di VALERIA ROSSI – Forse siete troppo giovani per ricordarvi de “I Crauti”, uno dei primi (e sicuramente uno dei più riusciti) esempi di canzone totalmente demenziale. L’ho già citata in un altro articolo, mi pare, e se volete sentirla (ve lo consiglio, perché è un capolavoro di follia) la trovate qui. Ma se non la ascoltate non importa, perché intanto non c’entra niente con quello di cui voglio parlare stamattina (in realtà non c’entra niente con niente: è demenziale e basta).
Perché questo titolo, allora?
Be’, perché quello di cui voglio parlare c’entra almeno con la prima parte: io non capisco la gente.
Non capisco la gente che, leggendo di questa iniziativa, ha commentato acidamente: “Incontro di marketing!”, specificando che in due ore non si può trattare un argomento complesso come quello del rapporto cane-neonato.
Certo, due ore saranno anche poche: ma sempre meglio che non parlarne affatto, direi.
Peccato che questa affermazione così lineare e scontata si prenda a pugni con quello che io stessa pensavo ieri tornando da Avola, dopo aver tenuto insieme al collega Davide Cardia un corsetto di due ore moltiplicate, sì, per tre giorni… ma sempre assolutamente insufficienti a passare veri messaggi, vera informazione, vera cultura.
Per tutto il viaggio di ritorno ho continuato a ripetermi “Ma a cosa serve? In questo tempo così ridotto, cosa avranno potuto capire?”.
Abbiamo parlato un po’ di tutti i problemi comportamentali che si possono riscontrare nei cani, soprattutto in quelli di canile (essendo il corso rivolto soprattutto ai volontari); abbiamo risposto a molte domande del pubblico e dei volontari stessi. Ma è indubbiamente una goccia nel mare, così come sono gocce i sei cuccioli che abbiamo portato con noi al ritorno e che i Canisciolti faranno adottare qui al Nord. Sei cuccioli sembrano tanti (sono tanti!), ma domani – o forse oggi stesso – in canile ne arriveranno sicuramente altri dieci.
Sono tre anni che vado ad Avola, è dal 2009 che i Canisciolti aiutano il canile di Avola… e il numero di cani in canile non è mai diminuito, nonostante lo sproposito di adozioni che sono riusciti a portare felicemente a termine.
Ma allora, a cosa serve tutto questo? Tutto lo sbattimento, i viaggi, i voli, i corsi… a cosa servono, se non cambia mai nulla?
Ieri me lo sono chiesto più volte; oggi sono tornata a casa, ho letto la critica acida all’iniziativa su cani e bambini e ho pensato – abbastanza acidamente anch’io: “ma sarà sempre meglio che niente, no?”.
Ma se la cosa vale per un incontro, allora deve valere anche per Avola e per tutto quello che tutti i volontari del mondo fanno ogni giorno: se penso che non serva quello che si fa, che è troppo poco, che non si cambierà mai il mondo con qualche sporadico salvataggio o qualche goccia di cultura trasmessa quando e come si può… allora non soltanto non capisco la gente che non ci piacciono i crauti: non capisco neanche me stessa.
E magari è così.
Però… però resta sempre un tarlo che mi rosicchia malignamente, quando cerco di convincermi che “meglio che niente” sia una risposta.
E continuo a pensare che ci sia differenza tra un incontro di due ore sul tema X o Y (che a mio avviso – se fatto bene – può essere qualcosa di utile, anche se forse non sarà risolutivo al 100%) e l’adozione di qualche cucciolo, o la diffusione di qualche goccia di cultura sul tema del randagismo.
“Meglio che niente” vale per gli incontri, così come vale per seminari e stage (due ore per capire saranno anche poche… ma due giorni non sono molti di più, eh!): ma non riesco a convincermi che possa valere per un problema che dovrebbe essere affrontato in modo molto più incisivo, e soprattutto da parte di persone ben diverse dai volontari.
Il randagismo è responsabilità delle istituzioni, e noi c’entriamo sempre perché le istituzioni vengono votate e non imposte dal cielo: però bisogna anche andare a vedere chi dovrebbe occuparsi di cosa, e come potrebbe farlo.
L’assessore al randagismo di Avola (a me vengono già i brividi a pensare che debba esistere, in alcune parti d’Italia, un “assessore al randagismo”) è una giovane donna dall’apparenza fragile e delicata (è quella al mio fianco nella foto, con l’attestato in mano), che però si rivela tostissima quando è impegnata nel suo lavoro: si chiama Simona Loreto e ha tutta la mia ammirazione, perché fa veramente l’impossibile per aiutare i cani (in passato è stata lei stessa volontaria al canile).
Però, a cena con lei, sentendole raccontare delle difficoltà che il Comune deve affrontare ogni giorno (è in stato di pre-dissesto, rischia il commissariamento, ha milioni di debiti…) sono addirittura io a pensare “Ma in una situazione come questa, come si può pretendere che si pensi al canile?”.
Ma le “situazioni come questa” – che in Italia sono millemila, e al Sud sono millemila moltiplicato millemila – non dipendono neppure dalla volontà delle amministrazioni comunali, che in alcuni casi forse hanno sbagliato personalmente, ma in molti altri (e quello di Avola è sicuramente il secondo caso) devono cercare di “metter pezze” sugli errori di chi li ha preceduti.
Ma perché è possibile commettere errori, fare buchi (o voragini) nei bilanci, ritrovarsi con situazioni ingestibili e così via?
Perché nessuno controlla, perché lo Stato non aiuta, perché lo Stato è perennemente assente.
Sì, certo: aiutare un cane sarà sempre “meglio che niente”. Però non può neppure essere “tutto lì”.
Un corso, un seminario, uno stage possono essere troppo brevi, possono dire poco… ma di sicuro non si fanno danni a pensare “meglio che niente”.
Salvare pochi cuccioli e pensare la stessa cosa, invece, fa un danno enorme nel momento in cui si comincia a pensare che non si possa fare di più, o peggio ancora che ci si crogioli nella propria autocelebrazione. Viene perfino a me la voglia di autoincensarmi perché faccio questi microviaggi a titolo di volontariato: figuriamoci se non è autorizzato a sentirsi santo, martire o eroe chi a queste attività dedica gran parte della sua vita.
In tutto questo si rischia di pensare che il “meglio che niente” sia una risposta: si rischia di non fare mai un passo in più e di non confrontarsi con i problemi reali, quelli che il randagismo lo provocano, lo alimentano, permettendo che qualcuno addirittura ci speculi sopra.
Sì, è carino tenere corsi ogni anno cercando di insegnare ai volontari come si socializza un cucciolo, o come si dividono due cani che litigano. E’ anche utile, per carità. Ma resta il fatto che quei cani, lì, non ci dovrebbero essere.
Resta il fatto che per cinquanta o cento persone a cui puoi spiegare la rava e la fava dell’amore e del rispetto – perché sono venute spontaneamente al corso, il che significa che una certa sensibilità verso gli animali già ce l’avevano – restano milioni di persone che in Italia, e nel 2014, pensano ancora che un cane “malriuscito” si possa tranquillamente buttare nel cassonetto dell’immondizia. E’ proprio da un cassonetto che arriva Luana, la rottweilerina – bellissima! – che abbiamo portato con noi e che ha già pronta un’adozione qui a Torino, come il suo compagno di kennel Gino che è stato addirittura accolto in aeroporto dai suoi nuovi umani: Luana è stata buttata via perché ha le zampine un po’ storte e qualcuno, evidentemente, non aveva nessuna intenzione di curargliele.
Meglio buttarla e aspettare che arrivi il camion a triturarla viva insieme agli altri rifiuti.
Luana è stata fortunata: l’hanno trovata e salvata. Molti altri cuccioli non hanno avuto e non avranno la stessa fortuna… e sono assolutamente certa che l’essere sub-umano che ha gettato la cucciola in quel cassonetto non sia stato presente al nostro corso, né abbia mai partecipato ad alcuna iniziativa simile.
Per evitare che personaggi del genere (chiamarle “persone” è troppo) continuino a fare cose del genere, non basta il “meglio che niente”. Ci vuole molto, ma molto di più.
Ci vuole la cultura cinofila nelle scuole, obbligatoria e continuativa, per creare nuove generazioni che conoscano il significato del rispetto; ci vuole l’intervento di istituzioni locali che possano disporre di cifre “reali” da destinare alla lotta al randagismo, e che non si trovino nella situazione di dire “ogni nostra entrata non può diventare un investimento, perché in realtà non si tratta mai di entrate, ma solo di riduzioni dei nostri debiti”; ci vogliono istituzioni nazionali che pensino ai problemi reali e non soltanto a come vincere le prossime elezioni facendo promesse che nessuno realizzerà mai.
Sì, è carino fare incontri, è carino salvare qualche cucciolo… ma è tutto “meglio che niente”, e credo che si potrebbe e dovrebbe andare un po’ oltre.
Non so quanti volontari ci siano in Italia: credo una marea.
Credo che se si mettessero tutti d’accordo e cominciassero a protestare tutti insieme verso i veri responsabili del randagismo, qualche risultato lo otterebbero: perché farebbero paura. Perché la politica si renderebbe conto che sono una vera forza e che rappresentano una fetta di elettorato da non sottovalutare.
Ma i volontari, per la maggior parte del tempo (quello che gli rimane dopo aver spalato cacche, accudito cuccioli, somministrato medicine e così via), si scannano tra loro; o se la prendono con gli allevatori. Sono sempre troppo impegnati nelle guerre tra poveri, per provare a combattere contro chi potrebbe davvero cambiare qualcosa.
E così si rimane fermi al “meglio che niente”.
E io non capisco la gente – che non ci piacciono i crauti. Ma non capisco neppure la gente che si accontenta di continuare così, sentendosi (e spesso essendo) tanto eroica perché salva qualche cane, ma non trovando mai la forza di prendersela con chi i cani li mette ogni giorno nell‘evitabilissima condizione di aver bisogno di eroi.
Io ho scoperto per caso questo sito, che mi ha aiutata tantissimo aiutato tantissimo a crescere il mio primo cane nel modo più corretto possibile e di essere quello che è ora: una bestiola meravigliosa, che non riuscirei a lasciare a nessuno in caso di assenza, per paura che subisca traumi o sia tirato di peso al guinzaglio e così via – per “fortuna” ho la fobia dell’aereo, quindi in caso di viaggio – rigorisamente via terra – verrebbe con me ovunque…). Ho iniziato a leggere gli articoli che più mi “servivano”, anche per trovare conforto nell’orribile scelta di aver preferito un cucciolo di razza, piuttosto che un meticcio del canile (ho passato mesi coi sensi di colpa per aver rinunciato al secondo – già visto di persona e con controllo da parte dei volontari andato a buon fine…dopo mesi di controlli sul sito del canile ho visto la sua foto nella sezione “Adottati” e lì ho finito di stare male…), per tutta una serie di ragioni (credo valide)…ho passato anni a credere che il cane va preso solo in canile…ho cambiato idea…davvero…(in fondo al cuore una parte di me dice ancora “non è giusto, ce ne sono così tanti in gabbia…” ma non tutti i cani sono per tutti (non sapevo nulla di socializzazione, fobie e regressioni e via così)
mi si è aperto un nuovo mondo…diciamo che ho capito di essere stata davvero stupida a credere a tutta una serie di panzane inculcatemi negli anni…mai più credere alla versione più diffusa…non è detto che sia quella veritiera! Dai, una “Sciuramaria” in meno in circolazione! Informare serve! purtroppo pochi cambiano idea di fronte all’evidenza…Se oggi i cani non abbandonati o peggio sono due o tre, domani magari saranno 5, 6, 7…ad un certo punto i numeri saranno rilevanti per parlare di rivoluzione (che non cade dal cielo…)….
<3
Gran bel discorso… protestare, ribellarsi al sistema, manifestazioni. Quante manifestazioni vengono fatte ogni settimana in italia? quante hanno davvero successo?
No secondo me serve proprio l’opposto: evitare di passare per le istituzioni e la burocrazia. Non si riescono a mettere in galera gli assassini; come si può pensare che venga punito chi abbandona un cane? La scuola sta andando a puttane, insegnanti sempre meno qualificati, programmi sempre meno capaci di formare una cultura nei bambini e nei ragazzi; come si fa a pensare che venga resa obbligatoria la cultura cinofila nelle scuole?
Quello che serve è l’impegno del singolo e della comunità!
E mi spiace, ma impegnarsi per una causa non vuol dire votare tizio o caio. Mi spiace, ma se pensiamo di rivoluzionare il sistema politico italiano votando qualcun altro resteremo delusi.
Per esempio: un ragazzo maltratta un cane randagio. Anche ammesso che la giustizia funzioni, dopo anni di processo viene mandato in carcere. Sta in carcere e ne esce uguale a prima. Questo nel migliore dei casi, spesso non gli succede proprio niente. Invece, non sarebbe molto più semplice se chi maltratta un cane, venga mandato a lavorare (e qui quante ore al giorno e per quanto tempo dipende dalla gravità del fatto commesso) in un canile, o in un allevamento, ovviamente senza retribuzione? Il vantaggio è doppio perché è una misura che si può attuare senza passare per il processo (perché cmq si tratta di settimane e mesi di lavoro, non di carcere, non sono mesi persi se anche venissi condannato ingiustamente), perché metti il colpevole a contatto con gli animali e viene sensibilizzato al riguardo, perché secondo me dover passare le ore lavorando e facendo fatica è una punizione più efficace che stare tutto il giorno chiusi in gabbia.
Oppure: se abbiamo un figlio, un nipote, un cuginetto che va alle elementari e noi sappiamo qualcosa di cani, perché non proporre al preside della scuola di fare degli incontri dove si insegna ai bambini come approcciare un cane? è una cosa semplice che chiunque abbia un minimo di cultura cinofila sa, però anche solo insegnare a dei bambini a non correre e non urlare davanti al cane è un bel passo avanti.
Prima di lamentarsi e fare rivoluzioni bisognerebbe dare il buon esempio
su su il mare è fatto di gocce…se ognuno portasse la sua di goccia forse qualche cosa cambierebbe, il fatto è che molti parlano e si scandalizzano ma poi tra il dire ed il fare ci sta nuovamente in mezzo il mare.
La cultura, così anche quella cinofila, non si crea in one-shot ma è un lavoro lungo, un lavoro fatto anche da 3 incontri di 2 ore, magari cento volte questi incontri ma si può e si deve fare!
viva guccini
Cara Valeria, condivido la tua analisi “politica” fino in fondo.
Vorrei allacciarmi al concetto che hai espresso quando dici “se tutti i volontari si mettessero d’accordo e cominciassero a protestare qualche risultato lo otterrebbero perché farebbero paura”.
Io penso che il punto da cui partire sia proprio questo: la creazione di un movimento che riesca a fare opinione in un modo tale da non poter essere ignorato dalla politica. Un movimento costruito da poche parole d’ordine scelte in modo tale da poter essere abbracciate da tutti.
La cinofilia italiana sembra essere un mondo costruito sulla sottolineatura delle differenze. Sono sicura però che, se si ribaltasse la cosa e si cominciasse a cercare quello che unisce piuttosto che quello che divide, le basi per una piattaforma ci sarebbero eccome.
Non riesco a pensare che il problema del randagismo non tocchi tutti ma proprio tutti coloro che a vario titolo si occupano di cani, volontari, allevatori, educatori, docenti universitari, opinion leader e sciuremarie varie.
Forse si hanno opinioni diverse sulle cause che lo hanno provocato, forse si pensa a soluzioni diverse per risolverlo, benissimo. Rimane il fatto che porre con forza il problema del randagismo potrebbe essere il momento unificante di tante differenze.
E’ evidente che un movimento bisogna organizzarlo ma non è un’impresa impossibile in questa epoca dominata da internet e probabilmente non servono neanche molte risorse. Credo che l’esempio del Movimento 5 stelle, lo cito anche se non ne condivido la linea politica, possa insegnare molto in questo senso.
Stiamo vivendo un’epoca da basso impero, demotivata, scoraggiata, c’è la crisi, non c’è lavoro e per tanti non c’è futuro. Provare a combattere per qualcosa di buono potrebbe essere una cosa bella per molti, a partire da me.
…. Bisogna andar molto cauti, perché perché perché
Sono d’accordo su tutto. Mi piace molti la Rossi e ammiro il suo lavoro. L’unica cosa che mi fa…..dubitare: qualche tempo fa la Rossi non aveva detto che il lavoro dei volontari era esagerato, che non si possono salvare tutti i cani del mondo? Forse ricordo male.
L’ha detto e ha ragione: finché i cani continuano ad essere abbandonati non si potranno mai salvare tutti.
La strategia dovrebbe orientarsi sulla lotta all’abbandono, e questo si può fare solo se si collabora tra cinofili anziché scannarsi ad ogni minimo spunto. E’ quello il succo dell’articolo 😀
Invece che il lavoro dei volontari è esagerato non mi pare di averlo letto da nessuna parte.
Premesso che “i crauti” me la ascolto alimento una volta al giorno… Altrettanto faccio con gli articoli. Che dire: alla gente non ci piace niente. La gente siamo tutti matti. Non ci hanno da pensare niente se non a rompere le palle. Ecco. Ps: per i puristi della lingua italiana: ovviamente, non sono diventata scema, riprendo il gergo comune.
Canzone per canzone, prendo in prestito Guccini…
“…ma se io avessi previsto tutto questo… forse lo farei lo stesso… tanto ci sarà sempre, lo sapere, un musico fallito, un pio, un teorete, un Bertoncelli o un prete a sparare cazzate….”
Amen.
m.
Mitico Guccini!!!!
Valeria, ricordati che ci sarà sempre chi avrà da dire su quello che fai, che dici anche se lo fai strabene e soprattutto con buone intenzioni, perchè ci credi! Il fatto che tu ti metta in discussione, è segno di intelligenza, solo i cretini pensano di fare e dire tutto giusto! Però…non esagerà, perchè almeno tu le cose le fai tanti invece parlano, criticano e poi…altri invece proprio non capiscono, non sai mai se per connettersi col loro cervello è sufficiente un numero verde o ci sono delle fasce orarie!!!!……(Non è mia, ma l’ho adottata 😉 )…
Come sempre d’accordo con te. A me mette una gran tristezza leggere di cuccioli neonati buttati nel cassonetto e affidati da vigili del fuoco e servizio veterinario (quindi le istituzioni) ad un’associazione di volontari ( https://www.facebook.com/media/set/?set=a.699715816778903.1073741957.167575856659571&type=1 ) …stessa associazione che cerca inutilmente da anni di farsi assegnare da quelle stesse istituzioni un terreno per il rifugio che non sia a certezza-alluvione (nel senso che ogni volta che piove hanno serissimi danni e rischiano la vita). Approfittando del loro amore per gli animali risultano cornuti e mazziati…si trovano anime da salvare e non hanno in cambio neanche un fazzoletto di terreno idrogeologicamente sicuro. L’associazione è “meglio che niente” ma le istituzioni sono uno schifo
Il problema è sempre lo stesso, chi ha scritto nei commenti che “ce la cantiamo fra di noi” ha, purtroppo, perfettamente ragione. E finchè chi ci governa non ci vede come figli da accudire ma come mucche da mungere, ahimè andrà sempre peggio… Bisognerebbe che alle mucche girassero un pò le balle e appioppassero qualche morso sulle chiappe.
Gia`… niente e ` troppo poco e “meglio di niente” non basta..ma da qualche parte bisogna pur incominciare!