martedì 30 Settembre 2025

Il veterinario comportamentalista: chi è in realtà?

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Valeria Rossi
Valeria Rossi
Savonese, annata ‘53, cinofila da sempre e innamorata di tutta la natura, ha allevato per 25 anni (prima pastori tedeschi e poi siberian husky, con l'affisso "di Ferranietta") e addestrato cani, soprattutto da utilità e difesa. Si è occupata a lungo di cani con problemi comportamentali (in particolare aggressività). E' autrice di più di cento libri cinofili, ha curato la serie televisiva "I fedeli amici dell'uomo" ed è stata conduttrice del programma TV "Ti presento il cane", che ha preso il nome proprio da quella che era la sua rivista cartacea e che oggi è diventata una rivista online. Per diversi anni non ha più lavorato con i cani, mettendo a disposizione la propria esperienza solo attraverso questo sito e, occasionalmente, nel corso di stage e seminari. Ha tenuto diverse docenze in corsi ENCI ed ha collaborato alla stesura del corso per educatori cinofili del Centro Europeo di Formazione (riconosciuto ENCI-FCI), era inoltre professionista certificato FCC. A settembre 2013, non resistendo al "richiamo della foresta" (e soprattutto avendo trovato un campo in cui si lavorava in perfetta armonia con i suoi principi e metodi) era tornata ad occuparsi di addestramento presso il gruppo cinofilo Debù (www.gruppodebu.it) di Carignano (TO). Ci ha lasciato prematuramente nel maggio del 2016, ma i suoi scritti continuano a essere un punto di riferimento per molti neofiti e appassionati di cinofilia.

“Scanno ferox”, nei giorni scorsi, tra Fabrizio Bonanno (allevatore, giudice e giornalista della rivista “Cani utili”), la FNOVI (Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani) e l’ANMVI (Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani).
Motivo?
Un articolo a firma dello stesso Bonanno, nella rubrica “L’osservatorio cinofilo”, in cui si sosteneva che la figura del  veterinario comportamentalista non fosse “credibile, né accreditabile, perché non riconducibile ad una scuola di indirizzo specialistico“.
Partendo da questa premessa il Bonanno attaccava poi l’ordinanza Martini  (attualmente sospesa) nei punti in cui chiamava appunto in causa i veterinari comportamentalisti.
Copincollo qui parte dell’articolo:

“(nell’ordinanza) si legge, tra l’altro, che “Il Comune, sentito il Servizio veterinario ufficiale, individua il responsabile scientifico del percorso formativo tra i medici veterinari esperti in comportamento animale (se già esperti, mi domando: CHI E IN BASE A CHE COSA li ha dichiarati tali?) o appositamente formati dal Centro di referenza nazionale per la formazione in sanità pubblica veterinaria istituito presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilio-Romagna”.
Sarebbe interessante conoscere da quando negli Istituti zooprofilattici si studia lo psicologia canina e chi sono i relativi docenti.
Nel prosieguo dell’Ordinanza in oggetto si legge: “I Servizi veterinari, in caso di rilevazione di rischio elevato stabiliscono le misure di prevenzione e la necessità dì una valutazione comportamentale e di un eventuale intervento terapeutico da parte di medici veterinari esperti in comportamento animale”. Siamo giunti nel regno dell’incredibile e dell’assurdo!
DOVE viene effettuata la valutazione comportamentale? In un box di un canile comunale? O nell’ambiente dove usualmente vive il cane? Con il cane al guinzaglio o libero? Oppure in luogo pubblico? In presenza del padrone o senza?
Come viene effettuato la valutazione? In base a quali parametri ? Se si tratta di una cane purosangue, siamo cosi sicuri che chi è chiamalo a valutarlo ne conosca Io standard caratteriale?
Per non parlare del non meglio precisato “intervento terapeutico”.
Ma di cosa si tratta? Forse della castrazione, nel caso di un maschio?”

Domande indubbiamente pressanti e pungenti: anche se la peggiore offesa, a giudicare dalle repliche, è stata quella di definire i veterinari comportamentalisti come “sedicenti” tali.

E infatti la FNOVI, nella persona del suo Presidente Gaetano Penocchio,  ribatte: “Bonanno sembra non rendersi conto di quanto sia offensivo l’uso dell’aggettivo “sedicente”riferito a persone che prima hanno conseguito una laurea in Medicina Veterinaria e quindi un percorso lungo e faticoso, attestato dal riconoscimento internazionale di laurea magistrale; poi superato un esame di Stato di abilitazione professionale; infine seguito un percorso specialistico che si configura in varie modalità, ma che sempre e comunque prevede che le competenze acquisite siano verificate da Esperti in queste materie.  (omissis).  Infine, per potersi definire Veterinario Comportamentalista, il professionista deve essere iscritto all’Albo e aver esercitato la professione per almeno tre anni (cinque per alcune associazioni di esperti)“.
Penocchio continua prendendosela un po’ con tutti: dagli allevatori (“un esperto medico veterinario comportamentalista è in grado di distingere un comportamento previsto dallo Standard di razza da un’etopatia magari mantenuta dalla selezione: e Bonanno dovrebbe sapere quanto è pericoloso un test caratteriale che è un paletto per il ring di bellezza!“)  agli addestratori (“troppo spesso vediamo cani che sono stati gestiti con una leggerezza che rasenta l’incoscienza, per esempio tutte quelle volte in cui un cane è stato avviato alla difesa e agli attacchi per “migliorare la sua sicurezza di sé”. E’ bene che si sappia che non sono rari quei casi in cui questi cani sono divenuti pericolosi”).

Ecco, questa è la storia, così come è stata riportata da diversi siti cinofili e non.
A me piacerebbe andare un pochino oltre e cercare di capire chi ha ragione…o meglio, quanta ragione possano avere entrambe le parti, visto che difficilmente le cose sono o tutte bianche, o tutte nere.

Innanzitutto è evidente che Bonanno dice il vero quando parla di un lavoro “non riconducibile ad una scuola di indirizzo specialistico” infatti non esiste, in Italia,  una scuola di specializzazione in Scienze del comportamento.
Ho controllato sui siti di tutte le Università italiane che hanno la Facoltà di Medicina Veterinaria: quindi, a meno di una mia clamorosa svista, questa specializzazione non esiste nel nostro Paese.
Lo stesso Penocchio,  d’altro canto,  indica i seguenti come criteri con cui un medico veterinario viene definito “comportamentalista”:
a) essersi laureato e aver superato l’esame di Stato (ma questa è la descrizione di un medico veterinario “e basta”, non di un comportamentalista);
b) aver esercitato per tre anni… (definizione di un veterinario con una certa esperienza…ma ancora nulla che abbia a che vedere con il comportamento)…
e finalmente, c)  aver “seguito un percorso specialistico che si configura in varie modalità, ma che sempre e comunque prevede che le competenze acquisite siano verificate da Esperti in queste materie“.

Purtroppo mi sembra di poter sostenere che questa parte sia  po’ fumosa.

Infatti non si può parlare di un percorso realmente “specialistico”, non rientrando la materia tra i corsi delle scuole di specializzazione universitarie (e a questo punto mi  sento anche di poter affermare che se questa scuola fosse sfuggita a me, avrebbe dovuto conoscerla – e quindi citarla – lo stesso Penocchio).
Ammettiamo comunque che si tratti di un percorso di formazione specifica nella materia: ma seguito come, dove, con quali modalità?
Varie“, sostiene Penocchio.
Cioè?
Un corso organizzato da un’associazione? Da un’Università? Dall’Ordine dei Veterinari?
Sarebbe carino saperlo.
Così come sarebbe carino sapere chi sono gli Esperti (maiuscoli) che possono “verificare le competenze acquisite”.
Chi ha deciso che questi signori sono Esperti? Quale percorso hanno compiuto? Hanno seguito a loro volta “varie modalità” e sono stati giudicati competenti…da chi?
Incuriosita, sono andata a guardarmi il sito della SISCA (che è la sezione della SCIVAC – Società culturale italiana veterinari per animali da compagnia – che si occupa di comportamento, ovvero la Società Italiana di Scienze Comportamentali Applicate. Chi altri avrebbe potuto illuminarmi?).
Qui ho trovato indicate proprio le direttive della FNOVI per la formazione di un veterinario comportamentalista. Che riporto qua, testualmente:

La FNOVI (Federazione Nazionale degli Ordini dei Veterinari Italiani) ha definito le linee guida per potersi definire medico veterinario comportamentalista, per tutelare i clienti in merito alla preparazione dei medici veterinari che si definiscono tali (oh, oh! Che ci sia qualche “sedicente”? NdR). Requisiti indispensabili per la pubblicità dell’informazione sanitaria relativa all’esercizio professionale nell’ambito della medicina comportamentale: – Scuole di Specializzazione Universitarie (inesistenti in Italia, NdR); Master Universitari (inesistenti in Italia, NdR); certificazione attestante la partecipazione e la frequenza ad un corso di formazione teorico-pratico presso una scuola, con superamento di un esame finale.

Okay: ma quale scuola? La FNOVI ce lo spiega subito:

La scuola deve garantire i seguenti requisiti: – i docenti titolari/ordinari della formazione devono essere medici veterinari che abbiano nella materia di insegnamento gli stessi requisiti minimi richiesti per l’informazione pubblicitaria; salvo casi particolari di apporti di ulteriori competenze in riferimento alla didattica non prettamente clinica; – la scuola deve avere un minimo di tre docenti titolari e, comunque, la componente medico-veterinaria deve essere almeno di 2/3 del corpo docente; – monte ore 450 di cui almeno 100 di pratica clinica.

DOMANDA: esiste una siffatta scuola in questo Paese?
Nella replica dell’ANMVI si legge che “da 16 anni, la nostra Società scientifica attiva corsi di aggiornamento, con relatori italiani e stranieri sull’argomento, tenuti in Italia; da più di 25 anni esiste una disciplina della medicina veterinaria che si occupa di medicina comportamentale in Europa e nel resto del mondo occidentale. Senza contare l’enorme mole di bibliografia di riferimento”.
Dunque, sembrerebbe di capire che in Italia ci sono dei “corsi”, ma non una vera e propria scuola con i requisiti richiesti dalla FNOVI.
Che in Europa esistano altre possibilità è un dato di fatto, ma allora bisognerebbe specificare che il veterinario comportamentalista è colui che si è specializzato all’estero… cosa che peraltro non mi sembra molto frequente tra i comportamentalisti nostrani.
Che esista una corposa bibliografia in materia è un altro dato di fatto… ma, se mi è permesso, mi pare un po’ poco.
– Sei un veterinario comportamentalista?  Bravo! Come lo sei diventato?
– Ah, ho letto un sacco di libri!
Dai, su… siamo seri.

Faccio notare che l’ANMVI, sempre nella sua replica a Bonanno, sostiene anche che “esistono, post lauream, una scuola di specializzazione e master di 1 o 2 livello che trattano di medicina comportamentale”.
Attenzione: “che trattano“!
Perché la scuola di specializzazione IN medicina comportamentale, sempre per quanto ci è dato di sapere, NON esiste affatto.
Esistono, invece, alcuni  Master di secondo livello.
Ovvio che se uno segue, per esempio, la scuola di specializzazione in Patologia e clinica degli animali da affezione (questa esiste: ai miei tempi si chiamava “specializzazione in piccoli animali”, ma è sempre lei), qualche lezione sui problemi comportamentali, o etopatie che dir si voglia,  la incontrerà di sicuro: mi auguro solo che non somigli all’esame di Etologia che ho sostenuto io, nel quale di cani non si parlava neanche di striscio, mentre ci si faceva una grandiosa cultura sulle abitudini sessuali delle farfalle.
Per fortuna mi dicono che in tempi più recenti (io ho fatto cinque anni di veterinaria – pur senza finire – e sono stati cinque anni di vacche e cavalli, con vaghissime apparizioni di cani qua e là: ma erano quarant’anni fa…) la facoltà si sia avvicinata un po’ di più al mondo dei piccoli animali: quindi è probabile che si tratti di comportamento canino.
Però mi sembra che  l’ANMVI abbia giocato un po’ con i termini.

Comunque, torniamo al  nostro documento, che prosegue con questi paragrafi:

Formazione – ulteriori requisiti:
– effettuazione di attività didattiche, anche non continuative, di Medicina Comportamentale;
– partecipazione a corsi formativi quali seminari, corsi intensivi;
– partecipazione a convegni sulla materia negli ultimi cinque anni.
Lo svolgimento delle attività sopradescritte dovrà essere documentato dagli enti erogatori.

Nei casi in cui gli Ordini ritengano sussistere una acclarata competenza e professionalità clinica del richiedente, possono valutare, in alternativa ai requisiti di cui ai punti 3 e 4 (quelli di cui sopra, NdR), il possesso di almeno tre dei seguenti requisiti:
– pubblicazioni inerenti la materia su libri e riviste mediche dotate di comitato scientifico;
– partecipazione a convegni inerenti la materia in qualità di responsabile scientifico o di relatore;
– effettuazione di attività didattiche, anche non continuative negli ultimi 5 anni, sulla materia in corsi universitari o in corsi di formazione e/o aggiornamento per medici veterinari
– attestazione (certificazione) di pratica clinica nella materia, effettuata in una struttura pubblica e/o privata, per almeno 3 anni, rilasciata dal direttore e/o dal responsabile della struttura stessa. Lo svolgimento delle attività sopradescritte dovrà essere documentato dagli enti erogatori.

Alt. Fermiamoci un attimo e ricapitoliamo.
La Scuola di specializzazione all’interno della Facoltà di Medicina Veterinaria – sempre fino a prova contraria – in Italia non esiste.
Se esiste una Scuola di formazione con i criteri citati dalla FNOVI,  non capiamo perché nessuno l’abbia citata con nome e indirizzo nelle varie repliche all’articolo di Bonanno (perché hanno replicato praticamente tutti, dalle già citate associazioni di veterinari alla FICCS, Federazione Italiana Cinofilia Sport e Soccorso).
Vogliono forse mantenere il segreto?
Nel caso un medico veterinario non possa fruire né di una scuola di specializzazione, né di una scuola di formazione, pare che possa comunque definirsi “comportamentalista” se  effettua attività didattiche di medicina comportamentale  (cioè? Deve insegnare una materia per la quale non è ancora stato formato? Fatemi capire), se segue convegni o seminari o, se proprio non ha modo di fare neanche questo, se ha pubblicato qualcosa o fatto pratica clinica… sempre su una materia nella quale non è stato formato!?!

Più ci si addentra nella materia, più l’intreccio si infittisce.
Pare, infatti, di poter concludere che un veterinario comportamentalista o si autodefinisce tale (e quindi è…sedicente!) o viene definito tale da qualche misteriosa entità sulla quale la FNOVI sembra voler mantenere il segreto.
Ma…colpo di scena!
Questa misteriosa entità è rivelata invece dalla replica dell’ANMVI, che spiega: “I medici veterinari esperti in comportamento animale – oltre ad essere medici veterinari abilitati dallo Stato italiano – sono riconosciuti …(omissis)… alle valutazioni/terapie di natura comportamentale, riconosciute come “atto medico veterinario”, dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Veterinari Italiani e dalla Federazione dei Veterinari Europei”.
Dunque, la misteriosa entità è proprio la FNOVI!
E se mai c’è stato un cane che si morde la coda (passatemi il gioco di parole), mi pare che sia proprio questo.

L’ANMVI precisa, inoltre, che “il titolo di medico veterinario esperto in medicina comportamentale è una qualifica conseguibile solo a seguito di un comprovato percorso di formazione. Anche la prestazione di carattere medico comportamentale, come tutte le prestazioni veterinarie, quando non eseguita dal medico veterinario configura il reato penale di esercizio abusivo della professione“.

Tutto molto, ma MOLTO autoreferenziale, direi.
Ce la cantiamo, ce la suoniamo, decidiamo noi chi è un comportamentalista e chi no… e se qualcuno prova a fare lo stesso lavoro senza la nostra benedizione è pure perseguibile per legge.
Certo, se si autodefinisce “medico”, non c’è alcun dubbio che commetta un reato: ma se si definisce solo “comportamentalista”, senza “medico” davanti, dubito seriamente che possa essere tacciato di alcunché…se non di essere un altro “sedicente“… non troppo diverso, però, dai medici veterinari di cui sopra: che “esperti” possono anche tranquillamente definirsi (ma ha ragione Bonanno quando dice che sarebbero tenuti a provare di esserlo!), ma “specialisti”, per le ragioni già viste, no.

Detto tutto questo… è vero o no che i veterinari comportamentalisti non sono attendibili né affidabili?
E soprattutto, le alternative quali sarebbero?

Alla prima domanda non mi sento di rispondere né sì, né no: dipende.
Certo, se un medico viene definito “comportamentalista” perché si è letto un paio di libri o perché ha seguito un seminario, tutta ‘sta fiducia non gliela accrediterei. Però conosco diversi veterinari che si sono smazzati per anni informandosi su tutto lo scibile comportamentalistico, sbattendo il naso nei casi più disparati e (solitamente per prove ed errori, perché comunque TUTTA  la psicologia – compresa quella umana – funziona un po’ così) sono riusciti a farsi una bella esperienza e se non altro, quando affrontano un nuovo caso, sanno di cosa stanno parlando. Conosco molti veterinari che nel loro lavoro – come scrive anche l’ANMVI – si fanno affiancare da educatori ed addestratori e insieme cercano di risolvere i problemi più seri: casualmente, sempre taaaaanti anni fa, io sono stata proprio una di questi addestratori. E guarda caso, uno dei veterinari che ho affiancato è oggi il Presidente della stessa SISCA.
A giudicare da quanto ne sapeva già allora, proprio agli albori-alborissimi di questa particolare scienza, e contando tutti gli anni che sono passati (troppi, maledizione!) presumo che oggi quel veterinario debba sapere per forza quello che fa: e se fosse lui a decretare che un altro vet è un “esperto”, credo  proprio che gli darei fiducia.
Però…siamo sempre lì:  sarebbe una fiducia legata alla conoscenza personale e non a un vero accredito “ufficiale”. Che evidentemente manca. Quindi credo che sarebbe davvero opportuno mettere una bella pezza su questa lacuna… magari andando proprio in Europa a procurarsi gli esperti “accreditati”.
L’importante è che non si vada in America
, dove la terapia comportamentale è diventata un business gestito da totali incompetenti, ignoranti e insensibili, come dimostrano gli orrori di cui abbiamo parlato, per esempio, in questo articolo (purtroppo la dottoressa che appare nel filmato è autrice di testi che mi dicono far parte della biblioteca dei veterinari di oggi: posso solo sperare che questa notizia non sia vera).

Ma adesso veniamo alle alternative: che sarebbero, stando all’articolo di Bonanno, “i giudici specialisti il cui Albo riconosciuto, altre che dall’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana e dalla Federazione Cinologica Internazionale, anche dallo Stato italiano“.
E qui, perdonatemi, ma mi scappa davvero da ridere: ancor più di quanto non mi scappi leggendo il mirror climbing  con cui i veterinari hanno cercato di difendersi dall’infamante accusa di “sedicenti” comportamentalisti.
In base a cosa un Giudice dovrebbe saper individuare una etopatia? In base allo Standard? Mi auguro proprio di no, visto che la stragrande maggioranza degli Standard, al carattere, riserva due righe in croce, generiche e spesso lontanissime dalla realtà dei fatti.
In base alle prove di lavoro?
Andremmo già meglio, se non fosse per il fatto che i cani sottoposti a prova di lavoro sono solo una minima parte dei cani di pura razza, e che ovviamente queste prove non toccano minimamente i meticci (che però sono pur sempre cani, e che si stanno diffondendo sempre di più tra le famiglie italiane).
Purtroppo la FNOVI, nella sua replica, dice una cosa molto vera, quando sostiene che alcune etopatie sarebbero “mantenute dalla selezione”: è un dannatissimo dato di fatto che oggi la selezione interessi ESCLUSIVAMENTE la bellezza e che, in nome di questa, vengano messi in riproduzione cani con gravissime lacune caratteriali.
Mi oppongo invece con forza alla seconda affermazione della FNOVI, quella secondo cui i cani “avviati alla difesa e agli attacchi per “migliorare la  sicurezza di sé” sarebbero “diventati pericolosi” in “non pochi casi”.
Qui esigo nomi, cognomi e indirizzi: dei cani, dei proprietari e pure degli addestratori… perché a me risulta invece che questi casi non soltanto siano rarissimi, ma siano anche SEMPRE E SOLO riconducibili ai soliti noti, ovvero ai veri e propri “macellai” del mondo dell’addestramento, ben noti a tutti i cinofili sportivi (che però si guardano bene dal parlarne ad alta voce).
In ogni caso, se i cani “diventati pericolosi” sono davvero MOLTO pochi, i cani palesemente maltrattati per ottenere quattro punti in più sono invece tanti, troppi, troppissimi: e mi piacerebbe sapere perché l’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana, la Federazione Cinologica Internazionale e anche lo Stato italiano, già che ci siamo, non abbiano MAI mosso un dito per eliminarli dalla faccia della cinofilia italiana.
E lo stesso vale, purtroppo, per i Giudici specialisti appartenenti al tanto prestigioso Albo.
Anche in questo caso, dunque, ci sono Giudici specialisti (e figuranti  ENCI, e addestratori “col bollino blu” dell’ENCI) a cui mi affiderei con la massima fiducia nel caso dovessi risolvere un problema comportamentale del mio cane…ma ce ne sono altrettanti ai quali non mi avvicinerei a meno di cento metri (e il cane, probabilmente, lo terrei a centocinquanta).

Conclusioni?
Una sola, mi pare: non esiste, in Italia, alcuna figura professionale a cui potersi affidare ad occhi chiusi, certi che abbia alle spalle una preparazione non solo certificata, ma anche in grado di offrire garanzie di vera competenza, serietà e rispetto per gli animali.
Non sono completamente credibili i veterinari comportamentalisti (sedicenti o meno che siano), non sono completamente credibili addestratori né giudici ENCI. C’è una grandissima confusione nella quale, tra l’altro, sguazzano felicemente figure di nessunissimo rilievo professionale, ma che per l’una o l’altra via sono diventati docenti, istruttori, guru…o tutte e tre le cose assieme.

Il mondo del comportamentalismo, insomma, è UN GRANDE CAOS nel quale si deve semplicemente “sperare” di beccare la figura giusta, senza che esista  – al momento – alcuna credenziale davvero affidabile al cento per cento.
Esattamente la stessa cosa che accade per educatori, addestratori, allevatori e per tutte le figure professionali che ruotano intorno al pianeta cane… e per la solita, vecchia ragione: i cani non hanno voce in capitolo.
Non possono protestare, denunciare, incazzarsi (anzi, incazzarsi sì: ma se lo fanno, arrivano i bambolotti e le mani di plastica a decretarne la soppressione).
In questo caos generale, oggi come oggi, si salvano solo i singoli. Quelli che davvero si sbattono per imparare, conoscere, approfondire. Quelli davvero bravi. Ma trovarne uno è questione di pura fortuna.
Tutto il resto è fatto, come al solito, di tanto business, di tanti scanni (anche quando sarebbe forse un filino più opportuno un dialogo costruttivo) e di tante parole al vento… mentre i cani, come sempre, subiscono.

Repliche e chiarimenti saranno, come sempre, bene accetti.

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  • Valeria Rossi

    Savonese, annata ‘53, cinofila da sempre e innamorata di tutta la natura, ha allevato per 25 anni (prima pastori tedeschi e poi siberian husky, con l'affisso "di Ferranietta") e addestrato cani, soprattutto da utilità e difesa. Si è occupata a lungo di cani con problemi comportamentali (in particolare aggressività). E' autrice di più di cento libri cinofili, ha curato la serie televisiva "I fedeli amici dell'uomo" ed è stata conduttrice del programma TV "Ti presento il cane", che ha preso il nome proprio da quella che era la sua rivista cartacea e che oggi è diventata una rivista online. Per diversi anni non ha più lavorato con i cani, mettendo a disposizione la propria esperienza solo attraverso questo sito e, occasionalmente, nel corso di stage e seminari. Ha tenuto diverse docenze in corsi ENCI ed ha collaborato alla stesura del corso per educatori cinofili del Centro Europeo di Formazione (riconosciuto ENCI-FCI), era inoltre professionista certificato FCC. A settembre 2013, non resistendo al "richiamo della foresta" (e soprattutto avendo trovato un campo in cui si lavorava in perfetta armonia con i suoi principi e metodi) era tornata ad occuparsi di addestramento presso il gruppo cinofilo Debù (www.gruppodebu.it) di Carignano (TO). Ci ha lasciato prematuramente nel maggio del 2016, ma i suoi scritti continuano a essere un punto di riferimento per molti neofiti e appassionati di cinofilia.

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50 Commenti

  1. leggo ora questo articolo per caso! io ho fatto la scuola di specializzazione in etologia applicata e benessere animale alla facoltà di medicina veterinaria di Milano. Sono veterinaria e ho un dottorato di ricerca in Etologia applicata e mi occupo prevalentemente di medicina comportamentale effettuando visite specialistiche. La scuola di specializzazione ha una durata di tre anni si occupa di tutti gli animali d’affezione e zootecnici ma nell’ultimo anno si concentra sulla medicina comportamentale dei piccoli animali. Con la riforma delle Università la scuola di specialità è stata momentaneamente sospesa ma l’anno prossimo verrà riattivata. Purtroppo la medicina comportamentale e il comportamento animale sono terra di nessuno in particolare in Italia. Devo sempre difendere la mia professionalità e le mie competenze e rimango sempre sconcertata dal fatto che spesso vengono messe in discussione per colpa di una situazione caotica e poco regolamentata! Spero di aver portato un contributo utile e aver chiarito qualche dubbio!

  2. Molti “compormentalisti” non sono veterinari, bensi’ “arrivisti”, che hanno scoperto un nuovo mezzo per far soldi. A Genova ne conosco una che si fa passare per tale. Non e’ altro che una che si da tante arie e bene si inserisce nel racconto di Silvia.

    • a eta beta:

      abito a Genova, perciò mi farebbe veramente piacere se, in provato via Email (aliceoltrelospecchio@gmail.com), mi dicessi il nome e dove ha lo studio sta comportamentalista, sia perchè così se qualcuno mi chiedesse consiglio so che quella è una persona da evitare (magari una breve descrizzione del perchè sia stata giudicata da te o da chi conosci così egativa, tanto x saperlo..io “in cambio” ti racconto e in privato con i dettagli quale campo gentilista evitare se si ha un cane diverso da un labrador o un meticcetto piccolo e dall’aria tenerella: storia vera basata sulla mia “disavvetura” con la mia pitbulla in un campo getilista che sembrava ok, ma poi notai che non avendo alcuna esperienza ne di pitbulls ne di cani un minimo tosti mi mandarono da una comportamentalista di Genova x una sciocchezza e mi fecero prescrivere il Prozac in un caso in cui non era affatto necessario, difatti la comportamentalista che me lo prescrisse sembrava abbastanza perplessa del fatto che un cane come il mio fosse stato inviato da lei con chissà quali “resoconti”, quando durante la visita sia in ambulatorio che x strada il cane si comportò bene e ubbidì anche a comandi, fra cio il LASCIA deel giocattolo da “tira e molla”, sia impartiti da me che dalla comportamentalista, senza dare segni di aggressività ne paura, ma solo di un po’ di eccitazione in strada nelle aree + caotiche, ed eravamo in una zona centrale con moltissimo passaggio di persoe /persone con cane/persone con bambini/ecc), sia x evitare che in futuro prendendo un altro cane io possa finire da una persona non adatta ad aiutarci (nel caso ci fosse qualche problema, magari prendendo un trovatello o visto che adoro i pitbulli, un pitbullo sottratto ai combattimenti, che probabilmente non sarà un gran che socializzato con la gente e il mondo) o magari essere consigliata male nel prendere un cane in canile da una persona non all’altezza o sulla base elle valutazioni caratteriali da lei redatte…

      Insomma, abitanto a Genova mi interessa molto sapere se possibile il nome diu una comportamentalista non allì’alterzza, in modo da non incapparci io in furttruro e da sconsigliarla ad altri se capitasse il discorso… CErtamente (Sempre in privato: a dire ste cose, perfino quando sono positive, in pubblico si scatena sempre un putiferio con rischi di denuncia + o meno fondati, e purtroppo talvolta c’è gente tanto icattivita da denunciare davvero x una frase o perfino una domanda fatta in un commento o su facebook!..e poi qualcuno dice che i pitbulls dovrebbero essere elimiati come razza poichè “attaccabrighe”: peccato che loro, se tenuti bene, si vogliano battere solo con chi li sfida e sia “degno” di sfidarli, infatti non è infrequente che ignorino cagnettii petulanti che li sfidano o perfino che gli mordono le zampe…mentre certa gente è talmente incazzosa da far causa a chiunque, ache se magari il poveretto ha solo fatto una domanda in perfetta buona fede e senza alcuna malizia, e ciò non accade solo in ciofilia: io detesto i gruppi moderati dispoticamente quindi preferisco non avere ne un blog ne una ML piuttosto che doverli censurare e in + sulla base delle regole imposte da altri che non conoscono nemmeno le dinamiche standard dei gruppi online, che sono identiche x qualsiasi argomento, ma che x essere comprese appieno necessitano di molta pratica in vari gruppi)…

      Comunque il cetro cinofilo getilista da cui andai non era affatto male, però era totalmente inadatto alle mie esigenze e al cane che avevo/ho (ma a mente fredda credo che forse avessero un po’ timore di cani come il mio, fordse perchè non abituati a trattarli): se avessi avuto un Labrador, un qualsiasi Retriver, o un meticcio o un border o simili probabilmente sarebbe stato ok, e so x certo che li non maltrattano affatto i cani.
      E pure la comportamentalista embrava ok: ha interagito bene con il mio cane e almeno lei non ne sembrava affatto spaventata..
      Però entrambe le figure professionali non mi aiutarono x niente a migliorare quei pochi ma cruciali aspetti, e in tutto spesi quasi 400 euro x lezioni su cose inutili che avevo già insegnato al cane e che non servivano x migliorare il mio problema (eppure al campo facevo lezioni individuali, che quindi mi aspettavo + varie e petrsonalizzate, co magari la proposta di andare a fare gli esercizi in città in modo da renderli + utili, vito che la cosa era contemplata dal loro centro e non così simili a ciò che già facevo avendo seguito passo passo un libretto sul “metodo gentile”: i pitbulls, o forse i cai che rispondono all’abbaio dei loro cani attraverso la recinzione, li alle lezioni di gruppo devomno portare la museruola e il mio cane la odia nonostante i miei sforzi x fargliela accettare) e una consulenza comportamentale in cui mi vennero dati consigli banali che già mettevo in pratica dall’arrivo del cane + una medicina che non serviva…

  3. scusa Valeria se non ti ho risposto prima. Non mi piace il metodo della rettifica post perchè se una persona legge il primo articolo prende per buono quello e può non leggere il secondo. Semplicemente mi aspetto un’informazione completa prima di un articolo.

    • Chiara, io ho controllato qua: http://www.unimi.it/studenti/scuolesp/6497.htm e come specializzazioni di vet appaiono solo queste:
      1. Igiene e tecnologia del latte e derivati
      2. Ispezione degli alimenti di origine animale
      3. Medicina e chirurgia del cavallo
      4. Patologia e clinica degli animali da affezione
      5. Patologia suina
      6. Scienza e medicina degli animali da laboratorio
      7. Tecnologia e Patologia delle specie avicole, del coniglio e della selvaggina
      Comincio a non capirci veramente più un tubo…
      Etologia e benessere non sono precisamente sinonimi di terapia comportamentale, ma potrebbe essere una specializzazione attinente: qualcuno sa spiegarmi perché non appare tra le possibili specializzazioni di vet?

      • master e corsi di spec non sempre vengono attivati tutti gli anni, essendo questa una triennale può darsi che si possa entrare solo a conclusione di un ciclo, quindi ogni 3 anni.

  4. Io non voglio entrare nel merito della formazione, voglio invece riportare la mia esperienza con un comportamentalista. Esperienza che purtroppo è stata negativissima.

    Nel 2005 io e il mio allora fidanzato adottammo un gatto in ENPA.
    Richiesta: non ci interessa il colore, il sesso, va bene anche che abbia qualche pezzo in meno, purchè non abbia malattie che richiedano cure giornaliere (non sto a dirvi perchè, semplicemente sarebbe stato molto difficile gestirle)
    Risposta: si si abbiamo questo bellissimo micio, è stato investito ma fisicamente sta benissimo. E’ solo un poco sordo e “lento”.
    Conosciamo il gatto, ci piace, pare normale, anche se “lento”, facciamo tutta la trafila e ce lo portiamo a casa.

    Prima sera: convulsioni
    Primo giorno: bisogni fuori dalla cassetta
    Pensi “ma si il cambiamento, sarà scombussolato, ovunque ho letto che una crisi sola e isolata in seguito a un cambiamento non deve allarmare”
    Seconda sera: convulsioni
    Secondo giorno: bisogni fuori dalla cassetta.

    Inutile dirlo sono volata dal mio solito veterinario (che guardacaso è specialista neurologo e di lunga esperienza) e dopo una bella visita il gatto è stato valutato quasi del tutto cieco, mezzo sordo, con un rallentamento di tutti i riflessi, assenza del riflesso della minaccia ed epilessia (e pure con le fusa rotte).
    Chiamo in ENPA e faccio presente la cosa.
    Soluzione 1 “se volete vi sostituiamo il gatto” (mentalmente fanculizzati dal mio neurone crocerossino)
    Soluzione 2 “ma no ma qui stava benisssssimo… VENIAMO LI CON LA COMPORTAMENTALISTA!”

    Ecco tutto cio che la comportamentalista ha suggerito nelle sue varie visite non è stato altro che una serie di luoghi comuni sparati grossomodo a caso:
    – La cassetta chiusa non va bene, serve aperta. E mettetene due. (fatto. il gatto usava solo quella chiusa quando se ne ricordava)
    – La cassetta in bagno no, mettetela dove state voi. (che in un mini-bilocale figuratevi, comunque fatto, messa nel salottino. Il gatto l’ha fatta in bagno)
    – La cassetta è troppo vicino al cibo, spostatela. (fatto, il gatto l’ha fatta DAVANTI alle ciotole)
    – No ma l’ingresso della cassetta rivolto verso la finestra non va bene, entra la luce, girate la cassetta (fatto, ancora uso della cassetta raro e casuale)
    Il tutto condito da buona dose di arie da “voi siete incapaci io si che le so le cose” e dalla raccomandazione di non cambiare sabbietta che se no il gatto si stranisce.

    Io ho seguito i suoi consigli diligentemente e senza obiettare troppo, perchè sinceramente avevo paura che mi togliessero il micio, però alla fine mi sono anche stufata, ho gentilmente mandato la comportamentalista a stendere e ho deciso di far di testa mia e cambiare sabbietta.
    Indovinate, problema risolto all’80%.
    Tenendo la cassetta chiusa, in bagno, senza tante paranoie etolopsicologiche.

    Il gatto comunque ogni tanto non centra la cassetta, magari ci entra e si scorda il sedere di fuori, ma considerando come sta messo a sensi principali direi che non mi posso lamentare.

    Ora, non so se quella che venne da me fosse una persona formata o una “sedicente”, non mi importa nemmeno, comunque nel mio caso si dimostrò incompetente e incapace di relazionarsi con noi. Questo ovviamente ha fatto si che io, che gia non potevo sopportare gli psicologi umani, per gli stessi motivi, ora non possa vedere di striscio gli “psicologi” da animali.
    Per di più questa esperienza mi ha fatto convincere che per il mio gatto non ci sarà mai miglior comportamentalista della sottoscritta, dato che io vedo il mio gatto ogni giorno, so quali comportamenti sono normali, quali no e via così.

    Magari in giro ci saranno anche bravi comportamentalisti, magari i cani sono più conosciuti e prevedibili dei gatti, forse tutta una serie di fattori ha contribuito al flop della compo che venne da me, ma io non ci tengo ad avere nuovamente a che fare con la categoria.

    Purtroppo il problema è sempre lo stesso, non sempre è chiaro quali referenze abbia una persona per fare un certo lavoro e se toppa clamorosamente (per altro relazionandosi male coi clienti) può gettare discredito su tutta la sua categoria.

    • Una aggiunta per chiarire meglio, per la compo tutti i problemi di evaquazioni ovunque NON erano dovuti alla condizione neurologica (secondo lei inesistente, e ci vuole tutta a pensarla così, se vedeste il micio capireste), ma ad un fantomatico disagio psicologico e tentativo di marcare il territorio.

    • Silvia, gli azzeccagarbugli esistono in tutte le categorie. Diciamo che forse forse quando si tratta di psicologi o comportamentalisti il rischio può essere maggiore 🙂 Non me ne vogliano gli psicologi, è solo che io ho dei fortissimi pregiudizi! è un mio limite, lo ammetto. D’altra parte, quando mi iscrissi alla Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali della mia città, quelli che non riuscivano a “sbiennare” al corso di Chimica (e nemmeno ci andavano vicini, per la verità 😉 ) se ne andavano TUTTI a Padova, ché ancora da noi 25 anni fa non c’era psicologia. Oh! badate bene…questa è solo un’esperienza di vita vissuta…però quei soggetti che si spostavano in mandria alla ricerca del “pezzo di carta” hanno lasciato il segno nella mia psiche.E qualcuno lo ha lasciato indelebile, perché quando tornava ci metteva al corrente del suo Curriculum Studiorum suscitando una certa ilarità in noi gretti indagatori dell’atomo!.
      Ora, se entrando nel merito di un percorso di studio col prefisso psico (nel merito, sì, ché a snocciolare titoli e sottotitoli son boni tutti!) dovessi esserci una qualche similitudine con master e contromaster veterinari, diciamo che la disavventura capitata a Silvia potrebbe non essere rara come il passaggio della cometa di Halley.
      Se poi arriviamo fino agli educatori, dobbiamo trovare una cometa che passi molto più frequentemente dalle parti del nostro pianeta.

      • Eh lo so che gli azzeccagarbugli ci sono ovunque, io son stata sfortunata e ne ho incontrati sia in campo animale che umano (entrambi sulla mia pelle purtroppo).
        Purtroppo, anche riconoscendo che non tutti lo sono, una volta che si resta scottati è difficile anche solo concedere la prova d’appello. 🙁

  5. Ciao Valeria, rinuncio volentieri a parte del mio tempo libero per leggere i tuoi articoli. Interessanti e mai pesanti ancorchè decisamente ” corposi “.La ” giungla ” è il luogo che più di altri riesce a identificare la cura dei cani e la loro educazione.Sicuramente le ultime ricerche scientifiche imporrebbero a tutti gli Educatori una maggiore formazione . Discriminante in ogni caso è la passione che si mette nella propria opera, che sia un Veterinario, un Educatore o un Volontario del Canile. Ciao.

  6. questo è il curriculum studiorum del comportamentalista con cui da anni collaboro:
    Nel 2003
    Consegue la Laurea in Medicina Veterinaria,
    presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Torino
    Nel 2004
    Sostiene l’Esame di Stato e ottiene l’Abilitazione all’esercizio della professione di Medico
    Veterinario iscrivendosi all’Ordine dei Medici Veterinari di Torino
    Nel 2007
    Consegue il Diploma di Master in “ Medicina Comportamentale degli Animali d’Affezione ”, presso
    la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’ Università di Pisa
    Nel 2008
    Consegue il Diploma di Maestro Scuola Cuccioli Asetra
    Autorizzo il trattamento e la comunicazione dei dati personali ai sensi dell’ Art. 13 del D. Lgs. 196/03
    1
    FORMAZIONE ALL’ESTERO
    Nel 2008
    Svolge stage di perfezionamento nel campo dell’ Etologia Clinica del cane e del gatto, presso il
    Servizio di Etologia Clinica dell’Ospedale Universitario della Facoltà di Medicina Veterinaria
    dell’Università di Barcellona (Spagna).
    ATTIVITÀ DIDATTICA IN AMBITO ACCADEMICO
    Nel 2009/20010
    Assume l’incarico di Docente al Master di II livello in “ Etologia degli animali d’ Affezione”, presso
    la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’ Università di Pisa
    Nel 2010
    Assume l’incarico di Professore a contratto, nell’ambito del corso di Laurea Specialistica , per il
    modulo “Medicina Veterinaria Comportamentale e Zooantropologia”,
    presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’ Università di Torino
    ATTIVITÀ CLINICA
    Dal 2004 ad oggi
    Consulente clinico per la medicina veterinaria comportamentale, per casi clinici riferiti da liberi
    professionisti nel settore degli animali da compagnia e operanti presso studi, ambulatori e cliniche
    veterinarie del Piemonte.
    Teniamo presente che è stato uno dei primi in Italia ad occuparsi di zooantropologia e di medicina veterinaria comportamentale ed attualmente è considerato un luminare nel suo campo Purtroppo so per certo che tanti veterinari seguono il trend e si autopropongono come comportamentalisti o perlomeno danno indicazioni in tal senso, spesso approssimative se non del tutto errate.
    La mia ASL di riferimento, la TO3, recentemente ha attivato un consultorio comportamentale dove operano diversi veterinari “comportamentalisti”..sarebbe interessante capire quali siano le loro basi e quali le loro effettive capacità nel campo…

    • Ecco, QUESTO è un curriculum sul quale presumo che neppure Bonanno avrebbe da ridire 🙂 ..specie per l’esperienza allargata anche a Paesi stranieri: perché oltre alla confusione di cui ho parlato nell’articolo, in Italia abbiamo anche il problema dell’autoreferenzialità.
      Io lancio la nuova disciplina, io tengo i corsi, io decido chi formare, chi autorizzare a darsi un titolo ecc.ecc…ma a me chi mi ha formato?
      Il discorso è moooolto complesso (anche perché è difficile trovare valide alternative al sistema del “circuito chiuso”, quando si parte con qualcosa di innovativo), ma purtroppo i limiti di questi circoli chiusi a volte si evidenziano in modo plateale 🙁

  7. Gianni non capisco la tua risposta, una cosa è il sintomo, la causa che lo scatena è altra cosa, una cosa è curare il sintomo altro è curarne la causa e a mio parere sono due cose molto differenti, come si può scoprire la causa del problema se il tuo “malato” non può confermare la tua diagnosi?

    • Ma se tu se il proprietario è il comportamentalista del proprio cane, chenneso’, lo vede rincorrersi la coda tutto il giorno, che diagnosi farà?

      Noia, disturbo neurologico congenito, infezione, parassitosi, neoplasia al cervello, disturbo ossessivo-compulsivo?
      Dopo gli esami di routine, si andrà dallo specialista: infettivologo, neurologo, comportamentista …

    • …ma da quando in qua il paziente conferma la diagnosi del medico?

      se una persona va dal medico con tosse, febbre alta e respiro affannoso, espone i suoi sintomi e li manifesta. Il medico farà la visita, magari farà svolgere esami diagnostici, e stabilirà se quella persona ha una sindrome influenzale o una polmonite. Cosa diavolo deve confermare il paziente?

  8. credo che ognuno di noi possa essere il solo comportamentalista del proprio cane, il vet comportamentalista adesso è di moda e fa molto figo…poi e questo è un mio personalissimo pensiero e nessuno me ne voglia… come puoi verificare l’esattezza di una diagnosi con un paziente che non può risponderti?

    • e vabbè allora a che serve la professione del medico veterinario scusa??
      La clinica ha modo di esistere anche se i pazienti non parlano! è solo più difficile 😉
      permettimi di fare un appunto: una cosa è dire che ognuno è il comportamentalista del proprio cane (con tutte le limitazioni del caso), un’altra è ESSERE un MEDICO veterinario comportamentalista che emette una DIAGNOSI di patologia ne più ne meno che in un caso di un’altra branca della medicina. E’ cosa ben diversa!
      Diagnosi, prognosi e terapia sono atti medici.

  9. Si, ne sono certa!Sono assolutamente concorde sulla necessità di una maggiore chiarezza e trasparenza in questo settore, e spezzo comunque una lancia a favore di tutti quegli educatori che con intelligenza, umiltà e bravura collaborano con i veterinari per quello che dovrebbe essere lo scopo comune, cioè il ripristino di un equilibrio corretto del cane/gatto. E’ che oggi manca proprio la volontà di fare la gavetta, di imparare a lungo termine: qui da me attualmente c’è un proliferare feroce di corso organizzati da educatori cinofili “dubbi” (passatemi il termine!) in cui si rilasciano attestati di educatore riabilitatore dopo ben 6 pomeriggi di lezione, di cui uno intero passato a riguardare gli episodi del magnifico Millan!!!Lo trovo francamente vergognoso, specie perchè la gente che si affida a queste figure ignora tutto ciò. Posso dire che personalmente collaboro con diversi istruttori seri, che hanno fatto anni ed anni di pratica prima di cimentarsi in questa disciplina, e che quando si rendono conto che il problema che hanno di fronte non è di pure pertinenza gestionale si affidano al parere del veterinario.Di “sedicenti” ce ne sono tanti, non trovo corretto affibbiare questo aggettivo ai soli veterinari, quando pure dalla sponda di Bonanno di malfattori se ne trovano, eccome!Bisogna collaborare, non farsi la guerra o le scarpe!

    • Cara Roby non sai quanto io sia d’accordo con te. Appartengo alla categoria Educatori (sedicente serio) e faccio questo lavoro da molti anni. Collaboro con numerosi veterinari (di quelli che non amano la “medicina” comportamentale perché delusi, a loro avviso, dall’abuso di farmaci) ai quali ho risolto numerosi casi problematici. Come ben saprai non si possono salvare tutti e anch’io, ahimè!, ho la mia collezione nel “libro nero”.
      L’argomento su cui gli operatori di questo settore dovrebbero iniziare a lavorare seriamente è mettere fine a questa stupida “guerra” e cominciare a pensare di scendere da ogni piedistallo (che per paradosso sono la cosa più instabile che io conosca)e pensare al benessere dell’animale. L’unico riconoscimento che sento vero è quello del cane che prima di conoscermi appariva nevrotico, ansioso, agitato, confuso, senza autostima, aggressivo, ecc. mentre quando l’ho salutato, perché il nostro percorso era terminato, “sembrava” felice di vivere, tranquillo e soprattutto fiducioso. Il resto non conta. Quando smetteremo di sostenere questo appartiene a me, quest’altro può appartenere anche a te e penseremo come crescere tutti quanti insieme, allora anche noi avremmo raggiunto il livello di civiltà che ci compete, perché in quel momento, e solo da quel momento in poi, potremmo dare una voce di qualità ai nostri sforzi, ma fintanto che continuiamo a distruggerci dall’interno non avremo nessuna speranza se quella dell’individualità.
      Con stima e senza polemica,
      Riccardo Totino

  10. E dire pure che a me, il veterinario, mi ha mandato fuori la comportamentalista per ben 2 volte con la motivazione di “cane aggressivo e potenzialmente pericoloso”. Il motivo? Durante una visita di controllo il veterinario ha tolto il gioco di bocca al cane che, per riprenderlo, ha graffiato la mano del veterinario. E un border collie di 30 chili se ti vuol mordere, ti fa male. Si è messa a ridere pure la comportamentalista quando ha conosciuto il cane: un pò per la motivazione, un pò perchè il mio Amos è un border fatto e finito!

  11. Ciao, scusate se mi infilo nella discussione… io ho appena conseguito il titolo di Master in medicina comportamentale degli animali d’affezione, due anni di sacrifici e duro lavoro! La FNOVI,e vi invito ad andare sul sito, ha specifiche direttive per cui per avere la qualifica di esperto in comportamento serve il conseguimento di un master, un college europeo o aver conseguito il diploma in francia. Relativamente invece al fatto che vengano considerati “esperti” anche figure che non hanno ottenuto diploma,ciò deriva dal fatto che tali medici sono in pratica i padri fondatori della medicina comportamentale in Italia, quelli che per primi, seguendo corsi o seminari prevalentemente all’estero, hanno gettato le basi per una conoscenza più approfondita delle esigenze etologiche dei nostri animali, persone con una tale esperienza da non avere bisogno di nascondersi detro un diploma.(anche perchè fino ad una decina di anni fa ci si poteva assolutamente scordare di Master e affini!)
    Concordo sul fatto che, come in tutte le categorie del resto, ci possa essere il cd “sedicente esperto”, ma come scritto da qualcun altro, le figure dell’addestratore-educatore o istruttore sono quelle che nella realtà fanno maggior danno,il veterinario comportamnetalista è l’ultima ruota del carro, purtroppo, e la maggior parte dei paziente sono proprio cani con problemi comportamentali vari, i cui proprietari si sono affidati alle cure di addestratori &company. E’ in quel settore lì che si dovrebbe fare chiarezza. Nella lista Fnovi (ma anche su asetra o sisca) il 90% dei veterinari ha un diploma di Master.
    Scusate ancora l’intromissine, ciao!

    • Non devi certo scusarti, Roby, anzi! Ogni spiegazione e chiarimento (come avevo specificato già nell’articolo) è assolutamente ben accetto.
      Continuo a chiedermi, però, perché il Presidente della FNOVI non abbia dato lo stesso tipo di spiegazione…
      Sul fatto che si debba fare chiarezza nel settore educativo/addestrativo, con me sfondi una porta aperta: di articoli in cui me la prendo proprio con questo settore, su questo stesso sito, ne trovi almeno una decina 🙂
      Ciò non toglie, però, che una maggiore chiarezza – e forse regole più comprensibili per tutti, anche per l’utilizzatore finale (oddio, che parolaccia…ma vabbe’, qui Berlusconi non c’entra!) – sarebbe auspicabile in TUTTI i campi della cinofilia, perché il caos è generalizzato.
      P.S.: se parli con gli educatori/addestratori, molti di loro ti diranno che i loro clienti hanno cani rovinati dai “sedicenti” vet comportamentalisti…

  12. ti dico quello che ho capito io: è l’ordine dei med vet che rilascia il benestare ad un med vet che fa domanda per potersi definire comportamentalista. Quindi l’ordine, seguendo le direttive fnovi, rilascia la “qualifica”. Se uno si fa chiamare med vet comportamentalista ma non lo è, è sanzionabile dal suo ordine.
    Per quanto riguarda i criteri per rilasciare la qualifica (quelli fnovi per intenderci), io ho capito che sono master+3 anni di professione+formazione continua (seminari ecc)+ovviamente laurea e abilitazione alla professione, non o il master o i seminari, altrimenti verrebbe equiparato un percorso con 2 anni di studi ad un paio di giornate di seminario. L’ultimo punto della fnovi, quello sulla acclarata competenza, penso che coinvolga solo quei professionistai che hanno preso magari il college europeo in scienze del comportamento o il diploma francese ma non hanno master e affini, per cui sono sicuramente professionisti formati ma non secondo l’iter che ha preso piede in questi ultimi anni.

    • Se fosse così, sarebbe sicuramente un percorso corretto e “credibile” (per dirla con Bonanno): ma se è davvero così, perché la FNOVI non l’ha precisato chiaramente, anziché parlare di “varie” modalità per arrivare alla formazione?
      Bastava dire “serve un master di tot ore teoriche e tot ore pratiche”. La replica della FNOVI, invece, lascia intendere che le possibilità siano diverse. Poi magari ho capito male io, eh…però non è che quella risposta sia un capolavoro di chiarezza!

  13. si si i percorsi formativi ci sono, scuola di spec (che attualmente non c’è) o master.
    http://www.scivac.it/sisca/html/comportamentalisti.php
    In realtà la lacuna della specilizzazione in med vet è vasta se paragonata alla secializzazione in medicina umana, esiste il vet ortopedico o oculista o dermatologo ma anche se si fa chiamare specialista in realtà non esistono delle specializzazioni tali post laurea. Hanno fatto magari dottorati, corsi scivac, master, formazione all’estero ecc. Così vale anche per il med vet comportamentalista, ma i percorsi ci sono, le regole ci sono. Che poi un med vet che ha fatto un seminario e letto qualche libro si “spacci” per ciò che non è…questo c’è in ogni professione.

    • No, Eli, forse non mi sono spiegata bene. Ci sono elenchi di vet definiti “comportamentalisti” dall’una o dall’altra associazione: e le regole sono quelle definite dalla FNOVI, che però vanno dalla scuola di specializzazione (che non c’è) al master (che c’è)…a cose come “aver scritto un libro” o “aver partecipato a un seminario”.
      Ora, se io avessi un cane con un’etopatia e volessi andare da un comportamentalista, sinceramente preferirei scegliere quello che ha fatto il master piuttosto che quello che ha seguito un seminario (che magari ho seguito anch’io). Ecco, come la faccio questa scelta?
      Perchè nell’elenco non c’è scritto “dottor Pinco Pallino, diplomato al master di Pisa dell’anno X, durato due anni”, piuttosto che “Dottoressa Vattelapesca, ritenuta comportamentalista perché ha seguito il seminario Y, durato due giorni”?

  14. “Repliche e chiarimenti saranno, come sempre, bene accetti.”

    ecco, questa conclusione mi sembra quanto meno un ottimo invito da parte di Valeria Rossi “Gabanelli”. Ti presento il cane Report!

  15. Valeria i master ci sono eccome: Pisa, e da quest’anno Parma. In passato anche Torino. Le scuole si specializzazione in comportamento non ci sono mai state. Mi sembra che comunque fare un master di II livello che dura circa un paio di anni SOLO in medicina comportamentale con un botto di ore fra teoria e pratica sia sufficiente a spazzare via quel “sedicenti” che francamente è vergognoso!

    • Eli, grazie: allora correggo. Io sapevo solo di quello di Torino, che non esiste più.
      Un master è già qualcosa, anche se continua a non essere una specializzazione… sul “sedicenti” posso essere d’accordo: è stato un po’ forte. Però non mi sembra del tutto inappropriato, ahimè!

  16. Letto l’articolo, mi sembra che la definizione di medico comportamentalista sia vaghissima. “sedicenti” però non è un insulto, anch’io potrei autodefinirmi comportamentalista, nei confronti dei MIEI cani( altrettanto farebbero loro nei confronti miei). certo un comportamentalista onnisciente per quanto riguarda i cani, che devono essere osservati in diverse situazioni. Definire disturbato un cane che abbaia, si morde le zampe ed è aggressivo in casa è un conto, altro conto è il cane abbandonato e ciuso in canile da anni, magari.
    Discorso complicato, per chi sa usare le parole, io mi fermo qui.

  17. dopo essermi regolarmente laureata nel 1986 ed aver esercitato la mia professione in ambulatorio ho frequentato il master di II livello a Pisa anni 2003-2004 e 2004-2005 in Medicina Comportamentale ed ho discusso la mia tesi “alimentazione del gatto di colonia :valutazione dell’ alfa-amilasi come parametro per valutare l’aggressività”. Sono una veterinaria comportamentalista per niente sedicente.il mio diploma è firmato dal magnifico rettore di Pisa….

    • Liana, ho appena corretto e scritto che esistono alcuni master (Pisa e Parma, a quanto mi stanno dicendo: io sapevo solo di Torino, che invece non c’è più, ma sono lieta di sapere che ne esistono altri).
      Sicuramente tu non sei “sedicente”: però mi piacerebbe sapere quanti vet che si definiscono comportamentalisti hanno effettivamente seguito (almeno) un master.
      I “sedicenti”, purtroppo, ci sono: e se mi rendo conto che i vet effettivamente accreditati possano offendersi, capisco anche chi solleva dubbi sulla “certificazione” in generale.
      Esiste, da qualche parte, un elenco dei vet comportamentalisti riconosciuti come tali, in cui si possa risalire al loro percorso formativo?
      Io non l’ho trovato.

        • Questo l’ho sempre sostenuto anch’io, da secoli!
          Però il problema è sempre lo stesso: mancano le regole. Mancano i titoli ufficiali. Chiunque può svegliarsi una mattina e rilasciare diplomi, in ogni campo. Continuo a pensare che questo si chiami CAOS.

          • I nomi nei due elenchi non corrispondono. Ho guardato Sicilia e Sardegna come test. Quindi mi pare di capire che non sono elenchi ufficiali! Sembrano più degli elenchi pubblicitari, tipo pagine gialle!

        • si esiste io sono nell’elenco che è stato fatto dal ministero della salute chiaramente su indicazione della FNOVI (federazione nazionale ordini veterinari italiani)quando è stato fatto il dl (il primo) sul patentino .sul sito della fnovi c’era questo elenco, ora non lo so, c’erano i veterinari che come me hanno frequentato il master e fatta la tesi , e discussa. Però scusa il metodo di parlare e poi semmai rettificare a me non piace, te lo dico senza assolutamente voler significare che tu lo faccia sempre, ma solo che è capitato questa volta.

          • Perché non ti piace?
            Il bello di essere in rete è anche il fatto che si possono discutere gli argomenti ed eventualmente, in base alla discussione che segue, rettificare eventuali errori commessi nella prima stesura, dando quindi informazioni più corrette: perché la cosa ti disturba?
            Io non lo faccio sempre perché, nei limiti del possibile, prima di scrivere cerco di approfondire le mie info…ma a volte capita di non trovarle tutte, o di trovarne di errate. E se succede, perché dovrei lasciare in un pezzo una cosa non vera? Dichiaro apertamente che c’era un errore, ma lo correggo anche, altrimenti tutti continuano a leggere la cosa sbagliata.
            Errare è umano (specie quando la materia è incasinata, come in questo caso): lasciare lì un errore quando hai capito che è un errore mi sembra… non proprio diabolico, magari, ma un po’ scemo sì 🙂

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