Quando, diversi anni fa, decisi di trasformare il mio hobby in un lavoro a tempo pieno, nonostante i tanti anni di esperienza con i cani, iniziai a divorare libri su libri che trattassero tutti gli aspetti del comportamento, della salute, dell’addestramento dei cani…qualsiasi cosa portasse nel titolo la parola “cane” attirava la mia attenzione e spesso finiva nella mia biblioteca personale; a dire il vero questo vizio mi è fortunatamente rimasto, anche perché sono estremamente convinto che quel giorno in cui inizierò a pensare che sia inutile leggere ed aggiornarsi in quanto a conoscenza di tutto ciò che riguarda i nostri fedeli amici a quattro zampe, sarà il giorno in cui dovrò mettere in cantiere l’idea di smettere di fare questo lavoro.
Quando si ha a che fare con i cani, ma a dire il vero con gli animali in generale, non si deve mai pensare di essere arrivati, la sete di imparare dai libri, dagli altri colleghi e ovviamente dagli stessi cani che fanno parte della nostra quotidianità deve essere sempre viva, non ci si deve mai e per nessun motivo sentire arrivati.
Tra le decine di libri letti e studiati, uno dei capisaldi che dovrebbe far parte delle letture di ogni cinofilo che si rispetti, ce n’è uno che mi ha insegnato veramente tanto e che ogni tre per due approfitto di sfogliare per far ritornare vivo qualche aspetto della biologia, etologia ed evoluzione dei cani…sto parlando di “Dogs” dei coniugi Raymond e Lorna Coppinger; all’interno di questo volume troviamo tra gli altri un capitolo interamente dedicato a quello che è oramai il mio lavoro o, come piace chiamarlo a me, “Stile di vita”; parlo ovviamente dei miei tanto cari Cani da Assistenza.
Non vi nego che la prima volta che lessi quel capitolo in particolare mi ritrovai non poco spiazzato. L’inizio è molto promettente, e mette in luce tutti i benefici di un cane da assistenza ben addestrato: “Tuttavia, anche nei casi in cui si possono trovare valide alternative al cane, si è notato che il compagno canino addestrato ha effetti psicologici positivi e arricchisce la vita dell’uomo. Spesso il cane aiuta la persona ad affrontare il mondo, ispirandole sicurezza e indipendenza. Dato che questi cani vengono percepiti come “un’utile curiosità”, spesso i loro padroni ricevono attenzione da persone che altrimenti tenderebbero ad ignorare i portatori di handicap. Il cane fornisce loro un ambiente sociale più normale. Sono molte le storie che circolano sui cani da assistenza, tutte talmente eroiche da essere difficili da credere. Ma per una persona che è rimasta sepolta viva e che deve la sua vita a un cane, le critiche non sono accettabili. Per chi ha risposto positivamente alla pet-therapy, una critica alle tecniche che hanno portato il cane nella sua vita non è cosa gradita”.
Nonostante ciò, il seguito era un continuo criticare le associazioni per i loro metodi di addestramento, per la continua ed inutile ricerca del perfetto cane da assistenza, per l’altissima percentuale di cani scartati dai vari programmi di addestramento; nulla da eccepire, per carità, io non sono assolutamente nessuno per giudicare Coppinger, che esprime il suo punto di vista, perlopiù biologico, sul come sarebbe impossibile ottenere determinate caratteristiche senza modificare quello che è da sempre il protocollo di lavoro, soprattutto negli Usa, dove una certa estremizzazione dei metodi è spesso posta in essere da molte associazioni che si occupano di Service dogs.
A tutto c’è un però, e anche il buon Coppinger, da grande professionista, anziché limitarsi a snocciolare percentuali ed emanare critiche a profusione, cerca di mandare un segnale forte alle associazioni di cui sopra, scrivendo: “Ciò che ho imparato osservando i potenziali cani da assistenza è che gli istituti non hanno bisogno di cani migliori o più intelligenti; hanno bisogno di prendere seriamente in considerazione ogni aspetto dello sviluppo canino, affidandosi meno alla genetica e di più agli studi biologici sullo sviluppo del comportamento, specialmente durante il primo anno di vita del cucciolo. Hanno bisogno inoltre di addestratori a lungo termine, che imparino a conoscere i cuccioli dalla nascita per tutto il periodo dell’addestramento fino all’affidamento finale, con regolari incontri anche quando sono adulti e in servizio“.
A questo punto potevo scegliere tra il piangermi addosso, pentirmi della mia scelta, trovare una scusa per mollare tutto, oppure rimboccarmi le maniche, cercare di carpire quanti più segreti possibile da chi ne sapeva più di me e poi iniziare a metterlo in pratica con la mia associazione. Se siete qui a leggere la mia testimonianza su questo prestigioso sito, come potrete immaginare, è perché non ci ho pensato nemmeno un attimo e ho iniziato a porre tutte le basi per percorrere la seconda strada, sicuramente più tortuosa, piena di insidie e di scetticismo.
Voi amate le cose semplici? Io assolutamente no, adoro le sfide e più sono complicate, più mi ci metto di impegno per superarle, così ho fatto un giro sul web per cercare di capire chi avrebbe potuto aiutarmi in tal senso…in territorio italico, tabula rasa, zero assoluto; quei pochi che mi hanno risposto mi esortavano a lasciar perdere: “In Italia non ce la farai mai”, “Tu sei pazzo, qui non esiste la cultura dei cani da assistenza”, ecc.
Ottimo, pensai, andiamo oltre confine, e così mandai una mail in Svizzera all’associazione Le Copain che aveva sede a Granges, nel cantone francese. Mi risposero quasi subito e, fortuna delle fortune, scoprii che la moglie del fondatore è di origine italiana; sapete cosa significava per me tutto ciò? Che anche l’ostacolo della lingua era ampiamente superabile, abbinando quanto sopra alle mie reminiscenze di francese che mi accompagnavano sin dalle scuole medie.
Sono andato per un anno in Svizzera, un weekend al mese, e mi sono riportato a casa un bagaglio inimmaginabile di nozioni, protocolli di lavoro, esperienze con i cani in preparazione, con le famiglie di accoglienza, ho cercato di “estorcere” più segreti possibili; dopo 12 mesi con tanta passione, tanta voglia di fare e tanta responsabilità addosso, ero finalmente pronto per importare la mia esperienza qui in Italia.
Era chiara in me la certezza che fossi solo all’inizio, avevo tutto da dimostrare e soprattutto non avevo ancora preparato nemmeno mezzo cane per una persona con disabilità…sarei stato in grado? Avrei disatteso le aspettative? Sarei riuscito a dare una qualità almeno accettabile con i miei servizi? Per poter rispondere a tutte queste domande avrei solo dovuto iniziare, partire a testa bassa, senza se e senza ma.
Sono passati quasi 6 anni da quel giorno, più di 30 cani consegnati in maniera definitiva, 10 cuccioli in preparazione e quasi 40 famiglie in lista di attesa, e sono ancora qui a chiedermi come poter migliorare il protocollo di lavoro della mia associazione, come poter mettere in condizione il mio staff di lavorare nella maniera più corretta possibile, come cercare di mettere sempre in primo piano il benessere dei nostri cani; in tutti questi anni, come accennavo all’inizio di questo articolo, le parole scritte dai coniugi Coppinger in quel fatidico stralcio di libro mi sono sempre risuonate nella mente, ogni singolo giorno come un mantra accompagnano la mia routine professionale, le mie esperienze con i cani e con le famiglie a cui andranno affidati, perché alla fine le famiglie sono le protagoniste del mio lavoro, sono loro che mi permettono di migliorare, giorno dopo giorno, con lunghe telefonate per spiegarmi il più precisamente possibile i problemi del loro familiare affetto da una qualsivoglia disabilità fisica e/o cognitiva, liste di competenze da insegnare ai cani, sono loro che mi contattano per gioire di un qualcosa che il cane ha fatto o per cercare consigli sul come risolvere qualche criticità col loro cucciolone.
Proprio come descritto nel libro sopra citato questi anni mi sono stati necessari per capire che il cane da assistenza perfetto non esiste, e molto probabilmente non esisterà mai, perché sono innanzitutto esseri viventi, ognuno con una propria personalità, ognuno con doti naturali differenti, ognuno con capacità di apprendimento diverse. Ho smesso quasi subito di cercare il cucciolo perfetto e mi sono dedicato a studiare un buon programma di lavoro, che ogni volta va modellato sul singolo soggetto e sulle esigenze di chi ci fa richiesta di un cane.
Mi sono concentrato sulla selezione di allevatori competenti e che avessero a cuore il carattere, oltre all’estetica, dei cani, scegliendo personalmente i soggetti all’interno delle varie cucciolate. Mi sono affidato, quando possibile, a famiglie di accoglienza, per fare in modo che i cani vivessero fin dai primissimi mesi gli aspetti salienti dell’ambiente domestico: per quanto ci si può impegnare in un buon arricchimento ambientale, crescere in casa o in box non è la stessa cosa!
Altro aspetto importante è che in entrambi i casi io e i miei collaboratori seguiamo i nostri cuccioli sempre, da quando escono dall’allevamento, al momento della prima consegna ( i cuccioli restano con noi in associazione fino al compimento di un anno di età, prima di venire inseriti nella loro nuova famiglia), al momento della conclusione del percorso ( la seconda parte dell’addestramento viene svolta dal nostro staff direttamente a casa del disabile) e oltre; si perché come ho spiegato sopra la nostra disponibilità nei confronti delle persone a cui affidiamo i nostri cani dura tutta la vita, siamo e saremo sempre un punto fermo relativamente a tutti gli aspetti che riguardano la vita del cane da noi preparato.
Reputo ogni giorno più importante, osservando i cuccioli in preparazione, dare risalto al loro corretto sviluppo comportamentale nel primo anno di vita; un corretto approccio all’addestramento in questo periodo fa si che il cane cresca più sereno e sicuramente più propenso a seguire il loro addestratore in tutte le fasi della preparazione perché, come i migliori architetti insegnano, prima di pensare a quali infissi mettere, prima di pensare all’arredamento, bisogna predisporre delle ottime e sane fondamenta.
In sostanza, cosa intendo per cane da assistenza?
Sicuramente un cane con delle doti naturali particolari, con una spiccata docilità, con una buona tempra, ma pur sempre un essere vivente. Il cane da assistenza è un cane come tutti gli altri, certo con delle competenze in più, ma non può essere visto solo come un robottino o come un surrogato della colf che al bisogno esegue compiti a memoria per il suo proprietario e poi viene dimenticato.
Per fare un esempio tra i tanti: un cane che vede rimbalzare una pallina davanti a sé, un gatto correre o un uccellino alzarsi in volo, rimane ovviamente tranquillo al fianco del suo compagno senza lanciarsi verso lo stimolo, ma rimanendo comunque vigile ed interessato; non di certo un cane apatico e spento a tal punto da non avere interesse per ciò che lo circonda. C’è una sottile differenza che, spesso, è difficile da vedere: il cane da assistenza deve, giocoforza, essere sempre sotto controllo, diversamente rischierebbe di diventare un pericolo per la persona che accompagna, eppure allo stesso tempo può (e deve!) essere un soggetto che fa anche il cane, come tutti gli altri. Un individuo che sa giocare con il suo umano, che sa interagire con i propri simili e con gli esseri umani estranei in maniera consona, nei tempi e momenti giusti. E questo può essere ottenuto solo con un addestramento mirato che esalti e incanali le doti naturali di ogni singolo soggetto e che dia ai futuri proprietari le basi per costruire una solida relazione che li porterà ad una convivenza serena e appagante per entrambi.