di MARIO GIOVANNINI – Avrete sicuramente visto tutti le gif animate che giravano qualche anno fa su Internet con i gatti che ascoltano musica in cuffia. Nel caso ve le foste persi, ecco qua il filmatino che ne riassume alcune (per vedere le gif originali cliccate qui).
Ma il vero rapporto dei nostri (a)mici con la musica, qual è?
Si sente spesso sostenere da molti umani quanto il loro gatto sia raffinato e colto in fatto di gusti musicali e con quanta decisione mostri il proprio gradimento o il proprio dissenso.
In effetti l’udito del gatto è uno dei più raffinati dell’intero mondo animale.
Essendo di natura cacciatore, i suoi sensi sono affinati e finalizzati allo scopo. Gli umani percepiscono fino a 20mila cicli al secondo, mentre i felini arrivano anche fino a 65/100mila cicli al secondo, captando suoni che sono alla portata solo dei pipistrelli.
Stiamo parlando di un’estensione superiore di due ottave a quella che noi riusciamo a sentire normalmente.
Inoltre possono distinguere, con un’approssimazione del 75%, tra due suoni differenti, provenienti da due fonti separate, distanti fra loro non più di 10 cm. Inoltre pare che abbiano l’orecchio assoluto, in grado di distinguere tra due suoni apparentemente simili, distanti fra loro solo un decimo di suono.
Tutto questo grazie alla particolare conformazione del cranio.
Il gatto ha due ampie camere di risonanza, dette bulle, sotto l’osso timpanico, che ne potenziano le capacità e gli permettono di sentire il fruscio del malcapitato topolino di turno a distanze ragguardevoli, oltre a captare tutta una serie di segnali che noi non siamo assolutamente in grado di percepire. Ecco perché, magari nel silenzio più assoluto, il gatto più placido del mondo, impegnato in una jam session di fusa memorabile, si alza di scatto e parte come un razzo.
Noi non abbiamo sentito niente, ma di sicuro qualcosa lo ha attratto in maniera irresistibile.
Allora perché quando li chiamiamo, disperati, supplicanti, quasi alle lacrime, per farli rientrare a casa o semplicemente per controllare che siano ancora in circolazione, ci ignorano bellamente? Proprio perché ci sentono benissimo e decidono con serenità di ignorarci, tanto non è niente di importante!
Ma la musica?
Se è assodato che con la classica le mucche producono più latte e le galline fanno più uova, ai gatti che effetto fa? E che genere ci vuole?
In America (e dove altrimenti?) sono assolutamente convinti che la musica abbia un effetto calmante e rassicurante su tutti gli animali da compagnia, compresi criceti, pappagalli e furetti: al punto che qualche anno fa era nata DogCatRadio, una bizzarra emittente radio studiata appositamente per far compagnia a tutti i pets che, durante la giornata, languivano a casa da soli. Il sito esiste ancora, ma non sembra trasmettere più (aggravante: il testimonial è Cesar Millan! ndR).
Nel corso delle diciassette ore giornaliere di trasmissione voci suadenti e gentili declamavano brevi racconti e poesie, sempre ovviamente a senso unico, alternate a laconici messaggi etici, tipo “Lascia stare il postino, ricordati che sta solo consegnando la posta”.
La risposta dall’oriente non si fece attendere, naturalmente. In Tailandia cominciò a trasmettere Dog Radio (il cui sito oggi non sembra essere più attivo), nata da un’idea di Anupan Boonchuen, un addestratore di cani che sosteneva che gli animali avessero il senso del ritmo. Questo signore si era spinto anche oltre, aprendo la prima scuola per deejay canini, in grado di discernere tra abbai e uggiolii vari il livello di gradimento dell’uditorio.
Qualche esperimento in questo senso era già stato fatto a metà degli anni ’90. Dagli scaffali di negozi straripanti di paccottiglia new age spesso occhieggiavano dei tragici Cd con la pretestuosa etichetta di Music for Cats.
Per fortuna se ne è persa quasi ogni traccia, anche se tramite Internet è ancora possibile procurarsene qualche copia, da tenere come memorabilia. Assolutamente da non ascoltare.
Ci sono precedenti illustri di gatti in musica: dai jazz cats degli Aristogatti ai più famosi 44 in fila per 6 col resto di 2, dalla Gatta di Gino Paoli fino al celeberrimo musical di Andrew Lloyd Webber, Cats.
Non esiste, però, nessun studio scientifico in merito, come ho potuto appurare dopo una veloce ricerca.
Una caratteristica comune a tutti i gatti da appartamento pare essere quella di preferire la musica che il compagno umano trova più rilassante. Niente di nuovo sotto il sole. Sappiamo bene quanto sia influenzabile lo stato d’animo dei nostri pelosotti in base ai nostri sbalzi d’umore.
Mi sono allora dedicato a un po’ di osservazione sul campo, o meglio in appartamento, dato che di musica, bene o male, ci vivo.
Questo il risultato di quasi cinque anni di attenti appostamenti: di cinque gatte attualmente residenti, l’80% schizza via all’istante non appena accendo l’impianto stereo. Se immediatamente dopo mi stendo sul divano, magari con un libro, ho un ritorno del 100% di tutte le fuggite che in 15/20 secondi mi si colano addosso.
Se invece imbraccio la chitarra (e suono solo la chitarra acustica, senza diavolerie elettroniche) la percentuale di fuga scende di un 20%. Ma i profughi si posizionano al lato opposto della casa. Per non tornare più.
Per fortuna nessuna di loro ha ancora imparato a chiudere le porte. Del 40% che non si da alla latitanza, la metà ha un comportamento del tutto casuale, nel senso che rimane dove si trova, senza degnarmi di uno sguardo.
In buona sostanza, solo una delle mie gatte ha mostrato chiaramente di apprezzare la musica in generale, e quella della chitarra acustica in particolare. Al punto che spesso mi si piazza sulla spalla destra, proprio mentre sto suonando, e fa le fusa.
Carina, vero? Peccato che la tecnica e l’esecuzione ne risentano parecchio.
Grazie, Nuvola era davvero deliziosa e unica. Se ne è andata improvvisamente l’aprile, scorso lasciando un gran vuoto…
deliziosa micia musicale… 🙂
Questa tua gatta è davvero eccezionale! Ricordo che in un locale dove si suonava spesso dal vivo, un cane arrivava puntualmente appena si iniziava a suonare, per mettersi in un angolo del piazzale di fronte il locale osservando e credo ascoltando i musicisti di turno. Forse è solo un’abitudine o un’attitudine di ogni soggetto, proprio come negli umani..