giovedì 3 Ottobre 2024

Quei cani volutamente creati sbagliati

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di DENIS FERRETTI – Dopo aver parlato delle caratteristiche fuori standard che compaiono saltuariamente in alcuni cani di razza senza responsabilità di chi li alleva, affrontiamo il rovescio della medaglia. Ovvero parliamo delle caratteristiche fuori standard che “non possono” comparire senza la volontà di chi  alleva. E che quindi si rivelano essere necessariamente introdotte da qualcuno interessato ad avere proprio cani di quel tipo preciso. Il fenomeno è particolarmente diffuso negli Stati Uniti, ma in tempi di globalizzazione e pubblicità internazionale si sta diffondendo un poco anche da noi. Le notizie circolano e molte persone, una volta venute a conoscenza dell’esistenza di bulldog merle, di setter neri, di labrador nani e sheltie toys, si informano su come procurarseli.  Ci salva la crisi, dal momento che questi “pezzi rari” sono venduti solitamente a prezzi esorbitanti che sempre meno italiani possono permettersi.

chihuahuamerleLe caratteristiche più gettonate riguardano il colore. A secondo posto il nanismo, sia acondroplastico (zampe corte) che eumetrico (semplicemente più piccolo). Al terzo posto il tipo di pelo.  Questo anche perché l’utente medio appartenente al target a cui si rivolgono questi allevatori americani del cane distingue poco altro: colore, taglia e tipo di mantello.

Quando in una razza vediamo un colore atipico che geneticamente è dominante, possiamo decretare che quel colore è stato introdotto appositamente. Non è possibile che arrivi da un antenato lontanissimo e che sia stato portato allo stato latente per generazioni, come accade con le caratteristiche recessive, perché per poter manifestarsi queste caratteristiche devono essere presenti in almeno uno dei genitori. Tra i colori più ambiti troviamo il merle, il nero (che ha anche una variante recessiva, ma molto più rara), il tigrato e il fulvo più o meno carbonato. Se questi colori compaiono in razze in cui non sarebbero ammessi, possiamo affermare con certezza che sono stati introdotti di proposito, meticciando con un’altra razza e cercando di ritornare al tipo voluto già dopo la prima generazione. Tra le tessiture di pelo, invece troviamo al primo posto il pelo duro o riccio, proposto come varietà anche se in realtà non è prevista allo standard. Più raramente troviamo il pelo corto in razze che dovrebbero essere a pelo lungo. Più raramente perché di solito chi cerca queste varietà rare, cerca il cane “spettacolare”, con qualcosa in più e non con qualcosa in meno. Il pelo corto è poco apprezzato da chi vuole apparire.

Perché introdurre caratteristiche non contemplate nello standard?

Il colore non previsto dallo standard risponde a esigenze puramente estetiche. Chi ricerca espressamente un colore raro e particolare, ma lo vuole in un cane di razza, vuole sostanzialmente un cane da esibire. Un cane per essere notato, per distinguersi dagli altri, ma allo stesso tempo un cane che non tutti possono permettersi di avere. Altrimenti basterebbe prendere un meticcio: ogni uno è unico e diverso dagli altri. Ma tutti possono avere un meticcio. Invece non tutti possono avere un boxer nero, un barbone merle, un pastore tedesco tigrato o un pastore australiano fulvo. Con tutte le altre caratteristiche che lo rendono riconoscibile come cane di razza nota (senza essere troppo pignoli, tanto certi particolari li notano solo i giudici), ma con un colore unico, rarissimo e introvabile. Non ci sono praticamente mai motivazioni funzionali, se non la volontà di avere un cane che ha “quel qualcosa in più”.

Introdurre una caratteristica dominante in una razza è un lavoro relativamente semplice. Basta individuare una razza diversa che presenta questa caratteristica scegliendo la più compatibile per taglia e tipologia. Per esempio per introdurre il merle nel chihuahua è stato usato sicuramente il bassotto kaninchen. Lo stesso colore può essere introdotto nel labrador usando un aussie o un collie.

merlepoodleI cani nati in prima generazione, sono ovviamente degli incroci. Non riconoscibili come cani di razza, ma a volte venduti a prezzi nemmeno troppo bassi a  qualche “estimatore” convinto che un incrocio tra due razze pure valga comunque di più di un comune meticcio. La maggior parte di essi, in particolare quelli con il colore ricercato che potrebbero anche essere la totalità, non sono venduti, ma messi in riproduzione e accoppiati con un cane della razza di cui si vuole creare la nuova varietà.

I cuccioli ottenuti saranno un 75/25 tra le due razze. Per la maggior parte delle persone con scarsa cultura cinofila, che si limitano a guardare la lunghezza del pelo e il portamento delle orecchie, sono già appartenenti alla razza a tutti gli effetti. Ma per convincere anche i più scettici basta una generazione in più. Un cane 87,5% boxer e 12,5% cane corso agli occhi di chiunque è di fatto un boxer. Anche se nero. Un cane 87,5% pastore belga e 12,5% border collie può essere molto simile a un pastore belga blue merle. E alla generazione successiva (pseudo-pastore belga merle x pastore belga standard) la corrispondenza allo standard sarà ancora maggiore. Bastano poche generazioni per avere un risultato apprezzabile. Anche in caso allevamento etico, ci si arriva in meno di dieci anni. Purtroppo per noi (e soprattutto purtroppo per i cani), queste programmazioni raramente sono in mano a persone che pensano all’allevamento etico, ma solitamente l’obiettivo è arrivare al colore desiderato il più velocemente possibile. Quindi accoppiando maschi di soli sei mesi e femmine al primo calore, il risultato può arrivare anche dopo soli due anni.

Facciamo un esempio. Volete lo schnauzer fulvo? Prendo una schnauzer pepe e sale e la accoppio con un segugio italiano fulvo a pelo forte. Potrei anche scegliere altre razze…. l’Irish terrier che è anche più simile. Ma il segugio è più facile da trovare: me lo danno anche al canile.

I cuccioli, essendo il fulvo dominante sul pepe e sale, saranno, trascurando le varie sfumature, tutti fulvi.

Non saranno certo schnauzer, ma poco importa, perché questi cuccioli non voglio venderli. Mi servono tutti da riproduzione.

Ognuno di questi cuccioli, una volta divenuto adulto (quindi tecnicamente parlando, molto presto) accoppiato con un partner di razza schnauzer pepe sale, mi darà un 50% di cani fulvi. Che saranno già molto simili a schnauzer. Il 50% di non fulvi può essere anche eliminato alla nascita e nessuno sa niente (altro vantaggio di questi trucchetti), mentre i cani fulvi, da adulti, possono essere accoppiati ancora con schnauzer pepe e sale, dando vita a cuccioli questa volta sicuramente vendibili come “schnauzer fulvi”. Ancora una volta saranno il 50%. Ma i pepe e sale saranno comunque vendibili come schnauzer “normali”.  In alcuni casi, la ricombinazione fortunata dei geni potrà darmi esemplari veramente identici a uno schnauzer in tutto e per tutto eccetto al colore. In molti altri casi, ci saranno alcune differenze. Alcuni potrebbero avere orecchi leggermente più lunghi, altri assi cranio facciali divergenti, alcuni un ossatura leggera. Ancora non possiamo ingannare un giudice, ma spesso possiamo ingannare un acquirente medio che ha visto la razza solo in foto.

schnauzer-caneNelle generazioni successive, continuando ad accoppiare con schnauzer, le differenze saranno sempre minori e si arriverà presto anche a poter “ingannare” un giudice.

Ho scelto volutamente l’esempio di una razza “non di moda” e poco rappresentata e un colore piuttosto comune, proprio per evitare di suggerire idee strane a qualcuno che volesse applicare i miei scritti in modo opposto ai buoni propositi che li hanno originati.

Solitamente infatti le razze interessate a questi esperimenti sono razze di moda e di immagine. Tra i colori più gettonati oggi troviamo sicuramente il “merle”, che negli Stati Uniti sta pian piano venendo introdotto in ogni razza. Ma di fatto, assistiamo a un vero e proprio boom dei colori strani e atipici. E’ la mentalità che considera il cane come un prodotto di mercato. Quindi quando si compra un cane, così come quando si compra una maglietta, si vorrebbe poter scegliere taglia e colore. E chi offre più possibilità è sicuramente il migliore!

Nel raccontare tutto questo abbiamo tralasciato un piccolo particolare: i documenti, ovvero il pedigree. Ovviamente questi cani fanno parte di un canale parallelo. Non possono avere pedigree originale FCI o AKC. Spesso i venditori approfittano del fatto che alla maggior parte degli acquirenti il pedigree non interessa. Basta il cane che fisicamente, ai loro occhi, corrisponda alla descrizione che hanno in testa. In altri casi, ci possono essere associazioni parallele, autoreferenziali, create spesso dallo stesso allevatore che ci fornisce il cane. In questo caso al cane viene fornito un pedigree che attesta la sua provenienza dalla fattrice X e dallo stallone Y, compilato dall’allevatore stesso. Un documento di poco valore privo di ogni ufficialità in ogni contesto. C’è poi la possibilità di iscrivere il cane a una delle tante nuove associazioni che si propongono come alternativa agli organi ufficiali, rilasciando pedigree e organizzando esposizioni di bellezza. Ce ne sono diverse anche in Italia e negli ultimi anni si direbbe nascano come funghi. In questo caso basterà presentare il proprio esemplare a un expo organizzata da queste associazioni e chiedere l’iscrizione del proprio esemplare come capostipite della propria razza nella “nuova varietà”. Le vie del Signore sono infinite, basta pagare.

Oltre ai colori particolari e alle varietà di tessitura del pelo, una richiesta molto comune che trova oggi risposte adeguate è quella di razze miniaturizzate: boxer nani, beagle miniature, mini-labrador, mini-dalmati, ma soprattutto la versione “toy” di ogni razza di piccola taglia. Il procedimento è sempre lo stesso: nel caso dei toy si incrociano le razze di piccola taglia con chihuahua o con cani piccolissimi, mentre per le razze più grandi si sceglie una razza simile ma di dimensioni più piccole. Esempio labrador con beagle, dalmata con parson russel. I risultati sono molto più discutibili e difficili da ottenere in quando la riduzione di taglia non dipende da un semplice gene dominante, quindi non si può continuare a incrociare con cani di razza pura, ma si devono incrociare tra loro gli incroci e scegliere le combinazioni migliori.

bullyfronte2Più raro invece il gigantismo e non tanto perché non ci sia richiesta. I pastori tedeschi giganti andrebbero a ruba, i rottweiler di cento kg avrebbero un loro mercato, ma forse il massimo del successo lo avrebbero i cani tipo “lupo gigante”. Malamute o lupo cecoslovacco,  tanto del carattere poco importa. Il problema è che, mentre diminuire la taglia è un processo relativamente facile,  il gigantismo è veramente una caratteristica difficile da selezionare. Sono coinvolti molti geni, molti dei quali recessivi ed è veramente difficile ottenere risultati in breve tempo, soprattutto se si cerca di avere cani mediamente sani. Una selezione di questo tipo comporta tanti “scarti” e costi molto alti che difficilmente vengono ripagati dalla vendita di cuccioli. In questo caso ci salva la genetica.

I problemi dei cani “creati sbagliati”

E adesso vi chiederete il perché di queste mie frecciatine sprezzanti comparse qua e là che mettono in cattiva luce queste “nuove razze”. “Ci salva la crisi”, “ci salva la genetica”… ci salva da cosa? Che cosa c’è di male a volere un boxer nero, un aussie fulvo o un dobermann tigrato? Al mini-golden o al bulldog merle non si può voler bene come agli altri cani? Che cos’hanno che non va?

Teoricamente potrebbe non esserci niente di male. Se le cose fossero gestite correttamente. Ma la teoria e la pratica spesso divergono. Vediamo un po’ la lista degli effetti collaterali di questi esperimenti:

La selezione.

Concentrarsi unicamente sul colore di solito porta a perdere di vista altre caratteristiche altrettanto importanti per la razza.

Gli allevatori competenti non si limitano ad accoppiare un certo numero di cani a caso per soddisfare le richieste di cuccioli. Tengono monitorata la qualità della razza e sono sempre attenti a preservare il tipo, a correggere lacune che si vengono a creare, scegliendo i cuccioli migliori e programmando accoppiamenti mirati in modo da massimizzare sempre la qualità.

eugenetica_aperChi ha come obiettivo prioritario l’introduzione di un nuovo colore, deve per forza fare dei compromessi. Se un allevatore di pastori belgi di fronte a una cucciolata di otto cuccioli seleziona il migliore tra otto mettendo sulla bilancia, morfologia, salute, tessitura del mantello, carattere e altre cose che ritiene importanti per la razza, l’allevatore della varietà merle, in una cucciolata di otto cuccioli sceglierà tra i soli merle. Cioè tra la metà dei cuccioli presenti. Se il migliore è fosse tra i neri sarebbe scartato dalla riproduzione a favore di un merle. E verosimilmente, capiterà che siano scelti quasi tutti merle.  Perché il colore “raro” è prezioso. Questo significa selezione “zero” per tutto il resto. Le nuove varietà di colori sono perciò mediamente di qualità inferiore rispetto ai colleghi con colori tradizionali.

Le caratteristiche collaterali.

L’accoppiamento con una razza estranea introduce nel corredo genetico tante caratteristiche divergenti dallo standard che anche se non si manifestano nelle prime generazioni, potranno poi ricomparire nelle generazioni successive se capiterà che due lontani parenti si accoppiano tra loro. Non tutte le caratteristiche sono “neutre”. In alcuni casi potrebbero essere caratteristiche espressamente non volute per motivi funzionali. Un inclinazione della groppa diversa può rendere un cane specializzato per muoversi in montagna più adatto ai terreni pianeggianti. O viceversa. L’orecchio pendente in un cane sentinella non può essere semplicemente una nuova varietà, perché compromette la funzionalità uditiva. Un’anteriore da terrier in un segugio non è funzionale: il segugio è costruito per correre e non per scavare. L’introduzione di nuovi colori quindi a volte spiana la strada a future caratteristiche indesiderate che compariranno nei discendenti.

Il carattere.

cucc_timidoDi solito chi ha come priorità il colore raro o un tratto particolare distintivo è portato a concentrarsi unicamente sull’estetica. Il carattere passa in secondo piano nelle esigenze degli acquirenti e succede che spesso e volentieri la selezione da parte degli allevatori sia completamente trascurata. Questi cani sono concepiti per fare i cani da compagnia a casa di persone che pensano che il cane vada comunque accettato com’è. Con il suo carattere, con le sue caratteristiche, che magari sono selezionate per uno stile di vita completamente diverso. Il carattere della razza introdotta per portare il colore o le caratteristiche desiderate potrebbe anche riproporsi o lasciare tracce evidenti nella discendenza. Così può succedere che si prenda una razza nota per essere protettiva e dipendente dal padrone con poca tendenza ad allontanarsi e ci si ritrovi con un cane indipendente, con forte istinto venatorio pronto a inseguire la traccia di ogni selvatico che incontra sul proprio sentiero. Può succedere che l’appartenente a una razza nota per essere silenziosa si riveli abbaione e petulante. Anche le prestazioni fisiche possono subire un calo, se non c’è apposita selezione. Il fiuto, la velocità, la forza fisica, proprie di alcune razze possono risentire dell’immissione di sangue estraneo di razze che hanno una selezione diversa. E’ ragionevole pensare che un cocker spaniel merle che ha sangue aussie possa anche non essere naturalmente portato alla cerca di selvaggina da piuma.

L’ etica.

Non c’è necessaria correlazione tra comportamento poco etico e ricerca di nuove varietà di colore. Ci possono essere anche “mosche bianche”. Tuttavia è innegabile e facilmente documentabile che questa attività è principalmente in mano a persone senza scrupoli molto spesso motivate solo al facile guadagno. Se si cerca on line una razza di un colore particolare, non riconosciuto, facilmente la si trova (sempre in USA, quasi mai altrove) in mano ad allevatori che “casualmente” offrono anche parecchie altre razze strane e designer dogs (incroci tra razze pure). E’ raro trovare il privato o pastoretedescobrindlel’appassionato che si occupa in modo esclusivo di un progetto a lungo termine di selezione di una varietà seppur fuori standard. E’ molto più frequente incappare in chi pasticcia con decine di razze, ricercando nel breve termine la moda del momento. Questi allevatori molto spesso mettono in atto tutti i comportamenti che mai vorremmo vedere a casa si un allevatore. Dall’accoppiamento di femmine al primo calore nella ricerca del risultato rapido, alla soppressione di cuccioli non in possesso delle caratteristiche desiderate. Dal sovrannumero di cani tenuti in spazi inadeguati, alla trascuratezza nella socializzazione dei cuccioli.

Spesso l’euforia di aver trovato il colore sensazionale è tale da accecare gli acquirenti che sembrano non vedere tutto ciò che c’è intorno. Siete davvero sicuri di volere il colore “fuoriserie” a queste condizioni?

L’etica dell’acquirente.

Dopo aver criticato gli allevatori, è anche il caso di dire qualcosa sugli acquirenti. Anche perché se non ci fossero loro, gli allevatori commerciali non avrebbero motivo di fare i pasticci di cui abbiamo appena parlato.

Anche in questo caso, farò del classismo gratuito. Mi scuso con le poche eccezioni, ma solitamente chi sceglie questo tipo di cane appartiene alla categoria di “quelli che non hanno capito niente su cosa significhi avere un cane”. Sono persone motivate solo dall’estetica e dalla moda. Quelli che ieri avevano un husky e oggi hanno un border collie e li trattano allo stesso modo. Come cani da compagnia. Meritano tutte le critiche con cui solitamente gli animalisti contrari al cane di razza accusano chi si rivolge a una razza selezionata. Perché sia chiaro: io sono il primo a dire che un setter e un alano, un volpino o un lagotto non siano la stessa cosa. La scelta di un cane appartenente a una razza dalle caratteristiche conosciute che si adattano al nostro stile di vita e all’ambiente in cui vogliamo farlo crescere è la prima azione in direzione del benessere del cane che andiamo ad adottare. Ma perché scegliamo un cane grigio e non nero? Per intonarlo alle tende? Il fatto che si voglia un cane tassativamente di un colore specifico fa sorgere forti dubbi anche sulle modalità con cui si sono valutate le altre caratteristiche che hanno portato alla scelta della razza. Se siamo blackboxerparticolarmente attratti da una razza in un particolare colore o varietà strana, è il caso di farsi un rapido esame si coscienza e di interrogarsi sui veri motivi che ci spingono a tale scelta.

Conclusioni

Chi ha letto il mio precedente articolo “Quei cani nati sbagliati” potrà forse restare un po’ sconcertato da queste mie posizioni opposte di fronte a due situazioni apparentemente molto simili.

Dunque il comportamento genetico dominante o recessivo delle mutazioni sarebbe l’elemento di discrimine per valutare se un colore atipico nasce per caso a casa di allevatori buoni, inconsapevoli ed etici o al contrario è introdotto volutamente da cagnari malvagi e senza scrupoli?

Non si può certo essere così categorici, ma spesso è proprio così. Il fatto è che di fronte alla comparsa improvvisa di una mutazione dominante, si può dire con certezza che questa è stata introdotta volutamente in tempi recenti. Se vedo un dobermann tigrato o un bulldog blue merle non posso pensare che la mutazione sia stata portata per generazioni da portatori, in quanto, per poter manifestarsi deve essere per forza presente in almeno uno dei genitori.

O si è volutamente accoppiato con un’altra razza per introdurre quella caratteristica, o tutto ha avuto origine da un accoppiamento fortuito poi portato avanti, non si sa con quali intenzioni.

In caso di mutazione recessiva, invece, non posso certo escludere la volontà di introdurre questa caratteristica nella razza. Devo però prendere atto che si tratta di una selezione molto difficile e lunga. Se per introdurre il colore blu o cioccolato nelle razze che non lo presentano, ricorro all’incrocio con una razza diversa non ottengo niente in prima generazione e nella generazione successiva devo arrivare ad accoppiare tra loro gli incroci per avere un 25% del colore desiderato, che solitamente non si combina con le altre caratteristiche ricercate. Serve un lungo lavoro di selezione con una grande percentuale di scarti. Elementi di per sé sufficienti a fare da deterrente per chi vuole tutto e subito.

Può succedere però che cuccioli dai colori non ammessi apparsi per caso nell’allevamento tradizionale, finiscano nelle mani di chi poi li pubblicizza come rarità e smette di dare priorità alle caratteristiche di standard, concentrandosi solo sul colore. In questo caso l’allevatore va a configurarsi nella categoria tipica di cui abbiamo parlato affrontando le anomalie dominanti.

Mi spiego: un bouledogue francese tigrato blu, potrebbe nascere a casa di un allevatore da comportamento ineccepibile per etica e competenza. Se nascono bouledogue tigrati blu, non c’è niente di cui vergognarsi, non ci sono colpe e nemmeno si tratta di cani oggettivamente meno validi dei colleghi in standard, a parte la burocrazia. Non hanno patologie necessariamente associate, non sono più deboli o più problematici. Se però l’allevatore che ha un cane tigrato blu inizia a programmare l’allevamento preoccupandosi solo del colore, a fare accoppiamenti consanguinei al fine di ottenere altri blu che vengono proposti come una sua esclusiva introvabile altrove, ovviamente con il tempo la qualità si abbassa notevolmente.

Quindi se vediamo che un colore o una caratteristica recessiva hanno una rapida e forte diffusione in una razza di moda, campanello d’allarme: meglio indagare e capire che cosa sta succedendo esattamente.

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34 Commenti

  1. Magari scatenerò un putiferio, ma non ci vedo nulla di diverso nella selezione del colore rispetto a mille altre selezioni che vengono fatte su mille altri particolari importanti (fisici o caratteriali) o estetici (ricordo un’articolo di Valeria sul lavoro di selezione per la coda del dobermann). I cani di razza sono manipolati/selezionati da sempre e anche solo ad uso e consumo dell’estetica e della moda, basta vedere le foto del passato.L’unico aspetto opinabile è che è dichiaratamente necessaria la meticciatura, ma son quasi certa che anche in altri casi è stata usata (magari di nascosto, richiamando al gene del trisavolo…)

    • io di genetica non ci capisco molto… ma se è vero (da come mi sembra di capire dall’articolo) che per ottenere un nuovo colore in una razza già ben fissata si rischia di cambiarne il carattere o di peggiorarne la salute, non credo ne valga la pena…

      • è il lavoro di selezione (di qualsiasi aspetto si tratti) che porta a trascurare gli altri aspetti, non esistendo i cani perfetti sotto tutti i punti di vista. Quindi il mio discorso è perchè scandalizzarsi per il colore del mantello o la sua lunghezza quando altri selezionano la profondità dello stop o l’aspetto della coda?

        • La selezione di una razza tende a mantenere o migliorare i caratteri già esistenti nella razza. Se un determinato colore è completamente assente nel corredo genetico di una razza bisogna necessariamente immettere il gene desiderato tramite altre razze. E’ vero, come dici tu, che i cani di razza sono nati da meticciamenti. Ma per creare un ipotetico rottweiler color miele bisognerà incrociarlo con qualche altra razza che porterà con sé, oltre al color miele, anche altre caratteristiche (fisiche e psichiche) che non fanno parte della razza rottweiler. Bisognerà quindi lavorare ulteriormente per riportare, in questo rott miele, quelle caratteristiche che sono state modificate dal meticciamento. Sarebbe, se fatto per bene, un lavoro lungo e difficile… Non sarebbe più sensato spendere lo stesso tempo ed energie per migliorare salute e carattere del rott?
          P.S. parlo sempre in base a ciò che ho capito dall’articolo… se ho scritto qualche castroneria sulla genetica correggetemi 🙂

          • Ciò che hai detto è giusto ma c’è un piccolo aspetto da non dimenticare: la mutazione generica. Ciò può avvenire “per caso” senza alcuna richiesta, indipendentemente dall’accoppiamento e nel caso del rottweiler ho proprio l’esempio (e anche la foto se solo la trovassi nell’archivio): un cucciolo nato marrone focato da genitori entrambi neri che non hanno mai manifestato alcuna particolarità di mantello (ciò è semplicemente dato dall’errata concentrazione di melanina, in questo caso da eumelanina a feumelanina, presente nel corredo genetico). Le mutazioni genetiche sono sempre presenti ma sono rare quelle “positive” di solito riscontriamo quelle “negative” (malformazioni ossea, malformazioni cardiache o al sistema nervoso periferico), quindi puoi avere semplicemente una botta di C e avere un Rott purissimo ma col pelo “sbagliato” senza meticciare la razza.

        • magari altri caratteri (tipo la profondità dello stop) non sono così complicati da modificare… magari sono caratteri già presenti nella razza

          • Giusto. Ad esempio gli arti sono i più difficili da “correggere” per questo si dà più importanza a questo carattere rispetto, ad esempio, alla lunghezza della canna nasale

        • non credo ci siano selezioni in cui la profondità dello stop o la l’aspetto della coda sono l’obiettivo principale… però il discorso del “non scandalizzarsi sul colore”, quando si fa altrettanto con altre cose è condivisibile. Se si pensa ai cani per le expo… le expo come sono diventate adesso in cui ci si concentra sul portamento appariscente, la testa alta, certi tratti espressivi… è proprio come dici tu. Altra cosa da citare che in passato ha danneggiato parecchio molte razze, la selezione sulla dentatura. Manca un premolare… fuori. Chiusura non perfetta, nessuna speranza. E questo ha tolto dal pool genetico anche cani, altrimenti bellissimi.
          Non penso che però questo discorso si possa applicare alla categoria “cani di razza” in generale. Lo si può applicare alla selezione “malata” delle expo degli ultimi anni. Gli standard in generale descrivono un modello funzionale. Spesso prevedono anche delle priorità tra le varie cose… alcuni difetti sono “tollerati”, altri “non graditi”, altri da squalifica… Se uno standard è fatto bene, selezionare per lo standard significa anche selezionare per la “qualità”. Funzionalità e benessere.

          • è proprio questo che non riesco a comprendere: come si arriva alla “selezione malata delle expo di questi ultimi anni”? I giudici hanno uno standard a cui far riferimento, giusto? Fermo restando un fisiologico tentativo di lanciare uno stile -diciamo così-, i giudici non dovrebbero attenersi allo standard e non discostarsi da esso? Non esiste l’annullabilità di un giudizio se discrepante dallo standard della razza? So che lei conosce bene il settore, quindi sarebbe interessante un suo approfondimento al topic, grazie.

      • Il temperamento viene modificato semplicemente perchè non ci si concentra su di esso ma su altro, il colore del mantello. Se si trovasse un equilibrio tra i vari caratteri si potrebbe immettere un qualsiasi altro carattere aggiunto, purchè non mini la salute del cane (es: Alopecia nel gene “Blu” su alcune razze, tipo i dobermann, dunque non ha senso creare Dobby Blue se poi nascono malati, ha senso nel Pitbull (immesso grazie all’Amstaff) che tutto questo non avviene)

    • la selezione genetica è fatta per selezionare delle caratteristiche funzionali, siano esse riferite al carattere o all’estetica. Per esempio un cane selezionato per la caccia, non potrà avere le dimensioni di un terranova poichè queste dimensioni sarebbero non adatte alla funzionalità (esempio semplicistico, ma credo calzante).
      Ora, se la selezione del colore del pelo non ha alcuna funzionalità se non quella di guadagnarci sopra, la vedo una cosa negativa poichè sarà gestita dai soliti cagnari.
      la meticciatura è stata usata per il cane corso italiano per esempio, ma non si è detto che è un mastino napoletano tigrato.
      in conclusione, anche a mio avviso non sarebbe niente di male, ma, visti i rischi rapportati alla funzionalità, non la vedo una osa buona.
      E poi, te lo immagini un rott. color miele?

      • marcod sono d’accordo con te per quanto riguarda la selezione funzionale. per me i cani potrebbero essere di qualsiasi colore, basta che “funzionino bene”. ma è pure vero che in tante razze già affermate sono state operate scelte selettive determinate dal gusto estetico e non dalla funzione…

      • veramente anche il colore, almeno originariamente, aveva un suo perchè funzionale… si pensi al bianco per il dogo argentino, il primo esempio che mi viene in mente

        • Vero. Nel caso del dogo (deni, il dogo è stato voluto bianco per poterlo distinguere immediatamente dal cinghiale e dal puma, così che l’umano munito di fucile vede subito a chi deve sparare). Lo stesso vale per il maremmano che deve confondersi con le pecore…Ma in altri casi il colore non è stato scelto per funzionalità… Non mi vengono esempi in mente riguardo al mantello (sicuramente ce ne saranno), ma ad esempio i rott o i boxer coi musi troppo schiacciati vengono selezionati così per un gusto estetico e non per funzionalità (vedi articolo di Fabiana di alcuni giorni fa)

          • Vero anche questo, ma in parte dipende anche dall’esasperazione della tipicità, per l’assurdo principio che se un caratteristica è tipica e apprezzata, allora esasperandola si ottiene l’iper-tipico e quindi super-richiesto, dato che spesso che vuole il “super”cane sceglie appunto l’ipertipo, snaturandolo (e qui ci prende in pieno l’articolo eprchè il concetto di base è che l’offerta senza la domanda non ci sarebbe: canivendoli, non Allevatori, sceclgono di portare avanti l’esclusiva che vende di più appunto in base ai canoni dell'”esclusività” e della moda che detta le leggi del commercio. Triste, ma vero.

    • Ti spiego perchè il lavoro di questi CAGNARI è spagliato (perchè è di questo che si parla): Il nocciolo della questione è che basandosi solo su UN carattere (in questo caso il mantello) si tralasciano tutte le altre caratteristiche (rusticità, tempra e temperamento) per arrivare al risultato nel minor tempo possibile e a costi bassi. Un buon allevatore, a seconda della razza, suddivide i caratteri per momentanea importanza in modo da equilibrare tutti i caratteri per rientrare nelle “regole” dello standard, esempio: un allevatore di Pitbull (è la mia razza e quindi posso parlarne con facilità) che vuole cani di “spinti” ma nello stesso tempo di “bell’aspetto” prenderà uno stallone con molto carattere anche se non bellissimo esteticamente (MA COMUNQUE BELLO) e una fattrice campionessa di esposizioni e riproduttrice selezionata anche se ha una bassa aggressività intraspecifica in modo da avere cuccioli SIA belli SIA spinti con, ovviamente, varie sfumature morfocaratteriali. Sceglierà poi il cucciolo che più lo soddisfa e rifarà a sua volta tutta questa pappardella. Come puoi immaginare tutto questo ha un costo e impegna molto tempo nella ricerca dei soggetti, invece i cagnari che guardano solo 1 carattere tutto ciò non impegna ne troppo tempo ne troppo denaro perchè infondo non devono “Sbattersi” per rientrare nello standard basta che i cani abbiano solo quel carattere (colore del mantello).

  2. Vorrei aggiungere, sperando di non andare fuori tema, che a proposito di “cani volutamente creati sbagliati” ci metterei pure tutti quelli che ammorbidiscono razze toste per poter vendere di più. Anche questa la reputo una forma di maltrattamento e degrado di una razza! Vuoi il cagnone grosso ma buono? Prenditi un San Bernardo, un Terranova… E invece no! Al sciurmario piace di più il Pastore del Caucaso (magari perchè ha l’aria da “cattivo”), ma il suddetto sciumario non è in grado di gestire neanche un Maltese? No problem, rincoglioniamo il Pastore del Caucaso e glielo vendiamo!!! Ovviamente il PdC è un esempio, lo stesso dicasi di altre razze toste…

  3. secondo me qualcuno che prende un cane di un certo colore perchè così può abbinarlo alla tappezzeria di casa esiste davvero…! 😀

  4. Articolo interessante! Riguardo all’etica dell’acquirente, ci sono talmente tante razze tra cui poter scegliere che non vedo il motivo di crearne di nuove, soprattutto visti i rischi che si corrono a livello di salute e carattere… Ma i non-cinofili non badano al carattere del cane e non si accontentano mai esteticamente parlando… Concettualmente non mi sembra molto diverso da chi tatua o dipinge il cane… Non so cosa sia peggio, ma in entrambi i casi si tratta di maltrattamenti (genetici in un caso e fisici/psichici nell’altro) per appagare il gusto di chi un cane – forse – non dovrebbe proprio averlo. il cane ridotto a status symbol, che tristezza…
    Denis, come dici tu, se non ci fosse questa gente che crea la domanda, non esisterebbe neanche l’offerta. Ma conoscendo il genere umano, mi pare un’utopia pensare che un giorno questo genere di richieste si estingueranno…

    • Dipingere il cane sicuramente è discutibile, io non lo farei, ma non lo definirei maltrattamento: ho sentito anche spiegazioni di Valeria in una trasmissione tv tempo fa riguardo a un barbone toelettato da pavone (a me viene comunque da dire “povero…”, però da ignorante penso che se il cane non sa di essere stato dipinto a pallini o strisce la cosa non gli interessa, se nessuno lo addita come un pagliaccio deridendolo palesemente e umiliandolo; a lui magari dà più fastidio l’odore della lozione lucidante che pensando di igliorare la’spetto del suo manto gli si può spruzzare addosso). A quanto ricordo, Valeria diceva che anzi il cane “dipinto” può sentire il trattamento cui è sottoposto come attenzioni che gli vengono riservate, una specie di coccola insomma (ovviamente se fatto in un certo modo, a un cane abituato etc., e con i prodotti appositi). Mi pare fosse una puntata di “Cronache animali”. C’è anche un articolo qui su TPIC con la foto di un cane tosato a salopette che espone i punto di vista di Valeria sul “maltrattamento” di questo tipo, ricordo la foto ma non il titolo dell’articolo, se qualcuno l’ha presente magari può metterti il link

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