domenica 23 Marzo 2025

Il farlocco: un quasi breton

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Appesa al guinzaglio, stamattina riflettevo. Pensavo al livido verdognolo che il canino del mio amato mi ha lasciato sulla mano, all’ultima volta che sono andata in giro per negozi o a prendermi un gelato per le vie del centro (quando è stata?).
Arrancando con i polmoni a fior di labbra per l’ultimo pezzo di una salita ripidissima mi sono resa conto: il cane mi ha lavorato ai fianchi.

Il farlocco è un quasi-épagneul: un épagneul di canile che ha letto il Vero Standard dell’épagneul breton di Valeria Rossi.
Ha tutto di quel racconto che mi ha fatto innamorare della razza (e incappare nel ceffo che ora tanto amiamo).
Per mesi, dopo l’adozione, ha paura di tutto.
Delle bici, delle carrozzine, dei sacchetti appesi a svolazzare dai cestini dell’immondizia, dei bambini, dei monopattini, dei trolley, delle bici, delle panchine. Si contorce come un pesce all’amo: Poche settimane e il guinzaglio nuovo si aggroviglia al punto che oggi, con i suoi tre nodi mai districati, ricorda un inquietante rosario di cuoio.

A spese di qualche stiramento muscolare, impariamo a non levargli gli occhi di dosso. Il farlocco nutre una forte avversione per i cani grossi, scuri o chiari che siano: quelli piccoli, non li capisce.
Un bravo educatore ci insegna a gestire la iena rissosa. Mio marito introietta gli insegnamenti. Io rimango comunque abbastanza propensa a mordere alle caviglie qualche spirito troppo libero del parchetto.
Capita che io e il quasi-épagneul abbaiamo all’unisono.

Passano le settimane.
Un bel giorno, il farlocco si stufa delle storie melense che ci inventiamo con le signore dell’area cani. Si mette a cacciare.
Cioè, proprio a cacciare.
Noi pensavamo che fosse un gran brocco e invece lui ci si mette di buzzo buono, con le chiappe che friggono di nervosismo e un sorriso angelico stampato sul muso. Da buon cane da caccia, sfoggia un comportamento bipolare. A casa, sbava lunghi sogni sul suo cuscinone. Ma un movimento impercettibile sulla sedia, l’ombra di un sospiro… ecco sulla coscia il dolce peso e la fruttata fragranza del Nostro, che, come Violetta, desidera volteggiare di gioia in gioia.

E infatti varcata la soglia di casa, corre, vortica, di prato in prato, di palo in lampione Disciplina! direte voi. A mia discolpa, la mano sul cuore: il farlocco esegue a pagamento una serie di esercizi futili. Ruota, resta, muore, batte cinque.
Fuori è un’altra cosa sScuotete le testoline? Poi mi direte!).

Il padrone del cane da caccia si distingue in questo dagli altri: spesso appostato su di un dirupo scosceso, non ha nulla della tetra disperazione del suicida, bensì l’aria vagamente annoiata dell’innamorato cui si tiri costantemente bidone (a volte mi sembra di accompagnarmi con quelle patite di shopping che a dispetto di ogni regola di prudenza continuano ad abbandonare i loro pargoli agli angoli delle strade, tra un negozio e un altro).
Un’estate fa, nascosta dietro un albero perché il cane non mi vedesse e si decidesse a tornare, mi hanno scovato dei bambini.
Stavano facendo una caccia al tesoro. Non hanno creduto che non fossi io a dovergli dare l’indizio successivo finché non è arrivato il trafelatissimo farlocco.

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