giovedì 28 Marzo 2024

Corsi addestratori: parliamone ancora (onestamente)

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Valeria Rossi
Valeria Rossi
Savonese, annata ‘53, cinofila da sempre e innamorata di tutta la natura, ha allevato per 25 anni (prima pastori tedeschi e poi siberian husky, con l'affisso "di Ferranietta") e addestrato cani, soprattutto da utilità e difesa. Si è occupata a lungo di cani con problemi comportamentali (in particolare aggressività). E' autrice di più di cento libri cinofili, ha curato la serie televisiva "I fedeli amici dell'uomo" ed è stata conduttrice del programma TV "Ti presento il cane", che ha preso il nome proprio da quella che era la sua rivista cartacea e che oggi è diventata una rivista online. Per diversi anni non ha più lavorato con i cani, mettendo a disposizione la propria esperienza solo attraverso questo sito e, occasionalmente, nel corso di stage e seminari. Ha tenuto diverse docenze in corsi ENCI ed ha collaborato alla stesura del corso per educatori cinofili del Centro Europeo di Formazione (riconosciuto ENCI-FCI), era inoltre professionista certificato FCC. A settembre 2013, non resistendo al "richiamo della foresta" (e soprattutto avendo trovato un campo in cui si lavorava in perfetta armonia con i suoi principi e metodi) era tornata ad occuparsi di addestramento presso il gruppo cinofilo Debù (www.gruppodebu.it) di Carignano (TO). Ci ha lasciato prematuramente nel maggio del 2016, ma i suoi scritti continuano a essere un punto di riferimento per molti neofiti e appassionati di cinofilia.

di VALERIA ROSSI – L’argomento “corsi” è tornato alla ribalta dopo il brutto fatto di cronaca che ha visto coinvolta una volontaria di canile, che è poi risultata essere anche in possesso del “diplomino” di turno e che per questo i giornali hanno definito “esperta educatrice”, “specializzata in cani di grande taglia” eccetera eccetera.
Ovviamente questo ha dato la stura ai commenti negativi “contro” i corsi, ritenuti inutili, mangiasoldi, sprecatempo eccetera eccetera. Premetto che tutto ciò che dirò da qui in poi NON ha nulla a che vedere con la volontaria di cui sopra (che non conosco e che quindi non mi permetterei mai di giudicare), e premetto anche che personalmente NON sono in possesso di alcun diploma o diplomino (ai “miei tempi” i corsi non esistevano affatto: e quando hanno cominciato ad esistere lavoravo con i cani da più di vent’anni e non mi è più sembrato il caso di frequentarne uno). Tengo però lezioni (a volte teoriche, a volte pratiche, a volte entrambe) in diversi corsi (soprattutto ENCI, ma non solo); e al nostro stesso campo, il Debù, organizziamo corsi per addestratori ENCI.

11659372_10205864406081617_5609659436358701915_nPartiamo da qui, dunque, per farci la prima domanda: lo facciamo per “mangiare soldi alla gente”?
La risposta è un deciso NO. Quello che facciamo (o almeno, che ci sforziamo di fare) è gettare le basi per costruire nuove professionalità in campo cinofilo: guadagnandoci anche qualcosa, certamente, perché si tratta di un lavoro (pure impegnativo e pieno di responsabilità) e chi lavora va pagato, punto.
La seconda domanda, ovviamente, è: “Ci riusciamo, a formare nuovi professionisti capaci?”
La risposta, se ci si limitasse al corso in se stesso, sarebbe un altro deciso NO: un corso di 150 ore non basta assolutamente a creare figure competenti.
Proprio per questo noi offriamo ai nostri allievi anche un tirocinio successivo (gratuito), oltre alla possibilità di frequentare ulteriori stage, seminari eccetera che si tengono sul nostro campo a prezzi di favore. Ma non lo sto dicendo per “fare pubblicità” al Debù (che non ne ha bisogno, perché i nostri corsi sono sempre fin troppo numerosi): lo sto dicendo perché dovrebbe essere evidentissimo a tutti (corsisti in primis) che il diplomino non ti autorizza a cominciare a lavorare il giorno dopo con i cani altrui.
Non si è pronti neppure per gestire un chihuahua amichevole col mondo: e figuriamoci se si è pronti ad affrontare un cane aggressivo e/o mordace.
Noi lo ripetiamo ai nostri corsisti fino alla nausea (ma anche in altri corsi che ho avuto modo di osservare ho sentito dire le stesse cose): “avete le basi e SOLO le basi: ora dovete costruire tutto il resto”. L’ho scritto pure ieri nell’articolo sull’esame: sono state gettate le fondamenta, ma della casa non c’è ancora traccia.
Quella si costruisce col tempo, con l’esperienza, osservando i veri esperti al lavoro e cercando di carpire il più possibile, di “copiare”, di “rubare”. Proprio come si faceva “ai miei tempi”.
Si comincia a pasticciare un po’ con il proprio cane, poi magari si prova con quello dell’amico (possibilmente NON problematico); poi – e questo “poi” significa “dopo almeno 5-6 anni di esperienza sul campo, che può anche essere affiancata dalla frequentazione di ulteriori corsi, stage, seminari e quant’altro” – si può pensare di avere davvero in mano un mestiere.
Questo significa che i corsi siano  “soldi buttati”, che non servano a nulla?
Ancora una volta, la risposta è NO. Restando alla solita similitudine, avete mai provato a costruire una casa senza le fondamenta?
Significa che i corsi potrebbero/dovrebbero essere strutturati in modo diverso e più completo?
Questo, forse, sì… però chiediamoci quanto costerebbero. I docenti non vengono per la nostra bella faccia, le strutture non ce le danno per amor della cinofilia, le giornate di campo tenuto fermo per i corsi sono un mancato guadagno… se quantifichiamo tutto questo, ci renderemo conto che un corso “veramente” completo costerebbe all’incirca quanto un corso universitario (e durerebbe altrettanto).
Senzxa contare che perfino quando si esce dall’università NON si è del tutto pronti ad iniziare un lavoro!  E infatti esistono specializzazioni, tirocini, esami successivi e quant’altro.

IMG_1359Il brutto è che questo discorso tu lo puoi fare nel modo più chiaro possibile, ma non è assolutamente detto che venga recepito.
E se non viene recepito, non puoi farci nulla: ovvero, non hai alcuna arma per impedire al corsista che si sente già totalmente “imparato”  (e che non può esserlo) di aprirsi un campo il giorno dopo, cominciando presumibilmente a far danni (ai cani, ma soprattutto a se stesso).
Peraltro, nessuno può impedire di aprirsi il campo neppure al tizio che ha guardato la trasmissione sui cani in TV e si sente prontissimo a lavorare con qualsiasi soggetto.
Purtroppo la cinofilia è ancora “terra di nessuno” (anzi, ormai sarebbe meglio dire che è terra “di troppi”).
Come ho già accennato sopra, nessun medico, avvocato o notaio può uscire da un corso universitario e mettersi a lavorare senza aver fatto tirocini, superato esami di abilitazione e così via: gli addestratori (o sedicenti tali) sì.
Si sta cercando di colmare questa lacuna con le certificazioni FCC (anche queste assai criticate, solitamente da chi non ha capito cosa siano), ma per il momento neppure queste sono obbligatorie e quindi vige la totale anarchia.
Tornando a bomba: aver preso il diplomino dopo il corso, cosa significa?
Significa aver acquisito una buona base teorica (sempre che si sia studiato!) e qualche (“qualche”!) cognizione tecnica: fine.
Non è poco, eh? E’ ciò che può consentire di iniziare un percorso.
Per la terza volta, ribadisco: ci sono le fondamenta, non c’è ancora la casa.
Se poi qualcuno lascia credere ai propri corsisti di essere già arrivati al tetto, quel qualcuno è un vero e proprio disonesto:  ma ripeto che finora non ho mai sentito dire a nessuno, in nessunissimo corso, “siete pronti, domani potete aprirvi il campo”.

11403360_10205864416761884_6568431849178277947_nSono gli allevi che molto, troppo spesso si lanciano allo sbaraglio, per i seguenti motivi:
a) hanno speso soldi, tempo ed energie che vogliono recuperare quanto prima (soprattutto i soldi. E con i tempi che corrono, posso pure capirli);
b) sono troppo presuntuosi: una volta imparato cosa sono rinforzo negativo e punizione positiva, credono di aver acquisito tutto lo scibile cinofilo (a chi di noi cinofili “di lungo corso” non è mai capitato di venire ripresi e rimproverati dal “maestrino” di turno, che magari  si permette di salire in cattedra dopo aver fatto il corso di due week end?);
c) nessuno può impedire loro di suicidarsi lavorativamente e a volte anche letteralmente (se affrontano cani mordaci senza una preparazione specifica), perché una normativa decente in questo settore non c’è.

11050651_10205864419721958_7595999667237162513_nCerto, non è una bella situazione. E si corrono grossi rischi se alla presunzione di saper affrontare troppo presto cani “facili” e comunque innocui (rovinando “soltanto” loro) si aggiunge quella di sentirsi pronti ad affrontare i casi difficili.
Qui dipende molto anche dal tipo di formazione ricevuta: che per quanto sia sempre incompleta (anche ai nostri corsi, sia chiaro) può comprendere almeno un’infarinatura su certe problematiche (e soprattutto un bel lavaggio del cervello su quali cani NON si devono prendere in carico fino a quando non si è acquisita la necessaria esperienza/competenza), oppure lasciar intendere che “i cani sono tutti uguali”, che esistono metodi “buoni per tutti”, che “basta l’ammmoooore” per rendere docile e scodinzolante qualsiasi killer a quattro zampe e così via.
Inutile dire che questo tipo di formazione (o forse dovrei dire di “disinformazione”) è mille volte più pericoloso: ma è pericoloso anche uscire da un corso serio e valido, in cui è parlato di rieducazione e riabilitazione, e pensare di potersi occupare il giorno dopo del cane di sessanta chili che ha già mandato all’ospedale mezza famiglia.
NON – SIETE – PRONTI per questo: qualsiasi corso abbiate seguito, qualsiasi qualifica vi abbiano attribuito.
Appena usciti dal corso, quello che avete acquisito è il minimo storico di competenza che vi permetterà di seguire il lavoro del vostro istruttore capendo quello che sta facendo e perché lo sta facendo (prima non avevate neanche questa).
Potrete seguire un cucciolo nelle prime fasi della sua vita senza fare danni, e forse potrete aiutare la Sciuramaria a smettere di fare sci nautico appesa al suo border collie da divano. Sarete in grado di spiegarle perché il suo cane tira e forse saprete aiutarla a non farlo tirare più: “forse”, perché non è detto che abbiate assimilato bene le tecniche. In 50, ma anche in 100 ore, non c’è davvero il tempo materiale per impararle tutte.

IMG_1345Non parliamo poi di sport, perché è letteralmente folle – e lo dico senza timore di essere smentita – pensare che da un corso ENCI si esca abilitati ad addestrare “cani di utilità, compagnia, agility e sport“, come sta scritto nella descrizione del “settore 1”.
Ma santiddio, 100 ore non bastano neppure per insegnare ad impostare correttamente una pista!
Sempre per rimanere al Debù (visto che posso parlare solo di ciò che conosco), per alcuni dei nostri allievi diplomati al penultimo corso (perché l’ultimo è finito due giorni fa) si sta tenendo una serie di work shop solo sulla condotta formale: abbiamo già fatto una giornata intera, questo week end ne faremo altre due… (e 50 ore sono belle che andate) e dubito che saremo riusciti a finire.
Tutto questo per UN singolo esercizio di obbedienza, con meno di dieci allievi presenti.
Come si può pensare di essere “pronti ad addestrare cani” in UD, agility e sport vari dopo 50 ore di pratica, in un corso che vede iscritte una trentina di persone?
A meno che non ci si limiti a “far vedere” un cane già perfettamente addestrato, senza spiegare neppure come ci si è arrivati (e purtroppo ho sentito parlare di campi in cui la parte pratica funziona più o meno così!), solo per far prendere un guinzaglio in mano a tutti e far ingaggiare e motivare tutti i cani se ne va metà del tempo a disposizione.
Non c’è il tempo materiale per insegnare quasi nulla di pratico… ma senza tanta, ma tanta pratica nessuno si dovrebbe neppure sognare di aprire un campo.

IMG_1336Insomma, la situazione è questa e purtroppo ci vorrà ancora tempo perché le cose cambino: per il momento tutto sta alla sensibilità, all’intelligenza, alla dannatissima umiltà dei corsisti, che devono smetterla di pensare “siccome ho speso tot, domani devo cominciare a lavorare”, perché non sono pronti.
Non sono realmente pronti neppure per prendere in mano un cucciolo, se non si fanno affiancare da qualcuno più esperto: e per nessun motivo al mondo dovrebbero prendere in mano un cane adulto e problematico.
Purtroppo il fatto di dirlo, ridirlo, ripeterlo e straripeterlo non è sufficiente.
Il sotuttoio di turno ci sarà sempre… e gli va bene finché si limita a sentenziare su FB gettando fango su gente che ha cominciato a lavorare quando lui non era ancora nato. In questo caso irrita, ma non nuoce. Se invece si mette davvero a prendere cani al guinzaglio, il male minore è che rovini il cane, il rischio maggiore è che si faccia male lui… anche se a volte, di fronte a certe esternazioni di arroganza e presunzione, mi verrebbe quasi da ribaltare i termini del discorso.

 

 

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22 Commenti

  1. Buongiorno a tutti,
    volevo esporre la mia modesta opinione in qualità di, spero, futura addestratrice Enci. Da poco terminato il corso, avrò a breve l’esame. Non voglio peccare di presunzione ma ritengo, rispetto a tanti miei colleghi di corso, di avere un approccio diverso al settore. Sono figlia di un addestratore/allevatore che esercita da 30 anni, uno che come la Sig. ra Rossi di attestati e diplomini vari non ne ha perchè non si usavano ai tempi. Però uno che con i cani CI LAVORA (e non li guarda a distanza) da decenni. Quel che intendo non è che “perchè papino è nel settore io ho la pappa pronta”, tutt altro! Io lavoro come impiegata dal lunedì al venerd’ a tempo pieno, nel weekend frequento sempre il campo, assisto, osservo, sono stata allieva per più anni e lo sono ancora, ho preparato il mio cane per il Bh (non da sola ma appoggiandomi ad una sezione Sas), ho aiutato per anni con le pensioni e quando c’era l’attività anche nei lavaggi (e credetemi che l’attività di toelettatura è molto sottovalutata). In tutto questo, indovinate? Praticamente mai fatto fare manco un seduto ad un cane che non fosse mio! Invece nella pause del corso sentivo gente che parlava di clienti che sta seguendo con i quali deve lavorare sulla predatorietà del soggetto. La pre che? Io resto ba-si-ta. Tutti a riempirsi la bocca di paroloni che servono solo a rintronare le persone. “E’ un atteggiamento sicuramente patologico”, patologico? cribbio ma di’ “non credo sia normale”, consulta un’esperto prima di sentenziare! Ormai se si va al parco ci sono più educatori che cani. E’ vero, il settore è in boom, abbiamo anche i corsi per dog-sitter (tre stagioni in una pensione ti formano meglio).
    Non mi venite a dire che ci sono solo porte chiuse un faccia quando si domanda per collaborare, ammettete invece che ci sono parecchi soggetti che pensano di presentarsi in un centro avviato ed entrare dalla porta principale come educatori perchè hanno sto benedetto diplomino. Umiltà ragazzi miei, umilità a vagonate. E, ribadisco quanto scritto sopra, ci sono più educatori che cani! Il lavoro di educatore/addestratore/allevatore ecc è duro e faticoso. Non pensiamo solo “che bello sto in un prato verde a giocare con tanti pelosi morbidosi”, non si fanno i miliioni (altrimenti, scusate, col piffero che facevo l’impiegata!). E’ giusto provarci ma la concorrenza è tanta e probabilmente una persona che ha un centro tra chi gli si presenta con il diplomino e non ha mai visto un cane in vita sua e chi ha frequentato quel centro per qualche anno, ha lavorato con il suo cane, beh..magari preferisce quest ultimo, no? forse solo perchè OGGETTIVAMENTE ha dell’esperienza in più. E indoviniamo un po’? E’ quello che capita in ogni santo lavoro! Io uscita dall’università ho penato mesi prima di trovare uno stage con un rimborso misero. Fatto quello sono arrivati duemila contratti a termine e nel frattempo maturavo esperienza. E’ la stessa identica cosa. Mi spiace se posso risultare poco simpatica, davvero però ho difficoltà a capire chi decide di intraprendere questa strada perchè potrebbe essere un lavoro alternativo, perchè non trovo altro, ancora peggio quelli che “perchè amo i cani”. Non basta l’ammmòòòre qui. Perchè un cane che ti si fionda addosso, non lo sistemi con peace&love-volemosebene-cià bacino.
    Cio’ che bisogna augurarsi e’ che vi sia quanto prima una disciplina per mettere un po’ di ordine, per dare la possibilità magari anche a tutti di esercitare ma con criterio e serie competenze. Siano i benvenuti tutti i corsi di questo mondo, sono sempre utili, danno spunti o comunque ti portano a porti due/tre domande che male non fa.
    Un caro saluto a tutti e un grazie a “Ti presento il cane” per il lavoro che quotidianamente svolge in ambito di informazione cinofila.
    Eleonora

  2. Quello che dice Valeria in questo articolo non vale solo per la cinofilia ma per qualsiasi lavoro. Io sono un informatico dopo aver terminato la scuola (ben più di 100 ore) ero pronto ad aprire una mia azienda? ovviamente no, ero pronto a lavorare in autonomia? ovviamente no. Sapevo meno del 10% di quello che so ora e come ho fatto a diventare un professionista? grazie alla passione per il settore, grazie al fatto che ho sempre continuato a studiare per conto mio e al fatto che sono stato affiancato a persone con molta più esperienza quando ero giovane.

    Il problema della cinofilia, dal punto di vista lavorativo, è che mi sembra che ci siano più educatori che cani con padroni disposti a farli educare. Non certo che un giovane educatore uscito da un corso pretenda di poter lavorare e guadagnare, ma un ragazzo dovrebbe lavorare sotto supervisione costante di qualcuno esperto non aspettare 5-6 anni facendo cosa poi? il barbone addestratore? io spero che nessuno pretenda da un ragazzino di 20anni, alla prima esperienza, di lavorare con cani aggressivi di 60kg. Come io non pretendo che un neo-informatico sappia configurarmi una rete aziendale da 0 senza nessun aiuto.

  3. Io ritengo che il ragazzino di 20 con il primo cane al guinzaglio che frequenta un CORSO ADDESTRATORE ENCI quando dà l’esame poi è “giustamente” convinto di essere un addestratore e invece è appena un principiante cinofilo
    Credo che ci dovrebbe essere una selezione e chi accede a questi corsi l’esperienza dovrebbe già averla! Chi guarda nel sito ENCI per cercare un Addestratore crede poi di rivolgersi ad un addestratore e non a gente che non sa nemmeno dove stanno orecchie e coda, non a principianti che sanno 4 nozioni e le interpretano male
    Ritengo che questa moltitudine di corsi ENCI addestratori educatori ora anche OPERATORI CINOFILI (che sarà mai????) Servano solo per fare un pò di soldi con la prospettiva di un titolo. Se si organizzassero gli stessi corsi solo per diffondere cultura cinofila non si iscriverebbe nessuno
    Questo è il pensiero di chi come me dopo 16 anni di esperienza con i cani non ha un titolo da Addestratore Enci perché 2000 euro per non imparare nulla (proprio perché sono corsi per principianti) non voglio ne posso spenderli
    Roberta

    • Concordo sulla selezione iniziale, inoltre a mio parere ci vorrebbe più “severità” per cercare di dare la giusta professionalità a tutto il settore perché fino a quando si troveranno i coupon per diventare operatori cinofili tutto va a quel paese.
      Da cliente la cosa più complicata è capire dove andare e a chi rivolgersi perché si trovano continuamente informazioni contrastanti. Quindi cercherei di definire e restringere le figure professionali.
      Poi mi chiedo, ma se i professionisti diciamo di vecchia data non hanno fiducia nell’Enci come si fa a dare credibilità a tutto il resto?
      Che consigli si potrebbero dare ai giovani considerando che trovare un campo per fare la gavetta è veramente complicato?
      Servirebbe a qualcosa passare per l’università? Tipo quello che è stato fatto con gli infermieri un bel po’ di anni fa, dal semplice requisito dei 16 anni a laurea triennale obbligatoria con un anno di tirocinio in tutti i reparti. Oppure si potrebbero legare di più gli allevatori e i canili con addestratori professionisti e “tirocinanti”. Ovviamente queste sono idee campate per aria, ma di base penso servano più regole.

  4. Ho letto velocemente e non vorrei sbagliarmi…. Parla di background, di riabilitazione e distingue cani grossi e cani piccoli ma non sembra mai che faccia riferimento a Medici Veterinari Comportanetalisti. La riabilitazione in psicologia canina o umana consiste nel recupero delle capacità psico/fisiche, quindi recupero di deficit cognitivi, deficit dell’apprendimento, patologie psicologiche/ neurologiche ecc. che gli permettono di inserirsi o reinserisi nel tessuto sociale e parlando di cani si intende sia a livello intra che inter specifico. Forse sarebbe bene sottolineare, e chiedo scusa se lo avesse già fatto, che ognuno deve fare il proprio mestiere e l’educazione l’istruzione del cane non sono sinonimi di riabilitazione ma devono affiancare il processo riabilitativo psico comportamentale/farmacologico svolto da un MEDICO VETERINARIO ESPERTO IN COMPORTAMENTO ANIMALE. Marco Catellani Medico Veterinario Comportantalista e Etologo

    • Dott. Castellani ritengo che anche un medico veterinario “ESPERTO”in comportamento animale lo sia dopo tanti anni di esperienza. Io sono architetto ma nessuno mi ha affidato un progetto di un grattacielo dopo 3 giorni dal timbro……Conosco medici veterinari comportamentisti che dopo la specializzazione senza aver mai tenuto un cane al guinzaglio decretano la morte per aggressività senza nemmeno tentare un recupero. Ci va conoscenza esperienza empatia lavoro tanto, osservazione, ecc ecc…I miracoli non esistono
      Arch. Invernizzi, Istruttore cani da ricerca, Educatore Cinofila, Operatrice cinotecnica di cani tutor, unita’ cinofila da ricerca dal 2004

    • Dottor Catellani, qui si parlava di addestratori e di corsi per addestratori. Non ho fatto riferimenti ai medici veterinari comportamentalisti perché il discorso sarebbe stato lunghissimo ed è troppo complesso per affrontarlo in poche righe. Comunque, se vuole la mia opinione… personamente sono d’accordo con lei sul fatto che “la riabilitazione in psicologia canina o umana consista nel recupero
      delle capacità psico/fisiche, quindi recupero di deficit cognitivi,
      deficit dell’apprendimento, patologie psicologiche/ neurologiche ecc.
      che gli permettono di inserirsi o reinserisi nel tessuto sociale”… ma sono anche profondamente convinta che questi deficit esistano forse nell’1% dei casi, quando si parla di cani.
      Nell’altro 99% dei casi il problema è tutto umano: o l’umano vive come un problema ciò che invece è normalissimo per il cane, oppure l’umano ha “costruito” il problema con un approccio scorretto, un’educazione lacunosa, una gestione raffazzonata.
      E’ vero che ognuno dovrebbe fare il proprio mestiere, ma purtroppo devo dire che in TROPPI casi (non in tutti, per carità: ma sicuramente in troppi) i comportamentalisti – un po’ perché la loro stessa formazione è impostata prevalentemente sulla farmacologia, un po’ perché c’è un innegabile business di cui tenere conto – EVITANO di spiegare al proprietario del cane quale sia il vero problema e preferiscono prendere “scorciatoie” come quella – che a mio avviso è veramente sciagurata – della terapia farmacologica, che invece avrebbe senso qualora esistesse una vera e propria patologia.
      La mia personale formazione è sia scientifica (non mi sono laureata, ma ho dato 48 esami a vet e ho frequentato tutti i cinque anni) che pratica (lavoro con i cani da 40 anni). All’università non ho MAI sentito una sola parola sul comportamento e sull’etologia (anzi, l’esame di etologia l’ho dato: ma di cani non c’era traccia!): quindi tutta la formazione comportamentalista di un veterinario si riduce ai tre anni di Master, che sono veramente pochissimi per imparare a capire “il cane”. Quello che vale per gli addestratori vale anche per i vet: ci vuole tanta, ma taaaanta esperienza pratica, ci vuole la santissima gavetta. Non me la sento proprio di dire che “di problemi comportamentali si deve occupare il comportamentalista” : preferisco dire che di problemi comportamentali si deve occupare una persona davvero ESPERTA, che non si sia limitata a fare il corso (o il master) ma che abbia acquisito le competenze necessarie stando sul campo per anni. Aggiungo anche che “sul campo” significa “sul campo”, con il guinzaglio in mano, a valutare il cane atraverso i suoi comportamenti e NON attraverso i racconti dei proprietari, come (di nuovo troppo spesso) succede nell’ambulatorio dei comportamentalisti. Aggiungiamo pure che la psicologia canina è ancora una terra in gran parte inesplorata, e che i veterinari comportamentalisti mutuano quasi tutte le loro conoscenze dalla psicologia umana (ma siamo due specie diversissime!), e la frittata è – purtroppo – completa.

      • Posso aggiungere un piccolo appunto sulla farmacologia negli umani? Se è vero e dimostrato che per certe persone la cura farmacologica è l’unica strada per una vita serena, per molti casi la cura è un “aiuto” perchè i problemi sono creati da situazioni di vita (familiari, lavorative) che lo psichiatra non può risolvere (non è che si può dire “cambia genitori”, o “tranquillo, da domani il mutuo non lo devi pagare”) e i farmaci sono di grandissimo aiuto per sopportare con maggiore serenità le situazioni che bene non vanno e che non promettono di migliorare a breve termine. I farmaci possono dare la forza per non lasciarsi andare.
        Un cane può avere problemi neurologici, ma -si spera!- non dovrebbe avere il livello di stress e conflitti che raggiungono gli umani, visto che i problemi di un cane sono molti, molti, Molti meno, e nella maggior parte dei casi non deve nemmeno essere lui a risolverli.

      • Mi preme puntualizzare che all’università di medicina veterinaria la situazione non è più come anni fa… ho frequentato personalmente il corso di Medicina Comportamentale durante il quinto anno del corso di laurea e devo dire che adesso si presta molta più attenzione alla psicologia e allo studio delle basi neuroanatomiche del comportamento, all’etologia (su cane e gatto, non più oche 🙂 ) e all’approccio comportamentale sì….ma del padrone! Esercizi, prossemica, giochi, gestione dell’ambiente domestico e relazione cane-famiglia acquistano più importanza della terapia farmacologica (che a volte però fa la differenza -anche per colpa della stupidità umana- tra risolvere i problemi e garantire una vita serena al cane e condannarlo ad una vita da recluso in un recintino o una stanza d’appartamento…la discriminante è sempre la volontà del proprietario purtroppo). Detto questo, la medicina comportamentale SERIA non appiccica nozioni di psicologia umana ai cani (quella è l’esclusiva di un furbone/genio che ci ha costruito un impero -MIA OPINIONE), ma va avanti nello studio e nella ricerca di quella che realmente è la psiche canina (e felina). Ritengo che ancora le lacune siano molte, soprattutto per quanto riguarda il discorso disciplina e leadership (beh…io vengo dall’ipo…!!) e che le infiltrazioni di buonismo rallentino il progresso (la persecuzione allo strumento di turno è del tutto controproducente), però di lacune ne ha molte anche il mondo dell’addestramento (quanti educatori prima di prendersi carico di un recupero comportamentale chiedono un esame completo del cane da un veterinario per escludere eventuali cause organiche che potrebbero essere la causa dei suoi problemi???).
        La collaborazione tra veterinari comportamentalisti epurati dallo snobismo e addestratori ed educatori epurati dall’arroganza porterebbe a vere meraviglie.

  5. Come mia personale opinione ritengo che i corsi siano utili anche per chi non ha intenzione di aprire un campo.
    Per esempio io vorrei aprire una toelettatura e oltre a tutti i corsi e tirocini che dovró fare mi piacerebbe frequentare un corso di addestratore cinofilo, per avere quelle conoscenze “in piú” e rendere le fondamenta piú sicure anche se non apriró mai un campo.
    O anche per esempio chi fa la dogsitter, ho tiene una pensione per cani o comunque a che fare con il mondo della cinofilia in modo professionale.

  6. Sto cercando di paragonare mentalmente un addestratore (in una qualsiasi disciplina) ad un istruttore sportivo. Che debba insegnare Un solo sport, ad esseri umani, che parlano e capiscono quello che gli dici. E che di solito non mordono e anzi se vengono da te sono pure ragionevolmente intenzionati ad ascoltarti (mentre il cane non lo sa che il proprietario sta pagando per ottenere qualche risultato).
    Partendo da “zero” in uno sport, 100 ore si potrebbero accumulare in sei mesi (o un anno, a seconda della frequenza, o 2/3 mesi molto intensi).
    Ma voi avete mai sentito in qualsiasi universo conosciuto che dopo un anno di pratica si sia qualcosa di più di “principianti ben avviati”? Qualcuno di voi, in qualsiasi sport, dopo 6 mesi si è sentito dire “complimenti, hai superato il corso istruttori”? Il corso istruttori mediamente viene proposto solo agli allievi più bravi, dopo ANNI dall’inizio del dato sport e dopo che abbiano dimostrato una certa bravura tecnica.
    Ad un anno dall’inizio, va di lusso se hai capito come fare una cosa o due.
    Come può essere diversamente in uno sport cinofilo, dove devi insegnare Sia ai proprietari umani, Sia ai cani?

    • Purtroppo, e ribadisco purtroppo, io uno sport in cui si possa diventare istruttori in brevissimo tempo lo conosco, la subacquea. Con alcune didattiche ho visto gente diventare istruttore in tempi ridicoli…

        • Non conosco tutti i certificati di tutti gli enti (che sono davvero tanti) ma se uno che non ha mai visto un cavallo prova a insegnare dopo “100 ore” o una quantità simile, è messo ancora peggio di chi cerca di lavorare con i cani…

  7. Mageroya purtroppo le cose non stanno come dici tu. La maggior parte delle persone che frequenta i corsi ha invece due obiettivi: aprire un campo o comunque trasformarlo in una professione oppure arrotondare l’introito del proprio part-time lavorando di mattina e addestrando il pomeriggio. Siamo invasi, invasi, da educatori addestratori de noartri che dopo 100 ore sanno tutto! Che dopo 20 e passa anni, a preparare prima i miei e poi i cani degli altri in ipo, aborriscono di fronte ad un “No” dato ad un cane che sta cercando di mangiarsi le feci di un altro cane. Se si cercasse DAVVERO di formare e preparare addestratori esisterebbero corsi che sarebbero di approfondimento personale. Mentre per intraprendere il ruolo di addestratore e/o preparatore questi dovrebbero richiedere una costante partecipazioni a gare o frequentazione obbligatoria di campi di PROFESSIONISTI seri. Per chi ha passione come me, frequentare i campi imparando e “rubando” come afferma la sig.ra Rossi e preparare i propri cani è la normalità. Chi si sognerebbe di fare il cuoco in un ristorante dopo 100 ore di un corso amatoriale? E quale titolare di locale sarebbe cosi pazzo da assumerlo? Invece nel mondo cinofilo funziona cosi. Diciamoci le cose come stanno. L’ENCI ha fiutato l’affare. Ha capito che con questi corsi incassa circa 1500/1700 euro a persona ed il bacino di utenza è vastissimo. Come vengono pubblicizzati i corsi? Con il marketing “Fai della tua passione un lavoro” “Trasforma la tua passione in guadagno”. O mi volete raccontare che Gesù è morto per il freddo ai piedi?

    • Sul fatto che l’ENCI (insieme ai corsi non riconosciuti) abbia fiutato l’affare sono pienamente d’accordo con te, ma è proprio per questo che ritengo che ci siano troppi corsi e pochi regolamenti, sembra tutto così facile e bello. Forse in questo campo, in cui ritrovo delle caratteristiche simili alla maggior parte dei lavori artigiani (passione, manualità e testa), più che i corsi sarebbe l’ideale rispolverare il vecchio apprendistato (non lo stage di oggi) in cui un giovane va umilmente per qualche anno in un campo (anche se oggi non so quanto possa essere facile trovare il campo adatto… senza trovare guerre cinofilosofiche, cino-sette o altro). Genericamente parlando, il futuro elettricista o la futura parrucchiera partono di norma da una scuola professionale/tecnica o da un corso, ma senza affiancamento non vanno da nessuna parte. La differenza è che loro lo sanno perfettamente, nella cinofilia di oggi non è ancora una cosa così scontata.

  8. E quindi come si fa? Qual è il percorso da seguire? Ai giorni nostri solo i figli degli addestratori possono intraprendere il mestiere dei genitori?
    No, perché come fai? Se lavori come fai ad andare al campo a fare pratica e a imparare col tuo cane?
    E se non lavori? Come ti permetti corsi, stage, workshop e tutto il cucuzzaro?
    È un mondo strano quello degli addetti ai lavori, in questo settore, e dubito sinceramente di riuscire mai a farne parte.

    • Luigi la penso esattamente come te e credo che l’assenza di risposte alla tua domanda non sia sinonimo di indifferenza ma semplicemente di impossibilità a darti una risposta apprezzabile. A mio parere, come la sig.ra Rossi ha intelligentemente già fatto notare, entrare in questo mondo per bene…quindi non solo con il corsetto da 10 weekend….e un pò paragonabile all’università. Quindi servirebbe una famiglia dalle solide economie che ti permetta di passare 7/8 anni ad imparare pagando. Sul concetto di “rubare” l’esperienza sul campo sono comunque d’accordo se non fosse che per rubare dovresti poter entrare in campo sempre e non solo per il corso che paghi e questo è quasi impossibile visto che se chiedi di dare una mano senza chiedere alcuna retribuzione comunque il più delle volte è una porta chiusa. Che ci sia la volontà dei veri professionisti (perlomeno qui da me) di tenere i segreti all’interno? di creare un circolo chiuso? mah

      • Grazie mille per la risposta, signor Arcangelo.
        Purtroppo la passione per i cani non l’ho scelta ma è una cosa che ricordo avere da sempre.
        Mi sono beccato una bella fregatura 😉
        Io mi faccio (giustamente!) “il mazzo” già l’estate nei locali per potermi pagare l’università, pagare anche un campo costantemente è, ahimé, fuori dalle mie possibilità. Ma, come da Lei precedentemente specificato, anche proponendosi a titolo gratuito come “raccatta-cacche” e tutte le sue varianti, si riceve un secco NO in faccia quando va bene. Non so quali segreti di Fatima debbano tenersi chiusi in alcuni centri cinofili né del cosa si debba avere paura nell’accettare un ragazzo al proprio campo.
        Siamo alla deriva della cinofilia, dove si ha paura che si mandino in giro spie di sigle rivali? Dove già il fatto di lavorare è “grasso che cola?”

  9. Ritengo che ci siano troppi corsi e che questi vengano presi come strada da tanti giovani per trovare facilmente lavoro con i cagnolini che piacciono tanto, vista anche la crisi. Qualche mese fa ho partecipato ad un colloquio di gruppo composto da circa quindici persone (dai 20 ai 40 anni) per diventare commesso di una grossa catena di negozi per prodotti per animali. Almeno la metà delle persone presenti era educatore cinofilo (principalmente ragazze) e si lamentava del fatto che non riusciva a trovare lavoro in quel settore, non poteva aprire un proprio campo (alcuni l’avevano aperto ma poi chiuso) o non riusciva a trovare un posto in centri già esistenti. Non c’è assolutamente niente di male in questo, ma mi chiedo, non ce ne saranno troppi di corsi? Fortunatamente non tutte le persone che frequentano corsi sperano di lavorare come educatore/addestratore, ma semplicemente vogliono aumentare le proprie conoscenze cinofile però per tanti giovani trovo il settore poco regolamentato.

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