di GIOVANNA GUIDONI – Non era il “mio” cane. Quello che volevo. Che avevo immaginato, cercato, disegnato nella mia testolina per più di trent’anni.
Lui no. Cioè, non proprio Lui. Quei quaranta chili di pelo anarchici e impudenti; quei quaranta chili di morsi e insicurezza che bastano per dire: “il mio cane ce le ha tutte… riguardo alle problematiche canine si è presentato al mondo più equipaggiato del vaso di Pandora”.
Nel vaso era compresa anche l’incapacità di distinguere tra un pericolo immaginario e uno reale. L’incapacità di controllarsi e trattenersi. L’incapacità di mandare segnali di avvertimento e di minaccia prima di ‘partire’. Dottor Jekyll e Mister Hyde: tanto disponibile, coccoloso, adattabile con me quanto un’eventualità seria e fatale per tutti gli altri. Animali domestici e selvatici compresi: conosco pochi cani che abbiano la sua stessa abilità nello scovare una preda, isolarla dal gruppo, azzannarla mortalmente a conclusione di una performance di caccia.
Tutto, compresa la paura dei tuoni e degli spari, è cominciato due mesi dopo averlo adottato. In canile i comportamenti che manifestava facevano presupporre un’adozione semplice. Di quelle lisce e rilassate come bere un bicchier d’acqua.
Più volte, nei due anni che già ho trascorso insieme a Raja, mi sono domandata che cosa non abbia funzionato. Al di là della mole e di una certa inclinazione all’attaccamento, sotto molti punti di vista appariva come un cane “mansueto, rispettoso e bravo”.
C’è una cosa che riesce a darmi ai nervi ancora più di aver valutato male e aver preso il cane ‘sbagliato’. Le frasette che circolano su Facebook (e sui social network in genere) alla Paulo Coelho: “io credo ai segnali.
Quello che abbiamo bisogno di apprendere è sempre davanti ai nostri occhi; è sufficiente guardarsi intorno con deferenza e attenzione per scoprire dove Dio vuole condurci e quale sia il passo migliore da compiere nel minuto successivo”; “non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.
La crisi è la più grande benedizione per le persone e le Nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura”; “l’uomo è uno scolaro e il dolore è il suo maestro”; “l’unico vero maestro non è in nessuna foresta, in nessuna capanna, in nessuna caverna di ghiaccio dell’Himalaya… è dentro di noi”; “per diventare libero fuori, dovrai prima imparare a esserlo dentro”; “quando sei al buio, accendi una candela”; eccetera. Che cosa hanno di male queste frasette? L’essere (a mio parere) vacue. Asserzioni (anche di grandi personaggi) originariamente provocate da riflessioni su situazioni storiche concrete che nel loro essere estrapolate dal contesto si riconvertono in formulari liquefatti, privi di pregnanza e buoni per tutte le stagioni. Per farla breve, provate a suggerire a un operaio appena licenziato dalla ThyssenKrupp di reagire alla contingenza “guardandosi dentro e cambiando prospettiva”… beh, le reazioni che avrà è del tutto inutile che io vada a descriverle.
Intendiamoci: non che io voglia paragonare le difficoltà che colpiscono una persona che adotta un cane problematico alle difficoltà a cui va incontro una persona vittima di un licenziamento o di una cassa integrazione. Sfiga ha voluto, però, che quando ho preso Raja io – oltre a tutto – mi sia ritrovata senza lavoro, per non parlare delle crisi familiari e personali che mi hanno investito. “Anche Raja è troppo: questa proprio non ci voleva…”, e così mi sono rivolta a uno, due, dieci educatori pur di contrastare l’evenienza, cambiare la testa del cane, e risolvere il problema.
Vi svelerò un segreto: noi cambiamo.
I nostri amici cambiano. I figli – se ne abbiamo – cambiano. I maschi no. E i cani, maschi o femmine che siano, rispetto ai maschi bipedi cambiano ancora meno.
E quindi vengo al punto: “accettate i vostri cani con tutti i loro limiti e le loro cose positive… e da lì tutto cambierà”.
Tremendo, eh?
E per una che sopporta poco le frasette alla Coelho, tremendissimo.
Perché io sono pronta a combattere, intignarmi, impegnarmi e credere ad oltranza anche di fronte alle sconfitte… ma non mi invitate a percorrere un cammino di “evangelica” accettazione, perché questo no, questo proprio non lo reggo! Avrò anche io i miei difetti… e tra i tanti questo è probabilmente il primo.
A propormi la fatidica e insolente frase è stato Riccardo Totino, un ri-educatore cinofilo che, oltre a quello indiscusso con i pelosi a quattro zampe, ha un discreto commercio anche con l’animo umano.
Nell’ascoltarla, rivolta a me, la buona creanza è stata l’unica molla a trattenermi. La frequentazione delle Orsoline – direi –la ragione principe per cui non ce l’ho mandato. Poi la pazienza. Il rigore con cui mi è stato dietro. La caparbietà nel non abbandonarmi al mio destino… e soprattutto nel non lasciare che vi annegasse anche Raja.
Perché lo ripeto: Raja è un cane che presenta dei problemi. Al di là del periodo di m***a che stavo attraversando, Raja è un cane che i problemi li ha per davvero.
Ho conosciuto molti educatori. E da ognuno ho imparato qualche cosa di importante. Se è vero che tante voci in capitolo possono creare confusione tanto nel proprietario che nel cane, è altrettanto vero che ogni educatore ha una sua visione personale della situazione e a volte è proprio quell’angolazione diversa, quell’osservazione buttata lì per caso, che diventa un catalizzatore capace di dare una chiave di lettura nuova per andare avanti.
Bene: a Riccardo Totino devo molto. E lui lo sa. Perché non è stato solo un catalizzatore, ha avuto pure la costanza di non arrendersi e non farmi arrendere, mettendo tutta la sua competenza e la sua inventiva al servizio di un binomio faticoso, difficile, con dinamiche a dire poco contraddittorie.
“Accetta il tuo cane… nei suoi limiti e nei suoi aspetti positivi”.
No: a me questa cosa proprio non andava giù. Ma come? Mi rivolgo a te per essere aiutata e l’insegnamento che hai da darmi è quello di accettare le cose come stanno?
Vi svelerò un secondo segreto: riguardo molte situazioni l’accettazione può portare alla rinuncia. Quando si tratta di cani, l’accettazione è veramente il primo passo per conquistare un cambiamento.
Molti di noi, (alcuni di noi…) adottano un cane avendo già stampato in mente il tipo di cane che vorrebbero e il rapporto che vorrebbero instaurarci. Niente di male: siamo mammiferi, la nostra vita la organizziamo inseguendo progettualità e aspettative.
I guai cominciano quando attese e schizzi immaginosi vanno a mascherare la realtà. Perché se è vero come è vero che il cane perfetto non esiste (cfr in proposito tre generosi articoli di Valeria Rossi) è altrettanto vero che, nostro malgrado, ci capita di rapportarci con il nostro cane confondendolo e confrontandolo con quel prototipo di cane di cui abbiamo letto aneddoti e racconti, quel cane ‘letterario’ che ci ha colpito nel profondo e che quando finalmente prendiamo un cane è proprio il cane che noi vorremmo avere. ‘il cane del mio vicino gli cammina al piede senza guinzaglio… perché il mio no?’. ‘il cane del mio dirimpettaio è amichevole con tutti… come mai il mio abbaia a chiunque lo avvicini?’. ‘avrei voluto un cane con cui fare passeggiate rilassanti… invece quando passeggio con il mio devo stare sempre sul chi va là’. Nell’esercizio di confrontare il nostro cane con il cane dei nostri desideri, ci dimentichiamo di avere un ‘nostro’ cane. Nell’impegno che spendiamo per farlo assomigliare al cane che abbiamo preso per modello, finiamo per annichilire il cane che abbiamo accanto e umiliare i suoi di desideri. È impossibile lavorare con un cane (o un bambino, o un qualsiasi essere vivente…) a prescindere dalle sue motivazioni. Ma se le motivazioni del nostro cane ci rifiutiamo di accoglierle (e vorremmo abolirle) perché le abbiamo individuate come la spinta che lo portano ad esprimere quei comportamenti per noi indesiderati, beh buon viaggio… per quanto controllo potrete esercitare sul vostro cane con collari, guinzagli, intimidazioni, eccetera… alla fine del viaggio, vi assicuro, vi ritroverete sempre al punto di partenza.
Vi sono state tre circostanze che hanno scavato, lavorato, mi hanno portata a modificare il modo di considerare il mio ‘bastardo’. E dal momento in cui ho cominciato a considerarlo in modo nuovo anche il suo modo di porsi ha cominciato ad essere diverso. Funziona così, e questo è il terzo segreto ma probabilmente molti di voi già lo sanno… se non riuscite a modificare il modo di vedere e di comportarsi di una persona o di un animale, spostatevi voi: per continuare a vedervi sarà costretto a indirizzare in una direzione diversa tanto la sua testa che il suo sguardo.
Elenco queste circostanze in ordine sparso: non ce ne è stata una che ha avuto la priorità sull’altra. Ma tutte e tre mi hanno posizionata in un altro luogo, e per raggiungermi anche il mio cane si è dovuto spostare in un luogo ‘altro’.
La prima è accaduta a un seminario. Il relatore (Davide Cardia) mi ha domandato da quanto tempo io avessi preso Raja. Erano due anni, ma io mi vergognavo un po’ a rispondere… dopo due anni di relazione mi sembrava ancora di essere ‘punto da capo’: un cane che mi seguiva poco e che non mi aveva ancora scelta come leader.
Beh, Davide ha accolto la mia vergogna con un sorriso: “non importa quanto tempo sia che tu e questo cane vi state accanto. Quello che io vedo adesso è un cane disponibile, malleabile, pronto ad imparare… Forse tu non sei riuscita ad insegnargli niente: ma standoti vicino questo ‘bastardaccio’ è potuto essere un cane capace di rispondere alle sollecitazioni e ben disposto”.
La seconda circostanza è successa durante un temporale. Mia figlia aveva preso da poco una canetta, una cuccioletta tutto pepe, buffa, piccola e divertente. Se c’è una cosa che terrorizza Raja sono i tuoni e i temporali. Un mix di scariche elettriche e rumori capace di spaventarlo al punto di non uscire di casa per fare i bisogni anche per più di 24 ore. Bene, il temporale è scoppiato lontano da casa, in passeggiata. E Raja – da che stava giocando – si è paralizzato e ha fatto dietrofront verso la macchina, coda tra le gambe, prendendo un gran fugone. Percorsi trenta metri, però, ci ha ripensato: si è voltato e ha visto la canetta che, totalmente indifferente alla pioggia e al temporale, continuava a rosicchiare una pigna in mezzo al prato.
È stato un attimo: Raja ha deciso ed è tornato indietro. Ha cominciato ha fare il buffone, smusare la canetta, invitarla al gioco per farsi rincorrere, tutto pur di convincere la canetta a seguirlo e mettersi “in salvo” (abbandonando la pigna che gli aveva conquistato).
Raja è rimasto sotto la pioggia per più di un quarto d’ora. Forse il quarto d’ora più lungo della sua vita… ma la sua vita senza aver riportato la canetta al sicuro in quel momento per lui non avrebbe avuto senso.
La conferma che per Raja la sicurezza del branco abbia la priorità anche sulla propria sicurezza l’ho avuta due giorni dopo: eravamo al limitare di un bosco, quattro maremmani si sono staccati dal loro gregge all’improvviso e ci si sono avventati contro. È stato un flash, non ho avuto il tempo di fermarlo. Raja si è precipitato a sua volta contro di loro mentre la canetta si nascondeva dietro le mie gambe. Come sia riuscito a persuaderli a tornare indietro senza ‘spargimenti di sangue’ non l’ho mai saputo. Quello che so è che nel comunicare con loro è stato molto convincente.
La terza occorrenza non è stato proprio un avvenimento… è stato Riccardo Totino che per un anno e mezzo ha continuato a ripetermi che Raja è un cane fico, e a ripetermelo e ripetermelo ancora contro la mia incredulità, neanche dire “Raja è un cane fico” fosse diventato un mantra.
Non so se c’è da credergli: sinceramente lo sto ancora valutando. So però che nel momento in cui ho dato questa possibilità a Raja, tutta la mia vita con lui ha preso un altro lato.
I vantaggi che ci sono nel ritenere – al di là di ogni ragionevole riscontro – il proprio cane un cane fico sono immensi.
Di colpo quelli che consideravo dei difetti sono diventate qualità. O meglio, nei confronti di quello che davo per scontato ho iniziato a provare e poi esprimere grande e sincero apprezzamento.
I cani sono animali socievoli. Lui no. E giorno dopo giorno ho cominciato ad apprezzare gli enormi sforzi che faceva per socializzare con persone estranee e venirmi incontro. Per non pinzare proprio tutti, ma tutti quelli che non andavano a suo genio. Per sopportare di essere condotto in luoghi che di suo avrebbe evitato. Per resistere a due colpi di fucile… magari anche tre tra un anno. Per rimanere fuori da un negozio e farlo riuscendo a non guaire e restando fermo.
Lo so… sto facendo un elenco di quello che molti cani già fanno normalmente. Ma lui no, lui è il “mio” cane, un cane speciale, e questo è il bello. Il mio cane è un cane che tra le motivazioni piazza la sicurezza sua e di chi gli sta accanto come priorità.
È vero, va in protezione e pinza per allontanamento… ma il mio cane ora è capace anche di starmi al piede e camminarmi accanto. E per me – ne ho la certezza – si butterebbe dritto nel fuoco.
Beh, questo è il “mio cane”: se ci riuscite, trovatemene un altro!
Vi svelerò un segreto, il quarto.
Dal momento che ho iniziato ad apprezzare il mio cane, il mio cane è andato molto meglio. Perché al di là di indole, razza, ‘bastardaggine’… per il cane l’apprezzamento sociale è un must. E ogni volta che apprezzo anche il minimo comportamento positivo del mio cane, gli sforzi e la fatica che ora vedo e prima non vedevo, io lo rinforzo.
E rinforzo non solo quell’atteggiamento particolare che sta esprimendo, ma rinforzo anche la cosa più importante e che desideravo più di tutto ricevere da quel cane perfetto dei miei sogni: la capacità di darmi retta, avere fiducia in me, seguirmi nelle difficoltà, proporsi come un valido aiuto desideroso di compiacermi e starmi al fianco.
E a glossa di questa riflessione, non mi resta che svelare un altro segreto, il quinto e l’ultimo. SONO UN CANE: ABBAIO E MORDO.
Alla faccia del buonismo di Paulo Coelho e delle frasette sdolcinate sui pelosi che circolano su Facebook, se mi vuoi prendimi così. Ma solo se hai anche scelto di scoprire in me un tesoro.
E di avere me, Raja, un bastardaccio di canile, come compagno.




L’esperienza che stiamo vivendo, tutti noi componenti della famiglia, è proprio simile a quella descritta nella lettera.
L’educatore ci ha insegnato ad accettare e ad amare il nostro cane, (primo cane), per quello che è non per quello che vorremmo che fosse. Ciò premesso il cagnolino ne ha fatti di progressi e noi con lui e certe sue caratteristiche resteranno per sempre, ma gli vogliamo bene proprio perchè lui è così!!!
Ieri mattina ho visto un cagnolino che abita nel nostro stesso palazzo che veniva amorevolmente accarezzato da un altro vicino…, ho provato della sana gelosia e mi sono detta perchè il mio cane invece passa per un leone e si fa accarezzare solo da chi vuole lui e con tutte le dovute precauzioni…. ed ero in fondo in fondo un po’ rattristata e poi ho letto questa lettera che mi ha riportata alla ‘dolce’ realtà
GRAZIE
Bellissimo articolo, fa riflettere davvero, anche su questioni che vanno oltre la cinofilia.
Sto attraversando un periodo difficile e queste parole sono state veramente preziosissime.
ho vissuto 17 anni con un “bastardaccio” e darei qualsiasi cosa per averlo ancora con me! al di la delle numerose difficoltà che abbiamo attraversato, lo amavo così com’era: era lui e basta! forte, indipendente e prepotente…. e malgrado tutto ero orgogliosa di lui come e di più di un gioiello!
Bè, scusate, a me invece questo post fa solo rabbia. Rabbia perchè l’incapacità di accettare cani o persone per come sono , il riporre su di loro troppe aspettative (ah, l’invidia del vicino! ma mannaggia, vogliamo vivere sempre e solo di confronti?) fa un sacco di danni, anche nei bambini. Ovviamente, cani e bambini vanno educati per poterli gestire al meglio, e perchè loro possano fare una vita migliore. Ma fra educazione e volere il figlio-cane perfetto ce ne passa. E bisognerebbe saperlo sempre, sia prima di fare un figlio che prima di prendere un cane. Francamente, non mi vanterei di averlo capito dopo aver fatto millemila corsi da bravi educatori. Quanto al cane a me sembra assolutamente straordinario, la mia per esempio la paura dei tuoni e dei botti non l’ha superata ( e allora? quando minaccia temporale faccio in modo stia in un posto in cui si sente tranquilla, non la porto in posti in cui si caccia e via discorrendo…io soffro di claustrofobia, perchè mai qualcuno dovrebbe chiudermi in una grotta per abituarmi?).
Graziella!?
Non credo che nessuno sia capace di sapere tutto prima. Un conto è la conoscenza un altro è l’esperienza. Quando si adotta un cane lo si fa sulla base di quello che si sa, dopo l’adozione ci si confronta con la realtà. Da quel momento in poi può succedere di tutto. Giovanna ha avuto la costanza e la determinazione di andare avanti, guardarsi dentro e superare sé stessa. Rajà le ha insegnato molto e anche lui ha imparato molto. Non ti nascondo che anch’io che sono stato uno dei suoi educatori ho imparato tantissimo da loro due.
L’incapacità di accettare un altro così com’è è un limite e i limiti si superano. Il confrontare il suo cane con quello degli altri è stato un momento giudicato da lei come non funzionale ed è stato superato alla grande, lei si è messa in discussione ed è cresciuta.
Ho una domanda per te: «Tu sei in grado di accettare Giovanna (che è una persona) così com’è, con tutti i suoi limiti?» Dal tuo commento sembra di no, ma forse mi sbaglio…
Grazie Riccardo per la risposta, che mi ha fatto riflettere. Prima di tutto rispondo alla domanda: non conosco Giovanna come persona, quindi non so come potrei relazionarmi con lei. E sicuramente la stimo per il percorso che ha fatto con il suo cane ( e che a suo tempo ho fatto anch’io con il mio, anch’io aiutata da un meraviglioso educatore), faccio invece fatica ad accettare l’autogiustificazione iniziale (almeno io l’ho capita così) nel ritenere “normale” aspettarsi un cane come lo immaginiamo noi. Non ho cultura cinofila, il mio primo cane ha ora cinque anni, e io ne avevo 50 quando l’ho preso, ma l’unica cosa di cui ero consapevole era che sarebbe stato come sarebbe stato, non potevo saperlo prima, e non mi importava un cane perfetto e ubbidiente. Mi è capitato una cucciola di San Bernardo simpaticissima ma completamente schizzata e alquanto anarchica, solo l’aiuto dell’educatore ha risolto la situazione. Ma mai, neppure per un attimo mi sono pentita, o l’ho amata meno, o l’ho considerata inferiore rispetto ad altri cani “perfetti”. Ancora adesso perfetta non lo è, non come tanti altri cani, ma è assolutamnente gestibile e questo è quello che conta. Non è che voglio lodarmi, ci mancherebbe, ho fatto un sacco di errori, ma ciò che davvero trovo pericoloso nella attuale nostra mentalità è aspettarsi sempre qualcosa come vogliamo noi, figli o cani che siano. E poi, voler cambiare il carattere , la personalità (di figli e cani), anzichè semplicemente educare i comportamenti. Ecco, ovviamente, ripeto, complimenti a Giovanna, ma se non avesse trovato un bravo educatore come te, non accettando il cane così come era che cosa avrebbe fatto?
Io trovo quella che chiami “autogiustificazione” come una presa di coscienza importante. Non credo che volere un cane “normale” voglia dire pretendere che tutti i cani siano perfetti o volerli trasformare. Credo che sia un atto di amore nei loro confronti. Un cane “difficile” (o magari “pericoloso”) non può fare una vita “normale” (e la preclude anche ai suoi proprietari). Decidere di provare tutte le strade possibili, investire tempo e denaro per risolvere i problemi del proprio cane secondo me dimostra l’affetto e la dedizione che Giovanna ha dedicato al suo cane, anche nei momenti più difficili.
Adottare un cane adulto e trovarsi di fronte a un bel “pacchetto” di problemi credo sia differente da crescere un cucciolo e poi “aggiustare il tiro” di fronte ad alcune difficoltà (non fraintendere, non sto sminuendo il tuo lavoro, voglio solo sottolineare che secondo me si tratta di situazioni diverse).
Io voglio bene alla mia “belva”, ogni tanto ho momenti di sconforto, ma non abbiamo mai pensato di riportarlo da dove è venuto. La vita con lui non è facile: non possiamo tenerlo in casa, in passeggiata prego di non incontrare nessuno (persone o, peggio, cani), non posso portarlo da nessuna parte. E tutto questo per la sua incolumità… ma anche per l’incolumità di chi ci incontra.
Questo intendo quando parlo di cane “difficile”, non semplicemnte “maleducato” o poco incline ad ascoltare o magari un po’ agitato, ma un cane imprevedibile, pronto a pinzare all’improvviso!
@ Vale. Sì, hai ragione, forse ho frainteso il significato del post di Giovanna, nel senso che lei ha raccontato semplicemente il suo difficile percorso con un cane “diverso” dagli altri, e sicuramente è stata bravissima a tenere duro e riuscire a trovare una soluzione. Però dal mio punto di vista è proprio qui il punto: non credo siano moltissimi i cani che davvero non creano “problemi”. Per qualcuno può essere la pipì che non imparano a fare fuori, per altri il cane maschio che non và d’accordo con gli altri maschi e via discorrendo. E i cani sentono benissimo quando non li si accetta, e reagiscono di conseguenza. Lo dico perhè l’ho provato sulla mia pelle: con la mia cucciola, in primis. “E’ assolutamente anarchica, ma che , è sorda? non ho mai visto un cane che si agita così (dal veterinario), secondo me è pericolosa” e via discorrendo Ed era solo una cucciola adottata nel momento più tragico della mia vita, dopo un lutto e in fase di separazione, con un trasloco in corso, che sentiva e percepiva il mio disagio. Ma è stata l’alleanza con lei, il non voler in nessun modo dar retta agli altri, il giustificare i suoi comportamenti che ci ha salvate, entrambe. Forse perchè a me “il diverso” è sempre stato simpatico, e odio i perfettini. Ecco, diciamo che due frasi di Giovanna mi hanno fatto un pò rabbia, e le riporto:
“appariva come un cane “mansueto, rispettoso e bravo”.“accettate i vostri cani con tutti i loro limiti e le loro cose positive… e da lì tutto cambierà”.
Tremendo, eh?” Tremendo??? Direi che è il presupposto di ogni rapporto di affetto accettare gli altri con tutti i loro limiti, quanto al cane mansueto, rispettoso e bravo a me fa solo dire: e che palle! “ci capita di rapportarci con il nostro cane confondendolo e confrontandolo con quel prototipo di cane di cui abbiamo letto aneddoti e racconti, quel cane ‘letterario’ che ci ha colpito nel profondo e che quando finalmente prendiamo un cane è proprio il cane che noi vorremmo avere. ‘il cane del mio vicino gli cammina al piede senza guinzaglio… perché il mio no?”. Ecco, anche questa frase mi ha abbastanza sconcertata. Perchè si considera normale un atteggiamento che invece normale non dovrebbe essere. Aspettarsi di adottare un essere peretto. Non vorrei essere fraintesa: non solo non sto giudicando Giovanna, ma, ripeto, ho la massima stima per ciò che ha fatto. Solo, non riesco ad essere d’accordo con i presupposti da cui è partita. E per inciso, il mio secondo cane l’ho preso da adulto, ed è tutto tranne che normale e perfetto, per fortuna, perchè trovo cani e persone “normali, perfetti e mansueti” assolutamente insopportabili.
ho vissuto 17 anni con un “bastardaccio” e darei qualsiasi cosa per averlo ancora con me! al di la delle numerose difficoltà che abbiamo attraversato, lo amavo così com’era: era lui e basta! forte, indipendente e prepotente…. e malgrado tutto ero orgogliosa di lui come e di più di un gioiello!
bellissima storia, mi identifico in tutto, il nostro cane ha problemi un po diversi ma vi assicuro che per tre anni non abbiamo vissuto. alla fine siamo stati ripagati per il nostro lavoro 🙂 chi non ha mai avuto un cane con dei seri problemi può continuare a fare il saccente ….voglio vedere dove va tutta questa saggezza il giorno che gli capita un cane poco gestibile,
Bellissima lettera…fa venire le lacrime…È difficile perché ho paura che “accettare” sia una scelta egoistica e sembra di non volerlo più aiutare… In qualsiasi modo andrà lo amerò sempre nel suo essere unico e speciale…
io ho preso la mia meticcia che era 2 kg…è andata al di là di ogni previsione crescendo fino a diventare una maxi taglia….per amore ho dovuto accettarla e ancora oggi dopo 6 anni michiedo come abbia fatto a sopravvivere con lei che spesso è ingestibile (tipo Marley quello del libro e del film)…però la amo tantissimo e alla fine penso che ci si abitui a tutto anche a ritrovarsi con una montagna quando si desiderava tanto un canetappo!!
Mi sono commossa ❤️
BE LL IS SSSIMO!!!!! Finale a sorpresa, niente di più vero, poveri i nostri pelosi, x fortuna l amore mette tutto a posto….
Mi sento un po’ chiamato in causa.
Per prima cosa vorrei ringraziare Giovanna per le belle parole che mi ha dedicato, poi la vorrei ringraziare per non aver mai mollato e per aver dato a Rajà millemila opportunità. Continuo a pensare che Rajà tutte quelle opportunità se le sia strameritate. È un cane gioioso e fantastico, allegro e sociale, affettuoso e riconoscente, ma è anche un cane insicuro e cacciatore, per certi aspetti pauroso che si lega con insicuro, un predatore instancabile, aggressivo quanto basta per mandare in tilt chi tenta di gestirlo. Mi ricordo di lui a un seminario con David Appleby qui a Roma: stava tranquillo in mezzo a un sacco di persone che gli passavano vicino, avanti e indietro. Max, un mio ex allievo, partecipava al seminario con l’incarico di fare delle riprese per immortalare l’evento. Rajà lo aveva visto più volte e più volte avevano interagito con piacere. A un certo punto Max prende videocamera e cavalletto e si incammina per trovare una buona postazione da cui lavorare. Solo che Rajà era nella sua traiettoria. Beh, questo signore è stato letto come un tipo pericolosissimo armato di non si sa bene quale strumento di distruzione di massa. La reazione di Rajà ha sorpreso veramente tutti: gli si è scagliato contro con cattiveria vera al punto di spaventare anche Max che vi assicuro non l’ho mai visto in difficoltà di fronte a nessun cane.
Per Giovanna, che ha un problema con l’aggressività (in qualunque forma venga espressa), questo cane ha rappresentato una delle più grandi sfide della sua vita. Sfida vinta! E io ho dato solo un piccolo contributo rispetto al lavoro che lei ha fatto su di sé per accettare Rajà con le sue stranezze e imprevedibilità. Dapprima siamo riusciti a ridurre gli attacchi verso gli estranei fino a farli sparire completamente, sull’attività predatoria c’è ancora un po’ di strada da fare, ma Giovanna ha ormai trovato una “quadra” e adesso riesce a gestirlo molto bene e ad apprezzarlo anche quando si comporta in modo non adatto alle aspettative riposte su lui.
Voglio aggiungere anche che questa non è stata un’adozione avventata. Lei è stata molto tempo con Rajà quando era in canile, lo ha fatto vedere a un educatore che lo ha valutato come un cane molto affidabile. Io stesso quando l’ho visto ho faticato a credere ai racconti della sua proprietaria: quello che ho avuto davanti è sempre stato un cane molto affidabile. A volte non è facile prevedere come sarà un cane fuori dal canile. A volte cani docili si trasformano in serial killer, ma la maggior parte di quelli che in canile sono schivi e restii a socializzare e apprendere, non appena entrano in una casa, in una famiglia, si sciolgono e diventano fantastici. Chi lavora con i cani sa che l’imprevisto è sempre in agguato e chi lavora con i cani di canile ne è ancora più consapevole.
Grande articolo …
🙁 ma io gli voglio bene
Si può volere bene a un cane, ma non riuscire ad accettare il suo modo di essere. È questo il senso dell’articolo. Giovanna ha sempre amato Rajà solo che il suo comportamento era intollerabile. Non riuscendo ad accettarlo, non riusciva a trovare una soluzione, perché dentro di sé Giovanna riteneva che dovesse essere Rajà quello che avrebbe dovuto capire e cambiare. Ma non è così: i cani vanno prima capiti, poi, se ce n’è bisogno, aiutati e solo dopo possono essere educati.
Monica Laura Sabrina Gorini quando lo accetterai per quello che è, sarai felice con lui 😀
primo incontro tra me, il mio cane Fulvio e Totino: “Micaè, il tuo cane va alla grande, mò parliamo delle tue, di ansie”. lì ho capito la differenza tra l’avere un cane educato (seduto, resta, terra) e l’avere una relazione vera tra un uomo (con i suoi pregi e i difetti) e un cane (con i suoi pregi e i difetti). Totino è bravissimo in questo, anche a me ha fatto capire chi era Fulvio, cosa c’era sotto i suoi comportamenti che io reputavo fuori standard..ma quale standard guardavo? ho ripuntato lo sguardo sul MIO cane, l’unico che amo! <3
Bellissimo racconto. Ho avuto moltissimo su cui riflettere. Purtroppo è vero, troppo spesso ci facciamo condizionare dal detto “l’erba del vicino è sempre più verde”… magari solo perché usa un antiparassitario velenosissimo!!!
io ho sempre pensato di avere un cane mordace…associale e incredibilmente “S—-O” (scusate la parola),invece mi sn accorta che la mordace,associale e st—a sn io….non gli ho mai dato fiducia…e lui puntualmente mi faceva vedere cio’ che volevo vedere….in questi giorni mi sn avvicinata moltissimo di + al mio cucciolotto di 60 kg….ed avendo 8 anni e’ sempre un mega cucciolone…che ama le coccole…non e’ x nulla cattivo ed e’ speciale ai miei occhi <3 ….bisogna essere dei genitori bravi x capire bene i propri figli pelosi….amarli come sono…come loro amano noi….con i nostri "difetti" ,che sn sempre + dei pregi!!!
Pero’ pero’…se prima d’adottare un cane potessimo avere un po’ di cultura cinofila, forse sarebbe meglio per loro (pelosi) e per noi (bipedi).
Vero, altrettanto vero nel caso delle adozioni che se i volontari non cercassero di rifilare cani che spesso sanno benissimo saranno dei casi difficili a persone che avranno molti problemi a gestirli e sopratutto nascondendo la cosa, le cose andrebbero parecchio meglio
tranne la parte delle frasette che a me piacciono e non mi creano frustrazione. .. basta scegliere solo quelle giuste 😀 cmq il mio bastardaccio ha 7 anni niente di più lontano da ciò che avrei voluto… eppure mi ha cambiato la vita. Oggi ho una vita completamente diversa e sono felice. Ho avuto la fortuna di incontrare un istruttore che come per te mi ha ripetuto di dar fiducia al cane che era un gran cane e grazie a lei Serenella D’Agostino che proprio qualche settimana fa abbiamo ottenuto l’operatività in S1 . Un cane che fino all’età di un anno non riuscivo a toccare neanche io, tanto per dirne una. Qualcuno in verità ha provato a dirmi che fosse un cane di merda ma il segreto è stato non credergli. 😉 Buona vita ad entrambi… di certo sarà un viaggio unico!!
Come la capisco…fino in fondo. È così e la adoro così la mia cagnolona.
Cara Giovanna, non sai quanto ti capisco: l’ho desiderato tanto e 3 mesi fa ho adottato un cane… “sbagliato”. Gli atteggiamenti negativi non sono apparsi tutti subito, ma uno alla volta hanno iniziato ad emergere… e io sono andata in panico. “Ma come, al canile stava con un altro maschio e ora ho paura a farlo avvicinare anche alle femmine! Ma come, in canile i gatti manco li guardava e qui sembra impazzire! Ma come, al canile non aveva problemi con gli sconosciuti… e qui cerca di assalirli anche per strada!”. E via di questo passo.
Da un mese lavoriamo con un addestratore (uno vero), anche al campo ha dimostrato il suo lato peggiore, ma l’addestratore non si è fatto impressionare e ci ha rassicurato (e questo è importante).
La mia belva, il mio “lupo”, conosce i comandi di base (“seduto”, “piede”, “resta”…), ma gli “estranei” (tutti, a parte me e il mio compagno) vorrebbe “mangiarli”. Prima scatta, poi abbaia. Non possiamo portarlo con noi a passeggiare come e dove vorremmo, non possiamo portarlo in area cani, neppure da solo… dopo 2 volte ha deciso che in quel recinto deve fare la guardia all’ingresso. Non gioca. Ma, quando siamo con lui, in casa o nel suo box, vuole un sacco di coccole. E’ ipervigile, sempre attento, sempre teso. Non ha paura di nulla. Oppure ha paura di tutto. Ancora non lo si è capito.
Abbiamo momenti di sconforto, abbiamo momenti di gioia.
La cosa che mi fa soffrire di più è la paura che lui soffra, che faccia una vita “segregata”: relazione solo con noi, sempre a casa. La paura di non poter andare in “vacanza” (no, non intendo “con lui” intendo proprio in generale: non potrei delegare a qualcuno di occuparsi della belva!!!).
L’addestratore ha fatto subito una premessa: non avremmo lavorato per cambiare il cane e il suo carattere, ma per imparare a gestirlo.
Il primo passo è accettare il proprio cane. Quello è il punto di partenza.
Non sappiamo quanto ci vorrà, ma noi non ci arrenderemo.
Bellissima! Fa riflettere