di DAVIDE BELTRAME – Dopo le spiegazioni del premier Giuseppe Conte sulle riaperture scaglionate durante la “Fase 2” della pandemia da Sars-Cov-2, molti cinofili sono rimasti delusi – e preoccupati per il proprio futuro – poichè i centri cinofili non sono stati praticamente minimamente menzionati e non potranno attualmente ancora riaprire, a meno di permessi regionali specifici: ad esempio la Liguria pare autorizzare la riapertura, ma il decreto che ne parla ha una validità limitata e quindi anche sotto questo aspetto saranno necessari chiarimenti.
Stesso discorso per le toelettature, che non sono state considerate tral e possibili riaperture nonostante solitamente non sia previsto molto contatto tra gli umani, se non al momento della consegna del cane e del pagamento, aspetti quindi tranquillamente modificabili per aderire alle norme di sicurezza.
Ovviamente la cinofilia non comprende solo centri cinofili e toelettature, ma anche molte altre attività (expo, prove di lavoro, allevamenti, canili, etc), ma se alcune di queste possono stare ferme probabilmente senza recare particolare disagio (direi le expo su tutte), e altre hanno comunque trovato il modo di adeguarsi alla situazione (ad esempio gli allevamenti per la consegna dei cuccioli già prenotati e per non fargli perdere troppo la fase di socializzazione, pur con tutte le difficoltà di questo periodi, o i canili per alcune adozioni urgenti), centri cinofili e toelettature non possono certo operare senza un totale “via libera” alla riapertura.
Non possiamo però pensare che il Governo se ne freghi beatamente di tutto il settore cinofilo (anche se sicuramente non è tra più influenti del panorama italiano!).
PERCHE’ HA SENSO
Partiamo da un presupposto: il 4 Maggio in realtà riaprono poche attività, viene solo allentata un po’ la stretta perchè molte persone sono esauste da questa quarantena e per questioni anche e soprattutto economiche… ma a livello meramente sanitario, probabilmente nessuno avrebbe riaperto nulla.
Perchè – come si può anche vedere da molti post che analizzano la situazione partendo dai freddi numeri – dall’8 Marzo (quando l’opinione preponderante era “perchè non abbiamo ancora chiuso tutto come han fatto in Cina?”) ad oggi quando invece c’è grande malcontento perchè non viene riaperto tutto, i numeri non sono variati particolarmente: avevamo 1300 nuovi casi e 130 morti l’8 marzo, registriamo tra i 1500 e i 2500 casi al giorno e tra i 200 e 300 morti in questi ultimi giorni.
“Ma la curva sta scendendo!”, dirà qualcuno: ma sta scendendo proprio anche grazie alla totale chiusura e all’essere rimasti a casa.
Questo inizio di Fase 2 sarà molto delicato proprio perchè si vuol verificare se anche con una (leggera) stretta al contenimento la curva dei contagi rimarrà su questi livelli o se tornerà a salire, opzione che speriamo non si avveri perchè è opinione comune che vorrebbe dire tornare subito a restringere i permessi.
Non è un caso che il primo “scalino” di riaperture sia proprio 14 giorni dopo il 4 Maggio, ovvero il tempo che si considera per la comparsa dei sintomi della malattia e utilizzato per valutare l’andamento dei dati finora. E non è un caso non è che sia stato riaperto tutto tranne la cinofilia… ma è proprio un piccolo passo iniziale (tant’è che molti la considerano più una “Fase 1 bis”, almeno per quanto avverrà a Maggio) che verrà valutato e farà decidere se riattivare le restrizioni o se allentare un po’ di più la cinghia, è una situazione chiaramente in divenire.
In quest’ottica – per quanto sì, molte attività cinofile sarebbero in grado sul posto di rispettare le misure di sicurezza e la distanza – probabilmente è stato valutato quello che comportano a livello di mobilitazione delle persone.
Insomma, il problema non è tanto “cosa fai una volta arrivato al campo” quanto “come ci arrivi”, considerato che normalmente non si ha il centro cinofilo nel proprio comune ma si deve fare magari un po’ di strada.
Secondo aspetto, la difficoltà di controllo: i famosi “pressi dell’abitazione” sono stati più una misura di facilitazione del monitoraggio che per ridurre il rischio (anzi, più persone in meno spazio era un aumento dei rischi), e un conto è consentire di raggiungere i “congiunti” quindi comunque presumibilmente in città, un conto è consentire di raggiungere i centri cinofili che normalmente NON sono in città.
Personalmente ho trovato davvero poco logica l’immagine qui sopra, che è stata condivisa da molti cinofili, anche amici: gli autobus sono rimasti attivi anche in piena pandemia, sono un servizio fondamentale anche per chi va al lavoro e quindi oltre alle attività che comunque non sono state fermate nemmeno in piena emergenza serviranno anche per le – poche – che riapriranno. Insomma, la necessità di spostamento è evidentemente ben diversa rispetto alle necessità, che pur ci sono, di centri cinofili e toelettature. E’ anche un po’ non raccontarla tutta giusta dire che ogni centro cinofilo ha ettari di spazio (molti sono abbastanza piccoli) e il contatto sia solo umano-cane: anche solo l’eventuale interazione tra educaddestratore e cliente è potenzialmente a rischio, e le lezioni di gruppo (pur potendo distanziare le persone) sono ormai una realtà frequente, e qui torniamo al discorso per cui magari non farebbero mobilitare nemmeno solo una persona a lezione, ma più di una.
Per quanto riguarda le toelettature, evidentemente è stato considerato non prioritario lavare/toelettare il cane, questo da un lato chiaramente può essere un errore (anche per una questione di igiene, quindi particolarmente rilevante in questo periodo), ma c’è comunque stata coerenza visto che ad esempio anche i parrucchieri e in generale le attività dedicate alla cura della persona non riapriranno ancora, ma dovranno probabilmente aspettare il 1 Giugno.
Sicuramente avranno influito anche molti altri fattori, come ad esempio la mancanza di un’associazione di riferimento e il fatto che la figura professionale dell’educaddestristruttore di fatto “non esista” a livello burocratico, e c’è stata molta frammentazione nell’inviare richieste di riapertura della cinofilia, tra lettre formali, raccolte firme e petizioni: questo sicuramente non aiuta, soprattutto quadno probabilmente non si è considerati propriamente in cima alla lista delle priorità.
Ma guardando il discorso numerico, la necessià di una riapertura fatta molto coi piedi di piombo e che molti altri settori non sono stati riaperti, è una decisione che ha senso.
Del resto, come ha dichiarato il presidente Conte, “non ci sono le condizioni per ritornare alla normalità”.
PERCHE’ NON HA SENSO
Al di là dei freddi numeri… i cinofili hanno però anche molte ragioni per arrabbiarsi.
Escludo la preoccupazione economica, non perchè non la ritenga valida (anzi!) ma per due motivi
– la considero scontata (e ripeto, validissima) per tutte le persone che si trovano senza introiti da quasi 2 mesi, e magari con le stesse spese di prima da affrontare
– al contempo mi rifiuto di pensare non sia stata presa in considerazione la difficoltà economica, e non penso che il Governo non si ponga il problema di star mettendo in crisi tante attività, cinofile e non.
Quello che ha senso faccia arrabbiare a mio avviso è ad esempio il fatto che ci si stia prodigando per cercare di far ripartire il campionato di calcio (e comunque si è lamentata pure la Serie A…), che dovrebbe essere decisamente meno prioritario rispetto a molti professionisti che devono far quadrare ogni giorno i conti. E lo stesso vale comunque anche per le piccole realtà sportive, perchè sicuramente anche il carrozzone della Serie A con tutto ciò che muove è un problema resti fermo… ma magari non va a bagno come invece rischiano di fare le realtà dilettantistiche.
Le misure di sicurezza, effettivamente non sarebbe così difficile farle rispettare e ha più possibilità un centro cinofilo che non le fabbriche che non hanno mai chiuso, ad esempio, e non tutte dedite a servizi primari. E’ sicuramente più facile distanziare solo due persone e adottare cautela usando guanti e mascherine che sperare che in una fabbrica tutti rispettino la distanza interpersonale…che del resto spesso non viene rispettata nemmeno nei supermercati: sì, finchè c’è da fare la fila fuori bene o male sono tutti ligi, ma poi all’interno – pur con le radio dei supermercati che ricordano costantemente di stare lontani – si lotta per accaparrarsi l’ultimo panetto di lievito o l’ultimo pacco di farina, e solo lo scaffale delle penne lisce non crea assembramenti.
Oltretutto, se si consente di andare al parco (seppur con ingressi controllati), ha poco senso non consentire al centro cinofilo di svolgere la sua attività dato che – escludendo i parchi davvero immensi – la densità di persone sarebbe sicuramente minore al centro cinofilo.
Per quanto riguarda le toelettature, sono già tendenzialmente strutturate per non avere persone nell’area di lavoro, dove entra solo il cane.
Del resto se hanno potuto lavorare i veterinari, probabilmente evitando assembramenti in sala d’aspetto e magari scaglionando un po’ di più gli appuntamenti, la stessa cosa possono farla le toelettature.
L’igiene poi ovviamente è già tenuta in alta considerazione, quindi anche a livello di pulizia avrebbero un vantaggio rispetto a molte altre attività che invece riapriranno già il 4 Maggio.
Vi sono poi sia i problemi che deriveranno sia dal graduale ritorno alla normalità (ne abbiamo parlato in un articolo dedicato pochi giorni fa) sia quelli che si potrebbero essere aggravati: pensiamo a tutti i cani che stavano seguendo un percorso di lavoro che è stato bruscamente interrotto: allungare ulteriormente i tempi è un ulteriore rischio per le famiglie. Senza un valido aiuto molte persone rischiano di trovarsi in situazioni spiacevoli quando non addirittura pericolose, e sarebbe poi troppo facile parlare di “cane improvvisamente impazzito” quando magari il problema affonderebbe le sue radici nel fatto che la famiglia non abbia avuto modo di lavorare in tempo agli atteggiamenti che stavano venendo a galla.
Questi sono – alcuni – dei motivi per cui secondo me avrebbe assolutamente senso far ripartire almeno parte della cinofilia, e altri per cui invece la decisione di non farla ancora ripartire è corretta.
Sentitevi liberi di dire come la pensate voi.
Al di là però di come la si pensi, del voler far prevalere i “perchè sì” o i “perchè no”, e a prescindere dalla propria fede politica, una cosa è poco contestabile: il nemico non è il Governo, non sono gli esperti che consigliano i politici o chissà chi altro: il nemico è il virus, e lo si batte con prudenza e stando uniti (mefaforicamente, perchè fisicamente invece conviene star distanti!).
Purtroppo le situazioni di difficoltà finiscono sempre per inasprire la consueta “guerra tra poveri” e a pensare ognuno per sè: oggi un po’ tutti i cinofili sono arrabbiati e compatti perchè condividono un destino comune, ma se domani aprissero le toelettature e non i centri cinofili (o viceversa), sicuramente partirebbero le divisioni e liti, che da sempre contraddistinguono il settore. Del resto già su alcune interpretazioni – erronee – per cui magari potevano aprire le ASD ma non i centri non configurati come ASD erano partiti i “non esiste che io possa aprire e lui no!”.
Cerchiamo di non fare il solito errore.
Capisco non sia facile, specie con paura e preoccupazione per il futuro, ma è una situazione che non riguarda solo la cinofilia (per quanto sia sicuramente un settore che è sempre stato poco ascoltato dalle istituzioni, e non certo da oggi), riguarda tutto il mondo.
Facendoci prendere dalla rabbia e magari da decisioni impulsive rischiamo di vanificare gli sforzi che tanti hanno fatto fino ad oggi. E’ giusto far valere le proprie ragioni, esporre il perchè non si è un settore a rischio, ma ricordiamoci che il virus non è certo sparito e i numeri lo dimostrano, non facciamo prevalere l’istinto sulla ragione, perchè la ragione è quella che può farci vincere questa battaglia.
Buongiorno Davide, condivido in pieno quello che hai detto. Vorrei però aggiungere che personalmente mi sento delusa dall’atteggiamento dell’ENCI. Io sono una allevatrice di bassotti e come sai la razza da me allevata, assieme ad altre sfortunate (o fortunate? ) deve essere sottoposta all’esame di un giudice per essere ammessa alla riproduzione, e questa pratica avviene in expo. L’expo, quella realtà che, come hai detto tu, viene proprio ultima tra le ultime. Mi sembra evidente che, per non fermare gli allevatori ab libitum, nasce l’esigenza di svincolare dalle expo (almeno in questo periodo) l’esame dei soggetti che devono entrare in razza. Noi allevatori di bassotti abbiamo avanzato qualche proposta (tipo di fare le conferme di taglia presso le delegazioni, organizzare micro-raduni locali, solo per soggetti fuori concorso che devono esser ammessi alla riproduzione, e ovviamente solo quando la situazione generale potrà consentire di farlo), ma abbiamo ricevuto solo bastonate nei denti. Le conferme le farete in expo. Punto e basta.
Insomma, non sto dicendo che vogliamo andarcene a scorrazzare liberi per l’Italia con i nostri cani, ma certo sarebbe saggio che l’ENCI iniziasse a programmare una fase 2 anche per noi che viviamo di cinofilia, ed essere essa stessa a fare proposte sensate da sottoporre all’esame del ministero. Invece niente. Porte sbarrate. Nessuna risposta da parte di ENCI alle mail, risposte spesso sgarbate da parte del club di razza (tipo: la gente sta a morì e voi pensate ai cani?). Il rispetto, per essere vero rispetto, deve sempre essere reciproco. Se per mettere in razza i giovani soggetti dobbiamo aspettare le expo, allora riapriranno i centri cinofili, riapriranno le toelettature, e l’allevamento continuerà a rimanere inesorabilmente fermo. Senza che a nessuno di quelli “che contano” venga in mente di preoccuparsene. Questa mi sembra davvero una cosa molto triste.
Condivido le riflessioni del tuo articolo, sicuramente quando i centri cinofili potranno ripartite sarà opportuno dare spazio alle sole lezioni singole e rimandare le attività collettive più avanti nel tempo, quando i dati dei contagi saranno più confortanti. L’aspetto positivo è che in genere non ci sono grossi problemi a mantenere il distanziamento sociale, molto più semplice nell’attività cinofila che all’interno di un negozio o un ufficio.
Le prime due settimane di maggio sono cruciali per evitare che la curva dei contagi riprenda a risalire…