domenica 17 Marzo 2024

Critiche alla possibile Certificazione dei professionisti cinofili: il problema è il “cosa” o il “chi”?

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Davide Beltrame
Davide Beltramehttps://www.tipresentoilcane.com
Figlio di Valeria Rossi dalla nascita, creatura mitologica a metà tra uomo e cane, con tratti bestiali dello yeti. Solitamente preferisce esprimersi a rutti, ma ogni tanto scrive su "Ti presento il cane" (di cui è il webmaster, quando e se ne ha voglia). La sua razza preferita è lo staffordshire bull terrier, perché è un cane babbeo che pensa solo a mangiare e a dormire. Esattamente come lui.

Ad oggi le figure di educatore, addestratore, istruttore cinofilo e dintorni non prevedono alcun vincolo dal punto di vista normativo: questo fa sì che dall’oggi al domani chiunque possa aprire un centro cinofilo e dichiararsi educatore/addestratore/istruttore (o altro, sotto questo aspetto troviamo anche esempi di notevole fantasia…), anche senza nessuna reale effettiva competenza alle spalle.
E’ una situazione che è sempre stata criticata, in particolare negli ultimi anni quando diversi “rivoluzionari che hanno inventato un nuovo metodo” sono spuntati come funghi sui social network, ma che già con la nascita dei primi corsi per educatori/addestratori (parliamo quindi di più di 10 anni fa) aveva destato le prime grandi perplessità.
Prima degli anni 2000 la situazione a livello burocratico ovviamente era la stessa, ma il problema era molto meno sentito e fortemente meno rilevante: a mettersi a lavorare coi cani erano in pochi, praticamente tutti dopo un (bel) po’ di gavetta con il proprio cane (o quelli degli amici) e dopo un po’ di pratica in campo e/o in canile; del resto c’erano meno cani, il centro cinofilo era frequentato quasi esclusivamente da chi voleva fare sport col cane (e non c’era la varietà di discipline che abbiamo oggi)… era decisamente un mondo un po’ più di nicchia.
Negli anni però le cose sono cambiate e in particolare nell’ultimo decennio il mestiere di educatore/addestratore è stato presentato un po’ come l’El Dorado, il lavoro che ti fa divertire e guadagnare un sacco, con gli orari che vuoi, senza tanta fatica e via dicendo il centro cinofilo è diventato molto meno “di nicchia”, e c’è stato il boom dei corsi per diventare educatore cinofilo.
Boom che ha portato ovviamente a delle perplessità, vedendo come dopo il corso più teorico che pratico di 150 ore molti aprivano il proprio campo… per non parlare poi di chi lo faceva senza nemmeno quelle 150 ore o giù di lì.

Perplessità a mio avviso assolutamente lecita, soprattutto considerando che alla fine tutta questa schiera di nuove leve l’esperienza l’avrebbe poi fatta in gran parte sui cani altrui (proprio per la poca pratica nei corsi, spesso fatta coi cani dei corsisti stessi), rischiando ovviamente di andare a non risolvere problemi (o peggio, crearli o inasprirli), spesso sentendosi già in grado di affrontare casi difficili quando in realtà avevano poco più che un’infarinatura teorica.
Fermo restando che ci sono asssolutamente validi professionisti anche tra coloro che hanno aperto il campo 5 minuti dopo aver preso il “diplomino” (o senza aver nemmeno fatto il corso), è inevitabile che non possano esserlo tutti, visto i numeri di cui parliamo: ormai è quasi più difficile trovare qualcuno che NON sia un educatore cinofilo!
Il problema ovviamente è che il cliente finale non ha modo di sapere quali siano i validi professionisti e quali invece non lo siano: questo è un aspetto che – seppur magari non spesso quanto le fondamentali diatribe su pettorine vs strangolo, kennel sì kennel no e dintorni – si è discusso spesso, valutando che forse sarebbe servito un qualcosa che andasse “oltre” gli albi dei singoli enti e desse anche al proprietario un’indicazione attendibile sulle competenze dell’uno o l’altro professionista.
Ricordiamo che “in teoria” agli albori anche la distinzione tra le figure di educatore e addestratore (e in seguito istruttore) aveva lo scopo di aiutare il proprietario a scegliere la figura più adatta a cui rivolgersi.
Poi è andato tutto a catafascio, ma l’intenzione era quella.

Con gli anni e con l’aumentare di corsi, diplomi e diplomati, il problema è diventato più sentito, e non a caso ad esempio nacque FCC (Formatore Cinofilo Certificato), un’inziativa che riscosse molto interesse e che si presentava con delle buone premesse.
Premesse che – a mio avviso – non sono state poi del tutto rispecchiate, ma l’idea di partenza era proprio cercare di uscire un po’ dal clima di guerra tra sigle cinofile e dalla divisione in buoni e cattivi in base allo strumento utilizzato o al “guru” seguito.
Ricordiamoci che ancora oggi in cinofilia invece che pensare che semplicemente ci siano bravi e meno bravi sotto ogni “bandiera” ci si schiera che manco gli ultras del calcio: si diventa (secondo gli altri) coercitivi, bambinizzatori, superprofessionisti o dilettanti allo sbaraglio con estrema facilità e basandosi magari solo sull’uso di dell’uno o dell’altro strumento o secondo il corso che si è frequentato.
Insomma, FCC nacque da una necessità sentita da molti, sia addetti ai lavori che proprietari comuni, ovvero una certificazione “super partes” che non strizzasse l’occhio all’una piuttosto che all’altra scuola cinofila ma certificasse le competenze in maniera oggettiva (per quanto possibile).

Arriviamo ad oggi, e al punto base di questo articolo: negli ultimi anni diversi organismi di certificazione operano ai sensi del documento tecnico CWA 16979, il panorama si è ampliato “oltre” FCC e recentemente è stato proposto un Disegno Di Legge che in buona parte prende il via dagli stessi presupposti, ma mira più in alto, ovvero a un’effettiva legge che vada a determinare i requisiti per potersi definire educatori/addestratori cinofili, andando a stabilire dei precisi requisiti per poter vantare tale titolo, dividendo anche le figure tra chi opera nel campo di educazione e addestramento e chi invece ha anche specifiche competenze di rieducazione e recupero comportamentale.
Per capire meglio i presupposti e lo scopo del DDL, è possibile consultare il testo sul sito del Senato.

Beh, chi apprezzava FCC o in generale chi ha sempre visto la necessità di criteri più stringenti per dichiararsi professionisti cinofili sarà d’accordo con questo DDL“, direte voi.
Invece no.
E sì, suona strano (almeno, a me lo suona!), perchè i presupposti con cui viene presentato il disegno di legge sono esattamente gli stessi che da anni vengono discussi da chi vorrebbe vedere cambiare qualcosa in cinofilia, da chi pensa che ci sia troppo il “diplomino facile”, da chi magari era favorevole all’idea base di FCC.
Nel testo del decreto è possibile leggere come vengano considerati problematici ad esempio la scarsa durata media dei corsi per educatore/addestratore, la mancanza di una linea guida comune per la gestione dei canili (dove spesso finisce tutto sulle spalle dei volontari), il fatto che i percorsi formativi non siano sufficienti a formare figure realmente esperte rispetto ai problemi che andranno ad affrontare sul campo, e soprattutto come già detto che chiunque dall’oggi al domani possa inventarsi professionista cinofilo senza che nessuno possa dire “ehm, veramente fino all’altro ieri pensavi che il mio gatto fosse un cane, forse non è il caso…”.
Sono aspetti che tantissime persone hanno sempre – giustamente! – visto come enormi difetti della cinofilia italiana odierna.
Allora perchè un qualcosa che a logica dovrebbe trovarli concordi viene invece, da queste stesse persone, fortemente criticato?

Sia chiaro, avere dei dubbi è pienamente lecito, si possono avere perplessità sulle competenze richieste, sulle difficoltà nel valutare alcuni criteri che un buon educaddestristruttore dovrebbe avere (ad esempio una buona capacità di rapportarsi con il cliente e non solo una bravura tecnica), si può discutere che molte professioni che hanno albi in essere da decenni comunque vedano tra le loro fila persone tutt’altro che capaci… solo che ad oggi le critiche non vertono su queste tematiche, ma sono più sulla linea del “io da questa persona non mi posso far certificare perchè mi reputo più bravo di lui/lei”, “è solo una scusa per spillare soldi”, “non è vero che esiste un vuoto normativo”, “finirà che certificano solo chi lavora come loro”, eccetera.

Questo tipo di critica a me fa venire un dubbio: non sarà forse che il problema non è tanto il concetto della certificazione della figura di educatore/addestratore/istruttore in sé, ma chi lo ha proposto e lo sta portando avanti?
Non è che il problema per molti è che il disegno di legge non preveda automaticamente l’esclusione della “fazione nemica” ? Perchè ad esempio il DDL non prevede vincoli sugli strumenti (infatti le critiche si trovano da entrambi i lati della barriccata cinofila, ma ho il vaghisssssimo sospetto che ci fossero vincoli sull’uno o l’altro strumento qualcuno plaudirebbe fragorosamente gongolando all’idea che i “nemici storici” siano esclusi dalla certificazione…).
Non è che magari chi critica avrebbe voluto fare la stessa cosa (o comunque qualcosa di molto di simile) e ora je rode perchè sono state altre persone a portare l’argomento in Senato? O ancor più banalmente, teme di poter o non passare l’esame di certificazione o di non avere gli stessi vantaggi che si trova ad avere con la situazione attuale?

Sia chiaro, io non penso che questa o qualsiasi altra certificazione possa essere la panacea di tutti i mali: anche andasse in porto questo DDL, ci si troverebbe (magari non nell’immediato) ad affrontare le stesse problematiche che si trovano in figure professionali che sono normate da secoli, potremmo trovarci di fronte al problema per cui viene promosso l’amico dell’amico e qualcun altro invece viene visto meno di buon occhio perchè non ha l’aggancio giusto (ma ci si baserebbe in gran parte su un esame scritto, con quindi poca possibilità di interferenze da parte dell’esaminatore…), molti potrebbero prepararsi giusto per l’esame ma poi riprendere a lavorare esattamente come prima e scordarsi dopo due giorni le nozioni apprese di corsa giusto per l’esame, sarebbe comunque difficile mettere in qualche modo insieme persone che se ne dicono di tutti i colori da 20 e più anni… sono tutti problemi che “potrebbero esserci”.
Ma se ragioniassimo sempre in ottica di cosa può andar storto allora non cambierebbe mai nulla.

Se fino ad oggi proprio la mancanza di vincoli è stata molto probabilmente un vantaggio che ha permesso a tante persone di avvicinarsi più facilmente al mondo cinofilo anche a livello lavorativo rispetto a quanto accade invece con professioni circondate dalla burocrazia, trovo abbastanza oggettivo che ormai siamo all’eccesso e tutta questa libertà sia diventata un problema: nascono “scuole di pensiero” ogni giorno, c’è un numero altissimo di persone che vanta pluriennale esperienza e invece ha iniziato a lavorare coi cani l’altro ieri, credo che letteralmente nessuno conosca tutte le sigle cinofile attualmente esistenti e ancor meno tutti i “metodi” (o presunti tali) che vengono propinati (tutti ovviamente nuovissimierivoluzionariechenessunoavevamaiimmaginatoprima).
Forse è il momento di stringere un po’ i cordini e iniziare a distinguere il grano dalla pula, soprattutto nell’ottica del famoso “proprietario medio” che, magari al suo primo cane, se oggi si affaccia al panorama cinofilo in cerca di un professionista da cui farsi seguire nel percorso educativo con il suo cane si trova davanti tutto e il contrario di tutto, con grosse difficoltà a poter capire le competenze delle varie figure e finendo spesso solo a scegliere chi si presenta/vende meglio.
Che per carità, rimarrebbe anche con tutte le certificazioni del mondo un parametro importante… ma sapere che pure scegliendo il “meno bravo” si tratterebbe di comunque una persona che ha dimostrato oggettivamente di avere delle competenze di base e non di qualcuno soltanto autoreferenziale che la racconta bene ma in realtà di cane ha visto solo Snoopy sarebbe già un passo avanti.
Questa certificazione avrà dei difetti? Sicuramente sì, ma ci si può impegnare nell’evidenziare i punti che non piacciono, si può provare a proporre le proprie idee e collaborare, si può cercare di migliorarla col tempo man mano che venissero fuori le eventuali criticità, invece di ragionarla in termini di “è una cosa che avrei voluto fare io, ma siccome la fa qualcun altro allora fa schifo e va combattuta”.


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