sabato 16 Marzo 2024

La storia dei sardi nel genoma del Cane Fonnese

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Martina Aresu
Martina Aresu
Nata nel 1995 a Lanusei (NU). Possiede una grande passione per gli animali, e soprattutto per i cani, che coltiva occupandosi sia di quelli della famiglia che svolgendo attività di pet sitter. Questa inclinazione la spinge a conseguire con la massima votazione la laurea nel corso "Tecniche di allevamento animale ed educazione cinofila" dell'Università di Pisa, con una tesi sugli Interventi Assistiti con gli Animali rivolti ai pazienti autistici; nel frattempo diviene Commissario di ring Enci e partecipa a diverse esposizioni. Ha come obbiettivo futuro quello di rendere la sua zona più pet friendly e di diventare un importante punto di riferimento per la corretta gestione del rapporto uomo-cane.

“…cani di Fonni, vigili sui monti
Deserti al passo dei rapinatori:
Pugnace razza implacabile, pronti
Sempre all’assalto, come l’aura lievi,
Seguaci come l’ombra, negli orrori
delle notti ventose, tra le nevi…”

Queste righe di Sebastiano Satta descrivono bene lo spirito del Cane Fonnese, un instancabile guardiano delle campagne e del bestiame, protettivo fino alla ferocia e fedele soltanto al suo padrone; talmente tanto che il suo stesso Dna riflette la storia della Sardegna.
Queste sono le conclusioni di uno studio genetico, pubblicato nel 2016 nella prestigiosa rivista americana “Genetics”, che rivela che gli antenati del cane hanno le stesse origini geografiche di quelle dei migranti sardi. La ricerca internazionale è stata portata avanti dal “National Human Genome Research Institute” (NHGRI), coordinata dalla genetista di fama mondiale Elaine Ostrander, e condotta da un gruppo di ricercatori delle Università di Sassari, Milano e Chieti.

Il protagonista dello studio è il Cane di Fonni, conosciuto anche come mastino fonnese o pastore fonnese, ma chiamato “cani fonnesu antigu” nell’ambiente pastorale, spinone fonnese dai cacciatori e “cani sardu antigu “dagli anziani di tutti i paesi della Sardegna. Proviene dalla zona che circonda il paese di Fonni (NU), dove viene indicato come “ane ‘e accappiu” (cane da catena o da guardia), ma è diffuso in tutta l’isola.
La razza è ammessa al RSA (Registro Supplementare Aperto – istituito dall’Enci per soggetti appartenenti a popolazioni tipiche italiane in fase di recupero come razze), per la quale sono state avviate le procedure di riconoscimento e, secondo la classificazione F.C.I., appartiene al Gruppo 2 (cani di tipo pinscher e schnauzer – molossoidi e cani bovari svizzeri), Sezione 2A (molossoidi). Attualmente il riconoscimento internazionale del cane di Fonni viene perseguito da un gruppo dedicato di allevatori e appassionati (l’Associazione Amatori Cane Fonnese, istituita dal Dipartimento di Medicina Veterinaria di Sassari) che si pone l’obiettivo di preservare il patrimonio distinto di questa straordinaria razza.

Prima di parlare della ricerca, analizzeremo brevemente la proposta di standard del cane da pastore fonnese.

ASPETTO GENERALE

È un cane di taglia media, dal fisico robusto, asciutto e tonico, appartenente ai mesomorfi: ha un’altezza al garrese di 60 cm circa, superata di poco dalla lunghezza del tronco. Il petto è abbastanza ampio con muscoli ben sviluppati; gli arti sono solidi, asciutti e dritti, i piedi sono ovali, con dita raccolte e cuscinetti plantari neri, duri e resistenti. Le unghie sono nere e forti. La coscia larga e flessa e la gamba moderatamente lunga e muscolosa permettono un’andatura agile e sciolta. La testa è mesocefala con una lunghezza del cranio pressoché uguale alla sua larghezza; il tartufo è grosso, largo umido, brillante e nero. Le orecchie di forma triangolare sono moderatamente sviluppate e hanno un’inserzione semi laterale a livello o leggermente sotto l’arcata zigomatica. Gli occhi sono di media grandezza, di colore ambra o bruno, vicini alla canna nasale, posti in una posizione sub frontale che definisce un’espressione penetrante, non amichevole e uno sguardo cupo e ombroso. Il pelo è caprino, duro e munito di folto e denso sottopelo lanoso, lungo più o meno la stessa misura su tutto il corpo, ma più corto agli arti e quasi raso al muso, dove presenta ispide difese agli occhi e barba al mento. I colori ammessi sono il nero (nieddu), il cenere (inchinisciau) nelle sue varie tonalità, ed il miele (melinu), mentre per la varietà di pelo raso, per altro oggi rara, è ammesso anche il tigrato (sorgolinu).

CARATTERE

Instancabile cane da lavoro, non si mostra mai astioso con gli animali di cui si prende cura, ma sa essere, all’occorrenza, un ottimo guardiano contro i possibili predatori. Cauto verso gli estranei e protettivo verso il padrone e il bestiame, fedele ed equilibrato, dotato di grandi capacità intuitive, svolge il proprio lavoro all’interno dell’allevamento come guardiano delle greggi, difendendole con ferocia. In altri contesti non mostra aggressività: ciò è dovuto ad una stabilità comportamentale scritta nelle sue caratteristiche genetiche. I tratti del temperamento sono tenuti nella massima considerazione dai pastori, che ancora oggi affidano loro la guardia e la difesa delle greggi senza mai temere di essere traditi. Se non lavora, deve svolgere un’attività fisica adeguata per conservare il suo innato equilibrio.

LA SELEZIONE

Documenti storici risalenti a metà del diciannovesimo secolo indicano che in un passato molto remoto il cane fonnese fosse addestrato per sgattaiolare nei terreni vicini, rubare degli oggetti e poi tornare a casa con il bottino, anche se per lo più i soggetti venivano utilizzati per la guardia, tenuti legati ad un albero con una catena. Gli antichi racconti sul loro addestramento sono suggestivi. I cuccioli dovevano crescere senza avere contatti umani e venivano tenuti nelle buche nel terreno ricoperte di frasche: erano alimentati con latte di pecora, alla cui mammella venivano attaccati da piccolissimi, al fine di associare gli odori dell’animale che li nutriva con il concetto di madre da difendere. Un solo animale, se ben addestrato, era in grado di vigilare e condurre un intero gregge. Gli allevatori sono sempre stati molto gelosi dei loro fonnesi, al punto che difficilmente cedevano dei cuccioli a chi non era della zona, e non lasciavano che i cani si accoppiassero in modo casuale: la razza si è sviluppata solo grazie alla selezione effettuata nei secoli dai pastori, particolarmente attenti nello scegliere i cani per la loro abilità come guardiani, e non curanti dell’estetica e della morfologia.
Per questo, il cane di Fonni rappresenta lo studio di un caso particolare, in quanto i soggetti mantengono un aspetto standard e un comportamento ben definito in assenza di un programma di allevamento organizzato, che normalmente è fondamentale per lo sviluppo e il mantenimento di una razza pura: la combinazione di fattori naturali (importantissimo l’isolamento geografico) e artificiali li ha comunque resi una razza a tutti gli effetti.
I fonnesi, ancora oggi, vivono in condizioni molto diverse dagli standard che consideriamo “normali” per il benessere canino: spesso stanno all’aperto tutto il giorno anche senza un riparo, e sono pochi gli allevatori ad aver cambiato la loro dieta, che è per la maggior parte quella tradizionale (un’alimentazione frugale, a base di scarti di carne e siero di latte). Eppure, se la cavano egregiamente!

E ora passiamo alla ricerca vera e propria…
Nello studio sono stati raccolti i dati di circa 200 fonnesi provenienti da zone differenti della Sardegna. Non un solo cane mostrava segni di patologie o alterazioni nel metabolismo. Persino i più vecchi erano come dei giovanotti. Solo sette erano positivi alla leishmaniosi (nonostante In Sardegna abbia un’incidenza del 22%), ma nessuno mostrava sintomi o alterazioni. Molti erano anziani, avevano superato i 14 e in alcuni casi i 22 anni, e uno in particolare era addirittura arrivato ai 26 anni, ma nessuno di loro era malato. I cani, che in assenza del proprietario non avrebbero fatto entrare nessuno, quando lui era lì hanno permesso ai ricercatori di manipolarli, fare prelievi di sangue e misurazioni, dimostrandosi capaci di discriminare il ruolo da guardiano ed escluderlo nei contesti in cui non sia necessario. Solo cinque cani si sono dimostrati aggressivi, ed erano gli unici a vivere in un ambiente diverso, ovvero la casa con giardino: non avevano un vero ruolo nel gruppo familiare e non svolgevano il lavoro per il quale sono stati selezionati.

Una delle particolarità osservate nel cane fonnese è stato proprio il forte rapporto con il proprietario: gli allevatori sono persone di poche parole, trascorrono molto tempo da soli e hanno un tipo di comunicazione diretta molto posturale, facile da capire per il cane, che permette uno scambio di informazioni comprensibile per entrambi, diversamente da un ambiente domestico, in cui i messaggi contrastanti tra voce e movimenti del corpo spesso confondono gli animali.
Le prime analisi genetiche su questa razza sono state compiute circa otto anni prima e hanno confermato che delle origini del cani sardu antigu si sapeva poco o nulla.
In Sardegna il lupo non c’era mai stato, quindi questo pastore da dove arrivava?
Per capire meglio lo sviluppo dei cani fonnesi gli scienziati ne hanno sequenziato l’intero genoma (cioè l’insieme di tutte le informazioni genetiche depositate nella sequenza del DNA), mettendolo a confronto con quello di altre 27 razze selezionate provenienti dalle regioni che circondano il Mar Mediterraneo e con il lupo. Non sono stati trovati riscontri con le altre razze italiane ma un’origine filogenetica comune con quella del Komondor (cane da pastore dell’Asia, portato in Ungheria dagli Unni), del Saluki (o levriero afgano, proveniente dal Medio Oriente), e del Pastore dell’Anatolia.

La rilevazione più interessante dello studio riguarda le origini del cane fonnese e il legame con i sardi. La Sardegna suscita da sempre particolare interesse da parte dei genetisti, poiché sperimenta diversi meccanismi di isolamento: il linguaggio, le pratiche culturali e le tradizioni che si tramandano gelosamente di generazione in generazione e naturalmente l’isolamento geografico, una barriera che può influenzare sia gli abitanti umani di una regione, sia la flora e la fauna endemiche o introdotte. Quindi la posizione geografica isolata, la bassa diversità genetica della popolazione e la presenza di poche variabili facilitano le ricerche relative alle malattie genetiche e all’invecchiamento.
Studi precedenti sugli abitanti hanno rivelato che i sardi mostrano grande identità genetica con popolazioni provenienti da Ungheria, Egitto, Israele e Giordania; i popoli delle regioni peninsulari d’Italia invece condividono una maggiore somiglianza con le culture europee a ovest e a nord. Una volta abitata quindi, l’Isola ha mantenuto un’omogeneità genetica distintiva, anche se le barriere geografiche e linguistiche hanno portato allo sviluppo di diverse sottopopolazioni. Ciò implica che la Sardegna sia stata prevalentemente abitata dai popoli del Mediterraneo orientale e dell’Africa settentrionale che, teoricamente, avevano portato i cani dalle loro patrie, popolando così l’isola con gli antenati di quello che sarebbe diventato il cane di Fonni.

Queste scoperte hanno confermato quanto scrivevano gli storici del tempo, ad esempio riguardo alla presenza dei Romani: sono passati con i loro cani (mastini e molossi) nei pressi della Sardegna centrale -la cosiddetta Barbagia, terra dei barbari- ma non vi sono mai entrati. Ed è per questi motivi che i fonnesi, per quanto riguarda le origini, non hanno alcuna affinità genetica con le razze del resto d’Italia.
Perciò l’origine del cane è lo specchio di quella dei sardi: i modelli dello sviluppo e delle migrazioni del popolo sardo sono riflessi nella mappa delle origini del fonnese perché gli antenati dei sardi hanno viaggiato portandosi dietro i loro cani definendo così un binomio che appare indissolubile, un parallelismo che potrebbe aggiungere tasselli mancanti alla storia della presenza dell’uomo nell’isola. Quindi, così come il popolo sardo ha a lungo costituito una ricchezza per le intuizioni genetiche da parte degli scienziati, i nativi canini di Fonni sono l’esempio di una popolazione che potrebbe rivelarsi una risorsa per trovare e isolare i geni che influenzano il comportamento o quelli responsabili del cancro nei cani.
Dalla ricerca è emerso anche che oggi i cani più longevi vivono nelle stesse zone dove ci sono gli ultracentenari sardi: perciò la conoscenza dell’origine geografica del cane e dell’uomo può fornire un nuovo strumento di comprensione dell’origine genetica di caratteri complessi e di patologie rare in entrambe le specie. Inoltre studiare il genoma dei cani – anche nelle loro varietà regionali – potrebbe essere un’ottima risorsa per colmare i “vuoti” di conoscenze nella storia delle migrazioni umane: partendo dal presupposto che anche in passato si viaggiava con i fedeli compagni a quattro zampe, laddove mancassero i dati umani potremmo riempire le lacune con quelli canini.

Per saperne di più: http://dx.doi.org/10.1080/1828051X.2016.1248867

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2 Commenti

  1. I sardi sono quasi identici agli agricoltori del neolitico che dall’anatolia diversi millenni fa si spostarono in Europa , oltre che a diffondersi altrove, e quasi sostituirono i cacciatori agricoltori europei .
    In seguito l ondata di diffusione yamnaya portó alla formazione dell etnogenesi moderna Europea.
    La storia é piú complicata di come l’ho detta io ma praticamente la sardegna venne “risparmiata” dall’ondata indoeuropea per cui é quasi come se si fosse fermato il tempo con loro. I sardi sono almeno per il 90% “agriculturi del neolitico” , tale componente é comunque elevata negli altri Europe I con una media del 40-50% .

    Detto questo conosco un cagnolino di 19 anni con padrone povero che nonostante tutto é vivo e vegeto ed assomiglia proprio a questi cani qui, solo un pó piú piccolo.

  2. “Ungheria, Egitto, Israele e Giordania….”? Forse sarebbe più corretto dire dell’Europa sud-orientale, nord Africa, vicino oriente. Seguo con molto interesse lo spostamento dei geni e la sua storia, e non senza una certa difficoltà ho la fortuna di lavorare il un museo archeologico. Probabilmente le prime popolazioni sarde venivano dal grosso “calderone” iberico che aveva origini berbere (come le avrebbero chiamate i romani), erano cacciatori-raccoglitori, poi vennero raggiunti da altre popolazioni che conoscevano questo percorso sempre dallo stesso gruppo etnico geografico, portando l’agricoltura del neolitico, quindi ci sta l’idea del ceppo nord-aficano; La grande ondata di pastori agricoltori che portò al periodo delle domus de Jana probabile veniva dall’Europa dell’est/sud-est, includiamo anche l’Anatolia….Gli ungari vivevano nelle steppe dell’Asia centrale quando il pastore fonnese aveva già le caratteristiche attuali essendo un popolo della steppa ed uno degli ultimi a scendere in Europa verso la fine del VIII sec d.C.. La teoria del legame della storia genetica tra il cane e gli umani è molto interessante e da seguire. A parte questa mia forse non chiara precisazione mi ritengo d’accordo con l’articolo in generale.
    p.s.
    Probabile che sia il cane che il gatto siano stati addomesticati o hanno addomesticato gli umani circa 25.000 anni fa….

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