di VALENTINA OLIVO – Mi è stato chiesto di scrivere quello che ho passato nell’ultimo anno e mezzo, affinché possa essere d’aiuto a quanti come me hanno sofferto di un grave problema di dipendenza.
Ad onor del vero il problema non si è ancora totalmente risolto, ma ci sto lavorando con costanza e quanta più tenacia possibile e con l’aiuto di persone competenti, che hanno capito le mie reali difficoltà.
Presto, ne sono certa, tutto andrà come deve.
Ma no, no! Cosa avete capito?! Non sto parlando di dipendenza da farmaci, droghe o altre sostanze!
No!!! Sto parlando di dipendenza da Dobermann!!!
Ebbene sì, un anno e mezzo fa ho iniziato a condividere il mio appartamento con un adorabile dobermann di 7 mesi e 60 chili. Eravamo solo io e lui, lui ed io, appena usciti da una brutta storia di convivenza con un bipede di sesso maschile.
Ma per capire meglio, bisogna tornare un passo indietro, perché il nostro ricongiungimento in realtà è stato impervio.
Dopo che la sottoscritta lasciava la casa del suddetto bipede, per circa due mesi Floyd (così si chiama il “piccolo”) non ha visto la sua mamma (cioè io…), che intanto stava cercando disperatamente un appartamento in affitto per potersi finalmente ricongiungere alla sua creaturina pelosa. Ma la risposta dei vari proprietari era sempre la stessa: “Un dobermann??? Eh no, se era un altro cane magari si… ma un cane così in appartamento… mi dispiace, non posso affittarglielo”.
Il bipede di cui sopra ormai non ce la faceva più a vivere con Floyd, che stava letteralmente prendendo il sopravvento su di lui: “Vieni a prenderlo subito se no lo faccio sparire! Caga e piscia (n.d.r.: scusate se riporto testualmente) dovunque in casa, ogni notte mi sveglia tre o quattro volte piangendo e di mattina trovo dei laghi! Abbaia sempre e non mi lascia lavorare, mi morde, non mi lascia mai in pace, non posso riposare!”.
Così, nella disperazione più totale, alla fine decido di tacere l’irrilevante circostanza della detenzione di un cane di razza dobermann, anzi, di un qualsiasi quadrupede, con i successivi potenziali locatori… e finalmente trovo un appartamento. Evviva!
Intanto i miei famigliari si erano asserragliati in un totale silenzio, dopo aver tentato per mesi di dissuadermi dal tenere Floyd, prefigurando una escalation di catastrofici esiti della mia azzardata scelta: “E’ un cane impegnativo, è un cane con problemi, ti rovinerà la vita, una mattina ti alzerai e ti sbranerà, non potrai più uscire, nessuno verrà più a casa tua, non troverai più un uomo e ormai sei già vecchia, ecc. ecc. ecc…”.
Nonostante non avessi proprio un gran sostegno dalla famiglia, la mia scelta era irremovibile: quel cane era il mio cane, ci ho giocato e l’ho tenuto ogni sera in braccio da quando era una polpetta di 50 giorni e puzzava di latte acido fino ai suoi cinque mesi, quando mi piantava i suoi dentini aguzzi su braccia e gambe, su cui porto ancora orgogliosa le cicatrici, e, matto o meno che fosse, era il mio piccolo amore e doveva stare con me, punto e basta!!!
E così, partendo da queste non granché rosee premesse, nel settembre del 2010 iniziava la tanto attesa e desiderata convivenza con il mio “Flo Flo” ed anche la mia storia di dipendenza nei suoi confronti.
Le prime due settimane in cui è stato con me nella nuova casa, tra noi è stato un idillio.
Avevo preso qualche giorno di ferie per stare sempre con lui e, con mia grande felicità: non sporcava in casa, facevamo le nostre bellissime passeggiate ogni giorno, mangiavamo insieme, si addormentava sulle mie gambe la sera davanti alla tv e la notte dormiva sul suo divano in pelle, senza mai disturbarmi. Cosa ancora più stupefacente, quando ho ripreso a lavorare, non piangeva mai, nonostante non fosse mai stato abituato prima a restare a casa da solo.
Ma l’idillio dopo poco, inspiegabilmente (a quel tempo, per me, inspiegabilmente) svanisce.
Floyd inizia ad essere decisamente arrogante, non mi lascia uscire dalla porta quando devo andare al lavoro, saltandomi addosso insistentemente. Una volta lasciato da solo in casa gratta le porte ed abbaia, inizia a distruggere ogni oggetto che sia alla sua portata di bocca, fa pipì e piange insistentemente.
Come ciliegina sulla torta, iniziano le prime velate minacce dei condomini, con bigliettini anonimi lasciati sulla porta di casa.
Presa dalla disperazione più totale, con nelle orecchie la voce di tutti i parenti che in coro mi ripetevano “Te l’avevamo detto!”, decido di andare dal veterinario, per chiedere un consiglio.
In fondo, pensavo, di cani ne ho sempre avuti da quando sono nata e non hanno mai avuto questi problemi. Sicuramente per Floyd è un momento di trambusto, nuova casa, nuove abitudini, solo io con lui e tanto tempo da solo, è comprensibile: con tanto amore e tanta pazienza avrei risolto tutto.
Il mio veterinario, alla luce di quanto gli riferisco, mi consiglia di somministrare a Floyd “un blando calmante”, nulla di che, tanto per i primi tempi, finché non si abitua alla nuova situazione.
Vado in farmacia e compro quindi questa “valeriana per cani”, così come mi era stato detto: si chiamava “Clomicalm”.
Un nome rassicurante, sicuramente farà bene al cane.
Inizio quindi la cura, fiduciosa che tutto si sarebbe risolto in poco tempo. Dopo alcuni giorni di trattamento, però, le cose degenerano in maniera drastica.
Floyd inizia a essere sempre più agitato e distruttivo, non dorme nemmeno la notte, piange anche quando sono a casa, dimostra atteggiamenti aggressivi nei miei confronti, cosa che mai aveva fatto prima.
Ero distrutta ed arrabbiata, nemmeno il calmante aveva fatto effetto, anzi, sembrava avesse sortito la reazione opposta!
Telefono al veterinario, il quale non si spiega cosa sia successo e, a questo punto, mi consiglia di rivolgermi ad una veterinaria comportamentalista per un colloquio ed una cura mirata.
Chiamo subito la comportamentalista per un appuntamento, spiegando che il cane prende il Clomicalm ma, nonostante questo, è peggiorato: “Sospenda immediatamente il Clomicalm e ci vediamo domani per un appuntamento”, la sua risposta.
Resto un po’ perplessa: possibile che un blando calmante possa aver peggiorato la condizione di Floyd? Vado così per curiosità su Internet, inserendo “Clomicalm” su Google, e leggo: “I farmaci prescritti agli animali sono quelli che normalmente i medici consigliano ai pazienti affetti da depressione, e quindi gli inibitori del reuptake della serotonina, e i tricicli. Questi due gruppi intervengono direttamente sui neurotrasmettitori per eliminare disturbi dell’attenzione e impulsività.
Il Clomicalm è una versione per cani dell’Anafranil ed è stato riconosciuto idoneo da Food and Drug Administration, l’ente governativo americano che regolamenta i prodotti alimentari e farmaceutici. Tuttavia, la clomipramina contenuta nel farmaco aveva già dato qualche effetto indesiderato sugli esseri umani, quando un paziente, dopo aver inghiottito una compressa, aveva raggiunto l’orgasmo con un semplice sbadiglio. Per l’ansia da separazione, di cui soffre il 14% dei cani d’America, è stato ammesso anche l’utilizzo di Reconcile, prodotto dalla società Eli Lilly.
Il Times racconta la disavventura di Max, il docile cane di una coppia americana, per il quale il furto di un pezzo di tacchino dal tavolo si è rivelato fatale e il Clomicalm ne è stato la diretta conseguenza. Anche per lui però gli effetti sono stati diversi da quelli sperati, e in una parola drammatici: ha preso ad abbaiare di continuo, è diventato aggressivo, ha cominciato a mordersi repentinamente la coda ed è diventato dipendente dal farmaco”.
Bene, dopo questa scioccante presa di consapevolezza che quello che stavo somministrando a Floyd non era affatto “un blando calmante”, ma un vero e proprio psicofarmaco con effetti collaterali ben diversi da quelli che il foglietto illustrativo elencava, mi recavo con Floyd dalla veterinaria comportamentalista.
Il colloquio è iniziato con molte domande da parte della dottoressa rispetto alla provenienza di Floyd, all’età del suo distacco dalla madre, ai comportamenti del cane a casa e fuori casa. Ovviamente io non ho omesso nulla, ho raccontato tutto per filo e per segno.
Di punto in bianco la veterinaria batte forte le mani, facendomi prendere spavento perché non me lo aspettavo. Guardo Floyd, che con aria interrogativa era rimasto fermo a guardarla.
Intanto, dopo mezzora di colloquio nella stanza di tre metri quadrati in cui ci trovavamo, Floyd iniziava a dare chiari segnali di noia ed irrequietezza: ha iniziato a piangere ed a dare zampate sulla porta perché voleva uscire.
Ecco che la comportamentalista mi dà il suo allarmante responso: “Floyd è un cane iperattivo e ipersensibile e, con il sopraggiungere della sua maturità, quindi verso i due anni, i suoi problemi si potranno solo aggravare, con una quasi certa manifestazione di aggressività anche nei miei confronti. L’unica soluzione è seguire una terapia farmacologica con psicofarmaci mirati per almeno tre anni, associata ad una rieducazione comportamentale con una educatrice di mia fiducia”.
Resto basita e chiedo se senza psicofarmaci il cane può essere educato lo stesso e possa risolvere i suoi, e i miei, problemi. Risposta: “Senza psicofarmaci è assolutamente impossibile correggere le problematiche comportamentali del cane”.
Chiedo allora se è veramente necessario seguire una terapia così lunga con psicofarmaci, addirittura per anni! Risposta: “La terapia è lunga e ci vogliono anni prima di poter diminuire e poi togliere gli psicofarmaci. Può essere che il cane dovrà prenderli per tutta la vita”.
Incasso queste inquietanti risposte e la comportamentalista incassa 90 euro, insieme a un mio secco: “No. Non ho intenzione di dare psicofarmaci al mio cane, ha appena sette mesi!”.
La saluto ricevendo in cambio un sorrisetto a denti stretti e il suo invito a pensarci bene.
Inizia così il mio calvario e la mia ricerca di educatori, addestratori o simili che potessero indicarmi una soluzione.
Le varie soluzioni proposte:
1) “Se non obbedisce devi tirargli un calcio nel sedere o un pugno forte sulla testa, devi fargli male per fargli capire chi comanda”;
2) “Se tira quando lo porti a passeggio non puoi fare a meno del collare con le punte. Non esiste che un cane con questa mole possa essere tenuto con un collare normale!”;
3) “Se non ti lascia un oggetto o la pallina dalla bocca non devi lasciarlo vincere ma devi premergli le labbra sui denti finché non te li lascia”;
4) “Non è un cane che fa per te, tu pesi nemmeno 50 chili e lui 60, è ovvio che non potrai mai competere con lui fisicamente e fargli capire che comandi tu”;
5) “Dallo via, sta troppo tempo a casa da solo e soffre, così poi è nervoso e non riesci a gestirlo”.
Le alternative erano quindi:
1) prendere a bastonate e pugni in testa il mio cane;
2) usare sempre il collare a punte;
3) provocare dolore al cane ogni volta che volevo mi lasciasse un oggetto;
4) ingrassare almeno 20 chili per fargli capire che ero più forte di lui;
5) darlo in adozione.
Decidevo allora per l’opzione meno violenta e meno deformante, ma sicuramente la più dolorosa, ovvero la 5).
Tramite l’associazione Dobermann’s Angels, che con grande sollecitudine si attivava per trovare il giusto adottante per Floyd. Mi recavo da una coppia di possibili nuovi genitori per il mio piccolo infelice.
“No, in casa non lo terremo, starà fuori, vede là dietro? C’è il recinto con la paglia. Il problema è che è grande come dobermann, mi sa che riesce a saltare la recinzione della casa e qui passano tante macchine. Poi quando usciamo con l’auto il cancello elettrico resta aperto per un pò… Spero che non abbia il vizio di grattare la porta per chiedere di entrare, altrimenti la rovina…”.
Floyd in un recinto con la paglia, da solo anche di notte, al freddo, rischiando anche di andare sotto a una macchina???
Ma non esisteva proprio! Per fortuna i candidati adottanti, visti i problemi con la recinzione troppo bassa e i troppi impegni da pensionati, ci ripensavano e rinunciavano a Floyd.
Tiravo un respiro di sollievo e dopo qualche giorno di indecisione, sentendo chi era pro adozione “per il tuo e il suo bene” e chi contro “come puoi abbandonare il tuo cane, sei senza cuore”, mandavo tutti a quel paese e decidevo che io e Floyd, da quel momento, ci saremmo arrangiati da soli.
Intanto la mia vita sociale si era notevolmente ridimensionata, uscivo solo con due amiche, felici detentrici di cani e amanti di animali in genere, che riuscivano anche (incredibilmente) a stare volentieri con Floyd, e con un vicino di casa, diventato un mio caro amico, che aveva una dobermann marrone di cui era totalmente innamorato e che quindi capiva bene il mio attaccamento morboso per Floyd.
Per qualche tempo ho frequentato anche una persona molto dolce e paziente che, in molte occasioni, mi ha dato una mano a superare le crisi di pianto quando al rientro a casa trovavo la devastazione totale. Tra le tante atre cose, ad esempio, mi ha riparato i battiscopa che Floyd aveva divelto dal muro: mi ha sempre dato sostegno e conforto quando ero nella fase “Odio questo cane, ma non posso vivere senza di lui!”. Fase che, per la precisione, ha avuto la durata di circa un anno.
La storia però non poteva funzionare, dato che io vivevo in funzione di Floyd: non uscivo la sera per non lasciarlo solo troppo tempo, assecondavo ogni richiesta del cane e giocavo con lui quando me lo chiedeva per evitare che abbaiasse e i vicini si lamentassero, mi alzavo la notte se lui mi chiamava perché doveva fare pipì, lo portavo fuori almeno tre o quattro ore complessive al giorno, la mattina prima di andare a lavorare, a ora di pranzo e la sera prima di cena, lo portavo a correre due o tre volte la settimana.
In conclusione: io non avevo più una vita, ero stremata e, quindi, non potevo iniziare una relazione con nessuno.
Floyd, oltre al lavoro, era l’unico mio pensiero, l’unica mia ragione di vita e mi assorbiva completamente.
Ma potevo continuare così? La risposta era ovviamente no.
Poco alla volta ho iniziato a riappropriarmi della mia sana dose di egoismo anche nei confronti di Floyd. Ho iniziato, anche grazie ai preziosi consigli di persone preparate, a non assecondarlo in tutte le sue richieste e se i vicini, come in effetti è successo, si fossero lamentati, avrei cambiato casa.
Si, è stata dura. Floyd ormai era un essere arrogante e prevaricatore. Ma la notte poteva piangere quanto voleva e io non mi alzavo più, nemmeno per sgridarlo. Se non lasciava la pallina quando giocavamo io smettevo di giocare. Se pretendeva qualcosa io lo ignoravo. Se abbaiava davanti la porta per uscire io me ne andavo in un’altra stanza. Se volevo fare un riposino pomeridiano nella mia camera e non sul divano con lui, lo facevo, anche se grattava la porta. Se mi rubava le scarpe io non lo inseguivo più e non urlavo. Se non voleva farsi mettere il collare io non mi mettevo più a fare lotta greco-romana e lasciavo stare, finché, quando capiva che non sarebbe andato a passeggio, non opponeva più resistenza.
Certo, questo non bastava, ma era un inizio. E le cose sono migliorate notevolmente, pensa un pò, anche senza psicofarmaci!
Il 1° gennaio 2012 Floyd ha compiuto due anni e, udite udite: non mi ha sbranato!!!
Finalmente avevo capito che tutti i problemi di Floyd erano stati causati da me, dalla mia totale dipendenza nei suoi confronti.
Giunta a questa fase di consapevolezza, adesso era il momento di iniziare a prendere in mano le redini della situazione e diventare finalmente la padrona di Floyd e non la sua sottoposta.
Mi sono rivolta a persone preparate e competenti, che mi hanno dato indicazioni utili per comportarmi nella maniera giusta con Floyd, senza dargli pugni in testa, senza usare il collare con le punte e, soprattutto, senza dover rimbambire il cane con psicofarmaci.
Oggi Floyd non è un cane perfetto e io non sono la padrona perfetta. Continua a mettermi alla prova, sempre, e io ogni tanto mi faccio abbindolare. Ma è un cane che sprizza gioia e vitalità, che ha negli occhi la voglia di collaborare con me e di capire le mie richieste di obbedienza, che non pretende più che io sia al suo servizio e che si arrende molto più facilmente davanti ai miei no.
Questo per me è un grande traguardo: io sono (quasi) guarita dalla dipendenza da Floyd e Floyd non è diventato dipendente da farmaci.
Lasciatemelo dire, mi complimento con me stessa, perché non so quanti altri al mio posto ce l’avrebbero fatta senza ricorrere ad espedienti chimici.
Ah, dimenticavo: le persone che sono rimaste al mio fianco nei momenti più difficili, che mi hanno capita e compresa anche nelle situazioni più spiacevoli, che non mi hanno dato della pazza per l’amore verso il mio cane, sono le uniche che avrei voluto avere vicino e forse, senza Floyd, non le avrei nemmeno conosciute.
Se oggi fanno parte della mia vita è solo grazie alla testa matta di Floyd! Quindi, grazie piccolo mio per avermi fatto capire cosa conta davvero nella vita. E un grazie speciale a tutte le persone che mi hanno aiutato e sopportato in questo anno e mezzo! Vi voglio bene!
Ciao complimenti che ce l’hai fatta completamente da sola! Ci sono comunque sostanze completamente naturali ( senza effetti collaterali) che possono supportare aiutare sia il padrone che gli animali in casi come il tuo.
Io ho utilizzato i fiori di bach e la valeriana al posto dello psicofarmaco ( anche io sono assolutamente contraria)
i rimedi vibrazionali e la medicina naturale sono fantastici con i nostri amici ANIMA-li 🙂
Brava!! Io con il mio pastore tedesco di 2 anni ho dovuto faticare e sto faticando da una nno e mezzo per portarlo insieme a me a superare il brevetto di unità cinofila operativa i superficie. All’inizio la condotta con lui era spiazzante, spesso partiva a tutta velocità verso un altro cane ed io dietro a fare sci d’erba… Cambiando metodi e provandone di ogni, ora ho imparato a non cedere ai suoi abbai quando per qualche ragione deve restare nel trasportino perchè io possa lavorare con gli altri cani, singolarmente, ho imparato a dargli regole chiare e ben precise, ad essere coerente ed a capirlo meglio. Tutto sta cambiando! Coraggio e pazienza! Vivi&Bobi
ho un dobermann di quasi 4 anni e devo dire che è stato difficile crescerlo. Da cucciolo mi ha mangiato una porta blindata, ha reso il giardino una palude limacciosa, non stava fermo un attimo, ha pianto tutte le notti per mesi. Con tanta pazienza sono riuscita a renderlo un cane più gestibile, dorme tutta la notte sulla sua poltrona e non si sveglia nemmeno con l’esercito in casa, si comporta bene con le persone (un pò meno con gli altri cani) ma minimo una volta al giorno, quando lo metto in giardino, comincia con quella “solfa” che tutti i proprietari dobermann-muniti conoscono: FR FR FRRRRRRRRRRRRRRRRRRR, quella specie di fischio che fa gonfiando le guance che poi si trasforma in un AMMAMAMMAMAMAMAMMA. ecco, in quei momenti lo ucciderei, lo odio con tutta me stessa, poi lo guardo e mi viene da ridere e ricomincio ad amarlo follemente. Il dobermann è un grandissimo scassapalle, però ti entra nell’anima. Ciao Xar
ciao,
credo che sia molto più importante il contenuto della storia e il messaggio che Valentina ci trasmette, che non conoscere i nomi dei protagonisti della stessa.
Grazie per avercela raccontata.
Stamattina ero con Floyd dal veterinario, quel veterinario della mia storia. Floyd è un po’impaurito quando andiamo nel suo ambulatorio, come credo tanti altri cani. A lui non è mai andata giù la mia decisione di non “curare”Floyd. Bene, gli ha fatto il vaccino, gli ha ascoltato il cuore,l’ha palpato un po’e Floyd sebbene non tranquillissimo è restato fermo e si è fatto fare tutto senza fiatare. “Eh si” mi dice, “anche gli altri della sua cucciolata erano tutti schizzati, ho dobermann che quando entrano qui saltano da soli sul tavolo per farsi visitare”. Mia risposta: “si vede che sono dobermann poco intelligenti o sotto psicofarmaci, io sono fiera che Floyd abbia questo carattere e che diffidi di lei”.
Non intendo fare nomi, anche se come avvocato potrei difendermi benissimo da sola, ma qualche soddisfazione me la sto togliendo lo stesso. E col tempo, questi luminari del comportamento canino saranno giustamente ricompensati per la loro presunzione e per avere rovinato tanti poveri cani la cui unica colpa è stata avere dei padroni che forse un cane era meglio se lo comprassero di peluches.
Anche il mio cane (pastore tedesco) odia il veterinario, è una cosa assolutamente normale: tutte quelle manipolazioni ai testicoli, alla bocca, alle zampe, alle orecchie. E poi il fatto che viene preso di peso e scaraventato sul tavolo: una cosa che detesta. Si mette lì con le orecchie basse e lascia fare, ma con un muso lungo due metri. All’inizio intuiva che stavamo andando in ambulatorio ad almeno 500 metri di distanza e già iniziava a fare capricci in strada, ma col tempo si è abituato (e qui devo ringraziare il mio veterinario che distribuisce bocconcini a fine visita per farsi amici i suoi “pazienti”: grazie a questo il mio cane non fa più tante storie e appena finiamo comincia a saltargli addosso scodinzolante 🙂 ). Floyd e i suoi fratelli, esattamente come il mio cane, non sono per niente schizzati, semplicemente non amano essere manipolati dagli estranei.
Si Dario, ai chihuahua di mia mamma lo stesso veterinario di Floyd deve mettere la museruola per visitarli (!!!), ma a lei non ha mai detto che sono schizzati, nè l’ha mandata dalla sua amica comportamentalista, anzi, si mette a ridere anche se è evidente che quei cagnolini sono certo più “schizzati” del mio bestione. Questo veterinario (da cui continuo ad andare perchè, in ogni caso, se si tratta di fare il suo lavoro è davvero in gamba) ce l’ha con me perchè mi sono permessa di contraddire la sua comportamentalista di fiducia, dicendo che per me è una pazza che non ha idea di cosa voglia dire avere un cane ed educare un cane, perchè probabilmente non ne ha mai avuto uno e tutto quello che sa è scritto sui suoi bei libri di medicina veterinaria. E’ ovvio che sono stata poco diplomatica e conoscendo lo stretto rapporto (non so se solo professionale) tra i due, mi sono inimicata a vita il veterinario… e la mia risposta alla sua provocazione, rispetto al fatto che ci siano dobermann che vanno da lui tranquilli e rilassati, non voleva offendere nessun cane e nessun padrone (dato che esistono anche cani docili di natura e non per questo sotto psicofarmaci o poco intelligenti), ma era a sua volta una provocazione per ribadire il concetto che il mio cane, anche senza psicofarmaci, reagisce esattamente come tanti altri cani. Grazie per avermene dato ulteriore conferma raccontando la tua esperienza personale 🙂
Ciao Valeria, storia triste perchè è triste vedere quanta ignoranza c’è ancora in giro. Triste perchè mette a nudo quanti profittatori ci sono ancora in giro.
Forse, se possibile, sarebbe utile mettere nomi e cognomi.
Complimenti Valentina, la strada è ancora lunga, ma comincia il pianoro se non la discesa.
Rinaldo, fare nomi e cognomi? Ahahahahah!!!
In un articolo, un paio di giorni fa, ho scritto una “sigla” di appartenenza, senza far nomi, ed è scoppiato il finimondo: minacce di azioni legali, telefonate a raffica, accuse di lesa maestà… pensa se avessi scritto il nome!
In un libro, più di dieci anni fa, scrissi questa frase a proposito dei Club che tutelavano (si fa per dire) una razza italiana: “I presidenti dei due club, anziché pensare al bene della razza, passano tutto il loro tempo a litigare su Internet”…e sono finita in tribunale con l’accusa di diffamazione. Prego notare che ho presentato al giudice un FALDONE alto trenta centimetri di stampati in cui questi due signori, dalle 8 del mattino alle 3 di notte, per mesi, mesi e mesi, si davano reciprocamente del mafioso, della faccia di merda e simili… però tra di loro mica si sono denunciati. Hanno denunciato ME che evidenziavo la cosa (senza fare neppure i nomi, ma ovviamente citando i Club).
Ovviamente ho vinto la causa, ma intanto tempo perso, soldi spesi, avvocati, cazzi & mazzi…per cosa? Per aver scritto qualcosa che era sotto gli occhi di tutti, assolutamente inattaccabile e incontrovertibile.
“Fare nomi”, al giorno d’oggi, anche se hai ragione al 3000%, comporta sempre e solo andare in causa con chiunque: in Italia, con la giustizia che abbiamo, il delinquente non è quello che commette un reato, ma quello che lo denuncia.
Se poi ci vuoi pure aggiungere il corporativismo travestito da deontologia, che porta in automatico gli Ordini e affini a difendere a spada tratta i loro accoliti – anche quando hai tutte le prove del mondo del fatto che uno di loro sia un delinquente – ecco che spesso ti ritrovi a combattere contro giganteschi burocrati con stuoli di avvocati strapagati, mentre tu sei da solo e con i tuoi soli mezzi.
Grazie, ma…abbiamo già dato a sufficienza! Non dubito che ricapiterà, eh…però ad andarmele proprio a cercare non ci tengo. O meglio, lo farei anche, ma non me lo posso più permettere.
Hahahah! Dario, ti assicuro che in tanti momenti ho provato un odio profondo per Floyd, proprio perchè lo amavo tanto e non riuscivo a capacitarmi del motivo per cui lui ne combinasse sempre una più di bertoldo… mi sentivo come una donna non ricambiata dall’uomo che ama: l’odio è il rovescio della medaglia. Io facevo tanto per lui e lui non ricambiava! Il problema è che facevo anche troppo e tutto in maniera sbagliata!!! Adesso il nostro rapporto è decisamente più sereno, abbiamo dei confronti, ma molto più pacati e facciamo pace molto prima 😉
Mi hai fatto venire una voglia di dobermann allucinante! Ma per il momento non posso fare altro che osservare quelli dei vicini di casa 🙁
Mi ha colpito la frase “Odio questo cane, ma non posso vivere senza di lui!”. In realtà non l’hai mai odiato, sennò ti saresti sbarazzato di lui con estrema facilità (un cane così bello si piazza in quattro e qauttr’otto): era solo che non lo capivi. Adesso che hai capito qual è il modo giusto per approcciarti con Floyd lo amerai più di prima.
Sui professionisti della fuffa che consigliano di dare pugni in testa ai cani e prescrivono psicofarmaci pure a un cane che abbaia a un gatto (ovvero a un cane che fa il cane e si comporta da cane), stendiamo un velo pietoso. Questa storia è troppo bella per incazzarsi 🙂
I dobermann sono cani come tutti gli altri, solo che hanno una intelligenza ed una sensibilità fuori dal comune. Ho avuto bassotti, maremmani, breton, chihuahua e meticci di ogni tipo. Li ho amati tutti, nessuno escluso, ma il legame che si crea con un dobermann è unico. All’inizio è’ difficile capirsi, siamo specie diverse, ma con pazienza, l’aiuto giusto,l’esperienza e, soprattutto, tanta tanta calma, si crea un rapporto bellissimo. Basterà guardarli negli occhi, senza parlare, e loro sapranno già cosa vogliamo. Tieni duro Ruggero, vedrai che avrai tante soddisfazioni dalla tua cucciolona!
Ho letto avidamente avendo una dobermann di 2 anni e 8 mesi….. e anche primo cane. Mi sono ritrovato in quasi tutti gli stati d’animo che hai passato, e nei commenti degli amici e famigliari… Anche io sto tenendo duro e dopo vari addestratori, educatori, comportamentalisti, gli articoli di “Ti presento il cane” e lo Yoga… sto arrivando a farcela ed anche la mia adorata sta migliorando.
Grazie per la testimonianza, da coraggio e speranza!
ruggero
Brava Valentina!!
Scegliere di raccontare e condividere il tuo percorso con Floyd è la cosa migliore che potessi fare, per voi e per tutti coloro i quali continuano a farsi “contagiare” dall’assurda mania di risolvere i problemi in fretta e spesso senza metodo!
Sei una bravissima compagna per il tuo “eterno” cucciolone, perchè ti sei messa in gioco e non hai esitato ad affrontare cambiamenti.
Un grosso abbraccio
bravissima tu e bravo Floyd. echecapperi, drogare un cane solo perché si comporta da cane è proprio da deficienti. bravabravabrava.
ma… quel vet… MAH!che schifo anzi entrambi che schifo.
90 euro per prescrivere di sedare il cane a 7 mesi
non ho parole…
la stessa cosa che ho pensato io
lupi a me ne hanno chiesti 135 per la stessa cosa
La tua data di scadenza è passata da un pezzo!!
😀 😀
I genitori sono dei comici nati.
Bella storia, adoro i Dobermann, ma come i bambini, meglio se sono degli altri.
Ma che, va di moda adesso abbuffare i cani di psicofarmaci? e fino ad ora, come si è fatto?
Complimenti per il coraggio e per non aver dato retta alle cugginate, che non si estinguono mai
tanto di cappello!!!!!!!! Sei una bella persona
Mi è successa la stessa cosa con il mio adorato Aussie, con la differenza che io vivevo con i miei, che mi costrinsero a darlo via. Ma io caparbia e cocciuta dopo due mesi di angoscia e agonia, me lo sono ripreso, ho iniziato un percorso educativo, e me lo sono riportato a casa. E ora lui è bravissimo, è un cane modello, e io non potrei vivere senza di lui, è una parte troppo grande di me per potervi rinunciare. Ti capisco, e capisco quanto tu sia stata forte e quanto coraggio abbia avuto.
Oh! Davvero brava! E che magnifico cagnone Floyd!
Grazie!
Ringrazio Valeria Rossi per aver dedicato spazio alla mia testimonianza.
Mi auguro che possa dare coraggio a quei padroni di cani con “problemi comportamentali” a non cedere alle prime difficoltà, rovinando il proprio cane con psicofarmaci.
Se ce l’ho fatta io, possono farcela tutti!
Un saluto da Vale e Flo
Ciao Valentina ho letto il tuo stupendo racconto tutto d un fiato, bellissimo, complimenti. Ti scrivo perché la mia doby ha 13 mesi. E io non ho più una vita. Volevo sapere quanto la porti fuori, perché la mia ha bisogno di correre tutti i giorni. Ho fatto la scuola di ubbidienza e li era brava ma finito il corso e come prima. Tira al guinzaglio e non posso portarla in città perché è talmente nervosa che si distrae per tutto e fa la matta. Poi la gente mi guarda come se avessi al guinzaglio una killer. Quando siamo fuori io per lei non esisto . Magari mi potresti dire come funziona adesso. Se dopo i due anni si calmano? Grazie mille per ogni consiglio che potrai darmi? Ciao Sandra
Ciao Sandra. I dobermann come la tua hanno tanto bisogno di scaricare le proprie energie. Il mio ora ha quasi 5 anni ed ormai abbiamo trovato un nostro equilibrio, ma lui ha sempre bisogno di sfogarsi, non sarà mai un cane da divano! Sfogarsi come? E’ un po’ soggettivo, cambia da cane a cane l’appagamento che può trovare da una attività o da un’altra. Il mio si scarica tantissimo mordendo il manicotto e facendo il tira e molla ma, prima di giocare così col tuo cane, ti consiglio di frequentare per un po’ un buon campo di addestramento, dove ti insegneranno ad instaurare un sano rapporto col cane tramite il gioco. Se non puoi provare a impegnarla con giochi mentali di problem solving (col mio non funzionano molto perchè li risolve in tempo zero). Per il tirare al guinzaglio: sei ancora in tempo per correggerla ma se da sola non ci riesci e non trovi una soluzione, ti dò lo stesso consiglio di cui sopra (buon campo addestramento, dove soprattutto si gioca e non dove unicamente si strattonano i cani, mi raccomando)… p.s. io col mio ci ho un po’ rinunciato, lui tira sempre come un matto per la prima mezzora di camminata, ma io lo lascio fare (nei limiti, ovviamente, non mi faccio trascinare…) quando ha ben bene annusato tutto e fatto le sue 50 pipì (i maschi di solito hanno questo vizio…) gli chiedo un po’ di disciplina e lui si calma (adesso, ma ci sono stata anni eh!). Comunque le mie passeggiate con lui non durano meno di un’ora e mezza. I miei consigli, riassumendo: scaricare energie fisiche e mentali, creare un rapporto col cane tramite il gioco, frequentare ai suddetti fini un valido campo di addestramento. E poi leggiti i tanti articoli di Valeria Rossi da cui potrai imparare tante cose. In bocca al lupo. Ciao!
seppure la mia storia sia diversa dalla tua, quaaaaaaanto ti ho compreso leggendo questa frase: “Intanto i miei famigliari si erano asserragliati in un totale silenzio, dopo aver tentato per mesi di dissuadermi dal tenere ….ti rovinerà la vita, una mattina ti alzerai e ti sbranerà, non potrai più uscire, nessuno verrà più a casa tua, non troverai più un uomo e ormai sei già vecchia ”
tutti i torti non li hanno avuti.. in effetti sono una ultra 40enne single di uomini (che graaaaaan colpo di cu..o!) ma ricchissima di cani !
Complimenti, brava!
Inizio a pensare che per avere un buon rapporto col proprio cane sia necessario un robusto egoismo (che fortunatamente non mi manca)
Che dire! Un dobby è per sempre! Complimenti, sono certa che sarai ampiamente ricompensata per i tuoi sforzi e la tua saggezza!