di VITTORIA PEYRANI – Quella che segue è una storia vera. E’ la storia di un percorso, a volte difficile, frustrante e tortuoso, altre volte struggente e profondo, compiuto da una persona e dal suo cane. Quella persona sono io, cinofila, studiosa del comportamento sociale dei canidi, affascinata dall’incontro tra mondi e modi di percepire diversi. Il cane è la mia Abigail, cucciola di Kurzhaar cresciuta dall’uomo e da me adottata a poco più di un mese di vita.
Quando espressi l’intenzione di adottare un altro cane, ci fu una pioggia di link e di mail per segnalarmi casi bisognosi di una casa. Avevo da poco perso due dei miei cani nell’arco di pochi mesi e ritenevo fosse arrivato il momento di introdurre un nuovo elemento nel mio branco, formato da due rottweiler, maschio e femmina, ed una pechinese.
La morte di Aaron, il mio paziente e paterno cane corso, e di Aysha che era stata la leader tra i miei cani, aveva destabilizzato il gruppo, ed in particolare Leonore, la mia rott, che ormai senza punti di riferimento sicuri, manifestava ansia alternata a depressione.
Sebbene formare un gruppo di cani che vivono nella stessa casa sia un modo artificiale di formare un branco, visto che non vengono seguiti criteri di consanguineità, di meritocrazia o di funzionalità nella scelta dei soggetti che lo compongono (come farebbero i cani), ritengo che nella familiarità con dei loro simili, i cani possano soddisfare il proprio bisogno di socialità, insito nella loro specie.
Proprio come un branco naturale i cani conviventi stabiliscono ruoli, funzioni ed una gerarchia, parlano un linguaggio comune fatto di anticipazione di eventi e abitudini condivise, si muovono tutti insieme nei momenti di attività ed i quelli si riposo, hanno un senso di appartenenza.
Leonore aveva bisogno di crescere: finchè c’era Aysha aveva ricoperto il ruolo di subalterna ed era rimasta ad uno stadio un po’ infantile di comportamento. Ora desideravo darle qualche responsabilità in più ed una giovane compagna di giochi poteva essere un occasione per lei di ricoprire un ruolo diverso.
Così decisi di adottare un altro cane che doveva essere una femmina, doveva essere giovane e di dimensioni idonee al gioco fisico dei rottweiler.
Come sempre succede in questi casi, i miei criteri di scelta calzavano un numero enorme di possibilità, e scegliere era davvero difficile. Così lasciai fare all’istinto: scorrevo fotografie ed inserzioni, finchè… bum! Colpo di fulmine!
Mi trovai a guardare e riguardare quella foto, quella buffa espressione, quello sguardo impertinente… era uno dei cuccioli più belli che io avessi mai visto. Telefonai al riferimento dell’inserzione e scoprii che in realtà i cuccioli erano sette, trovati nel cassonetto a circa una settimana di vita e per questo allevati con il biberon da una volontaria che li aveva in custodia a casa sua. Una volta svezzati, i cuccioli sarebbero però dovuti essere riconsegnati al canile di competenza. Tutti loro avevano già aspiranti proprietari in lista d’attesa per l’adozione, che sarebbe avvenuta non prima di un mese, vista la tenera età dei piccoli e la legittima volontà della persona che li aveva in affido, di tenerli insieme il più possibile.
Invece, quando si dice che il destino ci mette lo zampino, pochi giorni dopo ero in viaggio per andarmi a prendere la mia cucciola. Proprio quella della foto.
Per tutto un insieme di problemi burocratici, problemi personali della volontaria che li aveva allevati, nonché lo scoppiare di un’epidemia di cimurro alla quale i cuccioli rischiavano di essere esposti, l’adozione era diventata urgente ed immediata.
La casa della persona che li aveva allevati e che aveva svolto il ruolo di sostituto materno per i piccoli, era popolata da altri cani adulti ed anche da un paio di gatti: questo particolare ha costituito probabilmente un elemento importante di salvezza.
Chi compra un cane da un allevatore serio si sente dire che il cucciolo non può essere ceduto prima dei due – tre mesi di età. Questo per consentire il compiersi di un processo di apprendimento fondamentale per la formazione del carattere del cane che si chiama “socializzazione primaria”.
Cuccioli che viceversa vengono ceduti prima dei 60 giorni, che vengono abbandonati, o che restano orfani (cosa che tragicamente avviene più spesso proprio per quelli che finiscono nei rifugi o nei canili), rischiano di sviluppare seri problemi comportamentali.
“Non disciplinati” è l’esatto stato di questi cuccioli, cresciuti senza madre.
Nelle prime settimane di vita la cagna svolge un ruolo fondamentale nell’insegnare ai cuccioli i presupposti della vita sociale. Ciò avviene attraverso l’inibizione del morso, il controllo degli impulsi e la gerarchia alimentare.
Quando, intorno alle tre settimane di vita, i compagni di figliata iniziano ad interagire tra loro, non dosano la forza del loro morso: afferrano e strappano tutto ciò che hanno a portata di bocca. Il guaito del cucciolo colpito stimola la madre ad intervenire, redarguendo e bloccando l’aggressore. In seguito il guaito da solo funge da segnale inibitore ed il cucciolo lascia la presa. L’inibizione del morso è un apprendimento fondamentale nelle interazioni tra conspecifici, permettendo il gioco e insegnando la discriminazione dei segnali di sottomissione, ma anche nel rapporto con l’essere umano.
La cagna insegna ai cuccioli che non sempre ciò che si desidera può essere ottenuto: durante lo svezzamento i continui tentativi di attaccarsi alle mammelle per poppare vengono scoraggiati e presto i piccoli imparano che il ringhio vuol dire “NO”.
Nello stesso tempo, i cuccioli apprendono la gerarchia alimentare, in cui gli adulti (in genere la cagna, ma anche il maschio adulto) impongono loro di aspettare il loro turno per mangiare dalla ciotola.
I sette piccoli unni che osservavo scorazzare senza sosta il giorno dell’adozione, non avevano avuto nessuno di questi insegnamenti fondamentali. Erano stati allevati amorevolmente da un essere umano ed erano sanissimi da un punto di vista sanitario, convivevano con tre cani adulti (i cani della volontaria che si occupava di loro) e con un paio di gatti, cosa che ha indubbiamente aiutato,
ed erano inseriti in un contesto che offriva loro un vasto repertorio di stimolazioni sensoriali, altrettanto necessarie alla sana crescita psicologica dei piccoli.
Il rapporto materno svolge anche la fondamentale funzione di identificazione con la propria specie: pare infatti che il cucciolo non nasca con la consapevolezza di essere un cane, ma che lo impari tramite il riconoscimento della madre ed il legame affettivo che sviluppa con lei. Tuttavia, se il cucciolo orfano ha degli incontri costanti con altri cani nell’età della socializzazione, ha la possibilità di recuperare nel rapporto intraspecifico e nel processo di identificazione.
Nel momento stesso in cui sono montata in macchina per andare a prendere quello che da quel giorno sarebbe diventato il mio cane, sapevo che stavo andando incontro a dei rischi, e mi domandavo quante persone, che accolgono in casa un cucciolo con una storia simile, sappiano di cosa si tratti.
Non è facile distinguere il normale comportamento esuberante ed eccitato di un cucciolo dai segnali di problemi comportamentali, che rischiano poi di compromettere l’intero rapporto.
Seppi in quella sede che si trattava di una cucciolata di bracchi tedeschi puri, il cui temperamento è già di per sé eccitabile ed attivo.
Era arrivato il momento di scegliere uno dei cuccioli: tutti tenerissimi, molto socievoli, pressoché identici nell’aspetto esteriore, sciamavano da una parte all’altra aggredendo ora una pianta, ora il divano.
Ma il mio occhio era stato colpito da una cucciola in particolare: quella che non si era fermata mai, neanche un istante, quella sempre in prima linea, interessata a mille cose. Presi in braccio il mio cane e per la prima volta la guardai negli occhi: ricambiò il mio sguardo abbassando le ciglia su quegli incredibili occhi verdi. Mentre dicevo “E’ lei. Questa è Abigail” sapevo che il legame affettivo era appena cominciato, e che insieme avremmo affrontato un destino di incognite.
quando la seconda parte? … per ora non è indisciplinata… 😉
E’ una storia a puntate: e indisciplinata lo diventa, lo diventa…non sai “quanto” lo diventa! 🙂
é proprio questa la paura che forse blocca tanti (chi conosce questo rischio) nell’adozione di un cucciolo al canile…cucciolo di cui non si conosce la storia, le vicessitudini, le paure…
Mentre quanti guai…e quanti cuccioli che poi al canile ci ritornano proprio perchè finiscono in mani inconsapevoli ed inesperte…….
Quoto, un’amica tempo fa mi disse: “Sai che abbiamo preso un cane? Solo che mio papà l’ha portato indietro perchè portava in giro per il giardino le ciabatte”.
E magari a te che leggi migliaia di saggi per capirci qualcosa e che sei pronta ai rischi che comporta avere un cane non è nemmeno permesso portartelo a casa causa genitori/marito/moglie cinofoba…