di ERNESTO DE SANCTIS – Nel primo capitolo dei nostri appuntamenti abbiamo visto come la genetica influisca in maniera incisiva sulle performance che il nostro cane avrà nel picco della sua maturità atletica, in questa e nelle prossime puntate prenderemo in considerazione gli altri aspetti che concorrono a ottenere un “cane atleta”, ovvero allenamento ed alimentazione.
Come abbiamo visto l’allenamento induce nell’organismo uno stress: tale stress genera un adattamento, tecnicamente detto “supercompensazione”, tale da stimolare il corpo a diventare più forte per poter in futuro far fronte a quello sforzo con minore fatica.
Cominciamo a capire cosa fa muovere i muscoli, ovvero il carburante che alimenta lo sforzo atletico: l’ATP, Adenosin tri-fosfato, è una molecola il cui decadimento in ADP, Adenosin di-fosfato comporta la liberazione di energia che viene utilizzata per le contrazioni muscolari.
L’ATP è sintetizzata da tutti gli organismi viventi a seguito di un meccanismo che prende il nome di “respirazione cellulare” e che racchiude tutte quella serie di reazioni chimiche che portano all’ossidazione dei nutrienti (proteine carboidrati e grassi).
L’organismo, per motivi di sopravvivenza, nel corso dei millenni evolutivi ha trovato diverse vie di creazione dell’ATP, principalmente una via aerobica e una via anaerobica, ovvero la prima in presenza di ossigeno e la seconda in assenza di ossigeno, la prima più lenta ma più redditizia come quantità di molecole di ATP prodotte, la seconda molto più veloce ma decisamente meno redditizia come quantità di molecole di ATP create.
Da qui nasce il concetto di specificità dell’allenamento, ovvero le sessioni di training devono essere mirate a rinforzare le capacità aerobiche o anaerobiche in virtù del lavoro finale che il cane dovrà andare a sostenere.
Quindi quali sono i tipi di lavoro esistenti ed allenabili?
Principalmente 3: il lavoro aerobico, il lavoro anaerobico che a sua volta può essere suddiviso in latticido e Alatticido, ovvero con produzione di acido lattico o meno.
Cominciamo a prendere in considerazione il lavoro aerobico.
Innanzitutto introduciamo 2 concetti importanti, l’intensità e la durata: riferiti allo sforzo, intensità e durata sono inversamente proporzionali, ovvero all’aumentare di uno deve necessariamente diminuire l’altro.
Nel lavoro aerobico la “voce grossa” la fa’ la durata dello sforzo e quindi automaticamente l’intensità dovrà essere modulata al ribasso per sostenere nel lungo periodo il lavoro.
In realtà lo scopo dell’allenamento è esattamente cercare di mantenere i livelli di intensità più alti possibili a dispetto della durata dell’esercizio.
Diciamo che è classificabile come lavoro aerobico lo sforzo fisico continuativo superiore ai 3 minuti, i substrati energetici che provvedono ad ossidarsi per la produzione di ATP sono principalmente i grassi e una percentuale variabile di zuccheri; il lavoro aerobico è la base fondamentale su cui poggia ogni preparazione atletica.
Innanzitutto consente il potenziamento di tutto il sistema cardiovascolare, migliora la circolazione sanguigna consentendo l’aumento di diametro di arterie e vene aumentando così il flusso sanguigno ad ogni gettata cardiaca senza ottenere esagerati aumenti pressori, il muscolo cardiaco si potenzia diventando più efficace e di conseguenza diminuisce il numero di contrazioni a riposo, insomma predispone tutto l’organismo del nostro amico affinché sia pronto per quando… il gioco si farà duro.
Il condizionamento aerobico andrà introdotto con calma, quindi si partirà con passeggiate tranquille di circa 20 minuti-mezz’ora per poi aumentare piano piano la durata e il ritmo per stabilizzarsi poi su valori pari a circa 1 ora, 1:30 a trotto stabile.
Anche la somministrazione dell’allenamento va dosata, inizialmente possono essere introdotte 2-3 sessioni settimanali, poi nel tempo e in virtù delle altre attività svolte e del livello di allenamento raggiunto si può arrivare anche a 5 sessioni settimanali; prevedere dei giorni di riposo/recupero è fondamentale tanto quanto l’allenamento… ma di questo parleremo più avanti, in una puntata dedicata.
confermo, i suoi articoli sono veramente interessanti, grazie ancora per questa iniziativa. Prendo nota e le domande le farò alla fine!
Quando facevo sport, usavo il cardiofrequenzimetro per dosare l’intensità dello sforzo. Può essere un concetto valido anche per i cani e, soprattutto uno strumento di ausilio per il conduttore finalizzato a non sovraccaricare un cane che magari è fuori allenamento?