venerdì 29 Marzo 2024

Parliamo di Standard (parte prima)

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INTRODUZIONE
Chiunque si sia occupato di cani per un po’ di tempo si sarà trovato, prima o poi, a fare i conti con la «vacca sacra» della cinofilia: lo standard. Questa parola, abbreviazione di «standard di perfezione», spesso riferita come «standard di razza» non è altro che la descrizione – più o meno analitica – mediante l’uso di un gergo particolare, dell’aspetto (raramente si fa cenno al carattere) che dovrebbe presentare l’esemplare ideale di una determinata razza.

Quello che vogliamo fare in queste tre puntate è analizzare lo standard come «descrizione del tipo razziale» e cercare di comprenderne le varie componenti. Saranno argomenti della discussione l’origine e significato del termine «standard», l’evoluzione di tale concetto e le sue varie tipologie. Nelle prossime parti sarà invece analizzata la terminologia impiegata negli standard, le nozioni propedeutiche all’analisi dei suoi contenuti, l’utilizzazione che viene fatta degli standard e la prassi seguita nella redazione e nelle revisioni degli standard stessi.

Evoluzione del concetto

Il termine in uso «standard» è inglese e deriva dal francese antico «estendart» [stendardo]. Quest’ultimo deriva, a sua volta, dall’alto germanico antico «stantan-ort» sostantivo, in forma composta, che denomina il palo piantato in terra a cui viene fissato il vessillo di identificazione di un esercito.    Il concetto derivabile dall’etimologia è quindi: qualcosa che sta a fondamento di ciò che identifica, che rende riconoscibile.
I significati attribuiti al termine standard sono molteplici e variano a seconda del campo in cui viene utilizzato il termine. In campo biologico, viene considerato come l’insieme dei tratti somatici che identificano una razza; in campo zootecnico, come la descrizione dei caratteri etnici distintivi di una razza così come rilevati nei migliori individui della popolazione razziale; in cinognostica [disciplina che studia l’aspetto e la struttura delle razze canine], come la descrizione di un modello perfetto e ideale cui devono tendere i soggetti appartenenti a ciascuna razza.
Storicamente i primi ad introdurre il concetto di «standard» sono gli inglesi, come indirizzo per l’allevamento; ma, presto il metodo si estende a qualsiasi razza di animale allevabile e nei concorsi morfologici diventa il parametro con cui effettuare il giudizio.

Nella redazione o nelle successive modifiche di uno standard, possiamo avere due diversi approcci al problema della descrizione: uno scientifico e l’altro artistico. Se prendiamo come esempio la velocità possiamo esprimere le due diverse posizioni con questi esempi:

Quali sono le dimensioni corrette ed il corretto posizionamento delle ossa, dei muscoli, dei tendini e delle articolazioni in un Greyhound che produrranno la maggiore velocità?” (punto di vista scientifico)

Quale è la disposizione delle parti di un Greyhound che lo fa apparire veloce?” (punto di vista artistico)

Dal momento che l’aspetto potrebbe essere una illusione ottica, è meglio far conto su solidi fatti scientifici.

Tipologie di standard

Possiamo raggruppare i vari tipi di standard in due fondamentali categorie: gli standard «morfologici» e gli standard «operativi» (c.d. standard di lavoro).
Gli standard morfologici sono quelli che si occupano della razza dal punto di vista dell’anatomia e struttura, della morfologia e conformazione, dell’aspetto esteriore e dell’estetica.
Con l’aumentare dell’analisi di dettaglio, gli standard morfologici vengono suddivisi in sintetici, analitici, descrizioni dei caratteri etnici e commenti.

Gli standard morfologici sintetici sono, per lo più, gli standard inglesi, cosiddetti «a maglia larga», noti per contenere descrizioni molto generiche piuttosto lontane dal cosiddetto «ritratto tipo» (portrait-type), alla francese.
Gli allevatori inglesi hanno una lunga, ferrea tradizione di allevamento che sopperisce alle carenze dello standard. In altri termini se in un cane vi sono qualità o difetti non previsti nello standard, ma contenibili nella tradizione, i giudici inglesi ne tengono conto. Può accadere però, che per completare le carenze di standard, persone meno esperte diano le più contrastanti interpretazioni.


Gli standard morfologici analitici sono costituiti dagli standard francesi, olandesi, svizzeri, tedeschi ed anche statunitensi, che sono molto più analitici di quelli inglesi (soprattutto gli standard tedeschi). Non sempre sono tecnicamente ineccepibili e circostanziati. Molti di loro sono piuttosto vecchi, l’approccio è di tipo empirico e sono formulati con terminologie ippologiche.
Per le razze a cui fanno capo questi standard la tradizione vale più del contenuto. In molti casi i migliori soggetti nel corso della selezione sono stati ottenuti più sulla base della tradizione sviluppatasi gradatamente fra gli allevatori e i giudici che sui testi degli standard, scritto spesso in lingua arcaica e spesso infarciti di vocaboli dialettali.


Le descrizioni dei caratteri etnici sono, per lo più, standard italiani. Molto dettagliati e meticolosi rappresentando il «ritratto-tipo» della razza (portrait-type) voluto dalla scuola zoognostica francese. In essi ogni regione e sottoregione del corpo, ogni rapporto fra le singole parti architettoniche, è descritto con la massima accuratezza. Questi standard italiani, potremo definirli «a maglia stretta». Le consuete allocuzioni di cui sono pieni gli standard esteri, come ad esempio «di buona lunghezza», «lungo», «corto», «né lungo né corto», termini impropri ed empirici, sono scarsamente utilizzati negli standard italiani. Gli standard italiani, specie i più particolareggiati, fanno apparire le razze come entità statiche e non in evoluzione. Spesso gli standard italiani racchiudono sia lo standard vero e proprio che il suo commento. Questo approccio viene motivato con la massima utilità per l’allevatore ed il giudice.

Nella descrizione e valutazione dei caratteri etnici ci si può attenere o alle medie statistiche delle componenti biometriche oppure alle medie dei soggetti di più alto valore nell’ambito della popolazione. Il compilatore di uno standard spesso ha un occhio rivolto anche al futuro e si prefigge un modello migliorato rispetto ai prototipi del momento.
Nel 1934 il Congresso Cinologico Mondiale di Monaco stabilì delle regole fisse nella descrizione delle caratteristiche etniche delle razze canine a cui i paesi federati si sarebbero dovuti adeguare. La commissione era presideuta da Senac-Lagrange; componenti: Solaro, Herout e Huge. Questo l’intervento dei commissari, derivato dalla cronaca del tempo:

«En 1934, au Congrès Cynologique Mondial de Monaco, s’élevant contre l’imprécision des standards, le professeur Solaro (Italie), monsieur Huge (Belgique ) et le docteur vétérinaire Herout (France) faisaient admettre, concernant le standard type, le voeu suivant:
“A I’effet de permettre aux organismes réunis à Monaco, dans le but:
– de donner des directives aux éleveurs,
– de fixer les limites entre lesquelles la conformation d’un chien peut varier,
– de réduire au minimum l’amplitude des oscillations d’une race,
nous demandons que des mensurations d’ordre essentiel (d’un point osseux à un autre point osseux) du prototype de chaque race, soient indiquées dans le standard.
Estimant que les mensurations sont le complément indispensable d’un standard, nous émettons le voeu que tous les champions soient mesurés.”»

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