di VALERIA ROSSI – Si parla tanto di collaborazione, cooperazione, scambio e così via… ma intanto il mondo cinofilo sembra sia diventato il regno del copyright.
Ormai ho la ® memorizzata tra i tasti di scelta rapida, da tanto spesso mi tocca usarla.
E’ giusto, è sbagliato? Mah. Dipende.
In alcuni casi è legittima difesa: se qualcuno studia, sperimenta e alla fine produce un nuovo metodo di lavoro, qualsiasi esso sia e a qualsiasi campo lo si possa applicare, è giusto che gliene venga riconosciuto il merito.
Se qualcuno si mette ad utilizzare lo stesso metodo senza citarne il “creatore”, è anche normale che al creatore girino le scatole: se poi lo utilizza pure male, senza aver seguito neppure il minimo corso formativo e quindi senza sapere esattamente quello che sta facendo, c’è il serio rischio che rovini l’immagine sia del metodo, sia del suo inventore… e questo fa girar le scatole ancor di più.
Un esempio classico è quello dei “cani tutor” di Claudio Mangini.
Premesso (e così rispondo anche a tutti quelli che me l’hanno chiesto) che ho scelto di dividere la mia strada cinofila da quella di Mangini, per motivi che non c’entrano comunque nulla con i cani… resta il fatto che i “cani tutor” siano e restino, ai miei occhi, una delle poche VERE innovazioni che la cinofilia ha offerto negli ultimi vent’anni.
Però “Cani tutor” è un programma preciso, che prevede una serie di step successivi: è un meccanismo complesso che richiede una formazione precisa.
Quando qualcuno ha buttato allo sbaraglio cani rissosi, poi ci ha mollato in mezzo un terzo cane sperando che risolvesse i problemi (non si sa bene come) ed ha chiamato tutto questo “cani tutor”, Mangini si è giustamente incazzato: perché, in questo modo, i suoi studi e tutto il suo lavoro sembravano ridotti a pagliacciate come quella che si era vista (su youtube) in quell’occasione.
Pensando a ciò che succederebbe se qualcuno, che so, prendesse un paio di bende elastiche a caso, le piazzasse sempre a caso intorno al torace di un cane e poi dicesse di aver usato il Tellington Touch® (non dico che verrebbe impiccato sulla pubblica piazza… ma quasi!), io ho potuto soltanto suggerire a Mangini di registrare il marchio “Cani tutor”.
Poi, però, girando un po’ per il web, mi sono imbattuta in marchi registrati che veramente non stanno né in cielo né in terra.
Per esempio: “Addestramento olistico®”.
Ma che significa?
“Olistico” , letteralmente, vuol dire “che si occupa del soggetto nel suo insieme”: inteso, in campo umano, come “anima e corpo”. In campo canino, non essendo riconosciuta al cane un’anima da nessuna religione, ritengo che si possa parlare di un addestramento che si occupa del suo corpo e della sua mente.
E cioè… dell’addestramento! Punto.
Perché voi conoscete forse qualcuno che riesce ad addestrare un cane occupandosi “solo” della mente senza il corpo, o del corpo senza la mente?
Se lo conoscete presentatemelo, perché proprio mi manca!
In ogni caso non è tanto questo, il punto, quanto la smania forse eccessiva di dimostrare al mondo che si è inventato qualcosa: anche quando magari non è vero, e si è inventato soltanto un nome accattivante.
Il simboletto del copyright può servire a proteggere il proprio lavoro: ma più spesso serve – diciamolo – a “tirarsela” un po’.
Anche perché in realtà non si può brevettare un metodo, un meccanismo, ma solo il nome che lo caratterizza: quindi chiunque, in realtà, può usare cani tutor, bendare cani o massaggiarli, addestrarli “olisticamente” e così via.
Basta che lo faccia senza utilizzare il nome coperto dal famigerato ®, e nessuno può contestargli nulla.
Ci sono stati anche casi in cui si è registrato un marchio (ne cito uno a caso: Bambility®) per identificare un programma o un metodo che poi, se vai a leggere per benino, risulta a sua volta mooolto simile, se non identico, a qualcosa di preesistente (in questo caso, per esempio, la Ludo-agility. Ma, ripeto che questo è solo UN esempio tra i molti possibili).
Poi c’è chi non si prende neppure la briga di brevettare un marchio, ma si limita a scrivere sul proprio sito, o sulle proprie pagine FB, cose come: “la nostra scuola ha inventato le classi di socializzazione” (queste, poi, le hanno inventate praticamente tutti: ho visto frasi simili in almeno mezza dozzina di siti diversi), o “utilizziamo il metodo da noi creato” (senza manco specificare quale).
L’importante è sparare grosso, tanto ci sarà sempre qualcuno che ci crede e che ci considererà i Leonardi da Vinci della cinofilia.
Dopodiché vai a vedere gli stranieri, quelli che spesso e volentieri in gara ci fanno nerissimi, almeno alle competizioni più importanti… e mentre guardi il DVD della scuola X vedi apparire sullo schermo l’istruttore della scuola Y, che pensavi fosse suo concorrente e come tale “nemico”: invece no.
Lavorano insieme, si scambiano esperienze, gli uni partecipano alle lezioni degli altri e così via.
Un altro mondo.
Non che invidie, gelosie e ripicche siano un’esclusiva italiana, per carità: gli umani appartengono ad una sola razza, con gli stessi pregi e difetti in tutto il mondo. Però all’estero c’è una cultura diversa, della quale collaborazione e cooperazione fanno naturalmente parte.
“Dopo”, magari, ci si scanna anche là: ma intanto ci si confronta, si mostrano agli altri i risultati ottenuti, si paragonano quelli derivati dall’ una o dall’altra tecnica.
E nessuno dice all’altro “Ue’, se vuoi sapere come funziona ‘sta cosa devi iscriverti al mio corso e pagare 2000 dollari (o quel che è)”. O meglio: lo dicono sicuramente al neofita che vuole cominciare un percorso (e mi pare anche logico): ma tra professionisti scambi e confronto sono continui (e gratuiti). E quando uno scopre qualcosa di nuovo, lo condivide subito con gli altri.
Purtroppo in Italia – e solo in Italia! chiediamoci perché… – bastano termini come questi a far rabbridivire qualcuno: oddio, “tecnica”. Oddio, “addestrativo”. Che brutte parole!
Stiamo ancora al concetto di cane schiavo e di umano padrone… brrrr, rabbbrividiamoooo!
Questa visione della cinofilia non ci appartiene più! Noi siamo andati oltre!
Peccato che nessuno abbia ancora capito bene “dove” siano andati questi signori, visto che un vero sproposito di cinofili post-moderni finisce poi sui campi degli obsoleti addestratoracci, a farsi risistemare il cane che gli ha messo le zampe in testa. Oppure finiscono tra le grinfie degli spacciatori di pillole. O ancora, li trovi in lacrime dal veterinario a chiedere l’eutanasia del loro “partner non umano”, che forse è stato invece umanizzato un po’ troppo e adesso, come risultato, se li mangia a colazione.
Ma lasciamo perdere queste tragedie, che ormai tutti ben conosciamo, e torniamo un attimo ai concetti di “tecnica”, “metodo” e così via.
Mi spiegate per quale contorto ragionamento dovrebbero essere abbinati all’idea di “schiavo-padrone”?
Io ho fatto sport agonistico per una buona metà della mia vita, e mi hanno sempre insegnato metodi e tecniche: a volte mi hanno anche fatto sudare e tirar moccoli per impararli… ma non mi sono, giuro – MAI vista come “la schiava” dell’allenatore di turno. Ero una sportiva che aveva scelto di assoggettarsi alle regole dello sport: impegno, fatica, tecnica (e moccoli). E adorava farlo. L’istruttore o l’allenatore erano miei amici e partner, con loro facevo qualcosa che mi piaceva da matti.
Ma quali schiavi e padroni?
E qui, naturalmente, arriva l’obiezione classica: “l’umano sceglie di fare sport, il cane no!”
Ma NON E’ VERO!
Questo lo può pensare solo chi di sport cinofili non ne ha mai fatti: perché il cane sceglie eccome!
Non prendendo ovviamente in considerazione i macellai (perché quelli per me non sono educatori né addestratori né altro: sono solo delinquenti)… su un campo “normale”, nel quale si lavori con passione e rispetto, vi posso assicurare che il cane sceglie e strasceglie.
Se si stufa, ve lo fa capire in 102 modi diversi. Se è stanco, anche. Se si diverte, pure.
E se tu sei bravo, il cane si diverte sempre, perché gli sport cinofili sono divertenti!
Sono stati tutti creati e strutturati per mettere in rilievo le qualità naturali del cane… ma proprio per questo lo gratificano: perché gli permettono di essere se stesso e di esprimersi al meglio delle sua possibilità.
Ora me la tiro un po’ anch’io con un esempio che mi sembra piuttosto chiaro: qualche giorno fa una pastora tedesca con la sua umana è andata a farsi il giretto-pipì nel campo attiguo a quello in cui lavoriamo, uno spazio davvero molto grande nel quale poteva correre, giocare, sfogarsi finché voleva.
In realtà che ha fatto, la fanciulla? Ha fatto, sì, i suoi bisogni e poi si è fatta una bella corsa… ma in direzione del campo di addestramento, presentandosi tutta allegra al cancello con il fumetto che diceva: “Ahò, mi fate entrare, che c’ho da lavorare?” Vabbe’, diciamo che me la tiro fino a un certo punto, perché non è carino (e non è un gran risultato addestrativo) che abbia mollato lì la sua umana per venire da noi: però mi trovo la scusa che l’abbia semplicemente anticipata, ben sapendo che comunque sarebbe arrivata anche lei. Quindi non ha proprio-proprio disobbedito: è solo “partita prima” perché aveva voglia di cominciare il lavoro e non poteva aspettare.
Sta di fatto che questa, per me, è una scelta ben precisa.
Chiusa parentesi.
Tornando all’argomento iniziale, mi sta anche bene che i – rarissimi – personaggi che hanno inventato davvero qualcosa ne vadano fieri. Mi sta bene che i loro corsi, seminari e formazioni varie vengano offerti a pagamento, perché qualsiasi lavoro onesto è giusto che venga retribuito.
NON mi sta granché bene, invece:
a) che in alcuni casi si appiccichino dei ® ad capocchiam, a semplici “nomi” senza contenuti di sorta;
b) che in altri casi sia costretti a utilizzare il ® solo perché vige la più totale, esasperante e incivile scorrettezza: perché il metodo che in quel momento “fa audience”, il cui nome “suona bene”, non viene studiato seguendo appunto la relativa formazione, ma viene reinventato di sana pianta in modo furbesco (non furbo: furbesco), magari scopiazzando (male) il minuto di lavoro visto su youtube e pretendendo di aver capito tutto.
Dopodiché la gente comincia subito a sparlare del metodo X o Y, perché ovviamente ne ha visto applicare solo la pessima imitazione, che altrettanto ovviamente non funziona.
Nel resto del mondo c’è una concezione molto più seria – e diffusa a tappeto – di tutto ciò che è “diritto d’autore”: nel resto del mondo, se solo provate a scopiazzare un singolo paragrafo da un singolo libro e non citate autore, editore, anno di pubblicazione e quant’altro, vi ritrovate l’avvocato sotto casa nel giro di un nanosecondo.
Qui da noi si scopiazza con la massima nonchalance, a volte – credo, o almeno spero – senza neppure rendersi conto di ciò che si sta facendo: perché la cultura della “proprietà intellettuale” non ce l’abbiamo proprio.
Ci sono cantanti che scopiazzano interi brani senza ritegno, e quando vengono beccati (come ormai avviene quasi sempre, visto che Internet è un infallibile acchiappaplagianti) fanno un bel sorrisone e dicono: “Ma nooo… mi sono solo un po’ ispirato”.
E il giorno dopo sono di nuovo sul palco a raccogliere ovazioni, anziché pernacchie.
Perfino a me, nel mio piccolissimo, capita continuamente di veder presi e copincollati articoli interi, parola per parola, senza neanche un accenno alla fonte: niente. Quando me li segnalano, mando una gentile richiesta di inserire almeno autore e fonte… e di solito ottengo scuse e l’effettivo inserimento dei dati richiesti: ma mi è capitato anche di sentirmi mandare a quel paese, perché in Italia neanche si sa che scopiazzare è scorretto. Anzi, è proprio un reato.
(E mo’ non ditemi che lo faccio anch’io, perché è vero: “rubo” molto spesso su google le foto che illustrano gli articoli. Però, se non altro, su questo sito c’è un disclaimer con il quale spiego che sono prontissima ad inserire il nome del fotografo, se mi viene comunicato, o a togliere la foto se a qualcuno scoccia che l’abbia usata. Non sarà il massimo della correttezza possibile – il massimo sarebbe chiedere ogni volta il permesso, ma con il ritmo a cui pubblichiamo sarebbe davvero improponibile – ma almeno lo ammetto e chiedo scusa in anticipo).
Io penso che se imparassimo tutti a considerare con maggior rispetto la proprietà intellettuale, forse servirebbero meno copyright e basterebbe ammettere, sinceramente e semplicemente: “Sto usando il metodo inventato da Tizio”, o “Questa tecnica l’ho imparata da Caio”, per fare contenti tutti e per essere tutti più onesti.
Ma soprattutto, sarebbe davvero bello che Tizio, Caio e Sempronio, ogni tanto, almeno con i colleghi, avessero quel confronto che si vede tanto spesso nel resto del mondo, e quasi mai qui da noi.
Perché altrimenti la nostra cinofilia continuerà ad arrancare tra plagi (pure malfatti), scorrettezze e sputtanamenti, mentre il resto del mondo ci passa sopra le orecchie e fila via verso traguardi che noi non riusciremo mai a raggiungere, troppo impegnati a spettegolarci dietro l’un l’altro.
L’ultima che ho sentito, anche se non in campo addestrativo: “I fiori di Bach sono una cagata”. Testuale.
Siccome i fiori mi incuriosiscono molto, anche se non ne so nulla o quasi, ho chiesto “come mai”.
La risposta è stata una confusa descrizione di una compilation di problemi caratteriali ai quali è stata proposto, come soluzione, un singolo fiore consigliato da un’amica.
Amica preparata, amica pratictioner (o com’è che si chiamano), amica che aveva studiato approfonditamente la materia? Macchè!
Amica a cui un’altra amica, o parente che fosse, aveva suggerito lo stesso fiore perché il gatto di un’ulteriore amica ne aveva tratto giovamento.
Inspiegabilmente, questo fiore non è servito a nulla sul cane in oggetto.
Eppure, dopo questo groviglio di disinformazione e di passaparola, la conclusione della Sciura è stata che i fiori di Bach, tout court, non servissero a nulla.
Ora, io non lo so se servano o meno: non li ho mai provati. Di sicuro, però, non mi baserei mai su una storia come questa per trarre delle conclusioni in merito.
Insomma, forse “tecnica”, “competenza” eccetera saranno diventate parolacce impronunciabili: ma a mio avviso, senza di esse, non si va da nessuna parte. E soprattutto, ad esse bisognerebbe sempre affiancare altri termini come “correttezza”, “rispetto” (non solo per i cani, ma anche per gli umani), “onestà”, “serietà”.
E almeno queste parole spero non siano ancora diventate nè obsolete, né irritanti per nessuno.
“La manomissione delle parole” di Gianrico Carofiglio è un libro (molto breve, lo definirei quasi un saggio) che spiega molto bene quale sia l’utilizzo di parole come “correttezza”, “rispetto”, “onestà”, “serietà” da parte dell’italiano dei nostri tempi.
Quanto a diffondere false notizie o subire denunce per plagio, non accade solo sul web o in cinofilia (che per molti può essere considerata insignificante). E’ anche il caso di un inviato di Repubblica, che da anni viene deriso per notizie assolutamente inventate e denunciato per plagio riguardo altre. Conseguenze: nessuna!
Viviamo in un mondo fantastico!
Ciao Valeria,
Mi sa che l’hai già detto e non solo tu: Troppi addestratori/educatori/cinofili e pochi “cani”. Cani tra virgolette per intenderci sono quelli che possono produrre un beneficio economico. Gli altri cani sono in abbondanza ma il loro “valore economico” è ZERO quindi, per certi personaggi, non esistono. A meno che … a meno che… non servano per attività promozionali/umanitario-utilitaristiche. E qui arrivo al dunque: I SOLDI. E’ giusto che chi lavora si faccia pagare per il servizio reso, un po meno giusto è farsi pagare per aver reso un PESSIMO servizio ma succede e purtroppo molto spesso, anche in ambito cinofilo. Come hai puntualizzato, il pessimo servizio non si esaurisce solo nel caso specifico NON risolto ma si estende al Club, ai collaboratori, alla categoria ecc. fino al metodo e alla tecnica, obbligando qualcuno a tutelarsi da un lato e salvaguardare la proprietà intellettuale dall’altro. Ma il plagio ? semplice, se porta soldi e non comporta conseguenze perchè no? Come perchè no se porta soldi “formare” persone in una professione cinofila o organizzare Stage per pseudo cinofili PAGANTI visto che scarseggiano i proprietari di cani disposti a pagare. Insomma il business è ormai esploso e i “furbi” sono convinti che si guadagna di più con l’APPARENZA quindi perchè preoccuparsi della SOSTANZA? In fondo le conseguenze a lungo termine non riguardano intrallazzatori pronti a cambiare bandiera al primo soffio di vento. A questi cosa importa se seminano in giro “cinofili” che screditano la professione perchè semplicemente non hanno imparato altro che pochi trucchetti per impressionare la tua cara signora Maria? Ma non è il peggio, perchè il “Pseudo-Cinofilo” è pure convinto di aver capito tutto, e quando sbaglia indovina di chi è la colpa ? Ma del proprietario naturalmente “che non fa quello che gli viene detto” e se questa scusa non regge… allora è colpa del cane. Ancora purtroppo, la categoria di quelli che preferiscono screditare gli altri piuttosto che migliorare se stessi si accresce a dismisura ed è una categoria poco propensa alla condivisione delle esperienze. Diciamocelo, ormai è un’accozzaglia di neologismi e inglesismi da esibire nelle polemiche virtuali, lo scambio culturale che auspichi è una rarità se non conosci l’inglese e ti rivolgi a competenze e pubblicazioni straniere. Il paradosso è che queste competenze spesso sono pure GRATIS e molto spesso pure ITALIANE. Sarà che i nostri migliori alla fine si stufano LASCIANDO il campo non a chi SA FARE ma a chi SA VENDERE ? PS Valeria se ritieni opportuno tagliuzzare qualcosa non mi offendo cosi come non ritengo offensivo se riformuli qualche concetto, basta che mantieni inalterata la sostanza ;-). Ci sono troppe persone che hanno la polemica e la permalosità troppo spiccata di questi tempi. Un caro abbraccio
Tony
una sola considerazione
a domanda risposta.
si vede che far così “paga”
è la gente polla, e non il tipo che mette il copyright… lui è furbo sfrutta la situazione
L’anno scorso in campagna ho trovato un randagino investito da una macchina, l’ho portato a casa e adottato. Evidentemente non era mai stato in città, né tantomeno in un appartamento. La sua reazione a qualunque cosa era “Paura! Sarà meglio che mi nasconda sotto al tavolo”. Mi sono consultata con un’esperta, che gli ha prescritto una cura di fiori di Bach; di mio ci ho aggiunto una graduale socializzazione, un corso di obedience e, da brava Sciuramamma quale sono, infinite coccole. A distanza di un anno, il cane è irriconoscibile! Non so se il merito sia solo dei fiori ma, certamente, mi sento di dire che hanno aiutato.