giovedì 16 Gennaio 2025

I bastardini sono più intelligenti dei cani di razza?

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Un adagio ancora molto diffuso tra la gente comune dipinge i bastardini come più intelligenti dei cani di razza.
Verità o leggenda?
L’argomento è molto dibattuto e, come capita per molte cose, ci sono fautori e oppositori.
Molto spesso però tutto finisce per diventare una questione di fede o di principio: da una parte ci sono i fanatismi di chi, per salvare i randagi, finisce per propagandare i meticci, dall’altra abbiamo gli interessi economici di chi deve pubblicizzare i cani che produce e vende.
Da una parte i possessori dei cani meticci che non vogliono veder sminuire le doti psichiche dei loro beniamini, intelligentissimi ai loro occhi, dall’altra le ragioni dei possessori dei cani di razza che esigono che non si faccia neppure razzismo al contrario.
Risolvere la questione con un “siamo tutti uguali, vogliamoci bene” è umanamente lodevole, ma resta una bugia: le differenze caratteriali ci sono. Vediamo di prenderle in considerazione, abbandonando ogni preconcetto.

Definizione di intelligenza

Prima d’imbarcarci in un’analisi complessa, è forse opportuno precisare che cosa sia esattamente l’intelligenza e come si manifesti.
Mi è spesso capitato di sentire i commenti del pubblico che assiste alle manifestazioni sportive di utilità, o di agility.
Regolarmente molti rimangono colpiti dal fatto che i cani comprendano le parole del conduttore e adeguino il proprio comportamento a ciò che viene richiesto.
“Che intelligente!” – si dice di fronte a un cane che esegue un “resta” esemplare e che raggiunge il padrone dietro comando – “Pensa se fosse così anche il nostro Billy!”
I miei cani sono reputati intelligenti, per esempio, perché “capiscono” quando sono vestito “da ufficio” e non mi saltano addosso, ma manifestano un comportamento diverso quando sono in tuta da ginnastica.
Mia nonna mi raccontava del proprio cane intelligentissimo, che era in grado di svolgere un infinità di compiti: radunava le galline, riportava le uova senza romperle, ammetteva l’ingresso ad estranei, ma non permetteva che portassero via oggetti.
Il mio vicino di casa ha un cane così intelligente che sa di non dovere uscire dal giardino e non sconfina dalla proprietà nemmeno col cancello aperto, contrariamente a quello avuto in precedenza, che, essendo più stupido, “non capiva” che non doveva uscire e se ne andava in giro mettendosi in pericolo.
Il lettore più attento si sarà accorto che in questi esempi ci si riferisce a facoltà mentali diverse tra loro.
Che c’entra l’intelligenza con la curiosità, con la vigilanza o con la territorialità?
Anche le opinioni dei fautori della maggiore o minore intelligenza dei bastardini rispetto ai cani di razza sono costruite su esperienze e modelli molto diversi tra loro, che raramente hanno a che fare con l’intelligenza vera e propria.
Da un lato si narra del bastardino che va a fare la spesa da solo, di quello che ha ritrovato la strada e ha percorso centinaia di chilometri per tornare dal padrone, di quello che va a dormire sulla tomba del padrone o di quello che aspetta i bambini all’uscita della scuola ogni giorno alla stessa ora.
La fazione opposta ci ricorda tutti i cani delle unità cinofile di soccorso, i cani antidroga, i cani da utilità.
Se molto spesso ci si rivolge a una razza e non si prendono cani a caso, un motivo ci sarà.
In realtà sia i comportamenti del primo tipo descritto, sia questi ultimi non sono necessariamente legati all’intelligenza.
Letteralmente un comportamento intelligente dovrebbe essere la capacità di risolvere problemi facendo conto sulle proprie capacità e facoltà mentali.
Un comportamento intelligente è quello del cane che riesce ad aprire il cancello col muso, per andarsene in giro per i fatti propri.
Un comportamento intelligente è quello del cane che sale sul divano in assenza del padrone, per scendere non appena lo sente rientrare.
Il cane ha capito che quando il padrone non c’è, non può sgridarlo.
Meno intelligente quello che non vi sale mai, ma solo perché pensa che il padrone possa sempre rientrare da un momento all’altro.
La vita con un cane molto intelligente non è quindi sempre così facile.

Intelligenza e addestrabilità
Nella concezione comune, di fatto, la parola intelligenza è più spesso associata all’addestrabilità.
Viene reputato intelligente il cane che capisce il linguaggio umano e che obbedisce ai comandi, come nell’esempio precedente del cane che esegue il “resta”.
A nessuno viene mai il dubbio che sia più intelligente il cane che, accortosi di essere fuori dalla portata del guinzaglio, ritenga più opportuno andarsene a in giro ad annusare nuovi angoli interessanti o incontrare altri suoi simili o fare altre cose più “intelligenti” che non restarsene fermo in mezzo a un campo ad aspettare il permesso di un padrone che chiede cose in apparenza insensate e sembra aver perso ogni collegamento con la realtà.
A nessuno viene il dubbio che sia più intelligente il cane che impara a mangiarsi le uova facendo sparire ogni traccia, invece di riportarle al padrone senza romperle.
Spesso l’intelligenza viene confusa con la docilità e l’addestrabilità
In realtà l’addestrabilità non sempre richiede molta intelligenza: soprattutto in quegli addestramenti improntati poco sul rapporto umano e sull’affetto, ma molto meccanizzati.
Azione corretta = premio. Azione sbagliata = punizione.
Può succedere che il cane finisca per lavorare in funzione del premio, perdendo di vista il senso pratico di ciò che fa.
Può succedere che il cane non mangi le uova riportate semplicemente perché pensa che il padrone interverrebbe comunque per punirlo e non si accorga della possibilità di poter trasgredire senza essere scoperto.
Allo stesso modo i cani delle unità cinofile di soccorso, che ricercano persone sepolte da macerie o sotto la neve o svolgono altri compiti utilitaristici, in realtà vogliono solo il loro manicotto (premio).
Non si rendono conto di salvare vite umane, di cercare la droga piuttosto che i tartufi o gli stracci senza valore delle prove simulate.
Diverso è il caso del cane “classico” da soccorso, come il S.Bernardo ma anche tutti quei cani, meticci compresi, che hanno innato il “senso del pericolo”.
Questi lavorano per istinto, una specie di istinto materno allargato a tutta la specie umana.
Si rendono conto del motivo per cui lavorano, ma lo fanno nel loro territorio e affidandosi alle proprie capacità di valutazione.
Possono anche decidere di salvare chi non è in pericolo, per esempio tentando di recuperare il padrone che si è gettato in piscina o impedendo il proseguimento lungo un sentiero a un ignaro escursionista.
Le unità cinofile specializzate, indipendentemente dalla razza utilizzata, non possono far sempre affidamento sulla capacità di valutazione del cane, ma la priorità è indubbiamente quella di avere un cane gestibile in ogni occasione, che si comporti sempre in modo affidabile e prevedibile e che sia sempre sotto controllo.
Un cane che cerchi quando gli si chiede di cercare, che scavi quando gli si chiede di scavare, che si fermi quando gli si chiede di farlo.
Tutto ciò richiede una alta addestrabilità, che non significa necessariamente intelligenza.
E se lo spettatore medio che rimane affascinato dal cane che esibisce un’obbedienza esemplare nelle prove di lavoro, sapesse che il cane fa tutto questo principalmente in funzione di ottenere un premio, forse apprezzerebbe di più il proprio “Billy”, che non sa fare il “resta”, ma se ne va a cuccia quando “capisce” di essere di intralcio, anche senza la lusinga di un premio.

La mappa caratteriale

E’ indubbio che non tutti i cani hanno la stessa disposizione a eccellere nelle varie attività.
Ci sono differenze tra razze, e ovviamente differenze tra meticcio e meticcio.
Ci sono razze o linee di sangue in cui si seleziona specificatamente l’attitudine a un certo tipo di lavoro.
Gli allevatori ricercano i soggetti più portati, predispongono gli accoppiamenti in modo da compensare piccole carenze o esaltare particolari doti.
E’ ovvio che il risultato di questo lavoro sia l’ottenimento di cani di qualità intellettive decisamente superiori alla media delle razze e dei meticci. Ma sempre in riferimento all’attività a cui ci si riferisce.
Ciò che “sembra” maggior intelligenza è invece una combinazione di variabili caratteriali particolarmente azzeccata per il lavoro che il cane deve svolgere.
Gli addestratori, infatti, non parlano mai di intelligenza, nel valutare l’attitudine di una razza al lavoro.
Le variabili caratteriali sono definite in modo meno generico cercando per quanto possibile di scindere il profilo caratteriale in comportamenti e impulsi più specifici. Questo permette anche di fare selezione del carattere.
I comportamenti naturali del cane sono stati catalogati in una dozzina di definizioni: docilità, socievolezza, temperamento, tempra, vigilanza, aggressività, territorialità, combattività, possessività, curiosità, coraggio.
Questo a livello generale.
Poi ci sono altre sottoclassificazioni che riguardano lavori molto più specifici.
Per fare un esempio, tutte le razze da ferma dovrebbero avere lo stesso profilo caratteriale per quanto riguarda le definizioni sopracitate; tuttavia si differenziano le une dalle altre per inclinazioni più specifiche, come un maggiore o minore istinto al riporto o una cerca più o meno ampia.

Senza entrare troppo nel dettaglio, in questa sede riportiamo solamente la descrizione dei comportamenti principali, con la terminologia convenzionalmente utilizzata dagli addestratori e dai selezionatori:

DOCILITA’
E’ la capacità del cane di accettare spontaneamente l’uomo come suo superiore gerarchico.

SOCIEVOLEZZA
E’ la capacità di rapportarsi con l’uomo, anche estraneo alla propria famiglia, in modo semplice e naturale senza esserne in alcun modo intimorito. Non va confusa con la socializzazione, che è invece il periodo in cui all’interno del branco (o della famiglia) il cane impara a distinguere gli amici dai nemici, i membri del branco dagli estranei e così via.

TEMPERAMENTO
Con questo termine si indica la velocità di reazione del cane agli stimoli esterni, positivi o negativi che siano.

TEMPRA
E’ la misura della capacità di sopportare stimoli esterni sgradevoli o dolorosi.

VIGILANZA
E’ la sensibilità e capacità del cane di avvistare tempestivamente l’avvicinarsi di un possibile pericolo esterno.

AGGRESSIVITA’
E’ la capacità del cane di reagire fisicamente ai pericoli che minacciano la propria incolumità o a quella del proprio branco.

TERRITORIALITA’
E’ l’attitudine del cane a reagire in maniera aggressiva nei confronti di chi minaccia l’integrità del proprio territorio.

COMBATTIVITA’
E’ la capacità di trasformare l’impulso aggressivo in lotta, ovvero la capacità di passare alle vie di fatto.

POSSESSIVITA’
E’ la capacità del cane di considerarsi “proprietario” di qualcosa o di qualcuno.

PREDATORIETA’
E’ l’impulso naturale che spinge il cane a inseguire, catturare e uccidere la preda, per garantirsi la sopravvivenza.

CURIOSITA’
E’ il piacere, la voglia e la capacità del cane di interessarsi a ciò che lo circonda e a esplorare territori nuovi.

CORAGGIO
E’ la disposizione del cane a fronteggiare situazioni di pericolo ignote rischiando la propria incolumità.

Tutte queste variabili non sono del tutto indipendenti le une dalle altre: ciononostante esiste un’ampissima possibilità di combinazioni che vanno a determinare le mille sfaccettature del carattere del cane.
E’ opportuno precisare che non esiste un livello ideale per ciascuna di queste caratteristiche, ma tutto va rapportato alla funzione del cane o alle aspettative del padrone.
In un segugio che deve cercare il selvatico si richiederà un’alta curiosità e disposizione a esplorare il territorio.
Al cane da guardia o da gregge si richiederà una curiosità più bassa, affinché non abbandoni il territorio che deve custodire.
Un cane da catastrofe deve essere coraggioso, perché nessuna incognita lo deve distogliere o dissuadere dal lavoro di ricerca.
Un cane che vive in famiglia, se è poco coraggioso, finisce per essere più saggio. Non avvicinerà estranei, non attraverserà strade trafficate, non sfiderà cani più grossi.
Anche i bastardini hanno una loro mappa caratteriale.
Ognuno avrà il proprio profilo personalizzato, che finirà quasi inevitabilmente per ricondursi a quello di una tipologia di cane comprendente diverse razze.
Alcuni bastardini sono dei perfetti guardiani, altri sono dei formidabili terrier, altri ancora si impongono nel riporto, nella cerca e così per tutte le altre discipline.
Se le istituzioni non li utilizzano nelle attività di lavoro il motivo principale non è tanto la loro minor validità, ma l’impossibilità di fare selezione nel tempo sulle specifiche variabili caratteriali in modo da avvicinarle sempre più all’ideale (quasi irraggiungibile) del cane “perfetto” per un certo tipo di lavoro.
Anche se incontrassimo un meticcio che si rivelasse superiore a tutti i cani di razza in una specifica disciplina, questi non sarebbe in grado di trasmettere le sue qualità alla progenie, in quanto le caratteristiche psichiche ereditate dagli antenati di razze diverse si rimescolerebbero in modo casuale.
A discapito dei meticci può esserci, inoltre, una non sempre corrispondente adeguatezza fisica alla loro personalità.
Potremmo avere il soggetto con tutte le attitudini caratteriali per essere un cane da ferma eccelso, ma con un pelo lanoso da pastore, che si impiglia nei rovi, si inzuppa nell’acqua o tiene troppo caldo.
Sarebbe come se un ottimo calciatore dovesse giocare a calcio in tuta da sci.
Possono altresì esserci segugi con grande istinto per la ricerca del selvatico, ma senza il fiuto adeguato. O cani con molto fiuto, ma senza istinto. Guardiani di taglia inadeguata e avvisatori di taglia immotivatamente grande.
Sicuramente in tutte le discipline, quando si parla dei massimi livelli di perfezione e soprattutto quando si ha a che fare con competizioni agonistiche, il cane di razza dimostra di avere una marcia in più.
Dietro a ogni singolo cane c’è tutto un lavoro di selezione morfologica e caratteriale per forgiare una tipologia sempre più corrispondente alle esigenze pratiche del lavoro nel quale lo si vuole impiegare.
Ma quante sono le persone che hanno queste necessità?

Differenze tra “cani da lavoro” e cani “da famiglia”

La maggior parte delle persone sceglie il cane per farlo vivere in famiglia, perché giochi con i bambini, perché faccia compagnia alla nonna.
Non dico che non si possano ricercare doti specifiche.
Alcuni preferiscono un cane che segnali la presenza di estranei, altri si compiacciono nell’insegnare il riporto.
C’è chi vorrebbe impegnarsi in attività sportive come l’agility o il fly ball, mentre altri gradirebbero un cane tranquillo che dorme tutto il giorno.
A questi livelli, comunque, anche molti meticci, alla stessa stregua dei cani di razza, sono in grado di soddisfare le esigenze dei padroni.
Un conto è se abbiamo grandi ambizioni, vogliamo vincere tutti i concorsi e vogliamo il cane migliore in assoluto.

Le doti indispensabili per un grande cane da lavoro spesso sono addirittura indesiderabili in un cane da famiglia
In questo caso, come abbiamo visto, la scelta del cane di razza è quasi obbligata, anche se resta da vedere se saremo in grado di condurre il cane verso gli obiettivi che ci prefiggiamo.
Il cane ben selezionato ha infatti solamente le potenzialità necessarie per primeggiare nel lavoro e le basi per manifestare un comportamento che ne esalta l’intelligenza: ma su queste basi è l’uomo che deve intervenire per tirare fuori il meglio.
Come compagno nella vita di tutti i giorni o come cane da lavoro a livello di hobby o semplice divertimento, una selezione caratteriale ai massimi livelli è ininfluente e quindi sprecata.
Addirittura può rivelarsi deleteria, specialmente per quanto riguarda quelle razze a cui si richiede molto temperamento e reattività.
I cani che sprizzano energia da tutti i pori possono rivelarsi instancabili lavoratori, ma difficilmente si faranno apprezzare da chi, al di fuori del campo d’addestramento, offre loro una vita troppo sedentaria e pretende che se ne stiano tranquilli sul divano, che siano educati e che non manifestino la loro continua bramosia di “fare qualcosa”.
Questi cani possono essere molto stressanti!
Persino per chi vuole impegnarsi attivamente in qualche disciplina, ma come principiante, non è indispensabile un cane con una rigorosa selezione caratteriale.
Spesso il meticcio va più che bene, ovviamente nell’ambito delle tipologie adatte al lavoro che si intende svolgere.
Non si dimentichi che quasi tutti i conduttori che arrivano ai massimi livelli in qualsiasi disciplina hanno alle spalle decenni di esperienza, hanno studiato e lavorato duramente e con continuità e, non di rado, hanno cambiato diversi cani prima di trovare quello giusto.
Una scelta che tiene in forte considerazione la selezione caratteriale è motivata soltanto in questi casi, che sono una minoranza sul totale dei proprietari.
Per la rimanente maggioranza una selezione meticolosa del livello di ogni singola componente caratteriale non dovrebbe essere un fattore decisivo: sarà sufficiente orientarsi verso il profilo caratteriale che a grandi linee soddisfa le proprie esigenze, privilegiando solo le componenti che si ritengono più importanti e accettando le rimanenti come individualità del soggetto che stiamo adottando.
Se poi non abbiamo nemmeno finalità sportive, tra i cani abbandonati nei rifugi finiremo sicuramente per trovare la tipologia di cane che fa per noi.
In quest’ultimo caso faremo anche un’opera buona e, sicuramente, ci sentiremo più appagati.
Se, per esempio, riteniamo ideale il carattere di un cane da ferma per la sua bassa aggressività e combattività, per il forte temperamento e la sua naturale socievolezza, ma non abbiamo intenzione di portarlo a caccia…poco importa se avrà un fiuto inferiore alle aspettative o una taglia non adeguata al lavoro.

Ritengo che la valutazione delle attitudini caratteriali, anche nei meticci che si adottano dai canili, sia una cosa positiva, indice di una scelta consapevole e matura, purché tutto sia fatto al fine di individuare il soggetto che per carattere si avvicina maggiormente alle nostre aspettative e in funzione dei ritmi di vita che intendiamo offrirgli.
Per quanto riguarda il cane “da famiglia”, comunque, non è necessario addentrarsi nel particolare e cercare combinazioni caratteriali molto precise.
Si scelgano le doti che riteniamo fondamentali e ci si faccia aiutare dai gestori del canile a individuare il cane adatto. Quasi sempre c’è.
A grandi linee, il profilo caratteriale del cane si palesa anche all’interno di un rifugio ed è possibile valutarlo anche per mezzo di semplici test.
Un ulteriore aiuto ci arriva dal fatto che quasi sempre alcune caratteristiche psichiche sono legate a una particolare morfologia dei cani che le manifestano.
Non è ancora chiaro se ci sia un legame a livello di geni o sia semplicemente una miglior funzionalità di certi apparati che favorisce lo sviluppo di particolari propensioni.
Per esempio, è indiscutibile che l’orecchio eretto sia associato a migliori capacità uditive sotto ogni punto di vista. Miglior capacità di percezione dei suoni e miglior capacità di intuirne la provenienza.
Non è un caso che tutte le razze a orecchi eretti si dimostrino molto vigilanti, anche se non sempre la vigilanza è associata a un giusto livello di territorialità e quindi non sempre questa caratteristica è sufficiente per assicurare una buona guardia.
Certo l’attribuzione del carattere in base all’aspetto fisico non è assolutamente una cosa semplice, sia per le troppe componenti caratteriali da tenere in considerazione che per la difficoltà di individuare le correlazioni tra i tratti fisici e l’indole del cane.
Gli stessi appassionati di fisiognomica non sono ancora giunti a conclusioni certe.
Questo esempio, comunque, era solo per far capire che in molti casi l’aspetto fisico può essere un valido aiuto per indirizzare verso la tipologia di cane che si ricerca.
Tutti i meticci nelle loro infinite mescolanze possono sempre essere ricondotti alle quattro categorie principali in cui sono suddivisi i cani di razza (lupoidi, molossoidi, graiodi e braccoidi) e all’interno di queste categorie ulteriori dettagli possono indicare quali siano le razze che hanno contribuito alla formazione del mix.
Come già fatto notare, il carattere difficilmente si discosta da quello tipico del gruppo di appartenenza.
Attenzione solamente a non lasciarsi sviare da particolari ininfluenti come il colore o il tipo di mantello. Non si confonda un incrocio Maremmano con un Labrador!

Intelligenza ed esperienza

Dopo tutte queste considerazioni potremmo azzardare qualche conclusione.
E’ del tutto campata in aria l’attribuzione di una maggiore intelligenza ai bastardini?
Come capita frequentemente con i detti popolari, c’è sempre un fondo di verità.
Il bastardino in molte occasioni, può apparire più intelligente per il fatto che, a volte inconsciamente, molti proprietari tengono un comportamento differenziato in base al valore economico del cane.
Il bastardino si ottiene gratis o a prezzi stracciati, mentre alcune razze hanno prezzi esorbitanti.
Mediamente succede che i bastardini godano di maggiore libertà. Un po’ perché, non avendo valore, non sono a rischio di essere rubati o forzatamente “adottati” da pseudo-missionari ai quali fa comodo pensare che il cane sia stato abbandonato anche quando non lo è.
Un po’ perché la morte o lo smarrimento di un animale facilmente rimpiazzabile, purtroppo, costituisce per molti proprietari una perdita meno grave rispetto alla sparizione di un “oggetto” di valore.
I cani di razza, anche se mediamente tenuti più in considerazione, finiscono per pagare lo scotto e subire i danni caratteriali derivanti dall’iperprotezione.
Molti cani di razza non hanno mai occasione di “emanciparsi”, ma vivono in condizioni di segregazione, dentro a “prigioni dorate”, sempre sotto il controllo umano: non hanno mai occasione di maturare esperienza, di prendere decisioni.
La proverbiale maggior intelligenza dei bastardini risulta essere quindi soprattutto maggior esperienza e malizia acquisita.

Se da un lato è deprecabile lasciare i cani in balia di se stessi e lasciare che sia la selezione “stradale” a privilegiare la maggior astuzia, d’altro canto è altrettanto triste che a molti cani di razza non si permetta di avere una vita propria e di maturare responsabilità e saggezza.
La mia posizione etica nei confronti dei cani e degli animali in genere mi porta ad attribuire a tutti i cani non solo lo stesso diritto alla vita, ma a una vita parimenti dignitosa.
Per lo stesso motivo per cui ritengo che anche i meticci abbiano diritto a essere vaccinati, curati e nutriti correttamente, indipendentemente dal loro valore economico, penso che i cani di razza, indipendente dal loro valore economico, non debbano essere considerati come “oggetti di valore”, ma abbiano diritto a una certa libertà d’azione e non debbano vivere come animali tenuti in cattività.
Mi rendo conto che questa mia posizione contrasta persino con le indicazioni di molti rifugi e si oppone a molti regolamenti comunali, che vietano in ogni caso di lasciare cani liberi o incustoditi. Ma tra lasciare il cane incustodito e trattarlo come un bambino deficiente ci sono, a mio avviso, molte vie di mezzo.
I paragoni con gli esseri umani sono sempre fuorvianti, però a volte rendono l’idea.
Anche se amiamo nostro figlio, non facciamo il suo bene tenendolo sempre sotto una campana di vetro fino a trent’anni, non permettendogli di uscire, di fare esperienze o di avere qualche responsabilità, anche se questo comporta certi rischi per la sua incolumità.
Un cane non è un figlio, ma consentirgli una certa libertà d’azione non può che portare beneficio per il suo intelletto, anche se questo significa rischiare un poco.
Se vogliamo che il nostro cane diventi intelligente, nel vero senso della parola, dobbiamo lasciarlo emancipare.
Ovviamente senza esagerazioni: quel poco che basta a garantire la sua capacità di maturare un carattere adulto e responsabile.
Lasciamogli, per esempio, la libertà di interagire nel modo corretto con i propri simili e con altri esseri umani, e permettiamogli di imparare a riconoscere e valutare le situazioni di pericolo.
Se si è in grado di assicurare parità di trattamento anche riguardo a questi aspetti, la questione della razza diviene davvero una cosa di importanza marginale.

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4 Commenti

  1. Una volta chiesi ad un addestratore se era più intelligente il pastore tedesco o il pastore belga, mi rispose: “è più intelligente un cinese o un giapponese?”

  2. Effettivamente non si può dire quale dei due sia più intelligente, dato che il tutto dipende da come viene allevato il cane e da eventuali esperienze, che possano aver causato danni o non, io ho una meticcia di quasi un anno e il fatto che sia diffidente nei confronti di altri cani, la sua paura per i suoi simili (che tende a creare situazioni di imbarazzo perchè si paralizza completamente) e il suo istintivo amore nei confronti di persone adulte sono dovuti al fatto che in canile era stata continuamente aggredita dagli altri cani. Quindi dipende tutto dalle esperienze e dal carattere del cane.

  3. I meticci sono più intelligenti (lo vedo) perchè gli allevatori non promuovono l’intelligenza, che quindi va verso il basso. Come ogni altra caratteristica una volta vincente ma ora sopita, rimane per lungo tempo nascosta nei geni e torna fuori quando serve o non appena ne ha la possibilità o casualmente… Finché non si cancella del tutto perchè in natura cio’ che non serve prima o poi scompare, e allora avremo solo cani imbranati

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