
di VALERIA ROSSI – Mi ha scritto, qualche giorno fa, una ragazza disillusa: una ex bambina cinofila sfegatata, divenuta col tempo “più riservata” nei confronti dei cani.
E’ una storia strana, insolita, che vi riporto testualmente qui sotto:
Non ho mai avuto parenti che possedessero animali, a parte qualche zio lontanissimo, che ovviamente non vedevo mai. Io crescevo, continuando a chiedere e richiedere, ma nulla. Intanto a molti dei miei amici il cane glielo prendevano eccome…
Forse davvero non abbiamo la possibilità di tenere un cane, mi sono ormai adeguata a questa idea, ma il dubbio che non sia del tutto vero mi è sempre rimasto.
Il problema è che crescendo il mio rapporto coi cani si è sempre fatto più triste, poichè un giorno (non ricordo l’età, forse 1/2 elementare), un mio parente mi disse che saremmo andati a prendere il cane, che ce ne saremmo occupati insieme, pensavo di toccare il cielo… e invece il giorno dopo scoprì che era tutta una bugia, forse fatta senza cattiveria, ma anche data la mia età, ci rimasi malissimo.
Tutt’ora ne sono ancora amareggiata.
Un altro episodio mi capitò in prima media quando andai per la prima volta, con una mia amica, a portare a passeggio i cani del canile: la prima volta andò tutto bene, cane tranquillo, la seconda mi diedero una cagnolina di cui mi innamorai perdutamente, quelle poche ore avrei voluto non finissero mai, la cagnetta dal canto suo sembrava ricambiare, mi fece un sacco di feste non guardando neppure il resto della compagnia, sembrava proprio che ci conoscessimo da sempre.
La volta seguente richiesi di portarla fuori, ma un volontario mi disse che era stata adottata: ero felice per lei, ma fui delusissima. In compenso mi diedero un cane che tirò come un pazzo tutto il tempo, non riuscivo a starci dietro e la volta dopo ancora, me ne diedero uno che non ci filò neppure di striscio per tutto il tempo. Erano cani molto più belli della mia cagnolina e avevano tanto diritto quanto lei di essere portati a passeggio, tuttavia non ci tornai più, al canile.
Così assunsi un atteggiamento più riservato nei confronti dei cani che mi porto dietro tutt’ora. Se posso li coccolo, li accarezzo, ma con un senso di delusione e forse un pò di invidia.
Vorrei cambiare, ma ogni volta che ci provo mi dico: “il cane non è mio, che diritto ho di accarezzarlo?“, oppure “ma perchè quella racchiona ha un cane così meraviglioso e io no?“.
Non voglio diventare un’egoista, ma vedo in giro così tanta gente idiota che si tira dietro cani bellissimi solo per farsi figo e fare colpo su amici o ragazze!
Non c’è bisogno di essere psicologi, direi, per capire che questa ragazza ha messo in atto questa sorta di rifiuto come forma di autodifesa: ha eretto un muro per proteggere la propria sensibilità ferita.
L’episodio del canile non mi sembra sia stato determinante, anche se lei l’ha vissuto come una conferma del fatto che non le è permesso di affezionarsi ad un cane, perché se lo vedrà sempre portare via: invece credo che il danno serio, serissimo l’abbia fatto quell’emerito pirla del suo parente, promettendole “per scherzo” un… cane fantasma, che in realtà non arrivò mai.
Non so quali contorti ragionamenti (ammesso e non concesso che persone del genere ragionino) possano spingere qualcuno ad illudere e poi deludere un bambino su un tema così importante per lui. Sta di fatto che non è la prima volta che sento storie del genere: e l’altra storia pressoché identica me l’ha raccontata una signora che dopo quell’episodio era diventata addirittura cinofoba (l’ho conosciuta quando è venuta in allevamento perché intendeva prendere un cucciolo, sperando che la aiutasse a superare la sua paura dei cani. Purtroppo non ce l’ha fatta: perfino i cuccioli la facevano tremare di puro terrore e ha preferito rinunciare).
Qualche tempo fa, forse lo ricorderete, avevo pubblicato un articolo sull’accoppiata maestra/mamma che ha terrorizzato un’intera scolaresca prima raccontando Cappuccetto rosso e poi dicendo ai bambini che anche i cani, e non solo i lupi, mangiano la gente: molti commentatori mi hanno deriso, sostenendo che tutti abbiamo sentito quella favola e che nessuno di noi è diventato cinofobo per questo. Ma non è stata la favola in se stessa (anche se credo che quella continui a far danni sull’immaginario collettivo nei confronti del lupo): è stata la frase successiva sui cani a choccare i bambini. E gli choc subiti in tenera età, che si tratti di paura o di semplice delusione, sono duri a morire: parliamo tanto dei periodi sensibili nei cani, dimenticando troppo spesso che i “periodi sensibili” li abbiamo pure noi. Che tutta la nostra infanzia è un periodo sensibile e che le esperienze vissute a quell’età ci segnano profondamente.
La ragazza che mi ha scritto la lettera di cui sopra mi ha allegato due dei suoi disegni: sono belli, sono teneri… ma soprattutto sono disegni di cani. Quindi il “distacco” che lei si è imposta non riesce ad arrivare fino al suo subconscio, e laggiù in fondo lei i cani continua ad amarli e a desiderarne uno (sì, lo so, sembro Lucy Van Pelt: 5 cents, grazie. Però, dai… non ci vuole una laurea per capire il conflitto in cui si dibatte questa ragazza).
Io posso solo augurarle di avere prima possibile un cane suo (e sono certa che prima o poi succederà), mentre non ho modo di sapere se l’altra vittima (sì, proprio vittima) della scemenza parentale sia poi riuscita a superare la sua fobia.
Una cosa sola è certa: entrambe queste persone hanno vissuto un dramma per colpa di una terribile delusione, evidentemente non voluta e non capita da chi ha fatto loro “lo scherzetto”.
Scherzetto del cavolo, esattamente come quello del video che girava qualche settimana fa, in cui i genitori facevano credere ai bambini che avrebbero abbandonato i loro cani.
Io non sono Lucy van Pelt, e non sono neppure una psicologa: però credo di poter affermare con certezza che questi NON sono scherzi, ma veri e propri maltrattamenti psicologici.
E che prima di raccontare simili balle a un bambino ci si dovrebbe chiedere quanto lo “scherzetto” inciderà su tutto il suo futuro.