venerdì 29 Marzo 2024

Il cane, un mistero prezioso tra finzione e realtà (intervista al cinofilo)

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Massimiliano Guerrini
Massimiliano Guerrini
Massimiliano Guerrini si laurea in Giurisprudenza nel 1992 presso l’Università’ di Genova. Nel corso della sua carriera accademica consegue un Master in ambito giuridico - economico presso l’Università’ di Exeter, Devon, Uk, cosi come in marketing operativo e strategico, presso la Profingest Management School di Bologna. Intraprende la formazione professionale in area legale, settore che tuttavia abbandona relativamente presto migrando in area marketing-vendite, sino a ricoprire funzioni dirigenziali presso società di rilievo nazionale e internazionale. Lavora in Italia, Gran Bretagna, Svizzera, in disparati settori merceologici: dal tessile all’industria dello sport e del divertimento, alla subacquea, al settore medicale, ecc. Consegue il titolo di personal trainer Issa e istruttore subacqueo Padi. Oltre all’immersione sportiva e all’apnea, pratica arti marziali, free-climbing e football americano. Viaggia intorno al mondo in solitaria. Attende un periodo di formazione come addestratore di delfini in Bermuda. Lavora in lingua Italiana e inglese, conosce alcuni idiomi Europei. Si occupa di cani dal 2005, divenendo negli anni toelettature professionista (Accademia di Paola Acco - Portogruaro) e Istruttore cinofilo (SIAC di Vittorino Meneghetti - Segrate). Ha seguito e continua ad attendere, tra i molti impegni, svariati corsi e stage formativi in ambito cinotecnico.

PREMESSA di Valeria RossiL’intervista che segue è molto lunga (anche per questo è illustrata con il minimo storico di foto: ma metterne altre avrebbe reso l’articolo davvero interminabile): vi suggerirei comunque di leggerla per intero, perché l’ho trovata interessantissima e – per quanto possa apparire “di parte” – estremamente corretta nei contenuti. Certo, si dirà che anch’io sono “di parte”: ed è vero, ma in tutta sincerità ed onestà ritengo di essere (come l’intervistatore e l’intervistato) dalla parte della ragione e soprattutto da quella del cane.
Non mi dilungo oltre nella premessa (ci manca solo che diventi verbosa pure questa) se non per dire che l’intervistato non è una persona fisica: è il “cinofilo” in generale. Quello vero, quello “puro”, quello che i cani li ama veramente e che non ne fa soltanto un business.

di MASSIMILIANO GUERRINI – Gli appassionati del cane e degli animali domestici sono numerosissimi e il loro numero cresce ogni giorno. L’amore per i cani non trova confini, dal ricevere affetto come il più amato dei nostri figli all’adozione di metodi gentili nell’addestramento. Dall’evoluzione degli approcci classici, tradizionali, sino alla cura del benessere canino a 360°. Qual’é la sua visione a questo proposito?
Il cane, l’unica specie animale in natura ad avere stretto alleanza con l’uomo, è privo di vizi ma, con tutta probabilità, dotato di tutte le nostre virtù.
Il cane è una creatura stupenda, affascinante e misteriosa e, sotto alcuni aspetti, ritengo rimanga tale anche per i più qualificati ed esperti dopo innumerevoli anni di pratica. Un cane alla fine ti sorprenderà sempre.
Il connubio che unisce un cane a un uomo trascende il concetto stesso di tempo. Lui resterà per la vita intera un bambino al nostro fianco, e più spesso di quanto non si pensi, indipendentemente dai nostri errori. E’ bene mettersi il cuore in pace sin da subito, saremo difficilmente in grado di eguagliare la sua costanza e il suo equilibrio nell’amarci con tutto se stesso, senza riserve.
Starò sempre in prima linea per difendere un amico tanto degno di stima, coerente e privo di preconcetti morali.
Venendo invece alla sua riflessione, sì, ha ragione, è sicuramente positivo sapere che i cani siano amati profondamente. Anche se, a dirla tutta, dovremmo per lo più comprendere meglio che amare un cane come si ama un essere umano rappresenti una chiara forma di egoismo e una mancanza di grande rilevanza.
L’amore che non ha timore di mostrarsi dovrebbe maturare e calarsi in un mondo che non ci appartiene. Per fare questo il cane va compreso e vissuto con voglia di apprendere, innanzitutto con modestia.
Per quanto concerne l’addestramento mi permetta di dirle, però, che non sono d’accordo con quanto ha affermato. L’adozione di metodi cosiddetti “gentili”, e pongo l’accento su “cosiddetti”, non corrisponde spesso, come si potrebbe erroneamente pensare, a professionalità e competenza.
Quanto affermo trova riscontro nell’esperienza di un numero sempre crescente di utenti insoddisfatti. Sono convinto che oggi in cinofilia si assista, piuttosto tristemente, allo sviluppo di campagne di marketing che ben poco hanno a che fare con il benessere del cane, ma semmai con i variegati interessi economici dei loro promotori.
Vero è anche che i venditori di fumo sono sempre esistiti, occorre quindi solamente imparare a riconoscerli.
Purtroppo si sono moltiplicati a dismisura. E gli Italiani leggono sempre di meno, s’informano sempre meno; tutto ciò non aiuta, non ci aiuta a distinguere la cinofilia vera da quella falsa e mercenaria.
I metodi classici di addestramento sono validissimi, affermare che siano violenti è assolutamente falso. Una persona in particolare può, invece, essere violenta o magari incompetente, o tutte e due le cose. Generalizzare è un errore tanto grande quanto comune.
Non è certo l’appartenenza a una data categoria che rende una persona brutale per definizione.
Non diventiamo tossicodipendenti per essere entrati in una drogheria, né monaci per avere aiutato il prossimo in qualche occasione. Bisogna fare molta attenzione.
Alcune trasmissioni televisive ad alto impatto, molte campagne mediatiche, sono da prendere con le pinze. Gli stessi giudici andrebbero valutati.
Seneca affermava che il saggio, nel giudicare, dovrebbe guardare al proposito. Non lo disse a caso.

Ritiene che in Italia, la cinofilia che dovrebbe essere alla portata di tutti, quella delle trasmissioni televisive, degli allegati in edicola per intenderci, diffonda informazioni veritiere?
Ritengo che occorra selezionare con molta cura i nostri testi, i nostri interlocutori.
Vede, il perno principale su cui fare leva per sensibilizzare un alto numero di persone, particolarmente in un paese latino quale il nostro, è l’animo sensibile delle persone.
Cito un esempio tra i molti possibili. Leggo quotidianamente campagne diffamatorie sull’uso di strumenti di addestramento, quali i collari, che sinceramente trovo surreali, specie sapendo a quali azioni e omissioni sono usi alcuni sostenitori di tali iniziative.
Tra queste posso menzionare:
a)  l’uso celato di violenze (mai di fronte al cliente);
b) l’accettare, o peggio il consigliare (senza neppure esserne abilitati) la somministrazione indiscriminata di psicofarmaci al cane;
c)  la promozione di teorie che non riflettono in assoluto gli insegnamenti di madre natura.
Sono a conoscenza di personaggi, noti in Italia, che alterano grandemente, o comunque complicano sensibilmente, le basi della cinofilia conosciuta e condivisa.
Sfruttano l’opportunità di monetizzare la critica ingiustificata e la complessità verbale (spesso inutile), vestendo un’immagine apparentemente sapiente e buonista, diffondendo informazioni devianti a chi è alle prime armi.
Per comprendere il modo corretto di rapportarci al cane dovremmo innanzitutto osservarlo e viverlo con l’aiuto di un professionista. A comandare il successo dell’uomo, in ciò che fa, non è tanto la biologia quanto l’informazione, senza eccezioni.

Lei è a favore di un metodo gentile nell’approccio col cane?
Guardi, io sto attento a dove metto i piedi perché mi farei i sensi di colpa se schiacciassi una formica. Sono sempre dalla parte del cane, vorrei che fosse chiaro in modo cristallino.
Sono favorevole al vedere la realtà delle cose, tuttavia non mi riconosco nel conformismo dilagante, nonostante possa portare a indubbi vantaggi economici; non amo credere alle fantasie perché è di moda, fa chic o potrebbe essermi utile. E poi… si parla molto, ma sa qual’è veramente il miglior insegnante possibile in cinofilia? Il cane stesso, una volta imparato a osservarlo.

Il rapporto cane-uomo, leggendo i giornali, potrebbe apparire alquanto controverso, molti gli incidenti. Un eminente professore attribuisce di recente le colpe delle aggressioni subite dagli umani principalmente ai cani di grandi dimensioni, che gradirebbe vedere estinti. Reputa queste affermazioni verosimili?
I problemi nei rapporti interspecifici in verità li creano in larghissima misura gli uomini, principalmente in virtù della loro ignoranza in ambito cinofilo/cinotecnico.
In un certo senso siamo tutti ignoranti, ma prima di apprestarci a scrivere un articolo di carattere tecnico, che potrebbe influenzare le masse, dovremmo pensarci tre volte, se competenti; dieci, se sappiamo di non trattare la nostra materia.
Come conseguenza di ciò, le statistiche riportate, ad esempio, sull’incidenza dei morsi di cane in USA o in Irlanda, perdono fondamentalmente ogni significato, unitamente alle conclusioni riportate. Mi spiego meglio. Se affermassi che, per ipotesi, ogni anno fossero morsicate 10.000 persone in Italia e 1.000 in Olanda, e che, in virtù di un tal elemento statistico, si dovrebbe desumere che il cane è un animale pericoloso in assoluto – con contestuale obbligo di dismissione degli allevamenti di razze di grande mole (o alcune di esse) – dovremmo sentirci parimenti liberi di affermare che, ad esempio, data l’incidenza di gravi disgrazie nell’uso di vari mezzi di trasporto, quali: motociclette, automobili, autobus, camion, treni, sarebbe opportuno se ne fosse imposto immediatamente il disuso, data la loro rilevante pericolosità statistica.
Chiediamoci invece perché ciò avvenga.
Se da un lato l’alta incidenza di sinistri veicolari dipende sia dall’alta velocità, che da stati di euforia indotta, errori umani che dir si voglia, le morsicature di cane dipendono:
1) in primis dal livello di cultura cinofila media che, in Italia, per la verità, è veramente a livelli modesti. Piuttosto che la soluzione paventata, priva di ogni significato cinotecnico, perdoni l’onestà, andrebbe semmai introdotto l’obbligo del conseguimento di un patentino (per cani di razza e meticci indistintamente), attraverso una formazione da tenersi presso strutture qualificate e auspicando al contempo che il compito per una tale istruzione sia attribuito ad addestratori professionisti di lungo corso. Cioè a dire personale che sia abituato a tenere cani al guinzaglio, a viverli tutti i giorni, con innumerevoli ore-cane vissute su un campo d’educazione/addestramento.
Non affiderei invece tale compito a medici veterinari privi di esperienza pratica, a teorici della “New Ethology” e, ovviamente, alla larga schiera di guru che compone il panorama cinofilo nazionale.
Quanto ho illustrato in precedenza dovrebbe riguardare non solo i possessori di cani di grande taglia, per cui la formazione sarebbe ancora più auspicabile solo secondo un principio teorico, ma tutti i possessori di cani. Quanto precede in virtù del fatto che a monte è principalmente la selezione operata dall’allevatore a determinare le doti che comporranno il carattere di un cane e, quindi, in estrema sintesi, la probabilità che lo stesso si comporti in un modo piuttosto che in un altro.
2) Non sono poi molti gli allevatori professionisti di comprovata esperienza pluriennale che operano sul territorio. Non è un caso che i maggiori danni in allevamento, e quindi in società, come loro diretta conseguenza, siano perpetrati da privati, o comunque da soggetti con scarsa consapevolezza, che producono cucciolate con il solo fine di integrare il reddito familiare e, spesso, non hanno alcuna competenza tecnico-scientifica. I risultati non possono pertanto che essere il più delle volte problematici, con produzione di esemplari di difficile gestione, specie per la persona comune.
3) Gli enti preposti alle verifiche e controlli in materia cinotecnica dovrebbero svolgere ancora più efficacemente il proprio lavoro.
4) I giornalisti, d’altro canto, invece di spargere il dubbio e il panico, sarebbe auspicabile sensibilizzassero gli organi competenti, magari facendosi assistere da colleghi più esperti nella stesura degli articoli di carattere specialistico.
Scrivere, infine, come è stato fatto dal Prof. Bellelli sul Fatto Quotidiano: “viene ovviamente da chiedersi se sia proprio necessario allevare cani grandi e capaci di causare gravi lesioni all’uomo: le razze create con l’allevamento, se si smette di allevarle, scompaiono. Come cani da compagnia vanno benissimo i bassotti” è sinceramente irragionevole, ne’ si comprende il riferimento a una razza specifica quale il bassotto, quando, in media, ne esistono di ben più docili.

guerrini_2Sono veramente molti i trabocchetti per chi si affaccia oggi alla cinofila?
Si. Mi limito a precisare come alcune persone promuovano forme di addestramento che conducono a scarsi risultati tangibili, dipingendole come rispettose dell’identità canina, mentre in realtà, oltre a non esserlo nella maggioranza dei casi, sono quantomeno strampalate.
Dato che però, le prerogative di questi corsi sono basate su una concezione quasi waltdisneyana del cane, hanno generalmente un buon impatto sul pubblico, indipendentemente dalla loro bontà e funzionalità pratica.
In realtà non è tanto l’accettare di avere un cane meno “addestrato”, quanto l’avere compreso i concetti che stanno alla base della psicologia canina applicata all’educazione/addestramento o meno.
E’ chiaro che se poi mi fa piacere essere preso in giro, o quantomeno sono pronto ad accettarlo, la pochezza dell’insegnamento perde rilievo. Si sa, non è bello ciò che è bello ma… che bello, che bello, che bello (sorride).
Io noto molta paura in alcuni movimenti cinofili che non diffondono verità, da un po’ di tempo a questa parte. Si ragiona sempre male quando si ha paura. Non si ha mai veramente timore, invece, quando si vuole ragionare con criterio.

Quale sarebbe dunque il profilo ideale dell’appassionato cinofilo?
Sono a favore delle persone che desiderano approfondire la loro conoscenza sul cane, permettendogli di educarsi, di acculturarsi al mondo civile, essenzialmente su un campo di addestramento gestito da professionisti. Solo in questo modo un cane potrà convivere al nostro fianco libero da pregiudizievoli limitazioni.
Sono a favore di chi non presta importanza alle informazioni non qualificate (ed è in grado di distinguerle dalle qualificate) e che si mette in gioco per analizzare con coscienza anche quanto di primo acchito potrebbe sembrare negativo ai suoi occhi, proprio perché molto spesso la verità si cela sotto diverse, appetibili, apparenze.
Non esito personalmente a credere che le violenze più accanite sui cani siano in realtà perpetrate da chi trascura, con colpa o dolo, gli insegnamenti di madre natura sui rapporti esistenti all’interno di una specie animale o tra specie animali e, per mero lucro, crea regole nuove e fittizie in difesa dei propri fini, che poco o nulla hanno a che fare con il cane in quanto discendente del lupo, ma molto ne hanno sulla loro attitudine a influenzare le abitudini di acquisto delle masse.
Non sono pochi i soggetti abilitati da una Laurea, Master o PhD (e non solo) che si spacciano per acerrimi difensori del cane, ma che non esitano a somministrargli psicofarmaci senza alcuna necessità reale, farmaci i cui grandi limiti e la cui estrema pericolosità sono stati/e persino ampiamente comprovati sull’uomo.
Sono fermamente convinto che nella grande maggioranza dei casi il lavoro di addestramento basato sulle doti caratteriali possa portare, invece, a risultati eccellenti. Certo, per poterlo svolgere i cani bisogna conoscerli, e bene, concretamente.
C’è da domandarsi dunque perché chi è favorevole all’uso, e propone il consumo di sostanze così pericolose, suggerendo peraltro metodi educativi apparentemente poco convincenti, abbia sempre rifiutato incontri pacifici volti a comprendere su quali soggetti andrebbero utilizzati, confrontando le reciproche esperienze pratiche nell’educazione, nell’addestramento e nel risolvere i problemi caratteriali con metodi il più possibile naturali e rispettosi del benessere canino.

Mi sembra di capire che lei non sostenga una posizione di favore nei confronti dei cosidetti “gentilisti”.
Io non sono prevenuto, assolutamente, se non verso i falsi, gli ipocriti; quale bandiera sventolino sinceramente non m’interessa.
Tuttavia conosco il mercato e i servizi prestati ai clienti, nella media: non parlo a caso.
E’ chiaro che ogni situazione meriti comunque e sempre un approfondimento dedicato. Eppure quando sente “illustri” personaggi del nord Europa affermare di avere addestrato sessantamila cani, il sorriso è d’obbligo. Ci rendiamo conto di quanti siano sessantamila cani?
Nessuna normativa impone la decenza, ma credo tutte le persone oneste traggano piacere dall’averla e nel dimostrarla.

In verità, il cane è una creatura così complessa?
Il cane in sé è una creatura alquanto semplice, ma occorre comprenderne le capacità cognitive, la psicologia, la morfologia, ecc.
Ci vuole tempo e occorre, come già puntualizzavo, essere aiutati da persone competenti.
Il nostro compagno non è un benefattore sceso dal cielo, come a volte si gradirebbe qualificare, ma un fedele amico che merita di essere capito poiché cane.
Le faccio un esempio: come il suo progenitore, il lupo, il cane è un animale gerarchico, nonostante i tentativi volti ad affermare il contrario, espressi purtroppo anche da blasonati autori internazionali.
Il fatto che tanto il lupo quanto il cane siano animali gerarchici non piace a tutti. Ed è più che lecito domandarsene il perché.
Il cane, nella coscienza popolare, è dipinto con un’immagine dolce, affettuosa, altruista, fedele, coraggiosa, mai aggressiva senza ragione (la ragione umana, intendiamoci).
La tendenza commerciale di maggior grido, quindi, mira a farci dimenticare che l’aggressività in natura è in realtà una dote, una qualità, non un difetto, giacché contribuisce alla conservazione della specie (della vita).
Un cane aggressivo può però rappresentare un pericolo. Lo rappresenta all’interno della società umana, rispetto all’uomo o ad altri cani, o entrambi.
Un cane geneticamente dotato, quindi dotato anche di una corretta dose di aggressività (secondo uno standard assoluto, non in linea dunque con i parametri della signora Maria della porta accanto) è destinato frequentemente all’abbandono, a una vita in canile, all’annullamento da psicofarmaci o all’eutanasia.
Tutto ciò è assurdo, perché un cane dotato andrebbe valorizzato.
Ciò nondimeno, c’è un “ma”.
Importanti volumi di fatturato si raggiungono unicamente con la rivendita di diverse tipologie di cibo (riprodotte all’infinito per marca), cosi come degli spesso inutili ma attraenti accessori disponibili sul mercato, o con il proporre un addestramento in apparenza elaborato (e quindi molto caro) ma in realtà sconclusionato e/o volto a umanizzare il cane.
Anche questo è espressione di obiettivi miranti a donare forza all’istinto materno, all’interno di un eco-sistema antropico; la ciliegina sulla torta di una falsa informazione cinofila che equipara il crescere un bambino al crescere un cane, sempre al fine di stimolare l’acquisto di prodotti perfettamente inutili.
I concetti che ruotano intorno alla concezione del cane, inteso come un animale non gerarchico, pacifico, quasi un anti-stress in carne e pelo, mirano dunque a consolidare il nostro desiderio cronico di accumulare continuamente nuovi beni e servizi per il suo “benessere”, con scarso riguardo all’effettiva necessità che il cane ha di essi. In verità, quasi sempre nessuna.
E’ quasi tutto denaro gettato al vento, con l’eccezione di un trasportino, magari di un cuscino, alcuni giochi, i sacchetti per la raccolta delle feci e poco altro.
Tutto il mercato del PET fa ottimo uso di queste importanti premesse. Con questo non voglio porre un limite a ciò che arreca piacere al popolo di consumatori, ma aiutarvi a comprendere che i budget di vendita non hanno né morale né confini.
Insomma il consumismo e la disinformazione di certo non aggiungono serenità e tranquillità ai nostri amici pelosi, che sono sempre più spesso infelici e insicuri, senza che nemmeno ce ne accorgiamo.
Chi ci vuole fare credere che un cane debba essere trattato come un bicchiere di cristallo o che possa essere umanizzato oltre ogni decenza, perché quella sarebbe una sua necessità o un degno privilegio, non può essere dipinto come persona moralmente corretta.
Fa piacere a tutti noi coccolare un cane, sarebbe quindi naturale trattarlo come si fa con un bimbo, eppure è sinceramente sbagliato il più delle volte.
Poniamoci piuttosto la seguente domanda: diamo alla luce un figlio per il suo futuro, non per il nostro (o quantomeno dovrebbe essere cosi…), non credete che il cane meriti il medesimo rispetto in quanto creatura vivente?

Potrebbe essere sufficiente acquistare un buon libro al fine di apprendere le basi di un’educazione e di un addestramento di primo livello appropriati?
Non basterà assolutamente acquistare un buon libro, né servirà a molto consultare i guru della cinofilia del nuovo millennio.
Avere posseduto cani potrebbe parimenti non bastare se in realtà, come comunemente accade, manca la conoscenza, in primis, della psicologia canina.
Frequentare un professionista di lungo corso e un buon campo di addestramento è una soluzione imprescindibile, mi perdoni se mi ripeto, indipendentemente dalle discipline che gradiremmo svolgere in prospettiva.

Le farò una domanda inusuale. Quali differenze di sostanza rileva tra uomo e cane?
Senza scendere troppo nel tecnico, ed escludendo le ovvie differenze nell’aspetto estetico e nelle capacità cognitive, una delle differenze fondamentali tra uomo e cane è rappresentata dal fatto che quest’ultimo sia privo di sentimenti d’odio, d’ipocrisia.
Il cane è in grado di accettare la sua posizione all’interno del “branco-famiglia” senza malumori, non soffre di protagonismo, non ha un ego smisurato, non ambisce a ricchezze o notorietà.
L’uomo è raramente soddisfatto degli obiettivi che raggiunge, il cane non ragiona per nulla in questo modo. L’essere umano è perfettamente in grado di simulare, come i primati: il cane no. Probabilmente questo è un bene sotto un profilo morale, elemento che lo aiuta cioè a renderlo puro ai nostri occhi, un modello ideale cui ispirarsi.

Esistono veramente i teorici puri in cinofilia? Persone che non hanno mai lavorato cani personalmente ma che offrono i propri servizi in cinofilia al servizio del pubblico?
Certamente. Oggi assistiamo all’organizzazione di una moltitudine di seminari, dai più disparati oggetti, dove il cane, che dovrebbe essere il primo invitato, in realtà è il primo a essere escluso. Questo rappresenta solo l’inizio.
Sa quanti argomenti in ambito cinofilo, ormai pacifici da anni, si possono riadattare e complicare quando ci si mette a discutere di educazione e addestramento? Infiniti.
Ecco, questo è quanto  sta succedendo oggi in Italia, ma non solo da noi. Si discute moltissimo su questioni già pacifiche e si tengono raramente in mano guinzagli.
Lo scibile umano si ridipinge, per poi essere rivenduto, a volte completamente stravolto, altre volte parzialmente stravolto, altre ancora invariato nella sostanza ma non nella forma, a caro prezzo, ma con una faccia più appetibile alla gente comune, da parte di chi ha ben pochi scrupoli.
Tutto ciò non ha senso alcuno. Una vera cultura cinofila non può nascere da questo.
O meglio, se vogliamo riempire le sale di congresso un senso ce l’ha, ma solo economico, a vantaggio dei relatori e degli organizzatori.
E’ triste, sa? Si assiste a folcloristici tentativi volti a reinventare il già conosciuto al fine di sfruttare nuove opportunità di business, oppure a indurre il pubblico a pensare che lo psicofarmaco sia l’unica soluzione a semplici mancanze di socializzazione o educazione.
Il business per le case farmaceutiche, e per chi vi collabora, è grande ed evidente.

Ha accennato a educatori che formerebbero i cani dei propri clienti con scarsi risultati pratici, prescindendo dalle regole di “madre natura”. Il concetto per taluni potrebbe essere un po’ vago, potrebbe farci degli esempi concreti?
Certamente, eccone alcuni, senza la velleità di essere esaustivo:
Il cane non può essere corretto se pone in essere un comportamento non voluto, pena il deterioramento del rapporto uomo-cane”.
Mi domando se i guru citati abbiano mai osservato il comportamento di una qualsiasi cagnetta nei confronti dei propri cuccioli, durante e successivamente al periodo “finestra”, in cui tutto è ammesso o, magari, se abbiano mai esaminato con attenzione il modo di agire/fare di un branco di lupi in natura.
Le correzioni, più o meno ritualizzate, avvengono eccome! Il tutto sta nell’usare la sensibilità appropriata.
Avete mai sgridato i vostri figli in un modo consono ai comportamenti da loro posti in essere? Non credo  ciò abbia mai pregiudicato il vostro rapporto.
L’esempio è molto semplice ma oggi siamo diventati “l’ufficio complicazione cose semplici”, lo sa perché? Per vendere novità inesistenti. Per proporre stage e seminari dai titoli altisonanti ma spesso senza significato concreto. E’ tutta una questione di fatturato e profitti.
Il cane non nasce per giocare con una pallina, farlo giocare in questo modo è fondamentalmente sbagliato”.
Ritengo che un tal credo non si possa che canzonare.
Scherzi a parte, l’azione che il cane pone in essere inseguendo una pallina riflette un impulso all’inseguimento, come riflesso di un istinto predatorio. Non può trattarsi di istinto predatorio nello specifico dato che la preda, in questo caso la palla, manca di proprietà organolettiche, vale a dire non è viva. Se un cane si diverte e non arreca danno ad alcuno, incluso se stesso, siamo sempre sulla strada giusta, per quanto mi concerne. W il divertimento, con e per il cane!
Il collare è uno strumento che causa gravi danni al cane” .
Potrei nuocere a un cane con un semplice collare in nylon se veramente lo volessi, vero, potrei contribuire allo “scollamento dei gomiti” con una pettorina, vero.
Il cane non deve mai essere abusato ma educato, addestrato in linea con le sue doti caratteriali. La sua salute psico-fisica merita il massimo rispetto.
Qualsiasi strumento potrebbe, volendo, essere usato come un’arma. Parimenti, posso nuocere a un uomo con una corda, con una stampella, persino con un cellulare. La differenza rimane nella sensibilità di chi utilizza un oggetto, qualunque esso sia.
I muscoli del collo del cane, ricordiamolo, sono particolarmente robusti, ben più di quelli dell’uomo; il cane è per natura un carnivoro, un predatore, la sua struttura fisica, collo incluso quindi, gli permetterebbero agevolmente di abbattere prede senza subire danni.
Ha presente quali sforzi meccanici sono trasmessi al collo durante il morso e l’uccisione di una preda?
Il cane non è un oggetto da collezione, ha una struttura fisica in genere vigorosa, non dovrebbe essere abilmente vittimizzato per finalità economiche. Dichiarare che un collare sia creato esclusivamente per strozzare è sterile e fuorviante.

Alcuni ritengono che un cane con un carattere inidoneo alla vita in famiglia (perché magari indocile e aggressivo oltre la norma comunemente accettabile) debba essere considerato affetto da patologia/e e pertanto eleggibile a essere trattato con psicofarmaci.
Queste sono le soluzioni di chi con un cane non vuole e non sa lavorare partendo dalle sue qualità caratteriali, e che quindi, abdicando, cerca la/le soluzione/i più adeguata/e alle sue “competenze”.
In più, il non sporcarsi le mani di terra e fango, alla stregua di un cane, forse attribuisce a taluni un fantomatico status di superiorità.
Credo fortemente che una vita lavorativa senza pratica sul campo equivalga a un albero senza radici.

Lo psicofarmaco non potrebbe trattare efficacemente i problemi di aggressività?
Io credo che uno psicofarmaco non rappresenti mai, alla prova dei fatti, la soluzione corretta. Somministrandoli si procede all’annichilimento della mente del cane; lo si trasforma, da essere senziente qual è (dotato della capacità di sensazione), in un’ameba.
La soluzione rimane nel sapere lavorare sul suo carattere, ma non è da tutti, anzi.
Se l’obiettivo che ci proponiamo è principalmente fama e denaro, non è verosimilmente questa la strada da seguire.
Eppure sappia che nella grande maggioranza dei casi un cane aggressivo non è mai malato, cioè non è portatore di alcuna patologia come si vorrebbe fare credere alle persone, alla stessa stregua, ad esempio, di un figlio un po’ aggressivo e indocile, che magari ama litigare.
Tale cane e tale figlio vanno eruditi, acculturati, non annientati mentalmente e/o sviliti nelle capacità cognitive e/o sedati. Ma sia in umana che in medicina veterinaria il business delle case farmaceutiche è estremamente allettante: non dimentichiamolo.

Giustificherebbe allora un trattamento severo sul cane? In natura, che lei cita più volte, assistiamo a scene particolarmente cruente…
Non ho detto questo. Vorrei che mi comprendeste molto bene.
Dico che non è per niente possibile generalizzare e pretendere di educare un bullo privo di timori, magari con una buona aggressività, come si farebbe con un cagnolino dolce e sensibile.
Al primo una sonora sgridata non arrecherebbe danno alcuno, semmai chiarirebbe dei limiti invalicabili della vita civile, comportamento che sul secondo potrebbe invece determinare un trauma.
Non tutti gli uomini sono uguali: beh… neppure i cani. Gli Spagnoli non sono tutti uguali, così come gli Italiani o gli Americani, né i biondi, i castani o i neri.
Il nostro comportamento con il cane dovrebbe essere dinamico e relativo, vale a dire tarato sulla sensibilità di quel cane specifico e pronto a essere modificato se e quando necessario.
Se voglio comunicare con un cane buontempone mi comporto in un dato modo, ma se di fronte ho un soggetto particolarmente rapido, indocile, poco socievole e con una scarsa inibizione al morso, non posso trascurarlo, pena la mia incolumità o quella di chi vi dovrà convivere.
In ogni caso, sia chiaro, rifiuto la violenza fine a se stessa, sempre e comunque.
Mamma lupa rettifica i comportamenti dei propri cuccioli in modo plateale, ne dovremmo trarre esempio, non inventarci che le correzioni a un comportamento non voluto rovinano irreparabilmente il rapporto con il cane. Sono fesserie!
Non mi stancherò mai di ripeterlo, la sensibilità del professionista che maneggia il guinzaglio è la risposta a tutti i problemi.
Generalizzare è pienamente fuori luogo, oserei dire assurdo.
Chi lo fa dimentica (per colpa o dolo) che il carattere del cane è composto da doti ben precise. Ogni soggetto è a sé, indipendentemente dalla razza.
Quindi, in breve, non intendo assolutamente suggerire nella nostra relazione con il cane la severità che traspare in natura, ma trarre spunto dai principi generali che regolano i rapporti tra le creature che ne fanno parte.
L’uomo è dotato di un intelletto e deve usarlo, deve essere animato da una sensibilità evoluta unita a commiserazione. Non dovrebbe, però, mentire per scopi futili.
Non posso conseguentemente essere d’accordo con coloro che riscrivono la storia dell’evoluzione del cane arrivando a negarne molti elementi e re-interpretandone altri alla stregua di un film di fantascienza.
Il loro scopo è di adattare la natura alle proprie teorie, le quali, a loro volta, sono costruite per supportare quel poco che sono in grado di porre in essere con il cane sotto un profilo pratico, principalmente per sembrare competenti agli occhi dei neofiti e per creare nuove opportunità di business.
Il leif motiv ricorrente dei giorni nostri sembra essere: “Recenti e approfonditi studi scientifici hanno dimostrato che…”.
Sa cosa? Ricordo un vecchio adagio di Brecht, recita cosi: “Chi non conosce la verità è uno sciocco (o potrebbe esserlo – ndr), ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un poco di buono (o potrebbe esserlo – ndr)”.

Cosa suggerirebbe a una persona alle prime armi per identificare un vero professionista della cinofilia?
L’indipendenza di pensiero innanzitutto: evitare di abbandonarsi ai consigli di strada.
Di avere la volontà, se necessario, di sperimentarne più di uno, ma senza eccezione, su un campo di addestramento. Di guardare ai risultati in tempi ragionevoli, di mantenere una mente aperta, di rifuggire dai termini forbiti a tutti i costi e dagli psicofarmaci.
Non dimentichiamoci che il cane dovrebbe essere felice di ciò che svolge in addestramento, non ridotto a un mero esecutore di ordini. E noi dovremmo essere in grado di leggere questa felicità con accuratezza.
Suggerisco infine di scartare a priori chi ci richiede tariffe eccessivamente elevate, anche e specialmente per semplici test caratteriali.
Non importa che si parli di professionisti laureati o meno, di medici veterinari o meno, di autori di libri o meno; le richieste devono essere congrue. Pagare cento e più euro per la verifica di un carattere non è mai congruo, a mio modesto avviso, eppure accade.

Concludo chiedendole con quali professionisti Italiani o esteri si trova in disaccordo sotto un profilo teorico-pratico, si può dire?
Gli esponenti della cosiddetta “New Ethology” esibiscono teorie che presentano, a mio avviso, lacune molto evidenti. Ci mostrano un cane diverso, un cane che in realtà non esiste.
Non mi sento di affermare ciò che credo essere la verità tanto per convincere quelli che non la conoscono, non vorrei mi fraintendesse: invece, principalmente, vorrei difendere quelli che già la conoscono e la applicano. Non sono in molti e se lo meritano veramente.

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13 Commenti

  1. Buongiorno, grazie per i commenti. In un mondo ideale ritengo che il diritto a ricevere una formazione cinofila di base dovrebbe riguardare tutti, inclusi dunque i non abbienti e, comunque, le persone prive di un impiego. Se le risorse pubbliche fossero utilizzate sapientemente, il progetto sarebbe tutt’altro che irrealizzabile.

    • innanzitutto le risorse pubbliche dovrebbero essere utilizzate per fornire aree cani attrezzate e recintate dove poter socializzare a dovere gli animali, purtroppo sotto questo profilo c’è un deficit generale e la mancata socializzazione è alla base di gran parte dei problemi con i cani

      • In tutta sincerità’, senza scendere troppo nel dettaglio, ritengo che la mancata formazione dei proprietari dei cani rappresenti la principale causa di problemi, tra cui quello che lei cita. Quanto alle aree cani, ha perfettamente ragione, ma non possiamo prescindere, in primis, da una formazione cinofila adeguata.

  2. Prima di tutto mi alzo e applaudo, interessante, bello! c’è però qualche cosa che vorrei dire a riguardo sia del patentino che degli istruttori: il mio pensiero, in parte è materiale, non lo nego; ammetto si, che certa gente avrebbe bisogno del patentino, ma voi avete idea di quante persone anziane SOLE, che hanno la compagnia di questo essere meraviglioso, che non hanno una pensione da….senatore o altro, che poco capisce, tranne il suo cane, debba tirar fuori soldi per fare un patentino quando, sempre ci sarà il furbo esaltato FDP che alleverà o comprerà un cane come vorrà lui, giusto o sbagliato, creando danni o anche no, ma senza patentino! Alla fine, nè più, nè meno, di quello che già succede in tutte le altre cose. Ottimo su come riconoscere un professionista da un…perda bal, ma anche lì, non tutti se lo possono permettere (sempre che le cifre siano quelle che avevano sparato a noi), INAVVICINABILI, alcuni pure fumati (non ci vuole un esperto per capirlo)…almeno, dove siamo stati noi era così, poi ok, noi siamo stati fortunati a trovare un cane buono e molto intelligente, mio marito lo ha lasciato e lo lascia poco da solo e lo segue, gli insegna e io con lui grazie anche ai consigli vostri, di Valeria, siamo cresciuti insieme, ma non parlatemi del patentino!!!

    • Una formazione cinofila di base sulla psicologia canina e in tema di etologia rappresenta un must per ogni possessore di cani; gli incontri poco proficui fanno parte della vita, la determinazione nel voler comprendere una specie diversa dalla nostra dovrebbe costituire il motore per superare queste comprensibili difficoltà.

  3. Nel mio piccolo, ho capito che si sta decisamente perdendo il concetto di “cane” in genere; ho già scritto che i miei vicini si sono presi un Rott e sono convinti di dargli una vita piacevole facendolo rimanere tutto il pomeriggio in casa sul divano con il gatto. “Beh, ma lui fa il cane…” No, non credo proprio…

    • dopo una bella passeggiata al rott fa sicuramente starsene sul divano con il gatto, soprattutto se in casa ci sono anche gli umani con cui convive e da cui non ama stare lontano, l’esigenza del rottwailer dopo il lavoro è stare vicino alla propria famiglia (gatti compresi)

      • Al fine di rendere un cane appagato una semplice passeggiata potrebbe non essere affatto sufficiente. La memoria di razza è presente nel tuo Rottweiler? Quale il suo profilo caratteriale?

  4. La verità, a mio parere, è che si sta inesorabilmente perdendo il concetto di ‘cane utile’ , inteso come un degno membro della famiglia che oltre alla propria amicizia offre il proprio lavoro. Questo cambiamento è senza dubbio dovuto in parte al mutato contesto abitativo e professionale umano ( molti di noi non abitano più in campagna e non hanno più bisogno di un cane che guidi le pecore o difenda le masserie, ci mancherebbe) che molto favorito la diffusione delle razze da compagnia, il cui tradizionale compito è appunto quello di allietare la famiglia umana in cui vivono. Tuttavia anche nel contesto urbanizzato in cui la maggioranza vive, le razze da utilità hanno a mio avviso un loro ruolo preciso, sempre che si dia al proprio cane le cognizioni e l’educazione necessaria x svolgere il suo compito in modo corretto. Credo sia innegabile l’utilità di un cane da difesa ben educato, addestrato e socializzato al punto giusto compatibilmente al suo ruolo. E credo anche che qualunque cane, di qualunque razza o non di razza tragga piacere dalla consapevolezza di vivere in un branco umano che provveda alle sue necessità fisiche ed emotive ( perché il cane prova emozioni precise a mio parere )in cambio però dello svolgimento di un compito, che può essere diversissimo da cane a cane, può essere serissimo o puramente ludico, prevalentemente sportivo o casalingo. Credo che sia questo concetto che stia andando perduto, e cioè pensare al rapporto col proprio cane come un dare e avere. Si sta diffondendo la convinzione che il padrone di un cane ( io lo chiamo padrone e stop..) debba solo dare, garantire, vezzeggiare, provvedere e tutelare, ma non possa mai chiedere ne tanto meno pretendere nulla dal propio cane.

    • Enorme il ritardo con cui rispondo al tuo pensiero, purtroppo non l’avevo affatto notato, scusami. In linea di massima sono d’accordo con te: comprendo il tuo punto di vista. Quanto al concetto di “padrone”, personalmente preferisco quello di “guida”; non relego il cane alla figura scelta dal legislatore, vale a dire un semplice oggetto: e dico questo per motivi che reputo ormai ovvi. Lungi da me il desiderio di umanizzare il cane, sia chiaro, tuttavia è evidente che il canis lupus familiaris viva in un mondo “civile” che non gli appartiene per definizione; conseguentemente mi appare più consono il termine citato, con rispetto nei tuoi confronti.

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