di ERNESTO DE SANCTIS – L’attività sportiva per i nostri amici a 4 zampe è una pratica ultimamente molto diffusa. Vedremo insieme, in questi appuntamenti, le principali nozioni affinchè venga svolta in assoluta sicurezza e con la massima efficacia in termini prestativi.
Innanzitutto cominciamo con il dire che la performance sportiva è soggetta a 3 condizioni precise:
– genetica
– alimentazione
– allenamento.
La genetica pone i limiti massimi di sviluppo delle capacità atletiche, una corretta alimentazione e un buon allenamento sono i mezzi di cui disponiamo per “spingere” il cane fino ai limiti prestabiliti dal suo corredo genetico.
E’ importante conoscere l’attitudine del nostro compagno, affinché si possa scegliere l’attività più idonea da praticare: il classico esempio è il levriero, cane dotato di grandi quantità di fibre bianche e quindi più adatto a sport di velocità piuttosto che di resistenza.
Con l’eccezione di quest’ultimo, che è un ottimo sprinter, generalmente il cane è un grande passista, capace quindi di macinare grandi distanze a velocità moderata ma costante; a riprova di ciò possiamo notare che il muscolo cardiaco di un cane si attesta comunemente intorno allo 0,8-0,9% del peso corporeo, a differenza ad esempio dei felini, grandi sprinter ma con minore resistenza, il cui muscolo cardiaco ha una dimensione inferiore: circa lo 0,4-0,5% del peso corporeo.
E’ importante capire come l’adattamento indotto dall’allenamento possa influire sulle performance atletiche e quanto la genetica limiti le stesse; la velocità e la potenza infatti sono doti naturali, ottimizzabili ma con margini di miglioramento ridotti, mentre la resistenza è una caratteristica che risponde in maniera molto più efficace all’allenamento.
Diciamo che un ottimo sprinter, con il dovuto allenamento potrà essere anche un buon atleta di resistenza, mentre un ottimo “maratoneta” difficilmente sarà un buono sprinter.
Perché?
Il muscolo scheletrico è composto da fibre muscolari diverse, ognuna con caratteristiche adatte ad un certo tipo di lavoro.
Le fibre ad alto contenuto di mitocondri e mioglobina sono chiamate fibre rosse e hanno la caratteristica di avere una capacità di contrazione inferiore e un’alta vascolarizzazione, adatte quindi a lavori moderati protratti nel tempo con consumo di ossigeno costante.
In contrapposizione a queste abbiamo le fibre bianche, caratterizzate da minor presenza di mitocondri e mioglobina, ad alta capacità contrattile e adatte a sforzi molto intensi ma limitati nel tempo.
Esiste infine un terzo tipo di fibra muscolare, le cosiddette fibre intermedie, che hanno la caratteristica di adattare la propria composizione in virtù del lavoro a cui vengono sottoposte.
Come possiamo capire quindi le prestazioni di velocità e potenza sono subordinate alla quantità di fibre bianche presenti nel soggetto: maggiori sono, migliori capacità velocistiche otterremo. Mentre le doti di resistenza sono soggette alla quantità di fibre rosse esistenti.. ma non solo. In questo caso anche tutto il sistema cardiovascolare deve supportare il lavoro svolto nel tempo e quindi garantire nel lungo periodo un adeguato scambio di ossigeno a livello polmonare e un efficace trasporto di ossigeno a tutti i distretti muscolari.
Considerando che le diverse tipologie di fibre determinano diverse attitudini sportive del cane, è possibile sapere in anticipo se il cane potrà ottenere buoni risultati sportivi o se sarà penalizzato da tare di tipo genetico? (ovviamente considerando di fare una attività consona alla razza).
Specifico che non ho ambizioni sportive e la mia è solo curiosità
un applauso a questa nuova iniziativa di TPIC. Mi è piaciuto il modo chiaro ed “essenziale” con cui il sig. De Sanctis ha scritto il suo intervento ed attendo con interesse i prossimi. Immagino che la domanda che sto per fare verrà trattata nei prossimi articoli – nel qual caso ovviamente non è necessario che mi si risponda- altrimenti prendetela come spunto per ulteriori approfondimenti se possibile: uno degli aspetti su cui bisogna fare molta attenzione è la produzione di acido lattico. Potreste per cortesia toccare anche questo argomento? Le mie perplessità sono le seguenti: è un aspetto della “performance fisica” che riguarda solo i cani sportivi oppure un cane che fa normale attività “da passeggio” in occasione di un impegno fisico più marcato, ad esempio un’escursione in montagna, può ritrovarsi dolorante a causa della produzione di acido lattico che non riesce a smaltire? E poi, quanto può incidere l’alimentazione nella sovraproduzione di acido lattico? Grazie