiglia ad un orso ma non “serve” a nulla in particolare, perché il Leonberger è stato “creato” puramente a scopo estetico, vedremo più avanti da chi e perchè.
Una volta entrati nell’ottica del “io e te come il pane e il burro”, allora imparerete ad apprezzare questo gigante dal cuore tenero, che non è un pastore, non è un guardiano, non è un cacciatore, non è un cane propriamente da lavoro, è forse uno dei più grandi cani da compagnia .
I Border Collies sono nati con lo scopo di aiutare i pastori a riunire le greggi, come i levrieri sono nati per correre e cacciare, e così a molte persone pare senza senso che questo cane non abbia un vero e proprio “lavoro” di qualsiasi tipo da svolgere: ma lui è così, senza pretese di “specializzazione canina”. Cioè, non è un cane da lavoro, corsa, caccia, traino, guardia o qualsiasi altra cosa.
E non c’è cosa che mi faccia andare più in bestia della fatidica domanda (che arriva regolare…): “Ma allora, scusa, se non è un pastore, non è da guardia, non è da caccia… ma cosa FA questo cane? A cosa ti serve un vitello del genere che ti gira per casa e in giardino ?”
Beh, intanto un po’ di guardia la fa: discreta, tranquilla, quasi sempre silenziosa. Una guardia dissuasiva, cioè di sola presenza o quasi, dato che è molto difficile trovare un Leonberger “abbaione”.
Per quanto riguarda il suo scopo, credo che un minimo di cenno storico bisogna farlo.
Questa razza fu creata a metà del 1800 da un consigliere comunale tedesco, Einrich Essig, che volle dare allo stemma della sua città (Leonberg, poco distante da Stoccarda) l’immagine di un cane dall’aspetto e dal colore leonino. Creato per onorare il nome della città di origine del suo creatore: ecco il Leonberger.
Ha iniziato la sua “vita” facendo il modello….d’altra parte se uno è nato bello, mica colpa sua, no ?
Torniamo seri , và !
Essig iniziò partendo da San Bernardo e Terranova, incrociandoli successivamente con dei Cani da Montagna Dei Pirenei.
Quindi tecnicamente non è un pastore, ma non è neanche un guardiano nel senso più stretto del termine.
Il Leonberger non finisce qui di stupirvi, perché la sua creazione rimane avvolta in un alone di mistero che non sarà mai definitivamente risolto e spiegato, il che rende questo cane ancora più speciale e affascinante.
Il signor Essig dichiarò al mondo cinofilo la nascita del primo esemplare di razza Leonberger nel 1846.
Morì nella sua città natale, Leonberg, poco meno che ottantenne, ma non fu mai trovata nessuna descrizione su come fosse tecnicamente arrivato a creare questa razza. Si conoscono solo le razze con cui ha iniziato: appunto San Bernardo, Terranova e Cane da Montagna dei Pirenei. Nulla si sa degli accoppiamenti successivi: si può solo supporre che, con le conoscenze di genetica che abbiamo oggi, sia molto difficile da un cane completamente nero (il Terranova) e da un cane per la maggior parte bianco (il San Bernardo), ottenere un colore così fulvo-leonino uniforme… tantomeno col Cane da Montagna dei Pirenei, perché il Pirenei è tutto bianco uniforme o al massimo con alcune macchie su testa e corpo, di color tasso o marrone ruggine, definite “arrouye”.
Si possono semplicemente fare delle supposizioni, cioè che in qualche fase di questi accoppiamenti sia stato introdotto un cane marrone, o di colore prevalentemente marrone, e che successivamente Essig abbia lavorato solo sui cuccioli che presentavano come colore principale un marrone-dorato più o meno uniforme.
E’ poco probabile che il colore che oggi ha il Leonberger sia stato ottenuto solo con cani neri (Terranova), perché il nero è un colore notoriamente dominante, o con cani quasi completamente bianchi oppure al massimo con delle macchie marrone chiaro.
Questo bel colore fulvo-carbonato che tanto ricorda il leone, rimarrà un mistero. E io non sono certo qui per risolverlo o per spiegarvi nulla.
Ringrazio dal profondo del mio cuore il signor Essig per tutto il suo lavoro, per quello che ha fatto, in qualsiasi modo lo abbia fatto, perché questi giganti dal cuore grande hanno invaso dolcemente ma irrimediabilmente la mia vita e il mio cuore, per sempre.
CONCORDO PIENAMENTE CON QUANTO DETTO DA TOMMASO, UN RACCONTO VERAMENTE BELLISSIMO E CHE TRASPARE NITIDAMENTE TUTTO L’ AMORE CHE NUTRI PER QUESTA RAZZA, E CHE QUESTA RAZZA MERITA.
E’ uno dei racconti più belli e toccanti che abbia mai letto. Dire altro non serve.
come dice Lisabetta, Haba e Nikita sono adorabili, a modo loro 😉 E poi, via, un po’ lavoro lo svolgono…. quando arriva qualcuno al cancello la “piccola” Nikita tira fuori un vocione da peso massimo e, con Haba, Tea ed Emir, fanno presente al visitatore che qui ci pensano loro a sorvegliare la situazione. Poi, fatto entrare,…. feste e coccole a gogò (se babbo e mamma li fanno entrare, allora… siamo amici!!!!). Haba è adorabile nella sua signorilità e distacco dalle piccole cose della vita, Nikita, per adesso, è una “piccola” peste che però accorre subito al primo richiamo 🙂
Leggo con dispiacere le poche righe dedicate alla femmina di pastore tedesco utilizzata come cane-guida, perchè in TV e sui giornali e su Internet quando si parla di cani-guida ci vengono descritti come cani assolutamente normali… super-addestrati ovviamente per svolgere l’importantissimo compito di essere gli occhi di un non-vedente, ma anche capaci nei momenti di pausa di rilassarsi, correre, giocare e relazionarsi normalmente con gli altri cani e gli umani. Ricordo nitidamente un servizio televisivo che ho visto anni fa, in cui un istruttore spiegava che togliere al cane la “bardatura” che serve al non-vedente per essere guidato è come un segnale, e il cane comprende che inizia per lui un periodo di pausa e relax; quando si rimette la bardatura il cane torna a concentrarsi sul suo lavoro.
Da questa descrizione invece mi sembra di capire che non è così, che il carattere del cane viene in qualche modo “snaturato” e le sue naturali pulsioni verso il gioco vengono inibite in modo che il soggetto possa concentrarsi esclusivamente sul suo compito… come un bravo robot.
Non so… io sono solo una sciuramaria (anche di nome) e non mi sembra giusto…
La realtà delle cose è così. Questo tipo di cani dà molto di più di quello che riesce a ricevere. Svolgono un servizio di utilità sociale incommensurabile ma nel computo finale delle cose la loro è una vita per certi versi rubata. Questo dice molto della loro grandezza.
Noi abbiamo avuti due cani guida in famiglia e ambi due hanno avuto la possibilità di fare anche la vita normale.. mio apdre durante la settimana prendeva il treno con il cane e andava in città al negozio e per prendere metro e treno come anche il percorso da fare il cane era un formidabile Guida e quale noi fidavano la vita di nostro apdre! durante le ore in famiglia invece erano cani “normali.” una ha fatto pure la mamma a 4 cuccioli di gatti lattandoli e tirandoli su, successo casualmente durante una gravidanza isterica. andavano con miei nipoti da soli nei boschi e da buon Ladrador si buttavano in ogni pozzanghera che si trovava a loro strada.. giocavano e la femmina pure correva dietro i caprioli, come qualsiasi cane può prendere tale vizi ( anche se di regola cani con troppo istinto predatorio vengono tolto dal addestramento ). Erano veri propri cani di famiglia ma avevano il vantaggio di vivere in famiglia e loro possibilità di avere del tempo libero cosi molto piu alta che un cane guida di una persona single.. questi cani meritano tutto nostri rispetto e un grande grazie alle scuole di addestramento che rendono possibile questi guide cosi indispensabile per la libera circolazione di molto non vedenti! Che in maggior parte dei casi non sono in lorovita un “operatore sociale” ma anche un vero proprio compagno nellavita quotidiana dei disabili !
bello. Ma non me la sento di prendere un cane così già sapendo che difficilmente arriverà ai 10 anni.
Bellissima descrizione e bellissimo articolo!Grazie Lucia per aver condiviso la tua storia con noi!
A breve forse si realizzerà anche il mio sogno e avrò anche io il mio primo Leonberger.. Mi auguro davvero che la mia vita prenda la tua stessa, fortunata, piega!
Grazie Lisabetta, non potevi descrivere meglio le mie due dolcissime, tenerissime e affettuosissime Leonberger!
Non ho mai avuto un Leonberger, anni fa ne ho adottato uno a distanza, viveva in un canile e sono andata a conoscerlo: ua montagna di 60 chili di dolcezza.
Ho però una cara amica che ne ha due. Due femmine: Haba e la piccola (si fa per dire con i suoi 40 chiloni) Nikita. Niki è argento vivo, sempre a giocare e a strapazzare Tea, la labrador nera dolcissima e da fare santa subito. :)E’ quella che prima di obbedire a una richiesta ci deve pensare su per benino… poi lo fa. Ed è affettuosissima, a volte irruenta come ogni cucciolo, anche nelle manifestazioni d’affetto.
Ma Haba… Haba è davvero “come il pane con il burro”, premurosissima. Quando arrivo dalla mia amica, appena scendo dalla macchina, Haba dopo i saluti, mi prende delicatamente il polso in bocca e mi porta lei in casa. E’ la mia badante… forse ha capito che sono miope e potrei non vedere un sassetto o una buca, una delle tante scavate da Niki, e cadere. Non è un amore?
Ogni tanto, quando è sicura che stai bene e puoi rimanere un attimo da sola senza combinare disastri, lei si siede sul prato, appena un po’ distante e con lo sguardo perso verso un punto imprecisato dell’orizzonte. E’ nel pensatoio e nessuno degli altri cani la disturba.
Io immagino che faccia pensieri tipo: “la vita è come una scatola di cioccolatini, non sai male quale ti capita”, perché il Leonberger è un cane alla Forrest Gump, tenero, dolce, semplice, che ti dà tutto quello che ha. E questo mi pare un compito sublime. 🙂
Eh, queste due le conosco mooooolto bene 🙂