sabato 16 Marzo 2024

Ti presento… i Cani Pariah del Vietnam

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di MATTIA CERUTI – Sono sempre stato abituato, dai miei genitori, a viaggiare, a scoprire posti nuovi, ad informarmi e a verificare le mie curiosità leggendo, e studiando il mondo intorno a me con spirito critico.
Dandomi un po’ le arie da giovane esploratore, quindi, la scorsa estate ho deciso di unire la nostra passione famigliare per i viaggi alla mia personale, continua ricerca zoologica, etologica e cinofila, alla volta del Sudest asiatico.
Uno degli ultimi libri di un certo spessore che ho letto sui cani è stato Dogs, dei biologi statunitensi Raymond e Lorna Coppinger: inutile dire che ho trovato la loro teoria sull’evoluzione dei “Cani da villaggio” molto avvincente e condivisibile, e quindi… perchè mai lasciarsi scappare l’occasione di seguire i loro passi, anch’io alla ricerca di questi misteriosi cani primitivi?
Proprio in Vietnam, appunto, sono stato esaudito, ed è di loro che voglio raccontarvi…

ORIGINI E STORIA

Ebbene sì, sono proprio loro, i cani vaganti che, fin dal Mesolitico, passeggiano qua e là intorno agli insediamenti umani in cerca di protezione e facili avanzi da mettere sotto i denti.

“Cani da villaggio”, li chiamano i biologi, animali spazzini evolutisi migliaia di anni fa, molto probabilmente da un ramo preistorico dei Lupi asiatici, e che, grazie alla loro poca propensione per la caccia autonoma, hanno avuto la bell’idea di associarsi all’uomo e aspettare che fosse lui, da sempre grande accumulatore di rifiuti, a consentirgli di sfamarsi alle sue spalle.

Ciò che distinse questi cani dal progenitore selvatico, è stato un lento, graduale processo di “domesticazione spontanea”, che li rese sempre meno timorosi verso l’uomo, e sempre più dipendenti da lui ai fini del proprio sostentamento: in particolare, questi cani, comunemente detti “Cani Pariah”, soprattutto in riferimento alle popolazioni asiatiche, sembrano aver fermato la loro evoluzione ai tempi preistorici. Per quanto riguarda quelli che ho conosciuto personalmente, pare siano i diretti discendenti dei primissimi cani domestici, che migrarono verso Est dal Medio Oriente insieme ai loro compagni umani a partire dal Neolitico.

A loro volta, dovrebbero essere i progenitori dei cani che seguirono l’uomo verso l’Oceania, e che intaccarono l’ecosistema tipico disperdendosi, diffondendosi a loro volta e predando i marsupiali: si veda, in proposito, l’interessante storia del “cugino” Dingo.

Se siete particolarmente interessati agli spostamenti che uomo e cane compirono insieme fin dai primordi, oltre al testo sopra citato, vi consiglio L’uomo e il cane, di V. Meneghetti, che dà un’ottica d’insieme molto interessante e dal taglio piacevolmente divulgativo, senza necessariamente eccedere in tecnicismi scientifici.

ASPETTO GENERALE

Si tratta di cani dall’aspetto abbastanza eterogeneo, il che spesso tradisce anche l’incrocio con alcune delle più comuni e diffuse razze occidentali, soprattutto da utilità, come Pastori tedeschi, Rottweiler e Pit bull, o di piacere, come Bassotti e altre razze di piccola taglia piuttosto di moda anche nelle moderne città vietnamite.

In ogni caso, esistono soggetti particolarmente tipici, riconoscibili dall’aspetto un po’ selvaggio ed esotico, che si riassume nelle seguenti caratteristiche…

  • taglia media (i soggetti più comuni si aggirano intorno alla stazza di un Border collie).
  • tipo lupoide, a struttura leggera e slanciata, mesomorfo e mesocefalo, senza eccessi in nessuna area del corpo.
  • pelo corto o raso, funzionale a far fronte al clima caldo e umido della zona; i soggetti a pelo medio-lungo esistono, ma ovviamente sono molto più insoliti.
  • coda a ricciolo, spesso ricadente sul dorso, oppure a scimitarra; nonostante ciò, non sono così rari i soggetti a coda naturalmente mozza.
  • orecchie piccole ed erette, oppure, più raramente, semipendenti.
  • occhi a mandorla, dall’espressione sfuggente e misteriosa soprattutto negli adulti, dall’iride scura, o tendente all’ambra nei soggetti di colore chiaro.
  • colore tipico fulvo, dal rosso al crema, con o senza macchie bianche, maschera nera o carbonature (come il classico Dingo); meno tipici ma ugualmente diffusi l’agouti (il colore dei canidi selvatici), il nero uniforme e il nero focato; i soggetti pezzati o tigrati non sono molto diffusi, sebbene ne abbia incontrato qualcuno.
  • zampe posteriori speronate, frequentemente anche con doppio sperone.

Le caratteristiche sopra riportate si riferiscono sostanzialmente a una tipologia di cani vietnamiti, che, a quanto pare, è in via di riconoscimento da parte del Kennel Club del Vietnam: il nome che le è stato dato è “Dingo dell’Indocina”, il che rende ancor più chiara la fortissima somiglianza di questi cani con i parenti australiani.

Per quanto riguarda i soggetti a pelo lungo, posso assicurare che ricordano in modo impressionante le forme ancestrali del Chow chow (o forse sono proprio loro).

Un’altra caratteristica incredibile di questi cani la si riscontra nella popolazione che risiede sull’isola di Phu Quoc, adiacente alla costa cambogiana: si tratta della cresta dorsale.

Buona parte dei cani di Phu Quoc ha questa caratteristica del pelo, tanto che i cani dell’isola sono noti come “Phu Quoc Ridgeback” (razza canina nazionale in Vietnam), e, insieme al più noto Thai Ridgeback fanno parte della famiglia dei cani primitivi con cresta sul dorso: a quanto pare, i loro parenti africani, anche loro crestati, contribuirono alla fissazione della stessa caratteristica nel famoso Rhodesian, risultato del loro incrocio con i molossi europei dei conquistatori del Sudafrica.

CARATTERE E ATTITUDINI

Ammetto da subito che uno dei miei motivi di ricerca sul conto dei Cani Pariah del Vietnam, era volto a rispondere ad un annoso interrogativo di noi cinofili, ovvero se i cani, nel loro stato più primitivo, formassero veri branchi, proprio come i progenitori lupi: la risposta che ho ricavato, dagli stessi cani, è stato un forte e chiaro “dipende”.

Dipende dal vantaggio che ne traggono, essendo in prima istanza animali opportunisti e tendenzialmente non cacciatori, men che meno di grosse prede (che di fatto in Vietnam sono rarissime, escluso il bestiame domestico): abbastanza spesso si incontrano cani tutti presi a correre verso un obiettivo ignoto, rigorosamente soli come forse non ci si aspetterebbe, oppure addormentati all’ombra di un albero come dei vagabondi, oppure ancora intenti a rovistare tra i cumuli di immondizia… tutte attività che non presuppongono grande collaborazione con i propri simili, anzi!

E allora? Allora è vero che sono animali che non hanno la benché minima idea delle gerarchie, e che anzi vivono in un mondo all’insegna della più assoluta, pacifica anarchia?

Beh… su questo ho decisamente da dissentire.

Un po’ come noi umani, anche i nostri amici Pariah amano condividere certe esperienze con i loro simili: forse non andare a caccia di ossa o pelli di pesce sul retro del mercato (visto che essere in due o più scatenerebbe inutili risse), ma proteggere il proprio territorio, dormire vicini, fare due passi in giro, sicuramente sì. A proteggere un territorio comune, solitamente sono una coppia o un terzetto di esemplari anche dello stesso sesso (non di rado imparentati tra loro, come dimostra il loro aspetto fisico): tra questi si impone – guarda caso – il soggetto maggiormente dominante, che di certo però non passa il tempo ad attaccar briga con i suoi compagni tanto per fare il duro, il che sarebbe un inutile dispendio di energie (visto pure che loro non hanno certo a disposizione ciotole strapiene di mangime), ma che per primo ispeziona il territorio circostante, per primo abbaia per segnalare eventuali intrusi in vista (come quel turista dall’andatura particolare, che li pedina armato di macchina fotografica…), e che per primo, a coda alta, dirige le passeggiate di ricognizione nei dintorni.

Questi cani, al contrario di molti dei nostri, sono assolutamente silenziosi, e sanno evitarsi a vicenda, anche tra maschi,e ritualizzare al massimo i conflitti, spesso legati a ragioni di territorialità, come ho potuto verificare io stesso, soprattutto tenendo d’occhio una coppia di maschi all’opera: di norma non si torcono nemmeno un pelo, ed è tutta scena, anzi questione di occhiatacce e piloerezione!

In ogni caso, per chi fosse convinto che dominanza e sottomissione sono solo terminologie umane, ormai superate, ecco di seguito altre mie testimonianze.

Si incrociano per strada un cucciolone e una femmina matura, e che succede? La femmina si erige come una statua, tutta impettita e a coda alta, e il giovane… ancora un po’ e si prostra ai suoi piedi, prima di farla passare dalla stessa parte del marciapiede! Oppure ancora, un grosso maschio, incontra per caso, sulla sua stessa strada, una Barboncina nera: si annusano l’un l’altro, il maschio sicuro di sé, alto sugli arti e scodinzolante, e la cagnetta… tutta rannicchiata in posture che non possono che essere segnali di sottomissione! Niente di violento, però, ovviamente: Madre Natura vuole, anzi, evitare così l’esplosione di conflitti ben peggiori, siano essi dovuti al territorio, al cibo disponibile, o a qualsiasi altra risorsa vitale.

Tra tutte c’è in loro una caratteristica che li rende assai dissimili dai nostri cani: incredibilmente, sono animali schizzinosi. Più d’uno si è infatti rifiutato di mangiare le mie molliche di pane, preferendo una bella strisciolina di bacon: probabilmente, sono ancora carnivori piuttosto stretti, restii ad adattarsi ulteriormente.

Inoltre, altro fatto curioso per le loro condizioni di vita, è che sono piuttosto puliti: spesso si fanno la toletta per conto loro, oppure si spulciano a vicenda nei momenti di riposo, e addirittura ho visto un cane farsi il bagno in una pozza, per poi uscire e scrollarsi ben bene (ma forse solo per alleviare il caldo).

Ora che mi sono dilungato a sufficienza a parlare delle caratteristiche etologiche di questa popolazione di cani, è il momento di parlare del loro rapporto con l’uomo.

Sono animali sostanzialmente indipendenti, ai quali fa comodo stare accanto all’uomo per “mangiare gratis”, come già detto, e per la maggior parte di loro, il rapporto con la nostra specie si limita a questo: tra l’altro, hanno una distanza di fuga abbastanza lunga in confronto ai nostri tipici cani da compagnia o utilità, e se in larga parte sono comunque sufficientemente “coraggiosi” da ignorarci o allontanarsi pian piano, altri, appena ci si avvicina a loro un po’ più del previsto, scappano a coda bassa oppure balzano via abbaiando infastiditi.

Ciononostante, se sufficientemente abituati alla presenza dell’uomo e trattati in maniera rispettosa e amichevole, sono dei discreti compagni, mai troppo festosi, ma abbastanza simpatici e cordiali: i cuccioli, ovviamente, sono i più facili da avvicinare e addomesticare.

Il loro “uso” più tradizionale, ancora diffuso nelle zone meno esposte al turismo, è quello alimentare: i sondaggi affermano che ancora l’80% della popolazione vietnamita considera il cane domestico una pregiata fonte di carne.

Per quanto riguarda i loro impieghi più “convenzionali”, non dimostrano particolari doti naturali, sebbene, con la giusta socializzazione e un po’ di addestramento, è noto che possono rivelarsi buoni cani da utilità polivalente. Abbastanza spesso sono tenuti a fare la guardia dentro o davanti ai negozi, a volte alla catena, data la loro spiccata territorialità; questi stessi cani da guardia e compagnia, non di rado accompagnano i loro padroni per le strade, al guinzaglio, e persino in motorino. Soprattutto i Phu Quoc Ridgeback, inoltre, sono rinomati come cani da caccia a vista, resistenti e veloci, oltre che come abili corridori in gare di “coursing” locali (di cui purtroppo non posso portare testimonianze, essendone venuto a conoscenza solo di recente), oppure ancora in forza come unità cinofile della polizia.

Una particolarità su tutte, però, è che forse potrebbero essere degli ottimi cani guida, dato che non si lasciano certo intimorire dal traffico vietnamita, che è davvero sregolato e selvaggio, ma anzi attraversano la strada con una grazia e un’attenzione che i cani di casa nostra possono solo invidiare: mi è addirittura capitato di assistere a una lezione di “educazione stradale” impartita direttamente da mamma cane ai suoi cuccioli, a metà tra un guard rail e una colonna disordinata di auto e motorini!

Insomma… sono tipi davvero particolari, questi Cani Pariah del Vietnam: almeno, finchè sono lasciati nel loro ambiente naturale, in cui hanno davvero modo di prosperare, ed essere anche buoni compagni dei loro conterranei umani, liberi dagli stereotipi cinofili del nostro mondo occidentale.

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6 Commenti

  1. Ma guarda che articolo interessante!
    Ho viaggiato tanto e ovunque nei paesi con cani del genere di questi che descrivi e ho notato che la tipologia dominante (molto dominante) è un lupino color giallo-rossastro-sabbia taglia media. Non credo si possa spiegare con la sola parentela. Che dici? Forse i cani lasciati liberi di accoppiarsi con il tempo tendono “naturalmente” allo stile “dingo”?
    Non avevo mai fatto caso alle cose che dici tu, ma le ho riscontrate tutte: silenziosi, poco rissosi tra loro. La diffidenza mi sembrava abbastanza ovvia… non sono i benvenuti tra le persone.
    Tanti anni fa andai in delle isole sperdutissime e bellissime al largo della Guinea Bissau (isole Bijagos) e c’erano dei cani incredibili, che vivevano in modo che poteva ricordare i cani pre-domesticazione. Purtroppo causa guerre civili non è consigliabile recarsi laggiù, ma credo che se ti interessano i cani “ancestrali” sarebbe il tuo paradiso!

    • ti rispondo io “fresca di studio”: ” Forse i cani lasciati liberi di accoppiarsi con il tempo tendono “naturalmente” allo stile “dingo”? E’ esattamente il contrario. Pare infatti – ma naturalmente ci possono essere pareri diversi come in tutte le cose ancora oggetto di studio- che il dingoide sia il tipo che più si avvicina al cane primitivo; lo si trova infatti, come giustamente hai osservato, in vari contesti in giro per il mondo. Sono i cani dei villaggi/dingo/pariah. Quindi più che tendere allo stato primitivo io direi che parte proprio da là.
      Successivamente la vicinanza all’uomo ha indotto dei cambiamenti caratteriali e morfologici – e la cosa interessante è che tali variazioni caratteriali sono legate anche alla pigmentazione del pelo, Infine la selezione dell’uomo ha portato alle razze così come le conosciamo. Questa è la mia risposta da studentessa 🙂 spero di non aver scritto grandi fregnacce..

  2. Grazie a tutti per l’attenzione, ma…
    AVVISO: Mi è stato gentilmente fatto notare che mi è scappato un “milioni di anni fa”… Forse ho esagerato (e ammetto di non essere mai stato un asso in matematica): si tratta di “migliaia di anni fa”, ovviamente.
    Perdonatemi l’inesattezza, buona serata a tutti! 😀

  3. certamente vien voglia di saperne di più sull’argometno, quindi grazie per il tuo articolo. la cosa che mi salta agli occhi subito è che, tranne l’ultimo soggetto più asciutto, sono ben in carne, i nostri vietnamiti….

  4. I cani rionali, dei giardinetti, dei mercatini, che aspettavano i bambini di ritorno da scuola per giocare con loro e dividere la merenda a Napoli. Dormivano nelle autorimesse, o nei negozi ospitali, mangiavano a sbafo quasi in continuazione. Simpatici e un po’ schivi, consci di non dover dare fastidio se non per avvertire di pericoli gli eventuali ospiti.
    poi è nato l’animalismo selvaggio e questi cani sono finiti a languire nei canili, chiusi in gabbie, malnutriti e malati. Disperati in attesa di morire
    Sono fortunati i cani pariah del Vietnam, a loro basta stare all’erta e non farsi macellare

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