Ricevo e volentieri pubblico questa lettera di Carlo Colafranceschi, comportamentalista, a proposito della somministrazione di fluoxetina ai cani:
Ti scrivo dopo aver visto i filmati di quel povero cane rimbambito di psicofarmaci nel maldestro tentativo di “risolvere” i problemi di aggressività lamentati dai proprietari. Ti confesso che ultimamente sto meditando se continuare ad usare il termine “comportamentalista” come traduzione del termine “behaviourist”.
Dispensare medicinali non ha nulla, ma proprio nulla da spartire con l’affrontare problemi di comportamento in maniera qualificata e rispettosa del cane, del cliente e di se stessi.
Tempo addietro ebbi occasione di sentire un veterinario parlare su Rai2 dell’uso della fluoxetina sui cani. Rimasi abbastanza contrariato dal servizio che trasmetteva l’errato messaggio che un farmaco potesse risolvere taluni problemi di comportamento nel cane.
NON E’ VERO!
Chiunque abbia frequentato una scuola vera ha imparato un principio sacrosanto: la fluoxetina (o qualsiasi altro psicofarmaco) non è una sostanza miracolosa capace di ristabilire la normalità in un cane!
L’utilizzo di questa molecola risulta efficace soltanto in abbinamento con delle modifiche dell’ambiente in cui vive il cane e con una terapia di modifica del comportamento.
La fluoxetina nel nostro caso ha il compito di agevolare la terapia comportamentale, non di sostituirvisi! Almeno questo è quello che mi è stato insegnato, anche se in un continente diverso, ho sempre pensato fosse un concetto universalmente riconosciuto.
La fluoxetina é un antidepressivo che appartiene ad un gruppo di farmaci propriamente detti inibitori della ricaptazione (SSR1): essa non fa altro che aumentare i livelli di serotonina nel sistema nervoso creando una sensazione di benessere (nei giusti dosaggi) e quindi agevolando l’intervento comportamentale volto a ripristinare il normale comportamento del cane. Benessere, non stordimento! Il cane nel video infatti é palesemente preda degli effetti secondari derivati dal sovra-dosaggio della molecola citata. Difatti i primi sintomi descritti del sovradosaggio sono: letargia e ipersalivazione!
Un cane in quelle condizioni non riuscirà mai a risolvere i suoi problemi di comportamento.
E’ semplicemente indegno pensare di risolvere un problema comportamentale in tal modo! Purtroppo anche quando si cerca di fare la cosa giusta, ovvero attuare una terapia comportamentale, nel nostro paese si fa fatica a rimanere al passo con i tempi.
Questo è quello che stato detto a Rimini (Giugno 2007) al 56° congresso Scivac: “Terapia comportamentale: tecnica principe è la Regressione Sociale Guidata, tecnica cognitivo-comportamentale che tende in modo soft a rendere i proprietari leader autorevoli. Le indicazioni sono: regressione dello stato gerarchico. Il cane diventerà un sottomesso – sociale, in quanto varieremo i comportamenti che hanno un valore di privilegio sociale nel branco.”
Sono anni che studiosi del calibro di Boitani e Mech hanno dimostrato che il cane non forma un branco, se per branco s’intende quello che forma il lupo; sono anni che sappiamo che la leadership in un branco varia a seconda delle risorse, sono anni che sappiamo che se A è dominante su B e B su C può benissimo succedere che C sia dominante su A… e continuiamo a parlare di regressione dello stato gerarchico! Crediamo ancora che il cane sia così stupido da non essersi accorto che noi siamo diversi da lui, spesso incapaci di capire quello che ci sta dicendo e, più spesso ancora, incapaci di fargli capire quello che gli vorremmo comunicare?
Siamo ancora al cane sottomesso = cane buono?
Beh io non voglio un cane sottomesso, lo voglio pieno di fiducia nei miei confronti e capace di comportarsi in maniera per me corretta e per lui conveniente! Basta con questi teoremi imparati ai giardinetti, occorre una campagna per eliminare i “cuggini”!
Torniamo al comportamento, o meglio a come andrebbero affrontati i problemi di comportamento.
Cosa s’intende per “problema comportamentale”? La prima cosa necessaria dovrebbe essere: capire l’espressione appropriata del comportamento indesiderato. Andrebbe poi valutato il cliente, le sue preferenze culturali e personali perché queste avranno un impatto sul suo atteggiamento e sulle sue aspettative, quindi sul benessere del cane e sul risultato del nostro lavoro. Spesso quello di cui hanno bisogno i proprietari è di capire ciò che è normale per un cane e ciò che non lo é.
Il cosiddetto “addestramento” spesso assume un aspetto secondario, ciò che conta è saper gestire il cane evitando di creare conflitti.
James Serpell afferma che la relazione ed il legame che si crea tra proprietario e cane spesso influenza il grado di soddisfazione del proprietario nei confronti del comportamento del proprio cane. In generale, in quelle famiglie nelle quali si è stabilito un forte legame affettivo, le persone saranno più tolleranti nei confronti del comportamento del cane.
Spesso i problemi di comportamento sono la conseguenza diretta della incorretta applicazione di premi e punizioni con conseguenti aspetti negativi sull’apprendimento del cane.
Tornando al nostro Border Collie, mi sembra evidente che il comportamento normale non possa essere quello di uno zombie che non può essere avvicinato altrimenti minaccia di mordere (se poi morde davvero spesso è tutto da vedere).
I proprietari sono contenti dell’intervento? Sarei curioso di capire per quale motivo.
Prima avevano un cane che ringhiava, adesso ne hanno uno rincoglionito che ringhia lo stesso a dimostrazione che la fluoxetina non ha risolto un bel nulla! Forse si poteva imparare come gestire il cane senza rincoglionirlo perché quello che hanno fatto è proprio quello di trovare un compromesso subordinato al rimbambimento del cane. Un buon addestratore/educatore sarebbe stato in grado di aiutare senza ridurre il cane in quello stato. A cosa serve avere un cane ridotto così? Non sarebbe stato più giusto acquistare un bel pupazzo di stoffa? Giuro, non avrebbe mai ringhiato!
Carlo Colafranceschi
Comportamentalista Cinofilo… per adesso!

Ringrazio Carlo per il suo intervento, al quale vorrei anche rispondere (chissà che non ne venga fuori una discussione di qualche interesse!): caro Carlo, proprio il fatto che ci sia una gran confusione tra i termini di behaviourist, comportamentista, comportamentalista eccetera secondo me dà la misura del caos in cui sta sguazzando la cinofilia.
Solo ieri, a Verona, una signora si stupiva del fatto che dopo dieci anni che segue i convegni del Gruppo Cinofilo ci fossero ancora tante divisioni sugli stessi vecchi temi triti e ritriti e si/ci chiedeva perché non si riesca a trovare un accordo.
Ma se non lo troviamo neppure sulle definizioni! Figuriamoci sui “grandi temi” dei metodi o dei modelli educativi-addestrativi.
Prima che lo faccia qualcun altro, ti dico già io che “comportamentalista” non è la traduzione corrente – almeno qui in Italia – di “behaviourist”, che viene invece tradotto con “comportamentista”, confondendo il ruolo di “educatore/rieducatore comportamentale” con l’appartenenza alla scuola di pensiero behavoiurista watsoniano, ovvero quella che negava il cognitivismo. A dire il vero non lo negava neanche, visto che il cognitivismo non era ancora nato! Diciamo che la pensava in modo opposto, ovvero che riteneva che la psicologia – umana – dovesse studiare solo il comportamento e non i processi mentali, la coscienza eccetera che erano individuali e quindi non studiabili dalla scienza. Per quanto riguardava gli animali, poi, riteneva che essi fossero addirittura privi di processi mentali diversi dall’istinto.
In realtà behaviourist in inglese ha il doppio significato e nessuno si fa tanti problemi, perché basta guardare il contesto nel quale il termine viene inserito per capire se ci riferisce all’una o all’altra cosa (come avviene con tutte le parole che hanno più di un significato): ma noi dobbiamo sempre complicarci la vita (o far vedere che “abbiamo studiato”, chissà) e quindi abbiamo dovuto separare nettamente il comportamentista dal comportamentalista, distinzione peraltro che fa discutere per ore gli addetti ai lavori e che lascia perfettamente indifferente (o al massimo un po’ perplesso) il grande pubblico.
Suggerirei di introdurrei un nuovo termine… che so: “mentalista cinofilo”. Tanto i mentalisti sono diventati di moda con “Italia’s got talent” e tutti hanno capito cosa fanno: leggono nella mente, magari aiutandosi con qualche trucchetto da prestigiatori. Che è proprio la stessa cosa che facciamo noi, visto che la mente del cane NON è così semplice da interpretare e che nessuno sa esattamente cosa succeda al suo interno (d’altronde non sappiamo neppure cosa succeda esattamente nella mente umana).
In compenso – udite udite – oggi si tengono addirittura convegni dal titolo “Gli psicofarmaci e la modificazione comportamentale dei canidi. Un seminario per capire cosa accade alla mente del cane quando è sotto farmaco”.
Caspita, che presunzione!
Conosciamo un 20% del cervello umano e di come funziona in condizioni normali, però pretendiamo di sapere “cosa accade nella mente del cane quando è sotto farmaco”. Ma come siamo diventati bravi!
A me piacerebbe che si tenesse un bel convegno su “Quel che succede nella mente del proprietario quando, identificando come “problema” un comportamento canino assolutamente normale, pensa bene di rincoglionirlo con i farmaci anziché crcare il giusto compromesso tra caninità e regole sociali umane”.
Checché qualcuno abbia potuto pensare leggendo i miei articoli dei giorni scorsi, infatti, io NON sono”contro gli psicofarmaci” sempre e comunque. Sono contro gli psicofarmaci quando NON SERVONO.
E non servono nella stragrande maggioranza dei casi in cui invece vengono prescritti, perché il cane ha un comportamento normalissimo che viene recepito come “problematico” SOLO dagli umani con cui convive. Se e quando c’è un’effettiva “anormalità” nel comportamento, lo psicofarmaco può essere di aiuto (MAI risolutivo senza affiancarvi una terapia comportamentale, ma di aiuto sì): però di casi di effettiva anormalità io ne ho incontrato uno in tutta la mia vita cinofila (un caso di aggressività idiopatica, forse diagnosticata come tale solo perché nessuno – me compresa – è riuscito a scoprire la vera causa per cui il cane si comportava in quel modo).
Vorrei però soffermarmi un attimo sulla parte relativa al congresso SCIVAC di Rimini, nel quale è stata affermata l’importanza suprema della RSG definendola addirittura “tecnica principe che tende in modo soft a rendere i proprietari leader autorevoli”.
Vorrei ricordare che la RSG non è niente di più e niente di meno che l’applicazione delle cosiddette “regolette gerarchiche” che gli stessi comportamentalisti hanno definito “stupide e inutili” in diversi casi. Ovvero i celeberrimi “non mangiare per primo, non passare per primo dalle porte, non dormire sul letto” e così via.
Proprio ieri, al congresso di Verona, ho affrontato questo argomento dichiarando quello che penso da sempre: e cioè che queste regolette siano effettivamente ben poco utili “al cane” (perché non è certamente con queste quattro cavolatine che si “sottomette socialmente” un cane) ma che siano utilissime per far capire agli UMANI (quando è il caso, e cioè quando il cane ha già messo loro le zampe in testa): a) che in famiglia il cane deve trovare una sua collocazione gerarchica, possibilmente su un gradino inferiore a quello degli umani, altrimenti sono problemi; b) che la famosa “dominanza” non si esprime a urlacci e botte, ma appunto stabilendo regole e facendole rispettare.
Mi sono sempre illusa che iniziare dalle quattro cavolatine aprisse un po’ la mente degli umani verso il VERO significato di dominanza, senza bisogno di doverlo cambiare in altre parole più politically correct, forse, ma difficilissime da comprendere per il “normale essere umano medio”. E posso dire che i miei clienti, ai miei preistorici tempi, si sono sempre resi conto di quale differenza ci fosse tra l’imporsi con la forza e il “mostrarsi superiori” gestendo correttamente le risorse e facendo ampio uso di fermezza e coerenza.
Neanch’io voglio un “cane sottomesso” nel senso di “schiavetto strisciante”: ma quello che tu definisci “cane pieno di fiducia nei miei confronti e capace di comportarsi in maniera per me corretta e per lui conveniente” E’ esattamente un cane “sottomesso” nel senso di “cane che riconosce la mia superiorità gerarchica”, della quale lo avrò convinto – appunto – attraverso fermezza, pazienza, coerenza e richiesta/offerta di collaborazione.
Proprio poco fa ho visto un video di cane definito “molto dominante” (io direi piuttosto “tendenzialmente dominante”, visto che la dominanza non è assoluta ma relativa), che mostra una grandissima motivazione e un grandissimo entusiasmo per il lavoro, tanto che piagnucola di pura eccitazione per tutto il tempo, ma ha occhi che brillano di pura gioia e coda che va a mille.
Ecco, questo è un esempio di “sottomissione” intesa proprio come “costruzione” (se mi passi il termine) di un cane fiducioso e pieno di desiderio di compiacere il suo umano.
Sicuramente questo cane, che appartiene a un professionista della cinofilia, non avrà alcun bisogno di “non salire sul letto e di non passare per primo dalle porte”, perché qui si è già costruito un rapporto di collaborazione che rende veramente stupide le “regolette per Sciuremarie”: però, quando abbiamo a che fare appunto con Sciuremarie e non con professionisti, a volte le regolette servono a dare, almeno, un’idea di come ci si rapporta con un cane.
Per questo – anche se trovo veramente pazzesca la definizione di “tecnica principe” (ci mancherebbe solo che fosse “tutto lì”!!!), preferisco leggere che al congresso del 2007 si è parlato di RSG, piuttosto che leggere che si possa “capire la mente del cane sotto psicofarmaci”.
Perché NON si può capire esattamente un accidenti (se non forse misurare i livelli di serotonina… ma se “la mente” di chicchessia fosse tutta lì, non avremmo neppure più ospedali psichiatrici, né psichiatri, né psicologi): ma siccome qualche Sommo Scienziato fornirà una bibliografia in merito, con riferimenti bibliografici da spiaccicare in ogni futura discussione, ecco che un’assoluta cavolata assurgerà al ruolo di “verità scientificamente provata”, come è già successo in migliaia di altri casi, e verrà considerata verità assoluta…almeno fino alla smentita del Prof numero 2.
Mentre chi sa semplicemente osservare e “leggere” i cani, ma non ha la qualifica di Prof. e magari non ha scritto pubblicazioni scientifiche avallate dalle case farmaceutiche produttrice di psicofarmaci, continuerà ad essere considerato un pirla.
Personalmente mi candido con gioia a questa qualifica: mille volte meglio Pirla Ufficiale, che scrive libri del cavolo basati sull’osservazione diretta di cani “normali” (nè ferali, né da laboratorio, né rintronati di pillole), piuttosto che Somma Scienziata che i cani li ha visti solo sui libri altrui.
Per concludere, inserisco qui l’ultimo video di Dexter, che mostra la sua reazione quando la mano del tester si avvicina oltre a sua distanza di sicurezza. Il video è di pessima qualità a causa della poca luce, ma visto l’interesse suscitato dal caso e i numerosi fraitendimenti sul “cane che ringhia”, che potevano far pensare ad un eccessivo allarmismo da parte dei proprietari, ritengo che sia corretto mostrare l’effettiva reazione del cane…e questo dopo UN ANNO di terapia farmacologica.
Specifico, infine, che è stato il veterinario di Dexter (non quello “comportamentalista” che gli ha prescritto la terapia) a richiedere la consulenza dell’addestratore che l’ha testato: ci si augura che questo veterinario, evidentemente consapevole del danno che è stato causato al cane, riesca a far ricredere i suoi proprietari, al momento convinti che “vada bene così”.
L’addestratore non ha voce in capitolo, poiché gli è stato solo chiesto di testare il cane e di dare il suo parere ma non ha mai lavorato col cane, né gli è stato chiesto di farlo.
Sono finiti tutti gli alberi, quindi riparto da qua sotto.
Mczook: non credo che abbiamo letto cose diverse, perché a parte alcuni autori che non digerisco proprio, io ho letto un po’ tutti, e mi pare che “tu invece pure”. Forse la differenza sta nel fatto che io ho vissuto con un branco “vero”, cioè in (quasi)libertà assoluta, e tu no.
Non sono molto d’accordo con la tua descrizione del branco di lupi (unico scopo search&destroy?!? Maddai!), ma i lupi lassamoli pure sta’: invece sono d’accordissimo con la descrizione dei cani, ma…e alura? I rapporti gerarchici sono fluidi e possono anche modificarsi, ma ci sono sempre ruoli e ci sono sempre ruoli di comando e ruoli da sottoposti. Nessuno ha mai detto che il cane gerarchicamente “alpha” o “omega” nel suo branco non possa cambiare del tutto ruolo in altri ambiti (per esempio in famiglia): anzi, è proprio quello che succede quando un cane è magari dominante al parchetto (almeno con i cani che ci sono quel giorno lì), ma poi si comporta da sottomesso verso il suo umano. Proprio perché “questi sono i cani” è possibile gestire i cani in famiglia…laddove, però, o si è sempre in ufficio o si è sempre sul campo di calcio: l’habitat è quello, le cose che si fanno sono quelle, i ruoli sono quelli. Non c’è bisogno di fluidificare granché all’interno di uno stesso ambito.
Eh, ma la tua non è l’interpretazione “classica” del “tradizionalista” (lasciami passare il termine sennò non ne usciamo vivi) … si avvicina molto a quella di altre correnti di pensiero (per quello è un po’ che ti dico affettuosamente che parli in un modo e razzoli in un altro).
Poi tu hai vissuto con un branco “omogeneo” di cani (tra parentesi nordici), dove “gli interessi” sono comuni
ps: l’astrazione non è il tuo forte (ed io mi spiego male) … il S&D era riferito all’unità d’assalto 🙂
Io non sono ne veterinario ne una” cinofila esperta” ma ho provato “in persona” la terapia farmacologica combinata al rieducazione e sono rimasta soddisfatta.Non mi piacciono sti articoli “mirati” per creare polemica. Già viviamo in un paese dove la gente soffre di deppressione in silenzio senza curarsi perché vive ancora nel ignoranza che non si vogliono “rincoglionire”. Se hai diabete ti curi, se hai pressione alta ti curi ma se soffri in maniera mentale devi soffrire…Tutti i medicinali sono percolosi se abusati anche l’aspirina ! Come in tutte le cose bisogna usare il buon senso e il medico veterinario la sua etica professionale. Il prozac non è il diavolo,può essere un aiuto lungo il percorso di rieducazione.
Il mio cane ha fatto 6 mesi in tutto con il prozac mentre facevo la rieducazione (ansia da separazione)e oggi sta molto meglio, non è “perfetta” ma possiamo vivere una vita normale. Il medicinale le ha permesso di stare abbastanza quieta per essere rieducata.Per quale motivo non dovevo darle sto aiuto in più? è posso assicurarvi che non era intontita per nulla ,abbiamo continuato a seguire il solito corso di educazione al campo cinofilo. Non esiterei ad usarlo anch’io se ne avrei bisogno. Penso che c’è ancora molta ignoranza e “stigma” per quanto riguarda i psicofarmaci. Usati nella dose giusta e nella effettiva necessità non sono diversi di qualsiasi altro farmaco.
Mi scuso per l’italiano,non è la mia madre lingua.
Oh, ma, ragazzi… non ci capiamo proprio, eh???
NESSUNO ce l’ha con lo psicofarmaco di SOSTEGNO alla terapia comportamentale (anche se di solito serve soprattutto a tutelare l’operatore: ma anche lui ha i suoi diritti, per carità. E non tutti hanno il fegato necessario per lavorare col cane lucido, anche se per il cane sarebbe sicuramente molto meglio).
Comunque: qui stiamo attaccando chi dà SOLO psicofarmaci (EBBASTA! Senza altra indicazione, senza il supporto di una terapia comportamentale, senza spiegare un beato tubo ai proprietari) per risolvere problemi che NON sono problemi mentali del cane, ma semplici atteggiamenti che il proprietario non è capace di gestire.
Dexter è il risultato di una prescrizione di SOLE pillole, punto e basta, per di più in evidente sovradosaggio.
E di Dexter c’è PIENO COSI’ in tutta Italia.
Salve dott. Colangeli, felice di incontrarla di nuovo dopo qualche anno.
In realtà mi ero iscritto poco tempo fa ad un suo seminario sull’aggressività, ma – appena hanno letto il mio nome – mi è stato risposto “che i posti erano esauriti”.
Bene: una persona presente – di mia fiducia – mi ha poi mostrato le foto da cui si evinceva il contrario. Passiamo oltre.
Non lo prenda come un messaggio populista, ma lei sta sostenendo tesi che portiamo avanti da un pezzo, seppure in un altro modo e per le possibilità che abbiamo.
Mi riferisco in prima istanza alle “regole e soprattutto “all’etica”.
Resta il fatto che a nessun MVC sia mai arrivato un caso riconducibile ai “cani tutor” e nemmeno uno dei miei “cani attori” (chi dovesse sostenerlo è pregato di fare nomi e cognomi, circostanze etc etc, dal momento che – grazie a persone riconducibili al suo entourage – non mi fido nemmeno della mia ombra), ma in compenso a me arrivano quotidianamente casi limite come Dexter (TRE – dico TRE – solo questa mattina; ovviamente documentabili).
La sinergia tra MVC e Operatore Cinotecnico è a mio avviso l’unica alternativa alla situazione che si è venuta a creare – come ho sostenuto in sede congressuale a Verona domenica scorsa – e che purtroppo sta peggiorando di giorno in giorno.
I motivi sono sempre i soliti e lei li conosce benissimo: finché usciranno troppo velocemente da alcune scuole cinofile pseudo professionisti autoreferenziati, i proprietari di cani saranno costretti ad andare dai veterinari (che restano a mio avviso l’unica figura garante del benessere animale; almeno sulla carta), i quali – però – hanno competenze limitate alla loro professione, non alla risoluzione fatta in un campo di recupero comportamentale.
La scrivania non potrà mai sostituire il campo, così come una laurea specialistica non potrà mai baipassare l’esperienza. Concorda?
A mio avviso il farmaco ha la sua validità nel momento in cui ci siano dei problemi clinici conclamati (valori sballati, mancanze, integrazioni et similari), ma non certo visti – ed è questo il trend – come le “molecole miracolose” capaci di curare una malattia (anche perché le “molecole miracolose” non esistono).
Come sostiene Valeria, la maggior parte dei casi dei problemi comportamentali è riconducibile all’opera dell’uomo nelle sue varie forme.
Voler fare di uno schnauzer girante un “golden da salotto”, di un malinois un dalmata, di un deutscer jaghund un carlino da divano – o peggio ancora avere una visione disneyana del cane che nasce da una mentalità pseudo animalista di basso profilo su cui molte scuole cinofile fanno leva – sono le miscele esplosive sui cui si costruiscono i problemi più comuni i quali, quando non vengono presi in tempo o gestiti fin dalla loro fase iniziale con competenza, si traducono in abbattimenti facili.
Così come sta a voi MVC darvi dei limiti sulla distribuzione facile – spesso ingiustificata – di psicofarmaci, sta al mondo cinofilo – e non a quello del marketing – creare personale qualificato da mettere al vostro fianco.
In questo modo cani e proprietari vi ringrazieranno e non si creerà alcun abbassamento dei redditi, né da una parte, né dall’altra.
Claudio Mangini
(neofita)
Buongiorno, mi chiamo Raimondo Colangeli e sono un medico veterinario comportamentalista (se volete sapere il mio percorso troverete il mio CV sul mio sito oltre ad una parte dedicata alla medicina comportamentale).
Sento il dovere di commentare alcune vostre affermazioni per cercare di fare chiarezza sugli argomenti trattati.
2 argomenti sono stati toccati :
a) psicofarmacologia: avete perfettamente ragione e anche da questa parte dell’Atlantico si professa da sempre l’utilizzo della psicofarmacologia (e della feromonoterapia) solamente in complementarietà con un intervento cognitivo-relazionale (ritornerò su questo argomento dopo al punto b). Gli psicotropi appartengono a famiglie diverse ed hanno avuto un indicazione terapeutica diversa nel tempo: dall’uso massicccio per esempio dei neurolettici antipsicotici o tranquillanti maggiori (che riducevano un uomo o un cane in alcuni casi proprio come Dexter) negli anni 60-70, quindi dei farmaci che tendevano a “chiudere” il soggetto, passatemi il termine, a nuove classi di farmaci quali gli ansiolitici, gli antidepressivi quali gli SSRI (inibitori del ricaptaggio della serotonina fra cui la fluoxetina), questi ultimi mentre nell’uomo sono utilizzati per combattere le depressioni, negli animali da compagnia hanno l’azione terapeutica di diminuire l’arousal, l’aggressività (soprattutto da competizione)e lo stato ansioso in quanto vengono somministrati con dei dosaggi variabili ma maggiori rispetto all’uomo. Quindi dei farmaci che permettono di “aprire” il cane (quindi non come in Dexter)in quanto vanno a ripristinare una plasticità comportamentale perduta per varie cause (deficit gravi nello sviluppo comportamentale, disturbi dell’attaccamento, stress post-traumatici, fino a variazioni dell’umore e disfunzioni cognitive, per esempio nel cane e gatto anziano). Allora abbiamo quell’aiuto che permette di avere un soggetto più recettivo, meno ipervigilante a tutto ciò che avviene nell’ambiente esterno, meno impulsivo; ciò permette l’applicazione da parte del gruppo familiare dell’intervento definito sulla base contestuale (per questo che non mi sento di esprimere un giudizio sul cane del filmato, non avendo dati sufficenti per valutare il caso nella sua globalità);
b) regressione sociale guidata RSG: è interessante il passaggio ardito di Carlo dall’uso del farmaco alle tecniche di modificazione comportamentale (sembra come a dire : guardate sanno solo prescrivere dei rimbambenti e non sanno nulla di comportamento e di etologia…sbaglierò ;-)) ). Se Carlo e Valeria fossero stati un pò più attenti avrebbero potuto soffermarsi in rete non solo sugli atti del 2007 (scritti da me, confermo ) ma anche seguire l’evoluzione del modello di riferimento che la SISCA e i suoi appartenenti stanno “faticosamente” ma con grande passione producendo negli ultimi anni. Mi dissero il primo giorno di lezione sulla medicina comportamentale “tutto ciò che vi diremo…è falso”, questa frase mi scioccò ma risponde esattamente a ciò che sta avvenendo. La scienza della mente e del comportamento non è statica, è in continuo miglioramento grazie alle scoperte in neuroscienze, all’esperienza clinica accumulata, ecc. e dobbiamo essere molto umili nelle nostre affermazioni in quanto ciò che diremo oggi non sarà la verità del domani.
Per questo abbiamo voluto in SISCA evolvere coniugando il modello psicopatologico presentato dal dottor Pageat con un modello cognitivo-relazionale che riprende i concetti della zooantropologia (vedi sempre sul sito: articoli cane). Un esempio ne è la variazione concettuale della sociopatia (da altri definita conflittualità gerarchica) in disturbo competitivo di relazione con la sua ricaduta sugli aspetti terapeutici: per esempio non utilizzando più la tecnica della RSG (tanto che alcuni miei colleghi d’oltralpe l’hanno ridefinita Ristrutturazione Sociale Guidata) in quanto non crediamo più nell’aspetto gerarchico come era presentato il secolo scorso ma più sulla competizione delle risorse. Competizione (non per forza legata ad aggressione) che presentano i cani poco stimolati mentalmente (con una variabilità di espressione legata alle proprie motivazioni individuali/razza/specie). Quindi l’obiettivo terapeutico cerca di sviluppare nel cane, attraverso un potenziamento della motivazione collaborativa, cooperativa e ludica, delle aree cognitive che permettano di governare le proprie alterazioni emozionali.
Ultimo punto: molti medici veterinari comportamentalisti collaborano con educatori e istruttori cinofili. Siamo convinti che l’intervento multidisciplinare sia il futuro delle nostre attività, nel rispetto delle rispettive competenze e dei propri ruoli e definizioni (anche da un punto di vista legislativo, visto il vuoto normativo attuale sull’argomento), nell’obiettivo comune di tutelare il benessere animale e migliorare la relazione uomo-animale.
vi ringrazio della possibilità di confronto
Raimondo Colangeli
Gentile Raimondo, apprezzo molto – intanto – che il confronto ci sia, e che tocchi finalmente qualcosa di più tecnico del semplice “io sono più bravo/bello di te” (che è purtroppo piuttosto ricorrente in cinofilia).
Rispondo per quanto posso e con le conoscenze di cui sono in possesso al momento:
a) siamo d’accordo, vedo, sulla premessa: ma a questo punto vorrei capire per quale motivo ci siano in giro così tanti “Dexter”. Perché i video di Dexter sono stati girati poche settimane fa, e non negli anni ’60-70.
Mi conferma, a questo punto, che almeno una PARTE della categoria dei veterinari comportamentalisti (non dico “tutti” e non l’ho mai detto, checché qualcuno mi accusi di fare) è indietro di almeno 40 anni?
E se sì… perchè chi di dovere (Ordine dei veterinari in primis, ma anche associazioni di categoria come la SISCA) non interviene?
Quanti cani ancora dovranno essere “zombizzati” prima di ottenere che solo chi sa quello che sta facendo possa operare sulla mente di un essere vivente?
b) neppure il 2007 è preistoria: ma se ci sono stati ulteriori passi – e qui esprimo un’opinione del tutto personale da “mezza veterinaria” che non si è mai laureata (spero che i 48 esami superati bastino a qualificarmi “mezzavet” :-)) + addestratrice (intera!) che ha lavorato per almeno dieci anni quasi esclusivamente su cani problematici – temo che siano stati, se non proprio passi indietro, almeno passi “laterali”, per utilizzare un termine molto di moda in politica.
Qui Carlo ed io siamo in disaccordo: io ritengo infatti che sarebbe stato MOLTO meglio continuare a parlare di RSG (che bene o male, era comunque un’impostazione etologica “classica”) piuttosto che buttarsi sul misto Pageat-Marchesini, il primo dei quali è un francese – dicono – strettissimamente legato all’industria farmaceutica (e anche se questa fosse solo un’illazione, cosa possibilissima perché si tratta di vox populi sulla quale non ho alcun riscontro concreto, è indubbiamente persona di impronta strettamente farmacologica), mentre il secondo è un abilissimo “cinofilosofo”, come li chiamo affettuosamente io, ovvero un teorico puro che si è basato su un interessante studio legato all’umana e che l’ha trasferito nel campo cinofilo senza però andare oltre le descrizioni, appunto, filosofiche, puntando al sentimentalismo da un lato e all’astrusità della terminologia dall’altro (pratica peraltro non certo nuova a chi, nei secoli, ha ambito ad assurgere al ruolo di “figura carismatica” in qualsiasi campo, primo fra tutti quello medico).
Ne è derivata quella che me è una totale ed assoluta stortura dell’etologia classica, che era forse più empirica ma che, quando si passa la vita in mezzo ai cani come ho fatto io, trova continui riscontri oggettivi, per passare ad un’immagine del cane che oggi non saprei più neppure come definire: il cane è diventato un’entità astratta con la quale (o “sulla” quale) si costruiscono dei grandissimi voli pindarici. Ma quando poi si ritorna a terra, ci si ritrova immersi in problemi legati ancora e sempre ai vecchi temi della conflittualità gerarchica e della pura e semplice mancanza di leadership. E siccome nessuna cinofilosofia, fino ad oggi, ha partorito alcun metodo di lavoro “pratico”, datosi che le reali necessità dei proprietari di cani, alla fin fine, sono sempre pratiche al cento per cento…ecco che i problemi si moltiplicano come i funghi ed ecco che – non volendo più ricorrere all'”addestramento tradizionale” tanto bistrattato ed identificato con chissà quali “maltrattamenti”, si finisce dritti dritti nel mare della fluoxetina e/o della valeriana dispert.
c) della collaborazione tra veterinari ed educatori sono la prima entusiastica fautrice: però occorrono REGOLE (‘sta parola ormai me la potrei stampare in fronte, da tanto che la ripeto) che possano identificare i veri professionisti e che – almeno – stabiliscano precise competenze.
In altre parole: un comportamentalista veterinario deve essere realmente aggiornato sulle possibilità offerte dalla farmacologia ed essere sempre consapevole che prima del farmaco DEVE venire la valutazione comportamentale e il tentativo (almeno quello) di risolvere il problema senza interferenze chimiche. Anche perché lei mi insegna (almeno, spero che me lo insegni!) che il 90% dei presunti “problemi comportamentali” non è affatto tale in assoluto, ma è percepito così dal proprietario. Il cane sta benissimo, è normalissimo, non ha alcuna “sindrome”: fa semplicemente il CANE, solo che i suoi umani di riferimento non sono preparati a rapportarsi con un cane.
Questa prima parte di valutazione, naturalmente, spetta all’educatore/addestratore: ma anche questi dev’essere un professionista, e NON il ragazzino che si è preso il diploma dopo due settimane di corso (e neanche dopo un anno: ci vuole esperienza pratica,ci vogliono i casi risolti, ci vuole la dimostrazione reale e concreta delle competenze). Anche perché il ragazzino neo-diplomato (si fa per dire: spesso è solo un “neo-accreditato da un privato o da un’associazione che si è fatto pagare 2 o 3 mila euro e non poteva bocciarlo”) “educatore”, se si trova di fronte il Dexter della situazione e non ha neppure il coraggio di andargli a meno di due metri, farà prestissimo a telefonare al suo vet “collaboratore” e a dirgli “No, no, qui non si può far nulla, prescrivigli i farmaci!”
Questo, indubbiamente, non farà molto dispiacere ai veterinari: ma non credo che faccia affatto piacere ai CANI (di sicuro NON gliene farebbe, se sapessero che avrebbero potuto ritrovare la serenità con qualche seduta in campo, anziché con chili di prozac & affini). E sicuramente non farebbe neppure piacere ai proprietari, se sapessero davvero come sono andate le cose.
Per questo chiediamo regole, norme, leggi: chiediamo che le competenze siano provate e non più autoreferenziali, in un campo come nell’altro.
Mi dica, la prego, se le sembra una richiesta tanto astrusa.
Valeria Rossi
Con riferimento alla sua affermazione: “(sembra come a dire : guardate sanno solo prescrivere dei rimbambenti e non sanno nulla di comportamento e di etologia…sbaglierò” posso confermarle che sta sbagliando.
Io ho inteso semplicemente dare conto di una affermazione che nel 2007 dimostrava una notevole arretratezza.
In Inghilterra ad esempio sono almeno oltre dieci anni che le tecniche di regressione sono state accantonate dopo averne riconosciuto la loro inutilità e pericolosità in certi casi.
L’unica critica a carattere generale che mi sentirei di muovere alla categoria é quella di (salvo rarissime eccezioni)non avere alcuna preparazione pratica e conseguentemente non essere capaci di applicare tutte quelle cose studiate sui libri durante i due anni di specializzazione (sempre ricordando l’articolo di Valeria Rossi sui comportamentalisti veterinari). Inoltre ci terrei a precisare che la conflittualità gerarchica tra due specie diverse non esiste da tanti anni non é una novità chi ha studiato etologia l’ha sempre saputo. Forse, se invece di volervi occupare di qualsisi cosa inerente cani e gatti ivi compresa la vendita di mangimi foste un tantino più lungimiranti, seguireste l’esempio americano o inglese che vede il binomio veterinario-esperto di comportamento (behaviourist) collaborare offrendo questa sinergia ai pazienti.Suppongo però che al solito sia il resto del mondo a sbagliare e noi italiani ad avere ragione ed essere al solito molto furbi!
“Siamo indietro anni luce rispetto al resto del mondo”…..forse servirebbe un po’ di etologia del terzo millennio!
Carlo, a parte il fatto che secondo me siamo AVANTI anni luce (se non altro perché non ammazziamo i cani come mosche e perché non facciamo – ANCORA – uso di test disgustosi come quelli delle mani di plastica e dei bambini-robot), sai bene che non siamo d’accordo sui conflitti gerarchici interspecifici. Ora, che a negarli siano etologi e biologi che i cani li hanno visti in fotografia, mi sta pure bene: che ti sia messo a negarli anche tu, che invece coi cani ci hai lavorato, mi suona davvero assurdo.
Comunque, non intendendo litigare “anche” con te :-)… ti chiedo una cosa sola: se i cani non ci considerano – se non proprio conspecifici al cento per cento – almeno membri del loro stesso gruppo sociale, per quale caspita di motivo dovremmo dannarci tanto ad impregnarli-socializzarli eccetera (tutte cose che hanno sempre avuto esattamente lo scopo di far loro pensare che siamo due specie affini e comunicanti)?
E viceversa: se per loro non fossimo membri dello stesso gruppo sociale, perché mai un cane non impregnato/socializzato dovrebbe avere sempre e solo reagire con timore e/o aggressività verso l’uomo?
E infine: se sei d’accordo sul fatto che loro ci considerino parte dello stesso gruppo sociale, se comunicano con noi e se collaborano con noi… per quale caspita di motivo non dovrebbero considerarci anche dal punto di vista gerarchico? Siamo “colleghi” fino a lì, ma non oltre?
Dividiamo tutto, ma non le gerarchie?
Come può stare in piedi, questo discorso?
Ciao Valeria.
Il discorso si é fatto interessante ma per affrontarlo in maniera costruttiva ho bisogno di un po’ di tempo. Sto infatti lavorando ad un articolo su questo tema. Quando sarà pronto te lo invierò e se vorrai pubblicarlo ne sarò felice. Litigare con me non é facile quando pur avendo idee diverse ci si rispetta e si discute da persone educate e non come capre come a volte succede.
Un saluto
Carlo
Valeria, rileggendo la lettera di C.C. la risposta alle tue domande c’è già, o, almeno io, la intravedo: quando ci fa “comodo” li trattiamo da lupi (gerarchia, organizzazione sociale), altre volte no; ad esempio -già fatto- parlando di cani negli scalini bassi della scala neotecnica (quante volte ho sentito anche te dire che il mastino napoleatno non instaura un rapporto gerarchico, ma una relazione mamma-figlio?).
Un modello interpretativo è valido fino a che spiega i comportamenti di un insieme omogeneo di elementi
Be’, ma è gerarchica anche la relazione mamma-figlio!
A me è parso che Carlo negasse completamente la gerarchia, nella sua risposta. Per questo chiedevo chiarimenti.
Per l’amor di discussione sul sesso degli angeli 🙂 a “quello” stadio non dovrebbe essere un rapporto gerarchico.
Conunque -al solito- io e te abbiamo letto cose differenti (arrendiamoci all’evidenza) 🙂
Cerco di spiegarmi con un paragone (vediamo se è azzeccato)
Un branco di lupi lo possiamo paragonare ad una unità di assalto: opera in una nicchia ristretta (campo di battaglia), ha un solo scopo (search&destroy), ha una organizzazione ferrea (ad esempio due gruppi di tre fucilieri con capopattuglia, mitragliere ed assistente per la copertura, cecchino, ufficiale, radio e medico).
Ora tu conosci come opera l’unità e vedi dodici uomini su un campo da calcio: uno a bordo campo da indicazioni, l’allenatore è quello che sicuramente comanda; un giocatore prende le informazioni dall’allenatore e le porta agli altri giocatori, è l’addetto alla radio.
Quello che fa i massaggi a quello con i crampi è il medico.
Ma questo gruppo di persone opera in una nicchia ecologica più vasta: scopri che durante il giorno quello che da ordini è l’uscere dell’ufficio, che sul campo da calcio “comandava” perchè per la risorsa “calcio” è quello più abile tatticamente.
Quello che faceva i massaggi è in realtà il fattorino, ed è lui che consegna i messaggi in ufficio, mentre quello con i crampi è il capoufficio quello che è in grado di mandare avanti la baracca
Questi sono i cani
Buonasera, rispondo brevissimamente alle ultime email per chiarire alcuni punti dopo di chè cercherò di scrivere nel minor tempo possibile il mio articolo per affronatare l’argomento a 360°.
A-Valeria ha ragione per me non esiste un rapporto gerarchico cane-uomo.
B-Io sono per l’uso prudente ed oculato dei farmaci in concomitanza con una terapia comportamentale e l’assistenza di un veterinario anche se nella stragrande maggioranza dei casi li trovo superflui. L’effetto della fluoxetina sulle persone non ha nulla a che vedere con quello sui cani.
C- Il veterinario non é una persona qualificata per trattare problemi comportamentali e già che ci siamo nemmeno quelli alimentari semplicemente perchè non fanno parte del percorso formativo universitario.Diverso il discorso quando il veterinario segue dei master di specializzazione che però mancano come gìà segnalato della parte pratica; d’altro canto o stai in studio a visitare i cani o stai sul campo e nelle abitazioni a lavorarli!
Saluti
C.C.
Premetto che la mia è, ovviamente, una considerazione da assoluta profana….
mi chiedo: qualsiasi cane, stordito e sedato, privato del contatto umano e dei suoi simili, dopo un anno in queste condizioni, non reagirebbe forse nello stesso modo?
cioè, un cane equilibrato, posto nelle medesime condizioni per mesi, non finirebbe per perdere la testa?
Finalmente sono riuscito a vedere il video anche io… concordo con quanto annotato sopra da Valeria/Redazione e da Colafranceschi. Confermo che, per quanto può valere, a mio personalissimo parere si tratta di un cane aggressivo e mordace in quanto estremamente fobico; solo che invece di ‘schiacciarsi’ sull’angolo più lontano come fanno tanti cani fobici, ha in qualche modo imparato che mordendo (e mordendo forte) viene lasciato stare. Sulle cause di questa fobia ho delle altrettanto personalissime ipotesi ma, appunto, siamo nel campo delle ipotesi.
Quando il cane reagisce, lo stato mentale di disagio (fobia) è fuori controllo oltre ogni scala, tanto che nemmeno dosi da cavallo di prozac possono farci nulla (e qui viene fuori la totale incompetenza del veterinario che ha consigliato una stupidaggine del genere) tanto più che sono aggravate da ben un anno di somministrazione.
Un’annotazione: la coda che scodinzola non è un’espressione di ‘gioia’ ma di intensità dello stato d’animo (di pari passo con il ritmo e la cadenza dell’abbaio); l’abbassarsi sulle zampe anteriori non è un invito al gioco ma il seguire con il corpo la fonte del disturbo (l’una o l’altra mano di chi sta facendo la ripresa); la bava alla bocca è un altro sintomo di estrema agitazione. Si tratta – sempre secondo me e senza nessuna pretesa di aver ragione – di un cane per niente socializzato con l’uomo, o che quantomeno con l’uomo ha un rapporto completamente disturbato (sulle cause e sul pregresso anche qui si va nel campo delle ipotesi).
Questo per quel che riguarda il cane, che alla fine dei conti non ha colpa di quello che è o è stato fatto diventare.
Per quel che riguarda invece il veterinario che ha prescritto il prozac, andrebbe radiato dall’ordine, nè più nè meno.
Per quel che riguarda infine i proprietari, il cane gli andrebbe sequestrato dal giudice ed affidato a persone e strutture finalmente serie e competenti per il recupero comportamentale.
Grazie! Sono in pieno accordo con quello che dici! Questi proprietari andrebbero davvero seguiti! Povero cane…
Vorrei invece vedere un filmato di un cane curato con successo con la combinazione rieducazione e psicofarmaci!
eccomi, è un po’ che leggo l’accesa diatriba sugli psicofarmaci ed il tutto mi scatena forti reazioni emotive..fortunatamente ho aspettato prima di rispondere (ero solo col cellulare, con cui è difficile scrivere a lungo 😉 )
Come brevemente commentato altrove, decidere sulla validità dell’uso degli psicofarmaci mostrando i video di Dexter, mi sembra molto giornalismo-senzazionalistico e poco scientifico-costruttivo, è come dire che non va bene (peccato mortale!) farsi scappare una pacca sul sedere (mi riferisco ad un articolo precedente di Valeria) motivandolo con le immagini di qualcuno che ha spaccato la schiena al suo cane con una mossa di karate 😉
Inoltre, da accanita divoratrice degli articoli su questo sito quale sono stata negli ultimi mesi, ho valutato l’obiettività e la capacità di “relativizzare” della redazione (Valeria Rossi) come un valore aggiunto..E dopo aver fatto un percorso in cui mi si motiva (e mi si convince) che non è giusto generalizzare, che non è vero che gli addestratori “vecchia scuola” sono tutti macellai, eccoci qui: adesso i veterinari comportamentalisti (o come cavolo si chiamano) sono tutti incompetenti, sciacalli, ignoranti, speculatori sulla salute del cane o_o
Tutti gli scanni che qui si leggono, sui metodi, ma più che altro sul nome diverso con cui chiamare a volte lo stesso metodo, mi sembrano quanto meno futili, ed ogni tanto sembra di leggere il sito “ti presento chi lavora sul cane” (e facciamo la guerra su chi è più bravo) più che TPIC!
Ammesso e non concesso che i professionisti cinofili sono umani, ed in quanto umani soggetti a difetti quali egocentrismo, venalità, supponenza ecc…trovo triste giudicare sulla base dei difetti un’intera categoria, insomma, partendo dagli esmepi negativi.
Vabbè..megapreambolo, ma che ammette la mia grande amarezza, da persona che credeva di essere approdata in un gruppo di perosne che voleva riflettere, confrontarsi, imparare,prima ancora che insegnare.
Posso raccontare la mia personale esperienza, da sciuramaria ma abbastanza capace di ragionare, con gli psicofarmaci.
Problema, Brutus, cane (incrocio corso) perfetto, attento, ubbidiente, socievole con umani ed altri cani/animali..uno spettacolo, fino ai 6 mesi: ad un certo punto, impazzito: ansia da separazione fu il verdetto..distruzione, abbaio, sporacare fuori posto, al nostro ritorno, la quiete totale.
Devo fare qualcosa, mi sono detta..anche perchè Brutus (43kg e bocca da molosso) mangiava muri, televisori, tutto, abbatteva portefinestre, tapparelle, e si sporgeva pericolosamente dal balcone! Provato tutto, costruito barriere, messo museruola, kennel..tutto distrutto, sfondato!
Penso ad una terapia comportamentale..la prima professionista (veterinaria) consultata, mi fornisce una terapia solo comportamentale, che prevedeva però che io stessi un mese a casa dal lavoro per ricondizionare il cane, o al massimo andassi a lavorare e trovassi una dog-sitter a tempo pieno (4 ore mattina e 4 pomeriggio): impossibile, non ce la faccio, non ho ferie, nè sono ricca! E’ l’unico modo? Sì, perentorio!OK, disperazione..
Ritento, seocnda veterinaria comportamentalista, mi propone una terapia comportamentale, una scheda con una serie di regole comportamntali (per noi umani), una serie di esercizi (per il cane) e la somministrazione di uno psicofarmaco per aiutarlo in nostra assenza, proprio per placare quello stato di ansia che lo portava a mettere a serio repentaglio la sua vita.
Non ricordo i dosaggi, ma quello che ricordo (sono passati quasi 6 anni) è che Brutus non era in nessun modo come Dexter, nè dava segni di essere rincoglionito, almeno in nostra presenza! Era in grado di imparare cose nuove (tipo gli esercizi di fiuto che erano stati prescritti) ed era ancora in grado di giocare in area cani serenamente, quindi immagino che il suo linguaggio canino fosse perfettamente mantenuto! Era più calmo al momento del distacco, gli ululati e l’attività distruttiva sono calati gradualmente..fino alla risoluzione del problema!
Scusate se non sono precisa coi dettagli, ma era solo per dire che per dimostrare la validità o meno della terapia farmacologica, non si può partire da un caso di abuso di farmaci, o dai casi di insuccesso, ma banalmente da una seire di casi..e per giudicare un veterinario comportamentalista non si può partire dallo speculatore senza scrupoli!
Grazie!
Silvia, tutto vero e tutto giusto quello che dici, questi video sono per stigmatizzare la facile scorciatoia che alcuni veterinari comportamentalisti (o come cavolo si deve dire!) prendono per far contenti i padroni!
Persone come te sono da segnalarsi perché hanno la voglia di rimboccarsi le maniche, oltre alla fortuna di aver trovato una vet che ha correttamente usato gli psicofarmaci.
Ma a voler fare i pignoli ci sarebbe da dover capire perché abbiate scelto Brutus, un incrocio di Corso, se sapevate che tipo di cane era, se… se… se… 1000 se, che però possono portare a capire tante cose e permettere di trovare, insieme al proprietario del cane, una soluzione eticamente, ed etologicamente, corretta.
Credimi se ti dico che ci sono persone che chiedono al veterinario il tranquillante perché non se la sentono di mettersi in gioco. E il veterinario accondiscende.
Ma come cavolo hanno fatto a ridurlo così? E perchè ancora se lo tengono? Perchè? È una vendetta per il fatto di essere stati morsi?
mi comporterei pure io come il cane in questione se avessi dei padroni coglioni solo un quarto rispetto ai suoi!!!
perchè io non ho la minima idea di chi siano e che cosa facciano ma mi sa che son loro ad aver bisogno di una seria terapia comportamentale se credono davvero abbia un senso tenerlo in quello stato..già da un anno per giunta..
mi associo al commento di lupi..meglio morto!!!
anzi meglio morti i padroni…che cazzo fà al mondo gente così?!?!?!
hai detto già quello che pensavo!
Manca una cosa:
CHE SCHIFO!!! 🙁
Dal basso della mia esperienza non posso che condividere in toto i concetti espressi nella lettera
Una cosa che forse non è stata chiarita a dovere in questa serie di articoli è che la fluoxetina altro non è che il principio attivo del ben più noto Prozac.
In pratica, da un anno stanno dando a questo cane un’overdose di Prozac.
sara’ ma il cane tendenzialmente dominante del video (poi da cosa si capisce la sua tendenziale dominanza?) mi sembra condizionato a livello zombie pure lui…cioe’ se avessi un cane maschio adulto che piange a quel modo e non si stacca dal conduttore per 15 minuti di fila io lo porterei dal comportamentalista… 😀
Ovviamente scherzo, e’ che io mi trovo a mi agio con cani con un altro tipo di testa.
Sono stato ironico perche’ tutti i cani presenti sul gruppo FB dove hanno postato quel video sono tosti, dominanti o capobranco naturali…cioe’ tra un po’ arriva pure zanna bianca! 😀
Oh, my dog :-).
Scherzi a parte: se io avessi un cane adulto che piange di gioia quando lavora con me, perché è eccitato e supermotivato (presumo che tu abbia visto il video intero: io ho postato solo una foto!), sarei contenta come una pasqua e, più che dal comportamentalista, spedirei subito a fare un bel corso di cinofilia chi non si rende conto della felicità di questo cane.
P.S.: la dominanza è stata dichiarata dal conduttore: non si “vede nel video”.
Sono rimasta davvero perplessa. Sarò stupida ma ho visto qualcosa che non mi convince. Primo anche a me è parso poco professionale “testare” il cane in quel modo. Io cane, di fronte ad un rompiscatole che agita insistentemente la mano davanti al mio muso, avrei ringhiato! Poi mi sembrava che ci fosse una dicotomia tra l’espressione del muso (arricciare il naso, mostrare i denti, ringhiare) e l’atteggiamento del corpo (coda scodinzolante, atteggiamento del corpo con le zampe anteriori flesse…atteggiamenti che fanno pensare più al gioco che all’aggressività). Mi sbaglio? Forse portarlo a fare una bella passeggiata, tirargli la palla, sarebbe stato molto meglio e sono sicura che il povero border avrebbe reagito mostrando tutta la sua energia e voglia di giocare e non certo aggressività. Ma poi, è davvero aggressivo?
Floriana, sul test ho già spiegato in un commento precedente. Che sia “davvero aggressivo” mi pare dimostrato dal fatto che ha morso più volte i familiari, anche in modo serio. Per quanto riguarda l’atteggiamento del corpo, è assolutamente NORMALE che il cane aggressivo sia socievole. Un cane non socievole scappa, non attacca. Bisogna distinguere tra sociabilità e docilità: i cani aggressivi (esclusi quelli che mordono per autodifesa, ovviamente, in quanto impossibilitati a fuggire) sono sempre socievoli, ma indocili.
Certamente portarlo a correre e tirargli la palla servirebbe a sfogare le sue energie e potrebbe abbassare la sua soglia di aggressività, ma non si può neppure pensare che questo sia sufficiente: qui è completamente sbagliato il rapporto con l’uomo ed è questo che andrebbe recuperato (e probabilmente si potrebbe recuperare eccome…se solo i proprietari di Dexter volessero farlo).
Sarò una “sciuramaria”, un “cuggino”, ma in quest’ultimo video, mi sembra di vedere un cane che chiede disperatamente aiuto! Scusa Valeria, ma ancora non ho finito di leggere tutti i tuoi libri sulla comunicazione e sicuramente non ci capisco ancora niente sul linguaggio canino, però fà veramente male vedere cani ridotti così!
Non sta chiedendo aiuto, men che meno in modo disperato.
Che faccia male vedere cani ridotti in questo modo è verissimo, è assurdo (per me) anche solo pensare di ricorrere a sistemi di questo genere. Nulla di diverso (per me) da chi usa collari elettrici ed affini!
Grazie per la risposta. Io sto cercando di instaurare con il mio peloso un buon rapporto e per il momento lui non è affatto aggressivo (ha 7 anni), ma credo comunque che il mio lavoro debba essere costante, mai abbassare la guardia! Poi vi dico io mi diverto un mondo a fare esercizi (semplicissimi naturalmente) con lui e mi sembra che anche a lui piaccia. Mi piacerebbe aumentare il mio livello di competenza in fatto di comportamento canino, potete consigliarmi qualche lettura seria? Purtroppo il lavoro non mi lascia molto tempo libero, ma quello che ho lo dedico tutto a lui. E la passeggiata quotidiana è sacra, col bello e col cattivo tempo!
Sarò un imbecille patentato, ma è una vita che vado predicando che sono pochissimi i cani con reali tare genetiche che li portino alla VERA aggressività. La maggioranza delle situazioni di aggressività che subiscono (o credono di subire) i proprietari sono il risultato di errori vari nell’approccio al cane.
Dato che ogni cane è un individuo a sé, è ovvio che il comportamento X con un cane possa provocare delle reazioni differenti da quelle di un altro cane nella stessa situazione. Ma questa è la cosa più difficile da far capire e, a quanto sembra, da capire per molti. Troppa gente vuole il peluche e prende un cane, per giunta troppo spesso un cane di una qualche razza che ha reali necessità e che ha specifiche caratteristiche. Mi si stringe il cuore, ma m’incazzo pure, quando vedo del labrador o dei beagle ridotti a salsicce quadrupedi. Se va bene sono tanto affaticati da essere tranquilli, se va male sono pure dei rompiscatole eccezionali. Ma non certamente per colpa loro! Se solo i loro padroni si fossero chiesti “cosa piacerebbe fare il mio cane? quali sono le peculiarità di questa razza?” gran parte dei problemi comportamentali sarebbe già risolta in partenza!
E pensare che basta davvero poco. Costruire un saldo rapporto col proprio cane è una delle più belle e gratificanti esperienze e ci permette di comunicare con una essere meraviglioso, il quale sarà contento di fare ciò che gli chiediamo. Ma significa rispettare il cane per quello che è: un cane!
non sapevo che si testasse cosi un cane e cosi a lungo…10 minuti in un gabbia con una telecamera puntata a portarlo allo sfinimento.
Questo test consisteva appunto nel verificare quanto di “vivo” ci fosse ancora dentro a questo cane.
Però, per farsi un’idea chiara di una situazione e per poter dare un parere che poggi su dati oggettivi e misurabili, a volte è indispensabile comportarsi come scienza richiede. La semplice reazione non era sufficiente a dare una valutazione: bisognava anche capirne l’intensità e la durata. Peraltro, nessuno obbligava il cane a reagire così: se si fosse stufato prima, il test sarebbe finito prima.
Personalmente sono stata contenta di vedere che il cane ha retto così a lungo, perché significa che è ancora “vivo”, anche sotto la cappa degli psicofarmaci. Purtroppo questo non servirà a nulla, se si continua con la terapia seguita finora.
Non resta che continuare a sperare che il veterinario intelligente possa avere la meglio su “quell’altro”, agli occhi dei proprietari del cane.
…speriamo che questo cane abbia la stessa fortuna di Raoul
Non ce l’avrà, perché i proprietari non intendono ricorrere a una terapia comportamentale senza farmaci 🙁
certo però che i proprietari devono essere messi nelle condizioni psicologiche di credere nel loro cane .Forse vogliono ricorrere ai farmaci ,perché sono sfiduciati ?o forse magari pensano anche sia possibile recuperare il cane,ma è solo una questione economica
si infatti… secondo me bastava molto meno.
e la conclusione dell’addestratore? per curiosità?
comuqnue, non dico di sopprimerlo MA secondo me piuttosto che tenerlo così era meglio sopprimerlo, ma forse per non averlo sulle coscienza se lo tengono rimbambito… e in effetti ma a cosa serve avere un cane così?
darlo via no? boh…
comunque, l’ambiente in se… è spettrale… sarei nervosa anche io mi tenessero in un ambiente così con rumori così ecc…
Il cane non “viene tenuto” in un ambiente così. Quello in cui è stato fatto il test è un box in cui il cane è stato messo proprio solo per la valutazione. Tra l’altro, mi correggo: avevo capito che il box era al campo di addestramento, invece l’addestratore si è recato nell’ambulatorio del veterinario (quello “buono”). Non che questo cambi le cose: un box è un box. Comunque, il cane in casa sua si comporta esattamente nello stesso modo: apatico in piedi, apatico nella cuccia, aggressivo se ci si avvicina troppo a lui.
beh comunque sia, volevo scrivere la stessa cosa quando ho visto ieri il video del cane in cuccia
ambiente poco luminoso e tetro e rumori inqueietanti in sottofondo…
ma…st’addestratore che diagnosi ha dato? si sa o no?
Certo che si sa: l’addestratore ha dato la diagnosi di “sovradosaggio di psicofarmaci assolutamente inutile in cane recuperabile con la sola terapia comportamentale”. Diagnosi peraltro proposta ai proprietari, che hanno risposto (almeno per il momento): “no, grazie, a noi va bene così”.