di VALERIA ROSSI – Stavo lavorando, ieri, sul campo con un simpaticissimo staffy (è quello tigrato nella foto, ritratto con la sua compagna di vita): maschio, tre anni, casinaro inside (d’altro canto… è uno staffy!) ma anche collaborativo, desideroso di imparare cose nuove eccetera eccetera.
Stiamo iniziandolo all’agility, perché adora saltare: è uno dei pochi cani che lo fanno spontaneamente. Però, da bravo terrier di tipo bull, ogni tanto pensa che “passare attraverso” (scatafasciando l’ostacolo) sia più pratico che “passar sopra”.
A parte il divertimento (che è notevole, specie quando “entra” nel muro tutto goduto e poi, tra pezzi che volano in ogni direzione, si volta con gli occhi brillanti e il fumetto che dice “Sono stato bravo, eh? Visto come sono stato bravo? Premietto, grazie!”), mi è sorto il dubbio che questo signorino potrebbe avvantaggiarsi praticando anche qualche disciplina che gli insegni un filo di autocontrollo. E siccome sto pensando di cominciare a creare un piccolo team da Rally-O, l’ho proposto alla proprietaria.
A questo punto lei mi ha espresso una sua perplessità (che valeva anche per l’agility, come per qualsiasi altra disciplina): visto che il fanciullo è tanto adorabile con gli umani quanto aggressivo con gli altri maschi… siamo sicuri che riuscirà prima o poi a partecipare a una qualsiasi garetta senza innescare qualche rissa epocale?
Non è la prima volta che mi vengono espressi dubbi simili, quindi credo che la risposta possa interessare a molti. E la risposta è: sì, siamo sicuri.
O almeno, lo saremo nel momento in cui il cane si sarà davvero appassionato alla disciplina che pratica (qualsiasi essa sia) e avrà imparato a distinguere tra “modalità lavoro” e “modalità posso-fare-quel-che-mi-pare”.
Come al solito, il discorso è gerarchico (chi non crede alle gerarchie può smettere di leggere qui, grazie): in ogni “branco misto” ci sono dei ruoli e questi ruoli possono anche variare a seconda dei casi.
La mia personale cucciolastra, quando è insieme ad altri cani, diventa tendenzialmente sorda a richiami e richieste varie: il gioco è più importante di tutto, se ne impippa di me e di quel che le posso dire (anche se di solito non le dico niente).
SE, però, le dico: “Adesso lavoriamo”… allora si concentra su di me e – con rare eccezioni, che spero/credo scompariranno del tutto con l’età – gli altri cani diventano trasparenti. E’ come se fossero usciti tutti dal campo.
Perché, questo?
Perché le gerarchie e i ruoli sono diversi, e sono appunto variabili anche a seconda del momento. Quando un gruppo di cani interagisce si creano subito – e basta guardarli per capirlo – leader e sottoposti, amici e “nemici” (anche se questo termine ha poco senso, in campo canino: meglio sarebbe definirli “competitori”), “colleghi” e “semplici conoscenti”.
I cani che si sentono leader, o che aspirano a tale ruolo, possono anche entrare in conflitto tra loro… ma di solito ognuno si procura il suo “branchetto” (o il suo harem, se ci sono tante femmine e pochi maschi) e se gli spazi sono sufficienti, si gestisce quello e si disinteressa di cosa fanno gli altri.
Ho detto e ripetuto mille volte che un gruppo di cani che si incontra al parchetto NON è un branco: un gruppo di cani che lavora insieme gli somiglia già di più (si vedono tutti i giorni, si conoscono bene), ma un vero branco è solo quello costituito da cani conviventi.
Nonostante questo, qualsiasi gruppo di cani tenderà a stabilire gerarchie e, se ne ha il tempo, a dividersi ruoli: perché questo è proprio nel loro DNA.
Un soggetto rissoso, in un ambito simile, creerebbe sicuramente scompiglio: andrebbe a sfidare gli altri maschi (o le altre femmine, se è femmina… o il resto del mondo, se è un tipo che non fa distinzioni di sesso: e purtroppo ce sono ) e nascerebbero risse che potrebbero essere ritualizzate oppure no, a seconda della razza, del grado di socializzazione, dell’indole del singolo soggetto e così via.
MA… qui arriva il “ma” fondamentale: l’umano di ogni singolo soggetto deve assolutamente essere il suo leader indiscusso.
Il conduttore deve avere il controllo del suo cane in ogni situazione: il che significa anche che, quando arriva il segnale di “adesso si lavora” (che può essere vocale, ma può essere anche rappresentato semplicemente dall’apparire di un certo collare, o di una certa pettorina), il cane rivolge tutta la sua attenzione al suo umano e si disinteressa a tutto il resto.
Certo, non è cosa che cada dal cielo: si deve “costruire”, ci si deve lavorare. E non si ottiene in due giorni.
Però è importantissimo che ci si arrivi, perché così qualsiasi cane – anche il più rissoso del mondo – dividerà nettamente il concetto di “sono libero di farmi gli affari miei” da quello di “adesso si lavora, quindi devo ascoltare il boss e dar retta soltanto a lui”.
Come ci si arrivi l’abbiamo già detto in diversi altri articoli: abbiamo parlato di ingaggio, di motivazione, di gioco, di rinforzi eccetera eccetera… ma il concetto di base è che il cane deve pensare che lavorare al nostro fianco sia la cosa più bella del mondo.
Più bella anche del giocare con gli altri cani; più importante anche del litigare per decidere chi è più figo.
Se non si è ancora ottenuto questo risultato, in gara non ci si dovrebbe neppure andare: e so benissimo che qualcuno ci va lo stesso, limitandosi a tenere il suo cane separato dagli altri fino al momento di entrare in campo… ma sarebbe molto meglio costruire prima un rapporto corretto (che non è di “sudditanza”, come qualcuno ancora cerca di farci credere, ma è costruito su stima, fiducia e rispetto).
In ogni caso, se si è lavorato bene anche solo in ambito sportivo, il cane si concentrerà sull’attività che deve svolgere in quel momento e non penserà mai ad uscire dal campo per “finire di regolare la questione” con quell’altro cane, o per finire di corteggiare quella cagnetta.
Per partecipare a una competizione, anche solo alla garetta di club, è indispensabile che al cane piaccia da morire praticare il suo sport: se però gli piace ancora di più interagire con il conduttore (qualsiasi cosa si faccia insieme) è ancora meglio. Anzi, è molto meglio: ed è questo il risultato finale ottimale a cui si dovrebbe sempre tendere.
In ogni caso, un cane in grado di distinguere tra “modalità lavoro” e “modalità libera” può già gareggiare e può comunque lavorare in presenza di altri cani anche solo in allenamento.
Se il conduttore non è il suo leader, invece, e se lui continua a farsi i cavoli suoi anche quando dovrebbe entrare in modalità lavoro… allora è meglio che non gareggi, perché comunque i risultati non potrebbero essere positivi.
Meglio continuare a lavorare sul rapporto (anche a costo di trascurare l’agility o l’UD o quel che sia, per qualche tempo), perché se non c’è quello… non c’è niente.
ho sia avuto che visto cani di altri, che sono “assassini” con gli altri cani ma che quadno si lavora… anche senza guinzaglio e passando a fianco degli altri cani maschi… sono dei soldatini. e possibilissimo eccome…
ma se uno vuol fare il “parchettaro”… che non si prenda uno di quei cani…punto.
tribola sicuramente meno.