domenica 26 Gennaio 2025

Storia a puntate dell’educazione-addestramento cinofilo in Italia… vista da me – Parte III

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Valeria Rossi
Valeria Rossi
Savonese, annata ‘53, cinofila da sempre e innamorata di tutta la natura, ha allevato per 25 anni (prima pastori tedeschi e poi siberian husky, con l'affisso "di Ferranietta") e addestrato cani, soprattutto da utilità e difesa. Si è occupata a lungo di cani con problemi comportamentali (in particolare aggressività). E' autrice di più di cento libri cinofili, ha curato la serie televisiva "I fedeli amici dell'uomo" ed è stata conduttrice del programma TV "Ti presento il cane", che ha preso il nome proprio da quella che era la sua rivista cartacea e che oggi è diventata una rivista online. Per diversi anni non ha più lavorato con i cani, mettendo a disposizione la propria esperienza solo attraverso questo sito e, occasionalmente, nel corso di stage e seminari. Ha tenuto diverse docenze in corsi ENCI ed ha collaborato alla stesura del corso per educatori cinofili del Centro Europeo di Formazione (riconosciuto ENCI-FCI), era inoltre professionista certificato FCC. A settembre 2013, non resistendo al "richiamo della foresta" (e soprattutto avendo trovato un campo in cui si lavorava in perfetta armonia con i suoi principi e metodi) era tornata ad occuparsi di addestramento presso il gruppo cinofilo Debù (www.gruppodebu.it) di Carignano (TO). Ci ha lasciato prematuramente nel maggio del 2016, ma i suoi scritti continuano a essere un punto di riferimento per molti neofiti e appassionati di cinofilia.

di VALERIA ROSSI – PREMESSA: “vista da me” non significa, ovviamente, che questa sia una storia inventata o “interpretata” solo dal mio punto di vista. Significa  che è il modo in cui l’ho vissuta e in cui l’ho “sentita” io:  perché, oltre alla cronistoria dei fatti, scriverò anche quelle che sono state le mie personali sensazioni in merito. Chiunque avesse una visione diversa della storia ha ampio diritto di replica.

Anni 2000 (seguito)

L’inizio degli anni 2000, oltre a vedere i primi approcci zooantropologici alla cinofilia, vede emergere la necessità di creare un’alternativa all’ENCI per quanto riguarda la gestione di tutta la parte dell’educazione e dell’addestramento che non sia prettamente cinotecnica (perché all’ENCI solo quella può  interessare, proprio statutariamente).
Nasce così, in primis (2002), l’APNEC (Associazione Professionale Nazionale Educatori Cinofili), che intende darsi un ruolo istituzionale ben preciso.
Copincollo dal sito: “Costituitasi secondo le direttive dell’Unione Europea e nel rispetto di quanto stabilito dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, è l’ unica del settore iscritta al COLAP e censita dal CNEL, ed è in regola con la complessa documentazione richiesta dal Ministero della Giustizia ai fini del riconoscimento quale associazione rappresentativa a livello nazionale“.
Inizialmente gli educatori si fiondano tutti lì e vengono più o meno accettati tutti, giovani e vecchi, bravi e meno bravi, esperti e novellini.
D’altronde è normale, bisogna “far numero” e diventare una realtà concreta.
L’operazione riesce fino a un certo punto, perché i numeri indubbiamente ci sono… ma anche all’interno del comparto “gentilista” non è che tutti vedano la cinofilia nello stesso modo.
Sono casualmente presente in prima persona, in veste giornalistica, ad un Congresso Nazionale nel quale il Presidente Maurizio Dionigi (oggi dimissionario, proprio da pochi giorni) fa una presentazione all’insegna della Grande Famiglia in cui tutti si amano e si rispettano…dopodiché  uno dei fondatori storici, Luigi Polverini, si alza, sbraita improperi di vario genere e si dimette sbattendo (molto) platealmente la porta. Al di là dell’aneddoto tragicomico, sono le prime avvisaglie del fatto che un’unica Associazione non riesca a mettere d’accordo tutti (e quando mai, in Italia?).
E infatti, da quel momento in poi, il settore “educatori” esplode letteralmente e cominciano a nascere nuove sigle ogni qualvolta un gruppetto di stacca dalla/dalle sigla/e precedenti. Ovvero, ogni cinque minuti circa.Diventa impossibile seguirle tutte, e infatti io non ci provo neppure più.
Ricordo Cani e Cultura, l’associazione fondata dallo stesso Polverini dopo l’uscita da APNEC; poi lo CSEN, nato nel 2004, dal quale si staccherà in seguito la FICSS (Federazione Italiana Cinofilia Sport e Soccorso), che – attenzione! – è cosa diversa dalla FISC (Federazione Italiana Sport Cinofili), legata invece al Centro Nazionale Sportivo Libertas, organo riconosciuto dal CONI.
Ci manca solo PDOR, figlio di KMER e poi sembrerebbe di stare a pieno titolo in uno sketch di Aldo, Giovanni e Giacomo. Oltre, naturalmente, a tutti i Club e le associazioni che non hanno etichette nazionali, ma che gravitano intorno ad una singola figura: mi vengono in mente, così su due piedi, il Centro Studi del Cane di Luca Rossi, la Scuola Cinofila Viridea di Eleonora Mentaschi… ognuna con la propria struttura -a volte anche molto “scenografica” –  e la propria filosofia (che in alcuni casi varia a seconda di come tira al vento, in altri no).Se pensiamo che fino a cinque anni prima esisteva solo l’ENCI (che peraltro formava esclusivamente “figuranti ufficiali”, e mai si era posto il problema di codificare e/o qualificare in qualche modo la figura dell’ “educatore”, nonostante il proliferare dei corsi ne sfornasse a tambur battente), ci si può rendere conto del caos galattico in cui si doveva ritrovare di colpo la nostra cinofilia, passata da zero a mille in tempo zero o quasi. Purtroppo si può anche avere un’idea di quanto il nostro Ente ministeriale sia sempre al passo con i tempi.
L’ENCI, infatti,  si sarebbe svegliato solo nel 2006, nominando per la prima volta l'”educatore cinofilo” nel corso di un convegno in quel di Pisa. Dal resoconto si legge che “esiste una realtà nuova, in forte espansione, costituita dall’educazione dei cani, spesso non di razza, che condividono la vita delle nostre famiglie e per i quali è sempre più richiesto l’intervento qualificato dell’istruttore che sia in grado di accompagnare i proprietari alla scoperta delle potenzialità del proprio animale“.
Ripeto: è il 2006, l’APNEC esiste da quattro anni (e ha già millemila soci, ha già fatto corsi di vari livelli e aperto sedi in tutte le regioni italiane)… e l’ENCI parla di una “realtà nuova”.  Buongiorrrrrrrrrrrrrrrnoooooo!
L’unica vera realtà è che l’ENCI ha già perso il treno: un treno che tenterà di recuperare affannosamente istituendo, infine (nel 2011!) il “Disciplinare degli Addestratori Cinofili”.
Oggi l’ENCI organizza corsi per educatori (si fa per dire: diciamo che mette il suo “bollino blu” su corsi esistenti già da anni, organizzati da associazioni e Club vari), ai quali però dà la qualifica di “addestratori”.
Leggere l’elenco dei corsi (che trovate a questo link) è illuminante. Infatti:
a) tra gli organizzatori di questi corsi brillano come stelle i nomi di centri e Club vari che si sono sempre vantati di formare “educatori” (buoni) e non “addestratori” (brutti, cattivi, coercitivi, non rispettosi dei cani ecc. ecc., vedi puntate precedenti). Ma pur di prendere il “bollino blu” dell’ENCI, evidentemente, si fa finta di nulla e non ci si tiene più granché a questa distinzione sulla quale ci siamo scannati tutti per anni;
b) i corsi sono di un’omogeneità veramente notevole: si va dai tre mesi all’anno di durata, per esempio. Se poi si ha la pazienza di andarsi a spulciare un po’ di programmi, si potrà notare che anche i contenuti in certi casi hanno distanze abissali. Insomma, il “marchio ENCI” non identifica assolutamente nulla di preciso: né i tempi, né i modi, né la filosofia o la qualità. Ultimamente l’ENCI ha riconosciuto anche un corso per educatori cinofili per corrispondenza.

Se questo è il panorama, diciamo così, “politico” (che riesce ad essere più caotico di quello della politica vera: il  che è tutto dire, in questo Paese), il panorama, diciamo così, “culturale” riesce ad essere ancora più confuso.
C’è ancora da rimarcare che nel 2003 era esploso il “caso cani pericolosi”: due pit bull aggredirono una signora, il giornalismo becero ci si fiondò sopra perché non stava succedendo nient’altro, l’opinione pubblica insorse e il caso divenne politico. Se ne saltò fuori, così, l’allora ministro Sirchia con le ridicole  “liste nere” e con la clamorosa puttanata di considerare gli attacchi dell’UD come “addestramento dell’aggressività”. E i gentilbuonisti, anziché correre in difesa dei CANI (perché erano loro, i veri bersagli: la prima ordinanza Sirchia si rischiava di far estinguere un buon centinaio di razze!), cavalcarono la tigre e ne approfittarono per tentare di dare il colpo di grazia agli addestratori: e questa, davvero, non gliel’ho mai perdonata.
A fare ricorso contro l’ordinanza Sirchia fummo quattro gatti autotassati, ma non ci fu un singolo educatore che ci mettesse un centesimo: il che per me, la disse lunga su quanto questi signori amassero davvero i cani.
Ma quella ormai è acqua passata, non parliamone più.Arriviamo intorno al 2006-2007, quando inizia la gara “a chi è più gentile dell’altro”: e anche a chi trova i nomi più innovativi, le sigle più accattivanti, le terminologie più originali, insomma tutto ciò che può stupire con effetti speciali.
Il buon, vecchio “metodo gentile” vien surclassato prima dalla zooantropologia fine a se stessa, poi dal cognitivismo zooantropologico.
I normali “gentilisti” di stampo skinneriano rischiano di finire nel dimenticatoio come gli ormai obsoleti addestratori “tradizionali”, che da un lato sembrerebbero estinti, ma dall’altro vengono continuamente tirati in ballo come termine di paragone negativo.
Solo che, se un tempo c’erano solo i gentilisti a dire “loro cattivi-noi buoni” (ed era facile anche per le Sciuremarie schierarsi da una parte o dall’altra), adesso l’andazzo è un po’ questo:
Addestratori = cattivissimi, punto e stop. Gentilisti = non proprio cattivi, ma ampiamente superati.  Zooantropologi cognitivisti = cominciamo ad andare benino (anche perché Marchesini rimane il Guru per antonomasia), però attenzione! Si può andare oltre!  E infatti troviamo, per esempio,  l’addestramento olistico (guru: Mauro Cantarelli), molto più buonista del CZ.
E  del metodo etopsicocinologico di Giovanni Padrone, ne vogliamo parlare?
Giovanni è una persona che sono arrivata a stimare, dopo un clamoroso scanno iniziale  (e non è neanche il solo, in campo “nemico”): ma l’etopsicocinologia, pietà!!! Fa veramente troppo supercazzola con lo scappellamento a destra, come se fosse Antani!
Eppure l’andazzo è questo, e non ci sono più freni.
Ai cani non si parla più, si sussurra (peccato che poi il dog whisperer per eccellenza sia diventato Cesar Millan, rovinando tutto l’effetto). Ma se tu sussurri, allora io bisbiglio.
Ah, tu bisbigli? E allora io, col cane, ci parlo telepaticamente!  (e se pensate che stia scherzando…date un’occhiata a questo link).
Inutile dire che di nuovi “metodi” veri e propri, in tutto questo bailamme, non ce n’è neanche uno. Nuove tecniche, nuovi esercizi, nuove applicazioni del cane… non se ne vedono proprio.
Questo non perché i vari Guru, sottoGuru & C. siano degli imbecilli: ma perché, intanto che la cinofilia di scapicollava verso nuovi ed infiniti orizzonti… i cani  rimanevano cani. Quelli di prima. Quelli di sempre.
Non c’è modo di cambiarne la natura, né l’essenza.
Certo, puoi giocare sull’approccio (di quello puoi parlare per settimane ed incantare il pubblico trasudando letteralmente amore, rispetto, cooperazione, empatia. E chi può dirti nulla? E’ filosofia pura!).
Puoi giocare sui termini e parlare di “centripetazione” anziché di “attenzione”, di “prossemica” anziché di “distanze sociali”, di “indicazioni educative” anziché di comandi, di “arousal” anziché di recettività, attivazione e temperamento (arousal in effetti piace anche a me, perché racchiude una serie di concetti che prima dovevano essere espressi con un insieme di termini diversi. Peccato che, se lo usi al di fuori del giro strettamente cinofilo, la Sciuramaria ti guardi con gli occhi a palla e pensi “EH?!?”).
Puoi chiedere al tuo cane di fare un normalissimo riporto e quando arriva puoi dirgli “grazie”, anziché “bravo tatoneeeee!”.
Per carità, fa scena.
Ma i cani son sempre quelli.  E le cose che possono fare, gira e rigira, son sempre quelle.
Sì, le puoi cammuffare da qualcos’altro, con un po’ di fantasia e di furbizia: e le Sciuremarie ci cascano con tutte le scarpe. Vedono il cane che balla, o che imita i gesti del conduttore, e restano a bocca aperta. Loro.
Invece l’addetto ai lavori pensa: “Toh, carino: sì, si può fare con lo shaping. Ah, simpatica, l’obedience a suon di musica!  Ma quel cane lì così scattante ed entusiasta, non è che sia stato chiuso in kennel per due giorni?”Perché alla fine le tecniche, quelle pratiche, sono sempre le stesse: e le scelte sono le stesse di cinquant’anni fa. O lavori con le buone, o lavori con le cattive. O lavori sul rapporto, o lavori con le esche (bocconcini, giochini, palline). O usi certi strumenti, o ne usi altri (ma anche quelli sono gli stessi di sempre: al massimo un po’ rimodernati nel look. Dopo lo scanno collare a strangolo vs collare fisso nasce il nuovo scanno collare vs pettorina… ma ormai il giochetto ha stufato e si tende a dire “ma mettigli un po’ quello che ti pare, eh?”.
Tutto il resto è business, marketing, imprenditoria.
Di veramente nuovo e diverso, non c’è niente di niente (escluso forse il chiedersi “Perché mai un cane dovrebbe obbedirmi quando lo chiamo?”. Ma lì stiamo proprio su un altro pianeta, al di fuori della mia comprensione: quindi non mi cimento neppure nella discussione).In questo gran bailamme, l’unico a mantenersi una spanna sopra il resto sembra essere ancora Roberto Marchesini, che nel frattempo si è fatto l’associazione sua  (la SIUA: Scuola di Interazione Uomo Animale) e che in realtà, con la sua zooantropologia (che non ha inventato, ma che ha avuto la geniale idea di applicare in modo particolarmente accattivante al rapporto col cane), è stato indubbiamente l’ispiratore di tutto il resto.
Del mio primo impatto con la zooantropologia ho già parlato nella seconda puntata.

Lo confesso: anch’io, a volte, uso in tono umoristico/sarcastico il termine “cinofilosofia”. Ma non sempre, e non solo. Perché in realtà “cinofilosofia” è un termine assai pertinente anche quando si parla sul serio, e senza prendere in giro nessuno, delle recenti teorie che ruotano intorno alla cinofilia.
Perchè si tratta proprio di filosofia: amore per la sapienza e conoscenza (e mica per il pragmatismo). Insomma, in poche parole:  teorie e principi, ma niente pratica.
Su questo punto torneremo in seguito: intanto, dopo essermi letta i primi libri di Marchesini, io mi interessai anche alla sua ulteriore evoluzione, ovvero al cognitivismo zooantropologico, abbreviato in CZ.
E la mia domanda numero uno era, ovviamente: che caspita significa?!?
Cioè: che cos’era il cognitivismo, in psicologia umana,  più o meno lo sapevo. Ma come si applicasse alla cinofilia, mi interessava proprio scoprirlo.Non trovando, all’epoca, testi specifici su questo tema (almeno, non in italiano: e una mia clamorosa lacuna è quella di non conoscere altre lingue, a parte un inglese MOLTO vago), potei solo chiedere lumi a chi già allora diceva di seguire questo approccio (che a volte veniva definito anche “metodo”: ma per me un metodo è  un insieme di regole e di tecniche volte a raggiungere un risultato…e il risultato pratico, in tutto questo, non riuscivo a vederlo).
Tutto ciò che riuscii a scoprire, parlando con i proto-educatori  CZ, fu che si stava fondendo l’approccio zooantropologico con, appunto, il cognitivismo, allo scopo di superare il behaviourismo.
Eh, lo so che può suonare cinoegizio: ma in realtà è soltanto il linguaggio della psicologia umano.
Infatti il cognitivismo: a) era nato negli anni ’60, con Neisser; b) non era mai stato riferito alla psicologia animale, ma soltanto a quella umana. Per questo la prima cosa che mi chiesi  (e che mi chiedo tuttora) fu come fosse possibile lavorare sulla psiche di un cane considerandola alla stessa stregua di quella umana.
Girata la domanda ai neo-cognitivisti, mi venne risposto (anche piuttosto seccamente) che lo scopo era appunto quello di andare oltre la convinzione che il  cane fosse schiavo dei propri istinti, che non fosse in grado di ragionare e che si potesse ottenere qualcosa da lui solo attraverso il condizionamento (inteso come condizionamento classico, o pavloviano, dai behaviouristi del primo Novecento, a partire da  Watson; e come condizionamento operante secondo i  neobehaviouristi, datati intorno agli anni ’50, che facevano capo proprio a Skinner:  sì, sempre lui, proprio quello che ha ispirato il metodo gentile).
Insomma, il succo era questo: il cane doveva essere visto non più come “oggetto” più o meno utile, ma come “soggetto” capace di pensieri ed emozioni. Il tutto veniva poi inserito nel concetto di “reciproca collaborazione” (per dirla in parole poverissime) che sta alla base della zooantropologia.
Ancora una volta, pensai tra me e me che non ci fosse assolutamente nulla di nuovo sotto il sole, esclusi i termini sempre più scientifici e a volte davvero astrusi.
Del fatto che i cani ragionassero, infatti,  io ne ero assolutamente convinta da sempre (basta viverci un po’ assieme: dopo le prime due volte che ti prendono per il naso, spesso trovando soluzioni geniali… o te ne convinci, oppure il deficiente sei tu).
Quanto al behaviourismo, era stato superato ormai da decenni dal comparto professionale.
Certo, c’erano ancora alcuni macellai (e devo dire con molta tristezza, avendo io allevato pastori tedeschi, che erano quasi tutti raggruppati in ambito SAS) che ritenevano i cani degli utili idioti; c’erano, ovviamente  le Sciuremarie che mettevano i musi nella pipì e i Sciumario che “facevano vedere al cane chi comandava” (e questi, purtroppo, sarà difficili farli estinguere)… ma tutto questo era ormai lontanissimo dal mondo degli addetti ai lavori, che erano passati praticamente in massa – e ormai da decenni – dal behaviourismo alla eco-etologia… ma evidentemente senza che nessuno se ne accorgesse, perché le guerre di religione avevano eretto un muro tale per cui ogni comunicazione tra “educatori” e “addestratori” era ormai diventata nulla (e se c’era, era esclusivamente a base di insulti reciproci).

Sentendo/leggendo che si doveva “dare più responsabilità al cane”, “fargli trovare soluzioni”, “allargarne la mente” eccetera (in termini sempre più enfatizzati), io temetti, all’epoca, che ci fosse il serio rischio di passare dalla zooantropologia alla zooantropoformizzazione: ovvero di considerare il cane sempre meno “cane” e sempre più “uomo”… ma trattandolo, per forza di cose, o come un bambino di due anni – perché il cervello del cane ha all’incirca quelle potenzialità lì – o peggio ancora, come un minus habens.
Solo che il cane non è né un sottosviluppato mentale, né un bambino: è un cane!
E la psicologia umana, a cui ci si riferiva sempre più spesso, non era a misura di cane.
Nonostante queste riflessioni mi preoccupassero (e non poco), feci però altre due considerazioni:
a) quello che era scontato per me (e per gli altri addetti ai lavori) non lo era altrettanto per il grande pubblico, ancora pieno zeppo di  teorie alla “ficcagli due calci in culo, così capisce chi comanda”;
b) quello che era scontato per noi non era MAI stato scontato per tutti coloro che nel cane, anziché un compagno,  vedevano prima di tutto uno “strumento” per raggiungere uno scopo.
Atteggiamento che personalmente trovo aberrante e del quale sono sempre stati accusati i cacciatori (non a torto), ma che è sempre stato altrettanto diffuso tra chi faceva agonismo cinofilo (in tutte le discipline, nessuna esclusa: con i gentilisti ampiamente compresi!) e soprattutto da chi lavorava nel campo delle applicazioni utilitaristiche.
Perché nessuno pensa mai, e sicuramente pochi sanno, che tra i cani più strumentalizzati in assoluto ci sono i cani-guida per non vedenti (il cui addestramento è estremamente coercitivo: ma nessuno lo sa perché è difficilissimo accedere ai campi scuola, se non in occasione delle classiche “esibizioni” in cui ovviamente si vede tutto, meno che la verità).
Subito dopo vengono  i “cani poliziotto”, specie quelli che fanno servizi di ordine pubblico  (scordatevi Rex e provate ad andare a vedere come vengono addestrati in realtà!), mentre – al contrario di ciò che tutti pensano! – i cani addestrati con metodi meno duri sono i cani antidroga (che per molte Sciuremarie “vengono drogati”…no comment!)  e quelli per la ricerca di esplosivi.
Infine c’è tutto il “branco” dei cani da protezione civile, da assistenza, da pet-therapy e così via: che non vengono quasi mai addestrati in modo particolarmente coercitivo, ma che sono: a) soggetti a severe selezioni (se non servi allo scopo, sei scartato: termine che mi sembra ben poco “rispettoso”); b) sottoposti ad uno stress probabilmente maggiore di quello di un cane da UD, anche quando viene addestrato con metodi duri. Perché almeno, poi, lui si diverte a mordere la manica! Mentre il cane da pet therapy è praticamente condannato a subire a vita abbracci, baci e coccole da persone che non conosce, che non ama e che semplicemente sopporta.
Non per nulla chi fa pet therapy seriamente, essendone ben conscio, gestisce i tempi in modo da non infierire sulla pazienza del cane: ma anche questo le Sciuremarie non lo sanno. Loro pensano che il cane si diverta un mondo, mentre quelli “maltrattati” sono i cani da UD, che guaiscono di gioiosa eccitazione (poverino, piangeeee!) vedendo il figurante in fondo al campo.

Sì, lo so: ho divagato un po’ troppo. Torno rapidamente al punto, anzi, al “mio” punto di vista, che è questo: le cinofilosofie avrebbero potuto fare un gran bene a chi davvero aveva verso il cane un atteggiamento preistorico, sempre che si fossero limitate a presentare il cane come un essere senziente e pensante.
Invece si è andati un po’ troppo oltre, presentando l’approccio CZ non come una “base” da cui partire, ma come un punto di arrivo.
Solo che sono arrivata lunga come al solito, quindi di questo parleremo  nella prossima (ed ultima, penso) puntata.

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  • Valeria Rossi

    Savonese, annata ‘53, cinofila da sempre e innamorata di tutta la natura, ha allevato per 25 anni (prima pastori tedeschi e poi siberian husky, con l'affisso "di Ferranietta") e addestrato cani, soprattutto da utilità e difesa. Si è occupata a lungo di cani con problemi comportamentali (in particolare aggressività). E' autrice di più di cento libri cinofili, ha curato la serie televisiva "I fedeli amici dell'uomo" ed è stata conduttrice del programma TV "Ti presento il cane", che ha preso il nome proprio da quella che era la sua rivista cartacea e che oggi è diventata una rivista online. Per diversi anni non ha più lavorato con i cani, mettendo a disposizione la propria esperienza solo attraverso questo sito e, occasionalmente, nel corso di stage e seminari. Ha tenuto diverse docenze in corsi ENCI ed ha collaborato alla stesura del corso per educatori cinofili del Centro Europeo di Formazione (riconosciuto ENCI-FCI), era inoltre professionista certificato FCC. A settembre 2013, non resistendo al "richiamo della foresta" (e soprattutto avendo trovato un campo in cui si lavorava in perfetta armonia con i suoi principi e metodi) era tornata ad occuparsi di addestramento presso il gruppo cinofilo Debù (www.gruppodebu.it) di Carignano (TO). Ci ha lasciato prematuramente nel maggio del 2016, ma i suoi scritti continuano a essere un punto di riferimento per molti neofiti e appassionati di cinofilia.

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11 Commenti

  1. Una riflessione (satirica):

    Creare un linguaggio astruso anche x spiegare concetti banali e semplici è tipico delle SETTE RELIGIOSE (basta leggere qualcosa sulle sette e sui metodi con cui soggiogano psicologicamente gli adepti x saperlo…).
    il linguaggio utilizzato deve essere incomprensibile ai non iniziati (ai non adepti, gli “esterni” quindi “i cattivi” da cui allontanarsi e da demonizzare: tutti comportamenti tipici delle sette religiose e tutti volti a compattare il gruppo facendo diminuire il dissenso interno e soggiogando la psiche dei membri) e avere un “sapore pseudoscientifico”. In parte spiegherà in modo astruso concetti banali e risaputi da tutti, in parte prenderà concetti da varie fonti (x lo + psicologia, neuropsicologia e PNL, ma anche concetti religiosi) e li modificherà leggermente adattandoli agli scopi della setta e cambiando del tutto o in parte la terminologia con cui il concetto è spiegato nella disciplina di appartenenza da cui è stato preso.
    Come già detto questi sono stratagemmi utili non solo x il marketing della Setta religiosa, ma soprattutto x eliminare il dissenso interno (o fare in modo che gli adepti siano inibiti dal manifestarlo e magari se ne sentano pure in colpa), soggiogare la psiche degli adepti rendendoli + malleabili (alla modifica del linguaggio vengono aggiunte anche molte altre tecniche che definiscono il modus operandi della setta e la sua pericolosità), a creare un senso di appartenenza che cementa il legame fra gli adepti (si sentono fighi a parlare in un modo che capiscono solo loro e parlare con altri che usano tale linguaggio li fa sentire accettati e parte di un gruppo coeso che “ne sa di +” di tutti gli altri umani perchè “conosce la Verità”, invece parlano solo in modo astruso e usando spesso terminologie inventate di sanapianta x sembrare scientifiche e fare colpo), dividere chiaramente nella mente degli adepti il NOI (gli appartenenti alla Setta Religiosa, ovvero quelli che “Conoscono la Verità e che quindi possono arrivare alla Vera Felicità/Illuminazione ecc”) e LORO (gli Esterni, ovvero Il Resto Del Mondo, che non conosce la Verità e non sarà MAI felice ecc), e pure la contrapposizione NOI vs LORO è molto accentuata, e il NOI è visto come I BUONI (che solitamente vengono “attaccati-perseguitati” da LORO o da alcuni gruppi) e LORO sono i cattivi (che perseguitano i buoni x invidia malvagità, ignoranza ecc).
    Gli esseri umani essendo “animali che pensano x parole” sono assai influenzabili dal linguaggio, ed è x questo che le Sette Religiose hanno affinato così tanto la creazione di “linguaggi astrusi x iniziati”, ma in minor misura ogni corrente psicologica o dio PNL che viene creata crea una sua “neolingua” e non solo x differenziarsi dalle altre correnti (il marketing è molto importante), così come nella creazione di gruppi giovanili e di “mode giovanili”…idem in ambito cinofilosofico che presenta spesso la modalità di pensiero “Noi contro Loro” e atteggiamenti atti a far proselitismo e cercar di convertire lo sventurato di turno che non mette la pettorina o che non capisce il termine centripetazione (e che pensa che sia un metodo atto a far vincere al cane la forza centrifuga facendolo roteare attaccato al guinzaglio, ma con la pettorina, in quanto la pettorina CENTRIPETA il cane opponendosi alla forza centrifuga…ma non ha ben chiaro come ciò possa aiutare nel risolvere il suo problema del cane che non torna a comando in campagna e a leggere il cinofilosofo su facebook gli è venuto pure un gran mal di testa dovuto allo sforzo di decifrare il cinoegizio, senza riuscirvi nemmeno con l’aiuto del vicino di casa Gran Maestro Massone il quale ci ha messo 2 ore prima di capire che lo sventurato con il cane che scappa quando parlava di pettorine non intendeva indicare con un termine profano il grembiulino massonico..e a quel punto si è tirato indietro, lasciando lo sventurato nuovamente solo davanti al computer a balbettare ormai in palla che si, da domani centripeterà la pettorina sul cane poichè la pettorina ha una mente e non va condizionata con la coercizione…)…

    ;-))

  2. ma quindi….una persona che si è lasciata affascinare dal mondo dell’educazione/addestramento e che vuole frequentare un corso dove deve andare a parare? a chi è meglio rivolgersi/affidarsi?

  3. io ho fatto infeltrire il pelo sulla punta della coda poi, gli ho fatto una piccola estension tipo rasta e applicato un anellino. Cosi’ il cane è a suo agio, naturale e non si sente cose strane addosso che gli impediscono di comunicare perfettamente. E’ un metodo ottimo che consiglio a tutti.
    L’unico promeme è con i cani che come i miei hanno la coda arrotolata sul dorso. Quando si dà lo strappo correttivo fanno il doppio avvitamento carpiato. Con gli altri invece nessun problema, solo vantaggi.

      • i cani a pelo raso dovrebbero essere soppressi… Tra l’altro è un tipo di pelo che non esiste in Natura. Hai mai visto un lupo a pelo raso? Non dà la minima protezione e oltretutto è anche imbarazzante… Per noi e per loro che si sentono nudi ed esposti. Anche i cani hanno un senso del pudore, tant’è che abbassano la coda per coprire la zona genitale. Secondo te perché i dobermann impazziscono? Non crederai a quell’assurda storia della scatola cranica che non continene il cervello? La vera ragione è che la combinata coda amputata + pelo raso è troppo anche per loro.

  4. Grazie a questi articoli mi sono potuta difendere da un aspirante educatore gentilista (sta seguendo un corso) che mi ha importunata per strada perché il mio cane ha il collare e non la pettorina, elencandomi tutti i guai e le disgrazie che ci succederanno.
    Da notare che il cane non stava assolutamente tirando: era accanto a me col guinzaglio lasco.
    “Guardi, ce lo insegnano al corso: solo e unicamente pettorina ad H. Mettere il collare al cane è un maltrattamento”… gli ho raccontato mezza storia della cinofilia… (solo perché l’altra mezza non me la ricordavo a memoria).
    Alla fine è scappato lui “scusi ma me ne devo andare… ho un impegno” 🙂

    • Io porto in giro i cani con una cordicella, legata a formare due anelli alle esemita’, perche’ e piu’ comoda da mettere/togliere, sta facilmente in tasca e e’ meno ingombrante sul collo del cane. Rischio grosso se incontro un tipo come questo! Dovro’ fingere di non parlare italiano…

  5. Vorrei fare due considerazioni:
    – la prima, che secondo me manca proprio un organo superiore che si occupi di TUTTA la cinofilia (non solo di cambiare di continuo i regolamenti degli sport cinofili e fare statistiche sui cuccioli iscritti per anno), diviso poi ovviamente tra addestramento/educazione, allevamento e cinotecina, salute, controllo nascite e randagismo, ecc. ecc. Sarebbe sicuramente difficile mettere tutti d’accordo e soprattutto fare in modo che ci sia sufficiente controllo su chi sta “al potere” in modo da evitare che si finisca come adesso la nostra politica (o l’ENCI), ma ci sarebbe piu’ ordine e chiarezza, specie per chi non e’ dell’ambiente, piu’ cultura cinofila come conseguenza dell’unita’ interna (per esempio, una d’Urso che parla di cani assassini verrebbe “strigliata” per la castroneria da un gruppo unito e deciso di persone con interessi comuni, non solo sputtanata su fb da qualche cinofilo incazzato qua e la), meno randagismo/cagnaresimo/cani problematici/cani trattati male involontariamente per ignoranza come conseguenza della maggior cultura cinofila
    – la seconda e’ che ho l’impressione, pur non avendo vissuto questi avvenimenti, che la tendenza sia un po’ quella di… andare per la tangente. Siccome sto facendo fatica a cercare il modo per spiegarmi, ci provo con un esempio: si parla, discute, e ragiona sul rapporto uomo animale,… ma nessuno, per esempio, osserva come fanno i cani a sviluppare rapporto, collaborazione, armonia e prova a imitarli almeno in parte! Si discute moltissima teoria ma, mi verrebe da dire, si fanno i conti senza l’oste, ovvero non si osservano i cani ne si mettono in pratica le idee, trovandosi alla fine completamente fuori rotta; mentre verificando ogni teoria con l’esperienza, si potrebbe correggere ogni minima deviazione.

  6. Premetto che sono assolutamente ignorante in materia di cani-guida per non vedenti.. non sapevo che venissero addestrati in modo coercitivo (il mio cervello è appena uscito da Disneyworld)!!
    Per quanto riguarda la pet therapy, è sicuramente molto stressante per il cane; però questo la gente non lo capisce. non lo capisce con i cani sani, figuriamoci con cani come Baxter… tanto uno dei commenti al suo video su youtube si trova anche questo: “credo abbiano ”scelto ” (non usato) questo qui , perchè tutti vogliono i cani sani … nessuno sceglierebbe uno paralizzato ; invece lui puo fare da compagnia a questa povera vecchina e la vecchina puo fare compagnia a lui .”
    Beh, anche se fosse vero, eviterei la telepatia… non sono sicura di cosa potrebbero risponderci i cani.

  7. C’è da dire però che nei suoi corsi, Marchesini fa giusto due ore di lezione (di cinopsicologia la chiamerei, più che di cinofilosofia, e lo dico da studentessa di filosofia) su 16, tutto il resto è pratica o comunque argomenti più “concreti”, per fortuna.

    • Confermo anch’io da corsista SIUA e studentessa di filosofia! C’è tanta teoria, che può piacere o meno ma a me piace e se non piace ci sono molti altri corsi, ma c’è almeno il triplo di pratica 🙂

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