venerdì 29 Marzo 2024

L’eccessiva automazione del rapporto col cane: i pasti

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Davide Beltrame
Davide Beltramehttps://www.tipresentoilcane.com
Figlio di Valeria Rossi dalla nascita, creatura mitologica a metà tra uomo e cane, con tratti bestiali dello yeti. Solitamente preferisce esprimersi a rutti, ma ogni tanto scrive su "Ti presento il cane" (di cui è il webmaster, quando e se ne ha voglia). La sua razza preferita è lo staffordshire bull terrier, perché è un cane babbeo che pensa solo a mangiare e a dormire. Esattamente come lui.

di DAVIDE BELTRAME – Come programmatore e in generale come semi-appassionato di tecnologia, solitamente vedo di buon occhio o quantomeno con una certa curiosità le innovazioni dell’IoT (Internet of Things), soprattutto quando applicato alla domotica. Nonostante ciò, mi sembra che su alcuni aspetti si tenda ad esagerare, andando dal superfluo quando non al dannoso…soprattutto nel rapporto con i nostri animali. E ora vi spiego il perchè di questa mia impressione.

Abbiamo sottolineato più volte come sia importante creare un legame con il proprio cane e un rapporto, che ovviamente non può essere saltuario: quale considerazione può avere il cane per una figura che vede raramente con cui interagisce ancora meno? Si tratta di un animale sociale che ha bisogno di un contatto con il suo “branco”, e questo è uno dei motivi per cui lasciare il cane sempre solo in giardino è praticamente un maltrattamento trattandosi di quello che viene definito “isolamento sociale”.
Alla luce di questo, mi chiedo che senso abbiano prodotti come PetNet, un “distributore di cibo” smart, connesso al web. Lo scopo di questo strumento in pratica è dilazionare il cibo fornito al cane in base a orari stabiliti dal proprietario, per cui gli vengono date tot razioni in base alle nostre impostazioni; funzioni aggiuntive sono la possibilità di ordinare il cibo a domicilio quando finisce e a petnet-593x443quanto pare c’è una sorta di “ricettario” con le dosi consigliate in base al tipo di cane e all’attività che svolge. Quest’ultima funzione in particolare niente di rivoluzionario dato che basta affidarsi a uno specialista o chiedere aiuto in uno dei tanti siti e forum specializzati per ottenere consigli ancor più personalizzati di quanto magari possa fare un’applicazione.

Nonostante al momento il sistema sia compatibile solo con iOs e il prezzo non proprio bassissimo (149$), le vendite sono state piuttosto elevate (si parla di decine di migliaia di unità), tant’è che ha fatto abbastanza notizia un guasto ai server che ha cancellato la programmazione di varie periferiche…lasciando così a bocca asciutta un sacco di pet. Di questo fatto ad esempio ha parlato il Corriere della Sera.
A prescindere però dal guasto, io mi chiedo…perchè?

Okay, con questo sistema puoi nutrire il tuo cane o gatto anche quando sei assente, sia programmandolo che utilizzando la funzione di “apertura remota”…ma se sei talmente assente da non aver mai tempo per dare da mangiare al tuo cane (operazione che richiede pochi minuti, a meno che non prepari il cibo casalingo, ma in quel caso comunque non credo che la PetNet possa andare bene per distribuirlo…), forse dovresti porti altri problemi.
Perchè diciamocelo, anche ammesso che passi fuori casa 10 ore, hai comunque tempo al mattino e alla sera per dare da mangiare al tuo animale domestico…passi quando è cucciolo e si può avere la necessità di dare più pasti piccoli (ma torniamo al punto di prima: se stai fuori casa tutto quel tempo non è comunque pensabile avere un cucciolo e lasciarlo solo così tanto), ma il cane impara presto ad adattarsi alle routine e agli orari del suo umano e due pasti dilazionati durante la giornata sono più che sufficienti per la maggior parte dei soggetti.

Oltretutto, al netto del design e del fatto che sia “connessa al web”…si tratta sempre alla fine di un oggetto non esattamente indistruttibile lasciato in balia del cane (o del gatto): nei commenti su Amazon alcuni utenti raccontano di come il proprio animale abbia impiegato poco tempo a capire come aprire la parte contenente il cibo e fare self service – con tanti saluti alle razioni calcolate e alla dieta equilibrata –  ma alcuni soggetti potrebbe avere un approccio basato meno sul lavoro di neuroni…e provare semplicemente a rompere il tutto una volta assodato che contiene CIBO.

Quindi, perchè dovrei spendere 149$ (cifra con cui peraltro un cane o gatto “medi” si mantengono per un bel po’…) per un oggetto che ben che vada mi più far risparmiare 10 minuti durante la giornata, privandomi di un momento di rapporto col mio amico a 4 zampe, e che per di più non ha nemmeno una completa affidabilità?
Posso capire il caso in cui magari hai preso il cane quando avevi più tempo e in seguito hai trovato un lavoro più impegnativo, che ti tiene fuori di casa tantissime ore…ma non è che il cane una volta nutrito allora sia a posto, anche se purtroppo in molti spesso badano solo a quello e una volta che hanno dato acqua e cibo (e fatto fare qualche uscita veloce per i bisogni) pensano di aver fatto tutto il necessario per il proprio animale.

Concludo con una nota: stando all’articolo del Corriere menzionato sopra, in molti si sono affidati al PetNet anche quando sono andati in vacanza, e questo avrebbe aggravato l’entità del guasto ai server dato che i proprietari non erano a casa per compiere l’immane sforzo di nutrire “a mano” il proprio pet…ma spero che sia una ricostruzione solo ipotetica e forzata, un po’ perchè comunque il PetNet non sembra avere una capienza tale da contenere abbastanza cibo per tanti giorni se si ha un soggetto di taglia medio/grande…ma soprattutto perchè il cane oltre a mangiare ad esempio ha anche la necessità di uscire fare i bisogni…almeno finchè non inventeranno lo ShitNet.

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12 Commenti

  1. A parte che non lascerei mai qualcosa di elettronico e costoso in balìa dei miei cani, questo fa un paio con lo sparapalline automatico, l’ideale per trasformare il cane in un pazzo pallinodipendente!
    Iris è riuscita a togliere il coperchio al distributore di acqua, allagandomi la cucina!

  2. e qua ci vorrebbe nerofumo 🙂 perchè il punto è che che spesso l’offerta crea il bisogno!!! ma un dispenser di cibo per mariti e figli, no ehh?!

    • Mah! Non e’ proprio il mio campo pero’ ci proviamo.

      Generalmente quando si dice che l’offerta crea il bisogno si sta parlando di bisogno indotto. Per indotto si intende un bisogno associato a un bene che non e’ ne’ individuale ne’ primario.

      Per esempio, se compro le scarpe e’ perche’ ho bisogno delle scarpe per poter camminare proteggendo i miei piedi invece di camminare scalzo. Questo e’ un bisogno individuale nel senso che i piedi sono i miei e le scarpe servono a me. Se invece compro una particolare marca e modello di scarpe perche’ sono il veicolo per l’approvazione sociale nel gruppo all’interno del quale vivo mi trovo davanti alla soddisfazione di un bisogno – il senso di appartenenza al gruppo – che non e’ collegato alla funzione primaria del bene, ma a una sorta di funzione “accessoria” che potrebbe essere assolta da qualunque altro bene, cioe’ la soddisfazione del bisogno non e’ legata alla natura del bene (il fatto che si tratti di scarpe).

      In questo caso si tratta – credo – di un bisogno indotto da una pressione esterna alla persona. Nell’esempio delle scarpe potrebbe essere indotto dal gruppo sociale di appartenenza o al quale si vorrebbe appartenere (sei OUT se non hai quelle scarpe) oppure da un’operazione di marketing che crea l’offerta. Le tecniche sono un discreto numero ma io le riassumerei in due macro-categorie: quelle che inducono un bisogno di affermazione e quelle che inducono un timore dal quale poi potersi affrancare.

      Le prime sono quelle che, per esempio, stimolano il desiderio di elevazione sociale; le scarpe sono particolarmente lussuose e costose e quindi, se le compro, ne guadagno in prestigio sociale.

      Le seconde invece sono quelle che inducono un timore motivato da un potenziale pericolo e l’acquisto del prodotto serve a soddisfare non la sua funzione primaria, ma ad allontanare il timore del pericolo incombente.

      Con le scarpe viene un po’ difficile fare un esempio dei due approcci e quindi cambiamo: on andiamo piu’ a piedi e ci compriamo la macchina, un bel SUV.

      Dato per scontato la la funzione primaria di una macchina e’ quella di trasportare cose e persone. Come faccio a convincere qualcuno a comprare il mio SUV che non puo’ costare meno di 50.000 euro?

      Dico alla mammina (il mio target) che porta i bimbetti a scuola che il SUV fa la sua porca figura soprattutto se mollato davanti alla Panda 30 del bidello che nella pubblicita’ osserva ammirato SUV e bellissima e sofisticata signora che scende dal SUV (ma nella realta’ impreca dietro a quella putt… culona che ha parcheggiato quel camion e il suo culo immenso in doppia fila bloccando la sua Panda e tutta la via) e rientro nel primo caso.

      Dico alla mammina (il mio target) che porta i binbetti a scuola che la sua Panda parcheggiata in doppia fila potrebbe essere travolta dal furgone della mensa scolastica proprio mentre i suoi bimbetti stanno scendendo, non e’ detto ma potrebbe succedere e la scelta avveduta – l’acquisto del SUV extrasicuro – e’ l’unica consapevole di una brava madre che non vuole mettere a rischio la vita dei propri figli: comprare il mega-SUV.

      Mi vengono in mente due differenze tra i due casi:

      – nel primo il bisogno indotto e’ legato al benessere della persona che si sente meglio se puo’ girare col SUV che fa fico e quindi la soddisfazione del bisogno consiste nell’aggiungere qualcosa allo stato della persona;

      – nel secondo invece il bisogno indotto e’ sempre legato al benessere della persona inducendo pero’ un timore e il prodotto (il SUV) soddisfa il bisogno togliendo qualcosa allo stato della persona (il timore per l’incolumita’ dei figli)

      La differenza tra il primo e’ il secondo e’ che nel primo caso la mammina mantiene un ruolo attivo mentre nel secondo subisce un ruolo passivo. In entrambi i casi, pero’, rimane la funzione primaria del prodotto che e’ quella di trasportare cose e persone, funzione che non puo’ essere svolta dalla persona.

      Qui, parlando di dispenser di cibo per cani e di altri ammennicoli del genere, siamo di fronte a qualcosa di diverso che credo sia in qualche modo l’evoluzione del caso B del SUV, cioe’ la mammina apprensiva che delega la sua capacita’ critica di valutazionedel rischio all’acquisto del mega-SUV perche’ soddisfa la sua esigenza di allontanare da se’ il timore di un possibile pericolo e la responsabilita’ che deriva dal fare le proprie scelte. L’evoluzione consiste nel passaggio dall’allontamento del timore di essere responsabili per le proprie scelte all’allontanamento del timore di essere responsabili delle proprie azioni.

      Infatti nel caso del SUV acquirente e prodotto mantengono le rispettive funzioni: il SUV trasporta cose e persone e la mammina lo guida e lo parcheggia in doppia fila davanti alla scuola. Invece nel caso del dispenser il prodotto surroga non solo le scelte ma anche le azioni del padrone del cane. E’ come se la pubblicita’ del SUV dicesse alle mammine: se comprate il nostro SUV i vostri bambini a scuola ce li portiamo noi.

      Questo e’ assai pericoloso perche’ diventa una forma di surroga delle proprie capacita’ relazionali, ma anche affettive ed e’ sostanzialmente la fabbrica degli imbecilli che si illudono di essere “consapevoli” qualunque cosa voglia dire nell’immaginario mondo della pubblicita’.

      Chi compra un accrocchio del genere, quando maneggia il sacco delle crocchettte non si sta prendendo cura del cane, semmai si sta prendendo cura del dispenser e la sua idea di cane e’ probabilmente molto simile al Tamagotchi che aveva da ragazzino.

      Il problema pero’ e’ che se da un lato ci sono abbastanza imbecilli da diventare un target significativo per il marketing, dall’altro questo tipo di operazioni markettare sembra essere in grado di produrre gli imbecilli di cui ha bisogno.

      Sono sconcertato, ho scritto l’equivalente di Guerra e pace e mi sento ancora piu’ disarmato di prima.

      • ah ah..non mi dire cosí…la tua lectio magistralis è stata lineare e piacevole nella lettura (e qua sono seria), come sempre d’altro canto. Hai messo il dito nella piaga, comunque…se da un lato si può essere incuriositi da una novità/cagata pazzesca, non si deve sottovalutare il potere che il marketing ha sulla gente ..in fin dei conti anche i chihuahua camminavano in santa pace a quattro zampe prima che qualche lobotomizzato li infilasse in borsetta….poveri cani

  3. Perfetto. Mi pare giusto. Oltre al e-distributore di cibo ci vuole anche il drone che li porta a spasso… ma perché non comprare direttamente il cane robot? Che famo prima? Ps… c’è anche l’app per parlare al cane da remoto….

  4. Lo Shit-Net ancora non c’è, ma Signore e Signori, vi presento il Coccolatore Automatico. E vi prego di dirmi che è una trollata…vi prego…

    • Lo shitnet vero e proprio (ancora) manca, ma ci sono i tappetini di erba finta da mettere come lettiera per i cani… 🙁 Questa del pet-petter però è allucinante, oltre che per il concetto, per il “never touch your pets again”…

    • Hem… ero incuriosito dalla cosa e lo sono andato a cercare. Lo si puo’ acquistare su Amazon insieme a una quantita’ di scatole di prodotti improbabili…

      …di scatole, perche’ di questo si tratta. L’idea e’ che uno per un prezzo variabile tra i cinque e i tredici dollari si puo’ portare a casa una scatola sulle cui facce veine descritto un prodotto assurdo, metterci dentro il vero regalo che si vuole fare a qualcuno e vedere l’effetto che fa quando lo si consegna.

      Tra le varianti c’e’ la scatola di un supporto da braccio per tablet, un sacco per rapimenti da mettere in testa alle vittime, le pattine per animali domestici, un mattarello motorizzato e ersino un kit per fabbricare candele con il cerume delle orecchie.

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