di GIOVANNI PADRONE – Il fresco episodio di aggressione avvenuto un paio di giorni fa in Toscana, nel quale alcuni cani (inizialmente ritenuti randagi, ma in realtà pare fossero intestati al proprietario del terreno dove è avvenuto il fatto) avrebbero ucciso a morsi un camionista, riporta alla mente analoghi episodi come quello occorso qualche anno fa a Modica in cui dei randagi assalirono e feriron dei turisti fino ad uccidere un bambino.
Si tratta di fatti che sconcertano, poiché siamo abituati a pensare al cane come ad un nostro fedele alleato.
Se questo può essere vero nella maggioranza dei casi, vi sono però alcune eccezioni che portano a ragionare su cosa si possa fare in presenza di un cane aggressivo. La cosa diventa molto problematica se i cani sono diversi, probabilmente neanche un bravo esperto cinofilo riuscirebbe ad uscirne fuori.
Insomma, voglio essere onesto: uno o due cani in qualche modo si possono affrontare, quando parliamo di 5 o più cani irosi ed affamati credo che nessuno di noi avrebbe possibilità, per la semplice ragione che il cane non teme l’uomo. I numeri da circo che qualche esperto cinofilo televisivo produsse all’indomani dei fatti di Modica servono solo per fare spettacolo e non a mantenere l’onestà intellettuale che per quanto mi riguarda cerco di portare avanti ogni qualvolta si deve parlare seriamente di qualcosa. E questo mi fa dire che di fronte ad un gruppo di cani affamati un uomo solo, anche se ben piazzato, non può nulla se non è armato.
Dunque, la prima regola in presenza di un cane sconosciuto è non farsi prendere dalla frenesia di accarezzarlo, abbracciarlo o baciarlo, perché la sua risposta potrebbe essere molto violenta.
Quindi è meglio prevenire i comportamenti aggressivi piuttosto che stimolarli.
Ma può capitare, in situazioni normali, di trovarsi malauguratamente a dover affrontare un cane aggressivo; a questo punto cosa è meglio fare? Sicuramente, ancora una volta, non stimolare ulteriormente la sua aggressività come tentare di sorprenderlo simulando una aggressione, gridando, guardandolo negli occhi o fuggendo.
È sicuramente meglio restare immobili e zitti, tenendo lo sguardo abbassato ma vigile, attendere le sue azioni e magari utilizzare qualche rituale sociale canino e appena possibile cercare di indietreggiare molto lentamente come se si fosse in una slow motion (questo può permettere un maggior controllo delle azioni del cane rispetto alla fuga e inoltre lancia un segnale di non belligeranza al cane).
Non farsi mai prendere dalla foga di scappare finché il cane è in vista.
Detto questo, va riconosciuto il fatto che la mordacità non costituisce la norma nel comportamento canino ed è legata strettamente a patologie comportamentali e problemi di vario genere (neurologici e fisiologici). Ora, non mi pare il caso di stare qui a farne l’elenco, ma vorrei rappresentare soltanto il fatto che l’aggressività può presentarsi ad un certo punto nella maggior parte delle patologie stesse durante il loro percorso involutivo (poiché queste evolvendo tendono a peggiorare).
Al di là delle competenze del veterinario comportamentalista, il quale si occupa di verificare lo stato del cane, stabilire una diagnosi ed una prognosi e l’eventuale terapia farmacologica, all’educatore cinofilo spetta la parte pratica, quella cioè in cui si cerca di elaborare una serie di iniziative che permettano al cane di tornare col tempo a condizioni di relativa normalità. Ci sono due fattori fondamentali che devono partecipare per ottenere risultati positivi: le capacità dell’educatore nel trasmettere le proprie esperienze ed eventualmente di variarle se queste si rivelano inefficaci e la partecipazione della componente umana (che si dovrà occupare di proseguire nel lavoro dell’educatore per tutto il tempo necessario).
Ad esempio voglio riportare due dei vari casi che mi sono capitati negli anni. Il primo, un meticcio dissocializzato (appena nato fu adottato dai proprietari perché morì la madre) ed il secondo un cane da canile (un meticcio con forti problemi di aggressività da irritazione).
Chiameremo questi due cani Pixy e Dixy.
Perché ho accomunato questi due cani? Perché, nonostante si trattasse di due problemi differenti, la soluzione da me trovata è stata analoga. Infatti, nell’uno e nell’altro caso i due cani non gradivano il contatto o, per meglio dire, Pixy lo cercava solo a volte e l’eccesso ne causava l’aggressività, mentre Dixy, anche nel caso degli inservienti del canile, non gradiva il contatto forzato (dal suo punto di vista).
In parole povere, i due casi si sono risolti lavorando attraverso tre step successivi: nel primo step erano previste lunghe passeggiate col cane che saltuariamente si avvicinava e veniva rinforzato in quel comportamento attraverso la gratificazione orale, senza enfatizzare o eccitare il cane (nel caso del canile avveniva tutto all’interno dell’ampio sgambatoio).
Nello step successivo attendevo che fosse il cane a cercare il contatto, per cui, ad esempio, mi facevo annusare le mani e lo accarezzavo brevemente sul petto; infine, nell’ultimo step, cercavo la collaborazione dei cani facendo fare loro qualche semplice esercizio come richiamarli o attendere che si sedessero per poi gratificarli.
Solo con Pixi, dopo circa 6 mesi, ho avviato un ulteriore step facendomi coadiuvare da Taniusha, la mia zwergpinscher, come cane regolatore, in modo che egli potesse apprendere i fondamenti minimi della relazione e del linguaggio canino.
Durante il periodo di terapia comportamentale ero seguito nel primo caso dai proprietari, nel secondo caso da una lavorante ed una volontaria del canile.
In tal modo, dopo un anno Pixi e dopo 8 mesi Dixi, i due cani sono stati recuperati ed ora conducono una vita abbastanza decente, sicuramente molto meglio di quando erano sull’orlo della follia.
Naturalmente, non esiste un’unica soluzione per tutti i problemi, anzi spesso bisogna sbizzarrirsi nel cercare nuove soluzioni allo stesso problema perché una tecnica consolidata nelle ‘tabelle accademiche’ risulta poco o per nulla efficace.
Credo in questo di essere stato molto aiutato dalla conoscenza dei miei cani i quali, volontariamente o no, mi hanno sempre dato un buon aiuto nel capire le dinamiche sociali, relazionali e comportamentali dei loro simili, soprattutto le volte in cui ho ‘chiesto’ il loro aiuto (Taniusha ed Opalino, in particolare) con cani poco ‘comunicativi’ ed insicuri, come il piccolo Pixi.
Alla fine, se si eccettuano le patologie ereditarie e neurologiche (come la sindrome distimica del cocker spaniel, o del pastore tedesco e del bull terrier) o quelle dovute all’invecchiamento ed al deperimento organico, per le quali purtroppo non vi è nulla da fare a livello preventivo, la cosa migliore per evitare di avere un cane aggressivo è utilizzare tutti quei comportamenti che rendono un cane equilibrato:
3 – Studiare con un educatore di riferimento situazioni che possono avvenire nel corso della giornata in modo da rendere il cane consapevole dell’ambiente in cui vive. Ad esempio, andare a passeggiare in centro, portare il cane al parco, viaggiare con l’auto e via dicendo.
Bell’articolo, personalmente non posso accettare che per guadagnarsi l’etichetta del “buon animalista” si debba ignorare la pericolosità di certe situazioni.
Io amo i cani, amo gli animali, ma in campagna in puglia mi sono resa conto che stavo per essere letteralmente “accerchiata” da cani randagi (per fortuna me ne sono resa conto prima che mi chiudessero completamente) non mi sono messa a pensare a quelle povere vittime ma ho girato i tacchi e molto lentamente, facendo la vaga, ho camminato per più di cinquecento metri con una decina di cani (di diverse dimensioni) che mi seguivano indecisi sul da farsi tra le frasche. Non è stata un’esperienza piacevole e non parlare del problema non lo risolve.
Purtroppo molti dei cani randagi al sud son di seconda generazione, non hanno mai avuto un contatto con un bipede. Oltre che acchiapparli e metterli in gabbia bisognerebbe anche recuperare (ove possibile) a spese dello stato.
E NON NASCONDERE che un cane può anche essere aggressivo significa educare ad una corretta convivenza delle specie. Quante denunce e titoloni sui giornali sarebbero evitabili se si educassero i bambini (e non solo) a rispettare ed approcciarsi correttamente al cane?
Non so quanto sia possibile ‘recuperare’ un cane randagio, a tutti gli effetti ‘ferale’, di seconda o peggio terza generazione che non ha avuto l’imprinting (vedi impregnazione) sull’uomo. Di certo dovrebbe essere molto difficile: ricordo tutto il lavoro fatto su alcuni cani dissocializzati (cani tolti dalla madre prima dei 30 giorni che non hanno avuto una impregnazione sugli umani) per i quali ho impiegato diversi mesi, con uno quasi un anno, per renderli gestibili. Renderli gestibili non vuol comunque dire cani con una normalità comportamentale: resta comunque assente quella fase primaria in cui avrebbero potuto esprimere il meglio di se stessi in compagnia dell’uomo/donna. Assomigliano molto a quei bambini abbandonati nella foresta e ritrovati da adolescenti; la storiografia la dice lunga: di tutti quelli noti dal 18.mo secolo ai giorni nostri (parliamo di una dozzina di persone) solo 1 fu in grado di integrarsi nella società.
Di certo non tutti i cani sono amore e spaghetti come Lilly e il vagabondo e quindi bisogna parlare anche di quelli che per condizioni di vita possono essere pericolosi; i dingo australiani sicuramente possono essere cani affascinanti perché selvatici, ma poi bisogna pensare anche al fatto che molto difficilmente legano con l’uomo (un tempo gli aborigeni azzoppavano i cuccioli per evitare che scappassero al momento del ‘richiamo della foresta’), anzi sono molti i casi di attacchi in cui qualcuno inavvertitamente si è addentrato nei loro territori.
Sì, Valeria, ho riascoltato in streaming è leggermente diverso dal discorso di Modica anche se ‘guadagnare qualche secondo’ non credo cambi nulla né risolva la situazione: scappare non si può. Alla fine se vuoi avere qualche speranza di sopravvivere è appunto lo slow motion (giacca o no). Però la domanda resta sempre: è io che non uso la giacca? 😉
Concordo con te sulla storia del capobranco soprattutto se si tratta di un ‘gruppo’ e non ‘branco’ (non torno sulla differenza fra i due per non annoiare nessuno) in cui sono molti a dividersi le competenze. Naturalmente concordo anche sui sindaci che se si parla di cani hanno la sensibilità di un muro.
Ho scritto qualcosa da cinoegizio 😉
E ci risiamo con le pirlate di Massimo Perla. Or ora ha tirato fuori ancora una volta la storia della giacca agitata…
Giova’, però non ha detto di agitarla. Ha detto di togliersela, in modo da avere a disposizione qualcosa da frapporre fra il corpo e i cani. Che può essere anche una cosa giusta. Però, se magari faceva anche capire (e perché no, vedere) che bisognava levarsela mooolto lentamente, con gesti al ralenty…era meglio. In effetti anch’io, appena sentite le sue parole, mi sono vista il prossimo vecchietto che si levava la giacca e cominciava a sbanattarla, col risultato sicuro di farsi attaccare :-(.
Io ho trovato molto più pirlata quella del capobranco: ma chi caspita riesce a identificare il capobranco in un gruppo di cani che ti sta attaccando? Però alla fine si è accorto anche da solo che stava dicendo una pirlata, infatti ha concluso dicendo che “non era facile”. Ma va’?
A parte questo, non capisco perché intervistare Massimo Perla (o qualsiasi altro addestratore) anziché intervistare i sindaci dei paesi coinvolti e chiedere loro CHE CAZZO CI FANNO ANCORA STI CANI IN GIRO, quando sono stati segnalati più volte!
Scusate lo sfogo, ma come al solito deve capitare qualcuno che legge e non capisce quello che è scritto, nonostante mi pare che il mio linguaggio sia abbastanza comprensibile. Su FB certa WildStray si lamenta di diverse cose e poiché lo fa in pubblico riporto qui le sue elucrubazioni e la mia risposta.
Wild Stray Scusa Giovanni, forse non mi conosci ma io sono persona schietta e non mi faccio problemi. Voglio muovere una critica perché state diffondente più notizie imprecise voi cinofili dei mass media! Su TPIC state proponendo nuove leggi anziché chiedere vengano applicate quelle esistenti (l’unica cosa di cui devo darvi atto è una nuova legge che impedisca l’uso di randagi nella sperimentazione, quella si, visto che ormai a livello europeo è stata approvata una legge schifosa), chiedete di fare corsi obbligatori (che paga chi? voi?), date per scontato che gli educatori siano tutti santi e preparati (meglio che non aggiunga nulla riguardo mie personali esperienze…), parlate di randagi senza fare distinzione fra cani vaganti (che comprendono anche ma non solo i randagi) e cani randagi, parlate di cani aggressivi come se tutti i cani sconosciuti lo fossero senza dire cosa si intende per aggressività e quali siano le situazione da evitare, dulcis in fundo tu parli di cani affamati? E dimmi, i lettori come devono interpretare questa frase? Un errore di concetto? O si parla di antropofagia? “il cane non teme l’uomo”… ma sei sicuro, cioè non le teme mai, nessun cane al mondo teme l’uomo? Per favore, prima che in Italia si finisca come in Ucraina, prima che i cani randagi diventino vittime due volte, mettetevi a tavolino e scrivete con un minimo di criterio anziché partorire ogni giorno articoli scritti male o con proposte e considerazioni senza senso. Tra l’altro, se volete cercare le fonti del randagismo, cercatele fra chi importa cuccioli dall’est (compresi quelli che si organizzano in associazioni di categoria, ecc. per dare una parvenza di legalità… ), cercatele in ambito rurale (dove non ci sono e non ci saranno mai adeguati controlli… e magari, delle vostre proposte di controlli polizieschi, ci andrà di mezzo qualche anziano in città…). Infine, ma le sterilizzazioni? Queste sconosciute? La vostra propoposta è “catturate tutti i cani e rinchiudeteli”? E sui canili non giocate di semantica: i canili sono dei posti di merda, dove se i cani non hanno problemi comportamentali gli vengono! Chiedete controlli anche sui canili, anziché chiamarli “centri di adozione e riadozione”…
La mia risposta:
Wild Stray, sempre senza offesa, a parte le tue disquisizioni su alcune iniziative di tpic che nulla hanno a che vedere col presente articolo (se non per il fatto di essere presenti sulla stessa testata), mi pare di SCRIVERE un italiano corrente e fluente e di non aver mai scritto che ‘tutti i cani sono aggressivi’, anzi ho scritto l’esatto contrario che qui riporto “…Si tratta di fatti che sconcertano, poiché siamo abituati a pensare al cane come ad un nostro fedele alleato. Se questo può essere vero NELLA MAGGIORANZA DEI CASI, vi sono però alcune eccezioni che portano a ragionare su cosa si possa fare in presenza di un cane aggressivo…”. Quando io uso il condizionale sull’affamamento o la presunta antropofagia dei cani di Livorno è perché nessuno ne è certo, incluso me stesso (sappiamo tutti come si fa presto a montare una notizia).
Se permetti, lezioni di etologia non le prendo né da te né da altri visto che è il mio pane quotidiano nel mio lavoro di educatore cinofilo. I randagi esistono in Italia come nel resto d’Europa e faresti bene a leggere qualche studio di accademici italiani dell’etologia come il prof. Boitani o il dott. Bonanni che per due anni ha studiato due gruppi di randagi romani.
Riguardo ai corsi di cui sopra (quelli per il patentino), dal mio punto di vista dovrebbero essere FACOLTATIVI e GRATUITI per tutti coloro che vogliono possedere un cane ed OBBLIGATORI e sempre GRATUITI per gli operatori dei canili ed i volontari.
Prima di essere pubblicato, l’articolo è passato per una redazione che l’ha ritenuto idoneo per la pubblicazione. E, poiché è stato approvato, non ho null’altro da aggiungere tranne che leggere e poi interpretare a modo proprio ciò che è chiaro mi porta a pensare che sei prevenuta o che forse qualche lezione di italiano ti serva ancora. Sempre senza offesa.
grazie Giovanni !! 🙂