di LAURA CIBECA – Questo articolo nasce grazie ad alcune osservazioni e dubbi che alcuni fanno riguardo il rispetto o meno del cane quando viene coinvolto nei progetti di IAA.
Innanzitutto occorre precisare che ci sono delle indicazioni ben precise che regolano il lavoro dei cani negli IAA e queste vanno assolutamente seguite.
Per esempio un cane non dovrebbe “lavorare” per più di due ore a settimana, non si possono inserire in progetti cuccioli o cani troppo anziani.

E’ importante chiarire che una seduta di IAA di qualunque tipo sia, per il cane, è un lavoro che richiede all’animale concentrazione, cooperazione e a volte un’attività fisica intensa e altre, invece, lunghi periodi di inattività.
I cani che vengono coinvolti nei progetti sono scelti in maniera oculata, professionale e attenta, rispettando il carattere e le attitudini del singolo soggetto, come avevamo spiegato in un precedente articolo ma, anche seguendo tutte queste indicazioni e accorgimenti siamo proprio sicuri che al cane piaccia partecipare a queste attività?
Credo che sia una domanda che dovremmo porci ogni volta che iniziamo un percorso nuovo con il nostro cane, sia che si parli di agility, o obedience o appunto pet therapy.

Negli IAA il cane si trova ad operare in un contesto spesso al chiuso e con poco spazio, insieme ad estranei che hanno problemi di varia natura oppure in classi scolastiche con bambini che si muovono da tutte le parti e che urlano.
Le carezze che gli utenti rivolgono agli animali possono essere brusche e non troppo coordinate, così come le parole o i comandi (spesso urlati, oppure detti in tono bassissimo, quasi minacciosi).
Il coadiutore deve essere sempre attento e pronto a salvaguardare il proprio compagno in ogni momento della seduta e aver studiato bene prima l’ambiente per ridurre al minimo il rischio di incidenti.
Nei progetti di IAA non è però tutto prevedibile, soprattutto quando abbiamo attività complesse, magari con utenti che hanno malattie mentali o fisiche molto gravi.
E allora come facciamo a comprendere se davvero il nostro animale è “contento” di partecipare? In base alla mia lunga esperienza e con molti cani preparati direi che è proprio l’animale a dirci se lo stiamo rispettando oppure no.
La cosa fondamentale è CONOSCERE in maniera profonda il nostro cane, e visto che essi vengono coinvolti dopo i due anni di età, direi che c’è tutto il tempo per conoscersi e crescere insieme.
Si può fare questo solo se viviamo insieme a lui, se condividiamo la vita e le esperienze di tutti i giorni.
Se al contrario, per fare le attività ci prendiamo un cucciolo e poi ce lo teniamo in un giardino, non potremmo mai capirlo a fondo e non ci potrà mai essere fiducia.
Un cane crescendo ci farà sicuramente capire se, per esempio, gli piacciono i bambini oppure no, se accetta carezze e attenzioni dagli estranei oppure no e così via… solo esplorando il mondo insieme ci si può comprendere, conoscere e quindi rispettare.

Un altro aspetto importante è non caricare sul cane le nostre aspettative in maniera egocentrica ed egoistica.
Il cane è un essere vivente che per il compagno umano farebbe qualunque cosa, ma questo non ci autorizza ad usarlo.
Occorre sempre ricordare che gli IAA raggiungono gli obiettivi prefissati e sono di beneficio solo e soltanto quando si instaura tra utente e animale una relazione, uno scambio di emozioni, e questo può avvenire se l’animale è aperto, collaborativo, amante dell’uomo e del contatto, non certo se è costretto a farlo o se esegue solo dei comandi dati dal conduttore.
Vorrei chiarire a tutti quelli che osservano e giustamente analizzano e magari criticano gli IAA che al primo posto deve esserci sempre il benessere del cane.
Una seduta fatta in maniera corretta è caratterizzata da un cane aperto che gioca, interagisce ma che sa stare anche fermo e tranquillo, quando il contesto lo richiede.

Ogni cane presenta delle caratteristiche proprie che vanno esaltate e potenziate che aiuteranno il conduttore a scegliere per lui il progetto migliore e a non coinvolgerlo in sedute che potrebbero metterlo in difficoltà.
E’ chiaro comunque che c’è sempre una componente di stress (positiva) che aiuta la coppia ad agire con prontezza ed efficacia in tutte le situazioni.
La pet therapy è sicuramente impegnativa per il binomio ma il beneficio che ne traggono gli utenti ripaga di tutti gli sforzi.
Il bambino che ride al cane mentre viene medicato per la milionesima volta o l’anziano che regala un pezzetto di pane “rubato” dal suo pranzo al cagnolino in visita, o il ragazzo depresso che vuole solo morire che parla al cane raccontandogli il suo dolore, sono esempi di quanto possa aiutare un amico a 4zampe.
I rischi che un cane patisca una certa situazione può esserci, ma sta al conduttore fare in modo che questo non avvenga o, se capita, aiuti a superarlo in maniera positiva.
Il benessere del nostro compagno deve essere, e sarà sempre, al primo posto, perché senza il suo affetto, il desiderio libero e spontaneo di stare insieme ad una persona, la pet therapy non può essere utile a nessuno.
Non è una prestazione e non è una dimostrazione di “cosa sa fare” il cane. Se si tiene ben in mente questo, il cane non subirà ma sarà sempre un compagno e un fedele alleato nella lotta contro la malattia.