di VALERIA ROSSI – Ok, parliamone ancora.
Più in generale, stavolta, perché l’articolo sulla syringomielia nel Cavalier KC Spaniel ha dato il via a una serie di commenti in cui si smentiva il fatto che l’Italia stesse “messa meglio” dell’Inghilterra (prendo atto: un database ufficiale non esiste, quindi si può soltanto ascoltare il “passaparola”), ma soprattutto si rimarcava la scarsa attenzione del nostro Kennel Club (leggi: ENCI) e dei Club di razza verso le patologie ereditarie.
E non solo in questa – magari ce ne fosse una sola con problemi genetici! – ma in moltissime altre razze.
Allora apriamo pure una discussione, evitando possibilmente l’assunto secondo cui “non si dovrebbero più allevare cani di razza”, che è una boiata totale.
E lo è soprattutto per due motivi:
I fautori del cane che “non si compra ma si adotta”, come ho già ripetuto mille volte, vivono fuori dal mondo (o sperano di cambiarlo… ma questa è una pura utopia a cui si può credere a vent’anni: dopo, è il mondo che cambia te).
Un allevatore (inteso come “proprietario di una cagna a cui decide di far avere i cuccioli) che non possa vendere il frutto del suo lavoro non potrebbe letteralmente permettersi di fare cucciolate selezionate, neppure se questa selezione fosse mirata SOLO alla salute, perchè i test per il controllo delle patologie sono costosi (a volte molto costosi).
Se mi presentate il pazzo furioso – o il miliardario – che si mette a testare i suoi due meticci per tutte le malattie genetiche controllabili (visto che, trattandosi di meticci, non ci sarebbe neppure un indirizzo specifico per quelle che colpiscono più frequentemente la razza X o Y), spende migliaia di euro e poi regala i cuccioli… be’, allora vi darò ragione: smettiamo pure di produrre cani di razza. Però finora questo miliardario pazzo non l’ho mai incontrato, dubito fortemente che ne esista uno… e in ogni caso non troverei corretto che la cinofilia potessero praticarla soltanto i miliardari.
Secondo, perché meticci, incroci e “cani fantasia” vari si ammalano esattamente come i cani di razza.
Gli esseri viventi sono imperfetti per definizione e non c’è modo di eliminare tutte le malattie genetiche del mondo. Se lo fosse, probabilmente la prima specie in cui si sarebbe riusciti ad eliminarle sarebbe la nostra…e invece ci siamo ancora piuttosto lontani. Però, se non altro, i test aiutano a migliorare la situazione: e per i motivi visti sopra, vengono effetuati solo nei cani di razza.
Altrettanto assurda, a mio avviso, è la proposta di ibridare le razze con altre: quando si sono fatti pasticci di questo genere, solitamente, si sono introdotte nuove malattie, anziché eliminare quelle vecchie (un esempio a caso: nel cane corso non c’è mai stata un’incidenza di epilessia particolarmente elevata, fino a che non lo si è incrociato col boxer per ottenere il prognatismo richiesto dallo Standard).
E poi, per favore, restiamo con i piedi per terra: chi avrebbe il coraggio di riportare indietro l’allevamento di cinquant’anni, accettando di non vincere più un’esposizione?
Forse qualche idealista ci sarebbe… ma resterebbe ben presto isolato nel suo mondo, mentre la cinofilia andrebbe avanti esattamente come oggi, nel bene e nel male.
Detto questo, vediamo appunto cosa succede nel mondo della cinofilia “reale” e non utopistica: quella che i cani di razza li alleva e avrebbe anche il dovere di tuterarli (dovere che peraltro si arroga: il Kennel Club Italiano, nel 1882, era statutariamente una “Società per il miglioramento delle razze canine in Italia”, esattamente come l’ENCI di oggi si definisce “associazione di allevatori che tutela il cane di razza pura”.
Ma come caspita si tutela – o migliora – una razza, se non pensando per primissima cosa alla sua salute?
L’ENCI sembrerebbe d’accordo su questo punto, tant’è che al punto 9 del Codice Etico degli Allevatori (che tutti gli allevatori con affisso ENCI devono sottoscrivere) si legge che l’allevatore si impegna a “far riprodurre cani sani, cioè privi di malattie manifeste o impedimenti a una corretta funzionalità o portatori di patologie ereditarie rilevate” e anche a “rendere accessibili gli esiti diagnostici di patologie ereditarie prima dell’accoppiamento, ai proprietari dello stallone o della fattrice del quale o a favore della quale viene richiesta la prestazione di monta“.
Si legge anche che “è fatto obbligo agli iscritti al Registro degli allevatori del libro genealogico del cane dirazza di rispettare il seguente regolamento“: quindi dovremmo essere a posto, no?
Se un allevatore iscritto all’ENCI non segue queste direttive, dovrebbe essere fuori (quando una cosa è “obbligatoria”, se ne deduce che se non la fai vieni cacciato): quindi “allevatore ENCI” dovrebbe essere sinonimo di “allevatore che testa i propri soggetti”.
Invece no.
Le cose non vanno affatto così, perché sapete cosa succede se un allevatore non rispetta il Codice etico?
NIENTE.
Un tubo.
Il beatissimo nulla.
L’ENCI è forse l’unico Ente al mondo che impone un obbligo e poi se ne stracatafotte se questo obbligo non viene rispettato.
Molto comodo per i cagnari, ovviamente, che in questo modo possono fregiarsi di un affisso e poi fare il cavolo che gli pare (compreso vendere cuccioli dell’Est, far accoppiare cagne al primo calore, cedere cuccioli di 40 giorni e così via… tutte cose vietatissime dal codice etico).
A fronte di questo palese menefreghismo da parte dell’ENCI (e di molti Club specializzati, che ne seguono ovviamente le orme, essendone dei satelliti), l’allevatore come può comportarsi?
In due modi, ovviamente: o se ne impippa pure lui della salute dei cani, oppure segue il codice etico perché quella è anche la sua etica personale.
Ci tiene a produrre cuccioli sani non tanto perché questo gli farà buona pubblicità (il proliferare dei cagnari e il fatto che rimangano in attività per anni ed anni dimostra, ahimé, che la qualità in cinofilia non paga e che la gente continua ad avventarsi sul cane “che costa poco”, anziché su quello che ha maggiori probabilità di essere sano), quanto perché, semplicemente, ama i cani. E quando gli nasce un cucciolo con problemi di salute, si sente male anche lui.
Però… un allevatore che compie questa scelta, quali prospettive ha davanti?
Intanto, sia ben chiaro, ha quella di un vero e proprio salasso economico: perché, lo ripeto, i test sono tutti piuttosto cari.
Anche limitandosi a fare quelli specifici per la razza, difficilmente ci si troverà di fronte a meno di 3-4 possibili patologie genetiche (e non perché “le razze siano malate, mentre i meticci sono sani”: è solo che nelle razze si è indagato e si sono scoperte le magagne, mentre i meticci vanno avanti a casaccio e se hanno qualche problema lo tramandano senza alcun controllo).
L’ENCI, a questo punto, avrebbe potuto almeno cercare un accordo con i suoi veterinari convenzionati per ottenere prezzi di favore per i suoi Soci: ma non mi risulta che l’abbia mai fatto.
Ha redatto solo un “Protocollo regolamentare per il controllo diagnostico della patologie genetiche dei cani iscritti al libro genealogico dei cani di razza” (leggetelo: magari scoprite alcune patologie tipiche della vostra razza, di cui non eravate a conoscenza) in cui spiega ai veterinari come accreditarsi.
Da questo protocollo sono escluse la displasia dell’anca e del gomito, regolamentate invece da quest’altro disciplinare.
Anche in questo caso si spiega ai veterinari come accreditarsi, si dice come devono essere effettuate le letture eccetera eccetera… ma di condizioni di favore per i Soci non vi è traccia alcuna.
Eppure i Soci ENCI sono tanti (tantissimi)… e se solo i veterinari accreditati si degnassero di fare uno sconticino, sicuramente non ci rimetterebbero: in compenso gli allevatori potrebbero essere un po’ più invogliati a testare i propri cani.
Ma andiamo oltre: che fare quando un riproduttore – magari già famoso, già campione, già fonte di notevoli guadagni per il suo proprietario – risulta portatore di una patologia ereditaria?
“Fermarlo immediatamente” è una risposta facile, ma non sempre realistica.
Intanto perché un portatore (o “carrier”) non produce automaticamente cuccioli malati: in molti casi, per esempio quando la malattia è legata a geni recessivi, basta accoppiare oculatamente per evitare che essa si manifesti.
Sia ben chiaro: non solo ognuno dei nostri cani, ma anche ognuno di noi, pur essendo sano come un pesce, potrebbe essere portatore di decine di geni responsabili di gravissime patologie ereditarie.
Se però al momento dell’accoppiamento (umano o canino che sia) non si verifica l'”incontro” con altri geni dello stesso tipo, i cuccioli (o i bambini) saranno a loro volta sanissimi.
Fino a quando una malattia non si presenta fenotipicamente (ovvero, non si manifesta in modo sintomatico), NON è una malattia.
E’ impossibile fare un discorso generico, valido per tutte le patologie conosciute: ma diciamo che ne esistono moltissime per le quali basta conoscere lo “stato genetico” di entrambi i riproduttori per evitare che si manifestino (e quindi che “esistano”). Ovviamente anche i geni responsabili si trasmetteranno alla prole e quindi la stessa attenzione andrà posta quando i cuccioli andranno a loro volta in riproduzione… ma basterebbe che questi dati apparissero sul pedigree, ed ecco che sarebbe semplicissimo evitare qualsiasi accoppiamento a rischio.
Ma non sarebbe più semplice e sicuro escludere tutti i portatori dalla riproduzione?
Be’, certo che sì.
Peccato che, così facendo, rischieremmo di vedere peggio che decimato il patrimonio zootecnico di cui disponiamo (e questo vale per ogni animale vivente… uomo compreso. Se facessimo ad ogni umano della Terra tutti i possibili test genetici, ed eliminassimo dalla riproduzione tutti i soggetti che portano almeno un gene legato ad una patologia, avremmo prontamente risolto il problema della sovrappopolazione mondiale, perché resterebbero in quattro gatti).
Dunque: i soggetti MALATI vanno esclusi assolutamente dalla riproduzione, ma i soggetti portatori… dipende.
Ci si deve informare per benino su quella specifica patologia e si deve decidere di conseguenza.
Quando però si arriva al punto che riguarda l’informazione, casca l’asino.
Perché di informazione, sulle patologie genetiche, NON ce n’è.
Gli allevatori tendono a non parlarne (per non spaventare gli acquirenti): e se per caso ne parlano, vengono subito additati dalla concorrenza come “quello che in allevamento ha i cani malati”.
La prima affermazione me la conferma un lettore che ha postato un commento in calce all’articolo sulla syringomielia.
Riporto qui la parte che riguarda una piccola inchiesta da lui fatta dopo aver scoperto che la sua Cavalier era affetta da questa patologia, e la riporto perché merita sicuramente più visibilità di quanta non ne possa avere nei commenti:
Di quegli allevatori (pochi a dire il vero) che ho incontrato nessuno ti dice niente del problema.
Ti mostrano i certificati medici per quel che riguarda la displasia dell’anca (relativamente rara nei CKCS), gli occhi, il cuore, (solo auscultazione e invece per diagnosticare la degnerazione della valvola mitrale bisogna eseguire un eco cardio).
Magari anche il pedigree, ma senza spiegarti che non va mica tanto bene incrociare padri con figlie, madri con figli, con cugini, con padri, con nonni. Patetici quelli che si vantano di non essere dei “professionisti”.
Sull’Open Directory alla quale fanno riferimento la maggior parte dei motori di ricerca purtroppo (o per fortuna) la voce CKCS – allevatori non è disponibile per l’Italia.
In Germania su 50 siti analizzati, 43 non menzionano la MC e/o SM e di questi ben 38 non parlano proprio di problemi di salute.
Tre ne parlano minimizzando il problema riportando un’incidenza del 1 – 3 %.
I rimanenti quattro siti non solo ne parlano, ma fanno anche lo screening con la RMN a tutti i loro CKCS. Complimenti agli ultimi quattro.
In Francia, su 48 siti analizzati, 47 non menzionano la MC e/o SM e di questi 27 non parlano di problemi di salute. Uno solo si attiene al protocollo di screening e ha un’ottima sezione sulla MC e la SM.
Da notare che “La Société Centrale Canine”, la “Animal Services – Référence de la santé animale” e “La Cynophilie en France” non nominano mai la SM
La situazione evidentemente non è rosea.
Non c’è trasparenza, non c’è informazione… e questo vale anche per tutte le altre razze.
Il risultato è che si arriva al paradosso secondo cui l’allevamento selettivo equivarrebbe a un maltrattamento genetico, anziché alla tutela e al miglioramento delle razze. Lo pensano in tanti, in troppi: perché non si conosce la verità.
Ma il motivo principale per cui non c’è informazione, a mio avviso, è il secondo che ho espresso sopra, ovvero il fatto che se un allevatore solleva un problema viene immediatamente attaccato da tutti gli altri, che gli danno: a) dell’allarmista; b) dell’attentatore (ATTENTATOOO! Si tratta di ATTENTATOOOO!) al buon nome della razza.
Ho già citato, credo, ma lo rifaccio anche qui, il caso di un mio amico, allevatore di Siberian husky, che per primo si precipitò a testare tutti i suoi cani per le patologie oculari quando si scoprì che la razza ne era affetta (ovvero dopo una buona decina d’anni da che era arrivata in Italia). Quando scrisse, in un articolo, che un suo soggetto era risultato affetto da PRA (atrofia progressiva della retina, purtroppo abbastanza diffusa nella razza)… apriti cielo!
Da quel giorno venne immancabilmente indicato come “quello che ha i cani con la PRA” (uno ne aveva, immediatamente fermato dalla riproduzione), e venne anche guardato storto da molti colleghi perché “adesso la gente avrebbe pensato che tutti gli husky avessero problemi agli occhi”.
Sono passati molti anni, da allora, ma la situazione non è certo cambiata: ne vedo esempi in continuazione e per moltissime razze diverse.
In un articolo americano di qualche anno fa ricordo di aver letto questa frase inquietante: “Cosa accomuna gli allevatori alla mafia?”
La risposta era “l’omertà”. E purtroppo è verissimo.
Dunque, soluzioni realistiche?
Ovviamente bisognerà cercare, gradualmente e in modo non “trumatico”, di eliminare qualsiasi forma di ipertipo da tutte le razze. Qualche passo in questo senso si è già fatto (alcuni Standard sono cambiati), anche se poi, sui ring espositivi, l’ipertipo continua a vincere perché fa comunque “più scena”: il che rende vano il tentativo di fare qualche passo indietro. Una maggiore consapevolezza da parte dei Giudici aiuterebbe sicuramente.
Di soluzioni realistiche ed immediatamente praticabili, però, io ne vedo una sola: che l’ENCI (e chi per esso) cominci veramente ad esigere il rispetto del proprio codice etico e che, contemporaneamente, si comincino a trascrivere sui pedigree i risultati dei test delle più comuni malattie per ogni razza.
Come si è fatto per la displasia (che tra l’altro è assai meno invalidante di altre patologie), non vedo perché non si possa fare per tutte le malattie genetiche conosciute in una razza.
Se così si facesse, ovviamente il discorso dello “sputtanamento” verrebbe a cadere: sia nei confronti della razza (perché chiunque potrebbe accorgersi che le patologie genetiche sono un problema comune a tutte, e non ad una sola), sia nei confronti dei pochi allevatori onesti che già dichiarano i propri risultati e che, per tutto ringraziamento, vengono additati dagli altri come “produttori di cani malati”.
Semmai, con i risultati visibili a tutti e stampati sui pedigree, si potrebbero cominciare ad additare i veri delinquenti della cinofilia: ovvero quelli che non controllano un accidenti (spesso sostenendo che i loro cani sono sani perché “li vedono a occhio”: che bravi, eh?), e quelli che utilizzano in riproduzione i cani malati e/o i portatori sani, ma sicuramente diffusori della patologia X (come tutti potrebbero vedere semplicemente consultando i pedigree dei figli).
Utopia?
Forse sì… ma non perché questa strada sia impraticabile. Solo perché è scomodo praticarla.
D’altro canto, però, non è neppure “comodo” (e soprattutto non è piacevole) leggere cose come “per me “pedigree” è una brutta parola ormai, ed il Kennel Club un’associazione criminale“.
Sono in molti, purtroppo, a pensarla così (a volte lo penso un po’ anch’io, almeno per la seconda parte: mentre dell’allevamento selettivo resto una fiera sostenitrice… SE si seleziona tenendo la testa sul collo): e non è stata solo l’inchiesta della BBC a sollevare certi dubbi e a causare tanta amarezza, perché chiunque si ritrovi in casa un cane malato non può fare a meno di pensare “se andavo dal primo cagnaro disponibile, risparmiavo soldi e magari mi ritrovavo pure un cane più sano“.
E’ umano, è normale, è la reazione più naturale: però è sbagliata, visto che i fatti (e non le chiacchiere) dicono che i cani di provenienza cagnara hanno problematiche cento volte peggiori di quelli ben allevati.
Il problema resta sempre lo stesso: capire cosa significhi “allevare bene”.
Perché la perfezione, l’ho detto e lo ripeto, non può esistere negli esseri viventi.
Bisognerebbe costruire davvero i cani “in laboratorio”, come scrivono ogni tanto i giornalisti più scemi: ma finché si lavorerà su materiale genetico naturale, accoppiando semplicemente dei maschi con delle femmine, l’incognita sarà sempre in agguato.
Da due genitori esenti possono nascere cuccioli malati. Succede. E’ una tegola in testa per l’allevatore, ma può succedere.
Però, se non si testa, le malattie genetiche si diffondono a macchia d’olio.
Non possiamo eliminarle, ma tenerle sotto controllo – nei limiti del possibile – possiamo e dobbiamo farlo.
L’importante è che la gente, tutto questo, lo sappia.
Che si faccia informazione vera, seria, di grande diffusione.
Che le malattie ereditarie non diventino un business, come è già successo con la displasia (leggetevi l’articolo sulla PennHip, se ve lo foste perso, per capire quali e quanti danni inutili si stiano facendo alla cinofilia solo per non voler ammettere che l’attuale sistema diagnostico/preventivo non funziona come dovrebbe), ma che si cerchino davvero di migliorare le razze pensando per primissima cosa alla salute, perché tutto il resto viene dopo.
Un cane morfologicamente imperfetto potrà deludere chi ha ambizioni espositive, ma sarà comunque in grado di fare felice una famiglia: un cane malato non soltanto soffre, ma fa anche soffrire chi gli sta vicino.
Purtroppo i test non sempre sono sufficienti: non soltanto perché c’è chi bara (anche con la complicità di alcuni veterinari di cui spesso si sanno nomi e cognomi, ma che inspiegabilmente non vengono mai puniti), ma anche perché la genetica è ancora una scienza in gran parte sconosciuta. Si fanno grandi passi avanti, ma resta sempre un lunghissimo cammino da percorrere, perché – semplicemente – un organismo vivente è la macchina più complicata e complessa che si possa immaginare.
E’ vero, come è stato detto in alcuni commenti, che fare risonanze magnetiche ai Cavalier non sarà mai sufficiente a fermare la syringomielia: quando non si conoscono i geni legati ad una patologia, specie quando questa è legata a geni diversi e magari è anche multifattoriale (ovvero è condizionata anche da fattori ambientali), la semplice osservazione fenotipica lascia ampi spazi ai dubbi. Però, se tutti gli allevatori testassero tutti i soggetti, almeno si avrebbe uno screening realistico della situazione della razza.
E’ una procedura costosa, va ripetuta almeno una volta all’anno, comporta un’anestesia? Ma non ce l’ha mica ordinato il dottore, di allevare Cavalier. Se non ce la sentiamo di affrontare un impegno simile, meglio passare ad altre razze meno problematiche (ammesso poi che ne esistano).
Tutti gli allevatori che conosco non fanno che ripetere che “lo fanno per passione, non per i soldi”: però, guarda caso, appena gli tocchi il portafoglio saltano tutti su come molle.
E’ vero, testare i cani ha un costo: è vero, nessuno ci viene incontro con prezzi un filino più accessibili (in alcuni casi i prezzi di mercato sono giustificati, in altri proprio no…): ma se vogliamo davvero convincere le persone che l’Allevatore con la A maiuscola vende i cuccioli a un certo prezzo perché ha costi elevati, che possono garantire una certa qualità.. allora questi costi li dobbiamo sostenere davvero e quella qualità dobbiamo garantirla davvero.
A monte di tutto questo, però, ci vuole anche più serietà da parte di chi la cinofilia la dirige: ci vogliono pedigree che raccontino veramente tutta la storia di un cane, compresa quella sanitaria, e che non siano un elenco inutile di nomi e di campionati vinti.
A me non fregherebbe un accidenti di avere un cucciolo figlio e nipote di campioni, ma magari emofiliaco o destinato alla cecità.
La salute DEVE venire prima di ogni altra cosa, anche delle vittorie: se non si arriva a capire questo – se l’ENCI, l’FCI e tutti quelli che si vantano di “tutelare” i cani non capiscono questo – i cagnari prolifereranno sempre e gli allevatori seri penseranno sempre più spesso (come già molti pensano) “ma chi me lo fa fare”.
Credo che da tutte queste “trasformazioni”, che nella maggior parte dei casi hanno causato non pochi problemi dal punto di vista della salute, si siano salvati solamente i levrieri, che bene o male non hanno subito gli stravolgimenti estetici che invece hanno subito molte razze.
Essendo possessore di un Whippet, ed essendo stato a contatto con i Borzoi, vedo la situazione dei levrieri in generale molto sana rispetto ad altri gruppi canini.
Lo stesso credo si possa dire per le razze da caccia ed alcune da pastore.
Eppure…. Eppure forse non tutto è perduto. I pastori tedeschi che vincono all’enci, per esempio, non sono gli stessi che vincono alla SAS. Alle Expo Enci ho visto, negli ultimi anni, ho visto premiati cani belli e sani, con un andatura corretta e le angolature giuste ma non eccessive. Certo, se quegli stessi cani vengono presentati al campionato sociale non arrivano di sicuro primi, non saranno mai auslesi, si portano a casa l’eccellente perché non hanno nulla che non vada ma non entreranno mai nel gotha della SAS perché non sono estremi. E purtroppo sappiamo che agli allevatori di pt interessano molto piu’ i risultati ottenuti con la sas rispetto a quelli enci. Non so se funzioni così anche con le altre razze, ma finché l’enci non saprà imporsi come ente che sovrintende a tutti i club, anziché esserne succube perché, con tutti i loro iscritti, portano soldi, allora dubito che il benessere dei cani sarà mai davvero tutelato.
E’ importante che nelle gare Enci siamo premiati pt belli E sani, l’enci però dovrebbe assicurarsi che a questo ci sia riscontro anche in SAS, altrimenti si arriverà ad un’ulteriore frantumazione della razza.
Senza arrivare ad eccessi (eliminazione delle expo e simili) non si potrebbero almeno imporre, prima di proclamare un cane campione (di bellezza o di lavoro) una visita medica per escludere patologie evidenti e i test per le maggiori patologie di razza? Ho scoperto da poco che il mio pointer ha un danno alla valvola mitralica e, siccome ho semsso di portarlo alle expo e rinunciato ad ogni velleità di riproduzione (non sono un’allevatrice) mi son sentita quansi dare della scema da chi mi ha detto che tanti allevatori hanno cani come il mio e li mettono in riproduzione lo stesso perché sono belli, o hanno buone attitudini al lavoro ecc. COOOSAAA???? Dovrei andare allle expo a far valutare se c’è un millimetro di giogaia in più o in meno e NON considerare che c’è una valvola mitralica che funziona male? Certo perché quella non si vede (nel mio cane però si sente con la semplice auscultazione). Mi pare follia pura. ma continuerà ad andare avanti così se il valore del cane sarà dato solo dalla bellezza. Non dico non vada considerata, ma appunto, almeno per accedere al campionato sarebbe doveroso controllare lo stato di salute!
Sono d’accordo. Prima di far partecipare un cane a qualsiasi manifestazione, expo o sportiva che sia, dovrebbe essere obbligatorio avere una sorta di certificato di idoneità fisica che attesti il suo buon stato di salute. Il punto è che l’ENCI è formato da allevatori, i quali non si sogneranno mai di fare “dispetti” ai loro colleghi che portano tanto denaro nelle loro tasche.
io sono una di quelli che è andata in allevamento a cercare un cavalier king cherles spaniel, e mi viene dato un soggetto che oltre a non essere nello standard (volevo fare expo) risulta displasico di grado E ( il piu’ grave), displasie retiniche e necrosi asettica della testa del femore….l’allevatore (anzi cagnaro) del quale non faccio il nome per evitare denunce ma in pvt lo dico, è sparito. e ha fatto lo stesso anche con altre persone! non ha risposto nemmeno alla lettera che ho fatto inviare dal mio avvocato. gli vuole proprio bene questo ai cani! vergogna!!!!
Sono un’appassionata della razza! Mi manderesti il nome in privato? 🙂 iperray2000@hotmail.it Grazie mille!!!
Cara Valeria, i test costano, ma van fatti soprattutto e principalmente per certe razze, certi test non son attendibili e altri l’Enci neppur li chiede!!! Per lepilessia i test non son così attendibili… siringomiegalia??? Shunt porto sistemico??? Esiste Dna 15 euro prelievo 37 screening se compreso negli altri esami, Pra, patella, Lastre per colonna,eco renale per scongiurar displasia renale o policistosi, eco fegato per scongiurar shunt,eco cardio doppler per patologie cuore e polmoni poiche esiste una patologia polmonare indotta dal cuore… Palato molle, mega esofago…Cherry eyes Spesa complessiva a cane 280/300 euro… Fatto tutto anche se son 2 anni che non faccio cuccioli, far gli esami a rate e non su tutti sarebbe costato molto di più!!!…Certo, non ne valeva la pena!!! Risparmiato quasi 200 euro a cane in una clinica specializzata e fatto anche tanta strada x trovarla e raggiungerla!!! Ma ora ho la certezza che i miei soggetti son sani!!!
Ah, se solo l’ENCI leggesse questo articolo e avesse voglia di controbattere… e sbattersi un pochino di più.
certo che se la gente capisse “quanto costa” tenere bene i cani testarli curarli seguirli addestrarli farli verificare morfologicamente…
non cercherebbe “i saldi” a 300 euro ma si renderebbe conto che un cane alelvato come dio comanda NON PUO costare 300 euro NON PUO.
perchè non ci stai dentro
ma non col cucciolo in se, come spese vive, perchè facendo le cose in economia con 3-400 euro ci stai dentro con tutti. ma perchè le spese di gestione di “un allevamento” non finsicono li, allora poi…
la gente addita gli alelvatori che sfruttano le cagne, cuccioli al primo calore e ad ogni calore, e poi se ne disfano a fine carriera, ma poi vuol pagare il cucciolo 300 euro oppure ti arrivano proprio messaggi del tipo “buon giorno li regala?” perchè vedono che i cani son belli, spetta vah che sento se ho trovato “la bazza”.
non è che si paga una vita, è che appunto “selezioni” chi riprodurre, ne “scarti” magari 2 o 3 prima di trovare quello buono da riprodurre ma magari quei 2 o 3 sono ancora con te e richiedono pure cure, oltre a mangiare vaccini ecc…
perchè se non vuoi “spremere” troppo una cagna, gli fai fare massimo 3,4 toh… 5 cucciolate in una vita ma tre la tieni finchè campa e alla fine della corsa quanto ti è costata in tutta una vita?
è una guerra fra poveri purtroppo, perchè la gente non ha soldi… ma deve capire che
NON ESISTE IL CUCCIOLO IN SALDO…
o sei onassis e li regali o NON CI STAI DENTRO se li dai via a 300 euro e cerchi di fare le cose “a modo”…quindi chissà “che roba è” il cucciolo da 300 euro…
poi la sicurezza al 100% non si ha mai appunto perchè la genetica non è facile imbrigliarla ma comunque almeno si fa del proprio meglio ecco.
Cara Valeria, voglio ringraziarla per la chiarezza e l’equilibrio con i quali ha affrontato questo problema. Sicuramente testare i cani rappresenta un costo rilevante per l’allevatore, però rappresenta anche il suo biglietto da visita ed è fondamentale che questo compaia nel pedigree dei cani che alleva e che vende. L’acquirente di un cane di razza sa che deve affrontare una spesa importante quando prende questa decisione, altrimenti avrebbe potuto optare per la scelta di uno dei molti cani che purtroppo affollano i nostri canili e che sono altrettanto belli ed altrettanto affettuosi.Io quando guardo il pedigree dei miei cani scopro che sono nipoti di campioni, ma purtroppo non ho altre informazioni, non trovo nulla che mi parli della storia sanitaria dei progenitori,delle eventuali tare genetiche, mentre queste sono le informazioni che vorrei ottenere. Ho fatto la scelta di avere un cane di razza e poi…. trovo solo il nome dei genitori, dei nonni ecc. ecc.
Sono convinta che l’ENCI debba fare il suo dovere controllando e facendo rispettare le regole che esso stesso impone e che nei ring i giudici mettano al primo posto lo stato di salute dell’esemplare e solo al secondo aposto l’aspetto del cane; i giudici sono esperti conoscitori della razza che giudicano sul ring e come tali devono conoscere le patologie genetiche della razza e gli aspetti morfologici esasperati che sono alla base di alcune di queste patologie. Il soggetto più tipico è anche il soggetto più a rischio.
A mio parere tutto parte proprio da qui: l’ ENCI.
Anche nella chiusura dell’articolo si evidenzia “l’assenza”, per così dire, dell’ente preposto al controllo e al rilascio di affissi, premi e quant’altro. Non è logico pretendere che ci sia serietà ed osservanza delle regole se nessuno (nemmeno chi le ha promulgate) si fa carico di farle osservare.
In un sistema così anarchico ci si deve affidare solo alla serietà della persona, ma non tutti gli appassionati hanno voglia , tempo e capacità di riconoscere la fregatura in campo cinofilo; e non tutti sono disposti a cambiare razza nel caso quella del loro cuore si rivelasse un “esperimento di miglioramento mal riuscito” !!
Per conto mio ho imparato che la prima cosa da abbandonare quando si cerca un cucciolo è la fretta. Indagare , chiedere, frequentare l’ambiente . . . poi eventualmente operare una scelta.
In fondo se i cagnari hanno il successo che hanno, un bel “mea culpa” ce lo dobbiamo recitare anche noi appassionati che per comodità e risparmio continuiamo a sostenere il mercato del bello a poco prezzo, del campione figlio di campioni senza porci qualche domandina in più !
Io imporrei agli allevatori e all’Enci di riportare nel pedigree l’incidenza, in quella determinata linea di sangue, di tutte le malattie e patologie mortali, compresi tumori e leucemia, di modo da eliminarle o, almeno, ridurle sensibilmente, ed escludendo così dalla selezione determinati soggetti. Abolirei, lo ripeto, le gare di bellezza, che non hanno senso alcuno; la morfologia deve adattarsi alla funzione per cui il cane è stato selezionato, punto. Diversamente, si arriva a rimpicciolire il cranio del povero cavalier king perchè così detta la moda del momento, e chissenefrega se poi il cane deve essere soppresso, esteticamente risponde ai canoni voluti dal Kennet club e dall’Enci… se accettiamo questo, siamo proprio alla frutta.
la cosa migliore sarebbe premiare non solo i cani ma l’allevamento…
Ovvero, instituire un premio allevamento in cui l’alllevatore si presenta con i suoi cani parte della genealogia over 8 anni.
Non sarebbe poi così difficile!
Gent.ma Sig.ra Rossi,
io credo fermamente che sia corretto selezionare i cani di razza a seconda della funzione che devono svolgere: difesa, guardia, caccia o compagnia che sia. Trovo, al contrario, sbagliato selezionare un cane in base a canoni estetici che mutano alla velocità delle mode che passano, non tenendo in alcun conto, nella scelta, della funzione che il cane deve svolgere. Prendiamo ad esempio il boxer: se lei osserva com’era morfologicamente questo cane ai primi del ‘900, si renderà conto che, quello di oggi, è un altro cane, non adatto a svolgere la funzione per cui era stato selezionato, ovvero la difesa. Come può, infatti, con il muso così schiacciato, resistere nella presa? Perchè scegliere di farlo diventare da mesoformo a brachicefalo come i carlini? Ma il discorso vale anche per un cane da compagnia: perchè mutare la sua morfologia a discapito della sua salute? Qual è il senso? Nella mia vita ho sempre e solo avuto boxer, e i cambiamenti, morfologici e caratteriali, purtroppo li vedo. Oggi questo meraviglioso cane non è più quello del 1989, che mio padre prese quando avevo 14 anni, e che portavo orgogliosamente a passeggio, un cane sicuro di sè, socievole, affettuoso, leale, sincero ma, al contempo, un temibile difensore della sottoscritta se qualcuno manifestava l’intenzione di farmi del male ( e dalla morsa bella salda, dato che prendeva in bocca i ricci e non li mollava per ore…).Avendo partecipato ad un paio di competizioni nazionali con il secondo boxer avuto, ho toccato con mano i disastri combinati: cani affetti da epilessia ma belli esteticamente tranquillamente riprodotti; il fratello del mio, addirittura, ha vinto una competizione internazionale di bellezza, salvo poi scoprire che era affetto da grave displasia ed essere sparito dalle competizioni; cani paurosi, timorosi, assolutamente ingestibili… insomma, dov’è finita l’etica? Perchè gli allevatori seri non si dissociano apertamente da questa barbarie? Si potrebbe tranquillamente fare a meno delle gare di bellezza, e selezionare il cane per la funzione per cui è stato creato, salvaguardando la sua salute sia fisica che mentale.
Chiara, ma le esposizioni sono NATE per questo: premiare la bellezza funzionale. E tutti, dico TUTTI gli Standard di razza inseguono esattamente quella. Perché poi si vedono certe aberrazioni? Perché vincono e stravincono cani che con lo Standard non hanno nulla a che vedere, ma che sono palemente ipertipici? Bisogna chiederlo ai Giudici e all’ENCI stesso, non certo agli allevatori (che, se vogliono proseguire con la propria attività senza finire nel dimenticatoio, in expo ci devono andare e fare anche qualche risultato: quindi sono costretti ad adeguarsi).
Con me sfonda una porta aperta: da sempre predico che l’unica bellezza accettabile è quella funzionale. Però quello che pensiamo noi, evidentemente, non conta nulla…anche se in realtà sono i dettami stessi della cinofilia!
Capisco che l’allevatore, volente o nolente, debba adeguarsi a questo status quo delle mostre; ciò che mi amareggia è constatare che, oltre a non osservare quelle che dovrebbero essere le basi della cinofilia in materia di selezione funzionale delle caratteristiche fisiche di un cane, si adoperino sotterfugi di ogni genere per continuare a riprodurre soggetti portatori di malattie genetiche anche gravi. Inoltre, stendo un velo pietoso sul carattere che è oggi del boxer, della serie: come rovinare una delle migliori razze da difesa mai selezionate.
Io ho avuto la fortuna (o sono stata brava a scegliere, dato che ho aspettato tre anni primadi trovare ciò che cervavo) di cominciare con una prima fattrice dalla salute di ferro. E per un allevamento di rott è già un miracolo, soprattutto per via di tutta la displasia che gira, ma anche per delicatezza digestiva, cardiopatie ed oculopatie che saltano fuori come funghi anche dove gli allevatori si fanno in quattro per selezionare la salute.
Purtroppo certe volte non è facile, quando su soli 18 cuccioli, di cui solo 9 maschi, te ne salta fuori uno monorchide ti fai mille fisime perché non sai se è una casualità genetica o se il monorchidismo è dentro la tua fattrice. Però provi a riprodurre di nuovo… dopotutto, è solo uno su nove… e se non compare più, bene, se però ne arrivano altri hai messo al mondo dei cani malati solo per “aver voluto provare”.
il monorchidismo non è una patologia mortale o invalidante. se su una cucciolata di N maschi uno è monorchide amen…chiaro il monorchide NON VA assolutamente riprodotto,ma è sempre il discorso che se devi fermare una fattrice/stallone per qualsiasi cosa non vada in uno dei suoi cuccioli non allevi più.
vedi appunto l’articolo. bisogna fare un bilancio pro e contro e probabili malattrie portate se sono gravi o meno e quanto pesano rispetto ai pro. una cagna che non da displasia e cardipopatie ma da un monorchide la preferisco alla grande.il monorchide sarà ceduto a meno da compagnia ma nessuno si troverà il cane da operare a 6000 euro o da tenere in carrellino, o con gravi problemi di cuore.
Non è facile no, specialmente perchè c’è gente in malafede che sparla e gente ignorante che crede alle dicerie.
basta vedere il fatto che il 90% della gente è convinta che il pedigree serve solo per le gar ee costa mediamente 2-300 euro o più… questo perchè tanti allevatori disonesti “glie lo fanno credere”…
Che dire, la penso allo stesso, anche se ammetto, molte cose non le sapevo prima di leggere questo articolo perché appunto non se ne parla mai. Però ho anche io questo sogno utopistico perche è una delusione immensa vedere il proprio cane che a 5 – 6 – 7 anni sta irrimediabilmente male e a quell’età non lo considero un cane anziano, giustificandolo con “è vecchio, ha problemi della vecchiaia”. No quello è un cane malato purtroppo, non esiste una cura definitiva, l’ho acquistato spendendo una quantità discreta se non alta di soldi e ora anche se ne spendessi ancora, non posso curarlo. E, oltre al cane, soffre anche il padrone.