di MATTIA TACCHINI – Chi passeggia con il proprio cane per la pubblica via può essere ritenuto responsabile del delitto di deturpamento e imbrattamento di cose altrui, previsto dall’art. 639 del codice penale, se il proprio cane orina su un edificio oppure su un veicolo?
Esistono delle cautele da adottare per evitare conseguenze penali nel caso in cui non si riesca ad impedire al proprio cane di orinare sul bene altrui?
La Suprema Corte di Cassazione con la pronuncia n. 7082/2015 ha esaminato tale questione, formulando alcuni rilievi che possono costituire delle linee guida, quasi una sorta di decalogo, quando ci troviamo in passeggiata con il nostro cane.
E’ opportuno premettere che l’art. 639 c.p. prevede che
Dunque, una condotta che chiunque ha visto verificarsi in centinaia – se non migliaia – di occasioni, sembrerebbe poter avere una rilevanza penale.
Si dirà di più: una condotta che qualsiasi proprietario di cane maschio con una certa attitudine alla marcatura ha sicuramente posto in essere – almeno inavvertitamente – qualche volta nella vita, sembrerebbe poter avere una rilevanza penale.
Ciò premesso, è ovvio che non si stia parlando di un reato particolarmente grave; però alzi la mano chi avrebbe pensato che nel codice penale ci fosse una norma idonea a censurare la condotta del padrone che faccia orinare il proprio cane su un edificio oppure su un’automobile altrui.
Non credo molti. D’altra parte, non significa nemmeno che tutti i proprietari di cani maschi “marcatori seriali” verranno condotti avanti al giudice di pace per un’imputazione di deturpamento o imbrattamento di cose altrui; però la norma deve far riflettere e, ove i più basilari principi di civiltà non fossero sufficienti a guidare la condotta dei proprietari in passeggiata, dovrebbe indurre ad adottare alcune cautele.
I fatti sono piuttosto semplici: il proprietario di un cane veniva accusato del reato sopra indicato poiché il suo cane aveva orinato sulla facciata di un edificio dichiarato di rilevante interesse storico (rendendo quindi il delitto perseguibile d’ufficio e con pena della reclusione da tre mesi ad un anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro).
Premettiamo che questa non è sicuramente la sede opportuna per esaminare le complesse questioni in materia di elemento psicologico del reato trattate dalla Suprema Corte: basti sapere che, in quanto delitto, il deturpamento e l’imbrattamento del bene altrui, per essere censurabili penalmente, devono essere commessi con dolo, ossia con la consapevolezza e volontà di commettere il reato. In altre parole, non esistono un deturpamento e un imbrattamento colposi, perché non espressamente previsti nel nostro Ordinamento: chi commette tali reati viene punito penalmente perché volontariamente pone in essere la condotta. Nel caso che ci occupa, quindi, viene punito chi induce il cane a orinare appositamente sul bene altrui.
Questa è la chiave di volta della sentenza, che ora esamineremo brevemente.
La Cassazione, nella pronuncia in esame, ha preso le mosse da rilievi piuttosto semplici: condurre il cane nella pubblica via espone al rischio che lo stesso lì espleti i suoi bisogni fisiologici, imbrattando beni di proprietà pubblica o privata; per quanto il cane possa essere ben educato, può essere difficile prevedere quando esso espleterà i suoi bisogni; il cane, soprattutto in città, non può espletare i propri bisogni in luoghi di privata dimora oppure in luoghi a ciò deputati, per cui si potranno solo adottare delle cautele affinché i cani non sporchino beni di proprietà di terzi, ma non si potrà certo impedire al cane di espletare i propri bisogni, perché tale condotta costituirebbe un maltrattamento.
La Suprema Corte, fatte tali premesse, ha concluso che il conduttore del cane ha il dovere di adottare quelle condotte idonee a limitare il rischio che vangano sporcati beni di proprietà di terzi: dovrà dunque vigilare attentamente sulla condotta del proprio animale; dovrà utilizzare strumenti che limitino la totale libertà di movimento del cane, come il guinzaglio; dovrà adottare quegli accorgimenti diretti a farlo desistere, nell’immediatezza, dal marcare il bene altrui, ad esempio materialmente allontanandolo dallo stesso.
Nel caso in cui, però, si verificasse comunque l’imbrattamento del bene altrui, in assenza di elementi dai quali desumere la dolosità della condotta, la stessa sarà riconducibile a colpa del conduttore del cane, che però non è rilevante ai fini della commissione del reato: come sopra visto, infatti, il deturpamento e l’imbrattamento del bene altrui per essere punibili penalmente devono essere dolosi.
Altro elemento idoneo ad escludere la dolosità è il comportamento del padrone del cane che – successivamente all’imbrattamento – abbia compiuto azioni idonee, se non ad impedire sul nascere la condotta dell’animale, almeno ad eliminare le conseguenze della stessa: come ad esempio l’uso di una bottiglietta d’acqua per ripulire il muro sporcato.
Quest’ultima, peraltro, era proprio la condotta tenuta dal proprietario del cane che, condannato in primo grado dal giudice di pace ed assolto in appello dal tribunale, è stato assolto anche dalla Cassazione, con condanna della parte civile ricorrente al pagamento delle spese di lite.
Ciò premesso, vorrei formulare una riflessione finale: spesso le leggi (quando non sono astruse o mal scritte) costituiscono l’applicazione di basilari regole di civiltà tese a garantire una corretta convivenza ed il godimento di pari diritti da parte dei consociati.
A ciò consegue che basterebbe generalmente rispettare tali esigenze per tenere una condotta lecita e non censurabile penalmente.
Tornando al caso in esame: trovo che tutti i proprietari di cani con alta attitudine alla marcatura (ed io sono sicuramente fra questi, visto che il mio pastore tedesco ritiene che tutto il mondo rientri nel suo territorio) dovrebbero prestare particolare attenzione per evitare che i beni altrui vengano sporcati dal proprio animale domestico.
Personalmente ritengo orribile quando al mattino le persone trovano l’entrata della propria casa, la serranda del proprio negozio oppure la propria auto sporcata da cani che hanno proprietari maleducati ed incivili; analogamente, detesto vedere i marciapiedi trasformati in campi minati di escrementi.
Noi amanti degli animali, che giustamente ci lamentiamo quando veniamo discriminati (ad esempio quando il nostro cane – e noi con lui – non può entrare in un negozio oppure in un altro luogo pubblico senza ragione), dobbiamo al contempo adottare tutte le cautele per evitare di causare pregiudizi ad altri: anche i nostri diritti, infatti, terminano quando iniziano quelli altrui.
Per maggiori informazioni/dettagli potete scrivere direttamente all’Avv. Tacchini: mattia.tacchini@yahoo.it
la soluzione imbattibile è già stata trovata…
Bell’articolo. Ecco, io sono riuscita ad educare, con grande fatica, il mio cane a non marcare automobili e muri ma, naturalmente c’è un ma, da qualche parte la dovrà pur fare questa benedetta pipì! Sono soggetti a questa legge anche gli alberi e i pali della luce?!?!?
può darsi che qualche concittadino abbia qualcosa da ridire…una tizia dietro di me un giorno (senza che io le abbia dato spunto – forse solo un pretesto pretestuoso – cane al guinzaglio, ma femmina) si lamentava col figlio (presumo) che i vasi di pietra (o di materiale pesante) pubblici, messi dal Comune per abbellire qualche tratto di strada/marciapiede con piante o fiori, li paga anche lei (e che i cani che ci pisciano su, in sostanza, rovinano ingiustamente un bene che paga anche la signora stessa….). tanti auguri.
Normalmente la fa solo su cose “rotonde” appunto, però se le cose stanno così bisognerebbe mettere ogni tanto un “pisciatoio” per cani 😀
L’avvocato ha scritto un articolo chiaro e interessante, però ha commesso un errore gravissimo: il titolo!
Non ha considerato che il punto interrogativo è invisibile per molti, quindi senza neanche leggere il contenuto fioccano i commenti su facebook contro le leggi ingiuste e cattive che vogliono mandarli in galera se il cane fa pipì su di un lampione.
La colpa del titolo è solo mia: l’avvocato ne aveva messo uno troppo lungo e quindi l’ho sintetizzato così.
Capisco che qualcuno possa non vedere il punto interrogativo… però mi auguro anche che chi è interessato all’argomento LEGGA l’articolo. Quelli che commentano “ad cazzum” senza aver letto, sinceramente, non mi preoccupo neanche troppo di agevolarli 🙂
Anch’io ho un maschio marcatore compulsivo, per fortuna ho il giardino e devo percorrere un bel tratto di strada prima di arrivare in paese, dove il viale principale se non altro dispone di cespugli. Se invece lo porto in città mi munisco di bottiglietta e comunque cerco di evitare di fargli alzare la zampa sui muri delle case. Non mi importa se per farlo devo strattonarlo via ed è capitato che mi beccassi qualche occhiataccia di rimprovero.
E hai ragione! Quante volte ho visto in alcuni centri commerciali, cani che fanno la pipì contro angoli, scatoloni ecc…Sono d’accordo che il padrone in quel momento può essere distratto e il cane ne approfitta, ma ho visto con i miei occhi padroni che lasciano fare e non puliscono. Personalmente, in quei casi, ci metterei la faccia del padrone. Stiamo cominciando ad avere un po’ più di libertà con i nostri pelosi, vediamo di non mandare tutto alle ortiche!