di MARIO CARNEVALI – Il cucciolo è una lavagna bianca: è plastilina che possiamo plasmare a nostro piacimento. L’importante è porsi degli obiettivi e lavorare nel modo migliore per raggiungerli.
PRIMO OBIETTIVO: AMARE IL PADRONE
Amare il padrone è naturalmente una cosa spontanea: bisogna assecondarla facendo leva sul desiderio di protezione e tenerezza nei momenti in cui comprendiamo che il cucciolo ne ha bisogno, stando attenti però a non cercare di provocarli artificialmente con “mezzucci” (tipo bocconcini) o legittimando cattive abitudini: i vizi sono rapidamente controproducenti poichè, quando glieli faremo mancare, ci comporteremo per lui in modo odioso.
Il fine non giustifica tutti i mezzi: bisogna fare la fatica di trovare quelli giusti, studiando il cucciolo ed intervenendo nei momenti più favorevoli (le coccole, appunto, quando è stanco…) ed evitando errori dei quali forse ci è difficile comprendere l’importanza, come gli “scherzi”.
Prima dell’amore, infatti, viene la FIDUCIA, che si conquista in brevissimo tempo ma che, per i primi mesi, rimane un poco a rischio se ci si comporta stupidamente.
I cuccioli non possono infatti permettersi, all’inizio della loro vita, di scherzare: devono rapidamente distinguere, per sopravvivere, gli amici dai nemici, perciò non sono dotati di humor (ancor meno forse i Rott rispetto, per esempio, alle razze da caccia).
Per questo non possiamo, neppure a titolo di scherzo, fargli prendere paure gratuite (magari per poi consolarlo!) o provocarlo con minacce.
Anche nei giochi più violenti (tipici quelli di lotta fra cuccioli) bisogna essere pronti a cedere e trasformare tutto in baci: cedere con dolcezza è (solo nel gioco, attenzione!) un momento d’amore importantissimo, con il quale ci guadagnamo la sua totale fiducia.
Fuori dal gioco, invece, non si deve rinunciare alla propria autorevolezza, di cui il cane avrà sempre bisogno per sentirsi sicuro e protetto dal capobranco: altrimenti cercherà qualcun altro da amare e rispettare (diventando capobranco lui stesso, se non lo troverà, senza rispetto per gli umani: pericolosissimo!).
Un metodo fondamentale per trasmettere ai cuccioli le nostre ottime e protettive intenzioni sono “le pressioni”: pressioni fisiche, quelle che si verificano in qualsiasi contatto, dalla stretta di quando lo prendiamo in braccio all’inciampo accidentale del cucciolo tra i piedi.
Sono questi i primissimi rapporti del cucciolo (che per i primi quindici giorni è cieco e sordo) con la realtà dei fratellini e della mamma: la prima e fondamentale “socializzazione” avviene con questi contatti e rimane un modo essenziale di comprendere gli atteggiamenti “degli altri” per tutta la vita, a cominciare dai giochi dove si sperimenta la forza dei denti e si misura quanto è lecito stringere prima di far male… e quando bisogna mollare!
A questo schema il padrone si deve adattare per far capire al suo cucciolo di non aver nessuna cattiva intenzione: perciò lo abbraccerà, anche stretto, ma al primo accenno di movimento lo lascerà assolutamente libero di cambiare posizione o di andarsene.
Il cucciolo capirà prestissimo questa nostra disposizione attenta e si comporterà, nei nostri confronti, con altrettanta delicatezza.
Anche da adulto dovrà rimanere una consuetudine questa “morbidezza” di rapporto fisico: spinte o atteggiamenti costrittivi saranno assolutamente controproducenti (e inutili, data la forza dei Rott!)
Non ci sarà poi nessun problema – come non c’è col cucciolo – se alcuni contatti saranno bruschi o dolorosi (per esempio, se inciampiamo pestandogli una zampa): saprà comprendere perfettamente la non volontarietà.
SECONDO OBIETTIVO: PRENDERE BUONE ABITUDINI
È questa l’essenza dell’educazione nel mondo animale: quanto da piccoli i “genitori” ci insegnano a fare (e che non porta brutte conseguenze, anzi…) è quello che si dovrà fare sempre per non avere brutte sorprese o per essere, al contrario, gratificati con complimenti e premi.
Vale per i sentieri nel bosco (da seguire sempre, perché così hanno fatto i più saggi e, quindi, non hanno trabocchetti) e vale per il posto dove si sporca: se ogni volta che la faccio il padrone mi sposta e mi mette lì (e poi mi dice bravo) …va bene così !
La “consuetudine”, quindi, è il grande libro della legge ed il cucciolo è felice di rispettarla, perché ne derivano sicurezza di risultati positivi (carezze, pappa, padrone contento) e tranquillità verso i pericoli tremendi: strani oggetti che cascano dall’alto, piogge fredde improvvise grandi come…un bicchiere, colpi di naso su quell’oggetto di saggina che si muove tutto da solo…
Le abitudini non hanno niente a che fare con gli ordini.
Il rispettarle o meno non comporta perciò tensione nei rapporti con il padrone (voci alterate) il quale, anzi, sarà prontissimo a consolarlo per i terribili fatti di cui sopra.
Le abitudini si cominciano a prendere prestissimo (30 giorni) anche se a piccole dosi (se ne sottolinea una ogni due-tre giorni).
Si noti bene: una buona abitudine è anche la “non abitudine” a fare il contrario di quello che il padrone desidera: prendere per abitudine il bocconcino dalle mani con dolcezza (è automatico da piccoli se il palmo è aperto, perché la mano è troppo grande) significa che avremo tutto il diritto di manifestare al cucciolo la nostra meraviglia scandalizzata quando agirà meno dolcemente: e tornerà subito alla “buona abitudine” presa automaticamente (anche quando la nostra mano, in bocca, gli starà tutta!)
Identico discorso vale per l’obbedienza: se quando usciamo in macchina dal cancello qualcosa (pappa, giochi) lo tratterrà all’interno per un po’ di volte, basterà la nostra meraviglia (“cosa fai ??!!”) quando farà cenno di seguirci perché scatti la molla “ah, è vero, di solito questo non si fa e va tutto bene…”
1 – quando il padrone se ne va… è andato via e basta! – inutile piangere: tornerà solo quando stiamo zitti (ATTENZIONE: anche tornare da lui per sgridarlo sarebbe per il cucciolo un risultato positivo!)
2 – inutile avvicinarsi alla tavola per avere un bocconcino: si può invece star certi che, a un certo punto, sarà il padrone ad alzarsi e venire proprio lì, nel posto dove vuole che il cucciolo stia, per dargli un piccolo premio…
3 – alla mattina appena sveglio e dopo mangiato, quando ti viene quel certo stimolo, il padrone ti porta sempre lì (dove ci sono erba o giornali) e, dopo, ti dice cose bellissime.
4 – quando il padrone arriva con la pappa è inutile saltargli addosso: è meglio correre al solito posto e aspettare che lui dica quella bellissima parola…SI’
5 – quando il padrone sta per posare il tegame della pappa nel posto giusto è meglio sedersi, altrimenti la pappa non scende. E’ un’abitudine facile da prendere: ne deriva l’automatico apprendimento della parola “seduto”, posizione spontanea quando il cucciolo, ai piedi del padrone, guarda la pappa tenuta alta…
6 – è pericoloso fargli le feste saltandogli addosso, perché quello sciocco di padrone fa certi movimenti stupidi con le gambe che, senza accorgersene, ti ribaltano all’indietro…
7 – Quando il padrone ha parlato è inutile far finta di non capire (anche se, come fa sempre, parla sottovoce, chissà perché così piano…), perché lui non ripete e va subito via…magari con la pappa in mano, o con la macchina senza di noi!
8 – È bellissimo il rumore (e la parola) del “guinzaglio”, perché poi si va a spasso: ma bisogna stare attenti, perché quello sciocco (sempre lui!) cammina in un modo impossibile, con curve a 90° assolutamente improvvise; e finisce che ti pesta le zampe. Oppure si ferma di colpo… certamente non se ne accorge, ma tu stavi andando più avanti verso quel buon odore… e ti ritrovi bloccato!
9 – E poi, quando si è a spasso, se ci toglie il guinzaglio è pericolosissimo, perché (sempre a quello sciocco) gli capita di perdersi sul più bello: basta allontanarsi un attimo e girare la testa che quello è già sparito! Succede sempre, ma le volte più brutte sono quando ci si trova in luoghi sconosciuti (come quella volta quando avevo solo due mesi e già lo amavo tantissimo…e poi è così contento d’essere trovato!)
La mancata osservanza della consuetudine sarà rilevata dal padrone con meraviglia: scandalizzata, magari, ma non irritata, perché la consuetudine è una legge così importante che non ci si può neppure sognare di trasgredirla apposta.
Appena rilevata (con un “ma cosa fai?!”) il padrone aiuterà il cucciolo a fare la cosa giusta (portandolo a sporcare nell’erba e dicendogli bravo).
Per le buone abitudini:
– la parola più frequente è “bravo”
– la parola più rara è “no”
Il “bravo” non è, agli inizi, soltanto il premio di sentire la voce del Boss con l’intonazione dolce, ma soprattutto la conferma di star facendo la cosa giusta, conferme di cui i cuccioli hanno continuo bisogno per imparare tutto: perciò non c’è affatto pericolo di abusarne, né che perda di valore: anzi, usandolo di frequente acquista ancora più valore…la sua assenza, che lascerà il cucciolo perplesso e, probabilmente, con un atteggiamento interrogativo.
Così, in ogni situazione poco usuale, lui sarà sempre all’erta per comprendere se si sta comportando correttamente: certezza che gli verrà, appunto, dal “bravo!”
TERZO OBIETTIVO: IMPARARE A PARLARSI
Il “NO”
Le prime parole che il cucciolo impara saranno probabilmente PAPPA – VIENI – BRAVO ecc.
Anche il NO è una parola importante, nell’addestramento: ma nel mondo animale non esiste con il senso (e il tono, spesso di rimprovero anticipato) che gli umani gli danno. In natura non esistono rimproveri, castighi o, peggio ancora, musi e rancori: i genitori consigliano, la realtà esterna punisce i disobbedienti.
Perciò il NO è preventivo: è un consiglio, non una sgridata (a malanno fatto si può usare il “brutto” “pfui” etc): di conseguenza va detto con dolcezza e sottovoce, senza irritazione.
Va comunque usato con parsimonia estrema (altrimenti perde valore, è chiaro) e sostituito fin dai primissimi giorni con reazioni che il cucciolo sente più “naturali”: se dai 25 giorni sperimenterà i suoi denti con troppa foga sulle mani del padrone, deve ricevere (al limite ) una risposta automatica e non irritata dalla mano stessa (non dal padrone…) che scatterà veloce a mo’ di buffetto (anche abbastanza energico, se serve, ma spersonalizzato): classificherà immediatamente (e rispetterà) queste “reazioni automatiche” di un mondo che ancora non conosce, un mondo che ha certe esigenze…
Se insiste per entrare da una porta proibita (per entrare in casa, di solito!) non è il NO che lo deve tenere lontano (sembrerebbe un’esclusione, un rifiuto), ma un’automatica porta in faccia del tutto impersonale (e ripetuta, se serve), addirittura con la consolazione del padrone per la bottarella sul naso: stranamente la porta non fa quello scherzo se il padrone, nella sua infinita potenza, l’ha fermata, come fa sempre dopo aver detto le parole magiche “sì, vieni !”.
Se il consiglio NO non viene ascoltato, è bene che la punizione sia “divina”, seguita dalla consolazione affettuosa dell’ipocrita padrone: che il cucciolo così ascolterà e amerà di più, dandogli tutta la sua fiducia.
Del NO bisogna assolutamente non abusare. Perciò, dato che la maggior parte delle attività d’un cucciolo libero in casa sono proibite o pericolose:
a) è meglio lasciarlo in ambienti privi di divieti (vuoti!!)
b) se ne fa troppe di fila, per non frastornarlo con i NO, è meglio distrarlo con un altro gioco lecito fino a stancarlo del tutto: condizione un po’ difficile da raggiungere ma… preziosa!
Il NO è un freno necessario nell’addestramento e una guida per il cucciolo: ma il volante sono le nostre parole, che è prontissimo a capire in una misura che ci stupirà sempre.
LE ALTRE PAROLE
La mimica del cucciolo è sempre ricca: la cosa più utile (e bella) è passare le ore con lui nei primi mesi: osservandolo impareremo a capire certi piccolissimi gesti (piccoli movimenti della testa, occhiate dolci…) o altri atteggiamenti poco appariscenti (accucciarsi in disparte, guardar male, girare la testa…) che costituiscono in natura la principale comunicazione.
E’ il linguaggio del corpo, sicuro in natura perché il predatore in agguato non lo può sentire ma che il destinatario (che ci può vedere) capisce benissimo: con esso non si può mentire! Il cucciolo imparerà il nostro linguaggio fatto di parole, ma noi dobbiamo sforzarci di interpretare il suo, per un motivo ben preciso: perché lui crede che noi lo si capisca.
Agli inizi saprà dirci solo così quando è triste o ammalato, o (se è un cane che non conosciamo) quando è arrabbiato o non vuole troppa confidenza: è meglio imparare!
I Rottweiler, in particolare, sanno essere molto riservati: pur avendo una mimica estremamente espressiva (così come sono incredibili le loro capacità di comprendere i nostri termini e di modulare la voce per esprimersi) sono anche dei perfetti giocatori di poker, che non muovono un qualsivoglia muscolo per non far intuire le loro intenzioni (per gioco, di solito…), salvo scattare quando capiscono che…di pappa gli parlavamo sul serio!
Ma, intanto, giravano gli occhi mostrando il bianco…o muovevano impercettibilmente un’orecchia…o smettevano di respirare: deve bastarci.
Quando si riesce (non è difficile come sembra) a seguire il filo dei loro pensieri, è molto più semplice intervenire con il tono e le parole giuste, assecondando il loro comportamento se è buono oppure (molto utilmente) prevenendo qualche birbonata con un paterno NO – oppure ancora smontando un’incipiente aggressività con un rilassato “NIENTE”.
Quante parole può imparare un cucciolo (e come) ?
Il come è facilissimo: basta ripetere sempre lo stesso termine in corrispondenza della stessa cosa (oggetto o comportamento): se sta facendo pipì per i fatti suoi, gridargli “bravo, pipì” forse farà ridere la gente… ma la stessa gente resterà a bocca aperta dopo un mese, vedendo che fa pipì a comando! Idem per il “terra”, per il “porta” etc.
E così via, per tante parole quante la pazienza del padrone intelligente (che ha fiducia in lui e non ne sottovaluta mai le potenzialità) gliene vorrà insegnare, ripetendole sempre nelle stesse occasioni, con lo stesso tono e le stesse associazioni.
PAROLE OVVIE
INNUMEREVOLI: pappa, acqua, vieni, seduto, terra, pipì, popò, su, seduto, va’, resta, porta, dà (= molla, lascia cadere), non si tocca, acqua, osso, cuccia, macchina, guinzaglio, collare, spasso, cane, gatto, brutto…
PAROLE MENO OVVIE
Cos’ho detto (= secondo ed ultimo avviso !), guarda, niente, chi c’è, nomi delle persone, fai la guardia, piano, cuccioli gatto, cuccioli bimbo…
DISCORSI
L’abbinamento di parole è comprensibile, nel tempo, utilizzando combinazioni di due-tre termini noti.
Un intelligente bracco tedesco (che adorava imparare parole nuove ed era felice quando capiva che cominciavo la lezione) portava abitualmente una tanica di benzina da 10 litri quando andavo, per un vialetto, verso la mia barca: era orgogliosissimo della sua bravura, con tutti i muscoli in evidenza ed il passo attento a non far oscillare il suo peso.
Un giorno verso di lui venivano padre, madre e ragazzino il quale, girandosi verso i genitori, gridò ammirato “mamma, mamma, guarda quel cane!”
Il bracco posò immediatamente la tanica e si girò per vedere dove fosse quel tal cane… l’espressione in viso del bambino (e dei suoi genitori) fu più che mai esterrefatta quando gli arrivò l’occhiataccia offesa del mio bravo aiutante, che, riprendendo la tanica, andò via per la sua strada senza più badare a quegli sciocchi.
Il “SENTI”
Quando dobbiamo dire qualcosa al nostro amico, bisogna prima richiamarne l’attenzione e, se la cosa che gli vogliamo comunicare è difficile od importante, meglio sarebbe che fosse seduto. Efficacissimo è iniziare il nostro discorso con un “senti”, seguito da una pausa per permettergli di concentrarsi bene… e di girare la testa – da buon Rottweiler – mentre gli parleremo, dimostrandoci la sua massima attenzione.
Da allevatore di rottw: tutto molto bellissimo, hai solo trascurato la determinazione di questa razza che richiede, a volte, un minimo di fermezza *anche* con i cuccioli piccolissimi: es quello del cucciolo che si dibatte: non va lasciato andare, va trattenuto (non ‘strizzato’) sin che nn si cheta ed accetta… poi va lasciato andare con mille complimenti 🙂
ah mi pareva…meno male che mi confermi sta cosa…avevo paura di essere troppo “coercitiva”…
Dani, non credo che l’autore dell’articolo ci legga. Questo era un pezzo che stava nelle schede di razza del vecchio Tpic: l’ho ritrovato adesso facendo la Cinopedia, e siccome mi pareva carino l’ho messo su. Ma è un articolo che avrà almeno 5-6 anni e l’autore non saprei proprio più dove ripescarlo!
no problem, resta il commento a cornice dello scritto 🙂
Anche l’allevamento dove ho preso la mia dolcissima rottina (del bracciale) mi ha consigliato di lasciarla solo quando si calma! Comunque bellissimo articolo lo condivido subito!
Senti…(pausa)…articolo meraviglioso, meraviglioso!
però non so… io coi cuccioli (anche ancor ain cucciolata) quando li prendo su e si dibattono perhcè non vogliono, li trattengo finchè non si rassegnano e poi quando smettono di lottare per scendere loro,li metto giù io… idea mia eh magari sbaglio… per il resto… dire che faccio le stesse cose…
“Senti”… so che sulla tastiera è arduo renderlo, ma…. mi viene da parlare sottovoce anche a me nel ringraziarti per questo bellissimo e dolcissimo articolo.
Grazie, davvero meraviglioso questo articolo..