giovedì 28 Marzo 2024

I limiti delle teorie cinofilosofiche-buoniste (sempre secondo me)

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Valeria Rossi
Valeria Rossi
Savonese, annata ‘53, cinofila da sempre e innamorata di tutta la natura, ha allevato per 25 anni (prima pastori tedeschi e poi siberian husky, con l'affisso "di Ferranietta") e addestrato cani, soprattutto da utilità e difesa. Si è occupata a lungo di cani con problemi comportamentali (in particolare aggressività). E' autrice di più di cento libri cinofili, ha curato la serie televisiva "I fedeli amici dell'uomo" ed è stata conduttrice del programma TV "Ti presento il cane", che ha preso il nome proprio da quella che era la sua rivista cartacea e che oggi è diventata una rivista online. Per diversi anni non ha più lavorato con i cani, mettendo a disposizione la propria esperienza solo attraverso questo sito e, occasionalmente, nel corso di stage e seminari. Ha tenuto diverse docenze in corsi ENCI ed ha collaborato alla stesura del corso per educatori cinofili del Centro Europeo di Formazione (riconosciuto ENCI-FCI), era inoltre professionista certificato FCC. A settembre 2013, non resistendo al "richiamo della foresta" (e soprattutto avendo trovato un campo in cui si lavorava in perfetta armonia con i suoi principi e metodi) era tornata ad occuparsi di addestramento presso il gruppo cinofilo Debù (www.gruppodebu.it) di Carignano (TO). Ci ha lasciato prematuramente nel maggio del 2016, ma i suoi scritti continuano a essere un punto di riferimento per molti neofiti e appassionati di cinofilia.

di VALERIA ROSSI – Nel corso delle varie puntate sulla storia dell’educazione-addestramento in Italia ho ribadito più volte che le “cinofilosofie” hanno dei grossi limiti, specie quando si cerca di dare loro un’applicazione pratica (ma non solo).
Non ho potuto spiegare ogni volta cosa intendevo, altrimenti il semplice “resoconto storico” sarebbe andato a farsi benedire: ma una spiegazione è dovuta e cercherò di darla in questo nuovo articolo, partendo dalle due domande chiave:

a) cos’è, in realtà, il cane?
b) cosa si aspetta, in realtà, un umano dal proprio cane?

La mia risposta alla prima domanda è esclusivamente etologica: il cane è un animale sociale con dei bisogni primari (mangiare, bere, accoppiarsi ecc…) e dei bisogni secondari (divertirsi, sentirsi realizzato, sentirsi utile).
I primi sono quelli che garantiscono la sopravvivenza, i secondi sono quelli che fanno la differenza tra un soggetto che “sopravvive” ed un soggetto che “vive una vita piena e felice”.
Diversi Autori collocano il bisogno di socialità, di vita di gruppo, tra i bisogni secondari: personalmente credo che sia quasi un errore considerare la socialità del cane un “bisogno”, perché è addirittura “più” di questo!
Dire che il cane ha “bisogno di un branco” è come dire che ha “bisogno” di avere quattro zampe.

In realtà l’essere animale sociale è parte integrante dell’essere cane. Ma attenzione: l’avere regole e gerarchie (con qualsiasi nome le si voglia chiamare) è parte integrante dell’essere “società”.

Credo proprio che questo stato di cose sia assolutamente innegabile.
Non esiste una sola società al mondo, partendo dagli insetti e arrivando all’uomo, nella quale non esistano regole e nella quale non ci siano ruoli precisi, alcuni dei quali di comando (mica per niente si parla di “api regine”, di “formiche regine” e così via).
Un qualsiasi gruppo di animali senza una “dirigenza” di qualche tipo e senza ruoli definiti al suo interno non sarebbe più un “gruppo organizzato” (ovvero una società), ma un semplice insieme di individui che non cooperano in alcun modo.

Un chiaro esempio di “gruppo non sociale” è rappresentato dalle colonie feline: i gatti, che sono animali individualisti, possono vivere in gruppi anche molto numerosi e tra loro possono benissimo instaurarsi rapporti affettivi, amicizie, inimicizie e perfino veri e propri “amori”.
Se però in una colonia felina irrompe un cane deciso a fare stragi, vedrete che ogni gatto deciderà autonomamente come comportarsi: quelli che fuggono si disperdono ognuno in una direzione diversa, quelli che decidono di combattere lo fanno da soli.
Se un predatore irrompe in un branco di lupi, al contrario, ci sarà un’immediata organizzazione di gruppo. Ci sarà chi darà l’allarme, chi si preoccupa subito di mettere in salvo giovani e cuccioli e chi combatte: ma anche i combattenti saranno più di uno, e lavoreranno insieme per scacciare il pericolo.

Se ci si dimentica dell’importanza dei ruoli in una società canina, non si può capire il cane e non si può avere un rapporto corretto con il cane.
Il primo grosso limite dell’approccio CZ (e ancor più delle sue derivazioni portate all’ennesima potenza, come l’”addestramento olistico” e similari) è quello di aver voluto confondere, inizialmente, il concetto di “dominanza” con quello di “violenza”; e poi di aver creato una confusione pazzesca nella testa della gente, perchè – se pure con il nobile scopo di voler eliminare la violenza –  si è cercato di far credere che non esistessero neppure la dominanza, le gerarchie e tutto quello che in realtà rappresenta le fondamenta di un gruppo sociale.

Con qualsiasi zooantropologo-cognitivista eccetera si parli, lui dirà sempre: “Ma io non ho mai negato che esista la dominanza!”.
Eppure, sui siti dei loro adepti, si leggono in continuazione frasi come “il falso mito del capobranco“, “educare senza dominare“, “vivere il nostro cane, dimenticando la dominanza“.
Ecco: “dimenticare la dominanza” è esattamente ciò che poi porta i cani a mettere le zampe in testa ai loro umani, che alla fine – disperati – finiscono in bocca allo spacciatore di psicofarmaci, o magari al macellaio, di turno.

E’ vero che molte persone confondono il termine “dominanza” con il termine “violenza” o “prevaricazione”: ma siccome sbagliano, basterebbe spiegare loro che cos’è in realtà questa benedetta dominanza, anziché negarne l’esistenza.
Perchè poi è chiaro che (a meno di non voler arrivare al punto di “chiedere per favore” al cane di non mordere il postino, concetto sul quale mi rifiuto anche solo di discutere, vista l’assurdità della cosa) la dominanza esce dalla porta e rientra dalla finestra, travestita da “assertivismo”, “leadership consapevole” e tutti i termini che il gentil-buonismo sta cercando di far entrare nel linguaggio comune. Solo che, invece di dire che sono sinonimi di “dominanza”, preferiscono porli come alternative.
E a questo punto la gente non ci capisce più nulla.

Un’altra distinzione importante che le cinofilosofie non fanno MAI, e che invece è fondamentale per un rapporto corretto con il cane, è quella tra “violenza” e “forza”. Perché la prima è sempre e solo condannabile, mentre la seconda è assolutamente naturale e – ripeto – fondamentale.
La differenza è quella che passa tra insegnare a un bambino dandogli bacchettate sulle mani (violenza) e il pretendere che non si alzi dalla scrivania per andare a giocare finché non ha finito i compiti (forza). E attenzione: la forza “è” coercitiva!  “Coercizione” significa proprio “forzare qualcuno a fare qualcosa”: ma neppure questo è sinonimo di violenza.
Una tassa da pagare è una coercizione: se non la paghi prendi una multa, o ti sequestrano un bene. La forza usata, in questo caso, è quella della legge: che non è violenta ed è anche giusta, perché senza leggi non può esistere una società civile. Ma è forza.
Se si impara a distinguere bene i termini, e a non confonderli con altri, le cose diventano molto più semplici.
I canidi sociali, tra di loro, usano molto raramente la violenza: ma la forza – che non dev’essere necessariamente fisica, ma può essere anche psicologica – la usano in continuazione.
Come noi, peraltro.
Se poi vogliamo essere sinceri… anche la violenza, in alcuni casi, loro la usano: è ridicolo che oggi si parli sempre e solo degli studi di David Mech (che ha osservato UN singolo gruppo familiare di lupi che non avevano particolari motivi di conflitto), e si ignorino bellamente le osservazioni di tutti gli altri studiosi che invece di conflitti ne hanno visti eccome, semplicemente perché hanno osservato gruppi di lupi diversi.

E’ un po’ come se io, avendo osservato per dieci anni i miei husky che ogni tanto se le suonavano, ma che non hanno mai oltrepassato certi limiti (i deficienti nella foto stavano solo giocando!), mi fossi messa a dichiarare al mondo intero che “i cani non si uccidono mai tra loro”.
Sarebbe stata una gran palla, perché invece i cani, purtroppo, si uccidono tra loro: e non parlo di cani da combattimento o di altre situazione indotte dall’uomo. Si uccidono proprio spontaneamente.
E’ successo, per esempio, ad un mio amico allevatore, il cui branco un bel giorno (anzi, mica tanto bello) ha deciso di far fuori un membro anziano. E l’ha fatto a pezzi. Poiché sempre di siberian husky si trattava, io avrei potuto scrivere un libro in cui sostenevo che gli husky “non si ammazzavano mai”, mentre lui avrebbe potuto scriverne uno in cui diceva che gli husky ogni tanto si ammazzano.
E nessuno dei due avrebbe mentito.
Ma il cinofilosofo di turno, cosa avrebbe fatto? Avrebbe parlato solo del mio libro, ignorando completamente l’altro, perché il mio gli faceva comodo e l’altro contrastava con la sua filosofia.
In questo modo, però, non si fa cultura: si fa manipolazione dell’informazione (e dell’etologia) per i propri comodi, che non è esattamente la stessa cosa. E non è esattamente corretto.
Dal punto di vista dell’educatore-addestratore-istruttore o quel che l’è, è giusto, anzi sacrosanto dire che l’uso della violenza è condannabile; NON è giusto, invece,  dire che “non si devono usare metodi coercitivi”, perché “coercizione” significa imporre al cane di fare ciò che noi desideriamo: e purtroppo, se non glielo “imponessimo”, il cane ci piscerebbe sui divani, tirerebbe al guinzaglio con un trattore,  morderebbe chiunque gli giri di mordere e così via.
L’imposizione di regole è indispensabile per la vita sociale, e il cane a queste regole deve sottostare (a meno che non pensiamo che sia lui a dover portare al guinzaglio noi, nel qual caso mi tiro indietro e vi invito ad accostarvi all’addestramento olistico… a vostro rischio e pericolo, però).

La nostra (presunta) superiorità intellettiva, la nostra etica e la nostra cultura dovrebbero metterci in grado di imporre queste regole in modo piacevole e divertente per il cane, attraverso il gioco e il rinforzo positivo: qualora questo non fosse stato fatto alla giusta età, però, e qualora capitasse che il cane ha già pensato di bene di farsi rispettare a suon di ringhi e mordi, sarà praticamente indispensabile ricorrere alla “forza” (NON alla violenza!) per risolvere i conflitti, perchè è questo che il cane si aspetta da un leader.
Ma non soltanto se lo aspetta: lo vuole, lo esige, lo brama. Perché un cane senza leader è un cane che si sente perso, si sente in costante pericolo, si sente costretto ad assumere lui stesso una posizione di comando senza la quale sa benissimo che nessun branco potrebbe sopravvivere. Però, nove volte su dieci, sarebbe stato proprio felicissimo che questa posizione la assumesse qualcun altro.
I cani “davvero” dominanti, che hanno spontaneamente il desiderio di assumere una posizione di comando, sono RA-RIS-SI-MI!
Dunque, una cosa è l’etologia e un’altra il buonismo.
Le cinofilosofie non è che proprio ignorino la prima (anzi, si fanno gran vanto di conoscerla a menadito!): ma diciamo che spesso se la rigirano a proprio uso e consumo, il che è intellettualmente disonesto… e fa DANNI gravissimi quando dalla semplice manipolazione dei dati reali si passa alla negazione della realtà.
Insomma: passi che si non si voglia più dire “dominanza” e si preferisca usare “assertivismo” (anche se nessuno capisce cosa sia) o “leadership” (già meglio): ma NON può passare la negazione del concetto.
Chi poi continuasse a storcere il naso anche di fronte al termine “forza”… è caldamente invitato a seguire la storia di Bruto (ora Raul) su questo sito: troverà così un esempio di recupero comportamentale di un cane che, nel corso di questo lavoro, non è MAI stato picchiato (violenza? No, grazie), ma è stato costantemente “dominato” (forza: sì, grazie. Inizialmente anche fisica – anche se solo per autodifesa – poi solo psicologica. Ma tanta, tanta forza!).
Come stia oggi quel cane lo potrete leggere direttamente… sul suo muso.

E ora veniamo alla seconda domanda-chiave: cosa vuole, cosa si aspetta un essere umano dal proprio cane?
Forse vi sorprenderà scoprire che, avendo io fatto questa precisa domanda a tutti i miei clienti, quando allevavo, ho ottenuto risposte diversissime a seconda della razza.
Quando allevavo pastori tedeschi (e chiedevo, per prima cosa: “Perché ha scelto proprio il pastore tedesco?”), la maggior parte della gente mi diceva cose come: “Voglio un cane da guardia”; “Voglio qualcuno che mi difenda”; “Voglio fare gare di utilità/difesa”. E così via.
Quando allevavo siberian husky (e chiedevo, per prima cosa: “Perché ha scelto proprio il siberian husky?”), l’80% delle risposte equivaleva a un bel: “BOH?”
Mi dicevano: “voglio un amico”, “voglio qualcuno da coccolare”, “voglio qualcuno che mi aspetti quando torno a casa la sera…” e così via. Insomma, avevano bisogno di un “cane”, non di un husky. E infatti, con queste persone, valutavo sempre l’alternativa dell’adozione in canile: perché quello che cercavano l’avrebbero trovato sicuramente anche là, senza buttar via soldi e senza impelagarsi in un’avventura difficile con un cane difficile.
L’altro venti per cento, quello che mi rispondeva: “voglio fare sleddog” (pochissimi!), ma anche cose come:“voglio un cane nordico perché adoro il lupo e questa mi sembra la razza più vicina a lui” (che era poi la motivazione per cui io avevo cominciato ad allevarla)… ecco, quello era il gruppo di persone a cui potevo vendere un cucciolo (dopo altre millemila domande stile terzo grado, ovviamente).
Allora: preso atto del fatto che non tutte le esigenze sono uguali, io ritengo che non si possa proprio – che non sia giusto, che non sia etico nei confronti delle persone, ma soprattutto dei cani – voler ridurre tutto alla compagnia di un amico o di membro della famiglia peloso.
Perché esistono razze, ed esistono individui, che non sono tagliati per limitarsi a questo ruolo.

Mi spingerei pure oltre, e arriverei a dire che “il cane” in genere non è tagliato per questo esclusivo ruolo, ad eccezione di quelli che sono selezionati da secoli per ricoprirlo (e cioè i cani da compagnia): tutti gli altri possono andare da quelli che vi si “adattano” a quelli che proprio non lo reggono e ci vanno in conflitto.
Amicizia, affetto, coccole, amore sono solo UNA componente della vita del cane: e mi dispiace dirvelo, ma… non è neppure la più importante, per lui.
Guardate che lo stesso vale per noi umani: quanto impieghereste prima di avere una bella crisi isterica, se foste costretti a passare tutta la vostra vita sdraiati in un letto – sia pure con la persona che amate alla follia – a scambiarvi coccole e tenerezze?
Un’ora o due, va benissimo, è bellissimo. Un giorno intero? Ma sì, bellissimo anche questo, specie se l’amore è appena sbocciato. Ma poi… bbbbastaaaaa!!! Perfino in luna di miele, dopo un paio di giorni passati ad avvinghiarsi l’un l’altro, si comincia a cercare qualcos’altro da fare: e dopo una settimana o due si sente quasi il bisogno fisico di tornare al lavoro.
Ma perché?
Perché anche noi, proprio come il cane, siamo animali sociali: e anche per noi è una vera e propria esigenza quella di renderci utili alla nostra società e di non vivere come parassiti. Solo che il nostro è più che altro un fattore culturale, mentre per il cane è un’esigenza innata, istintiva: il cane è ancora convinto che collaborazione e unione delle forze significhino “sopravvivenza”.

Detto questo, resta da capire cosa il cane intenda per “collaborare”, “lavorare insieme” e così via.
Il famoso cognitivismo, quello che vuole dipingere il cane come essere pensante e capace di prendere decisioni, in molti casi viene però applicato però in modo quantomeno sorprendente.
Si va da colui che effettivamente lavora col cane seguendo le sue inclinazioni naturali (che è il modo migliore e più rispettoso per farlo), ma che poi sostiene che il cane debba vivere in kennel per l’intera giornata, escluse le due ore che passa sul campo con noi (aberrante! Ne abbiamo parlato in questo articolo) a quello che invece insegna ai suoi clienti che il “cane felice” è quello che sa fare due o tre giochetti da circo, qualche amena passeggiatina in campagna… e basta, finita lì.
Poi abbiamo ancora quelli che invece corcano letteralmente il cane di responsabilità e di impegno intellettivo.
Una lettrice mi scriveva, qualche giorno fa: “sto lavorando con un cane  che XXX aveva condannato al Prozac a vita perchè iperattivo… in realtà erano i troppi stimoli che lo facevano strippare. Smesso il problem solving selvaggio ed il noseworking da mane a sera, il cane si è grandemente rilassato (purtroppo gli è venuta la gastrite a furia di snack-premietti ed ora vomita ad ogni sgarro alla nuova strettissima dieta)”.
Insomma, d’accordo il cognitivismo (anzi, d’accordo sul ritenere il cane un essere pensante: perché il cognitivismo è un movimento di psicologi UMANI!): ma senza esagerare, please!
E anche senza clamorose cadute di coerenza, come quelle che da un lato vorrebbero farci considerare il cane come una specie di genio dell’astrofisica, ma poi lo ritengono incapace di collaborare con noi se prima non lo teniamo in galera per dieci ore filate (così, quando finalmente esce, ci vede come il Dio in terra. Ma questa è circonvenzione di incapace, non di genio e neppure di “essere pensante!”).

Altro problema importante: poichè la filosofia CZ, essendo appunto una filosofia, non ha vere applicazioni pratiche, l’unica possibile “zooantropologia applicata” è quella che riguarda la pet therapy (anche perché tutto il resto o non lo sanno  fare, o non ritengono – non so se in buona o in malafede – che si debba fare, vedi l’UD).
Certo, ci sono cani che hanno avuto un approccio CZ e che poi fanno agility, obedience, disc dog e così via… ma tutti questi cani, se andiamo a guardare da vicino, vengono addestrati (ebbene sì, addestrati, perché l'”educazione” è solo quella che riguarda il rispetto delle regole: quando si passa a una disciplina sportiva si fa addestramento) con metodi che già esistevano decenni prima che la parola “zooantropologia” cominciasse a circolare in ambiente cinofilo.
Poiché un metodo zooantropologico non esiste in ambito sportivo, ecco che tutti vengono convogliati verso la pet therapy (guarda caso, altro business di gran moda e sul quale non c’è, al momento, alcuna regolamentazione ufficiale: c’è solo quella autoreferenziale).
A questo proposito, ecco un interessante aneddoto che mi ha confidato, proprio ieri, un’amica che si  interessa di pet therapy:
“Mi ferma un ragazzo, mi chiede se potevo indicargli un buon corso perché gli sarebbe piaciuto diventare operatore di AATT. La prima domanda che gli faccio, ovviamente, è: “Che cane hai?”
E lui risponde: “Ah, non ce l’ho! Pensavo di fare prima il corso e poi di comprarmi il golden”.
La mia amica, raccontandomelo, era letteralmente esterrefatta: anche perché ha saputo che esistono davvero corsi che ti accettano anche se non hai mai visto un cane in vita tua.
Dopodiché, uno si compra “il golden”. Non “il cane”:  il golden! Perché ormai la pet therapy si identifica esclusivamente con alcune razze, che purtroppo sono stra-usate e sicuramente abusate in questa disciplina.
Il Golden retriever, per esempio, è una razza da caccia che ha il solo torto di essere dolce e docile, e come tale spupazzabile senza il rischio che si ribelli e che morda.
Chiunque abbia avuto modo di vedere come lavorano certi sedicenti operatori di pet therapy (che sono quasi più dei sedicenti educatori cinofili, sempre a causa della totale mancanza di regole) avrà sicuramente notato che sono numerosissimi i golden (ma anche labrador, border ecc.) che subiscono le visite all’asilo, o alla casa di riposo, non solo col  “fumetto” sulla testa, ma con un’insegna al neon che dice “Perché mi tocca sopportare tutto questo?”.
Purtroppo è un’insegna chiaramente visibile solo ai cinofili competenti: e i cinofili competenti sono talmente pochi che la maggior parte della gente pensa che questi siano cani felici.
Attenzione: non sto dicendo che i golden (& C.) che fanno pet therapy siano dei poveri disgraziati!
Sto dicendo, invece, che quello per loro NON è il momento più felice della giornata. Quello è un lavoro che accettano di fare, perché sono cani buoni,  socievoli  e sociabili: ma non è il lavoro che amerebbero fare.
Infatti, se il loro umano è un operatore realmente preparato, sarà sempre in grado di terminare la seduta lavorativa prima che il cane si stressi troppo… e DOPO la seduta di pet therapy  farà davvero felice il suo golden portandolo a correre, a giocare e a riportare; o il suo border a lavorare due pecore. Insomma, porterà ogni cane a fare le cose che gli piacciono davvero.
E se posso dirlo… la cosa che mi manda veramente in bestia è il fatto che i buonisti condannino, insieme al concetto di “addestratore” in generale, le prove di utilità e difesa, che comprendono i famigerati “attacchi” tanto malvisti anche dai (disinformati e ignoranti) politici che si credono “animalisti”.
Se questa  gente capisse davvero qualcosa di cani, saprebbe distinguere la pura felicità di un malinois che si lancia sulla manica (e che fa ciò per cui è stato creato e selezionato), dalla rassegnazione del golden di cui sopra, che fa pet therapy.
Lo stesso vale  per i cani da slitta che fanno sleddog (“poveriniiii!”), per i cani da caccia che vanno a caccia (“i cacciatori sono tutti mostri che li trattano male!”), insomma per tutti i cani che fanno ciò che hanno dentro, che fa parte del loro DNA perchè sono stati selezionati per secoli proprio per fare quella cosa lì.
Vogliamo davvero parlare di “bisogni”?  Benissimo: allora, per un malinois mordere la manica è un bisogno secondario. Non gli serve per vivere, ma gli serve per essere felice.
Per un golden, farsi spupazzare da perfetti estranei è una rottura di palle e basta.

Un limite grandissimo delle cinofilosofie in generale, e delle più “buoniste” in particolare, è il dimenticare che esistono (e che vanno rispettate per ciò che sono) anche razze per le quali una vita fatta di passeggiatina-esercizietto-dolcetto-coccola è una vita “da cani” nel senso più deleterio della parola.

E infatti, spesso, si spengono. “Tirano a campa'”, ma non gli vedi mai negli occhi quella luce di pura felicità che si vede solo nei cani che si sentono veramente realizzati.
Dunque, il punto è che:

a) esistono persone che dal cane si aspettano qualcosa di diverso dal semplice “membro della famiglia peloso da coccolare” (che se poi fosse tutto lì… sarebbe molto più comodo un gatto. O direttamente un peluche). E NON sono persone da condannare, né da guardare di traverso perchè “non amano abbastanza il cane”.
E’ vero, semmai, il contrario! Non ama abbastanza il cane chi è incapace di capirlo fino in fondo e di capire quali siano le sue vere esigenze, anzichè aspettarsi che coincidano con le proprie.
Faccio l’esempio estremo (ma non per questo meno vero): è sicuramente più “maltrattatore” chi si prende un cane da caccia per fargli fare pet therapy di chi si prende un cane da caccia e lo porta a caccia.
Uhhhhhhhh ma che dici?!? La caccia, quell’orrore?!?
Sì, sono perfettamente d’accordo. La caccia è un orrore. Ma proprio perché la penso così, non avrò mai cani da caccia: perché, se ne avessi uno, mi sentirei moralmente obbligata a portarcelo.
Ora non voglio entrare nel merito dei cacciatori buoni/cacciatori cattivi nei confronti dei cani: ce ne sono di entrambi i tipi, come in ogni campo. Però trovo veramente pazzesco che i canili, per esempio, non cedano MAI i cani da caccia a chi va a caccia, anziché accertarsi semplicemente che si tratti di un cacciatore che ama e rispetta i cani (perchè ce ne  sono a bizzeffe, e non lo si può negare. Il mondo non è tutto bianco o tutto nero).
Questa è la stessa forma mentale per la quale c’è pieno così di vegetariani o vegani che fanno mangiare nello stesso modo anche i loro cani (o, peggio ancora, i gatti: che sono carnivori puri).
Così, per  dimostrare che “rispettano gli animali”, fanno ammalare i propri.  E meno male che noi saremmo quelli con l’intelligenza “superiore”…
Il caso del cane da caccia che non va a caccia  è un po’ meno tragico, perché il setter non si ammala di certo se finisce a fare pet therapy o disc dog: però non sarà mai pienamente realizzato, e non avrà mai “quella” particolare luce negli occhi.
Se non ci credete, andate a vedere: informatevi, chiedete, verificate. Io l’ho fatto e non sapete quanto mi costa ammetterlo, visto che odio la caccia con tutto il cuore… ma il cane da caccia è davvero felice soltanto se va a caccia.
Insomma, parafrasando il noto modo di dire… non si può essere buonisti con il culo dei cani.
Ma se lo si fa, almeno si abbia la compiacenza di non definirsi “cinofili”. Perché la cinofilia deve volere la felicità del CANE, non solo la nostra.

b) esistono (molti) cani con i quali l’approccio CZ  può fare seri danni.
E chi non vuole capirlo si dovrebbe assumere tutta la responsabilità delle sue azioni, anziché spedire i suoi fallimenti dal comportamentalista che, nove volte su dieci, pensa di risolvere il problema curando il sintomo (e quindi ci va giù pesante di psicofarmaci).
L’approccio CZ va benissimo come “forma mentale”: è ottimo convincersi che il cane pensa, il cane ragiona, il cane può (ma non DEVE, per l’amordiddio!!!) risolvere problemi (purchè siano alla sua portata: perché nessuno metterebbe un bambino di due anni di fronte a un’equazione quantistica, e invece si vedono cani – che HANNO la capacità mentale di un bambino di due anni – letteralmente “cotti di testa” a forza di affrontare e di dover risolvere situazioni più grandi di loro).
Tutto questo, però, non significa che il cane non debba “obbedire” (perché “suona così coercitivo, oddioooo…”): perché se non obbedisce, esattamente come il bambino di due anni, si ficca nei guai e ci ficca anche noi; non significa che il cane debba fare lo stracazzissimo che gli pare e piace, perché questo è assolutamente innaturale, e il cane ne soffre. Non significa che il cane “non deve fare UD, perché è una brutta cosaccia cattiva”, perché certi cani soffrono nel non farla. Ovvio che vanno accuratamente evitati i campi di UD gestiti dai macellai: ma se è per questo vanno accuratamente evitati anche i campi in agility nei quali si insegna che il cane deve vivere in kennel.
Non è questione di discipline “buone” o cattive”, ma di “persone” buone o cattive.
E tra i cattivi io non metto solo quelli che danno un calcio nel sedere al cane. Ci metto anche quello che scrive frasi come “Perché mai il cane dovrebbe venire da noi solo perché l’abbiamo chiamato?”. Perché quando le leggo, a me si rizzano i capelli in testa.
Ma amoredizzia… deve venire perché magari, non obbedendo, finisce sotto una macchina! E se non lo capisci non sei un guru: sei un pirla!
No, perché qui i casi sono due: o accettiamo il fatto che il cervello del cane equivalga (più o meno, visto che siamo specie diverse…) a quello di un bambino di due anni, oppure mi dite che il cane è un essere in grado di autogestirsi, risolvere da solo qualsiasi problema ed inserirsi autonomamente in una società a lui aliena (come la nostra) senza bisogno di essere guidato, indirizzato e, se è il caso, corretto.
Però, se pensate che sia così, prima me lo dovete dimostrare… e poi discutiamo di tutto il resto.
Per il momento io sostengo – sfidando chiunque a dimostrarmi il contrario – che il cane ha una mente semplice, incapace di elaborare concetti troppo ostici,  e che il cane ha bisogno di una figura dominante (nel senso di un leader forte, nel quale riporre stima e fiducia).
NON ha invece bisogno di qualcuno che gli dica “grazie” quando gli riporta il giocattolo, perché per lui questa parola non significa un beatissimo tubo: quello che recepisce (proprio come un bambino piccolo e dal vocabolario ancora limitato)  è il tono della voce e il linguaggio del corpo. Se gli dicessimo “crepa” in tono caldo e gentile, con gli stessi gesti e gli stessi movimenti usati per dirgli “grazie”, per lui sarebbe la stessa identica cosa.

Quindi, per favore, BASTA con le prese in giro, le esagerazioni, il buonismo esasperato che rovina la cultura cinofila.
Vogliamo tutti mettere un freno alle violenze sui cani? Ma ASSOLUTAMENTE SI!
E in questo, miei cari cinofilosofi, sarò sempre la vostra più grande alleata. Però dobbiamo prima intenderci su cosa sia la vera violenza.
Che NON è lo strumento X… vedi collare a strangolo: elimini quello, e i deficienti  e/o incapaci faranno volare i cani per aria e ricadere di schiena per la terra con la pettorina (ne vedo in continuazione). L’unico strumento che bisognerebbe far sparire davvero dalla faccia della terra è il collare elettrico… ma non vedo mai campagne contro di esso sui siti buonisti (forse perché non si possono vendere pettorine alternative? Il dubbio sorge spontaneo).
NON è neppure l’addestramento alla difesa, che – anzi – è l’unico modo per rendere davvero felici i cani selezionati da millenni per sapere mordere (al momento giusto e per giusta causa: e quella sportiva è una “giusta causa” che per di più non stimola nessuna aggressività, ma semmai si basa sul predatorio).
NON è una sgridata data al momento giusto, che è una correzione necessaria a far capire al cane che ha sbagliato, senza costringerlo a fargli fare migliaia di ragionamenti (che lo sfiniscono e lo stressano) per capire cosa cavolo volessimo da lui.

La vera violenza, lo ripeterò finché campo, è il voler adattare il cane a noi anziché rispettare e capire la sua vera essenza: che è quella di un animale sociale (non di un peluche, né di un surrogato di bambino) e, nel caso delle razze specifiche, di un animale con attitudine alla caccia, alla guardia, alla difesa… e anche alla compagnia, certo.
Ma questi, ribadisco, sono forse gli unici cani che possono veramente “sopportare” gli eccessi zooantropologici senza risentirne. Per altri l’approccio CZ è stressante, per altri ancora è insopportabile, né più e né meno degli eccessi di violenza “addestrativa”.
E’ per questo che i cani dei macellai spesso finiscono sui campi ipergentilisti, mentre i cani trattati a bocconcini e permissivismo finiscono dai macellai: perché gli umani, quando vedono che il cane si sta rovinando, tendono a fiondarsi verso l’eccesso opposto a quello che ha causato il fallimento.
E la via di mezzo (ovvero quella che fa uso di semplice buon senso, oltre che di una vera conoscenza etologica del cane vero, e non di quello immaginario), viene spesso ignorata.
Propongo (e non escludo di fare prossimamente qualcosa per passare dalla teoria alla pratica) la rivoluzione ufficiale delle “vie di mezzo”: perché gli educatori/addestratori/istruttori davvero competenti esistono. Purtroppo sono stati soffocati dal business buonista… ma siccome questo business sta rovinando la cinofilia (e sta ammazzando cani a tutto spiano), non si può più restare a guardare.

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129 Commenti

  1. Non sono d’accordo con la
    Pet therapy.
    Come non sono purtroppo d accordo con altre cose. Tu vendevi cani husky e andavano bene
    X trainare. Il golden è depresso se va in visita all’asilo, i cani maltrattati dai cacciatori (non so può negare) non sono poverini e quelli del canile vanno bene un po’ per tutti. Madonna che delusione ?

  2. Il problema della cinofilosolofia è che i proprietari non hanno bisogno di cazzabubbole ma di proposte concrete (esercizi, giochi, interazioni, sessioni di lavoro). Gli educatori della cinofilosofia si fregiano del diplomino, ma in realtà non sanno lavorare con i cani. Non lo sanno fare perchè nella cinofilosofia con il cane non si lavora (lavorare è BRUTTO, è snaturare la psicoemotività personale della collaborazione centrispipolata).
    Il cane tuttavia ha bisogno di lavorare insieme all’uomo e non solo di rimbambirsi con i giochi di attivazione mentale o vegetare sui tappetini (nulla contro l’attivazione mentale, ma non c’è SOLO quella). Da me è venuta una marea di gente che ha pagato ben 40 euro l’ora per delle lezioni di cinofilosofia (rigorosamente esentasse perchè i cinofilosofi sono tutti associazioni sportive dilettantistiche perchè fanno un sacco di sport con il cane) e alla domanda “Mi fai vedere come lavori con il cane? “…”Come lavorare con il cane?? Ma durante le lezioni abbiamo solo parlato mentre il cane stava sul tappetino nella sua bolla emotiva!”
    Per non parlare dell’idiozia dei cani “sparaflesciati” al guinzaglio su tutti i cani che hanno intorno perchè…devono esprimersi.
    Io posso definirmi una gentilista estrema 😀 ma ragazzi, con il cane, si lavora.

  3. Leggendo l’articolo mi trovo d’accordo sul concetto di forza, che in educazione penso si possa usare entro certi limiti ma solo nella fase iniziale della nuova attività che si sta insegnando al cane. Sul concetto di dominanza no.
    Sono altresì contenta di essere stato formato da una scuola che forse da molti potrebbe essere considerata “cinofilosofa” (ma che non lo è) che non lavora assolutamente curando il sintomo per risolvere il problema.

  4. Vorrei gentilmente sapere (magari sono disinformata), per quale motivo tra lei e Alexa Capra non vi sia stima e soprattutto per quale motivo il suo progetto “ex combattenti” non sia citato da lei come recupero di cani aggressivi da parte di un’associazione gentilista (magari c’è qualche fatto che non conosco a riguardo). Io sono una giovane appassionata di cani (non da tantissimo, purtroppo ho scoperto da poco questo meraviglioso mondo) e cerco sempre di avere orizzonti aperti riguardo ad ogni scuola di pensiero (valutando pro e contro di entrambe). Da poco mi sono approcciata a questo sito, come da poco conosco il gentle team ed è per queste motivazioni che pongo le mie domande 🙂

  5. parte 2

    non voglio negare che anche ai tempi ci potessero essere animali problematici, aggressioni e quant’altro, ma io penso che oggi innanzitutto ci sia un business dietro a queste cose (come in tutte del resto) e penso anche che il problema stia nei padroni, non tanto nei termini di padroni che non sanno cosa siano queste solite regole (che poi sinceramente la storia del lupo la vedo pertinente per certe razze, ma parlare ancora di lupi per altre razze mi pare fuori luogo, sarebbe come dire che gli uomini sono ancora scimmie..anche se alcuni sono molto peggio delle scimmie eh) ma nello sbagliato rapporto di partenza tra uomo e animale che c’è oggi

    forse quando ero bambino tutta la situazione era diversa, la gente prendeva gli animali per quello che erano, senza pensare di farci su dei trattati psicologici, anche quando l’animale diventava oggetto di attenzioni vezzose (penso ai barboncini degli anni ’50..) il rapporto veniva a chiarificarsi e ad essere NATURALMENTE equilibrato tra uomo e animale, oggi mi pare che l’uomo sia una specie di scienziato stressato e l’animale pensate che non senta tutto questo?
    così come l’animale sente quando viene adottato come un pupazzo o per specifiche mansioni, sente quando è costantemente sotto esame, pensiamo di capire davvero gli animali perché ci riempiamo la bocca con parole da etologo ma sapppiamo davvero “sentire” l’animale? quella sensibilità che va oltre le regole, oltre i libri e gli educatori, l’istinto materno perduto che ci fa fare la cosa giusta al momento giusto..e ripeto..vale anche per le mamme (mai visti tanti bambini odiosi e maleducati come ce ne sono oggi, eppure..basta entrare in un qualsiasi forum per mamme per rendersi conto di quanto avere un bambino sia diventato una malattia e una specie di regime militare-psicologico)

    lungi da me dare criticare, vorrei solo porre degli interrogativi

    saluti

    Mauro

  6. personalmente non capisco come mai oggi avere un cane sia diventato un problema enorme e mai come oggi si sente di cani abbandonati in canile perchè i padroni non li sapevano gestire, gente stressatissima perchè il cane tira al guinzaglio o non fa quello che vuoi tu
    premetto che sono cresciuto in mezzo a cani e gatti, ero un bambino di pochi mesi attorniato da animali che non erano mai stati educati, mangiavano un po’ alla buona, non c’erano crocchette sofisticate, cani schizzinosi, bambini aggrediti e quant’altro, erano i lontani anni ’80, le paranoie sul capobranco, la dominanza ecc non c’erano, certo si sapevano anche allora, ho un libro sull’educazione dei cani che risale al 1950.
    Ora non capisco oggi come mai la gente pensa di avere il controllo assoluto sui cani, sugli animali, lo stesso succede per i bambini, paranoie su paranoie, problemi su problemi su come educare i figli e poi abbiamo una generazione di adolescenti che fa acqua da ogni parte, come mai?
    non è che tutta questa “sterilizzazione” dei rapporti si ritorce alla fine contro di noi e contro le nostre aspettative?

  7. Io credo da sempre che chi usa l’aggressivita’ nei propri articoli nei confronti di qualcuno e si gongola dei complimenti dei suoi adepti abbia solo paura di un approccio che funziona. Sara’ un caso che invece da me arrivino cani lavorati con lo strozzo o il collare elettrico con i proprietari depressi e frustrati perche’ cavolo al campo il cane a forza di essere strangolato ad ogni movimento aveva imparato ad andare al piede, ma per strada era un disastro. Io uso lavoro da anni con l’approccio CZ e solo due persone sono rimaste insoddisfatte ma solo perche’ pensavano che io avessi la bacchetta magica che il loro cane da caccia avrebbe dovuto andare in barca con loro invece che per boschi, ed una signora ultra ottantenne voleva che il suo cane fosse solo un soprammobile. Lavoro con cani aggressivi, fobici, provenienti da maltrrattamenti e tutti se hanno una buona famiglia alle spalle trovano un equilibrio. Se non condanna apertamente il collare elettrico e continua ad usare il collare a strozzo per educare sono al momento problemi suoi, e’ evidente da decine di studi che il collare a strozzo crea danni anche gravi ai cani, ma se il suo metodo e’ solo quello di usare la forza sono problemi suoi. Il suo attaccare il metodo CZ deriva dalla capacita’ di non sapersi evolvere, se e’ vero che tutto esiste da 40 anni avrebbe dovuto avere tutto il tempo per potersi adattare a nuovi approcci. Ma va benissimo lei addestra, io educo ed istruisco, i termini direi che fanno gia’ la differenza, ognuno e’ libero di scegliere il metodo che + gli piace, io sono certa solo che non usando lo strozzo ho garantito il benessere alla trachea dei miei cani, e se lei riesce a non fare secco un maltese usando lo strozzo vorra’ dire che davvero e’ molto delicata, io che faccio indossare la pettorina ai cani non mi devo neAnche preoccupare di questo. Il suo parere sui vet comporametalisti e’ poi molto discutibile, nella mia regione sono purtroppo tutti profarmaco ma vista la mia esperienza mi affido a chi costruisce con me un rapporto di collaborazione e prima di mettere un cane sotto psicofarmaco lavora con altri metodi. Lei accusa a spada tratta l’approccio CZ, dice che i libri sono illeggibili, ma forse ll’approccio CZ e’ fatto proprio per chi ha voglia di impegnarsi documentarsi e studiare e non per chi applica forza e coercizione nella educazione di un cane. Lei condanna Millan, ma non mi sembra che il suo approccio sia in effetti così diverso. Il suo approccio e quello CZ stanno entrambi andando avanti da diversi anni, quando arrivero’ alla sua eta’ potrò avere una idea + precisa su quale approccio abbia dato migliori risultati, pero’ le ricordo che nell’evoluzione chi non si evolve soccombe, e non sara’ il suo caso ma in molti campi e molti addestratori lamentano crisi nel settore, io invece lavoro fino alle nove di sera da tanti cani devo seguire.

    • Ma con chi parli, Momo? Io scrivo, non addestro. Non addestro più cani da quindici anni (il che dimostra quanto mi conosci bene); ma scrivendo cerco di educare la gente a non seguire come adepti inebetiti il Guru di turno, ma a confrontarsi, discutere e soprattutto cercare vere competenze, e non solo chiacchiere. Se tu riesci a risolvere casi di aggressività o di fobia col metodo CZ, evidentemente sei brava: però – in tanti, e da tanti mesi, ormai – chiediamo di “farci vedere”. Di mostrare qualche video, di raccontare storie di cani che sono stati recuperati con questo metodo: risposte, nessuna.
      Il mio parere sullo strozzo evidentemente non lo conosci, visto che parli di “far secco il maltese” e che io ho sempre e solo predicato che lo strozzo NON va messo né a cuccioli né a cani di piccola taglia, perché può essere pericoloso. Parli senza sapere con chi parli, senza aver mai visto un mio cane, senza sapere come ho lavorato: il fatto che io ammetta l’uso del collare a strangolo basta a farti partire l’embolo.
      Come vedi, sei accecata dai dogmi della tua cinoreligione.
      Io non “accuso” l’approccio CZ. Io accuso i venditori di fumo, questo sì: ma l’approccio CZ, sulla carta, lo trovo correttissimo.
      E’ quando si parla di “metodo” CZ che divento molto, ma MOLTO scettica e chiedo di vedere i risultati. Senza i quali, mi spiace, ma…le chiacchiere stanno a zero.

      P.S.: anche l’evoluzione voglio vederla, prima di ritenermi “non evoluta”.
      E’ vero, i libri di Marchesini li trovo illeggibili: ciononostante me ne sono sciroppati un paio, proprio per sforzarmi di capire questo presunto “approccio rivoluzionario”: e non ci ho trovato NIENTE che non sapessi da almeno trent’anni (escluso il linguaggio cinoegizio, ovviamente).

      • Ciao a tutti, per quanto riguarda il recupero di cani problematici e/o aggressivi tramite il “metodo gentile” volevo segnalarvi il lavoro svolto da Alexa Capra (www.gentleteam.it) e chiedere alla redazione un parere a riguardo..
        ps. scusate la mia ignoranza.. ma CZ esattamente starebbe per?
        Grazie

        • CZ sta per “cognitivo zooantropologico”. Tra me ed Alexa Capra non corre reciproca stima, quindi è meglio che di pareri non ne esprima.

          • Grazie per la risposta sul significato “cognitivo zooantropologico”, mi sono letto tutti i tuoi articoli riguardo alla storia dell’addestramento dai primi anni 70 ad oggi.. per me è stata una lettura davvero utile anche se alla fine la mia considerazione è: e io adesso come farò a scegliere un buon centro cinofilo con tutto sto casino?!!?! (tra un anno spero DOPO 20 ANNI DI ATTESA di poter finalmente prendere un cane della mia razza preferita: l’Alaskan Malamute! di cui ho tra l’altro un tuo video manuale acquistato sempre circa 20 anni fa ed edito da devecchi!

            Sono davvero contento di potermi confrontare con una esperta cinofila del tuo calibro!

            Per auanto riguarda alexa capra e i suoi metodi di addestramento alla fine non mi paiono molto distanti dai tuoi ed è un peccato che non ci si possa confrontare su questo perchè sarebbe davvero bello.. e credo che alla fine le divergenze tra le 2 scuole di pensiero siano davvero poche e per lo più a livello teorico che pratico.. comunque grazie davvero!

  8. si parlava di punizione remota,quindi tale si può definire se questo provoca paura o dolore fisico ad un cane .
    Infatti si era fatto l’assurdo esempio del predatorio verso un altro animale o oggetto.Sappiamo bene che in quel caso la punizione per essere efficace deve superare di molto lo stimolo di quel comportamento e l’istinto ad inseguire qualcosa è troppo forte!Poi si è confuso l’istinto con l’aggressività,che sono due cose ben diverse.
    Mentre altri esempi di brutti comportamenti da non sapere affrontare mi viene da pensare che non ci vuole proprio rapportarsi con il proprio cane,perchè o che non siamo in grado di comunicare con lui oppure che vogliamo risolvere tutto e subito e come un robot comandarlo a distanza.
    Se il collare elettrico non nuoce gravemente alla salute allora perché non si è pensato ad utilizzare altri tipi di stimoli ,come sonori o altri tipi, per dissuadere un cane da un comportamento scorretto?
    Dato che si parlava di vibrazione ,anche uno stimolo sonoro potrebbe funzionare o no?
    Oppure è qualcosa di davvero fantascientifico pensare di dissuadere un cane da lontano senza provocargli dolore??

    • Se leggessi con maggior attenzione, ho precisato che il collare andrebbe utilizzato in quei casi in cui il cane NON risponde a NESSUN ALTRO tipo di dissuasione.
      I cani non li fanno con lo stampino: ci sono quelli facili da dissuadere, a cui basta sentire il richiamo del padrone, e quelli che in certe situazioni e condizioni partono per la tangente e non ti si filano neppure di striscio.
      Domanda: hai mai avuto un cane difficile? Se sì, e hai risolto problemi comportamentali con metodi alternativi ti ascolto, altrimenti ti prego di risparmiarci l’ennesima filippica buonista.

      • Ma fai un po’ te… mi sono occupata quasi esclusivamente di cani con problemi comportamentali per almeno dieci anni della mia vita…

        • Veramente rispondevo a Hil…
          Comunque, se anche tu potessi portare un esempio di metodo alternativo, piuttosto che chiacchiere, sono tutt’orecchi.
          Perchè siamo tutti bravi a dire che il cane non va punito, che la punizione è un atto di inciviltà, che esistono altri metodi e blabla, ma poi all’atto pratico, restano solo chiacchiere.

          • Sorry, io leggo i commenti tutti di fila, senza distinzione tra articoli, quindi pensavo che parlassi con me 🙂
            Gli esempi di “metodi alternativi” io non li porto perché non ritengo che esista alcun “metodo”, ma solo cani singoli che vanno affrontati in base a una serie di valutazioni: la razza del cane, l’età, l’anamnesi (parametri che possono valere in generale), ma soprattutto l’analisi del singolo individuo, che è diverso da tutti gli altri. Ed è proprio questa analisi, di solito, che porta alla scelta del metodo, dello strumento e così via: il resto fa da contorno. Se vuoi posso raccontarti qualche singolo caso…ma si tratta appunto di singoli casi, non generalizzabili.
            Ti faccio un esempio facile-facile: Kuma, dobermann fuggiasco.
            Ogni volta che veniva liberato partiva per la tangente e non c’era modo di recuperarlo, con seri rischi per lui e per gli altri (non era aggressivo con le persone, ma faceva paura “in quanto dobermann”, ed era abbastanza litigioso con gli altri maschi adulti). Anamnesi: era stato picchiato una singola volta, da cucciolo, per la mancata risposta al richiamo. In seguito, ogni volta che il proprietario riusciva (faticosamente) a riprenderlo, lo legava e lo portava a casa.
            Soluzione: mollato il cane in campo recintato, dopo due ore di orologio impiegate per riprenderlo (nonostante la recinzione, non era facile per niente, ignorando lui qualsiasi esca), venne messo al guinzaglio e subito liberato. La seconda volta si fece riacchiappare molto prima e con l’aria perplessa (sembrava che pensasse “vediamo se si sono sbagliati o se davvero mi lasciano di nuovo libero”). Riliberato, alla terza volta venne spontaneamente. Caso praticamente risolto (raccontata così sembra una roba televisiva alla Millan, ma in pratica andò proprio così: ovviamente il cane venne liberato in diverse zone sicure prima di provarlo in libertà “reale” e senza recinzioni, e in più si lavorò sul richiamo: ma le fughe folli & selvagge non si verificarono mai più, e nel giro di un mese il cane aveva un richiamo impeccabile).
            Ai proprietari era stato consigliato l’uso del tele semplicemente perché il cane non tornava neppure mostrandogli una bistecca.
            Però, detto questo, non abbiamo detto niente: QUEL caso si è risolto così, altri no. E ovviamente non posso raccontarteli tutti uno per uno…però ognuno è una storia, e ne ho almeno una cinquantina, solo di fuggiaschi, risolti senza alcuna scossa elettrica.

          • Valeria… facci un articolo con questi 50 casi!!!
            “50 fuggiaschi redenti” sarebbe un bel po’ interessante

  9. un bell’articolo che mette i puntini nel posto giusto, sottolinea i limiti di un certo tipo di filosofia partendo dal concetto che società è anche e sopratutto regola!!!!

  10. Dan, se sai dove cercare, trovi della bibliografia scientifica in inglese che dimostra i danni del collare elettrico: scritti non da gentilisti o da tradizionalisti, cinofilosofi o altro. Semplicemente da persone che hanno fatto della scienza e della cultura la loro missione

    • Siccome io non so dove cercare, magari potresti farlo tu. Non lo dico per polemizzare.
      Sarei curioso di leggere qualcosa al riguardo.
      Soprattutto, cercando di capire quali fantomatici danni una scossa statica a malapena avvertibile possa provocare, magari su un cane di diverse decine di kili.
      Molti ad esempio non sanno che il tanto vituperato collare elettrico è spesso utilizzato, alle regolazioni più basse, come segnale di richiamo per cani sordi, anche se ultimamente rimpiazzato dal politicamente più corretto collare a vibrazione (o pager), sul quale, ci scommetto, presto si comincerà ad avere da ridire perchè le vibrazioni blablabla…

      • Dan…domani ti scrivo un articolo un po’ più esaustivo sul collare elettrico, promesso. Però, nel frattempo…
        a) il collare elettrico usato come punizione remota ha un suo perché (ovvero, ottiene quasi sempre lo scopo), ma SOLO se usato in modo traumatico: altrimenti non è una punizione, punto. Ergo, non puoi dare al cane una “vibrazioncella”, ma devi dargli una scossa traumatica. Come “ultima ratio” in casi eccezionali, nei quali il cane rischia la pelle, ho sempre detto e ripeto che posso accettarne ipoteticamente l’uso: fino ad oggi, però, in trent’anni di attività, non ho mai incontrato un caso che non si potesse risolvere diversamente.
        b) il collare elettrico usato in addestramento (l’uso in assoluto più comune) è eticamente una bastardata in assoluto, perché COMUNQUE provoca – quando proprio lo usi nel modo più “gentile” possibile – un fastidio al cane. Poiché l’addestramento DEVE essere passione, gioco, divertimento, non accetto nel modo più assoluto che lo si effettui procurando anche solo un leggerissimo fastidio.
        Non te l’ha ordinato il dottore di lavorare col cane: quindi, o lo si fa per ottenerne un piacere reciproco, oppure si può andare a seminar patate, che non cambia la vita di nessuno.
        Non me ne frega un beatissimo tubo se è un pizzicorino o una scossa da lasciarti secco: NON è etico e NON è accettabile che il cane venga educato/addestrato attraverso metodi di questo tipo. E’ come dire che un bambino si può allenare a usare il vasino dandogli una scossetta elettrica ogni volta che si piscia addosso. E’ una cosa disgustosa e incivile, PUNTO.
        E comunque, avendo bazzicato un po’ tanti campi di addestramento, posso assicurarti che il “pizzicorino” viene usato in due/tre casi su dieci: negli altri sette senti i cani che urlano di dolore. E non voglio far la conta dei cani “fritti” e scomparsi nel nulla, perché purtroppo è una conta impossibile da fare (visto che nessuno confesserà mai il motivo per cui il cane è sparito dalla circolazione): ma ti assicuro che sono tanti. Anche se non fossero proprio “tutti” quelli dubbi, uno su dieci dei casi sospetti farebbe già una montagna di cani.
        Mi fa davvero specie che tu ti ponga tanti problemi etici sulla vivisezione e poi non faccia una piega di fronte a cani addestrati con metodi indegni di una società civile, che anzi caldamente appoggi.
        Non dubito che qualche furbetto ti abbia fatto provare il classico collare elettrico per polli, dimostrandoti che “non fa male”: ne sto sentendo in continuazione, di storie così. Vibrazioncelle, pizzicatine… come no. Fatti mostrare quelli che poi usano DAVVERO sui cani, però. Anzi, come ho detto a qualcun altro, non mi ricordo chi… prova a metterti al collo uno shaker. Poi mi sai dire, eh.

        • Redazione,

          Stai facendo delle colossali e plateali esagerazioni: “cani fritti”, “scomparsi nel nulla…” ma dai! Siamo seri.
          Anch’io tornerò sull’argomento, adesso sono di fretta, ma lasciami dire che non condivido affatto i toni terroristici di questo post.

      • Sono in trasferta per lavoro e non ho accesso alla mia “biblioteca” … se hai pazienza, il prossimo we.
        Due o tre li avevo pubblicati in una chilimetrica discussione a seguito di un articolo di Ti Presento Il Cane, ma non ricordo quale.

        Comunque su uno dei volumi della triligia di Lindsay “Applied dog behavior and training” si trovano un bel po’ di riferimenti a pubblicazioni scientifiche.

        Riassumendo, per i danni fisici viene descritta l’impedenza del cane al variare del tipo pelo e delle condizioni dello stesso (umido, asciutto, bagnato) e confrontata con i vari tipi di collari.
        (ricordo che in ambito umano 50milliampere continui sono considerati sufficienti per poter causare danni all’apparato cardiaco).
        Per quelli psicologici, viene anche citato uno studio su ottanta cani (60?) di cui 40 addestrati a collare elettrico e sottoposti a vari test comportamentali

  11. E vi dirò di più si dovrebbero fare corsi più specifici per le diverse razze…. in modo da integrare in base alla razza magari giochi che incentivano la specialità di ognuno di loro….magari integrandoli ai corsi di educazione di base!

  12. Effettivamente non c’è MAI una via di mezzo… o sono tutti STRONZI o tutti BUONISTI…. la via di mezzo esiste….. insomma! Comunque quello che servirebbe davvero a noi che abbiamo cani è imparare a gestirli in tutte le situazioni di vita quotidiana, e non un corso che ti insegna solo seduto resta e basta. Ogni razza è a se ogni cane è diverso, io credevo che dopo aver fatto il corso il mio cane avrebbe sempre ascoltato e invece essendo un soggetto un po dominante devo avere più polso altrimenti fa ciò che vuole. Per il momento solo una persona con cui ho avuto modo di parlare del mio labrador mi ha cambiato la vita e pensate un po in poche ore…. conosce la razza insegna il riporto e ti aiuta singolarmente col tuo cane in base al suo carattere…. quindi dopo tutta sta pappardella vi dico che ci sono persone che fanno la differenza!!!!!!

  13. è del 2009 un’inchiesta giornalistica approfondita e a 360 gradi che dimostra, al di la di ogni dubbio, come le industrie farmaceutiche a partire dagli anni ’90, hanno letteralmente inventato delle patologie psichiche per vendere psicofarmaci con marketing studiato ad oc per questo. con esponenziale crescita della sindrome di disturbo d’attenzione e bipolare nel bambino prima, e nell’adulto poi, alla sindrome delle gambe senza riposo etc etc etc. tutte curate con psicofarmaci, dei cui effetti collaterali (sino al suicidio/omicidio) non hanno mai fatto menzione sin che non sono state portate in tribunale, così come degli pseudo studi che non dimostrano l’utilità del farmaco: con l’uso del placebo i risultati sono uguali, a volte persino superiori..
    e noi stiam qui a discutere di psicofarmaci sui cani? ..

  14. Allora a me non interessa ne convincere qualcuno ne avere ragione, mi piacerebbe solo che ci fossero solo meno pregiudizi riguardo la figura del med vet comp e dell’uso di psicofarmaci. Perchè se un farmaco agisce su un rilascio di neurotrasmettitori o induce neurogenesi (recettori e neurotrasmettitori del topo sono paragonabili a quelli di cane e uomo, d’altronde il 90% degli studi sono su ratti, quindi per ora possiamo basarci su questo altrimenti non dovremmo usare nessun farmaco) NON può essere considerato sintomatico in quanto agisce su UNA delle cause. Io lavoro onostamente con le mie visite comportamentali, anche usando psicofarmaci con cognizione di causa. Il più delle volte i problemi si sono risolti, a volte no (non sono infallibile e non mi considero tale) ed allora ho chiesto la consulenza di med vet con maggiore esperienza ed ho imparato…tanto.
    Mi sembra che nei tuoi articoli Valeria il senso sia unico, i med vet comp sono degli incompetenti capaci SOLO di segnare psicofarmaci, che non risolvono nulla anzi. Ma perchè devi screditare così una professione? non trarresti tu ed i tuoi lettori maggiore beneficio nel ragionare apertamente sulle cose mettendo un pelino (solo un pelino eh!) in discussione il ricorso a un med vet comp o ad uno psicofarmaco? non si può fare? Perchè non si considera che siste una disciplina che è la CLINICA comportamentale (al pari della interna, della chirurgica, ostetrica ecc) che individua sintomi, cause anatomopatologiche, permette di fare diagnosi e imposta una terapia. Tutto questo un educatore/istruttore o quello che ti pare non è in grado di farlo, ma lavora insieme al med vet comp per risolverlo…o no? o vogliano negare che sia inutile o addirittura dannosa la clinica comportamentale??
    D’altronde a chi dice che sono io quella attacca (ma dove?) e non aperta di mente, riporto qualche frase:
    “…spedire i suoi fallimenti dal comportamentalista che, nove volte su dieci, pensa di risolvere il problema curando il sintomo (e quindi ci va giù pesante di psicofarmaci).”
    “Spedisce quasi immancabilmente il cane dal comportamentalista, che lo riempie di psicofarmaci: dopodiché, se ancora la cosa non si risolve, propone (pure con la faccina triste di circostanza) la Soluzione Finale: l’eutanasia.”–> di questa frase ti avevo anche chiesto un chiarimento ma non mi hai risposto 🙁
    senza considerare il fatto che sull’articolo di Bonano te lo avevo scritto io che ESISTE un (anzi 2 ora) master in medicina comportamentale ma poi l’articolo non l’hai corretto perchè leggo:”Innanzitutto è evidente che Bonanno dice il vero quando parla di un lavoro “non riconducibile ad una scuola di indirizzo specialistico” infatti non esiste, in Italia, una scuola di specializzazione in Scienze del comportamento.
    Ho controllato sui siti di tutte le Università italiane che hanno la Facoltà di Medicina Veterinaria: quindi, a meno di una mia clamorosa svista, questa specializzazione non esiste nel nostro Paese.”
    …forse è il caso di correggere o chi non si va a leggere tutti i commenti penserà che il med vet comp sia un PRATICONE pure lui!
    Senza offesa ma mi sembri un tantino schierata Valeria e con idee irremovibili. Io ti ho chiesto info sui casi in cui il CZ non ha funzionato, tu non mi sembra che abbia messo in discussione qualcosa. Cmq va bene così, la cinofilia sembra aver preso la strada dello scontro caso su caso, adesso ci tiriamo dentro anche la medicina veterinaria (pure l’articolo su uno che esercita la professione…vabbè)…ma così non si cresce, e non penso che si persegua quell’intento di fare cultura cinofila che vorresti tu per prima.

    • Eli, io non ho “pre”giudizi: semmai ho “post”giudizi. Come ho già detto più volte ho affiancato io per prima, ai soliti “miei tempi” (ma in questo caso parliamo solo di una quindicina d’anni fa) un veterinario comportamentalista (e non un Baubaumiciomicio: Franco Fassola, che oggi è il presidente della SISCA) che ai tempi non si era MAI sognato di utilizzare uno psicofarmaco in una terapia comportamentale e che, nel ’98, pubblicò anche un libro (Educare e rieducare il cane) in cui non si faceva cenno alcuno agli psicofarmaci. Eppure i cani si mettevano a posto lo stesso.
      Allora? Cos’è cambiato, in questi anni?
      Perché oggi nove vet comportamentalisti su dieci (lo ribadisco, anche se ovviamente la “statistica” non può essere precisa perchè basata solo sul campione che ho io a disposizione…ma ti assicuro che è un campione decisamente ampio) prescrivono psicofarmaci? Perché gli stessi identici casi che un tempo si “curavano” spiegando all’umano dove aveva sbagliato e cosa doveva fare per rimediare, oggi si trattano a pillole?
      Io mi do un’unica risposta: perché è più comodo. Più veloce e con totale scarico di quelle responsabilità (del proprietario) che causavano spesso conflitti con il veterinario (così come con l’educatore: perché quando dici a qualcuno “guarda che hai sbagliato tutto”, il qualcuno già ti guarda male. Se poi gli spieghi che potrebbero volerci sei mesi per recuperare il cane – anche se lui magari ci ha messo tre anni a rovinarlo – comincia a dirti “ma allora forse è meglio addormentarlo…”).
      In tutto questo, però, non si tiene minimamente conto del CANE: che non è felice di venire rincoglionito a forza di farmaci.
      E quando incontri uno, due, dieci, cento, MILLE casi tutti dello stesso tenore, alla fine per forza ti schieri!
      Per quanto riguarda l’esistenza dei master, non ho corretto l’articolo perché nell’articolo parlavo di “scuola di specializzazione”, e non di master. Non sono la stessa cosa!
      Questo non significa che i vet comportamentalisti siano dei praticoni: sono, però, persone a cui spesso manca la base da cui si dovrebbe sempre e solo partire per cominciare a parlare di terapia comportamentale, e cioè l’etologia (e nun me dì che c’è l’esame di etologia a vet: l’ho dato anch’io. I cani non erano neppure nominati di striscio).
      Per quanto riguarda i casi in cui il CZ non ha funzionato, come ti ho detto, sto raccogliendo una casistica che vorrei avesse un minimo di serietà: non sarà proprio “scientifica”, ma almeno voglio che sia attendibile. E non ci vogliono cinque minuti a metterla insieme… però arriverà.
      Io metto in discussione tutto, sia chiaro: anche me stessa e i metodi che ho sempre usato io.
      Ma è proprio per questo che ripeto ad ogni pie’ sospinto: a) che ‘sto “rivoluzionario” approccio CZ è lo stesso identico che ho sempre usato in vita mia e che, avendolo io usato 40 anni fa, non riesco a trovarci NIENTE di nuovo (eccetto i termini). Le uniche “novità” teoriche – e solo teoriche, perché devo ancora vederne il lato pratico – sono le teorie prese di peso dalla psicologia umana, che di solito restano appunto teorie perché non ne ho ancora visto uno straccio di applicazione pratica; b) che gli psicofarmaci non servono, visto che TUTTI i casi che ho incontrato in vita mia (e sono tanti…) si sono risolti senza il loro utilizzo, e che molti casi in cui invece sono stati usati si sono conclusi con l’eutanasia. Posso avere una visione incompleta della cosa, questo è certo: però quello che continuo a chiedere, a tutti (educatori e comportamentalisti), è “fatemi vedere”!
      Santapupazza, ma possibile che tutti oggi facciano video, foto eccetera…tranne queste persone qua? Un bel “prima e dopo la cura”, è possibile vederlo pubblicato da qualche parte? Un caso problematico risolto, è possibile vederlo?
      Non mi sembra una richiesta così peregrina: anche dal punto di vista scientifico, normalmente, si portano prove documentate di quanto si afferma, altrimenti l’affermazione viene considerata aria fritta. Perché, quando lo chiedo io, la cosa sembra addirittura offensiva?

  15. concordo pienamente ed era quello che intendevo dire. Se la depressione umana è causata da fattori esterni, i disturbi che hanno gli animali vengono proprio da noi. Per questo dico che in natura non troviamo tutti sti problemi comportamentali….Non voglio dilungarmi sull’argomento, anche se per esperienza dico che gli psicofarmaci non servono assolutamente a nulla, non risolvono i problemi, a quello dobbiamo pensarci noi

  16. mah…
    ora va bene che un cane è un cane ed un essere umano è un essere umano, ma onestamente non credo che gli psicofarmaci siano una soluzione per gli esseri umani, in quanto pagliativi e “oscuratori” del problema, come possono esserlo per un cane?!
    I cosiddetti problemi mentali del cane, nella mia ignoranza, sono conseguenza della mancanza di risposte da parte nostra alle sue esigenze, necessità, motiviazioni (chiamiamole come ci pare) o traumi che gli abbiamo (in quanto umani e mondo che li circonda) provocato…dovremmo quindi puntare a lavorare sulle cause, costruire un “dialogo”, un rapporto e aiutarci ad uscire dalla difficltà insieme, ovvio che nella nostra società dove vogliamo spengere e accendere tutto con un bottone lo psicofarmaco è più facile (imbottiamo i bambini cosiddetti iperattivi… va beh…) ma allora prendiamo un tamagochi (si chiamava così?) e facciamola finita, non sporca, non ha costi elevati di sussistenza, non da problemi e quando nn hai voglia lo spengi…
    scusatte ma non ho resistito e non credo nella chimica come soluzione…sono naturale…

  17. Ma visto parlare così tanto di psicofarmaci utilizzati per i cani!!!! Reputo che sia un’indecenza solo a pensarla una cosa del genere. Son stata in cura qualche anno fa con Prozac e Remeron per una forte depressione…ho smesso dopo un mese per fortuna, purtroppo devo continuare a prendere i sonniferi sennò non dormo più. Credo che il miglio modo per non usare questi diabolici medicinali, sia proprio cercare di vivere sereni. Più volte son stata sull’orlo di ricadere in depressione, ma ho lottato per trovare tutti i lati positivi della vita. Se un cane ha bisogno di psicofarmaci ( e nessun cane ne ha bisogno a mio parere) è solo per causa nostra….loro non ragionano, vivono d’istinto. Mai visto un animale depresso in natura, perciò dico…viviamo sereni con i nostri animali, cani gatti o altro che siano. Certo, le regole ci vogliono, basta non abusarne e dosarle con giochi e coccole, ne han bisogno loro e anche noi

    • Condividendo il tuo ragionamento in generale, ti faccio notare che i cani non vivono “in natura” e sul fatto che “non ragionino” … ci si può disquisire (per filosofeggiare -cosa che piace tanto alla redazione :-PpPp – ci di potrebbe chiedere se per un cane sia adatta la definizione di Disturbo Ossessivo-Compulsivo oppure non debba essere soltanto un Disturbo Compulsivo del Comportamento) 🙂

  18. magari è diffusa solo in certi ambiti.. anche io prima di cominciare a lavorare con i cani che vengono “educati”, nn “addestrati”, al campo, nn mi ero mai resa conto di questo andazzo.
    io mi imbatto di solito in questa tipologia:
    forse è che da qualche anno siamo tutti animalisti, condividiamo appelli, ci facciamo spedire povere bestie dall’ altro capo del mondo basandoci su una foto e 4 idiozie scritte sotto.. e già tutto questo, tra collette, stalli, cure mediche e sterilizzazioni, muove un bel pò di soldi e fa lavorare tanta gente.
    aggiungiamo che larga parte di chi sceglie un cane su internet nn ha veramente idea a cosa va incontro, pensa che il cane “salvato” gli sarà riconoscente quindi bravissimo, anche perchè negli appelli sono tutti incroci-labrador buonissssimi con tutti.
    magari questa persona è al suo primo cane, ma i preaffidi vanno sempre bene, il cucciolo viene recapitato all’ uscita dell’ autostrada, arrivederci e grazie (prima che l’ adottante si accorga che il cucciolo NON è un incrociolabradortagliacontenuta.. a volte anche il sesso nn è quello dell’ appello..
    così l’ ignaro benefattore si porta a casa magari un futuro maremmano, o magari un randagio abituato a stare libero fino a 5 giorni prima, o il cucciolo frettolosamente svezzato (se crescono nn fanno più tenerezza), e presto cominciano i problemi senza che lui capisca i perchè, quindi se è stronzo semplicemente molla il cane al primo che trova o al canile, se invece vuole bene al cane, si avvicina ad un educatore per farsi aiutare (spesso consigliato direttamente da chi ha seguito l’ adozione.. e anche tutto questo innesca un ulteriore giro economico.)
    se l’ educatore è un pò bravo e il cane nn troppo psycho, in 200 lezioni il padrone imparerà ad adattarsi al suo cane, ad evitare i conflitti che mettono entrambi in difficoltà, e se và bene riuscirà a fargli fare seduto-dailazampa a suon di biscotti, ma trovandosi una propria dimensione magari saranno soddisfatti.
    se il cane invece nonostante le 200 lezioni è ancora furioso, magari l’ ignaro adottante comincia a chiedersi se nn ha sbagliato professionista o metodo..MA NOOO! è il cane che nn funziona, è “pazzo”, quindi ci vuole il dottore dei matti, cioè il veterinario comportamentalista..se il problema è un cane aggressivo sopra i 20 kg nn servono 200 lezioni, di mandano direttamente a sedare il cane.
    a questo punto le persone di buon senso cominceranno a sentire puzza di bruciato, e cercheranno soluzioni magari più elaborate, ma più logiche e più rispettose del cane, e scriveranno a valeria rossi per chiederle se il puzzo nn lo sente anche lei o mi lasceranno il cane “particolare” in pensione quando si concedono una vacanza, sapendo che sono in grado di gestirlo anche senza rimbambirlo (nn accetto cani in terapia farmacologica. mordaci, iperattivi, fobici, handicappati, ecc, si..forse per questo ho tanti esempi pratici :)).
    la sciuramaria e il sciur mario invece ci cascheranno probabilmente con tutte le scarpe , complici da un lato le barbaradurso che creano l’ allarme, e dall’ altro i guru piacioni lì pronti con la cura..veloce, incruenta e che fa fare un figurone..se poi il cane è proprio difettoso, visto che neanche i farmaci lo guariscono, allora sopprimerlo diventa un atto civile e pietoso..

  19. Allora qui se c’è qualcuno che pecca di presunzione sei tu, perchè:
    1)dire che la psichiatria umana va a tentativi ed è sintomatica è una grandissima falsità porca miseria, me secondo te allora come si trattano le persone depresse??
    2) i meccanismi patogenetici delle patologie comportamentali sono noti, se non li conosci informati, altrimenti evita di sparare a zero e fare disinformazione. Certo che i problemi comp del cane ci sono sempre stati, ma questo non vuol dire che si debbano affrontare e risolvere nella stessa maniera a distanza di 50 anni, se ci sono stati dei progressi nella conoscenza e negli approcci sarà il caso di sfruttarli!
    3)se parti dal presupposto, come hai appena scritto, che non c’è di nuovo nel CZ e che sai già tutto…ci credo che nessuno vuole condividere le sue esperienze! Io invece ti ho chiesto, se hai info sui danni del CZ, dimmeli che ci ragioniamo insieme!

    • Eli…sono FIGLIA di una depressa e ho vissuto con questo problema in casa negli ultimi 25 anni. Forse una vaga idea ce l’ho, che ne dici? Una minima, minimissima parte dei meccanismi patogenetici è nota. Tutto il resto è un immane punto interrogativo, tant’è vero che non esiste una persona GUARITA realmente da un problema psichiatrico: si curano i sintomi. Se uno psicotico smette di prendere psicofarmaci, ricade dritto come un fuso nella psicosi: questo secondo te è “guarire”, ppure curare i sintomi? Mi sembra che tu abbia troppa fiducia nella psichiatria come scienza esatta, quando è tutt’altro che tale: come, ahimé , mi hanno sempre e solo detto, ridetto e confermato tutti i medici che hanno tentato di curare mia madre…e che ne hanno sempre e solo curato, appunto, i sintomi.
      Quanto al CZ…NO, non c’è un accidenti di nuovo. Specificami cosa ci trovi di nuovo, innovativo, diverso: non dirmi che è “tutto un nuovo approccio”, dimmi cosa c’è che non sia già stato detto prima.
      Io non so affatto tutto…siete voi che pensate di sapere tutto, persino come funziona la mente del cane. Io ho tantissimo da imparare…ma non dal rivolgimento di vecchie frittate con nomi diversi. Vorrei qualcosa di veramente innovativo, da imparare.

      • Valeria, finchè continuerai a partire dal presupposto che ne sai più di chi ti scrive, non arriviamo da nessuna parte. Conosco bene la depressione dato che ho vissuto 10 anni con un fratello depresso, so quali farmaci si usano e come agiscono (della neurogenesi indotta dalla fluoxetina che mi dici??), delle terapie “comportamentali” utilizzate ecc ecc e si può guarire smettendo di prendere psicofarmaci!! Tu mi dirai di no perchè la tua esperienza è stata diversa e perchè TUTTI i med vet comp d’Italia sono degli emeriti imbecilli (o il tuo messaggio è diverso??) e allora…rimani delle tue opinioni, in tutta franchezza e amicizia.
        Riguardo al CZ non mi sembra che nei libri che hai citato nell’altro articolo, ci sia qualche riferimento all’osmosi emozionale, a come usarla, indurla, trarne beneficio per se e per il cane.
        Cmq ti ripeto, finchè ti trinceri dietro le tue esperienze personali e il sentito dire di clienti che ti riportereranno solo esperienze negative, non penso che potrai veramente “aprirti” e metterti in discussione.

        • “Valeria, finchè continuerai a partire dal presupposto che ne sai più di chi ti scrive, non arriviamo da nessuna parte. ”

          Guarda che quanto “rimproveri” è quello che stai facendo tu in ogni tuo commento, giusto per dire…

        • Eli, mai detto che tutti i comportamentalisti sono degli imbecilli, e mai detto che gli psicofarmaci sono inutili tout court. Non mettermi in bocca parole che non ho mai detto né scritto.
          Che sono sintomatici tout court, invece, lo dico e ne resto convinta: della neurogenesi indotta dalla fluoxetina posso dirti che è stata dimostrata sperimentalmente nel ratto, a quanto ne so (letto non molto tempo fa, quindi presumo che non siano stati fatti grandi passi avanti nel frattempo) e che – come al solito – se ne è “presunta” una possibile azione similare nell’uomo. Quando mi dimostreranno con una casistica certa, completa di studio degli effetti collaterali a lungo termine, che esiste davvero questo beneficio, ti dirò che hai ragione.
          Ciononostante, tu continui a non capire quello che intendo dire io: e cioè che almeno l’80% dei casi di PRESUNTE psicosi canine che vengono trattate con gli psicofarmaci in realtà non esistono e che quei casi sarebbero risolvibili con un’adeguata terapia comportamentale…che, ancora nell’80% dei casi, si riduce poi ad un corretto approccio etologico. Cosa che la stragrande maggioranza dei comportamentalisti, purtroppo, o non conosce, o non intende mettere in pratica (spesso per pura e semplice paura del cane), prendendo la scorciatoia dello psicofarmaco perché è più COMODA, e non perché sia più efficace.
          Ma siccome le chiacchiere lasciano il tempo che trovano, prossimamente pubblicherò una bella casistica (nella quale non verranno ovviamente pubblicati i nomi, che però saranno disponibili presso la redazione) di cani inutilmente trattati con psicofarmaci, che sono stati invece recuperati perfettamente cacciando le pastigliette nella pattumiera e lavorando sul cane con competenza e professionalità REALI. Dopodiché potremo discutere di tutte le osmoni emozionali che vuoi.
          Dammi solo il tempo di finire di raccogliere il materiale (ma non ci vorrà molto: ne ho già parecchio).

          P.S.: per quanto riguarda i libri, ho pubblicato due liste, una mia e una di amici cinofili di ogni genere, ampiamente compresi quelli di provenienza CZ (e dintorni). Io non ho citato libri che parlino di “osmosi emozionale” perché ritengo che questi termini siano precisamente “supercazzole”, e questo non è certo un mistero. Mi fa specie, però, che neppure gli altri cinofili abbiano citato – tra i testi da loro suggeriti – qualcosa che sia stato di tuo gradimento. E guarda che non ho operato alcuna censura, eh!
          Se alla domanda “Ditemi quali libri hanno contribuito alla vostra crescita e alla vostra cultura cinofila” nessuno ha risposto con titoli di libri che trattavano di osmosi relazionale… io posso solo dirti: chiediti perché.

        • Eli, ma non ti accorgi che quello che stai facendo è semplicemente attaccare Valeria, senza portare nessun dato concreto a supporto delle tue tesi? L’osmosi emozionale mi suona benissimo e quando gli faccio le coccole della buona notte ci assomiglia pure… ma, in realtà, che vor dì?
          Che se sei calmo anche il cane si calma, mentre se il cane rompe e tu ti irriti lui rompe di più?
          Che ci si influenza a vicenda?

    • eli guarda che anche sugli umani l’ uso massiccio ed indiscriminato degli psicofarmaci è un’ aberrazione!
      oltre al paragone (azzeccatissimo) tra cani iperattivi curati col prozac e bambini iperattivi curati con il ritalin, pensa agli schizzofrenici, che prima venivano rinchiusi, oggi vengono spenti a domicilio con litio e serenase , e pensa ai depressi che tu citi: la depressione è un’ incapacità di accettare od affrontare una grossa difficoltà..è un disagio reale con cause reali, il prozac elimina la percezione del problema, quindi di fatto ti impedisce di affrontarlo… soluzioni comode e convenienti per chi ci vuole tutti bravi buoni e obbedienti anche quando non ci piace il mondo in cui viviamo, e per chi produce tutti questi farmaci, che ti ricordo danno una dipendenza pesante, infatti la maggior parte delle persone che entrano in questo tunnel nn ne escono..
      ..e le persone, entro certi limiti, scelgono terapeuta e terapia, possono anche scegliere di essere drogati a vita piuttosto che tristi a vita, ma un cane?
      il cane viene trattato come gli individui “pericolosi a se stessi e agli altri” : basta che 3 persone (il sindaco, un medico e un normale cittadino) dichiarino la pericolosità di qualcuno e scatta il TSO (trattamento sanitario obbligatorio) che è un ricovero psichiatrico coatto rinnovabile.. nn so se hai mai incontrato persone che hanno subito questa violenza..io si, collaborando con un gruppo di persone che offriva assistenza legale alle vittime della psichiatria, e ti assicuro che a nessuno aveva giovato..
      lo psicofarmaco funziona nel senso che quando nn ci sono fondi, strutture, personale, una famiglia presente ed in grado di gestire la persona-cane che crea problemi alla società,stordire il malcapitato è l’ unica soluzione al problema,non di chi soffre, ma della società con cui si scontra..
      con i cani è ancora più semplice “inventare” malattie neurologiche e intortare il proprietario senza dovergli spiegare che il suo cane devasta casa, o striscia lungo i muri, o morde come un piranha, molto probabilmente a causa di errori umani (di chi lo ha allevato, di chi lo educa, ..o NON lo educa, di qualche brutto incontro..), senza dovergli dire che per rimediare a tali errori c’è bisogno di tanto lavoro, nn solo sul cane, ma su tutto il contesto..roba difficile che richiede tempo, impegno, voglia e motivazione..
      dopotutto il proprietario vuole solo salvare il divano e il postino..magari vedendo il proprio cane rincoglionito penserà :guarda come è tranquillo, stà proprio meglio!!la medicina funziona!! il cane invece penserà….NIENTE. bel risultato, si! in quello stato come fa a funzionare la terapia comportamentale?
      sarò anche un caso, ma tutte le volte che ho visto lavorare educatori cz e veterinario comportamentalista su cani con seri problemi, li ho visti prescrivere farmaci a priori, in due ore di valutazione in uno studio, senza tentare niente altro prima di arrivare a questa soluzione estrema..e ti parlo di professionisti famosi, nn solo dei veterinari di canile..
      un rott mordace è stato abbattuto dalla proprietaria quando si è resa conto che 2 anni di rieducazione (in un noto campo e con la supervisione del veterinario comp.) a biscottini e attivazione mentale per abbattere i livelli di stress, ma senza cambiare le reali e giustificatissime cause della sua rabbia, avevano creato un cane con cui era veramente pericoloso vivere, e rapportarsi..e visto che il problema del cane erano proprio i limiti della proprietaria, quando persone più oneste e professionali glielo hanno finalmente fatto notare, e le hanno spiegato la portata del lavoro da fare sul cane, lei ha deciso che era troppo tardi e ha scelto una via ancora più comoda
      un altro cane molto nevrile e con un lungo passato di canile, appena adottato era stato valutato iperattivo da una delle coppie educatore-veterinario più famose d’ italia, e condannato al prozac a vita..in questo caso fortunatamente la proprietaria si è posta dei dubbi, e con pazienza e dandogli tempo e qualche gocciolina omeopatica, in alcuni mesi si è ritrovata un cane trasformato, con il suo brutto passato, ma anche con un bel futuro davanti..
      se vuoi continuo:
      cagnetta bravissima, obbediente, gentile con tutti, ma terrorizzata dal vento forte? psicofarmaci, naturalmente!
      la cucciola adottata dal sud distrugge casa se lasciata 8 ore da sola? indovina..
      due maschi devono imparare a convivere causa matrimonio dei proprietari? castrazione, e se nn basta, pastiglie a quello più tamarro..
      tranne il primo tragico esempio, tutti gli altri cani hanno ritrovato la serenità senza seguire le prescrizioni farmacologiche
      in almeno 2 di questi casi la terapia comportamentale di scuola cz nn ha assolutamente centrato il problema, o lo ha peggiorato
      inizialmente ho pensato a incompetenza o disonestà del singolo professionista..ma con il moltiplicarsi dei casi (io tengo i cani in pensione, quindi ne vedo tanti e di tanti tipi) ho cominciato a farmi domande anche sui metodi..e sono arrivata a conclusioni molto simili a quelle di questo articolo.

      • Hass fidanken: l’anno scorso ho preso una cagnetta, Easy, al canile, mal socializzata e quindi molto schiva e diffidente verso gli umani; con TANTA pazienza (ci ho messo in tutto quasi un anno… E ammetto che quando leggo di Raul recuperato in gran parte nel giro di un mese, mi vergogno :-)) sono riuscita a recuperarla e adesso e’ a tutti gli effetti un cane normalissimo, socievole coi familiari ma un po’ fredda con gli estranei, vivace e giocherellona.

        Dopo 3 mesi da quando l’avevo presa, e finalmente ero riuscita a farle superare il primo scoglio (ovvero: non avere paura di me; prima, non mi temeva solo quando ero ferma e zitta seduta sul pavimento, altrimenti stava sempre a distanza e pronta a scappare/buttarsi a pancia in su), noto che ha la coda un po’ “pelata” e arrossata; siccome porto sempre i mie cani in boschi e prati, siccome c’era in mezzo alla zona pelata un rigonfiamento simile a quello delle punture di vespa, e soprattutto siccome avevo già visto “sintomi” simili sull’altra mia cagna quando era stata punta da un insetto, ho pensato che fosse stata punta e l’ho portata dal veterinario.

        Qui dico alla vet. “guardi, il cane ha un rigonfiamento e si lecca sulla coda”… Bene, la vet. ( sapeva che Easy era stata presa al canile ) non guarda nemmeno la coda ma mi chiede chi era dei due il cane dominante in casa e mi dice subito di andare da un comportamentalista suo amico che mi avrebbe dato una cura anche con dei farmaci da fare perche’ sicuramente il mio cane si leccava per lo stress di essere passato dal canile a una casa. Io timidamente le faccio notare che in realta’ proprio adesso Easy cominciava a essere un po’ più serena, quindi lo stress avrebbe dovuto manifestarsi semmai prima, appena presa, inoltre i sintomi erano uguali a quelli di Bella quando era stata punta e comunque non era successo niente (traslochi, cambi di orari ecc.) recentemente che avrebbe potuto scombussolarla e stressarla.

        Niente da fare, lei era convintissima e voleva a tutti i costi mandarci dal vet. comp. suo amico; alla fine le ho detto “si vedrò appena posso” e sono andata. Alla fine le ho lavato la zona e fatto impacchi freddi e dopo qualche giorno era scomparso il rigonfiamento e Easy aveva smesso di leccarsi.
        Adesso, ok che la mia è solo UNA esperienza… ma parlare subito di stress senza nemmeno guardare i sintomi, mi pare un pò eccessivo!

        • alice, magari se cominciamo a raccontarle tutte queste esperienze potremmo favorire un’ inversione di tendenza, e nn rimarrebbe la convinzione diffusa che lo psicofarmaco è l’ unica soluzione.. speriamo che poi quelli che si sentono minacciati dalle nostre verità nn ci mandino “le iene” a tutti quanti 😉

      • Ammetto -non essendo del mestiere- di non avere una visione globale del problema, ma nella mia vita “cinofila” di cani ne ho visti e vissuti (non vorrei sparare un numero a caso, ma a sensazione qualche centinaio potrebbe essere una stima ragionevole) e non ho mai incontrato qualcuno che trattasse o avesse trattato uno dei propri cani con psicofarmaci.
        Ma è pratica così diffusa?

        • O quelli a cui li consigliano scrivono tutti a me (e portano tutti i cani in pensione ad Hass Fidanken)… oppure ho l’impressione che sì, sia una pratica molto diffusa 🙁

        • Io nemmeno sono del mestiere, ma di cani trattati con psicofarmaci ne conosco qualcuno. Una cagna dei miei vicini, incrocio Lab-Dobby, è sotto psicofarmaci perchè quando la portano fuori è super agitata, tira, abbaia quando incontra altri cani, va in ipereccitazione ecc ecc Peccato che la portano fuori un oretta SOLO la domenica, gli altri giorni non hanno tempo… non gli hanno consigliato di portarla fuori un po’ più spesso, non gli hanno consigliato una gestione del cane diversa, prescritto psicofarmaci e via andare. Tra l’altro non hanno risolto nulla, solo il padre riesce a portarla fuori, gli altri membri della famiglia non riescono comunque a gestirla.

          Inoltre ne conosco moltissimi, amici di forum e pagine cinofile, a cui son stati consigliati e prescritti da Vet Comp. Fortunatamente queste persone non se la sono sentita di imbottire i loro cani e hanno risolto comunque. Resta il fatto che, nella mia casistica, a TUTTI quelli che sono andati da un Vet Comportamentalista, hanno prescritto psicofarmaci. Non conoscerò centinaia di casi, ma qualche decina si, e ripeto che a TUTTI son stati prescritti/consigliati dei farmaci: lo trovo aberrante!

      • penso che nessuno possa contraddire una tale verità: l’uso indiscriminato di psicofarmaci è un’aberrazione…ci mancherebbe. Esiste anche un uso degli psicofarmaci corretto. Perchè non se ne parla?? perchè si demonizza senza conoscere?? perchè si continua a dire che sono sintomatici e non fanno affrontare il problema quando è tutto il contrario? basterebbe leggersi meccanismo di azione, e patogenesi delle PATOLOGIE del comp. E se sono patologie appunto come può essere un’artrosi perchè per l’artrosi faccio subito prendere al mio cane un bell’antinfiammatorio e invece per una patologia del comp mi oppongo all’uso di psicofarmaci accompaganto da una terapia comp?? forse perchè c’è un po’ di ignoranza a riguardo?

        • eli, mi sembra che tutti ti abbiano portato esempi pratici ed esperienze personali sul fatto che questo fantomatico uso proprio e corretto e utile degli psicofarmaci nella pratica nn trova riscontri.
          sei tu che continui a citare solo i libri che hai letto e i bugiardini dei farmaci, ed in più ti permetti di dare dell’ ignorante a chi nn ti dà ragione.. è esattamente quello che fanno la maggior parte dei guru della pastiglia, di cui tu, visto come ti poni, sei probabilmente un’ adepta.. se poi mi paragoni un antinfiammatorio ad un antipsicotico, scusa ma dimostri poca cognizione di causa in generale, nn solo sui cani.. prova a prendere il prozac 2 o 3 giorni (e pensa che le terapie sui cani devono durare almeno 20 gg per dare risultati, secondo quello che dicono i comportamentalisti..giusto per essere sicuri di innescare la dipendenza, dico io..) e poi guarda se ti si blocca i processi cognitivi, e nn solo quelli.. sperimenta su di te invece di sostenere chi sperimenta (e lucra) sui cani!! ..o almeno porta degli esempi pratici alle tue affermazioni..

        • Eli, il paragone con l’antinfiammatorio centra poco… Mia nonna mi racconta sempre di sua madre, la mi bisnonna, quando era anziana: quando ha dovuto subire un intervento, all’ospedale è stata drogata di tranquillanti e calmanti per farla dormire continuamente; il risultato è stato che quando era sveglia mia nonna le si avvicinava, sua madre la insultava e la picchiava nonostante non l’avesse MAI picchiata nemmeno per punirla quando era piccola. Quando mia nonna la portò via dall’ospedale, e continuò a darle solo il normale antinfiammatorio (era un problema agi arti), la mia bisnonna smise di avere queste crisi (infatti picchiava mia nonna perchè non riconosceva l’ospedale e era convinta che l’avesse messa in carcere…)e tornò normale. Quindi, se permetti, verso gli psicofarmaci, avendo sentito questa storia da sempre, sono un po’ sospettosa

      • “la depressione è un’ incapacità di accettare od affrontare una grossa difficoltà”

        detto così sembra un capriccio.
        la depressione NON E’ incapacità di accettare/affrontare difficoltà, ma uno stato fisico/mentale/emotivo, il quale, fra i vari sintomi, ha anche apatia, bassa autostima, incapacità di prendere iniziative e assumere decisioni – cose che effettivamente rendono difficile ‘affrontare una grossa difficoltà’.

        “..è un disagio reale con cause reali,”

        che sia un disagio reale è fuori di dubbio. spesso dà anche disturbi fisici e malattie altrettanto reali. sulle cause non mi risulta ci siano ancora risposte definitive, se ci siano o meno componenti genetiche etc., ma certamente con una depressione in atto ci sono cambiamenti a livello chimico, e quindi funzionale, del cervello e dell’intero corpo – da cui discende l’aiuto farmacologico.

        “il prozac elimina la percezione del problema, quindi di fatto ti impedisce di affrontarlo”

        scusa il francese, ma questa è una cazzata. gli antidepressivi non eliminano alcuna percezione, ma riequilibrano sostanze chimiche (tipicamente la serotonina) che migliorando il tono dell’umore forniscono al paziente (e scusa la terminologia non scientifica) quella scintilla di energia che fa riaccendere il loro motore, e gli permette, magari con l’aiuto di un bravo terapeuta, di uscire dalla depressione in modo stabile, rinunciando in seguito gradualmente ai farmaci.
        certamente il farmaco da solo non basta, ma a volte anche il solo terapeuta non basta. noi SIAMO chimica, e se la chimica si guasta, la chimica (il farmaco) serve. poi ti puoi pippare 10 anni di analisi classica o un anno di terapia cognitiva o quel che vuoi, ma A VOLTE il farmaco SERVE.

        “scegliere di essere drogati a vita piuttosto che tristi a vita”

        se una persona è carente nella produzione di una sostanza funzionale al suo vivere e necessita di un’integrazione, è drogata? quindi i diabetici che si iniettano l’insulina sono drogati?

        “danno una dipendenza pesante, infatti la maggior parte delle persone che entrano in questo tunnel nn ne escono..”

        la dipendenza ci può essere, ma non è automaticamente definitiva. in base a quali dati statistici affermi che la maggior parte delle persone non ne esce?

        se si vuole parlare di psicofarmaci, evitiamo preconcetti e cliché.

        • betta, nn vorrei andare clamorosamente off topic mettendomi a discutere in questa sede dell’ uso degli psicofarmaci sull’ uomo, ma ti assicuro che tutto quello che ho espresso nn è frutto di preconcetti o clichè, nè della sola lettura di libri, nè degli insegnamenti di qualcuno, ma delle mie osservazioni ed esperienze pratiche. le implicazioni biochimiche di cui parli nelle persone depresse le conosco, ma io le considero effetti e nn cause del disagio, quindi ribadisco che secondo me l’ impiego dello psicofarmaco nn può essere considerato risolutivo del problema della persona, casomai risolve solo quello della società, e la dipendenza che creano nn è solo e principalmente fisica, dalla quale è relativamente facile uscire, ma soprattutto psicologica: intervenendo dall’ esterno sugli scompensi di produzione di serotonina, il depresso (che nn è una persona capricciosa,come ti è erroneamente sembrato io sostenga, ma una persona fragile molto sensibile e spesso isolata)spessissimo impara a delegare al farmaco la gestione delle reazioni che lo mettono in crisi( e che hanno SEMPRE un motivo reale, anche quando nn è individuabile subito e chiaramente, c’ è sempre un motivo scatenante: un lutto, una grossa delusione, una prepotenza dalla quale nn possiamo difenderci, un atto di umiltà troppo pesante per il nostro orgoglio, ecc..), e spesso arriva a rifiutare di abbandonare il farmaco che lo preserva da ciò che nn riesce a gestire ed elaborare.. questo intendo per drogato, e se tu mi paragoni questo alla situazione di un diabetico( o a quelle di chi fa uso di antiinfiammatori, cvome dice eli in un altro commento), mi spiace ma le cazzate, in francese o meno, nn sono io a dirle..
          ho anche dei dubbi personali sulle diagnosi dei terapeuti, visto che i comportamenti che in alcune società, culture e momenti storici sono considerate patologiche, in altri contesti sono socialmente accettati e riconosciuti (la patrona d’ italia s. caterina era un’ anoressica che sentiva le voci, se la descrive uno psichiatra, una mistica se la descrive un religioso, e così via)
          se il tuo corpo produce in maniera sbagliata o carente la serotonina e tu moduli la produzione dall’ esterno, stai bloccando un processo causa- effetto, quindi prozac, en, serenase, litio, aldoperinol e quant altro (ho messo insieme farmaci che funzionano in maniera diversa per far prima e nn scrivere un trattato, ma conosco la differenza) alterano la tua personale percezione,( che ha una sua personale dignità e i suoi motivi anche quando nn è condivisa da altri), e la riportano a quella socialmente accettabile e condivisa, forse, ma negano l’ esistenza di percezioni diverse, il che è molto rischioso, oltre che irrispettoso del paziente, e provoca derive spesso più gravi della patologia stessa (ti parlo di suicidio, per esempio, così nn pensi a “capricci”)
          per quello che ho visto io il farmaco serve solo in momenti specifici e puntuali (tipo persone che nn dormono da settimane per il terrore o la paranoia) per dare tempo al cervello di riposarsi e riprendere funzionalità, ma le terapie farmacologiche prescritte durano sempre molto più dei 2-3 giorni che secondo me sarebbero il limite massimo, e così invece di favorire la terapia, innescano le derive a cui accennavo prima..
          sul fatto che è difficile uscire dalle terapie farmacologiche ho una mia statistica personale basata su di una cinquantina di casi, anzi, di PERSONE, che ho conosciuto sia in reparti psichiatrici di 2 ospedali diversi, sia in casa famiglia, sia che convivevano con me.. due di loro hanno deciso di porre fine alla loro esistenza, nn riuscendo a sfuggire nè al proprio disagio, nè alla coercizione di una cura che li annullava.. se tu hai statistiche in senso contrario ti prego di parlarmene, così ti indirizzo tutti quelli che ancora stanno combattendo, o quelli che vanno tutti i mesi a farsi la puntura a lento rilascio come un tossico va a prendere il metadone..

          • “le implicazioni biochimiche di cui parli nelle persone depresse le conosco, ma io le considero effetti e nn cause del disagio”

            questa mi pare un’opinione, e credo che la mia valga quanto la tua, e ovviamente possono differire 🙂

            “reazioni che lo mettono in crisi( e che hanno SEMPRE un motivo reale, anche quando nn è individuabile subito e chiaramente, c’ è sempre un motivo scatenante: un lutto, una grossa delusione”

            anche questo non mi risulta sia dimostrato, e quindi siamo ancora nel campo delle opinioni, anche qui opposte 🙂

            “e se tu mi paragoni questo alla situazione di un diabetico”

            ma a prescindere che sia nato prima l’uovo o la gallina, che sia un evento a scatenare una carenza di certi neurotrasmettitori (ma mi pare un po’ poco, ci vorrebbe almeno una vita di sfighe), o che sia una carenza all’origine di difficoltà a gestire la vita fino a portare (magari non sempre) alla depressione, nel momento in cui questa carenza c’è, perché non si dovrebbe sopperire ad essa, ovviamente con le dovute cautele e sotto controllo medico-psicologico? perché le malattie del corpo possono essere curate con i farmaci (a volte pesantissimi, con effetti collaterali da rabbrividire), e quelle della – vogliamo chiamarla mente? anima? – invece ‘arrangiati e spera’? è forse questo il problema? che per quanto sappiamo bene che anche il cervello è corpo, e chimica, etc., si attribuisce ad esso un valore aggiunto, o diverso, di ‘anima’ appunto? e non esiste la medicina per l’anima, giusto? a parte la religione, che in questo paese cattolico (quanno je pare) spiegherebbe questo tabù, o forse si tratta di superomismo, stile ‘volere è potere’, ‘se non puoi è perché non vuoi’, etc.
            per le malattie ‘normali’ ci si può sfondare di tutto e di più, pasticche per la pressione, per la prostata, anticoagulanti, chemio per i tumori – anche a vita, perché certe medicine sono salva-vita.
            per la depressione invece bisogna praticare una rigorosa astinenza, e poi se ti suicidi, o se semplicemente fai una vita di merda, cazzi tuoi. l’importante è che non alteri la tua percezione.
            e in fondo, se ti curi la depressione – senza farmaci, per carità, ma magari con la PNL o col gelato al cioccolato – non stai cercando di cambiare la tua percezione? 🙂

            “ho anche dei dubbi personali sulle diagnosi dei terapeuti, visto che i comportamenti che in alcune società, culture e momenti storici sono considerate patologiche, in altri contesti sono socialmente accettati e riconosciuti (la patrona d’ italia s. caterina era un’ anoressica che sentiva le voci, se la descrive uno psichiatra, una mistica se la descrive un religioso, e così via)”

            dunque. per lo psichiatra un’anoressica, per il religioso una mistica, e tu dichiari di dubitare non dei religiosi ma dei terapeuti.
            tana! ecco il cattolItalico che esce fuori, ed ecco perché il cervello/mente/anima non si tocca 🙂

            “ma le terapie farmacologiche prescritte durano sempre molto più dei 2-3 giorni che secondo me sarebbero il limite massimo”

            qui parli di altre patologie, le cure per la depressione durano mesi, e si scalano a salire e a scendere. per tirare su un depresso in due-tre giorni devi dargli cocaina o anfetamina 🙂

            “per quello che ho visto io il farmaco serve solo in momenti specifici e puntuali (tipo persone che nn dormono da settimane per il terrore o la paranoia)”

            anche questa non è depressione, ma più probabilmente psicosi, immagino.

            “se tu hai statistiche in senso contrario ti prego di parlarmene, così ti indirizzo tutti quelli che ancora stanno combattendo, o quelli che vanno tutti i mesi a farsi la puntura a lento rilascio come un tossico va a prendere il metadone..”

            ecco, mi pare confermato che stai parlando di neurolettici, quindi di farmaci per psicotici, non per depressi, sono patologie totalmente diverse, e usano farmaci diversi.
            comunque se il tuo tono vuol farmi sentire in colpa perché presumo di poter parlare di qualcosa che affligge tanti sfortunati senza saperne niente – quell’ironico “ti indirizzo tutti quelli che ancora stanno combattendo” mi pare chiaro – mi spiace, ma su me non fa presa.
            la mia sensibilità all’altrui dolore la metto alla prova sul campo della vita vera, non nei forum. inoltre potrei farti notare che non è pratica dialettica corretta cercare di far sentire l’interlocutore in colpa – ma se tu concordassi potresti sentirti in colpa, quindi non lo farò :))

            comunque, per chiudere questo traboccante papirone, e tornando in topic, ti farà piacere sapere che io sono a favore, in campo cinofilo, del recupero cognitivo-comportamentale, lavorando sul binomio cane-proprietario, e credo che l’uso dei farmaci, opportunamente valutato da un veterinario competente, vada fatto in casi rarissimi (ma proprio issimi).
            il problema, a mio modesto avviso, è che con i cani, a differenza degli umani, è più difficile avere una diagnosi certa di una patologia neurologica ben definita, o comunque dell’opportunità di utilizzare gli psicofarmaci come integrazione al recupero. in questo senso credo sarebbe opportuno da parte dei cinofili – e in particolare di educatori e rieducatori – avere meno preconcetti in materia, e da parte dei veterinari di avere più disponibilità a lavorare in tandem con gli educatori per una corretta diagnosi ed una eventuale integrazione del trattamento dei disturbi comportamentali.

            invece mi pare che in campo cinofilo in generale, ci sia una certa tendenza al ‘lupo mangia lupo’, o come diceva woody allen, ‘lupo non risponde a telefonate di altro lupo’ 🙂

            lunga vita e prosperità
            b.

          • Mi sono imbattuta in questa discussione dopo che ormai era passato un anno. Purtroppo si discute di neurofarmacologia come non ci si azzarderebbe mai se l’argomento fosse la macroeconomia o la procedura penale. Chissà perchè quando si parla di medicina molti si sentono essperti, magari proprio su argomenti dove le nebbie sono ancora fitte per i ricercatori (quali per esempio proprio la neurofarmacologia, ma anche l’oncologia, l’immunologia…). Brava Betta ad aver puntualizzato, quanto ad hass fidanken ribatte con una sicurezza che uno psichiatra esperto di farmaci antidepressivi (e tranquillanti maggiori, e regolatori dell’umore, tutti insieme appassionatamente) non avrebbe certo. Ci chiarisce anche la psicodinamica della depressione, oggetto di infinite discussioni accademiche, spero che questo suo breve scritto getti un po’ di luce ai poveri ricercatori che da anni studiano questo disturbo.
            Per tornare alle cose serie, per favore, non estremizziamo. La psiconeurofarmacologia è una cosa DANNATAMENTE seria. Le malattie psichiatriche esistono, ANCHE nei bambini. La ADHD (sindrome da deficit di attenzione e iperattività) è una patologia grave ed invalidante, con riscontri strumentali (RMN) e genetici: provate a dare un’occhiata al sito dei genitori di questi bambini (http://www.aifa.it/adhd.htm). Allo stesso modo i tranquillanti maggiori hanno permesso di “liberare” pazienti schizofrenici dalla contenzione cui erano obbligati perchè pericolosi per se stessi e per gli altri; se usati bene, non stordiscono, liberano solo dai sintomi produttivi, cioè dalle allucinazioni che indurrebbero azioni sconsiderate. I farmaci antidepressivi, oltre a restituire alla vita molti pazienti (non tutti, naturalmente) che della vita non sapevano più che farsene, hanno avuto il merito di creare una sensibilizzazione verso quella che (ora finalmente è chiaro a tutti, o quasi)) è una patologia e non un vizio della volontà. Potrei continuare, ma mi fermo qui.
            Tutti questi presidi, queste conoscenze, possono certamente essere usate male, malissimo: ecco quindi i bambini vivaci catalogati come ADHD, pazienti schizofrenici dormire tutto il giorno, rintronati da tranquillanti, pazienti depressi non uscire più dalla loro condizione perchè ormai dipendenti dalla pillolina, assunta senza nessun tipo di psicoterapia di appoggio nè consapevolezza del problema alla base. Basta questo per gettare via il bambino con l’acqua sporca? direi proprio di no. La “buona” medicina esiste, e non sarà la “cattiva” medicina a squalificarla. Dobbiamo essere noi pazienti ad informarci e a pretendere che i medici facciano meglio il loro mestiere.
            Per tornare ai cani: anche gli psicofarmaci, a volte, possono essere utili: quando il sintomo (es. l’ansia) è TALMENTE grave da compromettere la capacità del cane di lavorare sul problema di base. Quindi probabilmente di rado, per un periodo di tempo limitato, e tenendo ben distinto il sintomo collaterale dal problema principale. Se vengono dati per esempio per tenere a bada un’aggressività (che di norma E’ il problema principale) si combina un disastro, perchè le dosi devono essere così alte (ammesso che ci si riesca) che il cane diventa un vegetale. Vedi i vari filmati postati su internet. Se si somministrano in dosi moderate per diminuire l’ansia e favorire l’apprendimento in quella che è la terapia principale (comportamentale), allora probabilmente possono essere utili. Insomma,anche qui non getterei via il bambino con l’acqua sporca. Però sono anche convinta che, data la testa molto più semplice del cane, i farmaci abbiano un impiego MOLTO limitato, e addirittura educatori e ri-educatori esperti possano tranquillamente farne a meno. Però, per favore, non generalizziamo! Psicofarmaci NON è sinonimo di “cane ridotto ad un vegetale”! esiste l’uso adeguato! l’ho visto, l’ho sperimentato sul MIO cane (e su altri). Probabilmente questi cani, in mani adeguate, non arrivano all’osservazione perchè riescono a risolvere i loro problemi…mentre quelli in cui lo psicofarmaco viene dato sconsideratamente sono in pessime mani e non risolvono niente…

  20. Io ho seguito un corso di addestramento per 5 mesi con collare a strozzo. Era il mio primo approccio all’addestramento del cane, l’ho visto spegnersi, guardarmi con occhi tristi….ora cammina sempre a testa bassa e ha paura di qualsiasi rumore improvviso. Sinceramente mi sento in colpa, ho rovinato inconsciamente il suo equilibrio psicologico, anche se lui si dimostra sempre affettuoso e mai aggressivo nè con cani o persone. So che quel campo di addestramento usa i collari con gli spuntoni e anche quelli elettrici…possibile non si possa farli chiudere sti campi “lager”????

    • a me vengono da criticarti 3 cose:

      1) se, come hai detto in un altro articolo, di Marchesini hai letto solo Fondamenti di zooantropologia e non hai esperienza di un suo corso, mi sembra un tantino superficiale la tua opinione sull’approccio CZ. Lo si evince anche da affermazioni tipo:
      “esistono (molti) cani con i quali l’approccio CZ può fare seri danni.
      E chi non vuole capirlo si dovrebbe assumere tutta la responsabilità delle sue azioni, anziché spedire i suoi fallimenti dal comportamentalista che, nove volte su dieci, pensa di risolvere il problema curando il sintomo (e quindi ci va giù pesante di psicofarmaci).” ??? a parte che non vedo come un metodo come il CZ possa fare danni, se ti riferisci a qualcuno in particolare, tu stessa hai spesso detto di condannare QUELLA persona, non il metodo o lo strumento o altro…non vedo perchè questo debba fare eccezione.

      2) in TUTTI i tuoi articoli leggo più o meno la stessa cosa:”…comportamentalista che, nove volte su dieci, pensa di risolvere il problema curando il sintomo (e quindi ci va giù pesante di psicofarmaci”. Premessa: in alcune patologie del comportamento gli psicofarmaci sono ESSENZIALI, in alcune sono determinanti, in ogni caso sono un “ponte” sempre ASSOCIATO alla terapia comportamentale. Anche qui, se hai conosciuto sempre macellai, non si può generalizzare sulla categoria. Inoltre in alcune patologie del comportamento ci sono basi anatomomiche per le quali il farmaco è necessario (non curi il sintomo…è tutto il contrario!), ne più ne meno che in umana, e questo non puoi non considerarlo ogni volta che si parla di comportamentalisti.

      3) cito:”E tra i cattivi io non metto solo quelli che danno un calcio nel sedere al cane. Ci metto anche quello che scrive frasi come “Perché mai il cane dovrebbe venire da noi solo perché l’abbiamo chiamato?”. Perché quando le leggo, a me si rizzano i capelli in testa.
      Ma amoredizzia…deve venire perché magari, non obbedendo, finisce sotto una macchina! E se non lo capisci non sei un guru: sei un pirla!”
      quello che penso volesse essere il messaggio è: perchè il mio cane dovrebbe voler tornare da me? quali motivazioni ci sono alla base? che rapporto devo avere con il mio cane per ottenere una cosa del genere? e non…il mio cane può pure non tornare fa lo stesso.

      • Eli, non c’è bisogno di aver fatto un corso per sapere di cosa si parla in un corso: basta conoscere altre persone che l’hanno fatto.
        Ma non è questo il punto.
        Il punto è che – a parte il fatto che io non “condanno” nessuno perché non sono né un giudice, né tantomeno un tribunale – se dico che ci sono cani sui quali l’approccio CZ può fare danni, è perché ho incontrato quei cani. E i proprietari di quei cani.
        Così come, praticamente ogni santo giorno, ricevo email, messaggi, telefonate in cui mi si parla di comportamentalisti sempre diversi, localizzati un po’ in ogni parte d’Italia, che fanno TUTTI e SEMPRE la stessa cosa: somministrano psicofarmaci.
        Ora, poiché ho lavorato per quindici anni su cani con problemi comportamentali, e in quindici anni ne ho trovato UNO SOLO che non fosse risolvibile senza l’uso di psicofarmaci, permettimi di chiederti da dove tu tragga questa ferrea convinzione che “in alcune patologie gli psicofarmaci sono ESSENZIALI”, tutto maiuscolo. Perché a me, guarda caso, non risulta. E neppure ad altre persone che quotidianamente rischiano la pellaccia propria per entrare nei box di quei cani e per cominciare a lavorare con loro senza imbottirli di pillole, ma ricostruendo “caninità” (intese come personalità) devastate da errori di educazione, di approccio, di gestione.
        Portami la tua personale casistica, e poi potremo discuterne.
        Tu commetti, a mio avviso, un grosso errore quando dici “né più né meno che in umana”: perché il cane NON E’ UN UMANO!
        E finché questa verità – che dovrebbe essere lapalissiana – non sarà ben chiara a tutti quelli che ci stanno giocando sopra, e che ci stanno mangiando sopra a forza di applicazioni della psicologia umana su una psiche totalmente diversa – e con risultati devastanti proprio per QUESTO motivo – non ci capiremo mai.
        Ma ti assicuro che sbaglia chi considera il cane come un uomo, attribuendogli patologie che sono SOLTANTO umane. Non sbaglia chi considera il cane come un cane. E te lo dico proprio perché chi pensa “davvero” da cane non si sogna neppure di rincoglionirlo di pillole: perché la mente del cane è semplice, lineare, incapace di patologie (come quelle umane) che sono anche il risultato di influssi culturali che il cane (per sua fortuna, forse) non conosce e non possiede. E’ verissimo che il cane pensa e ragiona: anche un polpo pensa e ragiona. Ma nel momento in cui li tratti, o ti illudi di “curarli”, come se fossero persone, fai un gran casino.
        Infine… il senso del “messaggio” del guru può anche essere quello che dici tu: non lo possiamo sapere né tu né io, credo, ma solo chi l’ha scritto. In ogni caso, a una persona che ha il problema del cane fuggiasco, PRIMA dai i mezzi pratici per risolvere il problema (se ne sei capace, ovviamente) e POI, semmai, fai tutte le disquisizioni psicometafisiche del caso.
        Perché intanto che tu mandi in crisi esistenziale l’umano, e poi gli fai risolvere la crisi, e poi magari disquisisci sul come sia nata la crisi e su cosa avrebbe potuto fare per risolvere prima la crisi… il cane può essere già crepato sotto quella famosa macchina.

        • certo che non bisogna per forza frequentare un corso per averne un’opinione, il problema è che tu hai una visione superficiale dell’approccio CZ avendo “solo” letto un libro, e giudicare senza conoscere è pericoloso. Mi farebbe piacere leggere di questi cani rovinati dal CZ, il confronto è motivo di crescita! Riportare ciò che si è sentito semplicemente dire, senza neanche averlo visto, capisci bene che è alquanto aleatorio.
          Certo che se io sono riconosciuta come l’esperta della “malattia” (è un esempio) pincopalla, mi chiameranno tutte persone che vogliono un mio consiglio perchè gli altri medici sono degli imbecilli che non hanno diagnosticato la malattia pincopalla…tu riporterai solo casi di medici che reputi incapaci…tutti quelli che invece l’hanno diagnosticata non stanno li a chiamarti e dirti “guarda come sono stato bravo anch’io”. Basarsi su ciò è un ragionamento che fa acqua perchè non si ha una visione d’insieme, pensarei sempre e cmq che TUTTI i med vet comp siano dei deficienti che sanno solo prescrivere psicofarmaci e fare eutanasie…eccerto!!! e tutti quelli che lavorano onestamente?? possibile che forse sei tu a non averne notizie piuttosto che non esistano?!
          Il med vet comp fa una diagnosi. Alla base delle patologie del comp del cane ci sono gli stati patologici elementari: fobico, ansioso, depressivo che si manifestano all’esterno con dei comportamenti. Questi comportamenti hanno una spiegazione per il med vet comp perchè implicano alterazioni dell’omeostasi (aumento o diminuzione noradrenalina, dopamina, serotonina ecc). Queste alterzioni possono essere dovute a delle alterazioni “fisiche”, è il caso della sindrome HS-HA dove manca proprio una struttura, il filtro sensoriale. Il farmaco qui è essenziale perchè fa da ponte e permette alla terapia comportamentale di agire. Ora, non è questo il luogo per fare un trattato sugli psicofarmaci ma mi piacerebbe che prendessi in considerazione il fatto che parlare di psicofarmaci dicendo che curano il sintomo e basta è una gran castroneria, perchè fa trapelare il fatto che degli psicofarmaci non ne conosci meccanismi di azione, basi patlogiche sulle quali si applicano ecc.
          Hai completamente travisato ciò che ho scritto, io ho scritto:
          “in alcune patologie del comportamento ci sono basi anatomomiche per le quali il farmaco è necessario (non curi il sintomo…è tutto il contrario!), ne più ne meno che in umana” che vuol dire che le BASI anatomiche sono le stesse (neuroni, neurotrasmettitori ecc sono gli stessi), non ho mai scritto che il cane è un umano o che sia lecito trattarlo come tale!!
          E’ comprensibile diffidare di ciò che non si conosce ma sparare a zero così denota mancanza di obiettività.

          • Eli, temo che ancora non ci capiamo: l’approccio CZ “è” – al di là di ogni ragionevole dubbio, purtroppo – un insieme di teorie che hanno almeno una trentina d’anni (a dir poco), rimescolate, riadattate alla cinofilia e infarcite di paroloni presi di peso dalla psicologia umana.
            Oggi mi hanno detto che sulla bacheca di Vaira (alla quale non posso accedere, essendo stata bannata per essermi permessa di dire “guarda che in un articolo ho parlato di te, se ti interessa puoi dire la tua”) la seguente frase: “Il “CINO-IGNORANTE” pensa che “approccio cognitivo” sia l’applicazione della psicologia umana al cane. Egli ignora quarant’anni di ricerca scientifica e l’intero comparto dell’etologia cognitiva”.
            A parte la piccola caduta di stile (“cinofilosofo” può essere ironico ma è quasi affettuoso, “cinoignorante” è palesemente un insulto, anche se anticipo la risposta: “Ma no! Ignorante nel senso che ignora!”)
            A lui, così come a te e a chiunque altro mi tacci di non conoscere la zooantropologia perché ho letto troppo poco Marchesini (rega’…non digerisco quel linguaggio! Che posso farci? Legarmi alla sedia come l’Alfieri? Forse potrei…ma per cosa? Per leggere nulla di nuovo, nulla di nuovo e poi nulla di nuovo? Per favore), rispondo: questi presunti quarant’anni di ricerca, cos’avrebbero portato?
            Non mi basta sapere che hanno “cercato” per quarant’anni: voglio sapere cosa caspita hanno TROVATO!
            Lo sto chiedendo da anni a tutti, e tutto quello che sanno rispondermi è che hanno scoperto che i cani si educano con la dolcezza e non con i calci in culo.
            BRAVI! Peccato che io l’avessi scoperto quarant’anni fa, e che altri lo avessero scoperto cinquanta o cento anni fa.
            In diversi articoli ho citato brani tratti da libri del primo ‘900 in cui si raccomandava già l’uso del rinforzo positivo (certo, loro lo chiamavano premio), in cui si spiegava come il cane imparasse attraverso il gioco, in cui si diceva che il cane è un essere senziente e pensante.
            A partire da cent’anni fa, quando di “etologia” ancora non si parlava neppure.
            Adesso cosa ci sarebbe, di diverso? Io avrò letto solo due libri di Marchesini (tre, a dire il vero), ma ho visto video su video, ho letto articoli, ho consultato siti… non riesco MAI, da nessuna parte, a trovare NIENTE che non sapessi da quarant’anni. L’unica cosa che cambia sono i termini, che adesso non sono più in italiano ma in cinoegizio.
            Dove stanno i risultati di questa benedetta ricerca?!?!?
            Mostratemeliiiiiiiiiiiiiiiiii!!! Mostratemi un cane con problemi caratteriali SERI e GRAVI che sia stato recuperato a suon di giochini e bocconcini: l’abbiamo chiesto in occasione del convegno di Cilavegna e sono fioccate le scuse per non partecipare; lo sto chiedendo ogni giorno, o quasi, da questo sito, e mi sento dire che “non mi si filano perché non li rispetto e sono aggressiva”.
            Altre scuse. Il fatto è che tutto il comparto gentilista-cinofilosofico-buonista non è stato in grado, finora, di produrre UNO straccio di documento filmato – o anche solo una relazione dettagliata – di un vero problema risolto. Non vogliono “abbassarsi” a pubblicarlo sul mio sito brutto e kattivo? Ma lo postino sui loro! O sulle loro pagine di FB!
            Nulla. Il silenzio degli innocenti (o forse dei signori in malafede).
            E allora, i casi sono due: o hanno paura che qualcuno copi i loro metodi miracolosi, relazionali, mentalistici e compagnia cantando (ma allora lo dicano chiaro e tondo: “Dobbiamo mangiarci noi, col cavolo che li facciamo vedere a tutti!”), oppure i loro metodi non hanno portato ad alcun risultato visibile. Bello vedere un video in cui si dice “questo cane era timidissimo!” e adesso gioca con la pallina. Okay, mi sta bene: non mi fai vedere il “prima” ma soltanto il “dopo” (nello stesso modo io potrei postare un video in cui corro lungo un prato e scrivere: “Fino al mese scorso avevo le gambe paralizzate! Miracolo!”…) ma pazienza, io ci credo sulla parola. Però, cosa è stato fatto? Come si è arrivati al risultato? Non si sa. “Con l’approccio CZ”, si risponde.
            Un modo alternativo per dire: MIRACOLO!
            Scusami, ma è un po’ pochino.
            Infine, il discorso psicofarmaci è un’altra supercazzola con scappellamento a destra. Perché i cani iperattivi sono SEMPRE esistiti (così come i bambini iperattivi): ma finché non era di moda riempirli entrambi di Prozac, il problema si risolveva educando-lavorando. Ora: non è ancora del tutto accettata l’esistenza di una simile sindrome nell’UOMO, e tu mi vieni a raccontare che se ne conosce l’esatta causa nel CANE?
            La verità è che tutta la psichiatria, anche quella umana: a) va a tentativi; b) è quasi esclusivamente sintomatica. Perché NESSUNO AL MONDO sa esattamente come funzioni la mente umana, che non è certamente riconducibile solo ai meccanismi chimici.
            Quella canina è sicuramente più semplice, questo lo sappiamo: ma come funzioni esattamente, NON si sa. Perché nessuno sa come funzioni esattamente un cervello. Neppure il nostro.
            Non sappiamo esattamente cosa sia il sonno. Non sappiamo cosa sia il coma. Non sappiamo cosa sia la coscienza.Non conosciamo neppure il 40% delle funzioni del NOSTRO cervello, sul quale stanno lavorando da centinaia di anni decine di migliaia di ricercatori…e tu mi vieni a dire che sappiamo tutto della mente del cane, sul quale lavorano in tre o quattro al massimo in tutto il mondo?
            A me questa sembra un’enorme presunzione, Eli.

          • Valeria, un vecchio detto (me lo disse un mio vecchio manager francese): ricercatori che cercano se ne trovano, ricercatori che trovano se ne cercano 🙂

            Scherzi a parte, leggendo le tue ultime righe, continuo a non capire come tu non possa apprezzare Dehasse, che -a proposito della mente del cane- dice le stesse cose che hai scritto tu, che tutti gli approcci si basano su modelli teorici della mente del cane, che sono validi in un certo intorno

          • McZook, io ho l’impressione che dei libri tu legga le pagine pari e io le dispari, o viceversa 🙂
            Non è che io “non apprezzi nulla” di Dehasse: è che mi fa assolutamente schifo un approccio al cane che anche solo preveda lontanamente cose come l’estrazione dei denti. Anche Millan, stando a quello che mi hanno postato dei suoi libri, dice un sacco di cose che condivido pienamente: ma se poi ci infila anche una singola cosa che prevede di schienare o soffocare cani (per “dominarli” e non per legittima difesa, che invece approvo e che ho sempre praticato, quando serviva, perché a fare da bistecca al cane mica ci sto), io non lo posso consigliare proprio a nessuno.

          • Se ci pensi bene, descrive protocolli standard -penso- per il paese in cui vive.
            Allora non bisognerebbe neppure consigliare Lindsay, perchè dedica vari paragrafi in numerosi capitoli all’uso del collare elettrico, alla punizione e come somministrarla …

            Alla fine se per consigliare qualcosa, dobbiamo condividere il 100%, allora facciamo la fine degli adepti delle sette cui spesso ti riferisci 🙂

          • Lindsay io non l’ho letto (e mai lo leggerò, essendo in inglese): infatti è nella lista dei “consigliati da altri ma non letti da me”. Invece Dehasse è nella lista dei “letti anche da me, ma che io non consiglio”. Il che non significa che vadano messi al rogo: non ho questo tipo di atteggiamento verso le cose che non condivido.
            Però no, non consiglierei neanche Lindsay se mi dici che dedica “vari paragrafi” al collare elettrico.
            Sì, io consiglio ciò che condivido: il resto è lì, a disposizione di tutti e di liberissima lettura per tutti. Non mi sembra un atteggiamento settario, ma solo coerente con le mie idee.

          • Poi non ti rompo più lo giuro 🙂
            Secondo me, in caso si voglia dare una panoramica delle opzioni possibili, bisogna elencarle tutte, se a parlare è un professionista del settore: al massimo puoi fare una postilla in cui tu dici di non essere d’accordo.
            Penso sia un approccio deontologicamente corretto.
            Starà al lettore (ti ricordo che sono generalmente pubblicazioni destinate ad operatori del settore e non al “volgo” cinofilo) la scelta e l’applicazione del metodo.

          • Mczu’, ma a me era stato chiesto un elenco di libri consigliati “da me”. Per questo mi sono fatta scrupoli. Perché non avendoli letti tutti non potevo “recensirli” tutti: e siccome un libro non citato poteva sembrare indifferentemente “non letto” o “non piaciuto”, ho preferito aggiungere l’altro elenco di libri consigliati da cinofili vari. L’elenco di tutte le opzioni possibili lo trovi su qualsiasi libreria online…

          • Ti faccio un esempio: corso educatori (operatori del settore)
            “c’è la pettorina, c’è il collare fisso, c’è il collare a semistrangolo.”
            E’ un approccio corretto?
            No, e sicuramente convieni con me, perchè bisogna dare una panoramica completa degli strumenti, poi starà a loro decidere

          • No, non è un approccio corretto, ovviamente. Bisognerebbe dare una panoramica completa e spiegare, per ogni strumento, indicazioni, controindicazioni, possibili “effetti collaterali” sgraditi, tipi di cane per i quali è mediamente più adatto e così via.
            Però, alla fine della “presentazione”, si può anche dire: “Su questo campo consigliamo di usare lo strumento X perché riteniamo che sia, in media, quello che offre maggiori “pro” e minori “contro”. Sconsigliamo invece lo strumento Y perché riteniamo che possa dare i maggiori problemi”.
            Anche questo è corretto.
            Quello che è scorretto è dire “qui, con il collare a strangolo, non entri” (come fanno otto campi su dieci): che è come mettere i libri all’indice.
            Un conto è consigliare, un altro obbligare, un altro ancora censurare.

      • Purtroppo non è né vietato, nè illegale. I produttori hanno fatto ricorso al TAR contro la legge che ne vietava l’uso e hanno vinto.

        • Sapevo ache io questa cosa.
          Sta girando una petizione a quanto pare, ma è davvero attendibile?!
          Io non l’ho firmata….

          • Non so che petizione sia, ma una petizione in teoria è…una petizione, punto. Che intendi per “attendibile”? Il fatto che venga poi inviata a chi di dovere? Spero di sì.
            Il fatto che serva a qualcosa? Boh. Le petizioni secondo me non servono mai a molto (servirebbero se questa fosse davvero una democrazia: ma quando mai…),ma se non altro servono a fare sapere che ci sono tot persone favorevoli/contrarie ad una certa cosa.
            Male non fa.

          • ^^ ok capito… ma un altro dubbi il fatto che sia legale significa che chiunque puo comprarlo o comunque solo chi lavora nel campo!???
            Nel senso u privato potrebbe andare in un negozio e chiedere un collare elettrico ? O_O

          • Sì. E puoi comprarlo anche su Internet. E puoi usarlo anche in casa tua. Non ci sono limitazioni di sorta 🙁

          • Schierarsi CONTRO il collare elettrico a priori è un ragionamento ottuso.
            Sono state scritte per di più in proposito, un sacco di fesserie. A partire dal fatto che “fa male sempre e comunque”.
            I collari di “ultima generazione” prevedono livelli molto bassi di tensione, e per di più sono “statici”, quindi al massimo inducono un fastidio regolabile che spazia dalla sensazione di un morso di formica alla sensazione di scossa che si prende scendendo dall’auto (provato sulla mia pelle). Nulla di mortale, nè di traumatico per il cane, come invece viene evocato ad hoc nell’ immaginario collettivo dei proprietari benpensanti, che già vedono la povera bestia contorcersi sotto una scossa che ne azzererà a vita ogni volontà…

            E’ quindi quantomeno singolare che ci si proclami a favore del collare a strangolo, ritenendolo uno strumento che se usato con cognizione di causa non crea danni al cane, e invece si inorridisca a prescindere, alla sola idea di usare un collare elettrico, per il quale di fatto, valgono le stesse, identiche considerazioni (che è poi la motivazione di fatto riconosciuta dal TAR, sulla base della quale sono stati vinti i ricorsi contro ed è stata convalidata la libera vendita).
            A meno che qualcuno non creda che una stretta al collo che tronca temporaneamente il respiro sia per il cane più gradevole di un lieve pizzico della durata di un decimo di secondo.

            Che poi nelle mani sbagliate possa fare danno, siamo tutti d’accordo. Ma nelle mani sbagliate, anche un clicker apparentemente innocuo può generare grossi problemi.

          • ^^ Vale, devo dire che ero curiosa di conoscerlo piu affondo….
            Se lo vendono al mio negozio lo compro, ovviamente non voglio usarlo sui cani, ma giusto per conoscere quest’oggetto!!!
            Io ormai compro un po tutto per studiarlo nei minimi dettegli 😛

          • Più che nei pet shop devi guardare nei negozi che vendono articoli per cacciatori: lì lo trovi immancabilmente.

          • Ok, anche appurato che il collare elettrico non sia dannoso, mi chiedo: a che serve?

            Perchè il collare a strangolo lo usano per dare strattoni per educare il cane solo gli stupidi che non sanno addestrare i cani: tutti gli altri lo usano come un normale collare, senza strattoni, preferendolo a quello fisso perchè più comodo per il cane (sta largo sul collo, quindi anche se tenuto su a lungo da meno fastidio; inoltre non schiaccia il pelo) e più sicuro (non si sfila se il cane tira indietro).
            Ma il collare elettrico non può avere “usi alternativi”: è un collare fisso con su un dispositivo elettrico, quindi non vale certo la scusa del “non si sfila se il cane abbassa la testa” o “non strozza il cane se tira”: per avere questi vantaggi basta un normale collare di nylon o cuoio, senza bisogno del dispositivo elettrico attaccato!

            Quindi il collare elettrico uno lo usa SOLO per dare una scossa al cane (mentre lo strangolo lo puoi usare senza MAI dare uno strattone al cane) perciò mi chiedo dove sia l’utilità di uno strumento del genere. Attendo risposta.

          • DAN condivido pienamente quello che hai scritto…..il collare elettrico è uno di quei argomenti che fomenta le folle…..noi italiani siamo (come al solito) indietro anni rispetto ad altri paesi.

            Complimenti anche a VALERIA che per saperne di più se ne vuol comprar uno……forse esageri (non costano poco) ma comunque sia complimenti.

            ALICE penso che alla domanda a che serve il collare elettrico sia inutile risponderti visto che il collare a strangolo dici di metterlo largo al collo del cane per
            non schiacciare il pelo …….MAMMA MIA NON HO PAROLE

          • Per Alice:

            Il collare elettrico ha applicazioni totalmente diverse dal collare a strozzo: può trovare applicazione ad esempio, come metodo di dissuasione a distanza, secondo quella che viene definita tecnicamente “punizione remota”, ossìa una punizione che, salvo casi particolari, il cane NON deve associare in alcun modo al padrone.
            Un esempio potrebbe essere l’inibizione del riflesso predatorio in assenza di guinzaglio; classica situazione in cui il cane lasciato libero in prato scatta per inseguire un altro cane, un gatto, un automobile, un ciclista, un pedone, una rondine, rappresentando un pericolo per se stesso (ad esempio corre in strada), e/o per gli altri (potrebbe aggredire cani, bambini, o passanti). La dissuasione, attuata con giusto tempismo può portare in questo caso, alla risoluzione di situazioni altrimenti difficili da gestire.
            Un altro caso potrebbe essere quello di una pica particolarmente ostinata, che mette in pericolo soprattutto l’incolumità del cane stesso, che potrebbe intossicarsi, avvelenarsi o fare un occlusione o una lacerazione intestinale…
            Naturalmente NON dico che il collare elettrico sia l’UNICO modo di pervenire al risultato, ma in alcuni particolari casi potrebbe esserlo, ad esempio, quando il cane non risponde a nessun altro metodo di dissuasione “gentile”. Dunque, in simili casi, troverei stupido rinunciare ad uno strumento correttivo ingiustamente e acriticamente demonizzato che potrebbe invece aiutare a risolvere la situazione in breve tempo
            e comunque SENZA danno per l’animale. Dopotutto, l’effetto, ai voltaggi più elevati non è molto dissimile da quello provocato da una modesta pacca sul popò, se non inferiore…ma sono sicuro con quest’ultima affermazione, di aver provocato orripilazione tra i lettori ipocriti e benpensanti di questo blog, che non hanno mai sfiorato il loro beneamato quattrozampe neppure col respiro, figuriamoci una pacca, è roba da denuncia…
            Il punto è che sono tutti bravi a fare i buonisti a priori, fino a quando hanno a che fare con cani docili e prevedibili. Quando invece capita il cane “difficile”, sono le stesse persone che, “…piuttosto che usare lo strangolo…” li spediscono per direttissima al rifugio più vicino.

            Un ultimo appunto: il collare a strozzo nasce come strumento di CORREZIONE; se poi c’è qualcuno che lo usa per non disfare il pelo del collo del cane, questa è un altra questione; anche il collare elettrico si può tenerlo sul cane senza usarlo, spento, e metterglielo solo perchè piace il collare.
            Ma se parliamo dell’uso proprio, allora sostenere che lo strozzo sia meno dannoso dell’elettrico è fuori di dubbio una grossa sciocchezza.
            Poi, chiaro, se si possono evitare entrambi tanto meglio, ma non tutti, e non sempre, hanno la fortuna di avere un cane tranquillo, e vorrei proprio vederli ‘sti buonisti a risolverla a coccole e biscotti…

          • Dan, se parliamo dell’uso può essere che il collare elettrico a basso voltaggio sia meglio del collare a strozzo, non saprei dirlo con certezza.
            Quello che dicevo è che lo strozzo è certamente dannoso se usato a scopi correttivi, ma per la sua conformazione particolare, da strumento di correzione può essere “riclato” come strumento che lascia il collo del cane più libero impedendogli allo stesso tempo di sfilarselo se, per paura o altro, scarta all’improvviso all’indietro.
            Mentre il collare elettrico, tolta la funzione di dare la scossa al cane, resta un collare fisso, però più scomodo (pesa di più) e molto più costoso: perciò a differenza dello strozzo non avrebbe senso “riclarlo” a scopo non correttivo (cioè come normale collare per portare fuori il cane), perchè in quel caso avrebbe gli stessi vantaggi e svantaggi di un normale collare in cuoio, ma a un prezzo maggiore!
            Questo per dire che la scusa “si può comprare per usarlo senza far male al cane” può valere per lo strozzo, ma non per il collare elettrico.

            Per quanto riguarda l’uso, sono d’accordo sul fatto che con certi cani sia necessaria la correzione, ma non sono d’accordo sul fatto che serva il collare elettrico per correggere il cane, perchè
            – è pericoloso, bisogna essere molto abili nell’usarlo e il minimo errore (tipo il cane che capisce che la scossa è attivata dal suo padrone…) può creare ancora più problemi di quelli di partenza
            – anche a distanza, è più che sufficiente un NO! secco da parte del padrone, senza né sberle, né strattoni, né scosse: e quando non funzione, la maggior parte delle volte il motivo sta nello scarso, o nullo, rapporto tra cane e padrone (nel senso che per il cane il padrone non è un capo amato e rispettato, ma un semplice “conoscente” che gli dà da mangiare: perciò il cane ignora il NO sempicemente perchè, per lui, il padrone non è il capo, non perché si tratti di un cane con probelmi comportamentali particolarmente difficili).

            Per esempio per i casi che hai nominato tu, io non userei l’elettrico, ma terrei il cane con guinzaglio (museruola per la pica) finchè il problema non è risolto, andando nel frattempo a ricercare la cause del problema e lavorare su quelle. Al limite, se non riesco a trovare e lavorare sulle cause, utilizzerei l’addestramento (tipo su un cane con forte predatorio, insegnare un ottimo richiamo e abituarsi a chiamarlo subito appena comincia a “puntare”) o dei “palliativi” (tipo con un cane aggressivo coi suoi simili, quando sono in arrivo altri cani distrarlo con uno stimolo o un’attività per evitare un’aggressione). Ma non userei certo il collare elettrico.
            Il collare elettrico infatti, e questo è il motivo per cui non lo approvo, lavora sui sintomi, non sulle cause, inibendo la risposta del cane: cosa però che ne aumenta lo stress/frustazione/paura (dipende dai casi) che in qualche maniera deve sfogarsi… Magari mordendo qualcuno, o leccandosi compulsivamente, o distruggendo oggetti.

            Io approverei l’uso del collare elettrico solo da parte di gente esperta, solo quando si è già tentato anche l’impossibile, solo quando il non uso dell’elettrico comporti danni e/o gravi problemi alla vita del cane e/o delle persone: non certo la vendita libera, non certo l’uso per far smettere di abbaiare il cane, non certo l’uso per velocizzare l’addestramento o l’educazione. Piuttosto, a mio parere un’idea potrebbe essere che l’enci (o qualunque altra associazione a livello nazionale) abbia in dotazione 10-15 collari elettrici, che cede in prestito (gratis…) previa richiesta scritta, supportata da prove che ne attestino la necesità e per un periodo di tempo limitato.

  21. Complimenti….il tuo articolo mi è veramente piaciuto….non sono d’accordo con te quando scrivi di bandire il collare elettrico. Io non lo utilizzo, perchè non lo so’ usare, ho visto persone usarlo e sinceramente il collare gli e lo avrei messo sui loro testicoli, ma ho visto anche altre persone usarlo con sensibilità e capacità da far venire la pelle d’oca, e risolvere problemi del cane che da anni lo assillavano.
    Penso che collare elettrico, collare in fettuccia fisso o a strangolo siano uguali tra loro……..diventano pericolosi e deleteri per il cane quando chi li comanda e li impugna è un’incapace.
    Una pistola in mano ad un criminale ci fa paura….nelle mani di un poliziotto ci rassicura……….

    • Na na na na…:-) Questo è lo stesso discorso che faccio io quando “difendo” il collare a strangolo, dicendo che non è lo strumento, ma l’uso che se ne fa, a fare la differenza.
      Ma il collare elettrico è un’altra cosa.
      Spiego: il collare a strangolo puoi usarlo bene o male, puoi danneggiare il cane o non dargli alcun fastidio, puoi impiccarci il cane oppure avere semplicemente la certezza assoluta che non ti zompi via, ma senza fargli neppure mai sentire una pressioncina sul collo. Quindi io dico: insegnamo alla gente a usarlo correttamente, e non facciamo la guerra allo strumento, che di suo è assolutamente “neutro”.
      Al contrario, NON ESISTE un modo “giusto” di usare il collare elettrico perché non esiste un modo “innocuo” o “indolore” di usare il collare elettrico. Le uniche alternative sono: “fare poco male” o “fare tanto male”. E non solo: in qualsiasi modo lo usi, dai comunque delle scosse elettriche al cane. E la corrente elettrica fa SEMPRE danni fisici, anche quando è a basso voltaggio: magari a lungo termine, ma li fa sempre e comunque.
      Quindi, il collare elettrico è uno strumento che fa SEMPRE male e fa sempre danni, piccoli o grandi che siano: e usarlo in addestramento, “bene” o “male”, con criterio o alla cazzo di cane, è sbagliato. Sempre e comunque.
      L’unico e solo uso del collare elettrico che posso concepire – in assenza di alternative – è quello in terapia comportamentale: ma SOLO in casi eccezionali e SOLO in mano ad un veterinario stracompetente, ben sapendo che al cane si fa del male.
      Ma in quel caso è un po’ come un intervento chirurgico: affetti qualcuno e di sicuro bene non gli fai, ma lo fai sperando di guarirlo da un male peggiore.
      In addestramento, invece, non devi “curare” proprio niente: e usare uno strumento che causa dolore per ottenere qualcosa che serve solo al comodaccio tuo è – a mio avviso – CRIMINALE.

      • Mi spiace ma su questo argomento continuo a non essere d’accordo.
        Personalmente ho provato a prendere la scossa di un collare e ti assicuro che l’unica cosa che non fa è quella di causare dolore….e te lo dico da elettricista…credimi!
        Non paragonare il concetto di scossa del collare con la scossa che puoi prendere toccando dei fili elettrici……paragonala piuttosto alle scosse che ti applicano in OSPEDALE se vai a fare dei massaggi ai muscoli o alla cervicale.Sei in errore anche quando dici” anche quando è a basso voltaggio” ….la scossa del collare ha un voltaggio alto anche quando usi il collare al minimo ….che ha di bassissimo quasi pari a zero è l’intensità di corrente gli “ampere”, infatti sono gli ampere la caratteristica pericolosa di una scossa.
        Rispetto comunque il tuo pensiero sull’argomento anche perchè è lo stesso che avevo io prima di conoscere l’argomento a 360° e ti ripeto che io non uso il collare elettrico perchè penso di non essere in grado di utilizzarlo nel modo corretto.

        • quindi si può definire più come collare a vibrazione? e quale è il senso di fare una vibrazione al cane?in quale contesto comportamentale?

        • Tiziano…io non paragono nulla a nulla. Io l’ho provato direttamente, sulla pellaccia mia. Certo, al minimo… di ampere, se è più corretto così (l’ultimo esame di fisica l’ho dato mille anni fa e non mi ricordo più un tubo), non fa molto male. A metà potenza già fa un male della madonna. Ovviamente chi ne difende l’utilizzo ti dirà sempre che lo usa solo al minimo: purtroppo non è quello che poi viene fatto davvero. In ogni caso, anche la “scossettina” non fa nessun piacere. Poi, se ti capita, fatti spiegare cos’è uno “shaker” e come funziona. Anche questo è molto usato.

    • Tiziano, il problema e’: ma serve davvo usarlo il collare elettrico?? Perche’ un conto e’ se davvero c’e’ un alto rischio per il cane o per le persone che lo circondano e non c’e’ modo di proteggerli altrimenti, un conto e’ se e’ una semplice “comodita'”: per esempio ho sentito piu’ volte dire “si, l’ho usato, ma altrimenti il cane mordeva il postino, inseguiva le macchina, attaccava il cane dei vicini; ho provato mille modi ma non funzionava”; ecco, questi per me sono motivi stupidi, perche’ se non vuoi che il cane corra dietro alle macchine, lo tieni al guinzaglio, se non vuoi che morda il postino lo tieni in casa quando arriva, se attacca i cani dei vicini fai a meno di passargli davanti quando esci col tuo cane. Anche il caso di Raul, nonostante addirittura fosse un cane che pensava che mordere fosse un normale modo di giocare, si e’ risolto senza collare elettrico.
      E il paragone coi massaggi in ospedale… intanto se le scosse fossero cosi’ basse, anche benefiche, il collare elettrico non funzionerebbe, perche’ il cane non sente nulla o addirittura viene rinforzato, e poi, in ospedale sono le persone che volontariamente si sottopongono al trattamento e sanno e comprendono cosa sta succedendo… Non e’ il dottore che rapisce le vecchiette al parco e le ficca a viva forza sotto il macchinario, con la scusa che sta facendo loro del bene. Invece col cane si, percio’ oltre al dolore, si aggiunge anche la paura del cane che non capisce da dove viene e perche.

  22. L’articolo è interessante ed è scritto in maniera completa e approfondita. Non sono però d’accordo sul fatto che i cani che fanno la Pet Therapy sono dei poverini che sopportano la situazione, solo perchè costretti dal proprio conduttore. Vi dico questo perchè, oltre ad avere cani da quando ho 10 anni ( e ora ne ho 31), aver fatto volontariato in un canile e aver fatto un corso per istruttore cinofilo, ora sto finendo un corso di perfezionamento universitario in Pet Therapy. Il cane è un essere sociale e ama stare con l’uomo, si diverte, gli piace, ne ha bisogno. Vari studi hanno dimostrato che la Pet Therapy, se svolta in maniera corretta, fa rilassare vari ormoni dello stress nel sangue (secondo ricerche effettuate durante alcune sedute con il cane). Tutto dipende dall’operatore, che deve riconoscere quando e come fare riposare il cane. Questo non è quello che dico io, ma i ricercatori.

    • Tiziana, scusa…ma che io che ho detto? Che “l’operatore deve capire quando e come far riposare il cane”: purtroppo gli operatori preparati lo capiscono, quelli improvvisati no.
      Però, a chi mi dice “non si stressano, si divertono, sono felici di farlo”… faccio questa domanda: se non fosse stressante, perché mai ci sarebbe bisogno di dare de limiti? Al cane che vive nel suo contesto familiare, che prende coccole dai SUOI umani, che gioca con i SUOI bambini…si danno forse dei limiti? Dopo mezz’ora basta coccole, dopo un quarto d’ora basta pallina?
      No, perché nel “suo” gruppo sociale il cane non si stressa affatto (vabbe’, con i bambini…dipende dai bambini! 🙂 ).
      Il fatto stesso che serva un operatore competente e capace di capire quando è ora di smetterla significa che per il cane la pet therapy è un lavoro e non un momento di relax. Sia ben chiaro, poi, che non ho assolutamente nulla contro le AATT: anzi! Così come non ho nulla contro i cani guida, i cani da assistenza e così via: però mi fa specie che queste attività siano considerate “piacevoli” per il cane, quando lo sono molto parzialmente e solo in presenza di un conduttore molto preparato e competente. Invece si spara a zero sull’UD, quando il cane che morde salamotti e maniche devi tirarlo via, sì…ma solo perché altrimenti si farebbe venire l’infarto a forza di darci dentro, perché si diverte come un pazzo!
      Insomma, a mio avviso si dovrebbe ragionare un po’ più con la testa del cane, prima di dare del “buono” o del “cattivo” a un certo tipo di lavoro.
      Questo a prescindere dal fatto che io concepisca – eccome – che il cane possa lavorare “per” noi. Sono specista, ebbene sì. Laddove il cane può essere utile con le sue caratteristiche specifiche, sono d’accordissimo sul fatto che lo si “sfrutti” (tra virgolette, sempre rispettandolo e non chiedendogli mai cose superiori alle sue forze) a nostro vantaggio. Però vorrei che si avesse anche l’onestà di dirlo.

  23. Questo è sicuramente l’articolo più ben scritto che io abbia mai letto su questo sito. Continua a scrivere così Valeria, ti supplico 🙂

  24. Ciao, ho letto con molto interesse questo articolo. Due anni fa ho preso un border collie, l’ho portato ad addestrare, ma inconsapevolmente, son finita in un campo di addetramento per cani da attacco e difesa. Giustamente, vedendo che non era adatto al mio fedele amico, mi son rivolta ad un campo di addestramento di agility. Di colpo l’ho visto rinascere…..purtroppo per poco, visto che ho dovito sottoporlo ad un’operazione di protesi all’anca per displasia grave. Si è ripreso molto bene, tanto da ritornare a fare agility, naturalmente senza forzarlo troppo. Altro colpo di fulmine! Nel nuovo campo mi stressano il cane con il “resta” alla partenza dell’agility. Non devo fare così, non devo fare cosà….ogni volta mi fan provare un modo diverso…e il cane mi va in una confusione pazzesca, più di me, non mi sta fermo e se ne va a zonzo ignorandomi!!! Alchè ritorno al campo dove avevo lavorato in precedenza e che nel frattempo ha riaperto…e che succede? Il cane si siede e aspetta i miei ordini. Mi domando…sbagliavo io??? O l’educatore voleva fare le sue prove sulla pelle mia e del mio cane? Alla fine lui mi rispetta, è educato e molto sensibile e dopo quello che ha passato, ora che ha oramai 2 anni…glielo vogliamo far fare un saltino per favore??? Che poi torniamo a casa felici!!!!

  25. Quelle che vengono definite “cinofilosofie buoniste” in questo articolo si dovrebbero piu’ correttamente indicare come “progressi delle neuroscienze applicate all’etologia”.
    Nel 2012 personalmente preferisco usare le competenze che il progresso e la ricerca mi mettono a disposizione.

    • Io invece nel 2012 preferisco avere un cane che mi stima e mi rispetta perché sono in grado di rapportarmi correttamente con lui, piuttosto che un cane di cui conosco a menadito tutta la neurologia, ma che si annoia a morte al mio fianco.
      Che posso dirti: ognuno ha le sue priorità :-).

  26. il prossimo caso lo documento 🙂 sarebbe stata carina la boxer dello scorso anno… ma ormai è a posto… il prossimo cerco di filmare fotografare e documentare, promesso 🙂

    • Se ti fa piacere, io sarò anche lieta di pubblicarlo. Anzi, pensavo proprio di lanciare una nuova rubrica, che si intitolerà “nonsoloRaul” … e invito fin d’ora chiunque abbia casi documentati (meglio se con video, ma anche solo con qualche foto: l’importante è che possa raccontarci il caso e il percorso seguito) ad inviarli alla redazione. Condividere i successi secondo me potrebbe essere di grande aiuto agli altri professionisti (perché c’è sempre da imparare, da tutti!) e magari anche ai proprietari, che potrebbero cominciare ad evitare gli errori in partenza.
      L’invito è sempre valido!

  27. non potendo commentare sotto l’articolo di Cesar Millan,ho da chiederti :
    questo personaggio oltre alla violenza ,utilizza la forza psicologica sui cani o almeno insegna ai proprietari come approcciare con i propri cani.
    Secondo te ha un senso impartire degli ordini solo per rappresentarsi come figura leader,che non hanno nessun senso nei fini di socialità organizzata uomo/cane? Esempio:il cane deve aspettare le decisioni del capo se quando esce per una passeggiata ,può annusare o meno(guardando un episodio di Cesar Millan “La piccola canaglia”)

    • Ma quale forza psicologica…dai! Millan usa la forza fisica e stop (spesso accompagnata da violenza pura e semplice, quasi sempre usata a sproposito). La forza psicologica forse la userà con gli umani, con quei sorrisetti fasulli…
      Alla seconda domanda non so risponderti perché non ho visto l’episodio che citi: posso solo dirti che dipende dal caso. SE fossimo in presenza di un cane che ha preso il sopravvento totale in famiglia, potrebbe avere senso gestire tutte le risorse nel periodo in cui si cerca di ripristinare una gerarchia diversa: però, arrivare a dargli il “permesso di annusare” mi pare ‘na str…ata. E’ come mettere un bambino in punizione e bendargli gli occhi, dicendo “potrai vedere solo quando lo dico ioooo!”. Questa è una tortura psicologica, non una punizione.
      Il senso primario del cane è l’olfatto, quindi impedirgli di annusare è come impedire a un umano di vedere. Ripeto, non ho visto cosa facesse di così grave sta “piccola canaglia”, ma limitargli l’uso dell’olfatto mi pare comunque eccessivo a prescindere.

      • La mia “piccola canaglia” è una femmina marcatrice. E quindi, tanto per spiegare, annusa ogni singola foglia di una siepe di edera lunga 50 metri che nemmeno il Ris di Parma. E poi marca. Oppure studia per venti minuti il parafango di una macchina e poi hop! – saltino con zampa alzata – e marca. A parte il fatto che non è più una passeggiata ma una via crucis con tutte le stazioni. Ma l’abitudine di annusare (e poi marcare) le feci degli altri cani gliel’ho dovuta togliere per forza, perché mi è costata infinite liti per strada (per direzionare con precisione lo schizzo a zampa alzata, Mais si incurva e prende una posizione che la fa assomigliare a un cane che espleta le sue funzioni corporali) e una multa di 250 euri (contro la quale ho ovviamente fatto ricorso) perché i vigili, vedendo il cane chinarsi a quel modo, hanno ritenuto che la cacca “marcata” fosse stata da lei prodotta. E poco importava che il reperto fosse del paleolitico superiore. Questo mi ha convinta che a volte, e mi riferisco a quando si gira in città e con il cane al guinzaglio, è necessario limitare e anche inibire certi annusamenti.

      • i fans di Cesar Millan dicono a riguardo che quando noi diamo delle indicazioni ai nostri cani ,come sedersi o restare fermi,stiamo esercitando una coercizione psicologica
        penso di si se non è seguita da un rinforzo.
        Mentre si può definire tortura psicologica ,quando il cane viene sottratto dai suoi bisogni primari come
        dormire,mangiare,annusare.Giusto?

        • Io faccio seguire sempre un rinforzo “bravo, cane”, pacca, e liberazione dal comando.

          Io la vedo sempre cone un bilancio di pro/contro: “contro” è limitare la volontà di muoversi (in questo caso), “pro” è la soddisfazione del leader ed il contatto sociale (in questo caso).
          Se chiedo qualcosa di molto impegnativo il rinforzo sarà di qualità maggiore.

          Nel caso di Millan è sempre un bilancio di pro/contro ma “il valor medio” è spostato verso il lato del “contro”

          ps: ma tu disquisici di tecnica calcistica con gli ultrà di qualche squadra? 🙂

          • ho visto pochissimi episodi di Millan.Non so se effettivamente non utilizza rinforzi; anche un bravo ,una carezza è un rinforzo.Quali sarebbero per te i contro?
            non trovare un punto di collaborazione con il cane,ma imporre tutto con forza psicologica/fisica??

    • Guarda, portare a passeggio il cane e non lasciarlo annusare è una delle più grandi caz … castronerie mai viste sulla faccia di questo pianeta.

    • Il mio compagno aveva un beagle, che ho frequentato assiduamente per due anni, che faceva lui la conduzione della passeggiata, annusando continuamente, fermandosi, attraversando la strada o ritornando indietro secondo le piste che seguiva. Anche in città, ovviamente. Un vero tormento.
      Anche il mio istruttore (gentile di buon senso) mi ha insegnato che il cane in passeggiata ti deve camminare a fianco e non passare il suo tempo a rincorrere gli odori. Ogni tanto (anche spesso) gli dici tu “annusa” e per qualche minuto lo lasci annusare quel che vuole, fermarsi, girare in tondo… quel che gli pare. Poi gli ridici “andiamo” (o quello che è) e si riprende a camminare.
      Non capisco perché sia scandaloso…

      • Rifaccio l’esempio che ho fatto nell’altro commento. E’ come portare a spasso un bambino bendato, ogni tanto sollevargli la benda e dirgli “adesso puoi guardare” e poi riabbassargliela. Il naso del cane equivale ai nostri occhi: non puoi inibirgli l’olfatto, è come accecare un umano!
        Impedirgli di andare per i fattacci suoi è un altro discorso, ovviamente: quello è legittimo. Però “impedirgli di annusare” così come è stato descritto nel commento…mi pare proprio troppo!

        • Impedirgli di usare l’olfatto credo sia impossibile a meno di … non bendargli il naso 🙂
          Se il bambino, per esempio guardasse continuamente in alto e in giro rischiando di inciampare o di cadere in canale, credo che cercheremo di convincerlo a guardare “dove metti i piedi” come mia madre mi avrà ripetuto credo un milione di volte…

          • Il cane nessuno (il bambino che non è al guinzaglio, sì) ma è una vera rottura. Finisce che non te lo porti dietro perché ti fa perdere un sacco di tempo. Col cane che ho ora, invece, oltre alle sue passeggiate sindacali, me lo porto dietro praticamente tutte le volte che esco, perché cammina al mio passo senza fermarsi ogni mezzo metro per annusare per 5 minuti.

      • Distinguiamo:
        La passeggiata è per lui: perchè devo impedirgli di annusare?
        La passeggiata è per me (commissioni, …): faccio fare un paio di pipì, annusare un po’ in giro e poi via di buon passo

          • Se la passeggiata è “per noi”, ho il cane libero, sono in un posto dove non rompo le balle a nessuno, ed il cane può -nei limiti- fare quello che vuole.
            Parlo per me, la passeggiata al guinzaglio in città, è l’ultima spiaggia di quando non si può fate nessuna altra attività (obedience/rally-o/disc/ricercaoggetti/camminatainspiaggia/scarpinatainmontagna)

        • Ma il cane non sa per chi è quella passeggiata… Quindi facciamo tutti la stessa cosa, e cioè limitiamo gli annusamenti a seconda delle circostanze e delle necessità.

  28. …Questa volta forse si è generalizzato troppo, la pet therapy secondo l’approccio cz è tutto fuorchè obbligare un cane che non ha piacere a partecipare alle sedute ( partecipa e non viene usato)…e non solo i golden lavorano in questi progetti. Io lo faccio con la mia rottweiler ed è entusiasta di partecipare alle sedute perchè essenzialmente le piace collaborare con me e con le persone che le presento, le sessioni hanno dei tempi limitati e il benessere del mio cane viene prima del beneficio dei fruitori. E chiunque sappia lavorare in pet therapy sa che queste condizioni sono imprescindibili. Purtroppo la mia rottina invece non ha potuto fare ud non perchè io sia contraria (è la disciplina più completa secondo me) ma perchè non ho trovato un campo che lavorasse in modo alternativo all’autogratificazione data dallo stimolo che se utilizzato come unica direttrice di insegnamento va a discapito della relazione. L’approccio cz non è sbagliato, e ha le sue applicazioni pratiche anche nel settore agonistico…solo che tradizionalmente tutte le discipline vengono lavorate in Stimolo e sul controllo del cane, tutte, nessuna esclusa. Poco spazio allo sviluppo degli autocontrolli. Scarso riferimento al proprietario conduttore giacchè la maggiore gratifica non è svolgere le cose in collaborazione ma autogratificarsi con uno stimolo proposto in una determinata cornice. Inoltre nell’approccio Cz esistono anche le regole nella gestione del cane (status, ruolo e riposizionamento sociale)e le richieste del conduttore non sono opzionali ma vanno ascoltate… le pecore nere esistono in tutti i settori ma esistono numerosi professionisti cz capaci di recuperare anche casi patologici 😉

    • Federica, ti prego, non generalizzare troppo pure tu! Dire che “chiunque faccia pet therapy sa che queste condizioni sono imprescindibili” è, ti assicuro, una pia illusione. Chi fa SERIAMENTE pet therapy, certamente lo sa (come ho scritto anche nell’articolo): ma non hai idea, forse, di quanti terapeuti della domenica, totalmente improvvisati, ci siano in circolazione…
      Per quanto riguarda i professionisti capaci di recuperare i casi patologici (senza farmaci, però!) io spero con tutto il cuore che ne esistano a carrettate: ma sono secoli che prego *chiunque* abbia effettuato un caso di recupero “indicativo” di mostrarmelo… e non perché voglia farci chissà cosa, ma perché sarei davvero felicissima di imparare qualcosa di nuovo, se di novità si trattasse. E ancora nessuno si è fatto avanti, purtroppo.

    • Federica, fammi capire… Non hai fatto ud perché il cane si sarebbe divertito per l’attività in sè, a prescindere da te? Ho capito bene?

    • Federica, ma che ci racconti? “autogratificazione dello stimolo” ? ma che roba è? come diceva Nanni Moretti: Le parole sono importantiiiiiiii…ma quale stimolo e stimolo, parla piuttosto di attitudini,esperienza del cane e rapporto. Vai a vedere per esempio qualche Flat, Labrador, Golden, Nova Scotia lavorare…senza un solido rapporto, senza una forte interazione con il conduttore, i cani non lavorano, non riportano un bel niente, neanche la pallina in giardino. Sono gratificati dal lavoro svolto INSIEME al conduttore, con il quale formano un BINOMIO, altro che “lavorare in stimolo” (sic). E ogni cane acquisisce esperienza col tempo, ha il suo stile, il suo grado di autonomia…tutto per arrivare alla relazione con il proprietario.
      Mai sentito parlare di “will to please”? ci si arriva con la selezione e con il RAPPORTO tra cane e proprietario, senza supercazzole linguistiche di dubbia fragranza.

      • Gianni, io non è che ne sappia tanto… ma il mio cane di will to please ne ha poco poco. Rispetto, affetto, anche “senso del dovere” (prende le nostre passeggiate molto seriamente e anche quando è esausto se mi vede uscire si alza per venire con me, pur essendo – a volte- sollevato se gli dico di restare).
        Voglia di compiacere, invece, direi proprio di no (difatti riportare le palline in giardino è una delle cose che lo annoia di più). La cosa che lo gratifica di più è giocare con gli altri cani o, con me, al tira-tira (ma ci gioca anche con i cani). Lo diverte immensamente anche rincorrere qualunque cosa veloce, sia animata che mossa dal vento.
        Per questo chiedevo… perché mi sembrerebbe ingiusto privarlo di qualcosa che lo diverte molto, solo perché vedo che lo diverte più di me… oppure dovrei?

  29. Ok, l’articolo sembra logico e chiaro… però io non ho ancora capito metà dei riferimenti fatti, perché purtroppo passo il mio tempo lavorando e osservando i miei cani più che informandomi sulle nuove trovate…e non so, o meglio ho solo una vaga idea, cosa sia esattamente l’approccio CZ e perché può creare danni a certi cani, perché lo si possa applicare solo alla pet therapy e soprattutto cosa significhino i vari riferimenti alla “troppa responsabilità del cane” o “sfiancare il cane con eccessivi ragionamenti/problemi”. Posso chiederti Valeria una spiegazione, anche molto breve e riassuntiva se preferisci per far prima? Grazie mille

    • Alice, come faccio a darti una spiegazione “molto breve”? Se hai la pazienza di leggerti tutte le quattro puntate della “storia dell’addestramento”, le spiegazioni le trovi tutte lì: e pur essendo mooolto lunghe, perfino quelle sono “riassuntissime” 🙂

  30. L’equilibrio si può trovare anche da se. Io sto facendo una scuola che ha ovviamente approccio CZ, ma mai mi sognerei di generalizzare prima di vedere. Alcuni miei compagni pensano davvero che addestratore = cattivone… Io no. Penso che ogni caso vada valutato a se, e che ci sono anche persone che, pur non essendo propriamente cinofilosofe 😀 lavorino con e per i cani nel loro più totale rispetto. Che è poi quello che importa, a prescindere dagli strumenti che si utilizzano (pettorine e mica pettorine varie)

  31. Articolo interessante lo ammetto.
    Sono stato formato in una scuola cinofila dove sia la zootecnica che l’approccio CZ erano contemplati, ma nessuno dei nostri numerosi docenti ha mai messo davanti questo o quello. Semplicemente ci hanno informati che sono due approcci che esistono e che, se sei capace di trasferirli ai proprietari, possono coesistere. E’ l’integralismo che rompe SEMPRE GLI EQUILIBRI. Credo che esista un centro di equilibrio in tutte le cose, no?

    Tuttavia, credo anche che se non ci fossero i “cinofilosofi” come abilmente li denominate (tu, d.ssa Valeria e altri ragazzi su Agora Cinofila), forse non sarebbe mai scattata la lampadina della NON VIOLENZA GRATUITA sul cane (ancora ad oggi vedo punire il cane ancor prima che pensi di fare qls cosa…) o, men che meno un articolo così ben redatto. Con rispetto MaCi

    • Max, se ci fosse un centro di equilibrio non sarebbero nate le “guerre di religione” cinofile 🙂
      Il centro di equilibro è proprio quello che mi piacerebbe si trovasse… perchè secondo me – si – può – fareeee! (cit.)
      Però tutto sta a vedere quanto l’interesse per il cane riesca a prevalere sugli interessi economici: ed è lì che la vedo dura, purtroppo.

  32. Minchia che tomo, Valeria 🙂
    Comunque si vede che sono fuori dal giro, a me sembra che tu descriva dei marziani.
    Vabbè, visto che sono in ferie, ora vado a robotizzare la giovane con un po’ di obedience e magari ci scappano anche un paio di ricerche 🙂

  33. Non è un mistero che adoro i tuoi articoli, ma QUESTO E’ UN CAPOLAVORO ASSOLUTO !
    Fa riflettere e fa chiarezza su questioni fondamentali. Per favore trova il modo che dal sito possa essere inviato ad amici, parenti e addetti ai lavori un pò distratti.
    Va fatto girare!
    Quanto alla “cultura” cinofila che circola su internet senti questa: ” Comunicare telepaticamente col proprio cane” Costo 45 euro. On line, credo.
    Non ho potuto approfondire la lettura dell’annuncio perchè avevo ricevuto uno psicotelemessaggio da alcuni cani: MAVAFFAN…. !
    😉

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