sabato 5 Ottobre 2024

Più educatori cinofili che cani?

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Valeria Rossi
Valeria Rossi
Savonese, annata ‘53, cinofila da sempre e innamorata di tutta la natura, ha allevato per 25 anni (prima pastori tedeschi e poi siberian husky, con l'affisso "di Ferranietta") e addestrato cani, soprattutto da utilità e difesa. Si è occupata a lungo di cani con problemi comportamentali (in particolare aggressività). E' autrice di più di cento libri cinofili, ha curato la serie televisiva "I fedeli amici dell'uomo" ed è stata conduttrice del programma TV "Ti presento il cane", che ha preso il nome proprio da quella che era la sua rivista cartacea e che oggi è diventata una rivista online. Per diversi anni non ha più lavorato con i cani, mettendo a disposizione la propria esperienza solo attraverso questo sito e, occasionalmente, nel corso di stage e seminari. Ha tenuto diverse docenze in corsi ENCI ed ha collaborato alla stesura del corso per educatori cinofili del Centro Europeo di Formazione (riconosciuto ENCI-FCI), era inoltre professionista certificato FCC. A settembre 2013, non resistendo al "richiamo della foresta" (e soprattutto avendo trovato un campo in cui si lavorava in perfetta armonia con i suoi principi e metodi) era tornata ad occuparsi di addestramento presso il gruppo cinofilo Debù (www.gruppodebu.it) di Carignano (TO). Ci ha lasciato prematuramente nel maggio del 2016, ma i suoi scritti continuano a essere un punto di riferimento per molti neofiti e appassionati di cinofilia.

Quattro email in due giorni con la stessa richiesta (“Come posso diventare educatore cinofilo?“) sono tantine*.
Anche perché, ovviamente, non sono state le uniche: di richieste simili ne ricevo da sempre (alcune molto carine, da cui trapela una vera passione per i cani; altre che fin dalle prime righe appaiono più interessate al lato economico che a quello cinofilo).
Però, in questo periodo, la frequenza sta diventando davvero impressionante.

A questo punto ho pensato di scrivere qualcosa sull’argomento: un po’ per evitare di ribadire sempre le stesse cose a mille persone diverse (d’ora in poi potrò rispondere con un link a questo articolo!) e un po’ perché mi sembra che l’argomento sia diventato davvero “di interesse generale”. Anche troppo generale.
Sono decisamente passati i tempi in cui, presentandomi alla Camera di Commercio per iscrivere la mia attività, dissi “Io addestro cani” e quelli mi risposero: “COS’E’ CHE FA?”, con due occhi così.
E quando glielo ri-spiegai impiegarono una settimana a dirmi che forse potevano inquadrarmi nella sezione “artigianato”, perché “fornivo un servizio”:  ma nel frattempo continuavano a guardarmi come se fossi appena scappata dal manicomio, non so per il tipo di attività o perché, con quel tipo di attività, avevo avuto l’ idea peregrina di mettermi in regola e pagare le tasse.
I tempi sono cambiati, oggi allevatori (un tempo anch’essi allo sbaraglio) e istruttori di vario tipo hanno una collocazione fiscale abbastanza chiara (sempre se decidono di pagare le tasse): in molti – troppi – continuano a fare i furbi, o almeno a provarci, ma molti altri sono cittadini per bene. Ma soprattutto, nessuno si stranizza più quando sente parlare di lavori legati al mondo cinofilo.
Anzi, ormai credo che si sorprenderanno se qualcuno NON chiederà di aprire una partita IVA come educatore cinofilo, perché ce n’è uno sproposito…e a giudicare dalle richieste, l’ondata di piena non accenna affatto a fermarsi. Non so se davvero ci siano già più educatori cinofili che cani, in Italia: ma di sicuro ci stiamo picchiando vicino.
Quindi, ecco qualche considerazione sparsa (da prendere ognuno come crede: io NON sono un Guru e non lo voglio essere.
Dico la mia, ma si è liberissimi di considerarla valida tanto quanto di sputacchiarcisi sopra). Mettetevi comodi, perché prevedo che NON sarò breve (e quando mai lo sono? Ma prevedo qualcosa di peggio del solito).

1)  NOMI, TITOLI E CONVENZIONI
Punto primo: personalmente continuo ad essere convinta che “educatore” sia chi si occupa della socializzazione e dell’integrazione di un cucciolo nella società umana: in pratica dovrebbe essere il proprietario del cane, se ne è capace. Se non ne è capace, dovrebbe andare da un istruttore che gli spiega cosa deve fare.
L'”istruttore” io l’ho sempre visto come quello che insegna agli umani imbranati come comportarsi con i cani, e anche quello che insegna agli umani meno imbranati come addestrare i cani a una certa disciplina… ma in realtà il termine può adattarsi a chiunque “istruisca” cani, umani, cavalli o cavallette. Se istruisci qualcuno,sei un istruttore: c’è poco da girarci intorno.
L’ “addestratore”, etimologicamente, sarebbe quello che “rende destro” il cane: ma destro a far che? Il cane sa già fare tutto quello che vorremmo da lui: quindi il vero ruolo dell’addestratore non è tanto quello di renderlo “destro” (perché lo è già), ma di far sì che metta le proprie abilità/capacità al servizio dell’umano che lavora al suo fianco. L’unico che potrebbe davvero rendere un cane “più destro” è il preparatore atletico, figura semisconosciuta in Italia e di cui ci sarebbe un bisogno vitale, visto anche il numero di cani che si scatafasciano facendo sport. Ma siccome questo è un lavoro che presume tanto studio e tanto smazzo, non sembra interessare a nessuno.

Comunque, per praticità, io parlo di educatori quando mi riferisco a persone che lavorano con i cuccioli (o con adulti a cui nessuno ha mai insegnato nulla), e di addestratori quando parlo di sport, di lavoro o di servizi sociali. Insomma, l’addestratore per me è colui che insegna al cane una disciplina specifica: che sia UD, Agility, Disc dog o ricerca in superficie, poco cambia.
Purtroppo, già sui nomi, si fa una gran confusione. C’è ancora chi crede che l'”educatore cinofilo” sia quello gentile  e che l’addestratore sia “quello che picchia i cani” o comunque che si impone a loro con la forza. C’è chi confonde l’educatore con il rieducatore (ovvero colui che cerca di recuperare cani rovinati da errori umani). C’è anche chi crede ancora che il più famoso macellaio coercitivo degli ultimi tempi sia (anche perché così si fa chiamare) uno “psicologo canino”.
Però, accidenti, a tutto c’è un limite.
Pazienza che si incasinino concetti come educazione, rieducazione, addestramento eccetera: ma almeno psicologi e comportamentalisti (che dovrebbero essere sinonimi) dovrebbero essere SOLO veterinari con una specializzazione particolare.
Non è che il primo pirla che ti dà due consigli su come lavorare o rapportarsi col cane possa autodefinirsi psicologo: altrimenti dovremmo definire psicologa (umana) anche la Sciuramaria che ha dato buoni consigli alla nipotina su come  riacchiappare il fidanzato che le faceva le corna.
Purtroppo, in campo umano, esistono i corsi di laurea, le specializzazioni, i master e soprattutto le leggi che li regolamentano: se non hai mai preso una laurea in medicina e ti metti a fare il chirurgo, vai in galera.
In campo cinofilo esiste un solo corso di laurea (almeno in Italia), quello di “Tecniche di allevamento del Cane di Razza ed Educazione Cinofila”, triennale, che si tiene (almeno che io sappia) solo all’Università di Pisa.
Non esistono, però, ordini professionali, né tantomeno leggi che regolamentino questo tipo di lavoro (anzi, c’è una gran confusione tra corsi, patentini, regolamenti ENCI – secondo i quali esistono solo i figuranti – e così via): il risultato finale è che chiunque può alzarsi una mattina,  decidere di essere un “educatore cinofilo” e aprirsi un campo.
Esattamente come feci io una quarantina d’anni fa.

E chi segue il corso X o Y, tenuto da Tizio o da Caio e organizzato dall’associazione Sempronia?
Ai termini di legge (anzi, di non-legge, visto che la legge non esiste) vale tanto quanto il pirla che si alza una mattina e si apre il campo.
I cosiddetti “riconoscimenti” delle varie associazioni  – tutte rigorosamente private e nessuna delle quali riconosciuta da una qualsiasi figura istituzionale –   valgono quanto il titolo di “cavaliere dei Gardens of time” preso su FB.
Si spera sia ben chiaro, perché mi par di capire che ci siano molti dubbi in proposito: al momento NON ESISTE ALCUN  TITOLO “UFFICIALE” di educatore cinofilo, istruttore, addestratore e chi più ne ha più ne metta.
E’ ufficiale SOLO  il titolo di “figurante ENCI”, perché l’ENCI, che ci piaccia o meno, è l’unico Ente riconosciuto da un ministero che si occupa di cinofilia (anche se non è il tipo di cinofilia che attira la maggior parte degli aspiranti educatori).

2) I CORSI SONO UTILI?
Dipende. Se non hai mai visto un cane, ovviamente sì: però non è che dopo una dozzina di lezioni tu sappia tutto sui cani.
Hai imparato l’ABC. Hai fatto la prima elementare.
Se pensi che un umano, dopo la prima elementare, possa entrare in sala operatoria e fare il chirurgo, allora puoi anche aprirti un campo e metterti a lavorare sui cani: altrimenti dovrai ammettere che dopo il primo passo devono venire anche il secondo, il terzo, il quarto e così via.
E’ vero che lavorare con un cane non è propriamente un’operazione a cuore aperto: ma hai  ugualmente a che fare con un essere vivente, senziente, raziocinante (anzi, con due: perché devi lavorare col cane E col proprietario… e se il problema fossero solo i cani, la vita sarebbe molto più facile). E hai lo stesso delle grosse responsabilità, perché se fai casino e il cane che è venuto “a scuola” da te manda qualcuno all’ospedale, ce l’ha tu sulla coscienza.
Ovviamente ci sono corsi e corsi: ci sono quelli da due o tre week end, quelli che ne durano dieci o dodici, quelli che durano un anno intero. Ed è chiaro che più ore di lezione fai, più cose impari: però, quando esci da lì, sarai sempre un pivello alle prime armi.
Continuando con il solito esempio, NESSUNO si sognerebbe di mettere un bisturi in mano al pivello appena laureato in medicina: ci vogliono anni di praticantato, bisogna farsi le ossa sul campo accanto a chi ne sa più di te. In realtà, se al neolaureato venissero davvero spalancate le porte della camera operatoria, nonostante i sei anni di studi e di esami e di smazzo, la sua reazione più normale sarebbe quella di mettersi a piangere e di gridare AIUTOOOOOO!
Perché, spero di non dovervelo spiegare io, un conto è la teoria e un altro è la pratica.

Quindi: SI, i corsi per educatore cinofilo sono utilissimi per informarsi sul “pianeta cane”. Anche il mini-corso può essere utilissimo a chi non sa un accidenti di cani, mentre il corso più completo, lungo ed approfondito può migliorare le conoscenze di chi ha già una buona infarinatura di base.
Al termine di qualsiasi corso al mondo, però, SOLO UN PAZZO può pensare di aprire un campo e di mettersi a lavorare senza essersi fatto la sua bella gavetta pratica… e a questo punto sorge il dubbio: “Ma se devo fare  la gavetta pratica, sul campo di qualcuno che davvero ne sa di cani, non potrebbe insegnarmi lui le stesse cose che vengono insegnate al corso?”
La risposta, ovviamente, è SI.  Potrebbe, eccome: e qualcuno lo fa.
Ma siccome i corsi sono a pagamento e la gavetta pratica no, indovinate un po’ quale strada preferiscono percorrere i vari Guru della cinofilia?
Sia chiara una cosa: tutti noi “vecchiacci” abbiamo imparato esattamente così. Si andava sul campo di chi ne sapeva più di noi e si cercava di  “rubare” tutto il rubabile, anche perché i corsi ai nostri tempi non esistevano proprio. Nel frattempo ci si faceva le ossa sulla pelle dei nostri cani e di quelli degli amici…e questo succede anche oggi, anche dopo aver fatto tutti i corsi e gli stage di questo mondo.
Corsi e stage, però, aiutano sicuramente a fare meno danni: invece di andare sempre e solo per prove ed errori, si dà già per scontato che certe cose sono sbagliate, che altre non funzioneranno mai, che altre ancora funzionano spesso (“sempre” è una parola che in cinofilia non esiste).
Quindi, sì, i corsi sono utili. Possono essere anche MOLTO utili,  purché li si prenda per quello che sono, e cioè come una “parte” della cultura cinofila che ci stiamo facendo. Se pensiamo che siano “tutta” la cultura cinofila di cui abbiamo bisogno, daremo delle grandi musate e soprattutto faremo molti più danni di quelli che si facevano ai miei tempi: perché almeno, allora, “sapevamo di non sapere”. Non davamo niente per scontato. Procedevamo con moooolta cautela.
Oggi vedo ragazzotti che hanno fatto dieci ore di corso e che pontificano dall’alto della loro Illuminata Conoscenza di Tutto lo Scibile Canino come se il resto del mondo fosse costituito esclusivamente da imbecilli.  Penso di interpretare anche il pensiero di molti dei cani che finiranno sotto le loro grinfie, quando dico che gli imbecilli (nonché arroganti) sono loro).

3) COSA SI IMPARA, ESATTAMENTE, AD UN CORSO?
Dipende, ovviamente, dal corso!
Normalmente i docenti sono più di uno, ma “fatti con lo stampino”, a seconda della figura di riferimento che illumina la scena (ovvero il Guru della situazione). Credo che NESSUNO abbia mai organizzato l’unico corso cinofilo che potrebbe essere davvero utile, e cioè quello in cui si sentissero presentare e spiegare tutti i possibili metodi, approcci, strumenti, filosofie eccetera, con relativi pro e contro.
Al momento, per quanto mi è dato di vedere/sapere/sentire/leggere, i corsi cinofili sono improntati su una figura-guida (il leader, insomma: il capobranco. Quello su cui magari sputacchiano quando si parla di cani, ma che vogliono assolutamente impersonare quando si parla di umani) e su una serie di suoi accoliti “minori”, meno conosciuti e meno carismatici, ma rigorosamente impostati sulla linea del Guru. E qui i casi sono due: o il leader è bravo, e quindi si imparano cose utili… o il leader è un pirla (“pirla” e “famoso” non si escludono affatto a vicenda: basti guardare il successo di Cesar Millan) e si imparano pirlate.

A questo punto, purtroppo, diventa indispensabile chiarire un paio di concetti che faranno sicuramente incazzare a morte qualcuno (tanto ci sono abituata).
Il concetto principale è questo: ci sono corsi per educatori (in cui si insegna, attraverso l’uno o l’altro metodo, strumento eccetera, a far sì che il cane si comporti bene, non sia un pericolo per umani e altri animali, obbedisca ai vostri comandi e/o renda al massimo in una disciplina qualsiasi – dal riporto di ciabatte all’IPO3 –  possibilmente senza stressarsi troppo) e ci sono corsi di cinofilosofia, CHE SONO UNA COSA DIVERSA.
Sia chiaro anche questo: non lo sto dicendo in tono sarcastico né critico.
La cinofilosofia mi sta benissimo, purché sia vista come quello che è: una filosofia, appunto, e NON un metodo di educazione/addestramento.
La cinofilosofia può essere interessante, intrigante, stuzzicante, aprire la mente a punti di vista diversi da quelli troppo scontati di “io Tarzan, tu Jane” che troppo spesso sono stati (e sono ancora) alla base del rapporto umano-cane.
Però, applicazioni pratiche, ZERO.
O meglio, da zero a mille: perché se approcciamo il cane con una mentalità diversa, più aperta e più collaborativa di quella alla “Tarzan-Jane” potremo ottenere risultati migliori in tutto quello che facciamo insieme. Prima, però (o “a fianco”, se preferite) dovremo sapere cosa cavolo vogliamo fare, e come ottenerlo: e queste sono cose che NON si imparano al corso di cinofilosofia.
Basterebbe saperlo e tutto diventerebbe più semplice: invece no, perché molti corsi di filosofia pura vengono spacciati come  “corsi  per educatore cinofilo”… al termine del quale uno non sa neppure come far fare un “seduto” al cane, ma spesso si sente in dovere di aprire un campo. I risultati sono, ovviamente, devastanti: tanto che molti proprietari finiscono poi in mano ai “sussurratori” di turno, sperando che gli “rieduchino” il cane scatafasciato dai cinofilosofi tutta teoria e zero pratica.

Ma non finisce mica qui! Perché anche i corsi più “pratici” si basano, a loro volta, su cinofilosofie diversissime l’una dall’altra. E fin qui non ci sarebbe nulla di male… se non fosse per un piccolo problema collaterale, che è quello delle fazioni e degli schieramenti.
A questo punto bisogna capire due verità fondamentali: primo,  TUTTI INSEGNANO LA STESSA COSA (o almeno ci provano).
Tutti vi spiegheranno come raggiungere quella che è effettivamente l'”educazione”  (ovvero, gli elementi di base della corretta convivenza con l’uomo, che si riducono poi ai comandi più semplici: vieni, siedi, resta, stai zitto, cammina al mio fianco senza tirare al guinzaglio).
Poi ci sarà chi rifiuterà di  chiamarli “comandi” perché il comando implica il concetto di “padre-padrone”, o di “padrone di schiavo”: e magari il corso comprenderà anche un po’ di ore di cinofilosofia, tutte tese a non farvi sentire “padroni” ma “partner” del vostro cane.
Però, alla fine, tutti vi diranno come insegnare al cane a fare cose come vieni, siedi, resta, stai zitto, cammina al mio fianco senza tirare al guinzaglio.

Seconda verità: NESSUNO AMMETTERA’ MAI DI INSEGNARE LE STESSE COSE DEGLI ALTRI, e non solo. Cercherà anche di sputtanare tutti gli altri e di dimostrare (anche attraverso pregevoli esercizi di mirror climbing) di avere inventato qualcosa di rivoluzionario.
Il gentilista sputtanerà il tradizionalista; il cognitivista zooantropologo sputtanerà il gentilista; l’olistico sputtanerà il zooantropologo… e così via. L’ultima frontiera del mirror climbing l’ho scoperta qualche giorno fa, quando un signore che non conoscevo è venuto su questo sito a fare le pulci (in modo piuttosto antipatico ed arrogante) ad un articolo da noi pubblicato sulle origini del cane.
Non avendolo mai sentito nominare, sono andata a curiosare sul suo sito (che si chiama “Sussurra al tuo cane”: ARGH), scoprendo che il suddetto signore aveva inventato nientepopodimeno che l’ ETOPSICOCINOLOGIA.
E sticazzi, se mi passate il francesismo.
Ovviamente questo signore non è diverso da quelli che hanno inventato mille altre cinofilosofie, ovvero mille altri NOMI da affibbiare all’approccio e alla relazione cane-uomo.
Però, più roboante è il nome, più allocchi si pescano e più famosi si diventa  (dopodiché si dicono le stesse cose che dicono da sempre tutti gli altri).
Io che sono più pirla di tutti, e che la relazione cane-uomo l’ho sempre chiamata “relazione cane-uomo”, non sono diventata nessuno: al massimo una che scrive un po’ di libri sui cani, ma niente de che.
Se mi fossi inventata un metodo o una filosofia, e mi fossi fatta pagare cinquemila euro per dire le stesse cose che scrivo gratis su questo sito, a quest’ora forse potrei fare il Guru anch’io.

Comunque, a conclusione di tutta questa blaterata, ricordate una cosa fontamentale: ai “miei tempi”, preistorici, c’erano solo due modi per educare/addestrare/creare un rapporto col cane: o con le buone, o con le cattive.
Oggi, quarant’anni dopo, ci sono invece due modi per educare/addestrare/creare un rapporto col cane: o con le buone, o con le cattive.
E mo’ vi svelo  un’inquietante realtà: che le buone fossero non soltanto il metodo più etico, ma anche quello che dava i migliori risultati, si era scoperto ancora prima che io avessi il mio primo cane.
Quando andai per la prima volta sul campo di quello che potremmo chiamare un Guru dell’epoca preistorica (ovvero quello che allora veniva definito “uno capace”) e gli vidi usare metodi che non condividevo neanche un po’, decisi di comprarmi un po’ di libri sull’addestramento per capire se “si doveva proprio fare così” o se c’erano alternative. Ho già riportato in un altro articolo brani da alcuni di quei libri, quindi non li ripeto qui: mi limito a dire che i grandi addestratori dell’epoca (alcuni dei quali avevano scritto i loro libri negli anni TRENTA) parlavano già della grande efficacia del “premio”, dell’inutilità delle botte, del disgusto verso metodi come i collari a punte (quelli elettrici non erano ancora stati inventati) e così via.
Purtroppo l’approccio “io Tarzan, tu Jane” – che può andare dalla semplice durezza alla violenza vera e propria – è sempre stato il preferito da un sacco di persone che lavoravano coi cani, anche perché non c’era troppo da studiare e da capire: bastava usare la “legge del più forte” e il cane, terrorizzato, obbediva.
Il resto del mondo, invece, si sforzava di creare un rapporto di collaborazione che rendesse felici e soddisfatti entrambi, cane e umano: anche a costo di incontrare maggiori difficoltà e di metterci più tempo a raggiungere un traguardo.
Io ho scelto questa seconda strada quarant’anni fa ed è la stessa identica che seguo oggi: con l’unica differenza che, nel frattempo, nuovi studi ci hanno regalato una maggiore comprensione della mente del cane, nuovi strumenti, nuove metodologie di lavoro  e quindi una maggiore facilità di approccio.
Personalmente ho molti, anzi moltissimi dubbi sull’applicazione della psicologia umana al cane, con tutto ciò che ne consegue per quanto riguarda la metolodogia: ma questo è un campo ancora tutto da esplorare e non escludo di potere, un domani, cambiare idea. Per adesso mi informo, leggo e quando capita provo, anche perché sono d’accordo con Einstein quando diceva che la mente è come il paracadute, funziona solo se si apre.
Purtroppo tutto quello che gli studi scientifici (quelli seri) ci hanno regalato, e che ci permetterebbe di migliorare moltissimo il rapporto cane-uomo, viene spesso vanificato dagli stupidi scanni inter-filosofali, dalla voglia di sputtanare chi segue filosofie diverse (o pseudo-tali) o chi utilizza lo strumento X anziché lo strumento Y.
Si perde, litigando e scannandosi, un sacco di tempo che se venisse impiegato per aiutare uno o più cani potrebbe risultare prezioso.  Ma perché succede tutto questo?
Semplice: perché la cinofilia viene messa in secondo piano rispetto al business. Il che ci porta all’ultimo punto:

4) MA QUANTO SI GUADAGNA FACENDO L’EDUCATORE CINOFILO?
Domanda da cento milioni di euro, con risposta altamente variabile.
Intanto, chiariamo subito che nessuno guadagnerà  mai cento milioni di euro: neppure se diventasse il Millan italiano, perché siamo appunto in Italia e non in America. Quindi scordatevi di farvi la villa con la piscina e lo yacht lavorando con i cani.
Scendendo a livelli più umani, si può guadagnare molto se si hanno le conoscenze e gli appigli giusti: leggi “appigli politici”, non soltanto riferiti all’ENCI.
I Guru che tengono corsi da 5-6000 euro (trovando pure qualcuno che glieli dà) si sono fatti strada attraverso le conoscenze giuste, in un modo o nell’altro, in un campo o nell’altro: chi è davvero bravo ma “non conosce nessuno” di utile, fa poca strada… e questo sempre perché siamo in Italia.
Che tutto questo faccia schifo (e lo fa) purtroppo non cambia le cose.
Il “normale” educatore/addestratore che sa fare il suo mestiere, che si è smazzato per anni facendo gavetta, che si è letto davvero tutto lo scibile cinofilo eccetera eccetera, dopo un altro po’ di annetti passati a tirare le cinghia, può vivere decorosamente del proprio lavoro.
L’improvvisatore che si è aperto il campo dopo due week end, non potendo essere bravo, solitamente vive un breve periodo di illusione e poi scompare nel nulla (ovviamente, l’improvvisatore con le conoscenze giuste invece rimane: a far danni, ma rimane. E potrei farvi pacchi di esempi, che evito solo perché non amo particolarmente le querele nè i pugni nel muso, a scelta).
Un altro fattore importantissimo è quello geografico: al Nord educatori e addestratori campano più o meno tutti, mentre al centro-Sud si suicidano.
La cosa vale anche per gli allevatori: al Nord pagare un cucciolo duemila euro è considerato normale, al Sud ti ridono in faccia se gliene chiedi più di duecento.
Non è questione di razzismo, sia chiaro (anche perché, essendo di discendenza terronissima, mi darei clamorose zappate sui piedi): è solo la realtà dei fatti. Conosco persone veramente GRANDI, preparatissime, che darebbero quintalate di punti a tutti i Guru italiani e stranieri, ma che non sono MAI riuscite neppure a sbarcare un decoroso lunario lavorando con i cani, solo perché stavano a Roma o a Napoli anziché a Milano o Torino.

CONCLUDENDO… (ed era ora, vero?)
Boh, non saprei neppure trarre una vera e propria “conclusione” da tutto quello che ho scritto fin qui: anche perché, se avessi avuto una conclusione, avrei potuto evitare tutta la blaterata e avrei scritto solo quella.
Personalmente penso che i corsi per educatore siano utili  SE sono tenuti da persone preparate; SE si è in grado di distinguere la teoria dalla pratica e la filosofia dal lavoro; SE non ci si illude di uscirne “laureati in cinofilia”, ma semplicemente un po’ più informati di prima (sul cane in generale o su particolari aspetti del rapporto col cane); SE non ci si lascia irretire dal carisma del Guru (anche quando è bravo) e si mantiene sufficiente spirito critico e capacità di analisi; SE non ci si lascia coinvolgere nelle risse e nelle crociate basate sulla lana caprina; SE ci si ricorda che il cane è soprattutto un cane, e che a lui non interessa una beata cippa del fatto che noi sappiamo o meno che rispettare le sue distanze di sicurezza si chiami “conoscere la prossemica” o che il nonno contadino ci abbia insegnato a “non toccar il can che mangia e lasciare in pace il can che dorme”: a lui basta che le rispettiamo.
A volte penso che corsi, stage, seminari e  libri (ampiamente compresi i miei) siano composti al 90% da fumo negli occhi, e che chiunque avesse la pazienza di sedersi per una decina di giorni in mezzo a un branco di cani (come ho avuto la fortuna di poter fare io) potrebbe imparare dieci volte di più, spendendo pure mille volte di meno.
Altre volte mi dico che in fondo seminari, stage e libri servono proprio a diffondere ciò che si è imparato passando magari anni, e non solo giorni, ad osservare i cani e a lavorare con i cani, e che la cultura serve proprio ad evitare che ogni uomo debba ricominciare ogni volta tutto da zero, riscoprendo il fuoco e ripercorrendo tutta la storia dell’umanità dall’inizio: quindi un’utilità, i maestri, ce l’hanno… purché siano persone che veramente hanno a cuore la diffusione della cultura, e non soltanto la diffusione di banconote da cento euro nel proprio portafogli.

In realtà, poi, è difficile distinguere: anche perché, dopotutto, è anche giusto che il lavoro e l’impegno del signor X vengano retribuiti. Nessuno campa d’aria (neanch’io, che è vero che scrivo gratis quel poco che so, ma è anche vero che vado cercando pubblicità per questo sito, perché altrimenti non potrei continuare a farlo).
Il fatto che i corsi abbiano un costo e che gli insegnanti vengano pagati, dunque, è assolutamente normale.
Il punto è che un conto è pagare per qualcosa di utile, e un conto è pagare per ascoltare un misto di aria fritta e cinofilosofia riciclata: ma se non sei GIA’ un cinofilo abbastanza esperto, è quasi impossibile capire a priori se valga la pena o meno di frequentare il corso X.
Personalmente, se fossi una neocinofila alle prime armi, mi regolerei così:
a) seguirei i corsi di persone che lavorano DAVVERO con i cani, e non che si limitano a raccontarne le gesta senza aver mai preso in mano un guinzaglio;
b) scarterei a priori i corsi tenuti da eventuali  “sussurratori”-macellai (che però in Italia non mi sembrano poi così diffusi), ma seguirei – se me lo potessi permettere – almeno tre-quattro corsi diversi, tenuti da persone diverse… compresi uno o due cinofilosofi, dai quali non mi aspetterei che mi insegnassero a lavorare con i cani, ma che mi aprissero orizzonti diversi dai quali guardare il cane;
c) non mi limiterei a seguire i corsi, ma andrei anche a ravanare su due o tre campi, diversissimi l’uno dall’altro, in cui si pratichino discipline diverse e si seguano metodi diversi: e cercherei di carpire il massimo da ognuno di loro;
d) tra questi campi, una volta capito un po’ l’andazzo, ne sceglierei uno sul quale fermarmi per qualche mese (o anno) ad approfondire e migliorare ciò che ho imparato fino a quel momento.
Alla fine di tutto questo percorso, forse mi sentirei anche in grado di aprire un campo mio e di non fare troppi danni (pur mettendo in conto che qualcuno lo farò comunque).
Per fortuna il mio, di campo, l’ho aperto quarant’anni fa e chiuso vent’anni fa… perché se cominciassi adesso, alla fine di questo percorso, avrei un’ottantina d’anni e forse sarebbe un po’ troppo tardi.
Però chi è più giovane di me, questo percorso, può farlo: e magari, alla fine, non sarà ricco nè famoso.
Ma probabilmente sarà bravo.

*Cinque! La quinta è arrivata mentre stavo scrivendo questo articolo

Autore

  • Valeria Rossi

    Savonese, annata ‘53, cinofila da sempre e innamorata di tutta la natura, ha allevato per 25 anni (prima pastori tedeschi e poi siberian husky, con l'affisso "di Ferranietta") e addestrato cani, soprattutto da utilità e difesa. Si è occupata a lungo di cani con problemi comportamentali (in particolare aggressività). E' autrice di più di cento libri cinofili, ha curato la serie televisiva "I fedeli amici dell'uomo" ed è stata conduttrice del programma TV "Ti presento il cane", che ha preso il nome proprio da quella che era la sua rivista cartacea e che oggi è diventata una rivista online. Per diversi anni non ha più lavorato con i cani, mettendo a disposizione la propria esperienza solo attraverso questo sito e, occasionalmente, nel corso di stage e seminari. Ha tenuto diverse docenze in corsi ENCI ed ha collaborato alla stesura del corso per educatori cinofili del Centro Europeo di Formazione (riconosciuto ENCI-FCI), era inoltre professionista certificato FCC. A settembre 2013, non resistendo al "richiamo della foresta" (e soprattutto avendo trovato un campo in cui si lavorava in perfetta armonia con i suoi principi e metodi) era tornata ad occuparsi di addestramento presso il gruppo cinofilo Debù (www.gruppodebu.it) di Carignano (TO). Ci ha lasciato prematuramente nel maggio del 2016, ma i suoi scritti continuano a essere un punto di riferimento per molti neofiti e appassionati di cinofilia.

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64 Commenti

  1. Buonasera a tutti, ho letto con parsimonia, tutto l argomento compresi i commenti, io penso che un corso educatori possa essere rivolto solo ed esclusivamente ad i semplici propritari che mirano a scoprire ciò che colui che è al proprio guinzaglio voglia offrire di buono…..non so perchè si tende sempre ad estremizzare….o ipergentilista o collare a strozzo…ed io mi sento di affermare…..”la crisi oiderna purtroppo non sta beneficiando al settore cinofilo”…….scusate il mio intervento, ma vedo solo ed esclusivente del lucro…cara Sig.ra Valeria….ammiro il suo articolo…..

  2. Quindi quando in una pubblicità leggiamo “CORSO RICONOSCIUTO E.N.C.I. per Addestratori cinofili e iscrizione nel Registro degli addestratori ufficiali E.N.C.I.” non vuol dire nulla o è falso?

    • No, no: falso non è. Per il momento, però, vuol dire poco. Cioè, vuol dire che hai fatto un percorso di formazione, esattamente come quelli dei “non ufficiali”.
      Però non è che questo titolo ti offra nessuna agevolazione né una vera qualifica professionale. Si sa che l’ENCI ci sta lavorando, ma non so esattamente come. Sta di fatto che oggi come oggi, essere addestratore ENCI, educatore APNEC o CSEN o quel che l’è non ti dichiara “abilitato” ad una professione: dice solo che hai fatto qualcosa in più del primo pirla che si alza una mattina e decide “da oggi addestro cani”. Ma a livello giuridico, fiscale e quant’altro non c’è differenza.

  3. Ciao Valeria. Il tuo articolo è utilissimo come sempre. Io ho iniziato la mia formazione appena 5 anni fa (ancora non ho finito). Il mio “guru” si chiama Matteo Pittavino, ed è una persona preparatissima (collabora con la facoltà di Pisa di cui parlavi). Oltre a lavorare sul campo da più di 30 anni, si aggiorna di continuo. Ma soprattutto è un ottimo insegnante: chiaro, tecnico, pratico, non si perde in chiacchiere (quelle cinofilosofiche). Io mi trovo veramente benissimo con loro. Non era per fargli pubblicità, ma credo che loro siano davvero validi, in questo marasma di scuole emergenti. Ovviamente oltre ai vari corsi e stage che mi faccio, cerco di leggere anche tanto. E frequento un campo da quando ho iniziato. Io ti chiedo, dopo quanti anni di gavetta, pensi che un educatore possa dirsi “pronto” per iniziare a lavorare? Io vengo dal sud, e ho scelto questa strada per passione, pura passione. Non ho mai pensato di diventarci ricca… Anche perché come dici tu, qui al sud ricchi non ci si diventa con questo lavoro.

    • Non sono tanto gli anni, quanto il numero di cani e di “casi”… perchè ovviamente, se vai sul campo una volta al mese per dieci anni, imparerai molto meno di chi ci va ogni giorno per un anno. Se in quel campo vedi, che so, soltanto pastori tedeschi, la prima volta che incontrerai un boxer ti sembrerà di essere caduta su un altro pianeta (a me è successo!). E così via. La formazione dovrebbe essere più ampia possibile, comprendendo anche cani da canile, cani con problemi, cani giovani, adulti e anziani: ma soprattutto, sai che ti dico?
      Che diventi “pronta” quando hai capito che ogni cane è un individuo, che tutto quello che hai imparato e creduto può anche rovesciartelo sottosopra in cinque minuti…e che tu riesci comunque a pensare a qualche alternativa, a trovare la strada per arrivare – più che al “suo cuore” tanto sbandierato da più parti – alla sua mente. Quando comincerai ad accorgerti che pensi come un cane, che riesci ad immedesimarti nel cane e a capire quello che gli passa per la testa almeno al 40-50% per cento (perché di più è difficile…), allora sei pronta per aprire un campo :-).

  4. Bell’articolo,ho sempre sostenuto che in giro ci siano troppi GURU O SANTONI!Questo non fa altro che creare caos fra le persone e dare spazio a ciarlatani di improvvisarsi senza vere costruito delle basi.
    I prezzi dei corsi sono per molti proibitivi. L’ENCI per me è solo un’altra sigla fra le tante,sigla per altro avrebbe molte cose da spiegare tipo i suoi corsi per usare il collare elettrico!E questi avrebbero qualcosa da insegnare a me?(mah!?) Condivido che la passione + buona volontà + istruzione + pratica fanno molto + di 100 corsi magari con attestato. Sentire frasi tipo “TIZIO xxx INVENTORE DEL METODO BLABLA” o ” CAIO YYY INVENTORE DI QUELL’ALTRO” è una cosa che infastidisce parecchio. Conosco persone che senza aver inventato nulla RIEDUCANO CANI EX-COMBATTENTI senza percosse,colalri elettrici,ecc.. Lavorando su tutto ciò che porta a creare un rapporto di fiducia reciproca!
    Quindi complimenti ancora per l’articolo, credo sia davvero necessario tornare con i piedi per terra ed aiutare davvero la sciuramaria se il suo cane la strattona al guinzaglio. IL mio motto è “cane felice padrone felice”, credo sia la vera base da cui partire.

  5. “non si può sentire un educatore che odia il collare a strangolo, che usa solo pettorine e bocconcini che non dice mai “NO” al cane che sta lavorando. È un controsenso!” Riccardo Totino, quanto condivido questo tuo pensiero… e pensa che una delle persone che è intervenuta nella presente sede per commentare questo articolo mi ha tolto l’amicizia su facebook perchè io, grande ignorante in materia in quanto semplice amante dei cani – che, però, negli ultimi anni si sta dedicando anima e corpo per farsi una sana cultura cinofila a fini esclusivamente personali – si è permessa di esprimere un analogo pensiero nella sua bacheca, in cui il collare a strangolo veniva additato come strumento di tortura. Però a quanto pare questa persona ha studiato e, quindi, dovrebbe avere una certa elasticità mentale… Forse quello che manca, molto spesso, è l’umiltà.

  6. l’albo dell’enci? uguale a tutti gli altri albi, una presa in giro… uno alla volta aggiungeranno al loro albo tutti gli educatori delle svariate associazioni…

  7. ..io proprio in questi giorni ho visto di peggio…un “educatore” che fa già corsi per insegnare il mestiere ad altri…anzi è stato pure nominato responsabile di un settore (tra l’altro delicato) in una neonata nuova associazione cinofila sportiva. Peccato che di esperienza sul campo ne abbia praticamente zero, se non quel poco che sa fare con il suo cane…E non è l’unico esempio purtroppo. Ormai tutte le associazioni sfornano educatori a nastro anche se non hanno neppure un cane!!!! Mi spiace ma non concepisco chi lavora con cani di altri senza una lunga esperienza personale e men che meno chi lavora con cani di altri senza avere nemmeno un cane proprio! i cani non sono solo stimolo-rinforzo…non sono solo clik-bocconcino…non sono macchinette tutte uguali 🙁

    • Condivido il tuo pensiero e in particolare la tua frase: «i cani non sono solo stimolo-rinforzo… non sono solo clik-bocconcino… non sono macchinette tutte uguali» infatti i cani sono individui che ragionano (a modo loro ma ragionano) e ogni click ha un effetto diverso su ogni cane. In più i cani non si lavorano, ci si lavora insieme… non si può sentire un educatore che odia il collare a strangolo, che usa solo pettorine e bocconcini che non dice mai “NO” al cane che sta lavorando. È un controsenso!

      • …eppure ormai ormai è così, guai pronunciare certe parole tipo strangolo o punizione o si va direttamente al rogo! ormai la regola base è ignorare anche i comportamenti più sgraditi…prima o poi il cane smette da solo…Intanto i problemi più frequenti dei cani sono proprio quelli dovuti alla totale anarchia!

  8. lo spirito dell’articolo è meritevole perchè prova a mettere ordine in una materia confusa e a riportare la calma in acque spesso solcate dai pirati. Mi permetto solo di richiamare due inesattezze importanti:
    1 la qualifica ufficiale di istruttore cinofilo esiste, ed è quella dellENCI, per il momento è anche l’unica
    2 “ma almeno psicologi e comportamentalisti (che dovrebbero essere sinonimi) dovrebbero essere SOLO veterinari con una specializzazione particolare.” No! Comportamentismo non è sinonimo di psicologia ma solo uno dei molteplici orientamenti teorico-applicativi nell’ambito della psicologia stessa. Il veterinario capisce di comportamento come io che sono psicologo capisco di astrofisica… il curriculum accademico dello psicologo comporta studi di etologia animale e comparata oltre a studi sui fondamenti teorici ed applicativi sul comportamentismo, non mi risulta che la formazione accademica del veterinario comporti questi studi, se non in qaualche master o specializzazione che la maggior parte dei veterinari non posseggono… poi c’è la pratica e su quella si distinguono le persone perbene che studiano, si informano e soprattutto prima di dire di saper fare una cosa o addirittura insegnarla fanno passare molta acqua sotto i ponti, da piccoli pirati mezzi disperati che pensano di saper fare tutto un po’ per presunzione e un po’ per la disperazione legata al lavoro che non si trova… poi ci sono pesci più grossi che fanno i corsi, però penso sia colpevole da parte degli aspiranti “educatori/addestratori cinofili ” pagare un corso anche 2500/3000 euro per un corso (valido o no, questo è un altro discorso) che rilascia un titolo che si sa essere carta straccia… il titolo però può essere “rivenduto” a gente che ti porta il cane ad addestrare e non approfondisce più di tanto la provenienza del titolo, e qui scatta la malafede…

    • @roberto_mucelli – Non trovo corrette alcune tue precisazioni.
      1) Per quanto riguarda l’utilizzo del titolo “psicologo o comportamentalista canino” non esiste alcuna normativa che impedisca a chiunque (quindi anche completamente analfabeta) di definirsi tale, dunque chiunque lo utilizzi non commette alcun reato ed è libero di farlo.
      2) il termine “comportamentalista” in italiano non esiste (almeno finora) ma è frutto di una voluta modificazione di “comportamentista” per definire la figura che si occupa di comportamento canino in senso generale e non strettamente legato a quell’orientamento teorico-applicativo di quella particolare branca della psicologia di cui tu parli che è stata molto in auge negli anni ’70. Per precisazione il termine “comportamentalisme” è utilizzato in francese ma altro non è che la traduzione di “comportamentismo”.
      3) Fintanto che non esiste una regolamentazione legislativa per operare in questo settore, sia come operatore, sia come formatore (scuole, seminari e altro), NON SI PUÒ e non è corretto parlare di malafede tenendo presente anche che altrimenti non è possibile fare questo lavoro.
      4) Sono titolare di una scuola. Per quanto mi riguarda ogni volta che faccio un colloquio informativo a chi vuole iscriversi lo informo che è liberissimo di esercitare la “professione” senza alcun titolo, anche se consiglio vivamente di fare un minimo di formazione prima di mettersi “in piazza”. Altro non si può fare (almeno che tu non mi dia delle idee aggiuntive)
      5) I prezzi. Gli xmila euro di investimento vanno a coprire una serie di cose. Nella mia scuola ci sono diversi docenti universitari, altri sono liberi professionisti, poi c’è l’aula climatizzata, la sua pulizia, un computer, lo schermo e il proiettore. Inoltre gli spazi aperti dove far pratica e le attrezzature. Poi le tasse, i commercialisti ecc. Un meritato guadagno che non ci permette certo di comprarci una casa (non dico a Montecarlo, ma neanche in un paesino sperduto dell’Abruzzo), ma al massimo ci consente di vivere decentemente.
      6) L’A.P.N.E.C. Associazione Professionale Nazionale Educatori Cinofili
      L’A.P.N.E.C. è un’associazione professionale di Educatori Cinofili, presente in Italia dal 2002 e diffusa in tutte le Regioni italiane, costituitasi secondo le direttive dell’Unione Europea e nel rispetto di quanto stabilito dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. È l’unica del settore iscritta al COLAP http://www.colap.it e censita dal CNEL http://www.cnel.it, ed è in regola con la complessa documentazione richiesta dal Ministero della Giustizia ai fini del riconoscimento quale associazione rappresentativa a livello nazionale. Il resto lo puoi leggere sul sito http://www.apnec.it.
      Forse non sei a conoscenza di quanto si stia facendo per essere in regola, ma ti assicuro che per noi operatori del settore è molto importante raggiungere la regolamentazione. Se questo Paese prendesse sul serio le normative europee non avremmo più gli albi professionali ma solo le Associazioni di settore che dovrebbero rappresentare il “libero mercato” di cui tanto si parla, ma che viene disapplicato a vantaggio delle lobby.
      La malafede è una cosa brutta che combatto. Mi dedico con entusiasmo alla formazione e sentirmi, anche se indirettamente, coinvolto nella tua parziale analisi non fa certo piacere. Non si può fare “di tutta un’erba un fascio”. L’analisi di questa rivista è corretta perché cerca di fornire degli strumenti per difendersi dalle “fregature”, ma ci sarà sempre chi sceglierà intenzionalmente programmi più economici (sia in senso economico, sia per tempo dedicato) per avere un insignificante “Diploma” da sbattere in faccia al futuro cliente come sostieni tu.
      Ci sono molte cose che andrebbero ancora trattate tra cui il fatto che l’esperienza è tra le cose più importanti per certi tipi di professione, così come, diciamocelo francamente, per educare un cane o per insegnare a farlo non ci vuole una laurea ma una buona preparazione e la consapevolezza dei propri limiti. Questo articolo è un ottimo punto di partenza e di confronto e spero che tanti altri ne seguiranno, sul web o ancor più piacevolmente in riunioni reali e non virtuali.
      Saluti

      • Quando scrivo “l’analisi di questa rivista è corretta (…)” mi riferisco al successivo articolo “https://www.tipresentoilcane.com/2011/08/26/corsi-per-educatori-cinofili-come-scegliere/”. Sto perdendo colpi. Sarà l’età?

        • Riccardo, forse ti sfugge la legge n. 56/89 ed il reato di esercizio abusivo della professione, puoi essere iscritto all’associazione più valida di questo mondo ma rimane sempre un ente privato non abilitato a certificare attività professionali, ad oggi questa è la legge e non bisogna girarci intorno, non discuto della bontà o meno di queste normative, ma esistono, chiunque si occupi professionalmente di comportamento esercita la professione di psicologo, più o meno abusivamente… poi in Italia tutti, anche analfabeti, possono fare tutto, purché siano bravi nel marketing personale e nell’uso del nome che danno alla loro attività…

          • Roberto, però non si può neppure esercitare abusivamente una professione inesistente. Quello del comportamentalista cinofilo è un titolo autoreferenziale, prodotto da associazioni di categoria che possono essere validissime, ma che comunque non sono il Ministero della pubblica istruzione. Poiché non esiste una specializzazione universitaria (riconosciuta del Ministero) in medicina veterinaria comportamentale, non può esistere neanche l’abuso…

          • ci sono dei veterinari veramente competenti sul comportamento, ma non di per sé, non per il loro curriculum di studi, magari sono competenze formate in altre sedi…

  9. Silvia, certo, funziona così in altri settori. Io parlo del mio perchè è quello che vivo e sinceramente tanto bene non mi sta.
    Nel tuo scritto trovo un pensiero molto consolante: il professionista serio si trova a lavorare con persone che capiscono il valore del servizio. Questo lo penso anche io.

    Su una cosa però ti devo contraddire: il Cernit è superato, ora si usa il Fimo (ma non l’ho citato, non è proprio nazionalpopolare 😉 ) 😛

    • No certo che bene non sta, nemmeno a me per quel che riguarda il settore mio.
      Per risolvere la cosa si dovrebbe cambiar la testa alla gente, dai clienti ai “professionisti” improvvisati ai formatori, e questo si puo fare con una massiccia opera di “educazione” del pubblico (il serbatoio dal quale poi vengono clienti, educatori improvvisati, etc), come noi che siam qua a parlarne probabilmente tentiamo di fare ogni giorno.
      Solo ogni tanto mi demoralizzo perchè sembra che per una persona che arriva a comprendere il valore della professionalità vera, ne nascano 10 tipo “sciuramaria”. Questo ovviamente non deve farci desistere dal tentare di cambiare il nostro mondo ^_* Però oh che fatica.

      PS: Si so che molti preferiscono il Fimo ma io rimango una affezionata del Cernit ^_* Ma questo non c’entra :p

  10. Già. Purtroppo credo che il mio pedegree asburgico non aiuti ad accettare la realtà italiana ;-). Sarà un problema di Dna.

    Conosco bene l’Apnec, sono la socia più anziana della mia regione. Mi chiedo però: quanti educatori iscritti all’Associazione Professionale Nazionale Educatori Cinofili sono davvero educatori professionisti? Dieci? Cento?

    Secondo me la strada è lunga e negli ultimi 15 anni la situazione è nettamente peggiorata: centinaia di corsi per educatori, decine di associazioni di categoria, migliaia di educatori…stesso numero di cani, nessuna speranza di avere un albo limitante per chi non ne faccia parte.

    Ultima riflessione sui corsi per educatori. La mia personale (e, per molti, fastidiosa opinione) è che la formazione professionale debba essere appannaggio di enti e istituzioni o quantomeno di privati che si occupano esclusivamente di formazione (onde evitare l’ovvio ed evidente conflitto di interessi che si crea quando formo qualcuno che diventerà mio diretto concorrente).
    Ognuno faccia quello che vuole, la legge lo consente.
    Però per favore, con un minimo rispetto per i colleghi che non vogliono contribuire al mercato sfornaeducatori.
    Mi spiego meglio.
    Molti corsi per educatori si riducono a qualche chiacchiera sull’educazione del cane e pressoché zero pratica.
    La pratica è impegnativa se fatta bene: ci vorrebbero due anni di affiancamento all’istruttore e in più bisognerebbe un consenso informato per i clienti come avviene per le cliniche universitarie (occhio che stai seguendo un corso con un tirocinante). E poche scuole sono disposte a offrire una formazione così impegnativa.
    Risultato.
    Molti alunni appena usciti stampano volantini e li sparpagliano a pioggia nei negozi di animali cominciando a proporsi come “EDUCATORI CINOFILI DIPLOMATI” (normalmente fanno danni qualche mese poi spariscono).

    Altri si accorgono che gli manca esperienza quindi si apprestano ad andare in processione nei centri cinofili vicino a casa per fare un TIROCINIO offendendosi a morte se il centro non vuole tirocinanti.
    Cioè: un altro si è preso 2000 euro per un corso “fuffa” e poi devo smazzarmelo io gratis?
    Devo pure insegnare il mestiere al ragazzino che domani apre il suo campetto di fianco al mio?
    Se voglio formare sarò io ad organizzare i corsi.
    In più..mi arriva un controllo della Finanza: tu che ci fai nella mia struttura senza contratto di apprendistato?

    Ma tu, educatore che non vuoi tirocinanti, sei malvagio perchè non vuoi trasferire gratuitamente il tuo sapere alle nuove leve che ti faranno concorrenza (ah già, dimenticavo, tanto sono educatore per diletto, mica devo pagarci le bollette…non devo certo tutelare la mia professione, ops il mio hobby…)

    • Permettimi di dissentire su alcuni punti:
      • Le realtà sono differenti da regione a regione e da città a città.
      • Il numero di cani adottati a Roma è aumentato considerevolmente negli ultimi anni responsabile anche un lavoro non indifferente svolto dalla vecchia amministrazione comunale.
      • La necessità di rivolgersi a un educatore aumenta in funzione del fatto che la maggior parte dei neo proprietari non sa neanche dove sta la testa o a cosa serva la coda (spesso non sanno neanche che dentro la testa c’è un cervello funzionante figuriamoci se sanno che funziona in modo diverso dal nostro).
      • Essendo molti proprietari impreparati, le aeree per cani sempre più frequentate, i condomini con costanti abbai di sottofondo e sempre più persone che fanno sci d’asfalto (cito Valeria) gli educatori cinofili diventano un’importante figura di riferimento.
      • Aumentando il numero di educatori professionisti si crea un mercato, immettendo educatori incompetenti il mercato si uccide.
      • Arrivati a un certo (utopico) punto di offerta il mercato si satura e da quel momento ci dovrebbe essere un ricambio.
      • Il sistema economico europeo è fondato sul libero mercato che ha delle sue regole intrinseche di autoregolazione che in Italia non sono considerate.

      Per quanto riguarda i corsi di formazione ti prego di andare a vedere il programma del mio centro. I corsi non sono tutti uguali.
      http://www.eilcaneincontroluomo.com/index.html?p_url=educatore_cinofilo.html
      ci sono 200 ore di teoria che comprendono oltre a cinologia, biologia, psicologia e veterinaria, più 200 ore di pratica presso un canile rifugio da cui prendiamo i cani da educare al fine delle adozioni. A metà corso gli allievi prendono in carico alcuni cani da soli e iniziano un percorso di educazione (sempre finalizzato all’adozione)seguiti dal docente di turno che prevalentemente sono io coadiuvato da ex allievi che continuano come volontari ad occuparsi della struttura.
      Un corso di formazione inizia con questa frase: “Immagino che ognuno di voi sia qui per avere delle certezze, mi auguro che alla fine di questo percorso voi tutti siate pieni di dubbi, perché solo se abbiamo incertezze possiamo andare avanti e crescere.” I nostri allievi sanno che alla fine del corso di formazione sono pronti a seguire situazioni semplici e non problematiche, sanno anche che la scuola è a loro disposizione per coadiuvarli anche in seguito quando incontreranno un caso difficile ma risolvibile.
      Questo credo che sia l’unico corso di formazione organizzato durante la settimana (ci escludiamo una grande fetta di mercato) perché è noto che una mente media non può trattenere informazioni che vengano somministrate per più di due ore consecutive. Le lezioni di teoria durano due ore e mezzo ma c’è una pausa di 15 minuti a metà lezione. Lasciamo quindi liberi gli allievi durante i week end tranne per alcuni seminari svolti da altri docenti (3 o 4 durante l’anno).
      Sempre da metà corso gli allievi possono partecipare alle lezioni private da considerare come tirocinio (attività extra le 400 ore totali senza sopratassa).

      Nella logica delle Associazioni lo scambio di conoscenza (tirocini) sarebbero da considerare una risorsa per migliorare la qualità della professione. Ognuno di noi si comporta come meglio crede. Nel nostro centro accettiamo tirocinanti provenienti da altre scuole e molti centri qui a Roma si comportano nello stesso modo.

      I danni li fanno gli educatori cinofili, gli insegnati nelle scuole (elementari, medie, superiori e università) gli ospedali, i medici che ci lavorano, gli avvocati e così via. Non si può intraprendere una guerra contro i mulini a vento. Come molti saggi hanno già detto “non si può essere migliore di un altro, si può solo migliorare se stesso”

      Per cui ritengo che chi crede in questa professione si debba rimboccare le maniche per dare il migliore contributo affinché i cani che avranno il “piacere” di incontrare un professionista possano vivere una vita migliore.
      Ciao, ciao.

  11. …la voglia di essere corretto passa e si va a fare i cagnolini di pongo.
    A me una volta è arrivato l’F24 con le condoglianze del commercialista: costituiva il 60% del mio fatturato del 2009. E in più alla legge non interessa di cosa campa il lavoratore autonomo. Se guadagni 1000 euro al mese, 600 sono di tasse e spese varie. Cavoli tuoi se poi devi vivere con 400 euro (non esiste mica il minimo sindacale per noi).
    Oltre al danno la beffa. Le Asd hanno diritto a contributi. Le Asd non pagano le tasse e sono coperte dalle assicurazioni per i SOCI (io per esempio sono iscritta a una “federazione sportiva” ma in quanto professionista non sono coperta perchè l’assicurazione copre i soci e non i clienti). Certo. Tuteliamo il dilettante a sfavore del professionista.
    Come dici tu, l’Italia è dei furbi.

    E poi secondo me non è solo questione di giustizia nel pagare le tasse ( io sono fondamentalmente autarchica ;-)) ma è questione di dare credibilità e dignità alla professione.
    Io non sono educatore per diletto e non lavoro “non a scopo di lucro”. E’ una questione di serietà professionale: io ricevo un compenso e ai miei clienti devo offrire i miei servizi con professionalità. I miei clienti non sono soci con cui ci troviamo a fare allenamenti alla pari. Se così fosse potrei permettermi di lavorare anche con i miei cani, di fumarmi una sigaretta durante le lezioni (o bere un bicchier d’acqua ;-)) potrei andare al mare la domenica invece che lavorare, se mi gira.
    In più non ho preso una laurea per diletto e neanche seguo stage di aggiornamento per diletto (che poi possa piacermi tutto cio’, è un valore aggiunto).

    Comunque alla fine, diciamocelo, gli educatori cinofili non sono credibili in Italia, tanto che non vengono considerati nei progetti istituzionali. E, mi viene da dire, è giusto che sia così dato l’infimo livello di preparazione.

    In un altra cosa concordo con te. L’umiltà. Latita nel settore.

    • Cara Livia, io sono nelle tue stesse condizioni così come lo sono i molti educatori professionisti iscritti come tali. Il problema però non riguarda solo il nostro settore. Questo è il paese degli escamotage e dei condoni. Lo Stato non è in grado (o non vuole) di applicare un sistema fiscale equo, gli italiani non vogliono un sistema fiscale equo. A noi (italiano sono) piace riuscire a scavalcare la fila, a noi piace passare col semaforo rosso, a noi piace superare regolarmente i limiti di velocità e non mettere le cinture di sicurezza. A noi piace non pagare le tasse e ci piace non farle pagare agli altri (ho difficoltà a fare le fatture per le mie prestazioni perché i miei clienti non le vogliono. Siamo tutti solidali tra di noi e contro lo Stato. Sarà perché siamo fatti così, sarà perché lo Stato non ci vuole educare, sarà perché lo Stato è fatto da italiani… il perché non lo conosco. Sta di fatto che è più facile scoprire e usare gli escamotage che ti permettono di sopravvivere, piuttosto che fare le cose con regolarità. L’esempio classico lo vedi nella sanità: per fare una risonanza magnetica qui a Roma devi aspettare sei mesi – un anno, se conosci qualcuno in un ospedale ce la puoi fare in una settimana. Così gli altri aspettano un anno e un giorno (io l’ho fatta privatamente dopo aver pagato un cifra inimmaginabile di tasse).
      D’altronde quando ho iniziato a fare questo lavoro ero uno dei primi, ora sono uno dei tanti, se ti metti a fare statuine di pongo tra cinque anni sarà pieno di persone che fanno statuine di pongo il sabato e la domenica vendendole ai proprietari dei cani che “educano”. Credo che sia giusto il lavoro svolto dall’APNEC http://www.apnec.it che da dieci anni sta lottando per far riconoscere la professione e credo che sia anche giusto che tutti noi professionisti apportassimo il nostro contributo in questa battaglia.

      • Mi spiace disilludervi, il mondo è GIA’ pieno di gente che fa statuine di pongo (solo che nel settore si chiama Cernit)
        Per dire non c’è settore che non sia strapieno di gente, che non abbia i suoi guru, i suoi espertoni improvvisati e i suoi seri professionisti che non battono chiodo perchè chi fa il lavoro in nero può permettersi un costo un po’ minore, dato che le tasse non le paga.
        Io ho aperto lo scorso anno la mia bella partita iva, quest’anno l’ho chiusa. Perchè in un mondo pieno di dilettanti il professionista, per quanto formato, non lavora.
        Funziona così nelle professioni con iter formativo consolidato (io biologa una laurea quinquennale, un master, 4° anno di veterinaria, mi son vista escludere da vari lavori perchè “troppo formata e specializzata”) e funziona così in quelle per le quali ancora non vi è una formazione codificata (campo in cui avevo aperto la mia p.iva). E’ avvantaggiato chi fa lavori badando alla quantità più che alla qualità. E così imperversano i corsi da weekend, gli educatori da 3 lezioni e via, gli artigiani da prodotto facile e veloce. E pazienza se poi l’educatore che si forma nel weekend fa danni, se il cane educato in 3 giorni fa quel che gli pare e se l’oggetto artigianale cade a pezzi dopo 2 settimane.
        La gente vuole tutto e subito, non è disposta ad aspettare, e men che meno a pagare per un lavoro (un oggetto, una educazione, una formazione) di valore.
        I professionisti si trovano a lavorare con le persone intelligenti in grado di capire il valore del servizio, i lavoratori dell’ultima ora lavorano con gli altri, i clienti del tutto subito. Che purtroppo son moooolti di più.
        Tutto cio per dire che… boh forse solo per portare una testimonianza da un altro settore e dire che purtroppo funziona così in qualsiasi campo. 🙁

  12. Gentile Valeria,
    ho apprezzato molto il tuo articolo.
    Io sono uno di quegli “educatori” che ha cominciato con i corsi istruttori negli anni 90, si è presa una laurea (scienze naturali, tesi in etologia canina applicata), si è fatta 10 anni di gavetta e tanti stage e POI ha deciso di aprire un centro cinofilo che oggi mi dà da vivere decorosamente (Nord Italia, provincia di Pordenone, dove penso ci siano almeno altri 30 educatori, nessuno di questi iscritto come libero professionista…).
    Una delle problematiche da sottolineare è che la stragrande maggioranza degli “educatori” sono cinofili del “dopo lavoro”, che aprono un’associazione sportiva dilettantistica affiancandola ad un altro lavoro. A meno che per loro le ASD non siano un’escamotage fiscale e siano educatori di mestiere che si fanno pagare per le proprie prestazioni. Di fatto, a fronte del pullulare di educatori (migliaia, sono incalcolabili) gli educatori con permessi sanitari e una posizione fiscale da professionista in Italia si contano sulle dita di una mano. Mi viene da pensare che una buona soluzione alla crisi economica sarebbe che chi si proclama educatore cinofilo professionista ci paghi le tasse.
    Nel mio sito
    http://www.educane.com/formazione_educatore_cinofilo.htm
    ho scritto già da molto tempo cosa penso della situazione.
    Sinceramente sono convinta che di educatori improvvisati in giro ce ne siano davvero davvero troppi e che, nota fondamentale, tutte le scuole o ASD che sfornano “educatori cinofili professionisti” si preoccupino solo degli introiti senza contare che in economia la legge della domanda e dell’offerta deve sempre essere considerata. Tutti vogliono guadagnare sui ragazzini “appassionati di cani”, ma nessuno vuole investire sui proprietari che non sembrano essere consapevoli di avere bisogno di educatori.
    L’educatore non è un mestiere facile, non si può diventare educatori nè in pochi fine settimana, nè con 3 anni di laurea. Ci vuole esperienza (tanta), ma anche le capacità richieste per catalizzare l’attenzione dei proprietari e trasferire competenze, saper organizzare le lezioni…bisogna essere ottimi imprenditori di sè stessi. Volete le domeniche libere? Le ferie pagate? Non vi piace lavorare nel fango a meno tre gradi d’inverno e 30 d’estate? Volete essere tutelati se vi ammalate? Avete poca pazienza con le persone? NON fate gli educatori cinofili!
    Personalmente non so che consigli dare alle decine di persone che mi contattano ogni anno per chiedere come diventare educatori. Un percorso non esiste. Il consiglio che mi viene spontaneo è : non fare l’educatore, perchè ce ne sono davvero, davvero, davvero troppi.
    Anche a me ogni tanto viene voglia di cambiare mestiere, perchè svolgere un mestiere non tutelato, non considerato, che i più praticano per diletto è molto demotivante. Forse potrei darmi alla creazione di pupazzetti di pongo, sicuramente c’è meno concorrenza (ora mi attivo per cercare un corso professionale in formula week end per scultori di pongo…)

    • Livia, molto giusto. Professionalità significa anche inquadramento professionale corretto. In questi giorni, quando sento tutte le puttanate che propone il nostro governo per recuperare il “buco” creato in secoli di evasione e di furberie, mi viene da pensare: “Andate a beccare tutti gli allevatori-addestratori-educatori d’Italia che non hanno mai pagato un centesimo di tasse, e avrete risolto metà del problema”.
      Purtroppo è anche vero che il sistema fiscale italiano incoraggia i furbi e penalizza pesantemente chi furbo non vorrebbe essere: io ricordo ancora con terrore i bollettini dei vari INPS, INAIL e affini che si mangiavano praticamente tutto il mio microguadagno quando mi sono aperta il mio campetto e lavoravo quei 3-4 cani a trimestre…se ci fosse un modo più equo di inquadrare “i ragazzini appassionati di cani” che provano a fare un lavoro onesto in un mondo in cui lavoro non ce n’è più (e anche questo, forse, sta alla base dell’overdose di educatori, di corsi ecc. ecc.), forse la gente si educherebbe di più e meglio all’idea che le tasse è giusto pagarle. Solo che….quando vedi che tu ti fai il mazzo per riuscire a pagare solo quelle, mentre chi evade i miliardi diventa ministro (o presidente del consiglio), la voglia di essere corretto, sinceramente, un po’ ti passa.

  13. Ciao Valeria, è sempre un piacere leggere i tuoi scritti. La pungente ironia messa sempre al punto giusto tende a riequilibrare una situazione che sta volando alto e apparentemente fuori controllo.
    Appartengo alla categoria (ahimè!) dei vecchi educatori, cioè quelli che hanno iniziato nel tuo stesso periodo (non che voglia fare dell’ironia sulla tua età, me ne guardo bene) e ho sempre cercato di tenermi al passo con i tempi. Ho letto il libro di W. Campbell nel 1980 mentre seguivo le magie di un addestratore (non cattivo) andando da lui gratuitamente, aiutandolo nel suo lavoro per permettermi di “rubare” la sua conoscenza. Quel libro ha cambiato radicalmente la mia posizione rispetto all’addestramento e a quello che avevo visto e imparato. Da allora si sono susseguiti una serie di studi che sostenevano di essere la nuova verità in tema di cinofilia, ognuno di questi eventi contraddiceva il precedente e sembravano essere sempre più validi. Mi riferisco al behaviorismo, al cognitivismo, alla psicologia umana applicata al cane; mi riferisco anche ai differenti metodi che oggi rappresentano più che un motivo di incontro e di discussione finalizzato alla crescita, una serie di dottrine piene di dogmi che sembrano avere in tasca la soluzione preconfezionata a qualsiasi problema esprima un cane. Queste dottrine, come tu hai fatto ampiamente notare, si scontrano tra di loro come in preda ad un frenetico tentativo di affermazione e di sopraffazione sull’altra. Non sai quanto mi sia comportato male seguendo seminari e corsi di colleghi di cui non condividevo l’approccio, mettendo stupidamente in difficoltà il docente e non ho neanche la giustificazione dell’età perché ero già abbastanza grande per poter comprendere. Oggi capisco che ho sbagliato.
    Nei corsi di formazione ritengo che la prima cosa da insegnare agli “educatori in erba” sia il rispetto di tutto ciò che viene fatto in questo campo cercando di imparare cosa ci piace e cosa meno, in modo da essere in grado di riconoscere cosa scartare e cosa accettare di nuovo. Ogni metodo, ogni azione ha il suo doppio risvolto e l’abilità dell’educatore – rieducatore – istruttore – addestratore, consiste nel saper scegliere cosa suggerire, sia al cane sia all’uomo, di valido ed efficace per entrambi. L’etica è spesso oggetto di chiusure, i dogmi lo sono sempre, e a volte non si suggeriscono soluzioni efficaci perché contrarie ai principi “umani” che hanno formato il “professionista”.
    Potrei scrivere un articolo di cinque pagine su questo argomento, vedo in giro sempre più giovani educatori pieni di certezze, mentre più passa il tempo e più mi riempio di dubbi e perplessità. Lavorare con i cani (e non lavorare i cani) è cosa molto semplice, insegnargli “fai quello che voglio io!” con metodi gentili o tradizionali per un esperto non è certo un problema, quello che è difficile è trasferire quei semplici concetti a un essere umano che ha una sua storia, i cui comportamenti e atteggiamenti sono radicati in lui talmente profondamente che neanche i migliori Sigmund Freud o Carl Gustav Jung potrebbero riuscire a ottenere dei cambiamenti in meno di dieci anni (nel frattempo il cane si è suicidato o è passato nei libri neri delle ASL veterinarie come plurimorsicatore).
    Cosa è cambiato dai nostri tempi?
    Siamo cambiati noi umani, non i cani. Il cane è quell’animale che segue l’uomo ovunque da un polo all’altro della Terra passando per l’equatore, ovunque ci sia un assembramento di umani ci sono i cani. E questo da ventimila anni! Non è sufficiente per far capire che si può educare un cane senza farlo necessariamente “centripetare” o che se usiamo un collare (anche a strangolo) non siamo dei cinotorturatori, o che se un cane preferisce il collare alla pettorina non è necessario far passare un mese per farlo abituare per forza a qualcosa che non ama? I cani sono sopravissuti a situazioni ben peggiori di un collare. Quello che fa la nuova cinologia è trovare dei metodi che si adattano ai costumi del momento affinché un cane si comporti “come voglio io” nel modo più conveniente all’etica del momento. Ma il risultato è sempre quello: il cane si comporta “come voglio io” che è diverso da “come voleva mio nonno” ma comunque non è mai “come vuole lui”, quindi ogni educatore tradizionalista o gentilista si dovrebbe comunque definire coercitivo. Chi fa la differenza è quell’educatore che riesce a far sì che sia il cane, sia il suo proprietario trovino piacevole l’alternativa proposta.
    Per quanto riguarda le scuole di formazione credo che chi decida di intraprendere la strada dell’educazione cinofila debba aprire tutti i siti internet che contengono proposte di corsi, elaborare bene i contenuti, programmi e docenti per fare la scelta migliore. Quello che potrebbe fare il tuo giornale on line è di fornire più elementi possibili di valutazione dell’affidabilità di uno rispetto a un altro, offrire quindi strumenti neutri per comprendere a chi affidarsi. Compito assai arduo ma sicuramente alla portata del tuo portale.

    • Riccardo, c’è un solo caso in cui me la sentirei davvero di fare le “pagelle” dei corsi cinofili: quello in cui li avessi seguiti tutti.
      Poiché è oggettivamente impossibile, l’unica cosa che posso fare è accettare di pubblicizzare solo centri e corsi che mi diano un minimo di affidamento, perché conosco le persone interessate o perché conosco persone che li hanno frequentati. La soluzione che proponi tu è perfetta sulla carta, ma la vedo durissima da realizzare: perché se tu leggi i programmi online, a parte qualche clamorosa eccezione, TUTTI i corsi sembrano capaci di formare un professionista in un battibaleno, tutti sono tenuti da persone che adorano i cani e che mai si sognerebbero di specularci sopra, tutti fanno capo al nome famoso e così via.
      Ma anche se ci fosse davvero la possibilità di capire a priori come sarà effettivamente il corso… bisogna sempre considerare l’altra faccia della medaglia, e cioè l’allievo: perché se uno è un emerito imbecille, può frequentare anche il corso tenuto da Padre Pio: ne uscirà lo stesso senza aver capito una fava.
      La prima cosa che il mio portale vorrebbe fare è quella di far capire alla gente QUANTO sia difficile capire davvero i cani. E la primissima cosa che la gente dovrebbe imparare è l’umiltà: merce che ormai mi sembra sia diventata non rara, ma proprio introvabile.

      • Cara Valeria,
        mi riferivo a cosa, secondo te, è importante che un educatore neofita debba apprendere per poter iniziare questo percorso. È vero quanto dici che se ci affidiamo alla pubblicità compriamo la cacca per cioccolata, però c’è anche un modo di leggerla. I corsi da due week end non permettono a una persona che ha lavorato in banca di diventare un educatore cinofilo neanche se l’allievo è stradotato (se ci riesce è solo perché ha del talento e non sarebbe merito del corso mini toy)però credo che alcuni programmi siano più completi di altri, che alcune materie debbano essere trattate da docenti specifici (a mio avviso è poco affidabile un corso in cui alcune materie come veterinaria sono trattate dall’educatore e non dal medico). Comunque hai ragione non è facile fornire gli strumenti di cui parlavo e comunque non ti occupi solo di questo. Per contro io stesso non potrei suggerire niente perché sarei sicuramente di parte. Un saluto

        • Be’…il corso “tuo”, per esempio, è pubblicizzato su questa rivista.
          E’ il mio modo di dire “questo mi piace” 🙂
          Comunque proverò a scrivere qualcosa sul “come leggere” le varie proposte, dai.

  14. Mai lette tante verità in una volta 🙂
    E se posso aggiungere: Ora che vivo in Germania, ho conosciuto tutto un altro modo di approccio verso il cane, che mi ha fatto cambiare radicalmente il mio modo di pensare.
    Questo per dire che dopo 10 anni di esperienza nel mondo cinofilo educazione-agonismo, dopo una laurea in veterinaria- dopo un master in medicina comportamentale….ancora mi sento un’ignorante! 😉

  15. bellissimo articolo !
    spezzo una lancia a fovore dei corsi del Biancospino di 15 anni fa ( prima del business del diplomino comprato ) i corsi allora erano proprio cone scrivi che dovrebbero essere : diverse prospettive , diversi punti di vista e approcci .
    io ho cominciato a tenere corsi per educatori nel 2003 , e da allora ho diplomato solo 7 candidati . e qualcuno si è lamentato perchè bocciato “MALGRADO AVESSE PAGATO” !! ecco questo è quello che succede oggi in Italia . Il corso , e annesso attestato , si comprano , non sempre è chiaro , ma nella maggior parte dei casi … eirisultati purtroppo si vedono ..

    • Io l’ho frequentato pochi anni fa il corso da loro e devo dire che mi sono trovata molto bene. Ho avuto a che fare con diversi istruttori, ognuno con la propria opinione e nessuno, NESSUNO, ha gettato fango su un altro; anzi mi sono sorpresa della professionalità. Siamo usciti sapendo che avremmo dovuto avere una gran confusione perchè era necessario prendere il buono e il brutto da ogni tipo di approccio. Mi sono trovata male, solo con la parte di “gentilismo”..
      Per il resto quoto Luisa, con me c’erano persone che non erano assolutamente in grado nemmeno di tenere in mano nemmeno un guinzaglio eppure, l’esame lo passarono tutti. Fermorestando che quel che apparve contare molto fu una cosa: i soldi. Se ne hai molti farai strada, senò no. Agganci, appunto, e il Biancospino è un grande aggancio, ma fu chiaro a tutti che ci fosse qualcosa di più della bravura a contare li dentro.

  16. Ciao, diamine quanto scrivi.Comunque scrivi cose assennate.La mia prima ” coppia ” d’Agility era formata da un Border Collie stronzo e da una signora nè bella nè giovane nè simpatica, coppia che ha veramente vissuto con gioia l’Agility. Per inciso questa coppia era stata “messa da parte ” da uno dei Guru dell’Agility Lombarda………per i motivi che ho appena enunciato.Ciao e buon lavoro.

  17. Ciao Valeria, tanto per fare un esempio oggi ho appuntamento con una ragazza che col suo Cocker, volendo fare agility, si era rivolta a un istruttore con tanto di laurea breve, che dopo 4 mesi le ha gentilmente detto che siccome progrediva poco rapidamente Lui non aveva tempo da perdere in quanto doveva seguire binomi più promettenti (border collie).
    Questo è il professionismo!

  18. Ciao Valeria,
    mi sono letta fino all’ultima parola questo articolo, nonostante tu mi avessi risposto già ampiamente via e-mail. Mi è venuta però in mente una domanda di tipo pratico: laika è il mio primo cane, ma in famiglia cani ce ne sono sempre stati, adesso siamo a 4 per esempio, educati tutti da membri diversi della famiglia. Con laika riconosco di essere stata severa, ma non mi ubbidisce per terrore, anzi solitamente la prima cosa che emerge è che io con lei parlo, ma da cucciola le sgridate e le patacche sul sedere quando combinava dei disastri o non ubbidiva c’erano. Ora: quando si rientra nel metodo cattivo? Se dovessi descrivere il modo e il metodo con cui l’ho educata come avrei potuto educare un bambino piccolo, premiando i comportamenti positivi anche enfatizzandoli molto e sgridandola per i comportamenti negativi, ricordo che ad agility con un comportamento negativo ci si passava sopra e semplicemente si rifaceva l’esercizio, ma se il comportamento negativo implica un reale pericolo anzichè solo l’aver fatto male una zona o un tubo, quand’è che si rientra nelle cattive? (Spero di essermi spiegata, la mia necessità di ferie ultimamente mina anche la mia capacità di esprimermi).
    Grazie
    Pamela

    • Per punire un comportamento bisogna che chi ha sbagliato sia conscio che abbia sbagliato (ossia deve essergli stato insegnato in precedenza quale sia il comportamento corretto e ci sia preoccupati che questo sia stato appreso) …

      • Grazie mille della risposta McZook, ma non era quello che volevo sapere! 🙂 La risposta che mi hai dato tu è una cosa che conosco da quando ho iniziato ad avere relazioni con i cani, motivo per cui il meticcio di mio nonno ubbidiva a me (anche se ero piccola) e non a lui! 🙂 Ma grazie comunque della risposta! 🙂
        Pamela

    • Pamela, per me la risposta è molto semplice: si rientra nel “cattivo” quando si fa violenza sul cane, psicologica o fisica che sia. Ovviamente ci sono vari gradi anche per la “cattiveria”, ma io la ritengo tale quando causa un danno al cane (ovvero quando causa dolore, sempre fisico o psicologico che sia). Una sgridata, ma anche una pacca sul sedere, se sono “meritate”, ovvero se il cane sa perfettamente di aver sbagliato, non causano alcun dolore e lo si può vedere dall’espressione stessa del cane, che di solito ha proprio il fumetto con scritto “Ops, mi ha beccato”. La stessa sgridata, data ad capocchiam (senza motivo, o per un motivo che il cane non ha capito), lo mortificherebbe e gli farebbe “male” psichicamente.
      Io sono dell’idea che cani e bambini vadano premiati quando si comportano bene e puniti quando si comportano male, rimanendo sempre nei limiti della punizione data “per il loro bene”, mai sproporzionata e mai realmente “dolorosa”: insomma, il solito discorso di essere autorevoli ma non autoritari, coerenti, credibili e affidabili come educatori, ma non isterici né violenti.
      Il “metodo violento” è un’altra cosa: significa costringere il cane ad obbedire per evitare un dolore (anche intenso) ed è la cosa più bastarda che si possa fare a un essere vivente, perché crea un rapporto di sudditanza-schiavismo e non di amore e collaborazione.

      • Come al solito GRAZIE! Mi hai tolto un dubbio, solitamente mi metto in discussione di base e un episodio successo ormai da un anno e mezzo o forse più, mi ha fatto chiedere se davvero io non sia stata troppo severa con Laika. Non le ho mai causato dolore fisico, e lei mi ubbidisce in collaborazione, ragionando su quello che le chiedo e non per evitare una punizione, ha capito anche i pericoli (come le macchine o l’uscire dal cancello da sola, con una strada provinciale vicina) da cui ho sempre cercato di difenderla impartendole degli ordini e ormai di quelli mi posso preoccupare relativamente perchè li riconosce da sola. Però non mi sono mai tiranta indietro dal darle una patacca e sgridarla anche in pubblico cosa che mi riporta all’episodio: stavamo andando verso il negozio d’animali per prenderle le crocchette, stava uscendo un altro cane, e lei solitamente tranquilla, si è messa a tirare per raggiungerlo così appena mi è stato possibile l’ho fermata, l’ho sgridata dandole anche una patacca sul sedere, facendole vedere che ero particolarmente arrabbiata perchè era una cosa che non faceva più da tempo e quindi quel comportamento non me lo aspettavo da lei (conta che solitamente con lei riesco ad andare anche a fare le compere natalizie da tanto è brava in passeggiata). Le commesse del negozio mi hanno guardata esterrefatte per il fatto che l’ho sgridata e mi sono chiesta se nella loro carriera non avessero mai visto sgridare un cane che si comportava male o se io non avessi esagerato nello sgridarla. Grazie del chiarimento! 🙂

        • Prego, ma se posso essere un po’ stronza… quella punizione lì, in quel contesto lì, non mi piace. Perché farsi vedere “molto arrabbiati” quando il cane tira per andare da un altro cane può ingenerare un’associazione di idee indesiderata. Ovvero altrocane=patacca, o altrocane=cosabrutta. Questo giusto per rompere le palle, eh 🙂 …

          • Nessuna rottura di palle, come ti ho detto sono la prima a mettersi in discussione. Però la socializzazione è sempre stata incoraggiata, a parte gli altri 3 cani di casa, Laika è sempre stata portata in giro per giardinetti etc… proprio per avere relazioni con altri cani, quella punizione è stato un caso più unico che raro e infatti non ha mai fatto l’associazione altrocane=cosabrutta, anzi, quando vado in giro con lei metto sempre in conto di fare una strada nel doppio del tempo perchè si ferma con ogni cane (un po’ come la padrona con gli esseri umani in realtà 😉 )… Quindi il mio è stato più un esempio che altro, però si, continuo ad avere il dubbio di essere stata overreacting come si direbbe in inglese, in quella particolare occasione! Però la mia domanda andava oltre l’esempio specifico e mi hai chiarito parecchio le idee! 🙂

    • Spero tu nn voglia diventare educatore cinofilo, o almeno dalla prima riga io ho capito così. Perchè ciò che racconti su come hai educato il tuo cucciolo, nn ha nulla dell’educatore.

  19. *) già uno che forse e’ stato tuo compagno di scuola, tal Senofonte scrisse sui metodi di addestramento 🙂
    *) penso che la Gelmini abbia fatto calare la scure su Pisa (già si era pronunciato il governo Prodi nel 2007, se ricordo bene)
    *) fortunatamente io frequento persone migliori di quelle che hai descritto tu

    *) sull’ENCI ha scritto Claudia (finalmente molleranno le discipline non di ‘selezione’) … E l’educazione cinofila non c’entra nulla -IMHO- con l’ENTE

    *) Ultimo in ordine ma non per importanza, bell’articolo (taglio un po’ drastico, ma da parte dell’autrice :-*)

  20. Ti do una news di pochi mesi fa…ora l’enci ha aperto l’albo degli addestratori, suddiviso in diverse categorie a seconda se sia specializzati in sport cinofili caccia o bestiame…l’albo è consultabile on-line e da quanto ho capito è riconosciuto dal ministero delle politiche agricole, come anche i corsi per addestratori e figuranti indetti dall’enci…qualcosa si sta smuovendo! da che so io la triennale a pisa è stata sospesa, persone che conosco e l’hanno frequentata l’hanno definita poco utile. ciao ciao Cla

    • TACREC: è stata sospesa per via della contrazione dei corsi dovuti alle leggi fiscali e a tutto quell’ambaradan sulle università che è capitato lo scorso anno o giù di li. Oggi hanno riaperto il corso con un altro nome.
      L’ho frequentato per circa 2 anni ed era tutto meno che POCO utile !!!! purtroppo abito a to e andare a pisa 2-3 gg a sett dopo un po’ mi è diventato insostenibile..
      Notizia fresca: pare che anche l’uni vet di to abbia un corso analogo; appena ho ulteriori info vi dirò

  21. Applausi!!! Come sempre l’articolo è pieno di buon senso,semplicità di linguaggio,conoscenza autentica e,cosa rarissima,volontà di condividerla. Poi hahahahahahah “mirror climbing” tanto umorismo!!!! Valeria Guru Subito!!!!!!!

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